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La procedura "operazioni con parti correlate" nella disciplina delle società "aperte"

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LA PROCEDURA “OPERAZIONI CON PARTI CORRELATE”

NELLA DISCIPLINA DELLE SOCIETA’ “APERTE”

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PREMESSA

La ricerca si propone di approfondire le operazioni con parti correlate negli aspetti meno nitidi e meno studiati, soprattutto dal punto di vista applicativo. L’obiettivo è quello di capire se l’attuale disciplina opc appresti una tutela sufficiente, oltre che adeguata (anche dal punto di vista sanzionatorio), alle operazioni straordinarie che, per la tipologia di interessi che coinvolgono e per la loro “rilevanza” espongono non solo le minoranze, ma anche il mercato a rischi notevoli.

Per questo si è effettuata una comparazione tra la disciplina delle parti correlate, quella del Codice Civile e quella bancaria nei vari ambiti di ricerca. Ad una ricostruzione della nascita delle parti correlate, nonché della procedura richiesta per tale tipo di operazioni dal Regolamento Consob “opc”, ha fatto seguito un’analisi di alcune operazioni straordinarie tra quelle più frequenti nella realtà societaria ed anche bancaria (fusioni, scissioni ed aumenti di capitale con esclusione del diritto di opzione, anche infragruppo).

Questo approccio applicativo è risultato necessario al fine di focalizzare quelli che sono gli aspetti più critici delle operazioni con parti correlate, ossia da un lato i conflitti di interesse, il ruolo degli amministratori indipendenti e – di riflesso – la tutela delle minoranze a fronte dell’abuso del potere della maggioranza; dall’altro alcuni aspetti che aggravano la procedura “ordinaria” delle operazioni straordinarie.

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INDICE – SOMMARIO

CAPITOLO PRIMO

ORIGINI DELLA DISCIPLINA “OPC”.

1.

La

nascita delle parti correlate in ambito societario europeo alla luce dei principi di trasparenza e correttezza. 2. (Segue): L’opportunità di una disciplina italiana ad hoc sulla scia

europea: l’insufficienza dei “rimedi” del Codice Civile.

3. All’alba di una disciplina italiana adeguatrice delle istanze europee: il Codice di Autodisciplina ed il Regolamento emittenti.

4. Il Regolamento Consob e l’art. 2391-bis c.c.: eterointegrazione necessitata dal rispetto di principi sovranazionali e unitari. Linee generali della disciplina: profili problematici e sistematici.

5. La nozione di “parte correlata”: il rinvio al Regolamento. Un rinvio reciproco?

6. (Segue): Le definizioni di “operazioni straordinarie”: in particolare le operazioni rilevanti e non rilevanti.

7. L’ambito di applicazione del Regolamento Consob 2010: società quotate, neo quotate, piccole quotate e società con azioni diffuse.

8. Il Codice di Autodisciplina delle società quotate.

9. Il Testo Unico bancario. La disciplina bancaria nelle opc: aspetti generali.

10. Profili soggettivi e definitori nelle banche. Le parti correlate ed i

soggetti collegati.

11. Le “operazioni” nelle banche. I casi di esclusione della disciplina: in particolare le operazioni ordinarie concluse a condizioni equivalenti a quelle di mercato o standard e le operazioni urgenti.

12. Le operazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo (bancario e non): l’attività di direzione e coordinamento.

pag.4 pag.7 pag.10 pag.11 pag.14 pag.22 pag.28 pag.29 pag.31 pag.36 pag.42 pag.48

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CAPITOLO SECONDO PROFILI PROCEDURALI.

1. Le regole procedurali di trasparenza interna ed esterna, l’informazione al mercato e la funzione del documento informativo.

2. (Segue): il Regolamento interno sulle le Operazioni con Parti Correlate: profili pratici.

3. Natura giuridica e funzione del parere. Il suo contenuto in relazione alle opc di maggiore e minore rilevanza.

4. L’indipendenza come requisito necessario dei componenti il “comitato parti correlate” e l’eventuale nomina di un esperto terzo. Questioni di responsabilità.

5. (Segue): E l’eventuale nomina di un advisor nominato dall’organo gestorio.

6. Aspetti generali della violazione delle procedure. L’assenza di indipendenza ex ante ed ex post: quali i rimedi? La giurisprudenza più recente: il concetto di “gravi irregolarità” ed i rimedi previsti dal Codice Civile.

7. (Segue): L’opportunità della previsione di una sanzione ad hoc nell’ambito del potere sanzionatorio della Consob.

8. L’approvazione dell’operazione: la competenza del consiglio di amministrazione nelle società con sistema tradizionale o monistico (e quella “residuale” dell’assemblea) e la competenza del consiglio di gestione nelle società a sistema dualistico (e quella “residuale” dell’assemblea).

9. I conflitti d’interesse ed il sistema del c.d. whitewash: linee generali. L’approvazione delle operazioni con parti correlate da parte degli azionisti “disinteressati”.

10. La natura delle procedure: deliberazioni di rango sovraordinato? 11. Previsioni statutarie sulle operazioni con parti correlate.

12. Profili comparatistici. Le parti correlate in Gran Bretagna e negli USA.

pag.52 pag.60 pag.64 pag.69 pag.75 pag.76 pag.80 pag.81 pag.86 pag.95 pag.95 pag.97

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CAPITOLO TERZO

OPERAZIONI STRAORDINARIE “RILEVANTI” E PARTI CORRELATE: PROFILI APPLICATIVI.

1. Le operazioni con parti correlate infragruppo: le esenzioni. 2. (Segue): I gruppi: la disciplina codicistica e quella regolamentare. 3. (Segue): La procedura delle opc tra società dello stesso “gruppo”:

aspetti critici.

4. L’applicazione della procedura parti correlate alla fusione: aggravi procedurali e rischi sostanziali.

5. (Segue): e la scissione non proporzionale: la tutela delle minoranze nel Codice Civile e nel Regolamento opc.

6. (Segue): Lo scorporo: profili di applicazione della disciplina opc. 7. Il conflitto di interesse e l’abuso del voto: cenni.

8. (Segue): L’aumento del capitale con esclusione del diritto d’opzione: tra interesse sociale e abuso della maggioranza.

9. Le opc tra banche: la convivenza tra la disciplina bancaria ed il regolamento opc. I gruppi bancari.

10. (Segue): I conflitti di interesse, le procedure e la loro (rischiosa?) “disapplicazione”. Aggravi procedurali: opportunità di semplificazione? CONCLUSIONI pag.146 pag.100 pag.104 pag.109 pag.112 pag.119 pag.125 pag.128 pag.130 pag.136 pag.139

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CAPITOLO PRIMO

ORIGINI DELLA DISCIPLINA “OPC”.

1. SOMMARIO: 1. La nascita delle parti correlate in ambito societario europeo alla luce dei principi di trasparenza e correttezza. (Segue): 2. L’opportunità di una disciplina italiana ad hoc sulla scia europea: l’insufficienza dei “rimedi” del Codice Civile. 3. All’alba di una disciplina italiana adeguatrice delle istanze europee: il Codice di Autodisciplina ed il Regolamento Emittenti. 4. Il Regolamento Consob e l’art. 2391-bis c.c.: eterointegrazione necessitata dal rispetto di principi sovranazionali e unitari. Linee generali della disciplina: profili problematici e sistematici. 5. La nozione di “parte correlata”: il rinvio al Regolamento. Un rinvio reciproco? 6. (Segue): Le definizioni di “operazioni straordinarie”: in particolare le operazioni rilevanti e non rilevanti. 7. L’ambito di applicazione del Regolamento Consob 2010: società quotate, neo quotate, piccole quotate e società con azioni diffuse. 8. Il Codice di Autodisciplina delle società quotate. 9. Il testo Unico bancario. La disciplina bancaria nelle opc: aspetti generali. 10. Profili soggettivi e definitori. Le parti correlate ed i soggetti

collegati. 11. Le “operazioni” nelle banche. I casi di esclusione della disciplina

bancaria: in particolare le operazioni ordinarie concluse a condizioni equivalenti a quelle di mercato o standard e le operazioni urgenti. 12. Le operazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo (bancario e non): l’attività di direzione e coordinamento.

1. La nascita delle parti correlate in ambito societario europeo alla luce dei principi di trasparenza e correttezza.

“Parte correlata”, rappresenta una nozione prettamente di diritto societario, ma anche – come si vedrà - di matrice contabile, le cui origini risalgono al diritto europeo.

Il concetto de quo è presente nel nostro ordinamento in una sola norma: l’art. 2391-bis c.c., norma questa che si coordina con poche altre norme o istituti del Titolo V del nostro Codice Civile. Tale difficoltà di coordinamento, a dire il vero, non è infrequente quando il diritto interno deve adeguarsi al sovraordinato diritto comunitario.

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Difatti, proprio la Comunità Europea, nido dei principi di trasparenza, informazione e correttezza, ha contributo all’introduzione nel nostro ordinamento di norme attuatrici proprio di questi principi di talché la legislazione speciale ad oggi vigente risulta preordinata e conformata a principi generali riferibili ad un contesto transazionale1.

Questo trend, in ambito societario, ha trovato la sua origine nel c.d. Action Plan (la cui adozione è avvenuta il 21 maggio 2003), che si è prefisso di rafforzare sia i diritti dei soci e degli altri stakeholders che la trasparenza delle operazioni con parti correlate nonché di promuovere l’efficienza e la competitività delle imprese. L’influenza di questo processo ha comportato delle ripercussioni sui metodi di governo societario e di rivisitazione e ripensamento delle regole di best practice2.

È proprio dalle esigenze di trasparenza e di correttezza che nasce, a livello europeo prima, e, come vedremo anche al livello interno dopo, il fenomeno di “’parte correlata”.

Nell’ambito del progetto della Comunità europea di creazione di un mercato finanziario integrato, si inserisce un’ampia normativa. A titolo esemplificativo, il regolamento comunitario sull’applicazione dei principi contabili internazionali, che impone alle società quotate degli Stati membri di conformare i propri bilanci consolidati ai principi IAS nonché la direttiva 2006/46/CE, con specifico riferimento alle operazioni con parti correlate e fuori bilancio e alla responsabilità collettiva degli amministratori, sono volti a migliorare la qualità dell’informazione sulle pratiche di governo societario ed armonizzarla all’interno del mercato europeo3.

La visione fisiologica della possibile compresenza di più interessi nella dinamica della gestione mostra un approccio realistico rispetto ai fenomeni economici e alle

1P. MASI, Riforma del diritto societario e società speciali, in Scritti in onore di Vincenzo

Buonocore, Milano, 2005, Vol. III, p. 2957.

2S. ESPOSITO, Le operazioni con parti correlate: regole sulla trasparenza e sul governo

societario, in Riv.dir.Comm., 2010, fasc. 3, p. 852, in cui si precisa che l’attenzione dei regolatori nazionali è rivolta non solo agli investitori attuali ma anche a quelli potenziali. L’ordinamento, attraverso la tutela del risparmio e mediante l’opera di armonizzazione ha, dunque, anche la funzione di implementare il c.d. marketing territoriale a livello nazionale ed europeo (creazione di condizioni che attraggono gli investitori).

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dinamiche delle imprese, caratterizzate sempre più dalla divergenza tra proprietà e controllo e dal potenziale pericolo di “capitalismo della correlazione”4.

Proprio avendo presente il rischio di “capitalismo di correlazione” bisogna guardare alle esigenze di trasparenza, correttezza, informazione che, a livello europeo e, sulla spinta di questo, a livello interno, giocano un ruolo chiave nella lotta, o meglio, nella prevenzione di conflitti che potrebbero scaturire da interessi economici, di potere e non solo.

Sul punto, è stato detto5che dato l’elevato valore potenziale delle operazioni con

parti correlate, nessun ordinamento pone un divieto a tali operazioni. Difatti, gli ordinamenti preferiscono controllare le operazioni in questione mediante il ricorso ad obblighi informativi. In altre parole, le parti correlate possono porre in essere determinate operazioni ma a determinate condizioni che assicurino un controllo circa la loro correttezza.

Ma cosa si intende per trasparenze e come essa può essere garantita?

La risposta a questa domanda richiede un approccio di tipo pratico che, a sua volta, non può che basarsi su esperienze concrete.

Già a partire dal 1993 la materia è stata affrontata dalla Consob attraverso varie comunicazioni, tutte incentrate sulla garanzia di trasparenza delle operazioni con parti correlate.

Come si evince da una prima comunicazione6, il mancato rispetto da parte delle

società di revisione ai “canoni nella regolarità degli atti sociali” avrebbero potuto configurare fatti censurabili7. E’ evidente che la genericità dell’espressione non ha

contribuito al perseguimento degli ambìti traguardi di appare trasparenza.

Un passo avanti viene fatto con successivi interventi che hanno interessato il profilo dei controlli interni, ma soprattutto il profilo dell’informativa relativi ad operazioni di tale natura.

Già da questi brevi riferimenti si evince come la trasparenza e l’informazione, intersecandosi, si rivelano quali strumenti preposti al contenimento degli effetti

4S. ESPOSITO, op. cit., p. 855, la quale, inoltre, rileva che “Non a caso, negli Stati membri

dell’Unione europea le strategie volte a contrastare gli atteggiamenti opportunistici da parte dei managers e dei soci di controllo presentano delle similarities.”

5S. ESPOSITO, op. cit., p. 855.

6Il riferimento è alla Comunicazione Consob n. 930022422/1993.

7F. CHIAPPETTA, Le operazioni con parti correlate: profili sistematici e problematici, in

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distorsivi derivanti dal più volte citato “capitalismo della correlazione” che, spesso, si ripercuotono a scapito dei risparmiatori stante la divergenza tra proprietà ed azionariato.

Fino a sfociare in normative più dettagliate e, quindi sempre più garantiste, originate dal confronto tra principi europei ed esigenze interne, il cui dialogo ha comportato la nascita di un’articolata disciplina.

2. (Segue): L’opportunità di una disciplina italiana ad hoc sulla scia europea:

l’insufficienza dei “rimedi” del Codice Civile.

Alla luce di quanto detto, il tempo e l’esperienza hanno contribuito a perfezionare quei concetti di trasparenza e correttezza che sembravano vaghi e privi di un pratico appiglio, almeno nell’ordinamento interno, che era, pertanto, chiamato dal legislatore comunitario a “attuare” nel diritto societario italiano quelle che erano le istanze europee in modo da creare un coordinamento adeguato alle dette esigenze. A causa dell’eterogenesi di forme cui danno luogo nella realtà applicativa e della tecnica normativa “multilivello” (comprendendo fonti normative primarie, secondarie e codici di comportamento) la problematica non era semplice.

Alle istanze europee si affiancava l’esigenza, ancora più urgente, di introdurre una disciplina ad hoc di diritto societario che fosse in grado di riempire il vuoto normativo in questa materia, stante l’inidoneità dei rimedi “ordinari” previsti dal Codice Civile per fenomeni affini ma non assimilabili alle operazioni con parti correlate. Infatti l’art. 2391 c.c. si limita a prevedere la preventiva comunicazione al Consiglio o all’organo di controllo di ogni interesse proprio o di terzi, anche compatibile con quello sociale, di cui l’amministratore sia portatore rispetto ad una determinata operazione.

A tal riguardo, il novellato art. 2391 c.c. ha introdotto una profonda modifica alla disciplina del conflitto di interessi in cui versi un amministratore. Una prima novità la si desume già dal titolo dell’articolo, ove è scomparso il termine “conflitto”. L’oggetto della informativa, infatti, non è più l’esistenza di un

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conflitto di interessi8, bensì l’esistenza di qualsiasi interesse che l’amministratore

abbia per conto proprio o di terzi, nell’operazione.

L’obbligo informativo si è dunque esteso ai casi in cui l’interesse dell’amministratore, in una determinata operazione, coincida o sia convergente con l’interesse sociale. Gli amministratori sono quindi obbligati a dichiarare ogni interesse, anche indiretto, che possono avere in una determinata operazione, a prescindere da eventuali vantaggi o svantaggi per la società.

Un’ulteriore novità introdotta dalla riforma del 2003 consiste nella eliminazione dell’obbligo di astensione dal voto imposto all’amministratore interessato. A seguito della modificazione della norma, una volta adempiuto all’obbligo informativo, l’amministratore si troverà nella stessa posizione degli altri consiglieri e, all’atto della votazione, dovrà necessariamente tenere in considerazione l’interesse della società.

Quindi, l’art. 2391 c.c. non inibisce la partecipazione dell’amministratore interessato al processo decisionale in marito all’operazione, e dunque l’espressione del voto in conflitto9.

Per quanto il compito di giudicare la rispondenza o meno dell’operazione all’interesse sociale e dare un’adeguata motivazione sia in capo agli amministratori come plenum10, l’amministratore in conflitto potrà contribuire a

formarne la volontà.

In realtà, anche nel tempo precedente la riforma si riteneva che non esistesse un generale obbligo di astensione dell’amministratore in conflitto, ma solo il divieto, per quest’ultimo così come per qualunque altro amministratore, di votare a favore di un’operazione che potenzialmente potesse recare danno alla società11. Tale

8Sotto la previdente disciplina, sono state considerate operazioni effettuate in conflitto di interessi

dall’amministratore, a titolo esemplificativo: 1) indibiti prelevamenti o arbitrari pagamenti a sé stesso o a terze persone, di somme non dovute; 2) operazioni concluse senza adeguato corrispettivo nelle quali l’amministratore era direttamente interessato.

9Non sussiste alcun obbligo di astensione dal voto, così M. COSSU, Società aperte e interesse

sociale, Torino, 2006, p. 235; contra P.G. MARCHETTI, Il conflitto di interessi degli amministratori di società per azioni: i modelli di definizione di un problema in un’analisi economica comparata, in Giur. Comm., 2004, I, p. 1252; F. BONELLI, Gli amministratori di s.p.a., Milano, 2004, p. 148, ove si precisa come fosse presente già prima della riforma e permanga anche dopo di essa il divieto di votare <<a favore di un’operazione che potenzialmente danneggi la società e favorisca l’interesse di uno o più amministratori>>.

10G. GUIZZI, Sub Art. 2391, in Comm. Niccolini – Stagno D’Alcontres, I, Napoli 2004, p. 659. 11L. SOLIMENA, Il conflitto di interessi dell’amministratore di società per azioni nelle operazioni

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assunto è stato peraltro confermato dal legislatore del 2003 che, al terzo e quarto comma dell’articolo 2391 c.c., ha previsto espressamente la responsabilità per danni dell’amministratore che non abbia adempiuto all’obbligo di informativa ad esso imposto, contribuendo ad approvare una deliberazione dannosa per la società. Quindi, la previsione di specifici obblighi di astensione dalla deliberazione a carico degli amministratori si giustificava per la necessità di fornire una disciplina degli interessi degli amministratori più rigorosa di quella allora prevista dal codice civile12.

L’amministratore è solitamente legato all’emittente da un rapporto di correlazione, con la conseguenza che alle operazioni tra amministratori ed emittenti si potrebbero applicare, almeno in linea di principio, sia l’art. 2391 c.c. sia l’art. 2391-bis c.c.

Gli adempimenti richiesti da tali disposizioni sono parzialmente coincidenti. A titolo esemplificativo, le informazioni fornite dall’amministratore interessato potrebbero rappresentare anche una condizione per la correttezza procedurale della delibera con la quale si approva il compimento di un’operazione con parte correlata. Peraltro, l’applicazione di una disposizione non preclude l’altra13.

In particolare, mentre l’articolo 2391 c.c. ha la funzione di assicurare la correttezza del procedimento decisionale interno al consiglio di amministrazione in presenza di un componente portatore di ogni interesse non necessariamente

confliggente, ma anche convergente con quello della società, la disciplina delle

operazioni con parti correlate, invece, pone l’accento sulle modalità di realizzazione dell’operazione medesima, indipendentemente dal soggetto al quale è attribuita la competenza a deciderne l’esecuzione14. Da questa differenza emerge

che, a fronte di una operazione con parte correlata, stante la particolarità del fenomeno in virtù della conflittualità degli interessi in gioco, sia stata più opportuna una disciplina ad hoc per l’inadeguatezza della norma citata.

12L. BOLZANINI - A. MARTELLONI, Le operazioni con <<parti correlate>> di società

<<aperte>>, in Società, 2005, n.8, p. 958.

13G. LIACE, Commento all’articolo 2391-bis, in Codice commentato delle S.p.A. in G.

FAUCEGLIA – G. S. DI PEPE (a cura di), Padova 2007, p. 750.

14M. VENTORUZZO, Amministratori, operazioni con parti correlate, in F. GHEZZI (a cura di),

in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L. A. Bianchi, F. Ghezzi, M Notari, Milano, 2005, p. 521.

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Non è dunque un caso se, prima del legislatore nazionale, tale tema sia stato affrontato in occasione della redazione dei principi contabili internazionali, di cui si è accennato, dal Codice di Autodisciplina delle società quotate e, soltanto dopo, dalla Consob, con l’articolo 71-bis del Regolamento Emittenti.

3. All’alba di una disciplina italiana adeguatrice delle istanze europee: il Codice di Autodisciplina ed il Regolamento Emittenti.

Sempre sulla scorta di quella scia europea di cui si è detto, in aderenza all’ormai sempre più inevitabile trend delle imprese di operare secondo principi uniformi anche nell’ottica della continua integrazione del mercato di capitali europeo, di promuovere l’efficienza e la competitività delle imprese e di rafforzare la trasparenza delle operazioni con parti correlate, la materia de qua ha trovato antecedenti regolamentari sia nel Codice di Autodisciplina sia nel Regolamento Emittenti: essi, in particolare, rappresentano un primo passo verso il coordinamento con le richieste europee.

Il Codice di Autodisciplina ha in parte anticipato la disposizione di legge che infra sarà meglio esaminata prevedendo che il consiglio di amministrazione adotti <<misure colte ad assicurare che le operazioni nelle quali l’amministratore sia portatore di un interesse, per conto proprio o di terzi, e quelle poste in essere con parti correlate vengano compiute in modo trasparente e rispettando criteri di correttezza sostanziale e procedurale>> (Borsa Italiana, Codice di Autodisciplina, art. 9)15.

Nei criteri applicativi si specifica che il consiglio di amministrazione deve stabilire le <<modalità delle operazioni poste in essere dall’emittente, o dalle sue controllate, con parti correlate>>, sentito il comitato per il controllo interno>>. Si precisa inoltre che il consiglio di amministrazione <<definisce, in particolare, le specifiche operazioni (ovvero determina i criteri per individuare le operazioni) che debbono essere approvate previo parere dello stesso comitato per il controllo interno e/o con l’assistenza di esperti indipendenti>>.

15P. MONTALENTI, Le operazioni con parti correlate, in Giurisprudenza commerciale, 3/2011,

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Queste disposizioni rappresentano la conferma di una volontà di dare vita ad una disciplina interna che possa, da sola, colmare un vuoto normativo ormai non più tollerabile. Ma ancora non si sono del tutto coperti quei rischi che derivano o che potrebbero derivare dal fenomeno che abbiamo definito “capitalismo della correlazione”.

Principalmente per queste ragioni un ulteriore e più ampio passo è stato fatto dalla disciplina regolamentare emanata dalla Consob – introdotta per la prima volta nel 2002 e modificata nel 2005 e nel 200916.

La disciplina, in particolare, completa le regole di autodisciplina sia sotto il profilo di una più precisa individuazione dei criteri per stabilire la “rilevanza” delle operazioni con parti correlate sia sotto il profilo dell’imposizione dell’obbligo di pubblicare uno specifico documento informativo17.

4. Il Regolamento Consob e l’art. 2391-bis c.c.: eterointegrazione necessitata dal

rispetto di principi sovranazionali e unitari. Linee generali della disciplina: profili problematici e sistematici.

La breve ricostruzione fin qui effettuata è utile per comprendere come, finalmente, dopo un lungo travaglio, si sia giunti ad una disciplina che mira a far fronte ai rischi connessi alle operazioni con parti correlate.

Questo è stato possibile anche e soprattutto a seguito di una comparazione delle poche regole del passato con la realtà pratica.

Infatti, la proposta di regolamentazione in attuazione dell’art. 2391-bis c.c. elaborata dalla Consob (quale Indipendent Autority) è stata oggetto di ampi

16Con le delibere n. 14990 del 14 maggio 2005 e n. 16850 del 4 aprile 2009.

17P. MONTALENTI, op. cit., 320/I. Il Regolamento emittenti all’art. 71-bis (operazioni con parti

correlate) prevede che: “1. In occasione di operazioni con parti correlate, concluse anche per il tramite di società controllate, che per oggetto, corrispettivo, modalità o tempi di realizzazione possono avere effetti sulla salvaguardia del patrimo io aziendale o sulla completezza e correttezza delle informazioni, anche contabili, relative all’emittente, gli emittenti azioni mettono a disposizione del pubblico un documento informativo redatto in conformità all’allegato 3B. Tale obbligo non sussiste se le informazioni sono inserite nel comunicato eventualmente diffuso secondo le modalità indicate nel Capo I o nel documento informativo previsto dagli articoli 70 e 71. – 2. Il documento informativo è depositato presso la sede sociale e la società di gestione del mercato entro quindici giorni dalla conclusione delle operazioni. Del deposito è data notizia mediante avviso pubblicato su almeno un quotidiano a diffusione nazionale.

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commenti di associazioni, enti, professionisti e studiosi 18 che, mediante

un’operazione di raffronto con le regole e i casi pratici o anche teorici loro sottoposti sulla base di quelle che erano le esigenze delle società19, hanno espresso

le loro valutazioni critiche e non.

Valutazioni che, sono state accolte dalla Consob. Tant’è che, essa, anche alla stregua di quanto emerso, ha sottoposto alla pubblica consultazione un nuovo documento (nell’anno 2009)20.

Alla proposta del 2009, a seguito di ulteriori consultazioni e ad un affinamento delle regole, si è giunti, il 12 marzo 2010 all’emanazione del Regolamento Consob.

La nuova normativa entra nel merito di una delle questioni più delicate della governance delle società italiane e rappresenta un tassello importante della regolamentazione per un corretto funzionamento del mercato finanziario.

Le norme presentano molti elementi positivi nei contenuti, ma anche nel metodo adottato dalla Consob per l’elaborazione e la presentazione delle norme agli operatori ad al mercato.

In primo luogo, si affronta in maniera approfondita una materia “sensibile”, anche nell’opinioni pubblica, a seguito degli scandali finanziari che hanno riguardato alcuni grandi gruppi societari italiani. Questi ultimi hanno minato la fiducia dei piccoli risparmiatori italiani nella correttezza dei meccanismi di funzionamento del mercato finanziario21.

18P. MONTALENTI, op. cit. p. 320/I.

19Hanno inviato commenti, tra gli altri, Borsa Italiana Spa, Confindustria, Telecom Italia Spa,

Unicredit Spa, studio legale Allen & Overy, studio legale Clifford Chance, etc.

20La Consob ha chiarito che “gli obiettivi che si è inteso perseguire con le modifiche apportate alla

prima proposta di regolamento sono i seguenti: 1) incentrare il regolamento sulla definizione di una procedura generale per le operazioni con parti correlate limitare l’applicazione della procedura speciale e della disciplina della trasparenza mediante un documento informativo alle sole operazioni “rilevanti”, individuate secondo criteri quantitativi più selettivi; 2) chiarire e delimitare il ruolo degli amministratori indipendenti nella disciplina speciale, coordinando tale ruolo con le competenze deliberative dell’intero consiglio e con le funzioni esecutive degli amministratori con deleghe; 3) aumentare la flessibilità della disciplina per gli emittenti ampliando le opzioni procedurali e le facoltà di esenzione, da realizzarsi nei casi più rilevanti attraverso l’adozione di apposite previsioni statutarie, e valorizzando al contempo il giudizio del mercato sulle scelte e sull’operato delle società; 4)valorizzare il ruolo dell’assemblea come opzione alternativa o integrativa della disciplina speciale”.

21C. BRESCIA MORRA, Le regole della Consob sulle operazioni delle società con “parti

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Inoltre, sempre dal punto di vista generale, attenzione merita la linea di politica legislativa. Queste disposizioni non si limitano alla prescrizione di regole di trasparenza, ma affermano l’importanza dell’adozione da parte delle società di procedure per l’assunzione delle delibere che possano implicare situazioni di conflitti di interesse che consentano un vaglio approfondito della decisione con il coinvolgimento dei rappresentanti dei diversi interessi presenti nella gestione delle società quotate.

In passato, le disposizioni dell’ordinamento che si occupavano del conflitto di interessi prevedevano adempimenti procedurali che si traducevano spesso in una serie di oneri burocratico-formali che appesantivano l’operatività delle società senza sostanziali vantaggi. Le disposizioni dettate dalla Consob, attribuiscono un ruolo centrale agli amministratori indipendenti, privi di interessi nell’operazione, non solo nella fase di approvazione dell’operazione, ma anche in quella delle trattative22

A questo punto, occorre comprendere come il Regolamento vada a coordinarsi con la normativa primaria di cui all’art. 2391-bis c.c. Al riguardo si constata che il riferimento alla “eterointegrazione” non sia inadeguato. Anzi: dalla struttura dell’art. 2391-bis c.c. si evince proprio l’intenzione del legislatore ordinario di rinviare “ai principi generali indicati dalla Consob”.

Tuttavia il richiamo a criteri indicati dalla Consob ha suscitato in qualche autore delle perplessità sulla buona riuscita di questo metodo di eterointegrazione.

I dubbi nascono sia dalla natura del Regolamento e dal suo posizionamento nella gerarchia delle fonti sia dalla struttura di esso.

Soprattutto l’elencazione da parte della Consob di indici rigidi e, spesso anche solo quantitativi, come si vedrà meglio infra, ha fatto emergere delle perplessità: l’utilizzo in via esclusiva di criteri di natura quantitativa non è di per sé idoneo – per la sua rigidità – a regolamentare in materia ottimale la materia23.

22C. BRESCIA MORRA, op. cit.

23F. CHIAPPETTA, op. cit. secondo il quale “il rischio sarebbe quello di non ricomprendere,

nell’ambito delle operazioni rilevanti, con la conseguente applicazione della specifica disciplina regolamentare, operazioni che, pur sotto soglia, presentano profili di significatività (talvolta anche superiori a quelli di operazioni che vi ricadono solo in ragione dell’elevato controvalore)23. Né, si

aggiunge, appare dirimente la previsione di chiusura che demanda alle singole società l’individuazione aggiuntiva di criteri di tipo qualitativo; tale previsione non appare di per sé idonea a stimolare l’adozione in via di autodisciplina di regolamentazioni efficaci”.

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A quanto riferito – tuttavia – si potrebbe opinare che i criteri poco elastici o di tipo quantitativo riportati dalla Consob per disciplinare la materia delle operazioni con parti correlate (come, ad esempio avviene per individuare le operazioni rilevanti) ai fini della rigorosa disciplina in esame sono dettati dall’Autorità Amministrativa Indipendente al fine di evitare che l’interpretazione delle norme dettate in tale ambito possa creare problemi applicativi, in modo da conferire maggiore certezza alla materia.

Altro profilo problematico che è emerso dalla nuova regolamentazione è quello relativo alla assenza, di un potere sanzionatorio della Consob per il caso di violazione delle procedure da essa previste limitando al dovere dei sindaci di vigilare sulla loro corretta applicazione quale forma di tutela.

Questo problema, invece, non si pone, come si vedrà meglio più avanti, in ambito bancario, in cui esistono valide misure volte sia a prevenire che a reprimere attività non corrette.

Lasciando ai paragrafi che seguono l’analisi della disciplina bancaria, in ambito Consob, al momento, si può solo accennare che, in assenza di specifiche previsioni (che potrebbero rendere più effettivo il rispetto dei principi di cui si sta trattando), troveranno applicazione le disposizioni generali stabilite dall’ordinamento: gli artt. 193 t.u.f. s.s. e l’art. 2391 c.c.

Le prime norme citate, in particolare, prevedono l’applicazione di sanzioni amministrative in capo agli amministratori, mentre l’art. 2391 c.c. consente di invalidare la delibera di assunzione di un’operazione24.

5. La nozione di “parte correlata”: il rinvio al Regolamento. Un rinvio

reciproco?

Svolte le necessarie considerazioni preliminari sull’origine della nozione di parte correlata (essa deriva dall’International Accounting Standard 24), in questa sede occorre soffermarsi non sul concetto astratto, bensì su un inquadramento della

parte correlata sotto il profilo dinamico, operativo.

24N. MICHIELI, Denuncia di gravi irregolarità di gestione e operazioni con parti correlate, in

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A questo si aggiunga che l’analisi del fenomeno nel senso che si è detto appare poco agevole alla luce del rinvio che il codice civile, all’art. 2391-bis, fa al Regolamento Consob: la scelta del legislatore nazionale, infatti, è stata quella di rinviare ai “principi generali indicati dalla Consob”. Sul punto si precisa che è stato condiviso in dottrina l’obiettivo di non introdurre un riferimento automatico ai principi IAS, per non soggiacere a modificazioni nel Regolamento da “fonte esterna”: il regolatore ha inserito definizioni autonome di parte correlata e, come vedremo più avanti, di operazione con parti correlate; nel contenuto esse ricalcano, tuttavia i principi contabili25.

Da una lettura della definizione contenuta nell’Allegato al Regolamento opc si evince che la nozione di cui si discute abbraccia le componenti del gruppo italiane o estere, del quale la società faccia eventualmente parte, tutti i dirigenti con responsabilità strategiche e i loro più stretti familiari nonché le entità italiane o estere, nelle quali questi detengano quote rilevanti dei diritti di voto, sino a comprendere i fondi pensionistici costituiti a favore dei dipendenti della società26.

Alcuni autori, volendo fornire una definizione generica di “parti correlate” sostengono che esse costituiscano quell’insieme di persone fisiche o giuridiche che, in sostanza, intrattengono un rapporto di tipo “privilegiato” con una società emittente azioni quotate27.

Altri ancora definiscono correlato un soggetto se, direttamente o indirettamente, anche attraverso società controllate, fiduciari o interposte persone, è controllato o ha la capacità di controllare un altro soggetto, nonché se è in grado di esercitare un’influenza notevole sull’assunzione di decisioni operative e finanziarie28.

Tuttavia queste nozioni onnicomprensive meritano un approfondimento.

25P. MONTALENTI, op. cit., p. 328/I; A. POMELLI, op. cit., p. 1350, secondo la nozione di parte

correlata riproduce sostanzialmente quanto stabilito nel principio contabile internazionale, al quale tuttavia si è deciso di non fare mero rinvio per evitare che future modifiche allo IAS 24 per motivazioni di natura meramente contabile andassero ad alterare automaticamente anche l’ambito di applicazione della disciplina de quo.

26A. POMELLI, La disciplina delle operazioni con parti correlate, in Nuove leggi civili

commentate, 2010, p. 1349.

27L. BONZANINI - A. MARTELLONI, op. cit., p. 951. Si precisa che il lavoro degli autori è

precedente al Regolamento Consob.

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L’allegato 1 al Regolamento29, come accennato, fornisce una definizione

completa, ma alquanto ampia che, pertanto, merita un’analisi.

Il “controllo” di cui alla lettera a) - estraneo al concetto di “controllo” ex art. 2359 c.c. - consiste nel potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità al fine di ottenere benefici dalle sue attività.

Il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di una società è incentrato sull’idea di ingerenza nella gestione, prescindendo dalle modalità con le quali tale potere si manifesta, e quindi, dall’esercizio del voto nell’assemblea ordinaria; peraltro, il controllo rilevante agli effetti della disciplina in discorso include l’elemento soggettivo come fine specifico e qualificante del potere esercitato (“al fine di ottenere benefici dalla sua attività”)30.

Si presume che il controllo sussista allorché un soggetto sia in possesso, direttamente ovvero indirettamente a mezzo delle proprie controllate, di più della metà dei diritti di voto di un’altra società.

Esempio di quest’ultima ipotesi potrebbe essere la società che detiene “almeno il novanta per cento delle azioni di un’altra società” di cui all’art. 2502-bis c.c. in tema di fusione c.d. semplificata che prevede delle <<agevolazioni e semplificazioni>>31 nel procedimento di fusione che trovano una ragione nel

limitato peso che i soci di minoranza hanno nel capitale della società destinata alla incorporazione.

29Esso stabilisce che: “un soggetto è parte correlata a una società se: a) direttamente o

indirettamente, anche attraverso società controllate, fiduciari o interposte persone: i) controlla la società, ne è controllato, o è sottoposto a comune controllo; ii) detiene una partecipazione nella società tale da poter esercitare un’influenza notevole su quest’ultima; iii) esercita il controllo sulla società congiuntamente con altri soggetti; b) è una società collegata della società; c) è una joint venture in cui la società è una partecipante; d) è uno dei dirigenti con responsabilità strategiche della società o della sua controllante; e) è uno stretto familiare di uno dei soggetti di cui alle lettere a) o d); f) è un’entità nella quale uno dei soggetti di cui alle lettere d) o e) esercita il controllo, il controllo congiunto o l’influenza notevole o detiene, direttamente o indirettamente, una quota significativa, comunque non inferiore al 20%, dei diritti di voto; g) è un fondo pensionistico complementare, collettivo od individuale, italiano od estero, costituito a favore dei dipendenti della società, o di qualsiasi altra entità ad essa correlata.

30G. MOLLO – D. MONTESANTO, Il controllo societario nel Testo Unico della Finanza,

Problemi e prospettive di riforma, in Quaderni giuridici, Consob, 8 giugno, 2015.

31L. GENGHINI – P. SIMONETTI, Le società di capitali e le cooperative, Manuali Notarili a cura

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Tuttavia, è anche possibile che vi sia controllo quando una società possieda la metà ovvero una quota minore dei diritti di voto esercitabili in assemblea se questa ha:

- il controllo di più della metà dei diritti di voto in virtù di un accordo con altri investitori;

- il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali della società in forza di Statuto o di un accordo;

- il potere di nominare o rimuovere la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione o dell’equivalente organo di governo societario, ed il controllo della società è detenuto da quel consiglio od organo;

- il potere di esercitare la maggioranza dei diritti di voto nelle sedute del consiglio di amministrazione o dell’equivalente organo di governo societario, ed il controllo è detenuto da quel consiglio od organo.

Vi è anche da dire che in presenza di questi fattori appena indicati, il controllo è presunto: si tratta, tuttavia, di una presunzione relativa32che è superabile dalla

prova contraria nel caso, in cui, ad esempio, il diritto di voto sia sterilizzato a causa della violazione delle norme sulle partecipazioni qualificate o da disposizioni antitrust33.

Il “controllo congiunto”, invece, è la condivisione, stabilita contrattualmente, del controllo su un’attività economica34. Anche questo è un concetto estraneo al

codice civile, almeno per quanto concerne l’art. 2359 c.c.35

L’orientamento della Consob di dettare definizioni autonome anche delle nozioni di controllo o collegamento, diverse da quelle civilistiche – mutuandole dalle regole contabili - ha suscitato delicati interrogativi. Non è chiaro, in particolare, se la mera partecipazione ad un patto di sindacato sia sufficiente a concretare un’ipotesi di controllo congiunto o, soprattutto, una posizione di influenza notevole, che si configura in ragione della mera partecipazione alla determinazione delle politiche finanziarie e gestionali (ad esempio mediante la

32A differenza della presunzione assoluta dettata dall’art. 2359 c.c. 33A. POMELLI, op. cit, p. 1351.

34A. POMELLI, op. cit., p. 1351. Si ha, ad esempio, controllo congiunto quando due soci che

dispongano ciascuno del 50% dei diritti di voto della società partecipata e stipulino un patto parasociale per disciplinare la governance della loro controllata comune.

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rappresentanza nel consiglio di amministrazione)36. Nemmeno le Linee Guida

della Consob forniscono una risposta: esse, infatti, si limitano a precisare che la mera partecipazione ad un patto parasociale non determina, “per ciò solo”, la qualità di parte correlata anche se dal patto deriva in capo ad uno o più soggetti il potere di esercitare il controllo o un’influenza notevole: come precisa la Consob, infatti, bisogna tenere conto delle caratteristiche del patto, delle clausole che regolano i rapporti dei soci, etc. Quindi, va valutato il caso specifico, al di là del

nomen iuris attribuito al patto ed al singolo soggetto: solo una lettura della

fattispecie concreta, dunque, può consentire di stabilire se chi aderisce al patto ha il potere di esercitare il controllo (anche congiuntamente ad altri pattisti).

Il Regolamento introduce, dunque, un principio guida nella valutazione di ciascuna relazione con parti correlate, in base al quale l’attenzione deve essere chiaramente (e prevalentemente) rivolta alla sostanza del rapporto e non solo alla veste giuridica assunta dallo stesso37.

Ai fini dell’applicazione della disciplina in esame, inoltre, merita attenzione la nozione di “influenza notevole”: una società che detiene una partecipazione in un’altra, in tal caso, ha il potere di partecipare alla decisione delle politiche finanziarie e gestionali della stessa, ancorché non ne abbia il controllo: ciò, in particolare, può verificarsi in caso di operazioni rilevanti tra le stesse società ovvero in caso di partecipazione nel processo decisionale, inclusa quella alle decisioni in merito ai dividendi o ad altro tipo di distribuzione degli utili.

L’influenza notevole si presume esistente se un soggetto possiede direttamente o

indirettamente, il 20% o una quota maggiore di diritti di voto, a meno che non

possa essere chiaramente dimostrato il contrario. Di contro, se il soggetto possiede una quota minore dei diritti di voto, si presume che il soggetto non abbia una influenza notevole, a meno che tale influenza non possa essere dimostrata38.

36P. MONTALENTI, op. cit., p. 328/I.

37L. PROVARONI, Profili caratteristici delle operazioni con parti correlate, in Corriere

Tributario, n. 25/2011, p. 2064.

38Tra gli indizi rilevanti per l’accertamento di un’influenza notevole possono essere considerati,

individualmente o congiuntamente, a mero scopo esemplificativo: (a) la rappresentanza nel consiglio di amministrazione, o nell’organo equivalente, della partecipata; (b) la partecipazione al processo decisionale, inclusa la partecipazione ai dividendi o ad altro tipi di distribuzione degli utili; (c) la presenza di operazioni rilevanti tra il soggetto o la società partecipante e la società partecipata; (d) l’interscambio di personale dirigente; (e) la messa a disposizione di informazioni tecniche essenziali. Così A. POMELLI, op. cit., p. 1352.

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Tuttavia, la percentuale del 20% prevista dalla Consob, è più elevata rispetto a quella prevista sia dal Codice Civile39 sia dalle disposizioni di vigilanza

prudenziale per le banche40.

Allora per evitare un eccessivo divario tra il concetto di influenza notevole rilevante a fini civilistici e quello derivante per il Regolamento opc, alcune società hanno accolto la previsione civilistica41. Ma in realtà, sebbene ciò comporti da un

lato una maggiore armonia tra Codice Civile e Regolamento opc, è anche vero che da altro punto di vista crea una disomogeneità tra le categorie adottate dalle varie società.

Allora dei criteri omogeni e meno rigidi potrebbero superare il problema.

Al riguardo è vero che la Consob ha previsto alcune situazioni normalmente riconducibili all’esercizio di influenza notevole, ma è anche vero che si tratta di elencazioni meramente esemplificative 42 , che non assurgono al rango di

presunzione, nemmeno relativa43.

Autorevole dottrina sul punto ha sostenuto che l’influenza notevole debba riferirsi alle deliberazioni in consiglio di amministrazione, non già in assemblea: diversamente si perverrebbe all’assurdo di ritenere ogni socio dotato di influenza notevole44.

39L’art. 2359 c.c. richiede una percentuale del 10%.

40Il riferimento è alle Disposizioni di Vigilanza Prudenziale per le banche approvate nel dicembre

2011, disponibili sul sito www.bancaditalia.it., ove si legge che “l’influenza notevole si presume in caso di possesso di una partecipazione, diretta o indiretta, pari o superiore al 20 per cento del capitale sociale o dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria o in altro organo equivalente della società partecipata, ovvero al 10 per cento nel caso di società con azioni quotate in mercati regolamentati.”

41Il Regolamento opc della Banca Popolare di Sondrio, ad esempio, al riguardo recita: “Per parte

correlata si intende il soggetto che in considerazione della posizione aziendale potrebbe esercitare sugli organi deliberanti della banca un’influenza tale da condizionarne l’operatività, al fine di favorire, direttamente o indirettamente, propri interessi personali. Relativamente al perimetro di applicazione della specifica normativa la Banca: - rileva le parti correlate direttamente individuabili (amministratori, sindaci, direzione generale); - trasmette annualmente alle stesse il modulo “scheda censimento” affinché, oltre ad attestare la propria posizione, specifichino i familiari fino al secondo grado compreso e le entità nelle quali gli stessi soggetti esercitino il controllo, il controllo congiunto o l’influenza notevole, o detengano, direttamente o indirettamente, una quota significativa, comunque non inferiore al 20% dei diritti di voto, ovvero al 10% in caso di società quotata. (…Omissis).”

42Ad esempio: la presenza di operazioni rilevanti tra la partecipante e la partecipata; l’interscambio

di personale dirigente; la messa a disposizione di informazioni tecniche essenziali, etc.

43V. SALAFIA, Le operazioni con parti correlate, in Società, 2010, p. 737. 44P. MONTALENTI, op. cit. p. 328/I.

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Inoltre questa species di “parte correlata” può nascere dalla previsione di una clausola statutaria45ad hoc ovvero con il possesso di azioni.

Altra categoria di parti correlate è la “dirigenza con responsabilità strategiche” di cui alla lettera d) dell’allegato al Regolamento. Essa richiama il concetto di potere e responsabilità di quei soggetti che, in modo diretto ovvero indiretto, provvedano alla pianificazione, direzione e controllo delle attività della società, compresi gli amministratori della società stessa.

E’nell’interesse della società e della salvaguardia della legittimità delle sue operazioni stilare ex ante un elenco delle posizioni apicali che ricadono in questa concetto, tenendo peraltro in considerazione che ex post sarà la sostanza dei poteri e responsabilità loro affidati e non la posizione formalmente assunta a determinare chi sia da qualificarsi come “dirigente con responsabilità strategiche”46.

Ma come si riconoscono i dirigenti con responsabilità strategiche?

Questa è una figura sconosciuta al Codice Civile, ma non al Testo Unico della Finanza che, all’art. 123-ter, 3 comma, lett. a), parla di “tutti quei soggetti che hanno il potere e la responsabilità della pianificazione”. Pertanto questi soggetti sono coloro che hanno il potere di pianificare operazioni non trascurabili nell’economia complessiva dell’azione sociale. La Consob47ha chiarito che sono

da qualificarsi tali non solo i membri dell’organo di gestione, ma anche quelli dell’organo di controllo.

Le ultime categorie di “parti correlate” elencate dal regolamento opc sono gli “stretti familiari”, la “società controllata”, la “società collegata” e le “joint venture”.

Si considerano stretti familiari48di un soggetto quegli appartenenti della famiglia

che si pensa possano influenzare il soggetto interessato oppure essere influenzati da esso nei loro rapporti con la società: tra i familiari, a tali fini, possono includersi il coniuge non legalmente separato e il convivente, i figli e le persone a carico del soggetto, del coniuge non legalmente separato o del convivente.

45Si pensi, ad esempio, ad una clausola statutaria che conferisca al soggetto il potere di eleggere un

rappresentante nel CDA.

46A. POMELLI, op. cit., p. 1352.

47CONSOB, Comunicazione n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010, disponibile sul sito

www.consob.it.

48Il Regolamento li riconduce a quei familiari che ci si attende possano influenzare (il) o essere

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In questo caso occorre valutare, per stabilire se trattasi di parte correlata, non solo lo status di familiare del soggetto in questione, ma anche l’attitudine dello stesso ad influenzare o ad essere influenzato; ciò evidentemente permea di soggettività e discrezionalità le conclusioni alle quali la società può pervenire49.

La società controllata – che nel nostro Codice è disciplinata dagli artt. 2359 ss. - è una società le qui azioni o quote sono possedute da un’altra società, in quantità sufficiente per esercitare un’influenza dominante sull’amministrazione.

Tale è la società, che possiede azioni o quote della controllata, è detta “società madre”.

Sono controllate le società nelle quali:

- si dispone della maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria;

- non si dispone della maggioranza, ma si ha comunque un’influenza dominante in assemblea;

- si ha un’influenza dominante, in virtù di particolari vincoli contrattuali. La società collegata – che, anch’essa, è disciplinata dal nostro Codice agli artt. 2359 ss. – è una società in cui un socio eserciti un’influenza notevole ma non il controllo o il controllo congiunto.

Infine, la joint venture è un accordo contrattuale con il quale due o più parti intraprendono un’attività economica sottoposta a controllo congiunto: essa, in particolare, costituisce una particolare forma di controllo congiunto.

A tal riguardo si precisa che, secondo un orientamento50, costituiscono parti

correlate le joint venture che partecipano le controllate dall’emittente

Queste, le principali ipotesi di parti correlate. Ma come questi soggetti, inquadrati a livello forse un po’ astratto, trovano un inquadramento a livello di diritto societario?

Si è azzardato a parlare di “rinvio reciproco” proprio perché il codice civile rinvia al Regolamento Consob per i principi generali, e quindi anche per la definizione di parte correlata, ma il Regolamento rinvia mediatamente al codice civile per la concretizzazione di quei concetti.

49L. PROVARONI, op. cit., p. 2062.

50ASSONIME, Circolare n. 38 del 6 dicembre 2010, La disciplina della Consob in materia di

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A titolo esemplificativo, quando il Regolamento fa riferimento alla società controllata, rinvia mediatamente all’art. 2359 c.c. per circoscrivere l’ambito di applicazione della fattispecie: l’interprete, pertanto, per qualificare una società come parte correlata “ai sensi del regolamento”, dovrà individuare la norma di diritto societario relativa al caso concreto. Anche in questo senso il fenomeno di “eterointegrazione”, stavolta forse in senso lato, torna ad operare.

Sicuramente, anche adottando il criterio del rinvio, non si risolvono tutti i dubbi di inquadramento perché vengono enunciati concetti, come visto, dei quali occorre individuare in concreto le fattispecie di riferimento51.

La cosa certa è che il lungo e meticoloso elenco delle ipotesi di correlazione dimostra quanta fatica dovranno fare gli amministratori delle società per stabilire preventivamente quali saranno le possibili occasioni di operazioni con parti correlate, tenendo conto soprattutto che si tratta di società quotate con azioni diffuse e, quindi, con una numerosa e variegata compagine sociale52.

6. (Segue): Le definizioni di “operazioni straordinarie”: in particolare le operazioni rilevanti e non rilevanti.

Anche per le operazioni straordinarie con parti correlate vale lo stesso ragionamento che ruota attorno al metodo del rinvio.

Come si evince dalla lettura del Regolamento53, la Consob non stila un elenco

tassativo, bensì “aperto”, suscettibile di essere completato dall’operatore giuridico; è, però, prevista una “presunzione” rispetto a quelle che rientrano sicuramente nell’alveo di dette operazioni.

51V. SALAFIA, op. cit., p. 736, in cui si precisa che “Il regolamento lodevolmente fornisce un

valido aiuto illustrando per ciascun concetto la concreta fattispecie di riferimento.”

52V. SALAFIA, op. cit., p. 736.

53L’allegato 1 al Regolamento stabilisce che “Per operazione con una parte correlata si intende

qualunque trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni tra parti correlate, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo. Si considerano comunque incluse:

- le operazioni di fusione, scissione per incorporazione o di scissione in senso stretto non proporzionale, ove realizzate con parti correlate;

- ogni decisione relativa all’assegnazione di remunerazioni e benefici economici, sotto qualsiasi forma, ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dirigenti con responsabilità strategiche”.

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In base al Regolamento per operazione con parte correlate si intende “qualunque trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni tra parti correlate, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo”.

Questa definizione sconta inevitabilmente la sua matrice <<contabile>> in quanto sembra fare precipuo riferimento ad operazioni di natura industriale, commerciale o finanziaria con parti correlate. Al riguardo, però, è stato detto che anche transazioni societarie di cui non si dà rappresentazione contabile ai sensi dello IAS 24, comportano analoghi, se non maggiori, rischi di espropriazione nei confronti degli investitori, se non altro perché si tratta spesso di operazioni irreversibili, come nel caso delle fusioni e delle scissioni54.

Ecco perché non viene fatto, anche in questo caso, un mero rinvio allo IAS 24. Infatti, il punto di riferimento, è l’incidenza delle operazioni sul patrimonio sociale, astrattamente interessato anche da atti unilaterali e a titolo gratuito55.

Verranno analizzate le principali, anche al fine di comprendere quali altre vi si possano assimilare.

Le operazioni prese in considerazione, ai fini che qui interessano, sono tutti i tipi di fusione (in senso stretto o propria e per incorporazione o impropria), ma non anche tutte le tipologie di scissione: il riferimento, infatti, è solo alla scissione per incorporazione con una parte correlata ed alla scissione in senso stretto non proporzionale56, non anche le scissioni in senso stretto di tipo proporzionale,

poiché in tali ultimi casi non si ravvisano pericoli di espropriazioni, trattandosi, come si dirà meglio infra, di operazioni rivolte a parità di condizioni a tutti i soci e senza coinvolgimento di ulteriori soggetti.

54A. POMELLI, op. cit., p. 1353.

55M. MIOLA, Le operazioni con parti correlate, in ABBADESSA (a cura di), Amministrazione e

controllo nel diritto delle società: liber amicorum Antonio Piras, Torino, 2010, p. 648.

56 COMUNICAZIONE DEM/10078683 DEL 24.09.2010, Indicazioni e orientamenti per

l’applicazione del Regolamento sulle operazioni con parti correlate adottato con delibera numero 17221 del 12 marzo 2010 come successivamente modificato, p.3, disponibile sul sito

www.consob.it. Nel senso che, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle OPC <<occorre sempre una transazione che veda la società come ente giuridico nella cui sfera giuridica ricadono gli effetti della stessa>>, e che debba pertanto trattarsi di un’operazione compiuta o deliberata dagli organi della società e destinata ad incidere direttamente sul patrimonio della stessa, A. POMELLI, La disciplina delle operazioni con parti correlate, in Nuove leggi civ. comm., 2010, pp. 1353 ss., ove ulteriori riflessioni sul tema, L’A. conclude altresì, alla luce dei criteri utilizzati non sarà una OPC l’OPA proposta dall’azionista di controllo o da altra parte correlata.

(26)

Riguardo alla fusione, cioè l’unione di due o più società in una sola, sia dei rispettivi patrimoni, sia delle compagini sociali – mediante l’assegnazione delle

azioni della società risultante/incorporante ai soci delle società fuse/incorporate

-il riferimento (con un mediato rinvio agli artt. 2501 s.s. c.c.) a tutti i tipi di fusione implica che per “operazione” si debba intendere sia quella che si esegue mediante la costituzione di una nuova società – c.d. propria - (con la conseguenza che tutte le società preesistenti si “estinguono”57), sia la fusione per incorporazione – c.d.

impropria – che si esegue mediante l’incorporazione in una società di una o più altre (con la conseguenza che, in tal caso, le preesistenti si “estinguono”, salvo che una resti in vita58).

La limitazione alle sole citate operazioni di scissione, invece, è fondata se si pensa alla natura ed alla ratio delle stesse.

In primo luogo, la scissione per incorporazione in senso stretto, comporta un’assegnazione del patrimonio della scissa a società beneficiarie preesistenti e le relative azioni ai suoi soci.

Mentre la scissione in senso stretto non proporzionale comporta la creazione di una nuova società (considerata la natura dell’operazione non si sarebbe di fronte a un fenomeno di costituzione in senso proprio in quanto, in virtù del principio di continuità di cui all’art. 2498 c.c., la società è la stessa con una nuova veste

giuridica).

La “non proporzionalità” (art. 2506-bis, 4 comma c.c.) si verifica allorquando le azioni o quote delle beneficiarie sono assegnate ai soci della scissa, senza rispecchiare le originarie percentuali di partecipazione al capitale sociale della società che si scinde: all'esito dell'operazione, quindi, i soci della scissa saranno anche soci (scissione parziale) o soltanto soci (scissione totale) di una o più delle società beneficiarie in ogni caso con percentuali di partecipazione diverse da quella originaria con la conseguenza che la minore partecipazione proporzionale ad una società deve essere compensata da una maggiore partecipazione ad un’altra società.

In considerazione di quanto detto nel novero delle operazioni con parti correlate non vi rientra la scissione in senso stretto proporzionale proprio perché, come

57G. F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 2009, p. 640. 58G. F. CAMPOBASSO, op. cit., p. 640.

(27)

detto, è un’operazione rivolta indifferentemente a tutti i soci a parità di condizioni59.

Altra operazione con parte correlata, sebbene non espressamente menzionata dall’Allegato al Regolamento è l’aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione a favore di una parte correlata, mentre sono esclusi gli aumenti con offerta del diritto potestativo di opzione in quanto rivolti, a parità di condizioni, sia alle eventuali parti correlate titolari di strumenti finanziari sia a tutti gli altri titolari di tali strumenti.

Anche su questo aspetto è intervenuta la Comunicazione interpretativa del settembre 2010 nella quale si è affermato che criteri analoghi a quelli esposti devono ritenersi validi ai fini dell’esclusione o meno di un’operazione di aumento di capitale nel novero delle OPC.

A tal stregua, gli aumenti di capitale con esclusione del diritto di opzione a favore di una parte correlate sono inclusi, in quanto strumenti idonei alla estrazione di benefici privati di controllo a detrimento delle minoranze, mentre restano fuori dall’applicazione del Regolamento quelli offerti in opzione a parità di condizioni a tutti i soci.

Non rientra nemmeno tra le OPC l’offerta pubblica di acquisto promossa dall’azionista di controllo o da altra parte correlata per l’acquisto direttamente dagli azionisti di tutte o parte delle azioni che l’offerente non possieda, salvo che si tratti di offerta che rientri in un accordo di fusione o funzionale ad un’operazione di scissione in senso stretto non proporzionale60.

Dato atto dei concetti basilari, è opportuno distinguere le operazioni rilevanti e quelle “non rilevanti” ovvero “ordinarie”.

Le operazioni di maggiore rilevanza sono individuate dall’art. 3. Lettera b) del Regolamento Consob e dall’Allegato numero 3, par. 1.3 cui si rinvia: tra esse, a titolo esemplificativo, si annoverano “quelle per le quali almeno uno degli indici

di rilevanza individuati nello stesso Allegato n. 3 (controvalore dell’operazione in rapporto al patrimonio netto, ovvero, se maggiore, alla capitalizzazione; totale

59 COMUNICAZIONE DEM/10078683 DEL 24.09.2010, Indicazioni e orientamenti per

l’applicazione del Regolamento sulle operazioni con parti correlate adottato con delibera numero 17221 del 12 marzo 2010 come successivamente modificato, p. 4.

(28)

attivo dell’entità oggetto dell’operazione su totale dell’attivo della società; totale passività dell’entità acquisita su totale attivo della società) superi il 5%”.

Dalla definizione, alquanto tecnica, si comprende la ragione per la quale era stato detto che operazione con parte correlata è concetto anche contabile.

Come emerge chiaramente dalla previsione citata la Consob attribuisce grande risalto alla scelta di individuare parametri di tipo quantitativo per qualificare rilevanti alcune operazioni con parti correlate.

Questa scelta trae origine dall’assunto che il criterio di natura “qualitativa” dettato al riguardo dall’art. 71-bis del Regolamento Emittenti avrebbe condotto, secondo l’Autorità, alla individuazione di un numero troppo limitato di operazioni cosiddette “rilevanti”61. Si è detto che l’utilizzo in via esclusiva di criteri di natura

quantitativa non è di per sé idoneo – per la sua rigidità – a regolamentare in materia ottimale la materia. Il rischio sarebbe quello di non ricomprendere, nell’ambito delle operazioni rilevanti, con la conseguente applicazione della specifica disciplina regolamentare, operazioni che, pur sotto soglia, presentano profili di significatività (talvolta anche superiori a quelli di operazioni che vi ricadono solo in ragione dell’elevato controvalore)62. Né, si aggiunge, appare

dirimente la previsione di chiusura che demanda alle singole società l’individuazione aggiuntiva di criteri di tipo qualitativo; tale previsione non appare di per sé idonea a stimolare l’adozione in via di autodisciplina di regolamentazioni efficaci63.

Abbastanza chiara è anche la definizione di “operazioni ordinarie” di cui all’art. 3, lettera d), del Regolamento.

Le “operazioni ordinarie”, alle quali si applica un regime di esenzioni informative e procedurali, sono quelle che rientrano nello “ordinario esercizio dell’attività

operativa” ovvero della “attività finanziaria”, ad essa connessa64.

61F. CHIAPPETTA, op. cit., p. 14.

62F. CHIAPPETTA, op.cit., p. 14, il quale precisa, altresì, che il riferimento è, ad esempio, ad

operazioni di tipo strategico ed accordi di collaborazione o contratti quadro, per i quali è difficile individuare un valore ovvero alle operazioni tra loro collegate nell’ambito di un medesimo disegno strategico o programma esecutivo.

63F. CHIAPPETTA, op. cit., p. 15.

64 COMUNICAZIONE DEM/10078683 DEL 24.09.2010, Indicazioni e orientamenti per

l’applicazione del Regolamento sulle operazioni con parti correlate adottato con delibera numero 17221 del 12 marzo 2010 come successivamente modificato, p. 8.

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