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Disciplinare la memoria. Strumenti e pratiche nella cultura scritta (secoli XVI-XVIII). Atti del Convegno internazionale, Bologna, 13-15 marzo 2013, a cura di Maria Guercio, Maria Gioia Tavoni, Paolo Tinti, Paola Vecchi Galli, Bologna, Pàtron, 2014

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Bibliothecae.it, V (2016) 1, 260-262 DOI <10.6092/Issn.2283-9364/6117> Disciplinare la memoria. Strumenti e pratiche nella cultura scritta (seco-li XVI-XVIII). Atti del Convegno internazionale, Bologna, 13-15 marzo 2013, a cura di Maria Guercio, Maria Gioia Tavoni, Paolo Tinti, Paola

Vecchi Galli, Bologna, Pàtron, 2014, 310 p., ISBN 978-88-555-3300-3, € 35.

Le parole introduttive di Tinti nella Premessa chiariscono scopi e struttura del volume che raccoglie gli atti del convegno e delle svariate indagini che lo nutrirono. La tematica ruota attorno a tre nuclei con-cettuali principali. Raccapezzarsi nei testi e ricordarli esige un ordine (o più ordini, non sempre contemporanei!) strutturato secondo crite-ri conoscibili e identificabili. Per avere e conservare nel tempo e nello spazio memoria e traccia scritta del patrimonio testuale occorrono strumenti, espedienti, mezzi pratici. Il loro approntamento determina una serie di processi di trattamento e rielaborazione testuale che si traducono, grazie all’apparato paratestuale, in pratiche d’uso mutevo-li nel tempo o che consentono la fruizione differenziata dei contenuti stessi.

Le relazioni di E. Barbieri, M. Spallanzani, M. Santoro, G. Zar-ri, L. Chines, G. M. Anselmi, M. Bologna, A. Castillo Gomez, J. M. Valero Moreno, G. Ruozzi, R. M. Borraccini, L. Braida, G. Bonfi-gio-Dosio, L. De Franceschi, P. Tinti, G. Perini Polesani, M. G. Ta-voni, declinano dunque quelle posizioni teoriche e speculative in cro-nologie, tipologie editoriali, produzioni manoscritte differenti, con scopi variegati, con fruizioni diverse. Sono fissati i limiti cronologici della ricognizione al tempo della tipografia d’antico regime e sono

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programmaticamente escluse dall’indagine tutte le questioni legate alla mnemotecnica, alla ricca manualistica che da questa fluì; neppure è affrontato il complesso dibattito filosofico o pedagogico che se ne generò anche a fini di didattica scolastica.

È sempre ingrato, e in parte anche ingiusto, lo sforzo di compressione di molti elementi analitici e riflessivi esposti collegialmente in un convegno, operazione che rischia di rendere evanescente il progetto di studio che lo ha sotteso frantumato in mille riassuntini. Pertanto si cercherà qui di raccogliere tematicamente gli argomenti svolti nei vari interventi.

Una delle problematiche più affrontate è stata quella degli indici, le loro forme (per capoversi, parole e contenuti, nomi, capitoli o pa-ragrafi, ecc.); la loro realizzazione (elencativa, separata, preliminare o finale ecc., pratica); la loro funzione, potremmo dire, di punteggiatura semantica, del contenuto verbale esposto (in testi poetici per es. di Petrarca o in prosa, nell’Encyclopédie), che variano al variare e aggior-narsi dei contenuti su cui si plasmano (per esempio nelle guide turisti-che) e che talora sono incompleti (per deliberata scelta autorale o per accidenti di tipografia e intercorse ricomposizione delle forme). Un secondo nucleo tematico ha analizzato i segni grafici usati per orien-tare la lettura del fruitore del testo e aiutarlo a riconoscerne le parti variamente organizzate e riorganizzate (come nel caso di certe letture devozionali, oppure negli epistolari cinquecenteschi).

Ma ci sono anche i cataloghi come strumenti di memoria libraria, concepiti inizialmente magari con funzioni conoscitive di controllo e coercizione e trasformati dal tempo in testimonianze bibliografiche insostituibili; talora si tratta di cataloghi manoscritti complessi, meglio strutturati degli analoghi a stampa e che se comparati, ove possibi-le, con altri strumenti indicizzatori consentono di comprendere pro-grammi e tensioni culturali ed educative che li determinarono e per soddisfare i quali furono allestiti.

Altre protagoniste della memoria riconquistata sono le scritture funerarie che da obituari amministrativi assurgono a valenza di

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logio biografico; alle annotazioni e postille del lettore per eccellenza l’Autore (Petrarca); i commentari come luoghi della memoria poetica (Petrarca); gli aforismi come forme di indicizzazione dell’esistenza e tentativi di governare il quotidiano vivere con valenza prescrittiva e consultiva.

Emerge, in chiusura, una memoria che, nel suo culmine settecen-tesco, è componente insieme a immaginazione e ragione di una unica indistinta facoltà con cui il pensiero opera “sui suoi soggetti” (p. 51) e che si rivela sempre però fondamentale per la conoscenza del passato a sua volta fondamento ermeneutico e letterario (p. 99); una memoria famigliare, mediata da scritture archivialmente conservate per scopi pratici, o una memoria amministrativa di governo, che può assumere valenza e scopo politico, dinastico (p. 113, 126), oppure ancora una memoria contabile di istituzioni plurisecolari utile per amministrare ma una memoria che può essere anche lacunosa, deliberatamente re-ticente e dunque bisognosa di comparazione, integrazioni derivanti dalla lettura e uso di più repertori (p.68). Una memoria che spesso è deliberato frutto della professionalità editoriale, che da paratesto concepito per ragioni culturali o di mercato diviene essa stessa testo, come ebbi modo di scrivere anni fa, creata grazie al segno che l’evento in cui il mondo si traduce e si fa comprensibile.

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