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Profilo storico e religioso delle grotte di Yungang. Analisi sistematica della grotta 20 e delle grotte 5 e 6.

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Corso di Laurea Magistrale in

Lingue e Civiltà dell’Asia e dell’Africa

Mediterranea

Tesi di Laurea

Profilo storico e religioso delle

grotte di Yungang. Analisi

sistematica della grotta 20 e delle

grotte 5 e 6.

Relatore

Ch. Prof. Sabrina Rastelli

Correlatore

Ch. Prof. Silvia Vesco

Laureando

Francesca Ghilardi

Matricola 826613

Anno Accademico

2016 / 2017

(2)

1

INDICE

INTRODUZIONE ... p. 5

CAPITOLO 1: Cenni storici e origine dei Tuoba Wei ... p. 8

CAPITOLO 2: Cenni sulla dottrina buddhista e sulla sua penetrazione in Cina ... p. 23

CAPITOLO 3: Stile e iconografia ... p. 43

CAPITOLO 4: Grotta 20 ... p. 58 CAPITOLO 5: Grotte 5 e 6 ... p. 73 5.1 Grotta 5 ... p. 76 5.2 Grotta 6 ... p. 86 CONCLUSIONI ... p. 101 BIBLIOGRAFIA... p. 106 SITOGRAFIA ... p. 111 CRONOLOGIA ... p. 113 GLOSSARIO... p. 115

(3)

2

前言

Throughout the past 15 centuries, the Yungang Grottoes have been telling the world of their past glory, and the dream of a dynasty and a nationality, and their politics, economy, culture, Buddhist history, as well as their immortal and amazing art […]. (Nie Huangui 聂还贵)

比起详述,聂还贵简单概括了云冈石窟所代表的 1500 多年历史。如

今,云冈石窟凭借其雄伟威严的气势给参观者留下了深刻印象,然而在北

魏时,这些复杂的岩石形态并不仅仅是为了给参观者留下深刻印象,而是

为了推动并逐渐形成王朝不同阶段的政治形态。

这篇论文先后从历史和宗教的角度 (在第一部分),纯粹的艺术角度(

在第二部分) ,分析了云冈石窟。第一章旨在提供一种全景视角来展现云

冈石窟产生的历史背景。我选择在第一章里从历史角度分析是为了让读者

更深刻地了解中国的中古和北魏。 北魏的皇帝是建造云冈石窟的发起者

和推动者,那么出身于拓跋鲜卑族的北魏王朝,为何不去发展本民族主流

信仰的宗教,而是要建造一个中原地区主流信仰的佛教项目?答案是,在

北魏统治初期,这是使新统治者权力合法化的最有效方式,随后,云冈石

窟变成了政治宣传的工具。

第二章重点介绍佛教的基本理论,以及佛教为何在中国能得到广泛

迅速的传播。佛教在北魏时期得到快速发展,其地位甚至一度比肩中国传

统的儒家和道家。那么,佛教如何那么快速地发展? 最重要的原因之一

是,统治阶级选择佛教这一新的、外来的思想,是为了依靠这种新的信仰

,捍卫自己的统治地位。

第三章重点描述了云冈石窟的结构、风格和佛教图像的发展,以及

云冈石窟内部艺术的分化。例如,云冈石窟建造初期(第一阶段),其艺术

(4)

3

灵感主要来源于中亚佛教艺术和甘肃佛教艺术,但之后(第二阶段)这种风

格慢慢消失,而风格的改变主要是为了促进王朝的汉化的政策。从五世纪

末叶开始,当时的皇帝决定放弃拓跋族文化,更多地学习、发扬汉民族的

优良文化。

最后,第四章和第五章具体分析一些洞穴,首先是第 20 窟,其次是

第 5 和第 6 窟。细分的原因是为了强调第 20 窟 和第 5-6 窟不同的年代和

不同的风格。在很短时间内(大约十到二十年的短暂时间),云冈石窟的艺

术风格发生了巨大变化,第 20 窟代表着云冈石窟艺术的第一阶段(变成了

第一阶段的象征),而第 5 和第 6 窟( 作为双子石窟)的艺术特征 代表着第

二阶段。

对云冈石窟这一主题的选择既是基于教学特点的原因,也是基于个人

兴趣的原因。毫无疑问,云冈石窟这一视觉盛宴绝不会令人无动于衷,大

同的壮丽云冈石窟对我有很大的影响,是我选择这一主题的最重要因素之

一。另一方面,目前很难找到有关云冈石窟的详细资料及著作。

总之,这篇论文的目标,旨在全面描述云冈佛教岩石艺术,并回答

以下两个问题: 一云冈石窟为何在不同历史时期出现了不同的艺术风格?二

佛教作为一个外来宗教,为何能快速发展成中国文化的重要组成部分,并

直接改变中国传统文化的一些思想?

同时,在第 4 和第 5 章里,我具体

地描述三个洞穴。我决定描述第 20 窟和第 5、6 窟的原因,是因为在很短

时间之内(大约十到二十年的短暂时间),发生了巨大风格差异。第 20 窟的

特点属于云冈石窟的第一阶段,而第 5、6 窟的特点属于云冈石窟的第二

阶段。

这项工作采用了两种不同的方法进行。首先,对现有材料进行收集

整理;随后,阅读中、英文特定文献,对第 20,5 和 6 窟进行详细分析。

在大多数情况下,观察和描述都来自个人。为了更好了解云冈石窟的情况

(5)

4

和风格,我曾专程前往参观云冈石窟。

论文中的图片资料,一部分来自网站和书籍,一部分来自个人拍摄

。如果有兴趣,我推荐这个网站 www.yungang.org,在这里可以找到洞穴

的互动图像(你只需移动鼠标就能看到洞穴的每一处细节)。出于论文的字

数考虑,我没有对第 5 和 6 窟的所有雕像进行完整分析,而是选择了一些

最具代表性的塑像。

中国的字符在拼音注音之前,没有声调。普通名词后有意大利语的

翻译。从梵语衍生的词汇没有附加符号。

Han 表示汉朝 (206 公元前-220 公元),而 han 表示汉族和汉族的文

化、习俗、传统等。佛(Buddha)和菩萨(Bodhisattva)这两个词,在意大利语

里很常见, 所以我没用斜体字,其它从梵语来的词,例如罗汉(arhat)、飞

天(apsara)等采用斜体字。

(6)

5

Introduzione

Throughout the past 15 centuries, the Yungang Grottoes have been telling the world of their p ast glory, and the dream of a dynasty and a nationality, and their politics, economy, culture, Buddhist history, as well as their immortal and amazing art […].1

È con poche e semplici parole che Nie Huangui definisce un profilo più che dettagliato delle grotte di Yungang e di ciò che esse rappresentano da oltre millecinquecento anni. Con la loro imponente magnificenza e maestosità hanno colpito, e continuano a sorprendere, innumerevoli visitatori, siano essi fedeli buddhisti o, più semplicemente, turisti che si apprestano per la prima volta a godere dello spettacolo offerto da questo capolavoro dell’antichità. Tuttavia, lo scopo del complesso rupestre, nel corso della dinastia Wei Settentrionale, non è stato soltanto impressionare l’osservatore, ma, piuttosto, quello di promuovere le politiche che, di volta in volta, si sono susseguite e hanno caratterizzato le diverse fasi del regno.

Il presente lavoro ha come oggetto l’analisi delle grotte di Yungang, sia dal punto di vista storico e religioso, nella prima parte, che dal punto di vista più puramente artistico, nella seconda. La scelta di aprire questa tesi di laurea delineando un profilo storico, nel primo capitolo, è finalizzata a fornire una panoramica generale del periodo entro il quale si configura la realizzazione del complesso di grotte, il cosiddetto Medioevo cinese, e, più nello specifico, del regno degli Wei Settentrionali, mecenati e promotori dell’opera di costruzione. A tale proposito, si cercherà di approfondire i motivi che spinsero gli Wei, dinastia di origine nomadica appartenente alla stirpe Tuoba, a dare inizio a tale ambizioso progetto, visto, nella sua prima fase, come il mezzo più efficiente per legittimare l’egemonia dei nuovi sovrani e, in un secondo momento, come uno strumento di propaganda delle nuove politiche di corte.

Il secondo capitolo si concentrerà sulle nozioni basilari della dottrina buddhista e di come la dottrina abbia fatto il suo ingresso in Cina e vi si sia radicata, acquisendo un'importanza e una dignità sempre maggiori, tanto da essere considerata, per un certo periodo, alla stregua di confucianesimo e daoismo. Fra le altre cose, la scelta di un pensiero nuovo e, addirittura, di origine straniera, sta alla base di un’azione politica ben precisa, volta ancora a giustificare l’avvento di una nuova dinastia regnante, che necessitava di un credo a cui appoggiarsi e al quale fare riferimento per affermare il proprio potere.

1

NIE Huangui, Yungang grottoes and Northern Wei, traduzione inglese di LI Li e WANG Li, Beijing, China Intercontinental Press, 2013.

(7)

6 Il terzo capitolo si prefissa di descrivere l’assetto delle grotte e lo sviluppo dello stile e dell’iconografia buddhista, che ha portato a una differenziazione di linguaggi artistici all’interno delle grotte stesse. Se, nell’aspetto delle prime grotte, si possono trovare influenze dell’arte rupestre sviluppatasi in precedenza nell’Asia Centrale e nel corridoio del Gansu, tale influsso va progressivamente scomparendo con l’affermazione di nuove idee politiche, atte a favorire una sinizzazione della dinastia.

Il quarto e il quinto capitolo, infine, analizzeranno più nello specifico alcune grotte, rispettivamente la 20, nel primo, e la 5 e la 6, nel secondo. Il motivo di tale suddivisione è da ricercarsi nelle differenze cronologiche e stilistiche che intercorrono fra la grotta 20, rappresentativa della prima fase artistica del complesso di Yungang, e le grotte gemelle 5 e 6, costruite in coppia, che esprimono a tutti gli effetti il gusto che caratterizzò il secondo periodo artistico del sito.

La scelta alla base del presente lavoro è sia di carattere didattico, che personale. Lo spettacolo offerto dalla vista delle grotte di Yungang non lascia indifferenti e, nel mio caso, l’impatto che il capolavoro di Datong ha avuto su di me è stato incisivo nella scelta dell’argomento per la mia tesi di laurea. D’altro canto, è pur vero che, attualmente, è difficile reperire materiale accademico aggiornato inerente all’opera.

L’obiettivo di questo lavoro è, dunque, quello di fornire un prospetto generale dell’arte rupestre buddhista sviluppatasi a Pingcheng, quando era la capitale della dinastia Wei Settentrionale, di come in un tale periodo storico si siano sviluppate certe forme artistiche e di come la dottrina buddhista si sia affermata in un paese che possedeva già una tradizione culturale ben radicata, arrivando addirittura a modificarne le strutture portanti. Parallelamente, si offrirà un’analisi specifica di tre grotte, scelte per le loro peculiarità e per mostrare le enormi differenze stilistiche che sono intercorse durante la medesima dinastia, in un brevissimo lasso di tempo che si aggira fra i dieci e i vent’anni.

Il lavoro è stato svolto secondo due metodologie distinte. In una prima fase, è stata compiuta un’opera di ricerca e di documentazione su materiale già esistente, finalizzata a raccogliere informazioni di carattere generale. Successivamente, è stata effettuata un’analisi dettagliata delle grotte 20, 5 e 6, supportata in una certa misura da articoli e volumi specifici in lingua inglese e cinese, ma, per la maggior parte, frutto della mia osservazione diretta, condotta durante una visita in loco di alcuni giorni, organizzata proprio a questo scopo, e prendendo visione di alcune immagini reperite da siti internet e libri di arte.

(8)

7 Per le immagini, si è reso necessario l’ausilio di fotografie prese da libri e siti internet, con l’aggiunta di alcuni scatti personali. A tale proposito, si invita a consultare il sito

www.yungang.org, all’interno del quale si possono trovare riproduzioni interattive delle

grotte, utilissime per farsi un’idea generale dell’aspetto di ciascuna grotta nella sua interezza.2

Per ovvi motivi di lunghezza, non ho potuto soffermarmi sull’analisi delle grotte 5 e 6 nella loro totalità, ma ho scelto di focalizzarmi sui dettagli più incisivi e caratteristici dello stile del periodo, che potessero rappresentare al meglio lo stile della fase di appartenenza.

I caratteri cinesi sono preceduti dalla trascrizione fonetica in pinyin, priva di toni, e, nel caso di nomi comuni, seguiti da una traduzione, mentre le parole derivanti dal sanscrito sono riportate senza segni diacritici.

I riferimenti bibliografici nelle note sono citati per esteso alla prima occorrenza in ogni capitolo, mentre sono abbreviati qualora fossero ripetuti all’interno di un medesimo capitolo. Il termine “han” si trova, all’interno della tesi, con due connotazioni differenti. Nel primo caso, è scritto in maiuscolo (Han) e fa riferimento alla dinastia regnante dal 206 a.C. al 220 d.C. (la distinzione fra dinastia Han Occidentale e Han Orientale è espressa chiaramente nel testo, laddove necessario). Nella seconda occorrenza, è scritto in minuscolo e corsivo (han) ed è inteso come l’etnia maggioritaria cinese, in contrasto con le popolazioni nomadi che regnarono sulla Cina durante il Medioevo.

È stato scelto di non scrivere in corsivo i nomi stranieri Buddha e Bodhisattva, dal momento che, anche in occidente, sono ritenuti termini comuni della dottrina buddhista. Sono stati riportati in corsivo termini meno familiari all’orecchio europeo, quali, ad esempio, arhat,

apsara.

2

(9)

8

1. Cenni storici e origine dei Tuoba Wei

Per comprendere appieno il valore artistico e l'impatto culturale che l'architettura e la scultura buddhista e, nello specifico, le grotte di Yungang 云冈 hanno avuto sulla società cinese dell'epoca e delle dinastie successive non si può prescindere dal contesto storico e politico nel quale esse hanno avuto origine.

La penetrazione del buddhismo in Cina, tema che verrà affrontato più nello specifico nel capitolo successivo, ebbe inizio sotto la dinastia Han Orientale 东漢 (25 -220 d.C.)1, ma è soltanto durante quello che viene definito Medioevo cinese e, in particolar modo, sotto gli Wei Settentrionali 北魏 (386-534) che si assistette ad uno sviluppo più maturo e consapevole della dottrina e, di conseguenza, dell'arte buddhista. In questo periodo il buddhismo fiorì e andò a colmare le lacune politiche ed ideologiche affiorate dopo la caduta della dinastia Han. Col venir meno del potere centrale detenuto dall'istituzione imperiale, infatti, la Cina è testimone del declino del confucianesimo, ideologia che fino a quel momento era stata predominante e aveva legittimato in tutto e per tutto i sovrani allora in carica. Fu proprio durante il Medioevo, quindi, che la dottrina buddhista assunse un ruolo rilevante, da una parte, nel processo di legittimazione delle nuove egemonie che si sarebbero susseguite fino all'avvento della dinastia Sui 隋 (581-618), dall'altra, nella ricerca e nella formazione di un nuovo complesso di valori, che fece seguito alla crisi ideologica causata dal crollo del potere imperiale e al rifiuto dell'ideologia confuciana.

Col termine «Medioevo cinese» si intende quel periodo che va dalla caduta degli Han Orientali, avvenuta nel 220, e l'ascesa dei Sui, con conseguente riunificazione della Cina, risalente al 589. Nel corso di questi secoli si assistette al susseguirsi di svariati regni di breve durata, talvolta anche di scarsa rilevanza, taluni dei quali di origine barbarica2, caratteristica fondamentale delle Dinastie del Nord.

Nonostante la crisi degli Han Orientali fosse iniziata ben prima rispetto alla data che

1

Alcuni studiosi ritengono che la data di inizio della dinastia Han Orientale debba essere collocata nel 23 d.C., altri nel 25 d.C. Per la cronologia si è fatto riferimento a Mario SABATTINI e Paolo SANTANGELO,

Storia della Cina, Editori Laterza, 2008.

2

Parlando delle popolazioni barbariche che si erano stanziate nella Cina settentrionale in quell'epoca, si fa riferimento principalmente a cinque etnie: Xiongnu, Jie, Xianbei, Qiang e Di. Queste avevano oltrepassato i confini della Grande Muraglia già in epoca Han Orientale, ma era stato sotto i Jin Occidentali che le genti barbare avevano conosciuto un significativo aumento demografico. Per approfondimento, cfr. Mario SABATTINI e Paolo SANTANGELO, Storia della Cina, Editori Laterza, 2008, pp 194-195.

(10)

9 formalmente ne sancisce il crollo, il 220 d.C. corrisponde convenzionalmente alla fine della dinastia: è infatti questa la data in cui Cao Pi 曹丕 , figlio di Cao Cao 曹操 , si proclamò imperatore dello stato di Wei 魏, decretando ufficialmente la conclusione dell'impero Han. Si venne, così, a creare una situazione politica non omogenea, nel corso della quale la Cina fu suddivisa e governata da diversi regni, senza poter ritrovare una totale unità fino all’avvento dei Sui.

Alla tripartizione della Cina, suddivisa in regno di Wei, Shu蜀e Wu吳, fece seguito la dinastia dei Jin Occidentali 西 晉 (265-317), che venne fondata da un membro della potentissima famiglia Sima, Sima Yan 司馬炎.Con i Jin Occidentali si assistette a una temporanea riunificazione della Cina, che si sarebbe conclusa ben presto, quando Liu Cong

Fig. 1: Mappa dei tre regni, risalente al periodo che va dal 220 al 263 ca., anno in cui il regno di Shu viene annesso a quello di Wei. Tratta dal sito http://www.museocineseparma.org

(11)

10 劉 聰, il capo di una di queste tribù barbariche, i Xiongnu 匈 奴, sancì la fine dei Jin Occidentali. In quell'occasione Sima Rui 司馬睿, un membro della famiglia imperiale, fuggì a sud e si proclamò imperatore della dinastia dei Jin Orientali 东晉 (317-420), con capitale Jiankang 建康, oggi Nanchino. Tuttavia, anche i Jin Orientali sarebbero stati destinati a crollare dopo circa un secolo, quando il generale Liu Yu劉裕depose l'Imperatore, fondando la dinastia dei Liu Song e ponendo sé stesso a capo del nuovo regno.

Con la caduta dei Jin e l'avvento dei Liu Song ebbe inizio il periodo cosiddetto «delle Dinastie del Sud e del Nord» (420-589). Proprio in questo periodo si collocano i Wei Settentrionali (386-534), dinastia sotto la quale venne alla luce lo splendore dapprima delle grotte di Yungang, situate nei pressi di Datong, e successivamente di quelle di Longmen 龍門, a Luoyang.

Per conoscere e comprendere meglio gli Wei Settentrionali bisogna fare un passo indietro. Le origini dei mecenati di Yungang sono da ricercarsi nel popolo dei Tuoba, appartenente all'etnia Xianbei 鮮卑, conosciuti anche col nome di Tabgach3. Essi erano, insieme a Yuwen e Murong, una delle tribù più forti ed influenti degli Xianbei e la loro importanza crebbe ulteriormente sotto i Jin Orientali.

È tuttavia necessario fare una breve digressione sull'etnia Xianbei, dal momento che avrebbe assunto una tale importanza negli eventi storici che caratterizzano il Medioevo cinese. Riguardo le loro origini, esistono pareri discordanti: alcuni studosi ritengono che derivassero dai proto-Mongoli, altri dai proto-Turchi. In ogni caso, chiunque fossero i loro avi, gli Xianbei passarono alla storia come una tribù nomade, dedita alla pastorizia e all'allevamento di bestiame. Come ricordano Yu Taishan e Chen Dezhi nel loro saggio a proposito dei barbari Xianbei, essi erano famosi per i propri cavalli, le proprie pecore e specialmente per le corna di un particolare tipo di antilope, da cui ricavavano un eccellente materiale per la produzione degli archi.4 Gli Xianbei erano anche abili cacciatori, occupazione dalla quale traevano anche un certo profitto, grazie al commercio di pellicce di vario tipo. La popolazione era organizzata secondo due livelli gerarchici: gruppi minori erano comandati e guidati da capi tribù che, a loro volta, dovevano rendere conto a capi di livello

3

René GROUSSET, The Empire of the Steppes: a History of Central Asia, Rutgers University Press, 1970, pp. 60-65.

4

YU Taishan 余太山 and CHEN Dezhi 陳得芝, "Xianbei 鮮卑", in Zhongguo da baike quanshu 中國大百科 全書, Zhongguo lishi 中國歷史 (Beijing/Shanghai: Zhongguo da baike quanshu chubanshe), 1992, Vol. 3, p. 1303-1304.

(12)

11 superiore, incaricati di occuparsi di strutture sociali più ampie.

Gli antenati dei Tuoba Wei originariamente non erano rintracciabili nello Shanxi, bensì in un'area che copriva parte delle attuali province di Heilongjiang e Mongolia Interna. Più precisamente, essi si muovevano nella zona compresa fra il corso superiore del fiume Amur (in cinese Heilongjiang), il fiume Argun, o Ergune, e le propaggini settentrionali dei monti Da Hinggan, anche conosciuti come Grande Khingan, un'imponente catena montuosa situata nella parte nord-orientale della Mongolia Interna (fig. 2).5

Verso la fine del I secolo migrarono verso sud-est finché, circa cent'anni dopo, raggiunsero i monti Yin, situati nella regione delle steppe, in Mongolia Interna. Infine, sotto il comando del loro capo Liwei 力微 si stabilirono a Shengle 盛樂6, dove in seguito fu fondato

5

GAO Mingde 高文德 (a cura di), Zhongguo shaoshu minzu da cidian 中国少数民族史大辞典 (Grande

dizionario delle minoranze etniche cinesi), Changchun, Jilin jiaoyu chubanshe 吉林教育出版社, 1995, p.

1355.

6

Shengle corrisponde all'attuale Horinger, contea della capitale Hohhot, in Mongolia Interna. Cfr Grand

dictionnaire Ricci de la langue chinoise, sez. ʺCartes de géographie historiqueʺ. Per una versione

consultabile, gratuita:

http://chinesereferenceshelf.brillonline.com/grand-ricci/files/cartes-Fig. 2: Mappa fisica della Cina. La zona cerchiata rappresenta a grandi linee l'area occupata dagli antenati dei Tuoba Wei.

(13)

12 il regno di Dai 代 (315-376)7, che nel 376 fu conquistato da Fu Jian苻堅, a capo dei Qin anteriori.

La storia del regno di Dai inizia proprio con Tuoba Liwei, che per primo riunificò numerose tribù in una sola federazione con sede a Shengle. Successivamente, nel 295, Luguan

祿官, figlio di Liwei, ormai a capo dei Tuoba, divise il regno in tre sezioni, ponendo sé stesso a capo di una di esse, in qualità di daqiu 大酋, ''grande capo'', e i fratelli Yilu 猗盧 e Yiyi 猗 㐌 a capo delle restanti due. Alla morte dei fratelli, fu Yilu ad assumere il comando dell'intero regno dei Tuoba nel 307, ricevendo, poco più tardi, il titolo di principe di Dai.

Il successore di Yilu fu il figlio Shiyijian 什翼犍, che prese spunto dal governo cinese per l'amministrazione dello stato. Egli, infatti, istituì un governo centrale all'interno del quale pose dei funzionari di stato; inoltre, mise per iscritto un codice penale. Fu proprio sotto il regno di Tuoba Shiyijian (338-376) che il regno di Dai cadde sotto l'attacco dei Qin anteriori: le truppe furono sconfitte e il re di Dai fu ucciso dal suo stesso figlio.

La dinastia Wei Settentrionale fu formalmente fondata nel 386 da Tuoba Gui 拓跋珪, passato alla storia col nome postumo di Daowu 道武帝. Egli fu il primo imperatore della dinastia e regnò dal 386 al 408.

Nonostante il regno fosse già stato riunificato,fu solo nel 398 che Tuoba Gui, dopo aver conquistato buona parte dei territori della Cina settentrionale, trasferì la propria capitale a Pingcheng (attuale Datong, provincia dello Shanxi), mentre l'anno successivo assunse ufficialmente il titolo di imperatore.8 Non a caso la scelta cadde proprio sull'odierna Datong, che da tempo aveva ricoperto un ruolo fondamentale nel territorio cinese. Già durante la dinastia Han 漢 (206 a.C.-220 d.C.), infatti, era una città di grande importanza strategica, poiché, essendo situata fra le mura interne e quelle esterne della Grande Muraglia, era uno snodo vitale che metteva in comunicazione i cinesi di etnia Han con le popolazioni barbariche del nord.9

Sia l'imperatore Daowu che i suoi successori Mingyuan 明元 e Taiwu 太武 furono dei conquistatori e ampliarono il proprio regno fino a riunificare la Cina settentrionale. All'inizio

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7

Fu sotto il regno dell'imperatore Huai 晉懷帝 (306-312) dei Jin che il capo Tuoba Yilu 猗盧 fu insignito del titolo dapprima di duca di Dai e successivamente di re di Dai (315). Cfr. Jacques GERNET, Il mondo

cinese: dalle prime civiltà alla repubblica popolare, traduzione di PEGNA Vera, Torino, Einaudi, 1978, p. 171.

8

Mario SABATTINI e Paolo SANTANGELO, Storia della Cina, 2008, p. 198.

9

LI Zhiguo, The grotto art of Yungang, traduzione inglese di ZHANG Jie, appendice di ZHANG Zhuo 张焯,

(14)

13 del V secolo conquistarono parte dello Hebei e dello Henan, occupando Luoyang nel 423. Successivamente, la loro offensiva si rivolse allo Shaanxi e, dopo aver annesso gli Xia nel 431 e con la presa di Chang'an nel 439, il Nord della Cina fu finalmente sotto il controllo degli Wei Settentrionali.

Fino al 494, data in cui la capitale fu spostata a Luoyang, Pingcheng ricoprì un ruolo fondamentale, essendo il centro politico, economico e culturale del regno. È propr io in questi anni che l'arte buddhista fiorì e prosperò in una delle sue massime espressioni, grazie alla costruzione dapprima delle grotte di Yungang e, successivamente, di quelle di Longmen.

I primi due imperatori rispettavano il buddhismo, così come le altre dottrine: si dice che l'imperatore Daowu avesse una preferenza per l’ideale confuciano, ma nutrisse interesse anche per il daoismo e il buddhismo. Quando la sua offensiva raggiunse lo Hebei e lo

Fig. 3: Suddivisione della Cina al culmine dell'espansione degli Wei Settentrionali. Immagine tratta da Mario SABATTINI e Paolo SANTANGELO, Storia della Cina, Editori Laterza, 2008, p. 199.

(15)

14 Shandong, dove si trovava un gran numero di monaci, ordinò espressamente ai soldati di non recare loro danno.10 Inoltre egli istituì un rigido sistema di controllo statale sulla chiesa buddhista: in questo modo poté supervisionare tutte le attività del sangha e, soprattutto, il numero consistente e sempre in crescita di monaci.

Fu proprio Daowu che incaricò il monaco Faguo 法果 (~ - 419) di occuparsi del controllo e dell'amministrazione delle comunità monastiche, rendendolo parte integrante dell'apparato burocratico.11 Il grande merito di Faguo fu quello di sciogliere il dilemma cruciale riguardo al comportamento che i monaci avrebbero dovuto assumere nei confronti dell'imperatore. La dottrina buddhista, infatti, prevedeva che nessun monaco potesse inchinarsi al cospetto dei genitori o del sovrano. Faguo stabilì che l'imperatore era da considerarsi come il Buddha in persona e, di conseguenza, i monaci nell'atto di genuflettersi avrebbero riverito il Buddha stesso.

Egli riteneva che l'imperatore fosse nientemeno che «il Tathagata (cioè il Buddha) del presente» e che in quanto tale dovesse essere oggetto della venerazione dei monaci […] Si capisce bene come il buddhismo, con la sua ampia presa sulla popolazione, potesse essere impiegato in questa forma di culto di stato per rafforzare il potere imperiale.12

Mingyuan seguì le orme del padre e autorizzò la costruzione di templi e statue buddhiste in tutto il regno. Inoltre egli è ricordato come un sovrano saggio e intelligente, ben disposto ad ascoltare le parole dei propri consiglieri.13

Con l'imperatore Taiwu si assistette a un cambio di tendenza, che lo portò a dare inizio alla prima grande persecuzione buddhista14. Durante il suo regno, che si protrasse dal 424 al 452, gli Wei Settentrionali si espansero fino al Gansu occidentale, occupando in questo modo anche Dunhuang. Com'è risaputo, a cavallo fra la fine del IV e l'inizio del V secolo, proprio a Dunhuang erano state costruite le grotte di Mogao 莫高, dalle quali gli artigiani degli Wei Settentrionali avrebbero preso spunto per la costruzione delle grotte di Yungang.15 Inoltre, Dunhuang si trovava in una posizione strategica, essendo il punto esatto in cui le due rotte

10

LI Zhiguo, The grotto art of Yungang, 2008, p. 3.

11

Kim Hunter GORDON, Jesse WATSON and Edward Allen, Datong: a historical guide, Beijing, China Atomic Energy Press, 中国原子能出版社, 2013, p. 39.

12

Stefano ZACCHETTI, Il buddhismo cinese dalle origini al 581, in SABATTINI Mario e SCARPARI Maurizio (a cura di), La Cina II. L'età imperiale dai Tre Regni ai Qing, Torino, Giulio Einaudi editore S.p.A, 2010, p. 466-467.

13

LI Zhiguo, The grotto art of Yungang, 2008, p. 3.

14

Rif. bibliog. Riguardo alla prima grande persecuzione buddhista, l’argomento verrà riaffrontato più avanti in modo più specifico.

15

(16)

15 della Via della Seta si congiungevano prima di dirigersi univocamente verso est e raggiungere Chang'an, che durante la dinastia Han Occidentale era stata la capitale, nonché cuore pulsante dell'impero.

L'importanza di Dunhuang era da attribuirsi al fatto che essa metteva in comunicazione la Cina con l'Asia Centrale (che allora comprendeva anche i territori dell'odierno Xinjiang), da cui il buddhismo era penetrato in Cina, partendo dall'India. In questo modo, con la conquista dell'area del Gansu occidentale, un grande numero di persone, fra le quali figuravano anche fedeli buddhisti, furono deportate nella capitale Pingcheng con la forza, rendendo più rapida l'espansione della dottrina verso oriente.16

A questo punto, i monaci buddhisti erano sempre più numerosi e buona parte di essi non era registrata ufficialmente o aveva profittato di un'ordinazione fittizia, volta ad evadere gli oneri fiscali a cui erano soggetti i cittadini laici. I membri del sangha erano esentati da tasse e imposte e, di conseguenza, un numero troppo elevato di monaci gravava sulla situazione economica del regno. Per di più, essi controllavano un gran numero di terre, a loro volta non soggette a tassazione, costituendo un problema non soltanto economico, ma anche sociale, per via dello scarso controllo che il potere centrale esercitava su di loro.17

Questi furono tra i motivi che spinsero l'imperatore Taiwu a dare inizio alla persecuzione buddhista. Inoltre, Taiwu era affiancato da due consiglieri di etnia han: Cui Hao 崔浩 e Kou Qianzhi 寇謙之. Il primo era un convinto confuciano anti-buddhista, il secondo un fervente sostenitore del daoismo, che condivideva con il collega l'intento di screditare il buddhismo e azzerare l'importanza che aveva assunto con i precedenti sovrani.18 Per di più, la nuova dottrina aveva acquisito sempre maggiore influenza presso la corte e addirittura stravolgeva alcuni dei valori fondanti della cultura tradizionale cinese, come la pietà filiale o l'assoluto rispetto della gerarchia sociale. I monaci buddhisti, infatti, lasciavano la propria famiglia (chujia 出家) per andare a vivere nei monasteri e abbracciavano il celibato, venendo meno in questo modo all'idea di famiglia tradizionale, secondo cui sussisteva l'obbligo di generare eredi che perpetuassero la stirpe e continuassero a praticare il culto degli antenati di generazione in generazione. Inoltre, le scritture buddhiste affermavano che i monaci non dovevano partecipare della società, né dovevano rendere conto ad altre autorità al di fuori del

16

LI Zhiguo, The grotto art of Yungang, 2008, p. 3.

17

Stefano ZACCHETTI, Il buddhismo cinese dalle origini al 581, 2010, p. 468.

18

(17)

16 Buddha.19

La causa scatenante che fornì a Taiwu il pretesto per iniziare la sua persecuzione anti-buddhista fu lo scoppio di una rivolta a Chang'an, nel 445, che passò alla storia con il nome di “rivolta di Gaiwu”.20

Essa ebbe serie ripercussioni sugli eventi e sulla società dell'epoca e «costituì la minaccia più seria che gli Wei Settentrionali avessero affrontato dalla loro fondazione».21 La ribellione infuriò, raccogliendo il consenso di diverse tribù barbare, e si espanse a tal punto che l'Imperatore decise di intervenire di persona.22 Si diresse ben presto verso l'attuale Shaanxi e quando giunse a Chang'an con il suo esercito, rinvenne un deposito di armi presso un monastero buddhista. Tutti i monaci furono giustiziati. Riprendendo un passo dello Wei shu 魏书 :

Allora Gaiwu tornò a Xingcheng, la piana del Guanzhong23 era in tumulto e l'Imperatore, finalmente in marcia verso ovest, arrivò a Chang'an. Dapprima, presso un tempio di Chang'an dove i monaci coltivavano cereali, il cocchiere fece pascolare i cavalli, mentre l'Imperatore andò a contemplarli. I monaci presero a bere le bevande alcoliche dei funzionari, mentre questi entrarono nella sala comune e videro che vi erano archi, frecce, lance e scudi in grande quantità. Subito si precipitarono ad informare l'Imperatore ed egli disse con rabbia: “Questo non è il genere di cose solitamente utilizzate dai monaci! Di certo essi fanno parte delle cospirazioni di Gaiwu e non hanno in serbo nient'altro se non nuocere al prossimo.” Ordinò agli ufficiali che l'intero monastero fosse posto sotto inchiesta e che tutti i suoi monaci fossero condannati a morte. Durante l'ispezione della loro proprietà, vennero alla luce utensili per la produzione di vino e oggetti preziosi che funzionari locali e persone abbienti avevano lasciato loro in pegno e i beni ammontavano a una decina di migliaia. [I monaci] avevano anche fatto costruire stanze clandestine all'interno delle quali, in segreto, intrattenevano rapporti promiscui con le giovani appartenenti a nobili casate .24

19

Per i problemi inerenti all’accettazione della dottrina buddhista e delle novità che essa portò in Cina, si veda Stefano ZACCHETTI, Il buddhismo cinese dalle origini al 581, 2010 e Anne CHENG, Storia del pensiero

cinese, Edizione italiana a cura di CRISMA Amina, vol.II. Dall'introduzione del buddhismo alla

formazione del pensiero moderno, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi Filosofia, 2000.

20

Gaiwu 蓋吳 fu un ribelle che spinse una branca degli Xiongnu a ribellarsi contro l'impero degli Wei. Cfr,

LIU, Shufen, “Ethnicity and the suppression of buddhism in fifth-century North China: The background and significance of the Gaiwu rebellion.” Asia Major, vol. 15, no. 1, 2002, p. 1-21.

21

ivi, p. 13.

22

ivi, p. 1.

23

La piana del Guanzhong è un'area della Cina che corrisponde alla valle superiore del fiume Wei 渭河 e copre buona parte dello Shaanxi centrale e la parte occidentale dello Henan. LIU, Shufen, “ethnicity and the

suppression of buddhism in fifth-century North China: The background and significance of the Gaiwu rebellion.”, 2002, p.4.

24

会盖吴反杏城,关中骚动,帝乃西伐,至于长安.先是,长安沙门种麦寺内,御驺牧马于麦中,帝入观马. 沙门饮从官酒,从官入其便室,见大有弓矢矛盾,出以奏闻帝怒曰: "此非沙门所用,当与盖吴通谋,规 害人耳!" 命有司案诛一寺,阅其财产,大得酿酒具及州郡牧守富人所寄藏物,盖以万计又为屈室,与贵 室女私行淫乱. Wei Shou 魏收, Wei Shu - Shi Lao zhi 魏书 - 釋老志 (Libro degli Wei- Annali di buddhismo e daoismo) ,libro CXIV. Traduzione personale.

(18)

17 In seguito a tale avvenimento, Taiwu, sotto consiglio di Cui Hao e Kou Qianzhi, promulgò un editto che dava ufficialmente inizio alla persecuzione, secondo il quale tutti gli edifici e le immagini sacre buddhiste sarebbero stati distrutti.

Non a caso, la soppressione iniziò proprio da Chang'an, che era stata il cuore della rivolta di Gaiwu. Inoltre, come tiene a precisare Liu Shufen nel suo saggio “Ethnicity and the suppression of buddhism in fifth-century North China: The background and significance of the Gaiwu rebellion.”, l'Imperatore temeva l'influenza che il buddhismo esercitava sulle masse appartenenti a diverse etnie della Cina settentrionale, etnie potenzialmente ostili nei confronti del governo centrale e che erano legate alla dottrina buddhista.25 Per questo motivo, la soppressione fu ferocissima e colpì duramente la città di Chang'an, dal momento che, essendo stata l'antica capitale degli Han, aveva raccolto genti di tutte le etnie e di tutte le fedi, che ora minacciavano il potere imperiale.26

Nel corso della persecuzione, un numero impressionante di templi, oggetti sacri e

sutra buddhisti furono distrutti e innumerevoli monaci messi a morte. Inoltre, il buddhismo fu

dichiarato fuori legge e bandito ufficialmente dal regno.

Con l'avvento del successore di Taiwu, l'imperatore Wencheng 文成帝 (r.452-465), l'editto fu revocato e la persecuzione finalmente ebbe fine. La libertà di culto nuovamente riacquisita non fu l'unico gesto con cui Wencheng prese le distanze dalla politica del predecessore: infatti fu proprio sotto il suo regno che ebbe inizio la costruzione del complesso di Yungang.

L'ambizioso progetto architettonico fu realizzato in parte per espiare le colpe di Taiwu, che aveva oppresso per anni la comunità buddhista, ma soprattutto nell'ottica di una politica volta a servirsi del buddhismo come strumento per il rafforzamento dello stato.

Non bisogna scordare, inoltre, che con Wencheng si assistette a un processo di maggiore centralizzazione e controllo del sangha, sorvegliato e diretto dalle autorità imperiali. Venne istituito un ufficio chiamato jianfucao 监 福 曹 (Sovrintendenza delle felicità buddhiste), alla cui testa risiedeva un capo nominato direttamente dall'autorità imperiale.27 Secondo la storiografia Wei, fu proprio il capo dei monaci, il buddhista Tan Yao昙曜28

, che

25

LIU, Shufen, “Ethnicity and the suppression of buddhism in fifth-century North China: The background and

significance of the Gaiwu rebellion.”, 2002, p. 14.

26

ibid.

27

Mario SABATTINI e Paolo SANTANGELO, Storia della Cina, 200, p. 229.

28

Tan Yao: (Bouddh.) moine de la dyn. 北魏 Wei du Nord qui fuit nommé directeur du clergébouddhique vers 470. À cette époque, le bouddhisme tendait à devenir une sorte de religion d'État, et une classe spéciale de

(19)

18 persuase l'Imperatore a dare inizio al progetto delle grotte, di cui fu nominato supervisore. Come molti degli artigiani che parteciparono all'edificazione di Yungang, anche il monaco proveniva dal Gansu, provincia che, come detto in precedenza, era già stata testimone di una delle più alte manifestazioni di architettura buddhista: le grotte di Mogao. L'arte di Dunhuang influenzò profondamente il lavoro svolto a Yunggang, sia per quanto riguarda le sculture, che i meravigliosi dipinti parietali dai colori brillanti e preziosi.29 Come già accennato, con la conquista del Gansu, un numero impressionante di persone fu trasferito dall'area sottomessa a Pingcheng e fra questi figuravano anche molti artigiani e monaci buddhisti. La politica degli Wei Settentrionali ricorse spesso a trasferimenti di larghe porzioni di popolazione dai terreni conquistati alla regione della capitale. Come afferma Jacquest Gernet:

Nel solo regno di Daowudi (386-409), il numero totale delle persone deportate dalle regioni situate all'est di Taihangshan verso i dintorni di Datong raggiunge le 460000 unità. Generalmente tali trasferimenti avvengono subito dopo la conquista di nuovi territori e contribuiscono a una lenta trasformazione dell'economia, delle istituzioni e dei costumi.30

La costruzione del complesso di grotte richiese più di sessant'anni, approssimativamente dal 460 al 524, e si estese dal regno di Wencheng a quello di Xiaoming

孝明帝 (r. 516-528)31, diventando il simbolo della forte coesione fra stato e religione presso la corte Wei. La messa in atto dell'ambizioso progetto, come verrà approfondito successivamente, può essere suddivisa in tre fasi distinte, rintracciabili nelle differenze architettoniche, stilistiche e iconografiche.

Una volta assicuratosi il patrocinio imperiale, Tan Yao diede inizio all'edificazione delle grotte che attualmente sono numerate dalla 16 alla 20. Ciascuna di esse è caratterizzata da un'imponente scultura raffigurante il Buddha, che presumibilmente rappresentava uno dei primi cinque imperatori Wei Settentrionali. Le figure enormi e maestose stanno a testimoniare lo splendore e il potere della dinastia regnante e fecero sì che il culto delle immagini buddhiste si identificasse con il culto degli imperatori stessi.

laïcs, qui dépendaient directement de la sangha, s'était constituée. Cfr. Grand dictionnaire Ricci de la langue

chinoise.

29

Angela Falco HOWARD, SONG Li, HUNG Wu and HONG Yang, Chinese sculpture, New Haven, Yale University Press, 2006 e LI Yuqun, Classification, layout, and iconography of buddhist cave temples and

monasteries, in LAGERWEY John and LÜ Pengzhi (a cura di), Early chinese religion. Part two: the period of division (220-589 AD), vol. 1, Leiden, Brill, 2010, p. 230.

30

Jacques GERNET, Il mondo cinese: dalle prime civiltà alla repubblica popolare, 1978, p. 172-173

31

(20)

19 Oltre che per la costruzione e supervisione delle grotte di Yungang, Tan Yao venne anche ricordato per l'istituzione delle Case del sangha e delle Case del Buddha.32 Le prime

erano unità costituite da un certo numero di famiglie, che coltivavano degli appezzamenti versando al locale Ufficio del sangha la quota annua di 60 dan 石33di cereali. Tali quote venivano immagazzinate e distribuite nei periodi di carestia. Se necessario, i cereali potevano essere venduti, purchè i guadagni venissero utilizzati per scopi religiosi. Le Case del Buddha erano invece formate da gruppi di schiavi o di criminali, che dovevano coltivare i campi assegnati ai monasteri o svolgere i lavori manuali nell'ambito delle istituzioni buddhiste.34

Le terre appartenenti a queste istituzioni erano esenti da oneri fiscali ed appartenevano a tutti gli effetti alla comunità monastica. Tuttavia, grazie alla fondazione di questi organi religiosi,

32

Le Case del sangha e del Buddha sono definite dal professor Zacchetti come «famiglie del saṃgha» e «famiglie del Buddha». Cfr. Stefano ZACCHETTI, Il buddhismo cinese dalle origini al 581, 2010, p. 469.

33

Il dan è un'unità di misura utilizzata per i cereali e corrisponde, all'incira, a un ettolitro.

34

Mario SABATTINI e Paolo SANTANGELO, Storia della Cina, 2008, p. 229.

Fig. 4: Grotta 20 del complesso di Yungang, din. Wei Settentrionali, 460 d.C.-470 d.C. circa, Datong, provincia dello Shaanxi.

(21)

20 tutti i templi e i monaci furono censiti e ciò permise al potere centrale di controllare e regolamentare al meglio il sangha. Inoltre, l'esonero dalle tassazioni fece sì che le proprietà andassero incontro a una crescita rapida, che aprì la strada verso la coltivazione intensiva di quelle terre che erano state a lungo abbandonate e si trovavano ad essere incolte all'epoca delle Case del sangha e del Buddha, permettendo sia allo stato che all'organizzazione monastica di trarne beneficio.35

Il successore dell'imperatore Wencheng fu il figlio Tuoba Hong 拓拔弘 , conosciuto col nome postumo di Xianwen 獻文帝 (r.466-471). La madre, una concubina, era stata una prigioniera di guerra, membro di un paese straniero che era caduto sotto il dominio degli Wei Settentrionali. Nonostante la progressiva sinizzazione dei nuovi padroni del nord, una parte della tradizione Xianbei legata alla successione e al ruolo della donna era ancora profondamente radicata nella società dell'epoca. Tradizionalmente, l'erede al trono del sovrano non era il primogenito dell'imperatrice, bensì un fratello del regnante deceduto o, in mancanza di fratelli, un altro membro della sua famiglia, in una successione di tipo orizzontale, che favoriva la famiglia dell'imperatore stesso. Questa usanza era in totale disaccordo con la cultura Han, che prevedeva una successione di tipo verticale, dove il potere passava direttamente al figlio, favorendo, in questo modo, la famiglia dell'imperatrice. Ai tempi di Xianwen, il modello di successione si era adattato alla politica di sinizzazione, conformandosi ai costumi Han. Tuttavia, gli imperatori Tuoba, per ovviare al problema della crescita di potere della famiglia della consorte, raramente insignivano la propria moglie del titolo di imperatrice e, nel qual caso decidessero di farlo, la scelta non ricadeva su nobili fanciulle figlie di famiglie importanti. Spesso la scelta ricadeva sulle donne catturate negli stati conquistati, dal momento che disponevano di pochi congiunti ancora in vita, che avrebbero garantito la fedeltà delle terre recentemente annesse.36 La madre dell'imperatore Xianwen è un chiaro esempio di tale politica: appartenuta a uno stato straniero soggiogato dall'esercito Wei, divenne in seguito una concubina dell'imperatore Wencheng e fu costretta a togliersi la vita quando il figlio fu insignito del titolo di principe ereditario. Un'altra usanza Tuoba, infatti, prevedeva che la madre dell'erede designato si suicidasse per evitare che la propria famiglia assumesse troppo potere.37

Pare che lo stesso imperatore Xianwen, deciso ad abdicare nel 471, a vesse voluto

35

GORDON Kim Hunter, WATSON Jesse and ALLEN Edward, Datong: a historical guide, 2013, p. 47.

36

ivi, p. 48.

37

(22)

21 lasciare il trono al proprio zio Tuoba Zitui 拓拔子推. Tuttavia, nel corso dell'assemblea indetta per discutere del suo volere, la corte scoraggiò la sua decisione e il potere passò al figlio Tuoba Hong 拓拔宏 (successivamente imperatore Xiaowen 孝文帝) di soli quattro anni.

Xiaowen (r.471-499) passò alla storia per aver spostato la capitale da Pingcheng a Luoyang, nell'ottica della forte politica di sinizzazione da lui incoraggiata. Già prima di lui, gli Wei Settentrionali avevano adottato parte degli usi cinesi per amministrare al meglio lo stato; sebbene essi disponessero di un enorme potere militare, infatti, non erano in alcun modo preparati a governare un impero come quello costituito nel nord della Cina. Uno dei primi esempi della sinizzazione dell'impero fu Cui Hao, consigliere dell'imperatore Taiwu, che, da forte sostenitore della cultura tradizionale Han, introdusse il codice penale cinese a corte. Poco alla volta, il prestigio della cultura cinese conquistò sempre più la nobiltà Wei, affascinata dalla dignità di cui essa aveva goduto fin da tempi antichi.

Seguendo questa linea di pensiero, la politica di Xiaowen si pose come obiettivo quello di attuare una completa sinizzazione dell'impero. L'Imperatore, infatti, mirava ad agire sia sul piano ideologico e istituzionale, sia su quello economico-sociale.38 Sul piano ideologico, l'iniziativa di maggiore impatto fu il trasferimento della corte a Luoyang, antica capitale degli Han Orientali, alla quale seguì la ricostruzione della burocrazia di stampo tradizionale. La lingua e i costumi Tuoba furono vietati e all'aristocrazia barbarica furono imposti cultura e usi cinesi, anche grazie a una politica che incoraggiava i matrimoni misti fra i nobili Tuoba e quelli di etnia han. Per essere d'esempio al suo popolo, Xiaowen emanò un decreto che modificava, da quel momento in avanti, il cognome della famiglia imperiale, che da Tuoba passò a Yuan 元. Il culto di Confucio venne reintrodotto, sebbene il buddhismo fosse stato dichiarato religione di stato.

Evidentemente, la dinastia riteneva che la religione buddhista potesse legittimare il nuovo regime (il richiamo a Confucio aveva probabilmente solo un significato ideale in vista della riaffermazione della continuità imperiale) e favorire l'integrazione tra i diversi gruppi etnici che popolavano la Cina del Nord. Non bisogna dimenticare inoltre che il buddhismo poteva rappresentare anche la base ideologica per la ricostruzione dell'unità imperiale su tutto il territorio cinese.39

Da un punto di vista economico, fu incoraggiato lo sviluppo agricolo con l'intento di «legare

38

Mario SABATTINI e Paolo SANTANGELO, Storia della Cina, 2008, p. 199.

39

(23)

22 nuovamente i contadini alla terra e [di] riaffermare il controllo dello Stato sulla produzione agricola».40

Nonostante gli innumerevoli sforzi dell'Imperatore, l'intransigente politica di sinizzazione forzata generò malcontento presso la nobiltà Tuoba e gli ufficiali militari posti nei territori settentrionali di frontiera. La sinizzazione, tuttavia, si protrasse ancora per alcuni decenni ed ebbe il suo culmine sotto il regno dell'imperatore Xiaoming, caratterizzato dal lusso sfrenato delle costruzioni, specialmente religiose, e dallo sfoggio di ricchezza.41

La conversione allo stile di vita cinese, tuttavia, continuò ad interessare quasi esclusivamente la corte imperiale e le famiglie più vicine ad essa, mentre i Tuoba dislocati nelle zone più esterne del regno e le guarnigioni site nelle aree di frontiera non risentirono dell'influsso che la cultura Han aveva esercitato nella capitale. Di conseguenza, crebbe una forte ostilità nei confronti della corte e dell'ostentazione del benessere. Le conseguenze furono inevitabili: gli eserciti, che fino a quel momento avevano difeso l'impero dalle invasioni delle tribù nomadiche delle steppe, si sollevarono nel 523, nel corso di della sommossa che prese il nome di “rivolta delle sei guarnigioni” (liuzhen qiyi 六鎮起義). La ribellione si estese ben presto dalle zone di frontiera sino ad arrivare alla capitale, dove un impressionante numero di funzionari cinesi perse la vita. Infine, nel 534, l'impero degli Wei Settentrionali, che aveva riunificato e mantenuto per quasi due secoli un saldo controllo sulla Cina del nord, cadde definitivamente. Il regno si spaccò in due fazioni: ad est vennero fondati gli Wei Orientali, che avrebbero proseguito con la politica di sinizzazione già iniziata dagli ultimi imperatori Wei Settentrionali, mentre ad ovest, gli Wei Occidentali tentarono di restaurare l'antico dominio Tuoba. Nessuno dei due regni sarebbe stato destinato allo splendore e alla gloria ottenuti dai propri padri, ma anzi, ben presto sarebbero caduti sotto l'avanzata di quella che sarebbe passata alla storia come la dinastia Sui.

40

ivi, p. 200.

41

(24)

23

2. Cenni sulla dottrina buddhista e sulla sua penetrazione in Cina

Com’è ben noto, la terra che, a cavallo fra il VI-V secolo a.C., diede i natali alla dottrina buddhista fu l'India settentrionale. Fu soltanto nei secoli seguenti che il buddhismo si espanse, dapprima verso l'Asia Centrale, fino ad arrivare in Cina intorno al I secolo, passando per la Via della Seta e per i territori dell'antico impero Kushana.42

Siddharta Gautama, conosciuto anche come Sakyamuni43, nacque a Lumbini, un piccolo villaggio nei pressi dell'Himalaya di cui fu, per un certo periodo, principe ereditario. Sebbene la tradizione ponga la sua nascita nel 560 a.C. e la sua morte nel 480 a.C., è difficile indicare con precisione le date esatte riguardanti gli eventi legati alla sua vita. Per questo motivo, si tende a collocare genericamente la sua esistenza terrena nella seconda metà del V secolo a.C., un'epoca di particolare rilevanza nella storia antica dell'India, dal momento che, proprio in quegli anni, era in corso una profonda crisi del brahmanesimo.44

La vita del Buddha, protagonista di innumerevoli racconti della tradizione buddhista, «è presentata come storia esemplare e dove la verità storica sfuma nel racconto simbolico, formando un'agiografia intonata al percorso spirituale e alla dottrina insegnata dal Maestro».45 La figura di Sakyamuni assunse col tempo un'enorme importanza, tanto che venne a formarsi

42

Quello Kushana fu un impero che raggiunse il suo massimo splendore fra il I e il III secolo e si estese fra l'odierno Afghanistan, il Pakistan nord-occidentale e l'India. Il nome deriva dal cinese Guishuang 貴霜, termine usato per riferirsi a una branca degli Yuezhi 月氏, una tribù indoeuropea che viveva nell'attuale Xinjiang, finchè furono spinti verso ovest dai barbari Xiongnu nel II secolo a.C. Nei secoli successivi, l'impero Kushana si ampliò fino a conquistare dapprima la Battriana e, successivamente, la regione del Gandhara, famosa specialmente per la sua arte, nella quale sono rintracciabili diverse influenze, che vanno da quella classica, acquisita dai conquistatori greci guidati da Alessandro magno, a quella persiana, presa in prestito dall'impero partico, fino a quella indiana, data dalla posizione geografica della regione stessa. Sia l'arte che la religione buddhista cinese risentirono molto dei vari influssi sopracitati. Cfr il sito

www.metmuseum.org/toah/hd/kush/hd_kush.htm e la voce Guishuang 貴霜 del Grand dictionnaire Ricci

de la langue chinoise.

43

Sakyamuni in sanscrito significa “saggio degli Sakya”. Gli Sakya erano il clan di appartenenza di Gautama. Cfr Nicoletta CELLI, Buddhismo, “collana Dizionari delle Religioni”, Verona, Mondadori Electa S.p.A, 2006, p. 10.

44

Il brahmanesimo è una religione che si sviluppò in India a partire dal XII secolo a.C. Esso trasse le sue origini dal vedismo e avrebbe dato origine, in seguito, all'induismo. Con l'induismo condivide la concezione fondamentale della suddivisione della società in caste, idea, questa, rifiutata dal buddhismo, secondo il quale tutti gli uomini erano uguali. Nella concezione brahmanica, gli uomini sono suddivisi in quattro caste, di cui tre sono superiori, mentre una è inferiore. Dal momento che l'appartenenza a una casta è decisa a seconda del merito e delle azioni della vita passata, i membri della casta inferiore sono disprezzabili agli occhi di chi abbraccia tale fede, poiché ritenuti “peccatori” dell'esistenza precedente. Cfr. Enciclopedia Treccani

http://www.treccani.it/enciclopedia/brahmanesimo_%28Enciclopedia-Italiana%29/ .

45

(25)

24 una raccolta di storie riguardanti esclusivamente le vite anteriori del Buddha, chiamate jataka in lingua originale. Esse sono raccolte nel Canone pali, o Tripitaka (in cinese Sanzang 三藏)46 e ammontano alla considerevole cifra di 547. Il filo conduttore delle innumerevoli storie scritte intorno alla figura di Sakyamuni è la narrazione delle sue esistenze passate e di come il Bodhisattva, non ancora raggiunto lo status di Buddha, abbia perfezionato sé stesso fino ad arrivare alla sua ultima incarnazione, ovvero quella di Gautama Siddharta.

Nel corso della sua esistenza, e specialmente in seguito all’illuminazione, Siddharta vagò per l'India settentrionale, diffondendo la sua parola e raccogliendo innumerevoli discepoli. Fra costoro, si narra che dieci fossero particolarmente famosi e vicini al maestro e, all'interno di questo gruppo, se ne possono distinguere quattro oltremodo popolari nella tradizione buddhista: essi furono i più importanti e maggiormente raffigurati e rispondono ai nomi di Maudgalyayana, Sariputra, Ananda e Mahakasyapa. Nelle opere d'arte sono spesso rappresentati ai lati del Buddha e compaiono in coppia, vale a dire che i primi due si presentano insieme e mai in compagnia degli ultimi due e viceversa. Fra i seguaci di Siddharta, quello a lui più vicino fu senza dubbio Ananda. Cugino dell'Illuminato, fu suo devoto disceolo e compagno fedele per tutta la vita, famoso per aver recitato i sermoni del maestro nel corso del primo concilio buddhista.47

Per comprendere al meglio l'arte buddhista è necessario presentare brevemente i concetti base della dottrina rivelata da Sakyamuni. Il fondamento del pensiero buddhista si basa sulla famosa affermazione secondo cui tutto è maya, ovvero illusione: la realtà che ci circonda è illusione, è apparenza e, per questo motivo, gli esseri umani devono rendersi conto della caducità delle cose e dell'impermanenza dell'esistenza. Secondo questa corrente di

46

Il Canone pali è la prima versione scritta del Canone buddhista. Inizialmente, infatti, gli insegnamenti del Buddha erano stati tramandati oralmente e fu solo alcuni secoli più avanti, nel I secolo a.C., che essi furono messi per iscritto e redatti nel Canone pali. Il termine tipitaka è traducibile come “tre canestri”, che stanno ad indicare le tre parti fondanti in cui è suddiviso il testo. La prima, Vinayapitaka, o canestro della disciplina, comprende i testi sulla disciplina monastica e le regole che il sangha doveva rispettare, la seconda,

Suttapitaka, i discorsi, che contiene i resoconti sugli insegnamenti e sulla vita del Buddha, fra cui i jataka e

l'ultima, Abhidhammapitaka, che accorpa vari testi che enunciano e spiegano ulteriormente i punti cardine della dottrina, già enunciati nel Suttapitaka. Oltre al Canone pali, il Canone buddhista ci è pervenuto anche in altre lingue, come il sanscrito, il gandhari, il cinese o il tibetano; ciascuna versione differisce dalle altre, specialmente per quanto concerne i discorsi e i commentari, mentre permane pressoché immutato nella parte riguardante la disciplina monastica. Per ulteriori chiarimenti, cfr. Nicoletta CELLI, Buddhismo, 2006, p. 34 e Anne CHENG, Storia del pensiero cinese, Edizione italiana a cura di CRISMA Amina, vol. II. Dall'introduzione del buddhismo alla formazione del pensiero moderno, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi Filosofia, 2000, p. 365.

47

Il primo concilio buddhista si tenne tre mesi dopo la dipartita del Buddha. Nel corso dell'adunanza furono enunciati gli insegnamenti di Sakyamuni, che sarebbero stati tramandati oralmente per lunghi anni prima di essere messi per iscritto nel Canone pali. Alcune fonti sostengono che il primo concilio ebbe luogo un anno dopo la morte di Siddharta. Per esempio, cfr. Nicoletta CELLI, Buddhismo, 2006, p. 52.

(26)

25 pensiero, l'individualità è altamente illusoria, dal momento che ciascun elemento della realtà si genera per una concomitanza di cause e di condizioni transitorie. L'esistenza stessa è transitoria e la natura delle cose ne è la prova: tutto è soggetto al decadimento ed è in continuo cambiamento, persino la mente dell'uomo, che muta a seconda del momento o dello stato d'animo.

Un altro concetto fondamentale del buddhismo, assolutamente necessario per carpire il senso più profondo di quanto appena detto, è quello di karma, o azione, strettamente collegato all'idea del ciclo di continue rinascite a cui tutti gli esseri sono inevitabilmente soggetti48. Ogni azione produce un risultato ed esse, in senso più ampio, determinano ciò che ciascun essere diverrà nella propria esistenza futura, rendendo tutti gli uomini eredi delle azioni, buone o cattive, compiute nelle vite passate. Ad ogni atto, infatti, corrisponde una naturale conseguenza e tutte le creature devono sottostare alla legge del karma. La dottrina buddhista si prefigge di spezzare il ciclo infinito delle rinascite tramite il continuo perfezionamento di sé, messo in atto nel corso delle varie reincarnazioni, fino a raggiungere il nirvana, abbandonando definitivamente la ruota del samsara.49

All'interno della dottrina buddhista, si può tracciare una distinzione fra le due principali correnti di pensiero, che prendono rispettivamente il nome di hinayana e

mahayana.50 I termini, coniati dal buddhismo mahayana a seguito dello scisma durante il quale le due correnti presero forma, significano rispettivamente “piccolo carro” e “grande carro”. Il buddhismo mahayana iniziò a delinearsi e a svilupparsi intorno al 250 a.C., come reazione alla concezione, ritenuta troppo ristretta (e da qui l'attributo “piccolo”), secondo cui la salvezza potesse essere perseguita soltanto dalla comunità monastica. Figura centrale della dottrina hinayana era l'arhat, il santo, che perseguiva l'obiettivo della liberazione individuale,

48

Questo concetto assume maggior rilievo anche alla luce della sua “strumentalizzazione” nel contesto della cultura cinese. Infatti alcune opere, come le donazioni alla comunità monastica o la costruzione di oggetti di culto, erano atte a produrre merito, o karma positivo, che avrebbe condizionato l’esistenza futura del benefattore o della sua famiglia. Proprio in quest’ottica furono compiute molte delle più grandiose opere d’arte buddhiste di cui la storia cinese fu testimone. Cfr. Stefano ZACCHETTI, Il buddhismo cinese dalle

origini al 581, 2010, p. 465.

49

Col termine samsara si allude all'infinito flusso di reincarnazioni. Esso è rappresentato da una ruota, simbolo per eccellenza dello scorrere infinito, privo di un inizio e di una fine. Cfr. Anne CHENG, Storia del pensiero

cinese, 2000, p. 359 e Nicoletta CELLI, Buddhismo, 2006, p. 212.

50

È necessario precisare come entrambi i termini derivino dal sanscrito e siano stati coniati dal buddhismo

mahayana. Inoltre, spesso si tende ad identificare erroneamente hinayana con theravada, laddove il primo

termine indica una corrente di pensiero, che si rifà agli insegnamenti e alle dottrine contenute nel Canone pali, mentre il secondo è il nome di una scuola buddhista. Sebbene la scuola theravada si basi sul buddhismo

hinayana e sia l'unica sopravvisssuta delle scuole antiche, questo non esclude in alcun modo l'esistenza, in

passato, di altre scuole che seguissero la corrente hinayana. Cfr. Nicoletta CELLI, Buddhismo, “collana Dizionari delle Religioni”, Verona, Mondadori Electa S.p.A, 2006, p. 98-104.

(27)

26 senza preoccuparsi della sorte altrui, percorrendo la cosiddetta via inferiore. In accordo col pensiero mahayana, invece, il risveglio non è esclusivo dei monaci, ma è possibile per tutti gli uomini, poiché ciascuno possiede in sé la natura del Buddha (tathagatagarbha). La figura principale diventa, dunque, il Bodhisattva, colui che, seppur ottenuta l'illuminazione, decide di non porre fine al ciclo delle rinascite, con l'intento di aiutare l'umanità intera a pervenire al

nirvana. Il Bodhisattva è l'essere compassionevole per eccellenza, che si stacca

dall'individualismo dell'arhat per puro altruismo nei confronti degli esseri viventi.51 La corrente mahayana fu caratterizzata da una ricca produzione letteraria, iniziata intorno al I secolo a.C., che andò a comporre un Canone buddhista scritto in sanscrito, parzialmente diverso rispetto a quello pali. In particolare, vennero aggiunti alcuni sutra52, fondamentali per la nuova dottrina, ma non riconosciuti da quella hinayana, come il Sutra della perfezione

della saggezza (Prajnaparamitasutra), il Sutra del loto della buona legge

(Saddharmapundarikasutra) o il Sutra della ghirlanda fiorita (Avatamsakasutra). La diffusione delle due differenti discipline ebbe connotazioni geografiche ben distinte: se, infatti, il buddhismo hinayana si diffuse nei paesi dell'Asia meridionale, come Ceylon, Cambogia, Birmania, Laos, il mahayana si espanse dapprima verso nord-ovest, raggiungendo il Gandhara e il Kashmir, fino a giungere in Cina, attraverso le vie carovaniere che convergevano a Dunhuang. Da lì, esso influenzò tutti i paesi che nel corso della storia furono a stretto contatto con il mondo cinese, come il Giappone, la Corea e il Tibet.

Come già visto, l'arhat e il Bodhisattva rappresentano due figure estremamente importanti all'interno della dottrina e, proprio per questo motivo, sono molto presenti nell'arte buddhista. Ciò nonostante, esiste un'ampia gamma di personaggi ampiamente raffigurati e che compaiono sottoforma di statue, dipinti, bassorilievi e altorilievi. Essi adornano le pareti delle grotte come pitture parietali dai colori brillanti e preziosi, compongono triadi di sculture imponenti e maestose o narrano le vite del Buddha circondando le pareti degli stupa.

La figura predominante dell'arte buddhista, ovviamente, è il Buddha. Tuttavia, non bisogna pensare che la tradizione abbia scelto di rappresentare soltanto Siddharta, dal momento che esiste una gran varietà di Buddha. Si può quindi incontrare Sakyamuni, anche

51

Anne CHENG, Storia del pensiero cinese, vol.II., 2000, p. 36-365 e Nicoletta CELLI, Buddhismo, “collana Dizionari delle Religioni”, Verona, Mondadori Electa S.p.A, 2006, p. 178.

52

Il termine sutra (pali: sutta) letteralmente significa “filo” e designa i testi sacri tratti dai discorsi del Buddha. É tradotto in cinese col carattere jing 经, “classico”, il cui significato originale è anch'esso legato al campo semantico della tessitura: esso infatti sta ad indicare l'ordito, la parte longitudinale del tessuto. Cfr. Nicoletta CELLI, Buddhismo, 2006, p. 42.

(28)

27 detto Buddha storico, colui che trovò in Gautama la sua ultima incarnazione prima di raggiungere il parinirvana. Due visioni dicotomiche circondano la figura di Sakyamuni: la prima, quella del buddhismo antico, che privilegia la sua dimensione storica, e la seconda, tipica del mahayana, che pone l'accento sulla natura sovramondana.53 La dimensione storica consiste nel fatto che Siddharta, in qualità di ultima rinascita di Sakyamuni, ha raggiunto l'illuminazione dopo un lungo percorso di perfezionamento, già iniziato con le precedenti incarnazioni. Una volta raggiunto il definitivo parinirvana, esso è scomparso agli occhi degli esseri umani, lasciando, come testamento, la propria parola, al fine di guidare gli uomini sulla via verso l'illuminazione. Secondo la dottrina mahayana, invece, il Buddha avrebbe raggiunto l'illuminazione molto tempo addietro nel paradiso più alto (Akanishta) e solo successivamente avrebbe manifestato tale illuminazione nel mondo terreno, sottoforma di Gautama Siddharta.54 Nel corso delle ere, Sakyamuni ha assunto corpi illusori per manifestarsi agli uomini e ha continuato a farlo anche dopo il parinirvana. In tal modo, con la sua presenza fisica, seppur illusoria, sottoforma di vita umana, egli può assistere le altre creature e indirizzarle verso la salvezza.55

Altro personaggio di rilievo nella dottrina e nell'arte buddhista è Maitreya, o Buddha del futuro. Egli è il successore di Sakyamuni in attesa di incarnarsi e dunque manifestarsi in terra, per permettere a tutti gli esseri di raggiungere l'illuminazione. Nelle raffigurazioni è spesso ritratto come un Bodhisattva, poiché, per il momento, è un Buddha soltanto in potenza, non avendo ancora ottenuto il parinirvana.56

Oltre al Buddha del futuro, esistono poi alcuni Buddha del passato, ovvero i predecessori di Sakyamuni, che durante la loro ultima vita terrena hanno insegnato il Dharma e, in seguito, hanno ricevuto l'illuminazione. Il Canone pali parla di sei Buddha del passato, Vipasyin, Sikhin, Visvabhu, Krakucchanda, Kanakamuni e Kasyapa, mentre nei testi

mahayana, il numero aumenta significativamente.57

Infine, un concetto sviluppatosi più avanti, e appartenente esclusivamente alla corrente

mahayana, è quello inerente i “Buddha cosmici”. La grande fortuna di cui godette questa

“categoria” è da ricercarsi specialmente nella figura di Amithaba, che assunse particolare

53

Nicoletta CELLI, Buddhismo, 2006, p.154.

54

ibid.

55

ibid. Per ulteriori delucidazioni, cfr. Nicoletta CELLI, 2006, p. 154-157.

56

Rif. bibliog. Dell’iconografia di Maireya si tratterà più nello specifico nei capitoli successivi, riguardanti l’iconografia buddhista e, nello specifico, la descrizione delle sculture presenti nelle grotte descritte.

57

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