• Non ci sono risultati.

eBook per la Scuola | Fedeli P. Sacco B. | Clepsydra Vol. 1 | Fratelli Ferraro Editori

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "eBook per la Scuola | Fedeli P. Sacco B. | Clepsydra Vol. 1 | Fratelli Ferraro Editori"

Copied!
34
0
0

Testo completo

(1)

EDIZIONE MULTIMEDIALE MISTA

D A L L E O R I G I N I A L L

E T À D I

C

E S A R E

1

C O R S O

I N T E G R A T O

D I

L E T T E R A T U R A

L A T I N A

EDIZION

E

RIFORM

1

(2)

P.฀FEDELI -฀B.฀SACCO

CORSO฀INTEGRATO

DI฀LET TERATURA฀LATINA

V

OLUME

1

(3)
(4)

Ringraziamenti

Come฀già฀le฀mie฀precedenti฀opere฀Il฀sapere฀letterario e฀Un฀ponte฀sul฀tempo,฀anche฀il฀presente฀lavoro฀si฀è฀avvalso฀del prezioso฀apporto฀di฀una฀serie฀di฀qualificati฀studiosi฀e฀docenti,฀ai฀quali฀rinnovo฀pertanto฀i฀miei฀più฀vivi฀ringraziamenti. Oltre฀al฀prof.฀Erasmo฀MAGLIOZZIper฀l’impostazione฀generale,฀ricordo฀con฀gratitudine฀i฀contributi฀di฀Palma฀CAMASTRAper฀la letteratura฀cristiana,฀Vito฀SIVOper฀la฀ricezione฀della฀cultura฀latina฀nel฀Medioevo฀e฀nell’Umanesimo,฀Giuliano฀VOLPEper฀la documentazione฀archeologica,฀Lucia฀CACCIAPAGLIA per฀il฀corredo฀didattico฀e฀infine,฀per฀la฀parte฀antologica,฀Irma฀D’AMBRO-SIO,฀Irma฀CICCARELLI,฀Maria฀MONDELLI,฀Costanza฀NOVIELLI,฀Miriam฀TOTARO.

(5)
(6)

Presentazione

Se prendiamo come punto di riferimento la data che la tradizione indica come atto

di nascita della letteratura latina – vale a dire quel giorno del 240 a.C. in cui un

numero imprecisato di inconsapevoli testimoni tenne a battesimo la prima

rappresenta-zione pubblica tratta da un dramma scritto – e se confrontiamo questo dato con le

vicende della storia romana, salta subito all’occhio la discrepanza esistente tra la

pro-digiosa discesa politico-civile della città (con le guerre puniche Roma, già padrona

del-l’Italia, si apprestava a diventare dominatrice incontrastata del Mediterraneo) e lo

stato ancora embrionale del suo sviluppo culturale.

Ma se la partenza fu tarda, il recupero fu incredibilmente veloce. Appena una

qua-rantina di anni dopo, Ennio (che, guarda caso, nasceva proprio mentre Livio

Andro-nico faceva rappresentare la sua prima opera teatrale) dava alla res publica il primo

poema epico ponendosi ambiziosamente nel solco di Omero, mentre, nel medesimo lasso

di tempo, Plauto dava inizio alla sua straordinaria avventura di poeta comico senza

tramonto.

La strada era aperta. Da allora Roma, pur senza mai disconoscere il suo debito

ver-so la grande cultura greca, seppe proporre nel corver-so dei secoli autori di uno spesver-sore

umano, civile e artistico tale da configurare i connotati di una “classicità” nuova e

diversa che si andava ad affiancare a quella già realizzata dall’universo ellenico.

Se dunque “classico” è ciò che si offre come modello alle età successive, senza

scaden-ze temporali, non è frase fatta tornare a ribadire l’insostituibile attualità dei classici

latini, e in generale di tutti quanti contribuirono al percorso di quella letteratura, ai

fini della formazione dei giovani, bisognosi come non mai di valori certi in un mondo

di travolgente provvisorietà.

Su queste convinzioni si è fondata la presente opera, che si propone come corso

“onnicomprensivo” di storia, testi e civiltà, sia per dar conto agli studenti di come la

cultura latina abbia avuto una omogeneità di fondo capace anche di armonizzare le

necessarie diversificazioni, sia per fornire loro uno strumento utile a una comprensione

complessiva di quella cultura, di cui la produzione letteraria fu forse l’aspetto più

significativo, ma non l’unico.

L’opera, divisa in tre volumi, è articolata in Unità didattiche agili e

autosuffi-cienti, nelle quali alla trattazione storica seguono le note di civiltà (Roma civilis) e la

parte antologica (La documentazione testuale).

Schede

e Integrazioni accompagnano la trattazione, fornendo approfondimenti e/o

dettagli sulle opere. I riquadri Al vaglio della critica propongono estratti critici

quali-ficati dei più noti studiosi su aspetti importanti della materia trattata. Chi cercasse

(7)

let-ture critiche più estese potrà reperire un congruo numero di contributi critici

nell’am-pliamento in rete, collegandosi al sito della casa editrice.

Per quanto riguarda la parte antologica, si è mantenuta la distinzione fra brani

annotati (per la cui traduzione è richiesto l’impegno dell’alunno), brani latini

corre-dati da traduzione italiana e brani in sola versione italiana (le tre tipologie sono

con-trassegnate da loghi diversi). Nel volumetto di Risorse per il docente sono riportate le

traduzioni dei brani dati con sole note. Le conoscenze e le riflessioni degli studenti sono

sollecitate dalle verifiche contenute alla fine di ogni Unità nella rubrica Le pagine

del-lo studente

.

Un ricco corredo iconografico supporta e agevola la comprensione del testo.

Ci siamo sforzati di realizzare un discorso concreto ed essenziale, scevro da inutili

lungaggini, ma mai privo del necessario rigore critico; si sono curate in modo

partico-lare la scorrevolezza e la perspicuità del linguaggio.

Gli autori ringraziano quanti avranno modo di saggiare l’utilizzazione didattica

di quest’opera ed anche quanti vorranno far pervenire le loro osservazioni e i loro

sug-gerimenti.

Napoli, gennaio 2012

P

AOLO

F

EDELI

– B

RUNO

S

ACCO PRESENTAZIONE

(8)

unità฀1

L’età฀delle฀origini

e฀la฀sua฀cultura

Parte฀prima

(9)

1

.

1

Dalla฀monarchia฀alla฀repubblica

La฀società฀romana฀arcaica Nel periodo delle origini la composizione sociale e le strutture politiche di Roma

furono fortemente influenzate sia dal mondo latino che da quello etrusco. Nella società romana arcaica si contrapponevano due classi: da una parte il patriziato (organizzato per gentes, cioè per gruppi che si richiamavano a un antenato comune), al quale spettava la proprietà della terra; esso era affiancato dai clienti, vincolati a una serie di obblighi nei confronti dei patrizi, da cui ricevevano in cambio prote zione; dall’altra i plebei, che non avevano organizzazione gentilizia e non potevano accede-re alla proprietà terriera. Una struttura sociale analoga era già paccede-resente nel mondo etrusco.

Politicamente Roma era retta da una monarchia elettiva, alla quale si affiancava-no il consiglio degli anziani (senato), formato dai soli capi patrizi, e l’assemblea del-le curie in cui il popolo era diviso; tali organi, però, erano puramente consultivi. Nella Roma arcaica la monarchia ebbe una funzione mediatrice fra le classi. Pro-prio sotto un re si ha un primo sentore della contrapposizione fra patrizi e plebei: durante il regno di Servio Tullio, infatti, fu aperto ai plebei l’accesso all’esercito mentre alla città vennero dati un nuovo ordinamento basato sul censo (la cosiddet-ta riforma ser viana) e una nuova organizzazione territoriale basacosiddet-ta sulle unità mili-tari (centurie); anche se i comizi centuriati erano saldamente nelle mani dei patrizi, i plebei vi erano rappresentati.

La฀monarchia

Unità฀1

L’età฀delle฀origini

e฀la฀sua฀cultura

1.

1

Dalla฀monarchia฀alla฀repubblica

1.

2

Influssi฀etruschi฀e฀greci

TAVOLA฀SINOTTICA

ROMA฀CIVILIS Scheda.La฀cista Ficoroni฀

Integrazioni฀La฀nascita฀della฀città฀di฀Roma฀(C.฀AMPOLO)

La฀documentazione฀testuale฀(brani฀da฀T1

a฀T19)

LE฀PAGINE฀DELLO฀STUDENTE

1.

3

Cultura฀orale฀e฀tradizioni฀gentilizie

1.

4

Forme฀di฀letteratura฀popolare

1.

5

Testimonianze฀archeologiche฀ed฀epigrafiche

1.

6

I฀più฀antichi฀testi฀scritti

1.

7

Forme฀Appio฀Claudio

(10)

L’ETÀ฀DELLE฀ORIGINI฀E฀LA฀SUA฀CULTURA

I re furono cacciati dall’etrusco Porsenna: l’episodio, peraltro, va inserito nel quadro delle lotte fra le varie città etrusche. Porsenna, come ci attesta Livio, occupò militarmente Roma e la sua successiva cacciata è da mettere in relazione con la vitto-ria dei Greci sugli Etruschi ad Ariccia, vittovitto-ria che segnò la fine della potenza etru-sca. Allora alla struttura monarchica si sostituì un tipo di stato fondato su

magistra-ture collegiali, limitate nel tempo e inizialmente accessibili ai soli patrizi.

Con la repubblica il problema sociale si pone in modo drastico: la storia del V-IV sec. a.C. è la storia delle conquiste di Roma nel Lazio, a spese delle città etrusche limitrofe, e poi nel Sannio e nella Magna Gre cia; ma è anche la storia della lotta tra le due classi dei patrizi e dei ple bei. Le rivolte dei plebei avevano tre obiettivi: l’u-guaglianza dei diritti politici, la legislazione sui debiti e l’accesso al demanio (il pro-blema, cioè, della distribuzione delle terre conquistate in occasione delle guerre). L’arma di cui i plebei si servirono fu la secessione, cioè il ritiro dei loro con tingenti dall’esercito. Alla fine di tali lotte la plebe ottenne l’ac cesso alle magistrature e al senato, una legislazione scritta, la parità dei diritti politici, parte delle terre conqui-state in Italia e una legislazione sui debiti. In questo stesso periodo ebbe inizio un processo di differenzia zione sociale, interno alla plebe, che portò alla creazione di un’aristocrazia ricca, di origine plebea.

La฀cacciata฀dei฀re

Tra฀conquiste e฀conflitti฀sociali

Pianta di Roma arcaica con l’indicazione delle principali strade.

La฀posizione฀geografica฀di฀Roma฀fu,฀fin฀dagli฀inizi,฀un฀elemento฀caratterizzante฀della฀sua฀storia.฀Posta lungo฀il฀Tevere,฀in฀prossimità฀di฀un฀guado,฀il฀centro฀latino฀assunse฀rapidamente฀un฀ruolo฀marcatamente mercantile฀e฀un฀carattere฀“dinamico”,฀come฀dimostra฀peraltro฀la฀preminenza฀subito฀assunta฀dal฀Foro Boario,฀zona฀del฀mercato฀del฀bestiame.฀Al฀tempo฀stesso฀la฀sua฀posizione฀periferica,฀nell’ambito฀del฀La- tium,฀alla฀frontiera฀con฀l’Etruria,฀favorì฀l’apertura฀agli฀apporti฀esterni,฀che฀costituì฀sempre฀uno฀dei฀carat-teri฀peculiari฀di฀Roma. (P.฀FEDELI)

al vaglio

della critica

«La฀posizione

geografica...

elemento

caratterizzante»

(11)

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

1

.

2

Influssi฀etruschi฀e฀greci

L’economia฀di฀Roma฀arcaica

Rapporti฀con฀gli฀Etruschi e฀la฀Magna฀Grecia

L’economia di Roma arcaica, analogamente a quanto avvenne presso tutti i popoli antichi, era fondata sull’agricoltura: per questa ragione il problema della ter-ra fu e restò fondamentale nella storia della città. Tuttavia, data la sua posizione sul-le rive di un fiume e per di più in un punto di transito, Roma fu anche fin dalsul-le ori-gini un centro commer ciale, che sfruttava il passaggio del fiume e la via che portava alle saline situate alla foce del Tevere.

L’importanza del commercio è attestata dal carattere sacro che esso assunse: pon-tifex, infatti, deriva da pons, ed era appunto un sacerdote a occuparsi del ponte sul Tevere; analogamente erano i pontefici a stabilire i giorni di mercato. Proprio la posizione favorevole mise Roma a contatto con mol teplici ambienti: soprattutto con gli Etruschi, che erano allora il popolo più pro gredito del territorio italico, e con gli abitanti della Magna Grecia, con i qua li sono attestate relazioni fin dall’epoca più antica, anche senza la mediazione etrusca.

Sono proprio questi contatti che spiegano come il sorgere della civiltà romana sia stato un fenomeno complesso, a cui concorsero diverse componenti. L’arte e la

religionesono esempi efficaci di questo processo: la religione romana arcaica era di tipo animistico, attribuiva cioè ad ogni feno meno una divinità e venerava della divi-nità la forza d’intervento sulla realtà, che i Romani chiamavano numen. Già il cosid-detto «calendario di Numa» (in cui i sacerdoti indicavano le Calende, i giorni di luna nuova, le None, i giorni di mercato, i giorni fasti e nefasti, quelli di amministra-zione della giustizia, nonché tutti i riti connessi), presenta un panorama religioso più complesso, con divinità chiaramente derivate dagli Etruschi, come la triade capitolina (Giove, Giu none, Minerva), e divinità greche, come Libero e Cerere.

Dagli Etruschi i Romani presero l’arte divinatoria, grazie alla quale s’interpreta-va il volere degli dèi dal volo degli uccelli o dalle viscere degli animali sacrificati.

Anche il culto degli antenati praticato all’interno della casa è comune tanto all’a-rea etrusca quanto a quella latina e greca; e così pure l’estrema minuziosità del cerimo niale nei riti sacri. Con la fine dell’egemonia etrusca e l’entrata di Roma nel-l’ambito dell’area commerciale greca, si fece più consistente la presenza di divinità e riti greci.

La tecnica etrusca fu utilizzata non solo per l’architettura civile e militare, ma an -che per quella religiosa, come attestano il tempio dedicato alla triade capitolina e i resti delle terrecotte che dovevano adornarlo. I contatti commerciali con la Grecia fecero affluire a Roma manufatti e artigiani, soprattutto per quel che riguarda gli oggetti di lusso, come i vasi e le cistae. Tanto l’Etruria quanto la Magna Grecia erano portatrici della cultura dominante nell’epoca di cui ci si occupa: la cultura

ellenisti-ca1. Nata nei regni che si formarono alla morte di Alessandro Magno (323 a.C.), essa si dif fuse in tutto il Mediterraneo e, quindi, anche in ambiente italico, dove, venuta a contatto con le civiltà indigene, creò forme peculiari. In effetti la struttura di base delle forme artistiche italiane, pur nell’estrema frantumazione delle popola-zioni, è dovuta all’ellenismo.

La฀Magna฀Grecia

1. Com’è noto, la storia della civiltà greca si suole dividere in età delle origini (XI-VIII sec. a.C.), età arcaica (VII-VI sec. a.C.), età classica (V-IV sec. a.C.), età ellenistica o alessandrina (323-30 a.C.), età greco-romana (30 a.C.-529 d.C.). Il 30 a.C. segna la conquista romana dell’Egitto, ultimo dei regni ellenistici; il 529 d.C. la chiusura della Scuola filosofica di Atene da parte dell’imperatore Giustiniano.

(12)

L’ETÀ฀DELLE฀ORIGINI฀E฀LA฀SUA฀CULTURA

cronologia storia

Fondazione di Roma, il 21 aprile, secondo Varrone.

letteratura

753 a.C.

Periodo monarchico. A Servio Tullio (578-535) la tradizione fa risalire l’ordinamento centuriato basa-to sul censo.

753-510

Inizio della repubblica col consolato di Bruto e Col-latino. Trattato commerciale con Cartagine (secon-do Polibio).

509

I decemviri redigono le Leggi delle XII Tavole. 451-450

La Lex Canuleia rende possibili i matrimoni fra patrizi e plebei.

445

Incendio di Roma ad opera dei Galli. 387 (o 390)

Le Leges Liciniae-Sextiae limitano il possesso di ager publicus e consentono che uno dei due con-soli sia plebeo.

367-366

Introduzione dei ludi scaenici (secondo Livio). 364

Trattato commerciale fra Roma e Cartagine. 348

Prima guerra sannitica. 343

Vittoria di Roma sulla Lega Latina. 338

Inizio della seconda guerra sannitica. 327

Sconfitta dei Romani e umiliazione delle Forche Caudine.

321

Riprende la guerra con i Sanniti. 316

Censura di Appio Claudio Cieco. 312

Consolato di Appio Claudio Cieco. 307

Ha inizio la terza guerra sannitica. 298

Secondo consolato di Appio Claudio Cieco. 296

Vittoria dei Romani sui Sanniti al Sentino. 295

Pace fra Romani e Sanniti. 290

Guerra contro Taranto. 282

Pirro, re dell’Epiro, alleato di Taranto, sconfigge i Romani ad Eraclea.

Appio Claudio Cieco pronuncia in senato un

discorso contro la pace con Pirro. 280

Battaglia di Ascoli Satriano e vittoria di Pirro. 279

(13)

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

cronologia storia letteratura

Sbarco di Pirro in Sicilia. Trattato di alleanza di Roma e Cartagine contro di lui.

278

Vittoria romana a Benevento su Pirro, che ritira le sue truppe.

275

Pirro muore ad Argo. 273

1

.

3

Cultura฀orale฀e฀tradizioni฀gentilizie

La cultura delle origini fu essenzialmente orale e strettamente legata alle occa-sioni, sociali o religiose, in cui veniva prodotta. Si tratta di una produzione anonima (nella Roma arcaica non esisteva il lette rato come figura sociale autonoma) e legata alle diverse realtà sociali (aristocrazia, caste sacerdotali, popolo ecc.) che pro -ducevano le forme letterarie di rispettiva pertinenza.

C’era, in primo luogo, una letteratura gentilizia, legata alla classe dominante e alle occa sioni sociali che la riguardavano. Già nell’Etruria esisteva il costume di reci-tare durante i banchetti poemi storico-leggendari accompagnati dal suono del flau-to. Tale tradi zione fu ereditata dai Romani nei Carmina convivalia, che costituivano un genere di epopea primitiva. Si trattava di una poesia che esaltava le gesta valoro-se degli eroi, fosvaloro-sero essi antenati o personaggi leggendari, connazio nali o stranieri entrati a far parte del patrimonio tradizionale.

Di tali car mina sono rimasti solo due titoli (Carmen Priami, in saturni; Carmen Nelei, in senari giambici) e pochi frammenti. Il primo carme doveva incentrarsi sul racconto del mito troiano, noto a Roma sin da età molto antica; il secondo trattava, invece, un argomento prettamente greco: la leggenda di due gemelli, da cui proba-bilmente derivò il mito di Romolo e Remo. L’importanza dei Carmina convivalia sta nel fatto che il patri monio leggendario e storico in essi racchiuso confluirà non solo nelle cronache degli annalisti, ma anche nella futura produzione epica.

Appartenevano alla primitiva cultura orale anche le nenie e le laudationes funebri. Le prime erano lamentazioni che in ori gine le donne di casa e in seguito donne prezzolate (praeficae) cantavano nei funerali, con l’accompagnamento della tibia, per esprimere il dolore comune ed esaltare le virtù dell’estinto; le praeficae accen-tuavano a tal punto le manifestazioni esteriori di cordoglio, che la legge delle XII Tavole dovette intervenire per vietare che le donne si graffiassero le guance o gri-dassero con disperazione in segno di lutto: nell’arte figura tiva etrusca e italica com-paiono numerose rappresentazioni di scene del genere. Le laudationes, invece, era-no veri e propri discorsi, in cui si celebravaera-no il defunto e la sua gens. Le maschere degli antenati facevano parte del corteo funebre. Tali discorsi venivano poi trascritti e conser vati negli archivi delle famiglie nobili.

Tali forme di cultura erano legate all’aristocrazia e alla sua sfera peculiare di pensiero e di vita. In esse sono presenti l’elogio delle glorie della gens, che costituiva la principale struttura sociale del patriziato, e l’esaltazione di un tipo particolare di Romano, valoroso in battaglia, coraggioso, ligio alle tradizioni.

È ovvio che le laudationes, non dovevano brillare per obiettività, per cui ben si comprende come Cicerone abbia potuto incolparle di aver contribuito a offuscare la verità storica.

Cultura฀orale

I฀carmi฀conviviali

(14)

L’ETÀ฀DELLE฀ORIGINI฀E฀LA฀SUA฀CULTURA

Simili alle laudationes furono gli elogia, vale a dire le iscrizioni poste sui sepolcri di defunti appartenenti all’aristocrazia, a celebrazione delle loro virtù: il carattere tipi-camente romano degli elogia non si manifesta solo nel contenuto (esaltazione della virtus e della nobilitas), ma anche nella forma metrica impiegata (il saturnio).

Del saturnio non è stata definitivamente chiarita l’origine: potrebbe trattarsi di un verso “indigeno”, oppure del risultato dell’unione di cola (membri) di versi greci. C’è, in modo meno conveniente, chi lo considera un verso di natura quantitativa, formato su moduli greci, e chi lo ritiene un verso a base accentuativa, fondato cioè sulla successione di sillabe toniche e sillabe atone, e quindi tipicamente italico. Sicu-ramente era un verso ritmico, accompagnato di solito dalla musica e dalla danza, che assurse a dignità let teraria con Livio Andronico e Nevio, per scomparire subito dopo: segno, questo, che si trattava del punto d’arrivo di una lunga tradizione.

Gli฀elogia

Il฀saturnio

Le più antiche forme di letteratura popolare a noi note s’identificano con le pri-me manifestazioni drammatiche a Roma. Legate alle esigenze di una società agrico-la, esse erano frutto d’improvvisazione e connesse al rituale.

Le rappresentazioni drammatiche italiche si suddividono in tre tipi: atellane, fescennini e ludi scenici. L’atellana si rappresentava in ambiente osco: il nome rin-via, infatti, ad Atella, città della Campania presso Capua. Recitata da attori di profes-sione, che improvvisavano le loro battute sulla base di un canovaccio (trica), essa si fondava su maschere fisse: Maccus, il balordo, Pappus, il vecchio rimbambito, Bucco, il cialtrone, Dossennus, il gobbo furbo. L’atellana fondava la sua vis comica sull’indi-viduazione di difetti umani elementari (la sensualità, la ghiottoneria, la furbizia eccessiva) e proprio per questa sua caratteristica dovette avere facile presa in un ambiente agricolo e in una società poco colta. Il metro usato in queste improvvisa-zioni bur lesche era il versus quadratus, così chiamato perché costituito di quattro unità ritmiche giambiche o trocaiche; si trattava dello stesso metro usato nei lazzi dei carmi trionfali.

Quando furono introdotti a Roma i drammi esemplati sui modelli greci, l’atella-na non scomparve; sopravvisse, anzi, alla deca denza delle forme drammatiche mag-giori (a noi, tuttavia, sono giunti solo frammenti dell’atellana letteraria, che fiorì all’inizio del I sec. a.C). Certamente essa esercitò un influsso notevole sulla comme-dia plautina che, come l’atellana, si basa in gran parte su maschere fisse e costituisce un antecedente del teatro in maschera italiano (si pensi alle ben note maschere

L’atellana Il฀versus฀quadratus

1

.

4

Forme฀di฀letteratura฀popolare

«...La฀Campania...

terreno฀d’incrocio

delle฀correnti฀etniche

e฀culturali»

al vaglio

della critica

La฀Campania,฀il฀grande฀terreno฀d’incrocio฀delle฀correnti฀etniche฀e฀culturali฀greche,฀etrusche฀e฀italiche฀sin dal฀secolo฀VII฀a.C.,฀costituiva฀l’ambiente฀ideale฀per฀una฀compenetrazione฀fra฀modi฀greci฀e฀modi฀italici nella฀concezione฀e฀realizzazione฀del฀comico.฀È฀del฀resto฀vieto฀e฀antico฀luogo฀comune฀della฀nostra฀cultura che฀lo฀spirito฀comico฀sia฀la฀manifestazione฀più฀spontanea฀e฀genuina฀dell’anima฀italica,฀al฀punto฀che฀per-sino฀allo฀sviluppo฀della฀poesia฀comica฀greca฀si฀crede฀non฀sia฀stato฀estraneo฀l’influsso฀delle฀popolazioni autoctone฀con฀cui฀i฀coloni฀della฀Magna฀Grecia฀e฀della฀Sicilia฀erano฀venuti฀in฀contatto. (da฀E.฀PARATORE, op.฀cit.,฀p.฀20)

(15)

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

I฀fescennini

regionali, quali Arlecchino, Pulcinella, Balanzone e tante altre) e della commedia dell’arte.

I fescennini erano dialoghi, dal linguaggio vivacemente scurrile, recitati da attori camuffati da contadini durante le feste cam pestattori. Sull’oattorigine della parola fe -scennino esistono due teorie: la prima vuole che il nome derivi da Fescennio, città dell’Etruria meridionale; l’altra che dipenda da fascinum, e alluda ai riti con cui si teneva lontano il malocchio: si è, comunque, propensi a credere che la prima ipote-si ipote-sia quella giusta.

L’origine di tali rappresentazioni drammatiche è molto antica e risale alle feste in onore del raccolto, allorché venivano portati in proces sione i simboli della ferti-lità e i partecipanti si scambiavano lazzi osceni. In origine si trattava, dunque, di espressioni tipiche di una società conta dina. Ma i lazzi del fescennino potevano penetrare anche in campi diversi: ce lo attesta Catullo, che in un carme nuziale (il c. 61) accorda ampio spazio ai lazzi fescennini nei confronti degli sposi. La fescennina licentia era tale che – come attesta Orazio (Epistulae, II, 1) – dovette essere varata una legge per frenarla (cfr. La documentazione testuale, T3, p. 24).

Per quanto riguarda i ludi scenici e l’origine del teatro latino, dallo storico Tito Livio (VII, 2) le prime rappresentazioni di giocolieri etruschi (ludiones) a Roma in occasione di una pestilenza, nel 364 a.C., sono messe in relazione con i fescennini, per designare spettacoli in cui danza e musica erano divisi dalla recitazione; in seguito canto e azione scenica furono uniti in uno spettacolo, detto satura; tale nome deriverebbe dall’espressione lanx satura (piatto pieno di primizie che veniva offerto agli dei a scopo propiziatorio), a indicare un tipo di rappresentazione misto di danza, recitazione e musica.

Resti di antichissime produzioni preletterarie sono i canti liturgici, che alcuni collegi sacerdotali pronunciavano durante riti e feste. Tale era il Carmen Saliare, can-tato dai sacerdoti Salii, di cui ci restano pochissimi frammenti, in gran parte incom-prensibili già agli stessi antichi. Le danze dei Salii (salire = ‘saltare’, ‘danzare’), che erano sacerdoti di Marte, ave vano luogo a Roma nel mese di marzo, con un fine propiziatorio per il raccolto e la prosperità della patria; i sacerdoti avanzavano dan-zando e scandivano il ritmo battendo sullo scudo con l’asta.

Alla medesima epoca (VIV sec. a.C.) appartiene il Carmen Arvale, che i fratres Ar

-Origine฀dei฀ludi฀scenici

Canti฀religiosi

La฀fescennina

iocatio

al vaglio

della critica

Il฀carattere฀lirico-giambico฀che฀i฀fescennini฀versus avevano฀in฀buona฀parte฀conservato฀–฀su฀per฀giù฀come฀i carmina฀triumphalia –฀ci฀è฀testimoniato,฀oltre฀tutto,฀dal฀c.฀61฀di฀Catullo฀che,฀nel฀canto฀epitalamico,฀intro- duce฀a฀un฀certo฀punto฀(vv.฀119฀sgg.)฀la฀fescennina฀iocatio,฀sbrigliatamente฀allusiva฀a฀pervertimenti฀ses-suali:฀il฀che฀poi฀comprova฀che฀la฀tesi฀di฀un’origine฀sessuale฀dei฀fescennini฀versus è฀tutt’altro฀che฀trascura-bile:฀cfr.฀del฀resto฀quanto฀scrive฀Festo฀(apud฀Paul.,฀pag.฀76,฀6฀Lindsay):฀fescennini฀versus฀qui฀canebantur฀in nuptiis฀ex฀urbe฀Fescennina฀dicuntur฀allati฀sive฀ideo฀dicti฀quia฀fascinum฀putabantur฀arcere1.฀Da฀che฀poi฀vien fuori฀una฀terza฀etimologia,฀quella฀da฀fascinum inteso฀come฀malocchio,฀che฀può฀agevolmente฀spiegare anche฀la฀nascita฀degli฀abbozzi฀drammatici฀campagnoli,฀in฀occasione฀di฀feste฀religiose฀connesse฀con฀le fasi฀fondamentali฀dell’attività฀agricola.฀[...]฀La฀sopravvivenza฀della฀fescennina฀iocatio nella฀poesia฀epita-lamica฀latina฀sino฀alla฀fine฀del฀secolo฀V฀d.C.฀è฀testimoniata฀da฀Sidonio฀Apollinare. (da฀E.฀PARATORE,฀op.฀cit.,฀p.฀17) 1. Trad.:฀«i฀versi฀fescennini฀che฀si฀recitavano฀durante฀i฀matrimoni฀sono฀detti฀così฀dalla฀città฀di฀Fescennio฀oppure฀perché฀si฀pensava che฀allontanassero฀il฀malocchio».

(16)

L’ETÀ฀DELLE฀ORIGINI฀E฀LA฀SUA฀CULTURA

vales canta vano in primavera, nel corso di danze destinate alla purificazione dei cam pi; nel carme si invocavano i Lari, divinità protettrici del focolare domestico, i Semoni, divinità dei campi, e Marte, il dio della guerra, rite nuto una continua minaccia per la sicurezza della casa e la prosperità dei campi. Allitterazioni, omeote-leuti, rime, ricerca di coppie sinonimiche costituivano le caratteristiche del carme degli Arvali, ma non è possibile stabilire con certezza se il ritmo avesse natura quan-titativa o accentuativa.

Un altro genere di produzione preletteraria è rappresentato dai carmi trionfali (carmina triumphalia), cantati nel già citato versus quadratus durante la celebrazione di vit torie militari: in essi non ci si limitava a tessere gli elogi del generale vit torioso, ma era lecito apostrofarlo con assoluta libertà di linguaggio e si potevano ricordare persino particolari piccanti della sua vita.

I฀carmi฀trionfali

1

.

5

Testimonianze฀archeologiche฀ed฀epigrafiche

Dei primi secoli della civiltà latina non abbiamo attestazioni lettera rie; non man-cano, invece, testimonianze archeologiche ed epigrafiche.

Le più antiche sono:

– il cippo del Foro Romano, del VI sec. a.C., ritrovato sotto il lapis niger nel Foro, vicino all’arco di Settimio Severo. Secondo la leggenda in quel punto era sepolto Romolo. Scoperto durante uno scavo nel 1899, reca un’iscrizione bustrofedica (da sinistra a destra e poi da destra a sinistra e così via, come fanno i buoi che tirano l’a-ratro), a caratteri greci, di probabile contenuto religioso;

– il vaso di Duenos : si tratta di un vaso d’argilla del VI-V sec. a.C., ritrovato a Roma alla fine del secolo scorso, che reca un’iscrizione da destra a sinistra d’incerta interpretazione, ma di probabile carattere amoroso;

– la coppa di Civita Castellana (VI-V sec. a.C.), con un’iscrizione di carattere sim-posiaco contenente un invito a bere;

– la cista Ficoroni, così detta dal cognome dello scopritore: si tratta di un vaso cilindrico di bronzo, trovato a Preneste, con un’iscrizione latina sul coperchio in cui è indicato il nome dell’autore: Novios Plautios med Romai fecid («Novio Plauzio mi fece a Roma»). Datata al IV sec. a.C., viene da taluni ritenuta una falsificazione (v. SCHEDA, p. 18);

– il lapis Satricanus, di recente ritrovamento (1977): frammento di pietra rinve-nuto a Satricum, nei pressi di Anzio; il testo fa riferimento a un dono votivo destina-to al dio Marte; è databile al VI sec. a.C.

È invece un falso di fine Ottocento la fibula Praenestina, una fib bia d’oro a lungo ritenuta del VIIVI sec. a.C., con un’iscrizione in lettere greche: Manios med fhe -fhaked Numasioi (= Manius me fecit Numerio), «Manio mi fece per Numerio». Essa è stata trovata a Preneste, l’attuale Palestrina.

(17)

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

Accanto alla letteratura orale, di cui si è parlato, esistevano forme letterarie affi-date alla scrittura: si tratta delle leggi e degli Annali dei pon tefici. Il diritto fu, come si sa, un’espressione originale della civiltà latina; la mentalità concreta dei Romani fu sempre vigile nei con fronti di ciò che garantiva il rispetto dell’ordine costituito. In origine il diritto fu di competenza delle familiae e delle gentes; quando, poi, lo sta-to ritenne di appropriarsene, l’amministrazione del diritsta-to civile fu riservata ai pon-tefici, i quali se ne servirono per favorire largamente l’aristocrazia, a cui essi stessi appartenevano. Ben si com prende, quindi, come una delle principali richieste della plebe durante le lotte di classe del V-IV sec. a.C. sia stata quella di una legislazione scritta, nel tentativo di togliere dalle mani dei patrizi il monopolio del diritto e di fissarlo con la scrittura.

Nel 452 a.C., in seguito all’aggravarsi del con flitto fra patrizi e plebei, furono sospese tutte le magistrature ordinarie e vennero concessi pieni poteri a un collegio di decemviri, incaricati di redigere leggi valide per tutti i cittadini. La tradizione ci tramanda una serie di leggende relative al periodo in cui si attese alla compilazione delle leggi, che ci fanno comunque capire come il processo sia stato lungo nel tem-po e non privo di momenti critici.

La commissione decemvirale codificò i suoi lavori nelle Leggi delle XII Tavole: nonostante le buone premesse, però, le nuove leggi non ebbero certamente il pote-re di colmapote-re gli squilibri esistenti. Norme severissime riguardavano i debitori, che potevano essere ridotti in schiavitù; all’interno della famiglia il padre aveva un pote-re illimitato sui figli, mentpote-re alla donna non era riconosciuto alcun diritto; furono, inoltre, vietati i matrimoni fra patrizi e plebei. Una concessione importante fu fatta alla plebe con il divieto di violare la legge imposto a privati cittadini che in prece-denza godevano di privilegi straordinari; era anche sancita la proibizione di con-dannare a morte cittadini romani senza interpellare i comizi centuriati.

Il testo a noi noto delle XII Tavole comprende, probabilmente, norme apparte-nenti a periodi diversi della storia di Roma: non diversa mente si spiega la coesisten-za tra leggi “umanitarie” (ad esempio il divieto per un padre di vendere il figlio più di tre volte o le sanzioni contro le eccessive e artificiose manifestazioni di dolore nei funerali) e disposizioni anacronistiche (come l’applicazione della legge del taglio-ne). D’altronde deve esser chiaro che solo nel corso del III sec. a.C. lo Stato romano rea lizza quell’equilibrio di forze politiche, economiche e sociali che favorirà anche il sorgere di una vera e propria letteratura in lingua latina.

Gli Annali dei pontefici furono la prima forma di composizione sto rica conosciu-ta dai Romani. La loro redazione era riservaconosciu-ta ai pontefici, il cui scopo originario era quello di creare un calendario: nei Fasti veni vano distinti i dies fasti (in cui era consentito svolgere attività pubbliche) dai nefasti (in cui, invece, era vietata qualsiasi attività). Secondo le testimonianze antiche, il Pontefice Massimo curava anche la compilazione di elenchi con i nomi dei magistrati; tali elenchi, o commentarii, che si conserva vano nella Regia (la residenza ufficiale del pontefice), erano redatti sulla cosiddetta tabula dealbata, una tavola bianca che il pontefice riempiva con i nomi dei consoli e con l’elenco dei fatti più importanti; essa veniva esposta alla fine di ogni anno davanti alla residenza del pontefice. Tutto questo materiale confluì negli Annales Maximi, così detti perché compi lati dal Pontifex Maximus, che alla fine del II sec. a.C. furono raccolti in 80 volumi dal pontefice Mucio Scevola. È chiaro, anche in questo caso, il valore politico della redazione degli Annales ad opera dei

pontefi-Leggi฀e฀Annali

1

.

6

I฀più฀antichi฀testi฀scritti

Le฀Leggi฀delle฀XII฀Tavole

(18)

L’ETÀ฀DELLE฀ORIGINI฀E฀LA฀SUA฀CULTURA

ci: in tal modo, infatti, rappresentanti dell’aristocrazia (quali erano, appunto, i pon-tefici) potevano effettuare un’accorta selezione dei fatti da ricordare annualmente.

La prima personalità che s’incontra nella letteratura latina non è quella di un letterato nel senso moderno del termine: si tratta, infatti, di un membro dell’aristo-crazia che fu censore nel 312, console nel 307 e nel 296, dittatore intorno al 290 e guidò più volte l’esercito romano contro i nemici. Eppure proprio Appio Claudio fu protagonista delle lotte di classe del IV sec. a.C.: ai censori spettava tra l’altro il compito di rivedere le liste dei senatori, escludendone quanti con la loro condotta si fossero resi indegni di sedere nel supremo con sesso. Durante la censura, Appio Claudio rivide la lista dei senatori inserendovi anche i figli dei liberti: una novità così audace è stata spiegata col peso crescente dei nuovi ricchi, provenienti dall’arti-gianato e dal commercio. Abbiamo già accennato all’inizio di un processo di diffe-renziazione sociale, conseguente alle guerre di conquista dell’Italia, da cui emerse-ro un’aristocrazia plebea, alla quale erano ormai aperte le magistrature più alte, e una nuova classe di ricchi, non aristocratici per nascita ma in gran parte liberti, legati al com mercio e all’artigianato.

Durante l’edilità curule, un suo segretario, Gneo Flavio, rese pub bliche le forme del diritto civile e il calendario, con le distinzioni in giorni fasti e nefasti, in cui si poteva o no amministrare la giustizia; in precedenza tutto ciò era di esclusiva com-petenza dei sacerdoti. Era così caduto l’ultimo privilegio dei patrizi: il monopolio in materia religiosa. Gli edili curuli – così chiamati perché, come i magistrati più importanti, avevano diritto alla sedia curule – erano eletti annualmente: avevano il compito di controllare i mercati, i prezzi e gli approvvigionamenti e di occuparsi di strade e quartieri; solo successivamente ad essi verrà affidata l’organizzazione dei giochi pubblici.

Appio Claudio resta una figura dai contorni non ben definiti, anche a causa del-le notizie frammentarie che abbiamo di lui: da una parte infatti è ricordato per del-le sue tendenze avanzate, dall’altra, invece, per alcune prese di posizione intransigenti in difesa dell’aristocrazia.

Al tempo di Cicerone circolava ancora un discorso famoso de Pyrrho rege, in cui Appio, vecchio e ormai cieco, metteva in guardia il senato, nel 280 a.C., dal conclu-dere la pace con Pirro. Appio Claudio scrisse anche una rac colta di massime morali (Sententiae), ispirate alla filosofia pitagorica, di cui ci rimangono solo pochissimi frammenti: è famoso quello in cui l’uomo è definito artefice assoluto del proprio destino (fabrum esse suae quemque fortunae); si occupò anche di questioni grammati-cali e linguistiche: a lui si deve l’introduzione del rotacismo, cioè il cambiamento in r della s intervocalica (Lases, ad esempio, divenne Lares).

La฀carriera฀politica

I฀discorsi,฀le฀massime, le฀questioni฀grammaticali

(19)

R O M A C I V I L I S

Scheda฀฀฀฀฀

La฀cista฀Ficoroni

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

Rinvenuta nel 1738 nella necropoli di Colombella a Palestrina, questa cista costituisce l’esempio più signi-ficativo (e il più alto dal punto di vista qualitativo) di una classe di oggetti tipica di questo centro posto a poche decine di chilometri da Roma. Di forma cilin-drica, è chiusa da un coperchio sormontato da una maniglia costituita da tre statuette fuse in bronzo (Dioniso con due satiri ai lati), che poggiano su una lastra sulla quale è incisa l’i-scrizione: NOVIOS PLAV-TIOS MED ROMAI FE-CID / DINDIA MACOL-NIA FILEAI DEDIT. La scritta, realizzata in latino arcaico, indica, con la formula arcaica dell’«oggetto parlan-te», l’autore del “beauty-case”, Novio Plauzio, che realizzò la cista a Roma per conto di Dindia Ma-colnia che la regalò a sua figlia.

Sul corpo, tra fregi decorativi, si dispone una com-plessa scena mitologica relativa alla vittoria di Polluce su Amykos, nel corso della spedizione degli Argonauti. La cista, realizzata con una tecnica estremamente complessa (decorazioni a traforo, a sbalzo, con punti-nato e con linee continue incise), documenta l’atti-vità, nella seconda metà del IV secolo a.C., di un abi-le artigiano che opera a Roma e che ha per commit-tente una delle più nobili famiglie prenestine.

Praene-ste, importante città laziale, una delle principali

com-ponenti della lega latina che si contrappose a Roma nella decisiva battaglia del 338 a.C., dopo questo epi-sodio cominciò a gravitare nell’orbita dello stato ro-mano. L’indicazione del luogo di produzione sicura-mente vuole sottolineare la garanzia di qualità: evi-dentemente ormai un oggetto prodotto a Roma nel IV secolo veniva considerato migliore di uno realizza-to a Praeneste. Anche in quesrealizza-to modo emerge la cen-tralità culturale di Roma. Stessa consapevolezza si ri-trova nell’orgogliosa indicazione dell’artigiano (forse un liberto della potente famiglia plebea dei Plautii), il cui nome suggerisce un’origine sabellico-campana.

Cista Ficoroni (Roma, Museo Nazionale di Villa Giulia).

(20)

R O M A C I V I L I S

Integrazioni

La฀nascita฀della฀città฀di฀Roma

L’ETÀ฀DELLE฀ORIGINI฀E฀LA฀SUA฀CULTURA

I dati archeologici [...] provano che nel corso della seconda metà del VII secolo si era sviluppata a Roma una comunità civica, una civitas corrispondente pie-namente alla polis ellenica e alla concezione della città antica. Questo risultato già consente di rialzare deci-samente la cronologia della formazione della città di Roma rispetto alla discussa cronologia di Gjerstad (575). Resta da affrontare un problema importante: non è possibile che le manifestazioni fin qui esamina-te, e che si concentrano tra il 650 e il 600, siano già il riflesso cosciente di una unità urbana da tempo realiz-zata e quindi ci offrano solo un terminus ante quem? In altri termini, la città può manifestarsi attraverso testi-monianze monumentali che si collegano ad aspetti politici e religiosi, in un momento successivo rispetto al primo formarsi di una unità civica, inizialmente non consapevole di sé (e quindi che non si rifletta sul piano ideologico e non abbia manifestazioni monu-mentali che esprimano una «ideologia della città»)?

Queste obiezioni possono oggettivamente trovare la loro base nell’interpretazione della formazione urba-na (Stadtwerdung) di Roma fatta da H. Müller-Karpe, il quale fa risalire la nascita di Roma all’VIII secolo: un’interpretazione che ha avuto molto seguito fra gli studiosi italiani.

La risposta a questi interrogativi è duplice: riguar-da cioè sia la «teoria» sia la «prassi» della città antica. Per quel che riguarda il problema teorico, è noto che nel caso della città antica le manifestazioni religiose civiche non sono solo una sovrastruttura ideologica più tarda: come ha insegnato Fustel de Coulanges, il nesso tra alcune manifestazioni cultuali e la realtà strutturale della comunità antica è profondo e strettis-simo, sia dal punto di vista logico sia da un punto di vista storico. Il ruolo del simbolismo politico era così importante per la comunità civica che difficilmente questo può essere considerato un fattore secondario o recenziore: esso emana direttamente dalla struttura della città antica, dal suo essere una comunità. Quin-di il culto Quin-di Vesta (sia esso originario, oppure intro-dotto dal mondo ellenico) è il «segno» della

comu-Plastico ricostruttivo di Roma nell’età dei Tarquini (particolare) (Roma, Museo della Civiltà Romana).

Roma. Templi di Largo Argentina. Tempio C, di Feronia (fine IV - inizi III a.C.); Tempio A, di Giuturna (dopo il 241 a.C.); Tempio D, dei Lari Permarini (179 a.C.);

(21)

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

nità civica romana, del suo esistere, e non può essere considerato come una tarda manifestazione ideologi-ca. Così anche le altre manifestazioni monumentali della comunità di cittadini, della civitas romana, come il Comitium e le sedi di istituzioni pubbliche (Curia,

Regia), sono un altro «segno» della koinonia politik¯e

che è la città antica. Si può ragionevolmente ammet-tere una differenza di pochi anni tra la realizzazione monumentale e la necessità di creare e sistemare certi spazi destinati alla vita associata della civitas; ma deve trattarsi al più di alcuni decenni, non certo di secoli. Né vale obiettare che in alcuni casi gli spazi civici indi-viduati dalla ricerca archeologica sono certamente posteriori alla nascita della comunità politica; a chi cita il caso di Atene, certo più antica come polis dei primi edifici dell’agorà (inizi del VI secolo), è facile rispondere che ci è pervenuto an che il ricordo di un’agorà più antica alle pendici dell’Acropoli, men-tre nel caso di Roma non abbiamo alcuna notizia di un Comizio o di un Foro in data più remota. Non si tratta di un puro argumentum ex silentio: di un fatto così importante sarebbe rimasto qualche ricordo esplicito (così già so steneva G. De Sanctis) o almeno qualche indizio cultuale. [...]

Una delle acquisizioni più importanti degli ultimi decenni nel campo della storia greca è stata quella rela-tiva alle tribù. Già M. Weber richiamò l’attenzione sul fatto che nel mondo greco le tribù (phylai) erano carat-teristiche delle città-stato ed erano invece sconosciute agli stati cosiddetti etnici. Questa teoria, fondata su una constatazione indiscutibile, è stata riconosciuta vera solo dopo un importante lavoro di P. Roussel ed è stata ribadita recentemente da M. Finley. Gli stati etnici non erano organizzati in tribù ma in parti, distretti (mer¯e ), mentre solo le po leis avevano le tri bù. Sia-mo qui da vanti a un dato strutturale della cit tà greca, indipen-dentemente dal com-plesso problema del-l’origine delle varie tribù (specie di quelle doriche, che avevano ca ratteristiche partico-lari e si conservarono intatte, più di quelle cosiddette ioniche).

Questo da to istitu-zionale pas sa all’inter-no del mondo greco e divide città da ethn¯e. È, a mio parere, impor-tante verificare la

situazione nel mondo romano e presso i popoli italici, sia per capire la struttura della città-stato italica e roma-na, sia per definirla meglio in rapporto alle esperienze elleniche.

Ora, è ben documentata l’esistenza di una struttu-ra tribale in Roma arcaica, anche se i particolari sono spesso oscuri e controversi. Un’organizzazione tribale comprendente il territorio romano è documentata a partire dal 495. Nel VI secolo esistono, per concorde ammissione delle fonti letterarie e antiquarie, almeno quattro tribù (quelle che poi saranno dette tribù ur -bane: Palatina, Collina, Esquilina, Suburana). È incer-to se vi fossero altre tribù e se fossero connesse con l’organizzazione centuriata. Ma è assolutamente certa l’antichità di queste quattro tribù serviane. I Romani conservavano inoltre il ricordo di tre tribù più anti-che, dalle quali prendevano nomi i reparti di cavalle-ria più antichi (Titienses, Ramnenses, Luceres). Delle funzioni e del significato di queste tribù sappiamo pochissimo. Per Varrone esse erano già una divisione dell’agro e secondo una notizia di Festo la civitas ro -mana sarebbe stata divisa a un certo momento in sei parti (Titienses, Ramnenses, Luceres, divisi ognuno in

primi e secundi): in base a questa divisione si

sceglievano sei vestali. Queste sceglievanotizie hansceglievano il carattere di ri -costruzione antiquaria e non meritano molto credito; ma l’esistenza di una originaria divisione in tre tribù è certa ed era riaffermata frequentemente. Come spes-so succedeva a Roma, una istituzione spes-sopravviveva in modo meramente nominalistico; in questo caso fu la cavalleria più antica, che è anteriore alle riforme ser-viane. Possiamo essere quindi certi che, prima della metà del VI secolo, esistette una prima organizzazio-ne tribale della città romana; che essa fu sostituita organizzazio- nel-l’età di Servio; che allora, o nel successivo secolo V, l’organizzazione tribale si estese. [...].

Questa caratteristica struttura tribale ebbe a Roma grande importanza nella vita politica, non solo con la costituzione dei comizi tributi, ma già prima. Come nel mondo greco, struttura tribale della città e lotte politiche si intrecciarono, e dalle tribù presero nome sia i magistrati della plebe, sia i comandanti militari (tribuni). In età più recente, anzi, l’indicazione della tribù nei documenti (ad esempio nelle iscrizioni) ser-ve di fatto a indicare il cittadino romano. Anche nel caso di Roma siamo quindi davanti a una realtà strut-turale, anche se il funzionamento elettorale e militare delle tribù varia secondo i luoghi e le epoche.

Roma, il tempio dei Dioscuri.

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

20

(da C. AMPOLO, La nascita della città, in Storia di Roma, vol. I, Torino 1988, pp. 155-164 passim

(22)

testo฀latino฀con฀traduzione฀italiana฀฀฀฀

testo฀latino฀con฀note฀฀฀

testo฀in฀sola฀versione฀italiana

T1

Elogia

T2

Epigrafi tombali

T3

Fescennini: la testimonianza oraziana

T4

Inni dei Salii

T5

Canto dei «Fratelli Arvali»

T6

Cippo del Foro o Lapis Niger

T7

Leggi delle XII Tavole

T8

Appio Claudio: due antiche sentenze

L’età฀delle฀origini

e฀la฀sua฀cultura

(23)

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

Elogia

Mentre non possediamo frammenti né dei Carmina convivalia né delle Laudatio-nes funebres, sono sopravvissuti alcuni esempi di elogia. Da una raccolta di antiche iscrizioni romane, il Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), traiamo due esempi significativi: gli Scipionum Elogia in versi saturni, oggi conservati presso i Musei Vaticani, provengono dalla tomba dei membri dell’illustre famiglia degli Scipioni situa-ta nei pressi della Porsitua-ta Capena (sul sepolcro degli Scipioni si veda la scheda a p. 52); essi rappresentano una testimonianza di gloria nazionale, e nella enunciazione rivela-no l’apertura della gens al mondo greco: si esalta, infatti, la cultura (sapiens) oltre che l’abilità militare e politica, e si intravede dietro il forma virtuti parissima l’ideale greco della kalokagathía (bellezza e bontà).

Riportiamo i due testi epigrafici seguiti dalla trascrizione in latino classico e dalla tra-duzione.

La prima iscrizione (CIL I2 6,7) è sul sepolcro di Lucio Cornelio Scipione Barbato,

console nel 298 a.C.; dai dati linguistici essa sembra non essere contemporanea alla sepol-tura del personaggio ma più tarda. Su di essa, come pure sulla seguente, il titulus, cioè il nome, e il cursus honorum, sono incisi in rosso.

T1

L. Cornelius Cn. f. Scipio

Cornelius Lucius Scipio Barbatus

Gnaeo patre prognatus, fortis vir sapiensque, Cuius forma virtuti parissima fuit;

Consul, censor, aedilis qui fuit apud vos. Taurasiam, Cisaunam 〈in〉 Samnio cepit. Subigit omnem Lucaniam obsidesque abducit.

«Lucio Cornelio Scipione, figlio di Gneo.

Lucio Cornelio Scipione Barbato, nato dal padre Gneo, uomo forte e sapiente, il cui aspetto fu pari al valore, fu console, censore, edile presso di voi. Prese Taurasia e Cisauna nel Sannio, sottomise tutta la Lucania e ne portò via ostaggi».

Più antico della precedente iscrizione è l’epitafio del figlio di Lucio Cornelio Scipione Barbato, console nel 259 a.C. (CIL I28,9).

(24)

////////////////

////////////////

L’ETÀ฀DELLE฀ORIGINI฀E฀LA฀SUA฀CULTURA

L. Cornelius L. f. Scipio aedilis consul censor. Hunc unum plurimi consentiunt Romae Bonorum optimum fuisse virorum Lucium Scipionem. Filius Barbati Consul censor aedilis hic fuit apud vos. Hic cepit Corsicam Aleriamque urbem. Dedit Tempestatibus aedem merito.

«Lucio Cornelio Scipione figlio di Lucio, edile console censore.

Su questo soltanto è concorde la maggioranza dei Romani che il migliore degli ottimati fu Lucio Scipione, figlio di Barbato, console, censore, edile presso di voi. Costui conquistò la Corsica e la città di Aleria e dedicò, per gra-zia ricevuta, a giusto titolo un tempio alle Tempeste».

Epigrafi฀tombali

Col tempo l’iscrizione sepolcrale si diffonde anche su tombe di modesti personaggi secondo una moda di tradizione ellenistica.

Un commovente epitafio in senari risalente alla fine del II sec. a.C. celebra con compo-stezza le virtù di una matrona romana in un ricordo dolce e intimo che non disdegna i modi studiatissimi dell’epigramma sepolcrale ellenistico (sepulcrum hau pulcrum pul-crai feminae).

Anche in questo caso forniamo il testo dell’epigrafe (CIL I21211) con la trascrizione in

latino classico e infine la traduzione.

T2

Hospes, quod dico paulum est, asta ac pellege. Hic est sepulcrum haud pulchrum pulchrae feminae. Nomen parentes nominarunt (= nominaverunt) Claudiam. Suum maritum corde dilexit suo.

«Forestiero, ciò che dico è poco: fermati e leggi. Qui è il sepolcro non bello di una bella donna. Di nome i genitori la chiamarono Claudia. Suo marito con tutto il suo cuore amò.

(25)

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

Due figli generò: di questi uno lo lascia sulla terra, l’altro lo pone sotto terra. Di amabile parlare e anche di incedere composto.

Custodì la casa, filò la lana. Ho finito di dire. Va’».

Fescennini:฀la฀testimonianza฀oraziana

Utile per comprendere lo spirito di questa rudimentale forma d’arte è il divertito ricordo oraziano ( Ep. 2, 1, 139-155).

T3

Gli antichi contadini, vigorosi, e soddisfatti di poco, riposto il raccolto di grano, nella festa

rianimavano il corpo, e anche lo spirito che resiste ai lavori nell’attesa

di quando finiranno, in compagnia degli operai, dei figli e della fida consorte; e s’ingraziavano la Terra con un porco, Silvano con il latte, con fiori e vino il Genio, che rammenta la brevità della vita. Quest’uso

suscitò l’insolenza fescennina, che riversava insulti rusticani

in versi alterni. La licenza, ammessa al ritorno dell’anno, fece burle

innocue, finché il gioco, ormai crudele, divenne rabbia scatenata, entrando in case oneste impunito, rischioso. Le vittime dei morsi sanguinosi si adontarono, ed anche i non toccati posero mente a quel rischio comune. Ed ecco venne emanata una legge che puniva e vietava l’irrisione per mezzo di malevole canzoni. Cambiò il tono; il timore della frusta li ridusse a discorsi onesti e dolci.

Agricolae prisci, fortes parvoque beati, 140 condita post frumenta levantes tempore festo

corpus et ipsum animum spe finis dura ferentem, cum sociis operum pueris et coniuge fida, Tellurem porco, Silvanum lacte piabant, floribus et vino Genium memorem brevis aevi. 145 Fescennina per hunc invecta licentia morem

versibus alternis opprobria rustica fudit, libertasque recurrentis accepta per annos lusit amabiliter, donec iam saevus apertam in rabiem coepit verti iocus et per honestas 150 ire domos inpune minax. Doluere cruento

dente lacessiti; fuit intactis quoque cura condicione super communi; quin etiam lex

poenaque lata, malo quae nollet carmine quemquam describi: vertere modum formidine fustis

155 ad bene dicendum delectandumque redacti.

(trad. di C. CARENA)

Gnatos duos creavit. Horum alterum in terra linquit, alium sub terra locat. Sermone lepido, tum autem incessu commodo. Domum servavit, lanam fecit. Dixi. Abi.

////////////////

(26)

////////////////

////////////////

////////////////

L’ETÀ฀DELLE฀ORIGINI฀E฀LA฀SUA฀CULTURA

2. O Zuel, ad oreso omnia. o Sol, adorire (i.e. oriens comple) omnia;

Verom ad patulcie, ad portam, Patulci,

Cosmis et ianeos, comis es ianitor,

Ianes es duonos, Ianus es bonus,

Ceros es manos creator es benignus

. . . .

Po meliosom regom. supra meliores reges.

Oh, Sole, sorgi al mondo!

Alla porta del cielo, o tu che apri! sei il gentile portiere;

sei il buon Ianes,

sei il benefico generatore . . . .

di più potenti signori.

VERSVS IOVII (A GIOVE)

Quonne tonas, Leucesie, Cum tonas, Luceri,

Prai tet tremonti prae te tremunt

Quot ibei tet dinei quot ibi te di

Audiisont tonase. audierunt tonare.

Inni฀dei฀Salii

I Salii erano 24 sacerdoti divisi in due ordini, che due volte l’anno celebravano con danze rituali l’apertura e la chiusura delle campagne di guerra. Essi portavano in pro-cessione gli ancilia (scudi) di Marte, simbolo del potere regio, il lituo, simbolo della sovranità magica, e le aste di Marte, che rappresentavano il comando militare. Durante le danze, i Salii cantavano litanie in onore di tutti gli dèi e inni alle singole divinità, fra le quali Giano e Giove.

T4

VERSUS IANULI (A GIANO)

1. Dinom em pa cante, deorum illum patrem canite,

Dinom deivo sub plecate. deorum deo supplicate.

«Cantatelo, il padre degli dèi; supplicate il dio degli dèi.

Antichi฀canti฀liturgici

Ai riti religiosi primitivi si ricollegano il Carmen Saliare e il Carmen Arvale, di cui riproduciamo alcune parti.

Presentiamo i brani in latino arcaico secondo il testo critico di G.B. Pighi e la trascri-zione in latino classico nonché la tradutrascri-zione da lui stesso curata in La poesia religiosa romana, Bologna 1958.

Quando tuoni, o signore della luce, davanti a te tremano

quanti dèi nel cielo

(27)

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

Canto฀dei฀«Fratelli฀Arvali»

Gli Arvali erano 12 sacerdoti preposti ad un culto pacifico; essi si occupavano di ceri-monie atte a propiziare la fecondità dei campi e portavano come insegne le bende bianche e la corona di spighe. Anch’essi cantavano inni in onore di divinità, come i Lari, protettori del focolare e delle mura di Roma, Marte e la dea Dia, divinità della terra. Il testo degli inni arvali a noi giunto riproduce la redazione che di queste preghiere si fece in epoca augustea.

T5

E nos, Lases, iuvate, e nos, Lases, iuvate, e nos, Lases, iuvate!

Neve lue rue, Marmar, sins incurrere in pleores, neve lue rue, Marmar, sins incurrere in pleoris, neve lue rue, Marmar, sers incurrere in pleoris! Satur fu, fere Mars, limen sali, sta ber ber, satur fu, fere Mars, limen sali, sta ber ber, satur fu, fere Mars, limen sali, sta ber ber! Semunis alternei advocapit conctos, Semunis alternei advocapit conctos, Semunis alternei advocapit conctos.

E nos, Marmor, iuvato, e nos, Marmor, iuvato, e nos, Marmor, iuvato! Triumpe triumpe! triumpe triumpe! triumpe!

= o, nos, Lares, iuvate! ne luem ruinam, Marmar, sinas (siveris) incurrere in plures (i.e. populum)! satur es, fere Mars; limen sali (i.e. fines custodi), sta illic illic! Semones alternis (vicibus) advocabit (Mars) cunctos; o, nos, Marmor, iuvato! triumphe!

«Oh, a noi! Lari1, aiutateci!

No, pestilenza e rovina, o Marmar2,

non permettere che trascorrano tra il popolo! Sii sazio, o feroce Mars;

balza sulla soglia; férmati là, là! I Semòni3, sei alla volta,

li chiamerà tutti a parlamento. Oh, a noi! Marmor, aiutaci!

Trionfo!» (trad. di G.B. PIGHI)

1. Lari: divinità tradizionali romane, protettrici dei campi, poi della casa e della famiglia. 2. Marmar: nome antico di Marte.

3. Semòni: divinità campestri.

(28)

////////////////

L’ETÀ฀DELLE฀ORIGINI฀E฀LA฀SUA฀CULTURA

qui... sacer... regi... calatorem... iumenta capiat... qui... iusto...

«chi (violerà questo luogo)... sarà maledetto al re...

il banditore... prenda bestiame... giusto».

Cippo฀del฀Foro฀o฀Lapis฀Niger

L’iscrizione si legge sulle quattro facce del cippo, indicate nella trascrizione con le quattro lettere minuscole dell’alfabeto (a b c d) secondo l’andamento (da destra a sinistra e poi da sinistra a destra) segnato dalle frecce (detto bustrofedico in quanto ricorda il procedere dei buoi nell’aratura di un campo), per un numero totale di 16 righi; accanto si riporta quanto è leggibile in grafia arcaica. Segue la trascrizione in latino classico pro-posta solo per le parole sulla cui interpretazione tutti concordano.

CIL I

2

1

T6

Il cippo iscritto sotto il Lapis Niger, l’area pavimentata in pietra nera sotto la quale è un santuario arcaico datato al VI sec. a.C.

(29)

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

Leggi฀delle฀XII฀Tavole

Secondo la tradizione, un periodo di violente agitazioni sociali precedette la redazione delle leggi delle XII Tavole: per opinione concorde della tradizione la legislazione scritta fu un successo della plebe, che sottrasse al patriziato il privilegio di conoscere e custodire le norme della comunità. Un collegio di decemviri governò Roma per due anni, in un primo tempo con saggezza e moderazione, poi con sistemi decisamente tirannici. Anche se prodot-to di un periodo confuso, le XII Tavole furono accettate da tutti i cittadini e costituirono il solo testo organico scritto della storia di Roma, prima della legislazione giustinianea.

Alcune norme, come quelle relative ai modi in cui si istruivano i processi e si convocava-no gli interessati, riguardaconvocava-no le procedure con cui a Roma si esercitava il diritto civile e penale; molte rimangono valide anche in epoca imperiale. Residuo di costumanze arcaiche sono la cosiddetta legge del taglione o l’intolleranza verso la deformità, segno, peraltro, di una società in cui forte e indiscusso vigeva il diritto del pater familias anche di eliminare un suo discendente. Doveva, inoltre, esistere una sorta di regolamento che disciplinava i rap-porti fra clienti e patroni; significative, infine, le norme circa i riti funebri in rispondenza a esigenze igieniche o al contenimento dell’abitudine a manifestazioni di dolore esagerate e scomposte divenuta fastidiosa perché sentita ormai come primitiva.

T7

LEGGE TAVOLA

1. Si in ius vocat, ito. Ni it, antestamino: igitur em capito. I 2. Si calvitur pedemve struit, manum endo iacito.

3. Si morbus aevitasve vitium escit, iumentum dato. Si nolet, arceram ne sternito. 1. Cito necatus insignis ad deformitatem puer. IV

1. Chi è chiamato in giudizio, vada. Se non va, l’attore invochi testimoni. Indi lo afferri.

2. Se tenta di sottrarsi e muove il piede, mettigli le mani addosso.

3. Per malattia, vecchiezza, difetto corporale, dagli un giumento. Se non vuole il giumento, non stendergli un veicolo coperto.

1. Obbligo di uccidere i parti mostruosi.

LEGGE TAVOLA

3. Uti legassit supra pecunia tutelave suae rei, ita ius esto. V 4. Si intestato moritur, cui suus heres nec escit, agnatus proximus familiam

habeto.

5. Si agnatus nec escit, gentiles familiam habento.

1. Qui malum carmen incantassit... VIII

2. Si membrum rupsit, ni cum eo pacit, talio esto.

////////////////

////////////////

3. Come avrà legato sul patrimonio e la tutela della sua famiglia, così sia diritto. 4. Se muore intestato colui che non ha un erede familiare, abbia la familia il prossimo

agnato.

5. Se non v’è un agnato, abbiano la familia i gentili.

1. Chi avrà fatto un malo incantamento (sia punito nel capo).

(30)

////////////////

////////////////

L’ETÀ฀DELLE฀ORIGINI฀E฀LA฀SUA฀CULTURA

4. Si iniuriam faxsit, viginti quinque poenae sunto. 8. Qui fruges excantassit...

12. Si nox furtum faxsit, si im occisit, iure caesus esto. 21. Patronus si clienti fraudem fecerit, sacer esto.

1. Hominem mortuum in urbe ne sepelito neve urito. X 2. ... hoc ne plus facito: rogum ascea ne polito.

4. Mulieres genas ne radunto, neve lessum funeris ergo habento.

8. ... neve aurum addito. At cui auro dentes iuncti escunt, ast im cum illo sepe-liet uretve se fraude esto.

4. Se commise (altra) lesione, sia la pena 25 assi.

8. Chi avrà attratto con incantamento le altrui messi (sia punito nel capo). 12. Se commise furto di notte, e (il derubato) l’uccise, sia legittimamente ucciso. 21. Il patrono, se avrà mancato al suo dovere di difesa verso il cliente, sia condannato

agli dèi infernali.

1. Non seppellire né bruciare un cadavere nella città. 2. ... non far più di questo: non levigare il rogo con l’ascia.

4. Le donne non si graffino le gote, né emettano ululati per cagione di funerali. 8. ... né aggiunger oro. Ma se alcuno ha denti legati in oro o lo seppelliranno o lo

bru-ceranno con essi».

Appio Claudio:฀due฀antiche฀sentenze

Di orgogliosa famiglia patrizia, Appio Claudio nutriva, nondimeno, sentimenti libe-rali nei confronti dei plebei e predicava la norma dell’equilibrio morale contro ogni prepo-tenza. Il saturnio (fr. 1 Morel) qui riportato sembra derivare da un’analoga sentenza gre-ca rintracciabile in Menandro (519 Koerte-Thierfelder) nella quale era già presente la dif-fusa consapevolezza antica che il successo non è esente da rischi quando non si è padroni di un animo moderato.

Anche la testimonianza seguente (fr. 2 Morel) ha una chiara matrice greca: il tema dell’a-micizia come rifugio dalle tempeste della vita era già in un comico del IV sec. a.C., Filemone (108 Kock), fonte concettuale evidente per Appio Claudio. Riportiamo il primo saturnio del frammento tramandatoci essendo il secondo assai incerto nel testo.

T8

... aequi animi compotem esse, ne quid fraudis stuprique ferocia pariat.

«... conservare un animo equilibrato

perché la tracotanza non generi frode e violenza».

(trad. di F. DELLACORTE)

amicum cum vides, obliscere miserias.

«Quando vedi un amico, dimentichi le amarezze».

(trad. di F. DELLACORTE)

(31)

PARTE฀PRIMA:฀LE฀ORIGINI

Tomba di Cecilia Metella sulla via Appia, Roma (I sec. a.C.).

al vaglio

della critica

Appio฀Claudio

nella฀storia฀politica

del฀suo฀tempo

Sembra฀che฀si฀debbano฀escludere฀nella฀valutazione฀complessiva฀della฀figura฀e฀dell’opera฀di฀Appio฀Clau-dio฀Cieco฀le฀interpretazioni฀estreme฀democratica฀od฀aristocratica฀nel฀senso฀che฀egli฀sia฀stato฀il฀portavoce costante฀dell’una฀o฀dell’altra฀delle฀due฀tendenze,฀e฀abbia฀rivolto฀tutta฀la฀sua฀attività,฀usando฀mezzi฀ora palesi฀ora฀coperti,฀all’attuazione฀dei฀programmi฀di฀partito.฀[...]฀Rimane฀la฀complessa฀figura฀di฀un฀uomo non฀fuori฀del฀suo฀tempo,฀ma฀che฀proprio฀del฀suo฀tempo฀ha฀compreso฀meglio฀di฀tutti฀la฀lezione฀nel฀campo politico,฀liberandosi฀dagli฀schemi฀tradizionali,฀tenendo฀conto฀di฀tutte฀le฀forze,฀ponendo฀infine฀in฀primo piano฀nel฀gioco฀politico฀la฀personalità. (da฀A.฀GARZETTI, Appio฀Claudio฀Cieco฀nella฀storia฀politica฀del฀suo฀tempo,฀in฀«Athenaeum»฀1947,฀pp.฀175-224฀passim)

(32)

1. Scopri฀l’errore฀e฀correggilo. •฀ la฀prima฀forma฀istituzionale฀di฀Roma฀fu฀la฀Monarchia •฀ Roma฀conobbe฀una฀fase฀di฀dominazione฀etrusca •฀ la฀città฀era฀divisa฀in฀due฀classi:฀patrizi฀e฀plebei •฀ i฀plebei,฀per฀ottenere฀alcuni฀diritti,฀si฀servirono฀dell’insurrezione฀armata Correzione:฀... ... ... 2. Individua฀la฀risposta฀esatta.฀Quali฀popoli฀esercitarono฀la฀loro฀influenza฀su฀Roma฀delle฀origini? •฀ Etruschi฀e฀Greci฀della฀Magna฀Grecia •฀ solo฀gli฀Etruschi •฀ i฀Galli •฀ i฀Greci฀della฀madrepatria 3. Con฀l’ausilio฀della฀parte฀teorica฀e฀della฀sezione฀antologica,฀ricomponi฀il฀quadro฀sinottico฀delle฀forme฀di cultura฀orale฀della฀tradizione฀latina.฀

tradizione gentilizia tradizione popolare tradizione religiosa

4. Riassumi฀quanto฀hai฀studiato฀sul฀verso฀«saturnio».฀ (RB) 5. Collega฀con฀una฀freccia฀ogni฀parola฀o฀espressione฀della฀colonna฀di฀sinistra฀con฀quella฀con฀cui฀ha฀atti-nenza฀nella฀colonna฀di฀destra. Fescennini condottiero฀vittorioso Atellana Lapis฀Niger Cippo฀del฀Foro famiglie฀gentilizie Appio฀Claudio elenco฀avvenimenti Annali฀dei฀pontefici Maccus,฀Pappus,฀Bucco,฀Dossennus Carmina฀convivalia malocchio Carmina฀triumphalia Sententiae

LE PAGINE DELLO STUDENTE

(RB)=฀risposta฀breve

(RS)=฀risposta฀sintetica

(SB)=฀saggio฀breve

sulla฀parte฀teorica

(33)

LE PAGINE DELLO STUDENTE

6. Tratteggia฀la฀figura฀di฀Appio Claudio. (RS)

7. Le฀ magistrature฀ a฀ Roma:฀ ricerca฀ e฀ ricostruisci฀ l’organigramma฀ del฀ cursus฀honorum,฀specificando฀ le competenze฀relative฀a฀ciascuna฀carica. •฀ il฀consolato ... •฀ la฀censura ... •฀ la฀questura ... •฀ la฀pretura ... •฀ l’edilità ... •฀ il฀tribunato฀della฀plebe ... •฀ la฀dittatura ... 8. Come฀si฀distinguono,฀nell’iscrizione฀sul฀sepolcro฀di฀L.฀Cornelio฀Scipione฀Barbato,฀il฀nome฀e฀la฀carriera politica? (RB) 9. Riassumi฀quanto฀sai฀dei฀Fescennini,฀anche฀sulla฀base฀del฀testo฀T3.฀ (RS) 10. Individua฀l’errore฀e฀correggilo. L’iscrizione฀sul฀«Cippo฀del฀Foro»... •฀ è฀incisa฀sulle฀quattro฀facce฀del฀cippo •฀ è฀bustrofedica •฀ è฀scritta฀in฀caratteri฀greci •฀ è฀di฀16฀righi 11. In฀base฀al฀testo฀T7 ,฀indica฀tra฀le฀leggi฀delle฀XII฀Tavole฀quelle฀che฀ti฀sembrano฀ancora฀legate฀a฀un฀siste-ma฀di฀vita฀barbaro฀e฀primitivo฀e฀quelle฀che฀invece฀appaiono฀già,฀per฀i฀tempi,฀abbastanza฀evolute฀sul piano฀civile.฀ (RB) o฀(RS) 12. Stendi฀un฀saggio฀breve฀sui฀principali฀reperti฀archeologici฀ed฀epigrafici,฀nonché฀sui฀più฀antichi฀testi scritti.฀ (SB)

sui฀testi

b

conclusioni

c

(34)

Riferimenti

Documenti correlati

(e) se si sa che è stata estratta una pallina che reca un multiplo di 3, quanti sono adesso gli eventi possibili nella estrazione di una pallina dall’urna?. (f) qual è la

Download Gratis Libri (PDF, EPUB, KINDLE) Alto, Tatuato e Seducente (La Serie Sui Fratelli Reed Download Gratis Libri (PDF, EPUB, KINDLE) Alto, Tatuato e Seducente (La Serie

Se le risoluzioni degli schermi sono trop- po basse per sostituire la carta, come si spiega che tutti quelli che conosco spendono ogni anno sempre più tempo a leggere dagli

2 punti: risposta corretta, soluzione migliore, buona proprietà di linguaggio, esposizione chiara e leggibile.. 1,8 punti: risposta corretta, soluzione migliore con qualche

Le analisi che sono emerse dalla lettura della mappa hanno potuto mettere in evidenza diversi aspetti, tra cui la «teoria del gradiente» (secondo cui i tassi

Liszt, invece, non trasforma, ma sovverte la struttura della fantasia e fuga, realizzando una composizione che tra- scura sistematicamente gli elementi distintivi della

Small-molecule therapy for CF-causing mutations is thought to have considerable promise [4] but to the best of our knowledge only one structure-based virtual screening strategy [5]