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"Aspetti evolutivi del trasporto marittimo: Il caso Moby & Toremar"

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea magistrale in Strategia, Management e

Controllo

“Aspetti evolutivi del trasporto marittimo:

Il caso Moby & Toremar”

RELATORE

Prof. Marco GIANNINI

Candidato

Filippo BURCHIELLI

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“Aspetti volutivi del trasporto marittimo: Il caso Moby & Toremar ”

INDICE

INTRODUZIONE ... 4

1. IL TRASPORTO MARITTIMO E I PORTI ... 6

1.2 L’evoluzione del settore ... 11

1.3 Costi e vantaggi del trasporto marittimo ... 15

1.4 I fattori determinanti l’evoluzione ... 20

1.4.1 Le innovazioni nei trasporti marittimi ... 20

1.4.2 I trasporti unitizzati ... 21

1.4.3 La specializzazione... 24

1.4.4 I trasporti di persone ... 25

1.4.5 La rivoluzione informatica ... 27

1.4.6 L'economia internazionale ... 29

1.5 Il nuovo modello organizzativo e gestionale dei porti: La legge 84/94 ... 31

1.6 Gli anni dopo la riforma: Il traffico nazionale, internazionale e gli operatori ... 39

1.7 Il nuovo scenario del traffico mondiale: La necessità di rimanere competitivi ... 54

1.8 Il dibattito ... 58

1.9 La nuova proposta di riforma ... 60

1.9.1 Riparto di competenze tra Stato e regioni ... 61

1.9.2 Il piano regolatore portuale ... 62

1.9.3 Organizzazione delle autorità ... 64

1.9.4 Le concessioni ... 65

1.9.5 Le concessioni: profili di diritto dell'Unione europea ... 66

1.9.6 Le fonti di finanziamento ... 68

1.9.7 Ulteriori disposizioni... 68

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ... 71

2. MOBY E TOREMAR: LE ORIGINI ... 72

2.1 La nascita della Moby lines... 72

2.1.1 Moby: un marchio orientato alla qualità ... 75

2.2 Il gruppo Tirrenia... 84

2.2.1 La flotta e l’attività commerciale ... 89

2.2.2 La crisi ... 97

2.3 La privatizzazione del Gruppo Tirrenia ... 99

2.3.1 Caremar ... 101

2.3.2 Saremar ... 103

2.3.3 Tirrenia e Siremar ... 104

3. IL CASO TOREMAR: LA GESTIONE DEL NUOVO ASSET E LE SINERGIE CON MOBY ... 115

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3.2 Intervista svolta in sede livornese della Toremar con l’Amministratore Delegato e il Responsabile

della Gestione Operativa di Toremar, rispettivamente Achille Onorato e Matteo Savelli. ... 120

3.3 Bilancio d’esercizio 2011/2012 della società Toremar spa ... 132

CONCLUSIONI ... 154

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ... 159

Volumi consultati ... 159

Articoli di riviste ... 160

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INTRODUZIONE

Tale elaborato pone come argomento principale l’analisi di uno dei casi di maggior rilievo recentemente accaduti nel campo del trasporto marittimo.

L’acquisizione della società Toremar da parte della famiglia Onorato, proprietaria della compagnia privata Moby, ha suscitato interesse e scalpore nel territorio elbano, ma anche, e non meno, a livello nazionale in quanto si tratta del primo e finora unico caso di privatizzazione di uno degli asset più significativi di Tirrenia.

Nei capitoli seguenti verrà messa in evidenza la travagliata e interminabile operazione di privatizzazione delle società ex-Tirrenia soffermandosi sul caso Toremar ma soprattutto nella gestione da parte della famiglia Onorato delle due compagnie divenute “sorellastre”, nonostante la loro radicale diversità derivante dalla natura del contratto.

Il primo capitolo dell’elaborato effettua una panoramica orientata all’evoluzione del trasporto marittimo nel tempo e alla situazione dei porti in seguito alla legge n° 84 del 1994. Analizzeremo i vantaggi e gli svantaggi del trasporto marittimo, i fattori determinanti l’evoluzione e il nuovo scenario del traffico mondiale che paleserà la necessità di manovre competitive per non soccombere alle grandi potenze in crescita esponenziale. A tale proposito verrà descritta la nuova proposta di riforma dei porti, ancora “in cantiere”.

Nel secondo capitolo affronteremo la nascita e la storia delle due compagnie con particolare attenzione posta sulla crisi del gruppo Tirrenia, il conseguente tentativo di privatizzazione delle altre società territoriali appartenenti al gruppo (Caremar, Saremar,Siremar) e la loro attuale situazione.

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Il terzo capitolo, cardine dell’elaborato, descrive nel dettaglio, al primo paragrafo, l’operazione di acquisizione di Toremar e le varie vicissitudini.

Il secondo paragrafo rappresenta un intervista svolta direttamente all’amministratore delegato e al responsabile operativo di Toremar, che gentilmente si sono offerti di rispondere ad alcune domande riguardanti il contesto di riferimento in cui operano, il rapporto con i competitors, le modalità di selezione del personale ma anche e particolarmente le difficoltà affrontate nella gestione congiunta di due società apparentemente simili ma radicalmente diverse, data la natura pubblicistica di Toremar e privatistica di Moby. Allegato a tale intervista è presente il Bilancio di Toremar spa 2011/2012 a dimostrazione dell’andamento economico-finanziario della società. Infine, nelle conclusioni, verranno tirate le somme di tale operazione unica nel suo genere, a circa due anni dalla privatizzazione.

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1. IL TRASPORTO MARITTIMO E I PORTI

1.1 Premessa: I porti

L’Italia, con i suoi 7.500 chilometri di coste, è proiettata nel mar Mediterraneo ed ha quindi moltissimi porti, caratteristiche che hanno portato a definirla “ Una portaerei adagiata sul Mediterraneo”.

La presenza del mare ha sempre influenzato notevolmente la struttura economica di una nazione.

Il mare può indurre la nascita e lo sviluppo di attività economiche per almeno tre ordini di motivi:

 in quanto via di comunicazione;

 come fonte di risorse naturali;

 come possibile sede per lo sviluppo di attività turistiche, ricreative e sportive (o comunque connesse allo sfruttamento delle caratteristiche ambientali).

Il primo di questi aspetti è stato, storicamente, ed in gran parte ancor oggi, almeno per i paesi industrializzati, quello maggiormente in grado di incidere sulla vita economica delle regioni costiere.

In questo secolo, in particolare, il forte sviluppo dei trasporti marittimi dalla fine del conflitto mondiale fino ai nostri giorni e il progresso tecnico e organizzativo dei trasporti che ha accompagnato questa espansione, hanno fortemente influenzato il sistema produttivo e l'economia degli scali marittimi.

In questo contesto, i porti rivestono un ruolo determinante dando vita, grazie al ciclo produttivo portuale, ad una serie di effetti economici e

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sociali diretti e indotti, sviluppando un complesso di attività portuali e di altre attività ad esse funzionalmente collegate (dette appunto port related).

Quest’ultime hanno profondamente influenzato la crescita economica, demografica e sociale di tutta l’area circostante.

In prima approssimazione, al porto fanno capo due funzioni:

 una funzione commerciale, che comprende tutte le attività di trasporto, sbarco, deposito, trasbordo, imbarco, commercio delle merci, e di trasporto, sbarco, imbarco e trasbordo delle persone, nonché le attività di servizio a quelle menzionate;

 una funzione industriale, che si estrinseca nella lavorazione delle merci che vengono sbarcate o imbarcate, e nelle industrie più o meno direttamente impegnate nella costruzione dei, o nel servizio ai, mezzi di trasporto.

La funzione commerciale può limitarsi alle attività ausiliarie del trasporto, necessarie a gestire il traffico generato dallo scalo, specialmente nel caso che questo sia costituito da una modesta infrastruttura. Tuttavia, quando il porto riveste una certa importanza, l’insieme delle attività economiche che ad esso si collegano diventa più consistente ed articolato. Le attività di manipolazione, deposito e trasbordo di carichi, e le attività di trasporto terrestre sono quantitativamente più importanti e specializzate.

Se il porto è anche un significativo centro in campo armatoriale, si sviluppano imprese armatoriali, agenzie marittime, spedizionieri, brokers, servizi legali e assicurativi, provveditori e fornitori di bordo, imprese di import/export, borse merci e uffici consolari.

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Se il porto riveste un ruolo significativo anche per il movimento dei passeggeri (traghetti e crociere), a queste attività se ne aggiungeranno altre, quali alberghi, ristorante, agenzie di viaggi, autonoleggi, altre attività turistiche, nonché pubblici servizi del commercio al dettaglio. Nei porti più importanti, infine, (quelli che si affermano in qualche misura come le “capitali marittime” dei rispettivi paesi di appartenenza), si localizzano anche sedi di associazioni professionali e di categoria, istituti di formazione professionale, società di consulenza (progettuale, economica, organizzativa) in campo marittimo, sedi di conferenze, e così via.

La funzione industriale si estrinseca in due direzioni; in primo luogo, con le produzioni rivolte al porto, alla nave e, in generale, al trasporto. Oltre una certa soglia dimensionale si sviluppa, al servizio del porto, l’industria delle costruzioni, manutenzioni e riparazioni navali; le industrie edilizie per la costruzione delle opere marittime e infrastrutture portuali e di trasporto; la carpenteria metallica; le industrie meccaniche, per la produzione di parti e accessori di navi; le industrie petrolifere per la produzione del combustibile necessario alle navi; e così via.

Si tratta per lo più, di produzioni caratterizzate da scarsa o nulla perdita di peso (coefficiente di produzione vicino a 1), in cui per giunta, il prodotto è spesso più ingombrante e meno agevolmente trasportabile delle parti che lo compongono, così da configurare un evidente orientamento localizzativo verso il mercato, costituito appunto dal porto.

In secondo luogo, la funzione industriale si estrinseca nelle industrie per la trasformazione delle grandi rinfusa, che sfruttano i bassi costi del trasporto marittimo delle rinfusa stesse, la possibilità di fruire delle

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economie di scala della nave e delle catene specializzate nave impianto a terra.

E’ il caso, della raffinazione degli oli minerali, dell’industria siderurgica, e di altre industrie di base, ancorché le tendenze recenti abbiano significativamente mutato il quadro di riferimento degli orientamenti localizzativi.

Si può individuare un terzo “filone” di insediamenti collegati all’esistenza del porto, che alcuni studiosi definiscono “funzione commerciale-industrializzata”.

Essa si manifesta in presenza di accosti utilizzati per lo svolgimento di funzioni commerciali e caratterizzati da impianti ad elevata specializzazione, i quali svolgono operazioni di manipolazione della merce che si inseriscono in un ciclo di trasporto autonomo rispetto all’organizzazione portuale generale. Si pensi, ad esempio, ai terminal specializzati al servizio del trasporto intermodale.

Le funzioni fin qui menzionate non esauriscono il novero delle attività economiche presenti negli ambiti portuali. Esistono, infatti, numerose altre attività economiche attratte dal porto in quanto nodo di traffico, come tale in grado di assicurare una riduzione nei costi di trasporto, siano essi quelli per l’inoltro del prodotto verso i mercati o quelli per l’approvvigionamento degli input del processo produttivo.

I porti commerciali o mercantili costituiscono il punto di incontro obbligato tra vettori marittimi, terrestri e qualche volta fluviali.

La funzione di un porto commerciale, funzione intesa come insieme delle predisposizioni, o dei comportamenti, prodotti da un elemento o da un sistema di elementi interconnessi, è rappresentata pertanto dall’ accoglienza alla nave che trasporta la merce ed all’avviamento della merce per (o da) l’hinterland.

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Per servire la nave e la merce il porto deve poter esser dotato di un insieme adeguato di strutture e di sovrastrutture, definendosi normalmente struttura il complesso, spesso imponente di opere di difesa dal moto ondoso, di bacini, banchine e piazzali e le attrezzature di carico/scarico merce, di movimentazione e messa a deposito della stessa, di avviamento ai collegamenti viari e ferroviari.

Rappresentando i traffici marittimi un fattore essenziale per lo sviluppo economico, e spesso per la stessa sopravvivenza, di un dato territorio, i porti, agli stessi traffici adibiti, devono necessariamente esser dotati di strutture e sovrastrutture adeguate al volume ed importanza dei traffici presenti e prevedibili e ciò per il migliore espletamento della loro funzione.

Va sottolineato che le attività portuali, viste in precedenza, raramente coesistono tutte nello stesso porto. Al contrario, molti porti si caratterizzano per la presenza di una funzione principale, alla quale se ne associano altre dal carattere accessorio; avremo così porti industriali, commerciali, militari, turistici, pescherecci, e così via, a seconda dell’attività che viene svolta prevalentemente (o esclusivamente).

E’ da osservare che le diverse funzioni e attività portuali, e quelle ad esse collegate, si sono formate e sviluppate in epoche storiche diverse. Le attività economiche proprie della funzione definita “commerciale” sono evidentemente le più antiche, insieme alla pesca e alle attività connesse agli usi militari della navigazione; mentre le attività riconducibili alla funzione industriale si affermano, principalmente, nell’ultimo secolo. In un certo senso, le attività industriali sono sempre state in qualche misura adottate dai porti, per l’evidente opportunità di ampliamento dei mercati di sbocco e delle aree di fornitura.

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Con la Rivoluzione Industriale sorgono i primi terminali portuali industriali, tuttavia, fino al secondo dopoguerra il legame tra porto-industria non è molto rilevante, ad eccezione il caso delle raffinerie. Ed è solo a partire dalla metà di questo secolo, con la crescita dei traffici di rinfusa, che si assiste, in tutti i paesi industrializzati (sia pur con tempi si sviluppo diversi ), alla nascita di grandi centri industriali costieri.

Infine, una significativa comparsa di attività di tipo scientifico, turistico, sportivo, ricreativo, etc., è, nella grande maggioranza dei casi, ancora più recente. Le attività turistiche e sportive nascono, nelle località costiere, alla fine del secolo scorso; è però solo negli ultimi decenni che si registra in questi settori un vero e proprio boom, inizialmente nei paesi industrializzati, poi anche in quelli in via di sviluppo.

1.2 L’evoluzione del settore

All’inizio del secolo XIX l’innovazione della navigazione a vapore, determinò la diminuzione dei costi e dei tempi di trasporto e l’affermazione di servizi di linea efficienti, da cui scaturirono l’ampliamento dei mercati e delle localizzazioni produttive.

I trasporti marittimi, per motivi di costo, presentarono un vantaggio crescente per i prodotti a basso valore per unità di peso, viaggianti in grandi partite unitarie (prodotti alimentari, materie prime industriali, materie energetiche), vantaggio che si incrementò con il tonnellaggio medio del naviglio.

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Col tempo si perfezionarono le macchine a cominciare dalla comparsa dell’elica al posto della ruota per la propulsione.

Nella seconda metà del secolo XIX le macchine alternative ad espansione diedero una soddisfacente soluzione al problema del consumo di carbone per la navigazione e dell’ingombro a bordo, ampliando altresì il raggio di autonomia della nave.

Tra la fine del secolo e l’inizio del 1900 arrivò la turbina e si realizzò nel mondo una consistente rete di stazioni di bunkeraggio (carbone). In merito alla struttura della nave il ferro nel frattempo sostituì il legno e garantì un miglior rapporto tra portata e dislocamento a pieno carico, e un più lungo periodo di ammortamento, di quanto fosse consentito dal legno.

La seconda metà del secolo XIX si caratterizzò altresì per un ingente numero di innovazioni di carattere infrastrutturale destinato ad avere consistenti riflessi sui costi e i prezzi del trasporto.

L’apertura del Canale di Suez (1869) restituì al Mediterraneo una posizione centrale nelle grandi correnti di traffico Oriente-Occidente. Verso la fine del secolo XIX venne aperto alla navigazione il Canale di Kiel (1895) che tagliò lo Jutland collegando direttamente il Mare del Nord ed il Baltico.

Lo sviluppo manifatturiero, nei Paesi in cui si realizzò, provocò un rilevante aumento del fabbisogno di materie prime ed energetiche e uno spostamento di popolazioni e forze di lavoro dalle campagne alle città.

Il trasporto delle tradizionali spezie, droghe e coloniali, e dei prodotti pregiati, crebbe con l’aumento della popolazione e lo sviluppo industriale, inoltre si determinò un ingente trasporto di persone dovuto ai movimenti migratori dai Paesi più densamente popolati dell’Europa centrale e occidentale, verso alcune economie nuove d’oltremare.

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Ad esso si aggiunse il trasporto di carichi parziali di materie prime, e di prodotti finiti dell’industria.

Con la propulsione a vapore si stabilirono moderni servizi regolari di linea.

Le prime Conferences marittime (anni settanta del secolo XIX) ebbero la finalità di evitare che la concorrenza si risolvesse in perdite per le imprese e procurasse conseguente instabilità del quadro dei servizi offerti.

Tra le altre circostanze significative vanno menzionate l’avvio dei trasporti di petrolio, a partire dagli anni sessanta del secolo XIX, ed il diffondersi del trasporto di merci deperibili su navi dotate di apparati per la refrigerazione.

Negli anni venti del ‘900, si ebbe un periodo di espansione per i traffici via mare, ma la grande crisi del 1929-1933 e le politiche autarchiche, influenzarono fortemente i trasporti marittimi internazionali.

La seconda guerra mondiale ebbe pesanti conseguenze sugli scambi via mare e, al termine, si presentano problemi di ricostruzione e di equilibrio dei pagamenti con l’estero assai rilevanti.

L’esperienza degli anni trenta e la consapevolezza di non dover ritornare ai nazionalismi economici di quel periodo, tuttavia, imposero un orientamento verso il libero scambio che produrrà effetti positivi di grande significato.

Il conflitto portò con sé il fatto innovativo della standardizzazione e parziale prefabbricazione della produzione nell’industria cantieristica nordamericana, dal quale derivano alcuni tipi di nave, come le Liberty per i carichi secchi e le T2 per i petroli, che avranno largo impiego nei traffici del tempo di pace e consentiranno agli Stati Uniti di aiutare la ricostruzione delle flotte danneggiate dalla guerra.

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L’avvento del diesel, nella propulsione navale, si accompagnò all’avvio di un altro importante processo: l’uso dei combustibili derivati dal petrolio, in luogo del carbone.

Dopo la ricostruzione e l’assestamento post-bellico, l’incremento delle popolazioni e dei redditi, la liberalizzazione degli scambi, la politica di sostegno ai paesi in via di sviluppo, la più celere e agile circolazione delle persone e delle idee accompagnano il traffico marittimo in una lunga ondata di progresso.

Fra il 1950 ed il 1974 (periodo della grande crescita), il tonnellaggio mercantile aumentò del 5.6%, si ebbe un miglioramento qualitativo della flotta mondiale, aumenti della velocità, caratteristiche costruttive in grado di accelerare la movimentazione dei carichi ed una maggiore meccanizzazione e specializzazione delle attrezzature nei porti.

Il ciclo di trasporto dei petroli (petroliere), depositi costieri, oleodotti, per la fluidità e l’agilità economico–operativa con cui si caratterizzò fornì un modello per le altre correnti di traffico.

Il modello venne presto adattato per il trasporto dei gas naturali liquefatti.

La riduzione del carico in forma liquida, per il trasporto marittimo e la manipolazione portuale, venne praticata per altri prodotti, particolarmente (ma non esclusivamente) nel campo dell’industria chimica e petrolchimica: gas di petrolio liquefatti, zolfo, fosforo, ecc…

In altri casi il prodotto fu fatto viaggiare in serbatoi e poi manipolato nei porti, diluito in acqua, sulla scorta di una collaudata esperienza scandinava nei trasporti di polpa di legno (la tecnica della noodle ship) e della ricerca applicata all’industria in campo siderurgico (la tecnica dello slurry, minerali ridotti in fanghiglia).

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1.3 Costi e vantaggi del trasporto marittimo

L’importanza dei traffici marittimi assume rilievo dall’inizio del XIX secolo che all’incirca coincide con l’avvento della macchina a vapore, condizionando prima l’economia europea e, successivamente, l’economia mondiale.

L’avvento della propulsione a vapore, in particolare nei trasporti marittimi, meno costosi di quelli terrestri determinò notoriamente una forte riduzione dei costi e dei tempi di trasporto e detta riduzione fu accompagnata da un incremento di affidabilità dei servizi prestati dal vettore marittimo.

Si constatò che tali vantaggi aumentavano per i trasporti di prodotti a basso valore per unità di peso (alimentari, materie prime industriali e destinate a produrre energia) e si incrementavano con la portata ovvero con il tonnellaggio medio del naviglio. Si determinò così un ampliamento dei mercati e delle localizzazioni produttive.

Per meglio rendersi conto dei vantaggi offerti dal trasporto via mare occorre soffermarsi su alcuni punti peculiari del vettore marittimo: portata e costi per itinerario, specializzazione e velocità della nave. Prendendo spunto dalla letteratura esistente, possiamo eseguire una breve ricognizione degli oneri economici attinenti ad un prefissato itinerario della nave:

 costi giornalieri fissi che si ottengono dal prodotto dell’onere giornaliero per il numero dei giorni in navigazione e nei porti;

 costi giornalieri del combustibile e degli altri materiali di consumo, in navigazione, che si ottengono dal prodotto dell’onere giornaliero per i giorni di navigazione;

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 costi giornalieri del combustibile e degli altri consumi in porto, che si ottengono dal prodotto dell’onere giornaliero per i giorni passati in porto;

 diritti portuali e dalle altre spese portuali inerenti alla nave.

Tutti questi costi variano con il variare della portata ma, complessivamente, questo insieme di costi cresce in misura meno che proporzionale all’aumentare della portata della nave.

A parità di velocità e di numero dei giorni passati in porto, i costi per ogni tonnellata di carico trasportata tendono a diminuire con l’aumento della portata utile, tuttavia, un’altra categoria di oneri fa sentire la sua influenza: le spese per le operazioni di imbarco e sbarco dei carichi trasportati.

Fino a quando i costi, per tonnellata di carico, di cui ai primi quattro punti diminuiscono più di quanto non aumentino i costi per tonnellata di cui all’ultimo punto, il costo a viaggio per tonnellata di carico diminuisce.

La crescita della portata si arresta quando la diminuzione dei costi per tonnellata di cui ai primi quattro punti equivale all’aumento dei costi per tonnellata di cui all’ultimo punto.

Ad un successivo aumento della portata si riscontra un aumento dei costi a viaggio per tonnellata.

Se l’impianto portuale è specializzato non è più possibile mantenere l’assunto di un numero costante dei giorni passati in porto con l’aumentare della portata.

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La nave rimane in porto i giorni necessari per le operazioni non inerenti al carico, più il numero dei giorni risultante dal rapporto fra la portata della nave e la capacità giornaliera dell’impianto portuale. Cosicché i giorni in porto aumentano con il crescere della portata della nave.

Se la nave deve restare in porto un numero di giorni crescente con l’aumentare della portata , la durata del viaggio aumenta e cresce il costo totale.

Fino a quando tale aumento è proporzionalmente inferiore all’incremento della portata, i costi totali a viaggio per tonnellata di carico diminuiscono, ma quando l’aumento in questione cresce proporzionalmente più che l’incremento della portata, i costi totali per tonnellata di carico prendono a crescere.

Per quanto riguarda la specializzazione e la velocità della nave, dobbiamo considerare che gli impianti portuali sono da sempre caratterizzati dalla limitatezza di spazi a terra per deposito della merce.

Ne risultano condizioni di vantaggio per quei settori merceologici (liquidi e minerali) i cui depositi non hanno bisogno di estese superfici a terra.

Per tali settori si ha così la convenienza di un aumento della portata delle navi che li trasportano.

In effetti i trasporti petroliferi si svolgono su percorrenze spesso molto lunghe e possono sfuggire ai limiti dei costi crescenti degli spazi portuali e così la portata delle navi cisterna è arrivata a superare mezzo milione di tonnellata.

Anche le porta-minerali hanno raggiunto portate elevate (fino a 200.000 tonnellate), grazie agli insediamenti di depositi costieri.

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Lo sviluppo della portata del naviglio è da ricollegare, oltre che, naturalmente, alla lunghezza (crescente) delle percorrenze, alla specializzazione del ciclo di trasporto, ai flussi di traffico, alla

capacità di decentrare gli spazi per lo stoccaggio e

all’industrializzazione costiera.

Ogni singola partita viaggiante su un’unità da carico generale può fruire delle economie di scala della nave, ma risente dell’aumento dei costi di imbarco e sbarco per tonnellata di carico, dovuto all’aumento della portata della nave stessa e alle lunghe soste in porto.

Lo stesso tipo di carico, operato con navi speciali, può perdere i vantaggi delle economie di scala della nave ma, a motivo della specializzazione della nave stessa e della presenza di attrezzature apposite a terra, beneficia della riduzione dei costi per tonnellata dovuta al minore costo di imbarco e sbarco, e all’effetto della più breve sosta in porto.

Il volume di traffico in corrispondenza del quale la nave speciale diventa economicamente efficiente non è, generalmente, elevato. Questo spiega il motivo per cui viaggiano con risultati economici soddisfacenti navi speciali di piccola e media portata.

Questo è dimostrato, per esempio, dallo sviluppo delle cisterne per il transito di prodotti chimici, delle navi specializzate per il trasporto di autoveicoli (bulk car carriers), delle porta-legname (lumber carriers), ecc...

La continua lievitazione degli oneri di esercizio della navigazione di linea rende proibitiva la differenza dei costi di trasporto fra queste partite piccole e quelle viaggianti, a carico completo, con navi speciali.

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È per questo motivo che si è determinata un’esplosione dei trasporti unitizzati: il trasporto a containers, a pallette, a traghetto e il sistema porta-chiatte.

Tutti questi sistemi altro non sono se non trasporti alla rinfusa di unità di carico standardizzate, in grado di salire e scendere da bordo con mezzi propri o di essere operate con attrezzature appositamente studiate, cioè specializzate, a terra e/o a bordo.

Il ciclo automezzo-traghetto è di più facile assestamento, ma incontra limiti dimensionali rispetto alla nave; viene sovente praticato congiuntamente ad altri trasporti unitizzati (containers, pallette). Il sistema portachiatte esige un volume di traffico particolarmente elevato ed investimenti molto ingenti.

La velocità di esercizio della nave svolge due ruoli distinti: il primo è assimilabile a quello di un fattore di produzione (una data capacità annua di trasporto si può conseguire con diverse combinazioni di portata e velocità), il secondo è quello di un elemento che qualifica e differenzia il servizio offerto.

I tipi di nave più sofisticati tendono ad avere una maggiore velocità a parità di portata, anche se i costi connessi alla propulsione aumentano rapidamente al crescere della velocità di esercizio.

Tuttavia, quando si arriva alle navi che trasportano carichi dal valore unitario elevato, il mercato diventa sensibile alle differenze di velocità ed alla frequenza del servizio offerto.

In tal caso, si cerca una sorta di combinazione ottimale dei fattori di portata, velocità e frequenza del servizio. La velocità ha certamente importanza nel mercato crocieristico.

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1.4 I fattori determinanti l’evoluzione

La grande evoluzione del settore marittimo-portuale è avvenuta negli ultimi trent'anni, creando profondi cambiamenti nella struttura economica delle aree portuali.

I fattori che hanno determinato questa trasformazione sono molteplici: alcuni hanno origine dalle innovazioni tecnologiche ed organizzative avvenute nel trasporto marittimo e diffusesi alla fase portuale (i trasporti unitizzati e la specializzazione); altre sono conseguenza della “rivoluzione informatica” che si è gradualmente applicata alle attività trasportistiche e portuali, e delle tendenze evolutive dell’economia mondiale, legate alla modifica dei mercati (nuova centralità del Mediterraneo).

Infine vi sono innovazioni estranee al ciclo di trasporto, ma che lo hanno sensibilmente influenzato: è il caso dei mutamenti intervenuti nei modelli organizzativi e gestionali dei porti (riforma in materia portuale, legge n° 84 Gennaio 1994).

1.4.1 Le innovazioni nei trasporti marittimi

Le innovazioni che si sono affermate nel trasporto marittimo sono quelle che hanno maggiormente inciso sulle trasformazioni intervenute nel nodo portuale.

Propedeuticamente è necessario effettuare, in proposito, una distinzione tra quelle che sono state le tendenze evolutive nel trasporto delle merci e quelle introdotte nel trasporto passeggeri, anche se, in

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generale, le innovazioni di tipo tecnologico hanno riguardato entrambi i comparti del trasporto via mare.

Le trasformazioni intervenute nel trasporto merci si possono ricondurre a tre grandi tendenze:

 l'affermazione dei trasporti unitizzati;

 l'incremento della portata unitaria della nave;

 la specializzazione della nave e sviluppo di catene specializzate nave-impianto portuale.

1.4.2 I trasporti unitizzati

Il principio innovativo dell'unitizzazione riguarda, in sostanza, la possibilità di movimentare il carico dopo aver raggruppato varie partite di merci, diverse fra loro per natura e dimensione, in unità standardizzate, con il duplice effetto:

 di sviluppare impianti specializzati per la movimentazione (a terra o a bordo) delle unità di carico standard, o addirittura, nel caso del cicloautomezzo-traghetto, di eliminare la necessità di impianti di movimentazione;

 di limitare al minimo indispensabile le rotture di carico, evitando tutte quelle connesse al trasbordo da un modo di trasporto a un altro, o da un veicolo a un altro ("break of bulk").

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E' stato dunque possibile conseguire aumenti di produttività paragonabili a quelli ottenibili con il trasporto alla rinfusa che opera con impianti speciali. Il trasporto unitizzato può ritenersi anch'esso un trasporto alla "rinfusa" di unità di carico, che prescinde dalla tipologia di unità di carico.

Il contenitore (conteiner) è l'esempio più appropriato e diffuso di standardizzazione del carico e di trasporto unitizzato.

L'elevato grado di standardizzazione ha richiesto rilevanti investimenti per la specializzazione della nave, degli impianti a terra, dei modi di trasporto terrestre: sono stati necessari volumi di traffico sensibilmente maggiori di quelli richiesti dal trasporto tradizionale per coprire i costi di investimento.

Il ciclo automezzo-traghetto (navi Roll on - Roll off, o semplicemente RoRo) costituisce l'altra tipologia maggiormente diffusa di trasporto unitizzato.

Non richiede investimenti in impianti a terra né in veicoli specializzati, in quanto sono i veicoli stradali stessi a costituire l'unità di carico, e inoltre le operazioni di imbarco e sbarco sono rapide e poco costose.

L'unità di carico, però, ha un valore molto più elevato (e quindi anche il suo immobilizzo a bordo è più costoso) e non consente un efficiente sfruttamento della stiva, così da limitare le economie di scala della nave.

Infine il sistema portachiatte (richiedente ingenti investimenti e in conseguenza elevati volumi di traffico) e la palettizzazione hanno avuto, d'altro canto, applicazioni più limitate.

Infatti, una certa diffusione l'hanno avuta le navi LASH ( lighter aboard ship), queste sono navi-madre che trasportano chiatte lunghe circa 18 metri e larghe 9, capaci di 500 tonnellate ciascuna.

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Il sistema consente di assemblare il carico sulle chiatte prima dell'arrivo della nave-madre (o di scaricarle dopo la sua partenza), ed è particolarmente utile se il porto di origine o di destinazione non è avvicinabile da grandi navi ( si pensi ai porti fluviali).

La nave pallettizzata prevede, inoltre, l'organizzazione e la disposizione dell'imballaggio delle merci grazie all'impiego delle pallette di carico (pallets); in queste piattaforme portatili viene sistemata una certa quantità di merce per il trasporto e l'eventuale elevazione con mezzi meccanici.

La spinta all'unitizzazione dei carichi ha cominciato a manifestarsi negli anni Cinquanta. All'epoca, i metodi tradizionali di manipolazione del carico avevano una produttività piuttosto bassa e ciò comportava lunghe soste nei porti e, conseguentemente, alti costi per gli armatori e la necessità di utilizzare navi relativamente piccole. Fu la forte e rapida crescita del costo del lavoro, specialmente nelle economie avanzate, oltre che del costo per l'utilizzo degli impianti portuali, a generare una pressante esigenza di nuove tecnologie e nuovi modelli organizzativi, a più elevata produttività.

Questa esigenza sfociò nell'introduzione e diffusione dei trasporti unitizzati che hanno così rivoluzionato il ciclo di trasporto, permettendo, a sua volta, l'affermazione del trasporto intermodale e del trasporto combinato.

Nel nodo portuale, la quantità di manodopera impiegata è diminuita notevolmente in seguito allo sviluppo dei “containers”, alla specializzazione delle navi e, successivamente, all’alto livello di automazione che si è progressivamente introdotto nella manipolazione degli stessi “containers”.

E’ bene non trascurare una nuova tecnica di trasporto che si è affermata negli ultimi anni: il “Transhipment”. All’aumento delle

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dimensioni della nave e degli impianti è corrisposto quello dei costi della sosta in porto.

Ciò ha comportato che queste navi di grande portata potessero attraccare solo in porti di adeguate capacità (Load Centres) ove navi di minori dimensioni (Feeder) avrebbero trasportato in seguito il carico o parte di esso alle destinazioni finali e viceversa.

Tale tecnica di trasporto ha permesso di sfruttare al massimo le varie economie di scala del trasporto marittimo.

In seguito all’unitizzazione, si è via via manifestata la necessità di utilizzare sia navi di maggiori dimensioni (aumento della portata della nave) che navi specializzate per il trasporto di particolari tipologie merceologiche; tale necessità ha indotto lo sviluppo di impianti portuali altamente tecnologici e ha aumentato le rese di imbarco/sbarco, determinando drastici abbattimenti dei costi e dei tempi portuali.

1.4.3 La specializzazione

La crescita rilevante della domanda di trasporto marittimo per molte tipologie merceologiche, unitamente ad un incremento delle dimensioni medie della singola partita, ha reso possibile la progressiva introduzione di navi specializzate: è il caso delle cisterne per il trasporto di prodotti chimici, delle navi per il trasporto di veicoli, delle portalegname, ecc..

L'introduzione del naviglio specializzato è stato il frutto di un processo di concentrazione verticale tendente alla auto soddisfazione della domanda di trasporto.

In ogni caso, la nave speciale ha necessitato di input in larga parte diversi da quelli usualmente reperibili, così che la specializzazione si è

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trasferita sulle produzioni "a monte" del servizio di trasporto, come il servizio portuale.

L'uso di navi speciali ha indotto, in tal modo, lo sviluppo di impianti portuali specializzati, aumentando le rese d'imbarco/sbarco, e accentuando la spinta all'incremento della portata della nave.

L'unitizzazione, e in particolare l'uso dei conteiners, possono essere visti in un certo senso, anche come reazione a questa competizione: trattandosi, in fondo, di una specializzazione delle navi e dei corrispondenti impianti portuali riferita, anziché ad un singolo gruppo merceologico o ad un ristretto novero di gruppi merceologici simili per modalità di manipolazione, ad una tipologia di carico standardizzata, largamente indipendente dal carico trasportato al suo interno, che consente l'utilizzo dei medesimi impianti speciali per il trasporto e la movimentazione di partite tra loro diversissime per natura di carico e dimensioni complessive.

1.4.4 I trasporti di persone

Nel trasporto marittimo passeggeri, le trasformazioni avvenute dagli anni '50 hanno assunto i caratteri di una vera e propria rivoluzione, resa possibile dai mutamenti del mercato e dalle innovazioni tecnologiche.

Il primo caso riguarda la drastica riduzione dei flussi migratori (compensata da spostamenti di altro tipo, più “ricchi” e aventi esigenze di maggiore rapidità); il secondo caso, la repentina diffusione del vettore aereo, molto più rapido, funzionale e finalmente conveniente anche dal punto di vista delle tariffe.

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Tutto questo ha comportato una graduale sostituzione del vettore marittimo con quello aereo. Tuttavia, nelle rotte brevi tale sostituzione non è stata omogenea, in quanto queste ultime possono ancora contare su un segmento di mercato comparativamente “povero”, per il quale la differenza di tempo non giustifica la differenza di prezzo tra i due vettori; inoltre la nave si è andata specializzando nella fornitura di servizi diversi da quelli aerei (esempio sono i traghetti che consentono il trasporto al seguito dell’autovettura).

Un caso particolare di specializzazione in servizi diversi è costituito dalle “crociere”, anche se si può considerare più un servizio turistico che di trasporto in senso stretto.

In prospettiva, per quanto detto, il vettore marittimo appare in grado di competere efficacemente sulle rotte brevi e medie, grazie ai progressi ottenuti nell’utilizzo di mezzi ad alta velocità che sono in grado di ridurre sensibilmente le differenze temporali ed economiche rispetto al vettore aereo, in rapporto soprattutto al numero di passeggeri imbarcati per tratta (aliscafi, catamarani, “surface effect ships” ed altre imbarcazioni capaci, nello stesso tempo, di raggiungere e mantenere velocità prossime ai 50 nodi, e di ospitare 7-800 persone).

Tali innovazioni nel trasporto passeggeri necessitano però di infrastrutture a terra che assicurino l’accoglienza, il transito ed un rapido imbarco/sbarco delle persone e degli automezzi.

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1.4.5 La rivoluzione informatica

Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione da una parte, e le tecnologie dell’automazione dall’altra, hanno introdotto innovazioni di vastissima portata, i cui effetti sono evidenti in tutti i settori dell’economia. Una simile rivoluzione non poteva non interessare anche il settore dei trasporti e più specificatamente il trasporto marittimo: l’applicazione ad esso delle nuove tecnologie ha causato profondi mutamenti nell’organizzazione di tutte le operazioni relative alla gestione del ciclo di trasporto.

Già oggi, per molte tipologie di carico, il ciclo di produzione del servizio portuale potrebbe essere interamente informatizzato ed automatizzato, con notevoli effetti sulla produttività e sulla qualità dei servizi offerti; si creano però i problemi di un imponente sostituzione di fattore lavoro con fattore capitale e dell’insufficiente competenza e managerialità dei soggetti che dovrebbero rivestire incarichi idonei ai suddetti servizi.

Anche se questo traguardo è ancora abbastanza lontano, le nuove tecnologie sono oggi largamente presenti sulle banchine: i nuovi impianti di manipolazione delle merci, dal rendimento molto elevato, sono altamente automatizzati ed utilizzano le più avanzate applicazioni della tecnologia informatica (Automatic Guided Vehicles - A.G.V.).

Nel settore dei “containers” il computer ha assunto un ruolo sempre meno marginale in quanto permette sia una gestione efficiente del terminal, sia un supporto ai processi decisionali, ottimizzando i processi di scelta inerenti l’organizzazione e lo sviluppo di un progetto.

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Tra gli operatori economici e le autorità portuali è sorta la possibilità di fare uso di tecnologie telematiche per lo scambio di informazioni a distanza e per il coordinamento delle varie fasi di trasporto; in ambito portuale, negli ultimi anni, il sistema E.D.I. (Electronic Data Interchange) ha consentito rapide integrazione e trasmissione dei dati fra i soggetti della comunità portuale succitati.

In conclusione, gli effetti economici prodotti dall’introduzione dell’informatica , della telematica e dell’automazione nelle operazioni portuali sono stati e sono tuttora molto rilevanti e si possono così sintetizzare:

 riduzione dei tempi di carico e scarico e conseguente riduzione dei tempi di sosta della nave in porto;

 aumento dell’affidabilità, dovuto alle riduzioni della variabilità dei tempi di movimentazione e dei tempi di coda;

 riduzione dell’impiego di manodopera in rapporto ai volumi movimentati e aumento della qualificazione della suddetta manodopera (aspetto molto delicato per l’economia delle città portuali);

 forte aumento di impiego di capitale e conseguente mutamento della struttura dei costi di produzione del servizio portuale.

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1.4.6 L'economia internazionale

Le recenti tendenze nella localizzazione internazionale dei mercati hanno provocato essenzialmente due effetti: nuovi paesi si sono affacciati alla ribalta dell’economia mondiale e altri hanno registrato una situazione di stallo o peggio di regresso.

Pur mantenendosi costanti i movimenti nelle zone forti degli Stati americani e dell’Estremo Oriente, si sono privilegiate rotte passanti per il Mediterraneo (tratta Suez-Gibilterra); tale zona ha assunto un ruolo di centralità soprattutto per il progressivo sviluppo dei paesi del Sud-Est asiatico. Così il Mediterraneo si presenta in una posizione economicamente nuova, rispetto soprattutto alle rotte intercontinentali. Inoltre si è ridotto lo storico squilibrio nei confronti dei mari nord-europei i cui porti hanno in passato prevalso per la loro maggiore economicità ed affidabilità, per le loro migliori dotazioni infrastrutturali portuali ed extra-portuali, e per un imponente sfruttamento della rete fluviale nel traffico intermodale.

Secondo le analisi di esperti, numerose e qualificanti sono le differenze delle situazioni infrastrutturali e gestionali, nonché dei livelli di servizio dei porti italiani rispetto a quelli del Mar del Nord con i quali in una dimensione europea occorre confrontarsi.

La Commisione trasporti dell’Unioncamere e Uniontrasporti (organismo tecnico promosso dalle Unioni regionali delle Camere di Commercio) hanno svolto in questi anni un attenta attività di analisi (Osservatorio sui porti) che ha finora approfondito soprattutto i principali fattori di successo dei porti del Mare del Nord. Tale analisi ha offerto spunti di rilievo per elaborare delle linee di indirizzo a medio termine, volte a recuperare competitività rispetto alla portualità nord europea.

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Sono in sintesi emersi quattro fattori di successo, sui quali ci si deve confrontare.

Le esperienze dei porti del Mare del Nord evidenziano innanzi tutto una chiara ripartizione di ruoli e funzioni fra Ente pubblico (a livello locale così come nazionale) le Port Authorities e gli operatori privati con la definizione di uno specifico ambito di responsabilità e autonomia per i diversi soggetti in gioco.

All’interno di questo disegno complessivo le Port Authorities si caratterizzano per una struttura leggera e non operativa che interviene principalmente nelle funzioni strategiche di pianificazione e di gestione delle aree, in alcuni servizi comuni di natura tecnica e nell’attività di promozione istituzionale.

Tra le condizioni che rendono ottimale lo sviluppo di uno scalo spiccano, in secondo luogo, le logiche di programmazione a medio termine, per gestire l'insieme di infrastrutture, collegamenti e mezzi in una logica di adeguamento, in tempi coerenti, rispetto alle future esigenze dei vettori e delle merci.

Il terzo fattore di successo consiste nelle modalità di rapporto nei confronti dell'ambiente esterno (i clienti, i fornitori e i concorrenti). Dalle esperienze prese in esame, emergono quattro aspetti significativi:

 l'articolazione del portafoglio servizi, garantita dalla compresenza di strutture o operatori specializzati in grado di soddisfare le esigenze di tipologie diverse di clienti;

 la propensione al marketing: il porto va inteso come un prodotto da offrire sul mercato, utilizzando gli strumenti del marketing dei beni industriali;

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 offerta di know how: nel portafoglio di attività dei grandi porti del Nord Europa non vi sono i tradizionali servizi alla merce e ai vettori, ma anche la fornitura di know how, con particolare riferimento alla formazione ed al Consulting, attraverso strutture specializzate;

 la gestione dell'informazione: l'E.D.I. (Electronic Data Interchange) rappresenta una strumentazione consolidata già dagli inizi degli anni '80, anche se il livello di articolazione e strumentazione è differente nelle varie realtà.

Sulla base di queste analisi, il sistema camerale ha dato vita al processo di cambiamento iniziato con l'emanazione della Legge 28 Gennaio 1994, n. 84, indicando gli indirizzi per una politica portuale che assuma come cardini strutturali le tematiche del successo degli scali del Mare del Nord.

1.5 Il nuovo modello organizzativo e gestionale dei porti: La legge 84/94

La riforma degli ordinamenti portuali, avvenuta con legge n° 84 del 1994, ha permesso ai principali porti italiani di migliorare le loro “performance”, grazie ad un mutamento negli assetti istituzionali, gestionali e organizzativi.

Purtroppo tale mutamento non è stato portato avanti di pari passo con altre Nazioni: infatti, fino a tale riforma, i modelli organizzativi e gestionali dei porti italiani erano fermi alla situazione prebellica con evidenti ripercussioni negative sulla loro competitività nel contesto internazionale.

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Tale mutamento ha sancito un aumento di importanza dell’assetto

gestionale caratterizzato dalla flessibilità decisionale e

dall’orientamento al mercato ed al profitto, generando e sviluppando nuovi rapporti tra amministrazione pubblica e operatori privati.

Dal punto di vista delle innovazioni l’aspetto maggiormente qualificante della riforma è la netta distinzione tra il momento della pianificazione e quello dello svolgimento delle attività produttive. Nei maggiori porti, viene istituita l’Autorità portuale, ente di diritto pubblico che sostituisce le organizzazioni portuali (enti, consorzi, aziende mezzi meccanici) cui era demandata la gestione, anche operativa, nel vecchio ordinamento.

Il Principio fondamentale della suddetta legge si concretizza nella netta separazione tra il ruolo svolto dall’Autorità pubblica titolare dei poteri di regolazione in funzione della tutela della concorrenza e di altri rilevanti interessi di natura pubblica e quello demandato agli operatori privati a cui tendenzialmente è affidato l’esercizio delle attività economiche.

Il principio di separazione tra le attività tipicamente amministrative, di cui è titolare l’Autorità portuale, e delle attività economiche, riservate a Imprese private è consacrato a chiare lettere nell’art. 6, comma 6:

“Le autorità portuali non possono esercitare, né direttamente né tramite la partecipazione di società,

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Le competenze dell’Autorità Portuali riguardano:

 la pianificazione economica e territoriale dello scalo;

 il controllo dell’attuazione del piano (nonché la raccolta e l’elaborazione degli elementi e dati statistici per il monitoraggio e l’attuazione del piano stesso);

 la promozione e il marketing, in senso lato, dell’area portuale;

 il controllo, da esercitarsi anche attraverso quote di partecipazione, su società cui sono affidate funzioni relative a servizi di interesse comune (reti informatiche e telematiche; servizi ecologici ambientali; manutenzione).

L’attività di programmazione si sostanzia principalmente:

 assegnazione in concessione delle infrastrutture portuali ad operatori privati (terminalisti) che svolgono l’attività produttiva operativa;

 nel rilascio delle autorizzazioni a svolgere operazioni portuali (agli stessi terminalisti nonché ad imprese di servizi, quali prestatori di manodopera);

 nella fissazione dei relativi canoni di concessione e di autorizzazione;

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 nella predisposizione del Piano Operativo Triennale, concernente le strategie di sviluppo delle attività portuali e gli interventi volti a garantire il rispetto degli obiettivi prefissati.

La novità maggiore della riforma portuale italiana 84/94 sta nel fatto che lo svolgimento delle attività produttive di servizi portuali (cioè la gestione dei terminalisti), o di attività industriali nel territorio portuale, spetta in via esclusiva alle imprese private terminaliste.

Esse operano sulla base della succitata concessione rilasciata dall’Autorità Portuale, per quanto concerne l’uso degli spazi, delle infrastrutture ed impianti portuali (quando non vengono realizzati dai concessionari), e di un’autorizzazione, rilasciata dallo stesso ente, a svolgere le operazioni portuali.

La concessione e l’autorizzazione sono date a fronte, oltre che del pagamento dei canoni relativi, di un programma di investimenti che il concessionario si impegna a realizzare, degli obiettivi di traffico che si prevede esso porti nello scalo, delle ricadute economiche (indotto e occupazione) attese dall’attività del terminalista.

La durata delle concessioni dovrebbe essere correlata al tipo e all’entità degli investimenti posti in essere dal concessionario. L’Autorità Portuale è inoltre chiamata a controllare che tutti gli impegni presi dal concessionario, in termini di pagamenti dei canoni, di eventuali investimenti, di traffici assicurati, vengano mantenuti. E ha il potere di sospendere o revocare la concessione qualora questo non avvenga.

Tutto ciò porta a concludere che l'Autorità portuale rivesta un ruolo di notevole importanza, perché i pubblici poteri le hanno dato il compito di rilanciare l'intero sistema portuale italiano, assegnandole compiti

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riguardanti: “indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza anche in riferimento alla sicurezza rispetto ai rischi di incidenti connessi a tale attività”.Sono, inoltre, demandate all’Autorità portuale: “la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell’ambito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali [...]”. Attualmente, stante il superamento delle soglie di traffico previste, sono state complessivamente istituite 25 autorità portuali, aventi personalità giuridica di diritto pubblico e dotate di autonomia finanziaria e di bilancio nei limiti previsti dalla stessa legge.

La gestione patrimoniale e finanziaria è disciplinata da un regolamento di contabilità approvato dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti di concerto con il Ministero dell’Economia. Il rendiconto finanziario è soggetto al controllo della Corte dei Conti.

Gli organi dell’Autorità portuale sono i seguenti:

Il Presidente:

Nominato, previa intesa con la regione interessata, con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

La terna è comunicata al Ministro dei trasporti e della navigazione tre mesi prima della scadenza del mandato. Il Ministro, con atto motivato, può chiedere di comunicare entro trenta giorni dalla richiesta una seconda terna di candidati nell'ambito della quale effettuare la nomina.

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Qualora non pervenga nei termini alcuna designazione, il Ministro nomina il presidente, previa intesa con la regione interessata, comunque tra personalità che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale .

Il presidente ha la rappresentanza dell'autorità portuale, resta in carica quattro anni e può essere riconfermato una sola volta.

Le competenze del presidente sono:

 sottoporre all’approvazione del Comitato portuale l’adozione degli atti fondamentali (il piano operativo triennale; il piano regolatore portuale; gli schemi di delibere riguardanti il bilancio preventivo e le relative variazioni, il conto consuntivo;

 esercitare il coordinamento delle attività svolte nel porto dalle pubbliche amministrazioni, nonché al coordinamento e al controllo delle attività soggette ad autorizzazione e concessione, e dei servizi portuali;

 amministra le aree e i beni del demanio marittimo compresi nell'ambito della circoscrizione territoriale di cui all'articolo 6, comma 7, sulla base delle disposizioni di legge in materia, esercitando, sentito il comitato portuale, le attribuzioni stabilite negli articoli da 36 a 55 e 68 del codice della navigazione e nelle relative norme di attuazione ;

 esercita ogni altra competenza che non sia attribuita dalla legge agli altri organi dell'autorità portuale .

(37)

Comitato portuale

Organo collegiale dalla composizione articolata. In esso siedono:

 Rappresentanti della amministrazioni statali (comandante del porto, dirigente dei servizi doganali della circoscrizione doganale competente, in rappresentanza del Ministero delle finanze dirigente del competente ufficio speciale del genio civile per le opere marittime, in rappresentanza del Ministero dei lavori pubblici);

 Rappresentanti istituzioni territoriali e locali (presidente della giunta regionale o da un suo delegato, presidente della provincia o da un suo delegato, sindaco del comune in cui è ubicato il porto, qualora la circoscrizione territoriale dell'autorità portuale comprenda il territorio di un solo comune, o dai sindaci dei comuni ricompresi nella circoscrizione medesima, ovvero da loro delegati presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio o, in sua vece, da un membro della giunta da lui delegato;

 Sei rappresentanti delle seguenti categorie: 1) armatori;

2) industriali;

3) imprenditori di cui agli articoli 16 e 18; 4) spedizionieri;

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6) autotrasportatori operanti nell'ambito portuale.

 Sei rappresentanti dei lavoratori

 Un rappresentante delle imprese ferroviarie operanti nei porti, nominato dal presidente dell'Autorità portuale.

Il segretariato generale

Composto dal segretario generale e dalla segreteria tecnico-operativa. Il segretario generale è nominato dal comitato portuale, su proposta del presidente, tra esperti di comprovata qualificazione professionale nel settore dalla presente legge.

Il segretario generale è assunto con contratto di diritto privato di durata quadriennale, rinnovabile per una sola volta. Il segretario generale può essere rimosso in qualsiasi momento dall'incarico su proposta del presidente, con delibera del comitato portuale.

Il collegio dei revisori dei conti

Composto da tre membri effettivi e tre supplenti, nominati con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, nell'ambito degli iscritti all'albo dei revisori ufficiali dei conti.

Un membro effettivo, con funzioni di presidente, ed un membro supplente sono nominati su designazione del Ministro del tesoro. Il collegio dei revisori dei conti:

 provvede al riscontro degli atti di gestione, accerta la regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili ed effettua trimestralmente le verifiche di cassa;

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 redige una relazione sul conto consuntivo e riferisce periodicamente al Ministro dei trasporti e della navigazione;

 assiste alle riunioni del comitato portuale con almeno uno dei suoi membri.

1.6 Gli anni dopo la riforma: Il traffico nazionale, internazionale e gli operatori

Per quello che riguarda il trasporto passeggeri, negli ultimi anni il flusso transitato nei porti italiani ha mostrato una elevata stabilità dimostrando la presenza di un mercato maturo.

In tale contesto, il mercato, essendo ormai maturo, ha richiesto agli armatori un costante miglioramento del livello del servizio in termini di qualità delle navi, comfort degli alloggi e servizi di intrattenimento per i passeggeri.

Il cabotaggio si è evoluto negli ultimi anni da semplice servizio di collegamento ad un trasporto con un livello di servizio simile a quello offerto dal mercato crocieristico in termini di comfort del passeggero. L’offerta di tali servizi è essenziale per mantenere o erodere quote di mercato.

Nello specifico, per quanto riguarda il traffico di passeggeri a livello internazionale, nel 2005 oltre il 60% del traffico internazionale si è sviluppato tra l’Italia e i paesi posizionati lungo il corridoio adriatico(Grecia, Croazia, e Albania).

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Traffico passeggeri transitato nei porti italiani per forma di navigazione (anni 2002-2006) Forma di navigazione 2002 2003 2004 2005 2006 Cabotaggio nazionale * 76.987 76.882 77.088 72.774 80.440 Cabotaggio Internazionale 5.714 5.694 6.228 5.979 5.544 Totale 82.701 82.576 83.316 78.753 85.984

Fonte: Elaborazione su dati ISTAT 2007.

La Grecia pur mostrando un calo dei flussi passeggeri nel periodo 2002-2005 è rimasta la prima destinazione per importanza e rappresenta circa il 37% del traffico totale.

La seconda destinazione per importanza è la Francia con il 22% del traffico totale.

Anche le rotte che collegano l’Italia con Spagna e Albania mostrano nel corso degli anni aumenti dei tassi medi annui di crescita del 19% e del 9%.

I principali operatori che operano sulle linee passeggeri e merci a livello internazionale sono per quello che riguarda la Grecia sono: Agoudimos, Anek lines, Minoans, Endeavor line, Blustar ferries, Fraglineferries, Marittime way e Superfast ferries. Per la Francia GLD lines e SCNM Ferryterranee, per la Croazia Jadrolinija, SNAV/seacat, per la Spagna Grimaldi, Suardiaz, GNV, per l’Albania Maritime, Tirrenia, Adria Ferries, Di Maio&Parteners, Marlines, Ventouris lines, Ilion lines, G.A. Ferries e Marline.

Per Malta sono Grimaldi, Maresi e Virtu ed infine per la Turchia sono Marmara lines, MedEuropean Seaways, Sancak shipping, Ulosoy Sea Lines e Un RO RO.

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Il grafico nella pagina seguente, mostra la ripartizione del traffico marittimo dall’Italia verso i principali Paesi del mediterraneo.

Traffico Internazionale

Fonte: Elaborazione su dati ISTAT e ShipPax 2007

Per quello che riguarda il cabotaggio marittimo di passeggeri a livello nazionale, il mercato può essere suddiviso in due macro categorie. La prima è costituita dalle rotte di collegamento con le isole minori, mentre la seconda è rappresentata dalle rotte tra continente e isole maggiori (Sicilia e Sardegna).

I collegamenti con le isole minori rappresentano il 57% del traffico totale espresso in numero di passeggeri trasportati.

Le rotte maggiormente trafficate sono quelle con le isole campane che rappresentano il 27,2 %, seguite dai servizi di traghettamento con gli arcipelaghi siciliani con il 9,6%, quelli sardi con il 9,1%, quelli toscani con 8,66%, laziali per l’1,5% ed infine pugliesi con l’0,4%.

Per quello che riguarda gli armatori in Sardegna, il principale collegamento presente è quello tra le isole Maddalena e Palau dove operano maggiormente Enermar e Saremar.

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La Sicilia, ed in particolare le Eolie e le Egadi, sono principalmente servite da Siremar, Ustica Line, Navigazione Generale Italiana ed Euroline Navigazione.

In Toscana le compagnie marittime più importanti sono Maregiglio, Toremar e Moby (dal 2012 confluite in un'unica società).

In Campania per collegare Pozzuoli, Ischia, Capri e Procida operano la Pozzuoli lines, Medmar, Caremar, Procidamar, Aliauro e Snav. Infine nel Lazio i principali armatori sono Vetor, Medmar, Caremar, Battelli Roma, Snav e Aliauro.

L’attraversamento dello stretto (Sicilia - Calabria) rappresenta il 27% del traffico passeggeri nazionali.

Gli armatori che operano nelle tratte da Villa San Giovanni- Reggio Calabria-Messina sono la Bluevia, Caronte, Meridiano, Navigazione Generale Italiana, Tourist Shipping e Tourist Ferry Boat.

Il Corridoio tirrenico, ossia il collegamento tra Sardegna ed il resto del continente registra un flusso pari a circa il 14% del traffico passeggeri nazionale.

Tirrenia è uno degli armatori maggiormente presenti su questa rotta, collegando la Sardegna con il Lazio, la Liguria, la Campania e la Toscana.

Altra importante compagnia marittima è la Corsica e Sardinia Ferries che opera nella tratta tra il Golfo Aranci, Lazio, e Toscana.

Enermar Trasporti e GNV operano tra Genova e la Sardegna.

Inoltre c’è la compagnia Moby lines che collega la Sardegna alla Toscana, al Lazio e alla Liguria.

Dal 2007 SNAV collega Civitavecchia ad Olbia.

Sono presenti altri armatori ma che operano con basse frequenze. Nei collegamenti tra la Sicilia e il continente i più importanti armatori sono SNAV, TTTlines e Caronte che operano tra Campania e Sicilia.

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Anche Tirrenia collega la Sicilia con la Campania e precedentemente anche con la Liguria ma soppresso nel 2006.

Le altre compagnie più importanti sono: Strade blu che effettua la rotta dalla Sicilia alla Liguria, Grimaldi Prestige serve la rotta tra la Sicilia e la Campania e tra la Sicilia e il Lazio/Liguria e GNV collega il porto di Palermo con la Liguria, la Toscana ed il Lazio.

Per i Collegamenti tra la Sicilia e la Sardegna Tirrenia opera nel collegamento da Cagliari verso Palermo e Trapani con volumi di traffico non rilevanti 100.000 passeggeri l’anno.

Per quanto riguarda il Corridoio adriatico, innanzitutto si denota che a riguardo il versante Adriatico ha una vocazione prevalentemente rivolta al trasporto internazionale di merci e passeggeri, infatti le uniche due rotte nazionali presenti sono quelle che collegano Catania con Ravenna e Venezia ( linea, quest’ultima, soppressa nel 2006) gestite da Tirrena.

Il traffico passeggeri su tali rotte non è significativo.

Il grafico successivo mostra la suddivisione del traffico passeggeri nazionale al 2005.

Traffico Nazionale Passeggeri

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Il seguente invece mostra la suddivisione del traffico passeggeri verso le isole minori.

Traffico Passeggeri verso le isole minori

Fonte: Elaborazione su dati ISTAT ShipPax 2007

Negli ultimi 10 anni, il mercato del trasporto merci ha mostrato una elevata dinamicità sia in termini di crescita del traffico e attivazione di nuove rotte, sia in termini di nuove esigenze espresse degli utenti. In particolare, il naviglio richiesto dal mercato per svolgere un servizio di cabotaggio competitivo rispetto alla modalità stradale dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

 velocità tra i 20 e i 25 nodi, tale da permettere frequenze giornaliere;

 tipologia di nave Ro- Pax con 200-3000 metri lineari di capacità per le merci e circa 500;

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 1000 posti passeggeri tali da garantire massima flessibilità di utilizzo sia per il trasporto accompagnato sia per quello non accompagnato.

Nel periodo 2000-2001 vi è stato un picco di nuovi ordini di navi che possedevano le caratteristiche descritte, ma negli ultimi anni il mercato si è stabilizzato con nuovi ordini di sostituzione e non di espansione.

Secondo una recente analisi di mercato un obiettivo ambizioso per i prossimi anni è il raddoppio delle merci trasportate via nave: se nel 2005 sono state il 4% si prospetta di salire all’8%.

Il raddoppio è possibile visto che ad oggi la flotta riempie mediamente le proprie stive solo al 50 %.

Tale obiettivo è vincolato alla capacità dell’armatore di soddisfare le esigenze degli autotrasportatori.

Il livello del servizio offerto sulle rotte in termini di frequenze e orari deve rispondere alle necessità del trasporto stradale e dovrebbe essere concordato tra armatori e autotrasportatori.

Per quanto riguarda il traffico merci internazionale, il mercato delle autostrade del mare, può essere diviso in tre macroaree:

 Mediterraneo Orientale composto principalmente dai paesi dei Balcani, Grecia, Turchia e Mar Nero;

 Mediterraneo Occidentale, composto da Francia e spagna;

 Nord Africa composto da Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto.

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I paesi del Mediterraneo Orientale sono accessibili attraverso il Corridoio Adriatico che rappresenta l’unica possibilità di trasporto est-ovest in grado di superare barriere politiche e geografiche.

I principali mercati di scambio sul versante adriatico, sono Grecia e Turchia, che rappresentano rispettivamente il 59% e il 23% del mercato, seguite da Spagna per il 9%, Albania per il 6%, la Francia e la Croazia entrambe per l’1% e Montenegro solo per lo 0,5%.

Le rotte di collegamento con il Mediterraneo occidentale risultano essere già ben servite, in particolare verso la spagna dove sono in aumento le esportazioni dall’Italia.

Il mercato del nord africa è in rapida espansione e con riferimento dell’Italia risultano interessanti i collegamenti con la Tunisia, serviti già da diversi operatori.

Il grafico seguente illustra la suddivisione del traffico merci tra i paesi in considerazione nell’analisi.

La rotta che presenta maggiori volumi di traffico merci è quella verso la Grecia (59% del traffico totale), seguita dalla Turchia con il 23% del traffico marittimo.

Traffico Merci sulle rotte internazionali 2005

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