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Il sistema portuale della Repubblica di Genova. Profili organizzativi e politica gestionale (secc. XII-XVIII). Introduzione

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IL SISTEMA PORTUALE

DELLA REPUBBLICA DI GENOVA

PROFILI ORGANIZZATIVI

E POLITICA GESTIONALE (SECC. XII-XVIII)

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a cura di Giorgio .Doria e Paola Massa Piergiovanni ‘

GENOVA — MCMLXXXVIII

NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VIA ALBARO, 11"

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U NIVERSITÀ D EG L I STUDI D I GENOVA

ISTITU TO D I STORIA ECO N OM ICA - 8

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A TTI DELLA SOCIETÀ LIG URE D I STORIA PATRIA Nuova Serie - Voi. X X V III (CII) - Fase. I

IL SISTEMA PORTUALE

DELLA REPUBBLICA DI GENOVA

P R O F IL I O R G A N IZ Z A T IV I

E P O L IT IC A G E S T IO N A L E (SECC. X I I - X V I I I )

a cura di Giorgio Doria e Paola Massa Piergiovanni

GENOVA — M CM LXXXVIII

NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIG U R E D I STORIA PA TR IA V IA ALBARO, 11

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Per la riproduzione dei disegni dell’Archivio di Stato di Genova cfr. autoriz­ zazione n. 3/88 - 1207. V/9.88.

Volume stampato con il contributo del Ministero della Pubblica Istruzione.

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I N T R O D U Z I O N E

Lo studio del sistema portuale di uno Stato in età preindustriale, oltre a contribuire alla ricostruzione dei processi tecnici afferenti al fe­ nomeno indagato, è u n ’angolazione storiografica abbastanza inusuale per misurare su un problema concreto e ben definito le scelte di politica economica e le opzioni di organizzazione del territorio compiute dalla classe dirigente.

È evidente, poi, quanto una simile visuale, che privilegia la cono­ scenza dei porti, sia significativa per Genova ed il suo Dominio, cui il rapporto naturale, ma non sempre felice, con il mare, ha apportato, vol­ ta a volta, periodi di prosperità e momenti di crisi.

Da un punto di vista internazionale il dato più evidente è quello di un "sistema portuale”, formato da stabilimenti sparsi nel M editerra­ neo, ridimensionato e costretto a difendere strenuamente gli scali che si affacciano tra il Mare ligustico e la Corsica.

Al suo interno emerge la presenza dello scalo della città - capitale, che, oltre ad avere caratteristiche organizzative, tecniche ed economiche che lo distinguono dagli altri approdi dello Stato, tende a ritagliarsi pri­ vilegi e monopoli a danno degli eventuali concorrenti.

Le conseguenze di questa diversa considerazione sono spesso eviden­ ti anche architettonicamente: mentre nella capitale si può seguire una costante preoccupazione di aggiornamento tecnico, che nelle iconografie coeve si coglie attraverso raffigurazioni dei mutamenti di banchine, dar­ sene e fari, nei porti di “periferia" emerge l ’architettura militare piut­ tosto che quella commerciale.

Non esiste quindi un modello di organizzazione portuale che Ge­ nova esporta nelle Riviere e nelle colonie: troppo diverse e peculiari le condizioni dei lontani porti coloniali dell’Oriente, anch’essi insieme em­

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pori commerciali e presidi militari, ognuno dei quali cerca e trova auto­ nomamente la capacità di costruire strutture funzionali all’ambiente fi­ sico ed alla situazione politica in cui opera. Ancora diverso lo status dei porti della Sardegna, che per poco tempo, tra il X II I secolo ed il X IV , diventano genovesi: non c’è imposizione di uno schema organizza­ tivo calato dall’alto, ma piuttosto una adesione alle preesistenti condizio­ ni dalle quali si cerca di trarre vantaggi legati al monopolio commerciale. Più articolata la situazione dei porti della Corsica, in cui la domi­ nazione genovese è più duratura, anche se i riferimenti di difesa milita­ re, sfruttamento fiscale e monopolio commerciale sembrano prevalenti. Negli stessi termini è sintetizzabile la situazione delle Riviere, ove la ra­ gione militare e la difesa delle prerogative di monopolio sulla circolazio­ ne delle merci sembrano guidare l ’azione dello Stato.

Mancanza di politica portuale di appoggio e di sviluppo per gli al­ tri scali dello Stato, quindi, e rispetto formale dell’autonomia di comu­ nità che si sanno deboli e che si mantengono povere attraverso l’impo­ sizione di monopoli a favore del centro e con l ’uso dello strumento fi­ scale, fanno da contrappunto alla cura costante ed economicamente di­ spendiosa che si riserva allo scalo della Capitale.

Partendo da questa situazione di fatto, che ha anche un riscontro quantitativo nella documentazione superstite, gli studi compresi in que­ sto volume sono in buona parte volti a ricostruire le vicende portuali di Genova. Si è ritenuto opportuno proporre in apertura l ’articolo di Vito Piergiovanni, con la descrizione del quadro giuridico in cui agisce la realtà portuale, individuando la genesi e lo sviluppo della legislazione genovese, anche in rapporto all’evoluzione di alcuni principi affermatisi nella normativa e nella dottrina europea. In puntuale rapporto di tempo e di luogo con la prima, si pongono la seconda e la terza parte della ricerca, di Paola Massa Piergiovanni e di Giorgio Doria, che prendono invece in esame l ’organizzazione ed il funzionamento del porto di Geno­ va, dal secolo X III, cioè dal momento della costruzione delle prime ri­ levanti e funzionali strutture, alla caduta della Repubblica aristocratica, nel 1797. La metà del Cinquecento segna la divisione interna tra que­ ste due fasi ed è stata scelta come turnìng point perché da tale perio­ do inizia un più massiccio flusso di risorse per adeguare lo scalo alle nuove esigenze dei traffici.

A questo quadro l’articolo di Giovanni Rebora aggiunge un appor­

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to attento agli aspetti economici e sociali del lavoro portuale, analizzati attraverso la documentazione relativa agli interventi nelle Darsene.

Il contributo di Giovanni Assereto apre il primo spiraglio sulla realtà extragenovese e m ette in rilievo come, all’interno dello Stato re­ gionale, il municipalismo della città dominante costringesse ad una pe­ renne subordinazione gli altri porti e scali liguri, vanificandone di fatto la formale autonomia di gestione; Riccardo Stilli ci conferma questa politica esaminando la realtà di un altro centro della Riviera di Ponente.

Quasi in contrappunto alle notizie sui porti delle Riviere liguri, Michel Balard ricostruisce le strutture ed il funzionamento dei porti del Dominio orientale, constatando anche per essi l ’esistenza di una gerar­ chia di importanza: difesa, fisco, vantaggi per i mercanti genovesi, ri­ correnti denominazioni di magistrature creano quasi un autonomo siste­ ma portuale nel quale Caffa, Pera, Chio e Famagosta emergono come scali privilegiati rispetto agli altri minori.

L ’occasione iniziale per quasi tu tti questi contributi e stata offer­ ta dalla partecipazione alla X IX Settimana di Studio organizzata dal- l ’ Istituto Internazionale di Storia Economica « Francesco Datini » di Prato, dedicata a « I porti come impresa economica», nel maggio 1987. La cortese disponibilità di Maria Pia Rota ha consentito di colmare una lacuna im portante rappresentata dalla carenza di notizie sui porti della Corsica genovese.

Si è determinato, quindi, un volume che fa tesoro di esperienze e metodologie diverse, che non pretende di esaurire la vastita di un tema complesso come quello dei porti dello Stato genovese, ma che ha la spe­ ranza di porsi come punto di riferimento per ulteriori studi e la presun­ zione di servire per stimolo e riflessione rispetto all’ attuale " sistema portuale ligure ”.

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