• Non ci sono risultati.

"Il paradosso della servitizzazione: analisi di alcuni casi"

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi ""Il paradosso della servitizzazione: analisi di alcuni casi""

Copied!
107
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN STRATEGIA, MANAGEMENT E CONTROLLO

Tesi di Laurea Magistrale

IL PARADOSSO DELLA SERVITIZZAZIONE: ANALISI DI ALCUNI CASI

RELATORE:

Chiar.mo Prof. Riccardo GIANNETTI

CANDIDATO: Francesco Sperduto

(2)

INDICE

INTRODUZIONE 6

Capitolo 1 LA SERVITIZZAZIONE 8

1.1 I vantaggi della servitizzazione 8

1.2 Il paradosso della servitizzazione 14

1.3 I vari livelli di Servizi offerti 18

Capitolo 2 ANALISI DI BILANCIO E CRITERI DI CLASSIFICAZIONE 23

2.1 La Riclassificazione del bilancio 25

2.2 Calcolo degli indici di bilancio 29

2.2.1 Analisi della redditività 29

2.2.2 Analisi della liquidità 32

2.2.3 Analisi della solidità 33

Capitolo 3 ANALISI DEI CASI AZIENDALI 35

3.1 I casi esaminati e il settore di appartenenza 35

3.2 Canon Italia S.p.A. 37

3.2.1 La gestione aziendale 37

3.2.2 L’analisi di bilancio 41

3.2.2.1 Analisi della solidità 43

3.2.2.2 Analisi della liquidità 43

(3)

3.3 Kyocera Document Solutions S.p.A 51

3.3.1 La gestione aziendale 51

3.3.2 L’analisi di bilancio 53

3.3.2.1 Analisi della liquidità 54

3.3.2.2 Analisi della solidità 55

3.3.2.3 Analisi della redditività 61

3.4 Ricoh Italia S.r.l. 67

3.4.1 La gestione aziendale 67

3.4.2 L’analisi di bilancio 69

3.4.2.1 Analisi della liquidità 71

3.4.2.2 Analisi della solidità 72

3.4.2.3 Analisi della redditività 76

3.5. Xerox S.p.A. 82

3.5.1 La gestione aziendale 82

3.5.2 L’analisi di bilancio 85

3.5.2.1 Analisi della solidità 87

3.5.2.2 Analisi della liquidità 88

3.5.2.3 Analisi della redditività 93

CONCLUSIONE 97

(4)
(5)

6

Introduzione

La Tesi si fonda sull’analisi economico-finanziaria delle tre aziende leader, operanti nel settore del Commercio all’ingrosso di macchine ed attrezzature per ufficio (codifica ATECO 46.66.00): Canon Italia S.p.A., Ricoh Italia S.r.l., e Kyocera Document Solutions S.p.A., che hanno incrementato il proprio portafoglio di servizi al cliente, attuando una strategia di “servitizzazione”; l’analisi è ulteriormente arricchita con l’analisi di Xerox Spa poiché è l’azienda che per prima nel settore, ha intrapreso la strada della servitizzazione.

La scelta di questo settore deriva dal fatto che i produttori di apparecchiature per ufficio hanno tratto profitto dalle vendite di servizi e materiali di consumo ed esso ha aperto la strada all'implementazione di modelli di business servitizzati che sono ora pratica comune in molti altri settori (Visintin F.,2014).

In Letteratura sono presenti numerose definizioni della servitizzazione, infatti essa viene considerata sia un processo di cambiamento (Ren e Gregory,2007), sia “l’innovazione delle

capacità di un’organizzazione di creare valore aggiunto attraverso la vendita di una combinazione integrata di prodotti e servizi” (Baines,2008), ma anche una strategia

(Tenucci,2011; Mathieu,2001) perché cambia il modo in cui la funzionalità del prodotto è fornita sul mercato (Lewis, 2004).

Tutte le definizioni offerte nel corso degli anni però, presentano come elemento comune, l’orientamento al cliente, motivando tale implementazione sulla base del raggiungimento del vantaggio competitivo proprio grazie allo sviluppo di prodotti/servizi in grado di soddisfare le esigenze della clientela, creare valore per il cliente e per mantenere una relazione duratura. Infatti la servitizzazione può generare introiti addizionali (Gebauer,2008; Baines,2009), e lo può fare consolidando la fedeltà della clientela per sfruttarne i vantaggi dal punto di vista competitivo, dato che la competizione sul mercato delle macchine e delle attrezzature per ufficio, è difficile basarla sia sulla superiorità del prodotto, poiché i prodotti presentano una certa standardizzazione, e sia sulla leadership di costo che appare difficile da sostenere.

(6)

7

La servitizzazione si inserisce proprio in questo contesto, in cui non basta più soddisfare le esigenze primarie della clientela, poiché gran parte dei servizi diventano servizi base per i clienti e non riescono a fornire alcun vantaggio competitivo dato che diventano un elemento necessario per l’azienda, per far parte del mercato (Mathieu,2001; Gebauer,2010).

La prima parte della Tesi approfondisce la tematica della servitizzazione, focalizzando l’attenzione sugli studi in Letteratura riguardanti l’implementazione di strategie di servitizzazione e l’impatto sulla redditività che ne deriva.

A tal proposito sono stati analizzati gli studi che hanno desunto un impatto positivo sulla redditività, mettendoli a confronto con quelli che invece hanno evidenziato dei risultati incerti, da cui si è generato il paradosso del servizio (Neely,2008).

Dagli studi di Neely, Tenucci e Oliva, sono state analizzate le tipologie di servizi offerti per valutare e poter dedurre in quali casi possono essere ritenuti utili i risultati dei pochi studi quantitativi, effettuati soprattutto negli ultimi anni, sulle performance derivanti dalla servitizzazione.

La seconda parte presenta la metodologia di analisi che viene effettuata nel terzo capitolo, nel quale viene eseguita l’analisi economico-finanziaria sugli ultimi cinque esercizi disponibili dal 31/12/2012 al 31/12/2016 di ogni azienda considerata per valutarne l’andamento, e l’analisi della redditività aziendale, del capitale investito, delle vendite nel criterio del valore aggiunto e del margine di contribuzione, prendendo spunto dalla metodologia di misurazione nelle prospettive di crescita, redditività e valore di Neely.

Nel terzo capitolo inoltre si è cercato di indagare le caratteristiche del settore per aver chiaro il contesto in cui operano queste aziende e per valutare, laddove possibile, il livello di maturità del mercato, poiché, ad esempio, in mercati maturi, i margini di profitto del prodotto (che magari presentano un ciclo di vita lungo) diminuiscono a causa della competizione su scala globale e della presenza di produttori a basso costo.

L’obiettivo della Tesi è verificare se attraverso una strategia di servitizzazione che pervade tutta l’organizzazione, implementata in aziende leader del settore, riesce a generare un trend positivo di crescita della redditività aziendale. Alla luce delle analisi effettuate, si intende valutare se, rispetto all’andamento del settore, la scelta di questa strategia è finalizzata a consolidare il vantaggio competitivo.

(7)

8

CAPITOLO 1 LA SERVITIZZAZIONE

1.1 I vantaggi della servitizzazione

La servitizzazione è un fenomeno studiato da numerosi ricercatori di management perché considerato un importante processo evolutivo dei business manifatturieri.

Il termine fu coniato nel 1988 da Vandermerwe e Rada, tra i primi ad interessarsi alla tematica, ed identifica un processo di trasformazione organizzativa capace di generare nuovi flussi in entrata attraverso la prestazione dei servizi associati ai prodotti tradizionalmente offerti dall’impresa.

La struttura organizzativa dell’impresa subisce profonde modifiche con il processo di servitizzazione (Araujo, Spring,2006) poiché deve essere allineata alle caratteristiche del mercato (Neu, Brown, 2005), ma anche i sistemi operativi e la cultura aziendale devono necessariamente essere modificati affinchè l’impresa possa entrare con successo nel mercato dei servizi (Gebauer, 2006). I bisogni dei clienti devono essere chiari all’organizzazione per poter sviluppare un’offerta di prodotti/servizi che inizialmente deve concentrarsi solo sull’offerta di servizi strettamente legati al prodotto ed una volta che l’azienda ha ottenuto dei risultati soddisfacenti con questi servizi, può dedicarsi ai servizi di supporto ai clienti (Oliva, Kallenberg, 2003).

La cultura aziendale subisce una trasformazione perché da product-oriented diviene una service culture (Gebauer,Friedli,2005).

Attraverso l’aggiunta di servizi ai prodotti, le aziende mirano a1:

• Aumentare i volumi di vendita;

• Creare stabilità nelle entrate, un vantaggio chiave in periodi di crisi economiche, data la capacità dei servizi di compensare la volatilità della domanda (sinergia dei flussi di cassa; Benedettini, Neely 2008);

• Aumentare la redditività;

• Differenziare l’offerta perché passando da un’azienda incentrata sul prodotto ad una che implementa una strategia incentrata sul servizio, si affronta un cambiamento

1 Mathieu (2001)

(8)

9

strategico che può essere un mezzo di vantaggio competitivo o quantomeno una chance per adeguarsi strategicamente agli sviluppi settoriali (Baines,2009);

• Aumentare la customer satisfaction;

Più precisamente, la servitizzazione è intesa come un processo che comporta: “l’innovazione nelle capacità e nei processi di un’impresa, in modo che essa possa meglio creare valore sia per il cliente che per l’impresa stessa, passando dalla vendita di prodotti alla vendita di sistemi di prodotto-servizio ”(Neely,2008); un’offerta di servizi che proviene dalle varie aziende in modo diretto oppure tramite terzi.

Essa è trattata in letteratura come un processo che influenza la redditività delle aziende e la dimensione del business model, come presentato soprattutto da Baines nelle sue ultime ricerche del 2017, che mostra come oltre alle grandi imprese, anche le PMI stanno rivolgendo l’attenzione verso i servizi, in particolare verso i servizi avanzati che saranno presentati nel prossimo paragrafo.

Questo modello di business mira ad ottenere un livello di soddisfazione della clientela e soprattutto si pone come obiettivo la differenziazione dai principali competitors ed il motivo di un così deciso ricorso alla servitizzazione da parte soprattutto di grandi aziende è da ricercare proprio nella necessità di “spostare” il vantaggio competitivo su altri fattori, dato che non possono più limitarsi ad una mera produzione. Quindi attraverso la differenziazione (offrendo servizi abbinati ai prodotti) e attraverso la personalizzazione, possono riuscire ad ottenere vantaggi competitivi e prestazioni superiori, e quindi proprio per questo motivo non possono sottrarsi dall’adottare una strategia di business simile.

Ormai nessun cliente ricerca prodotti o servizi in quanto tali, ma tutti cercano delle soluzioni che possano risultare più complesse dei soli prodotti o servizi (Raimondi,2005).

Attraverso la prestazione dei servizi associati ai prodotti tradizionalmente offerti dall’impresa manifatturiera, Vandermerwe e Rada (1988), osservavano e presupponevano la generazione di nuovi flussi in entrata, mentre Baines nel 2009, ne esaltava l’importanza in quanto, dall’analisi di una serie di studi pubblicati fino ad allora, evinceva la capacità di “creare valore aggiunto attraverso la vendita di una combinazione integrata di servizi e prodotti”. (Baines,2009).

(9)

10

L’integrazione dei servizi dovrebbe pertanto, secondo gli studi, aumentare il valore atteso dell’uso del prodotto riducendo i rischi o aumentando i benefici, ma quando i clienti non hanno alcuna necessità di interagire con il fornitore, allora risulta preferibile una logica che miri a commercializzare solo i prodotti, per evitare che i servizi aggiuntivi, dei quali i clienti non percepiscono il valore, possano generare più costi rispetto ai ricavi.

La rassegna della letteratura sulla servitizzazione, oggetto della prima parte della Tesi, però non ha come obiettivo quello di esaltarne a priori i vantaggi, bensì quello di evidenziare il cosiddetto “paradox service”, cioè proporre una serie di studi e considerazioni di vari studiosi, che non giustificherebbero il ricorso a questo modello di business.

Tuttavia, nella maggior parte dei casi i produttori di beni continuano a generare una bassa quota di fatturato attraverso servizi, principalmente da servizi tradizionali relativi ai prodotti, come pezzi di ricambio, documentazione, assistenza tecnica e manutenzione.

Inoltre, nonostante si parli di servitizzazione da oltre 2 decenni, ed ad esempio il World Business Council for Sustainable Development ha identificato nell’aggiunta di servizi come la manutenzione, l’assistenza, l’aggiornamento, la riparazione, gli elementi fondamentali per “l’eco-efficienza” poiché prolungano la vita dei prodotti connessi, riducendone il turnover, il fenomeno non è assolutamente maturo; questo infatti è supportato da un deficit anche concettuale oltre che pratico, relativo a business model che non sono adattati al percorso che queste aziende manifatturiere dovrebbero intraprendere (Kindström e Kowalkowski, 2014). Ovviamente, però, è indispensabile far presente che, a prescindere dai riscontri reddituali positivi o meno, in un mercato globale, che richiede servizi sempre più complessi non è possibile per le aziende non adattarsi a questo trend, pena il rischio di perdere il vantaggio competitivo o semplicemente la capacità di competere sul mercato.

Dal momento che ogni azienda è unica, nel senso di inimitabile, l’introduzione della servitizzazione determina una vera rivoluzione del Business model aziendale che coinvolge tanto le relazioni con gli stakeholders, quanto il management, che tra l’altro deve portare modifiche importanti al proprio modus operandi per far sì che l’organizzazione “accetti” questi cambiamenti.

Secondo la definizione proposta da Osterwalder (2005), il Business Model o modello di business è la descrizione di come un’azienda offre valore a uno o più segmenti di clientela e come la struttura dell’azienda e le reti creano e distribuiscono valore.

(10)

11

Il modello di business definisce il modo in cui l’azienda si pone sul mercato, sviluppato in linea con le attese dei clienti (Teece,2010) ed alle caratteristiche della concorrenza, quindi permette di definire la strategia competitiva che differenzia l’offerta dell’azienda dai competitor. Esso può rappresentare una fonte di vantaggio competitivo distinto dal posizionamento sul mercato dell’azienda, perché magari potrebbero esserci aziende che soddisfano gli stessi clienti, gli stessi bisogni, con strategie sostanzialmente similari ma che si basano su modelli di business differenti.

Sviluppare e innovare un modello di business basato sulla servitizzazione, tuttavia, non permette immediatamente di ottenere un vantaggio competitivo, in quanto è una tendenza sempre più comune, quella di focalizzarsi sull’offerta congiunta di prodotto e servizio; quindi occorre che il modello di business sia innovativo, difficile soprattutto da imitare, al fine di ottenere una maggiore profittabilità a lungo termine, e questa novità può rintracciarsi in una diversa combinazione degli elementi del modello di business per superare eventuali problemi riscontrabili con la clientela, con il servizio, con il prodotto ecc. e soprattutto per creare valore per l’azienda, (Morris,2005) ma ancor di più per il cliente, perché attraverso la soddisfazione delle aspettative dei clienti, fornendo il prodotto/servizio al prezzo che questi sarebbero disposti a pagare, si potrebbe creare valore per l’azienda. L’innovazione tecnologica, dei prodotti-servizi e del modello di business sono aspetti legati indissolubilmente poiché la tecnologia, il servizio ecc. potrebbero essere estremamente evoluti, ma se non venissero supportati da un modello di business ben definito, allora dal punto di vista economico l’azienda fallirebbe perché non in grado di ricavare profitto dalla tecnologia stessa.

Facendo riferimento al concetto di valore in merito al business model, occorre precisare che viene considerata la definizione proposta da Chesbrough e Rosenbloom (2002), secondo cui il valore non è relativo alle performance e alle caratteristiche fisiche del prodotto, ma è un valore economico, inteso come ciò che il cliente è disposto a pagare per un determinato bene o servizio, integrandola con la visione proposta da Cinquini (2011) volta ad esaltarne la caratteristica della novità per creare un vantaggio competitivo, non trascurando però l’aspetto economico/finanziario relativo ai costi per l’offerta dei prodotti e dei servizi e ai ricavi generati da essi.

Credo che gli studiosi stiano riscontrando palesi problemi nella constatazione degli effetti reali della servitizzazione sulla profittabilità aziendale poiché non è tanto il ricorso ai servizi

(11)

12

che può creare o meno rendimenti superiori o risultati deludenti, quanto come viene impostato il business model di ciascuna azienda, che deve tenere conto di vari elementi che combinati in un certo modo tra di loro, possono permettere il conseguimento di profitti di un certo livello e il superamento di vari problemi gestionali e strategici.

La quasi totalità degli studi sul tema della servitizzazione hanno come scopo quello di definire il fenomeno, di identificare le tipologie di servizi, di carpirne il valore e il successo, ma dall’esame della letteratura sembra emergere una carenza su come si realizza davvero nell’azienda: si riduce tutto ad un processo che vede il produttore aggiungere sempre più servizi al portafoglio prodotti?

Quelle che seguono sono interpretazioni basate sul ruolo che svolgono i servizi attualmente, sul contesto competitivo, sulla globalizzazione, sul fenomeno dell’Industria 4.0 ecc. Il ruolo dei servizi in questo contesto è stato dedotto dall’analisi della letteratura.

Innanzitutto il fenomeno della servitizzazione suggerisce un cambiamento netto del modo in cui l’azienda compete, infatti partendo da un’attività di mera produzione, non può più essere considerata come tale, ma dovrebbe essere considerata una fornitrice di servizi a tutti gli effetti. Ci sono infatti aziende che intraprendono questa strada ed invece aziende come la Canon, come mostrerò in seguito, che non vogliono snaturare il loro business model, ma preferiscono specializzare e in parte delegare l’attività di servitizzazione ad aziende partner e/o controllate.2

L’azienda servitizzata è chiaro che cerca di instaurare un rapporto forte e attivo con il cliente verso il quale orienta la propria strategia competitiva a differenza di aziende manifatturiere che magari preferiscono investire in innovazione legata ai prodotti oppure altri che si concentrano sull’eccellenza operativa per ottenere elevati livelli di efficienza per ridurre al minimo i costi di produzione.

Altro elemento che viene scarsamente evidenziato negli studi sia di natura qualitativa che quantitativa, è una motivazione di natura “difensiva” alla base dell’implementazione della strategia di servitizzazione: perché dal momento che facciamo riferimento ad imprese manifatturiere, non si può ignorare che il ricorso ai servizi, in particolar modo quelli avanzati, oggetto di analisi successiva, dipenda dalla necessità di difendersi dai produttori a basso costo, di pezzi di ricambio che rappresentano una minaccia particolarmente sensibile per i

(12)

13

produttori occidentali. Questi produttori utilizzando prodotti non originali oltre a ridurre le entrate per pezzi di ricambio e per le tipologie di servizi offerti dalle aziende come manutenzione, monitoraggio ecc., incidono negativamente sull’affidabilità e sulle prestazioni dei prodotti che conseguentemente rovinano la reputazione aziendale.

Quindi l’offerta di servizi permette al cliente di avere una garanzia sulle performance, e all’azienda di limitare questa competizione (evidentemente pur di non incorrere in costi di diversa natura o cali di vendite a beneficio di concorrenti, le imprese intraprendono questa strada anche se l’offerta di servizi non dovesse comportare maggiori profitti).

(13)

14

1.2 Il Paradosso della servitizzazione

Sviluppando questa rassegna sul tema del paradosso, per giustificare il ricorso in ogni caso alla servitizzazione, ritengo sia doveroso partire dalle considerazioni fatte da Min, Wang e Luo nel 2015 e non dallo studio di Gebauer (2005) che tra i primi ha introdotto il tema del paradosso poiché quest’ultimo ha evidenziato la dimensione organizzativa e comportamentale, quindi di natura qualitativa a differenza degli studiosi citati in precedenza. Gebauer, analizzando aziende tedesche e svizzere di produzione di macchinari e attrezzature, evidenzia le difficoltà dei manager nell’affrontare la complessità del cambiamento derivante dalla servitizzazione, perché in primo luogo il paradosso deriva da fenomeni cognitivi che limitano la motivazione dei manager ad estendere l’offerta dei servizi e per superarli occorre aumentare la consapevolezza circa il ruolo fondamentale del servizio. Inoltre estendere l’offerta dei servizi richiede cambiamenti nella struttura organizzativa delle aziende manifatturiere e a tal proposito Gebauer consiglia ai manager di focalizzare l’offerta dei servizi sul cliente, creare una cultura del servizio e definire una chiara strategia del servizio. Come nel lavoro di Oliva (2003) anche Gebauer osserva che le aziende che riescono ad aumentare le entrate dei servizi, sono quelle che decentralizzano l’organizzazione dei servizi che richiede nuovi dipendenti come tecnici per l’assistenza, una forza vendita specializzata e che definiscono gli obiettivi non a livello generale, bensì a livello di singolo dipendente in modo da farli convergere verso l’obiettivo aziendale generale.

Min, Wang e Luo, dopo aver svolto un’analisi quantitativa del livello di servitizzazione in Cina e delle relative performance, hanno desunto che l’adozione della strategia di servitizzazione implica una visione a lungo termine dell’azienda, senza migliorare obbligatoriamente le performance a breve termine. Questa potrebbe apparire come una giusta conclusione alla luce anche dei principi dell’ economia aziendale, secondo i quali l’azienda è un istituto atto a perdurare (Zappa G.,1956).

(14)

15

Quindi una scelta a lungo termine, come questa, ben si inserirebbe nel sistema dell’azienda, dato che la massimizzazione del profitto non può essere intesa come fine aziendale, bensì come finalità del soggetto economico che mira a raggiungere più rapidamente i propri interessi.3

Credo perciò che, attraverso un’implementazione corretta della servitizzazione nell’organizzazione, si possa generare un miglioramento a breve termine delle performance, ma che questo sia piuttosto una conseguenza del modus agendi, del contesto in cui l’azienda opera, del ciclo di vita dell’azienda, e della possibilità di creare un vantaggio competitivo, piuttosto che una condizione che si verifica in ogni caso, ricorrendo alla servitizzazione , poiché, se considerassimo validi i risultati delle ricerche di Min per quanto concerne l’orizzonte temporale, uniti ai risultati degli altri studi in Letteratura, ogni azienda che intraprende la strada della servitizzazione ottiene un miglioramento delle performance almeno nel lungo periodo per via della competizione che si è spostata gradualmente verso i servizi, pertanto si potrebbe pensare che le aziende che hanno ottenuto i risultati attesi nel breve periodo devono aver sfruttato congiuntamente l’effetto di qualche risorsa interna all’azienda o amplificato ad esempio l’effetto di qualche elemento competitivo. Questa conclusione è sostanzialmente coerente con quella fornita da Gebauer (2008), secondo cui: “l’impatto dei

servizi sulle performance dell’azienda, dipende da fattori interni come la struttura organizzativa e da caratteristiche dell’ambiente competitivo…”.

Il paradosso dei servizi si è presentato quando le aziende manifatturiere, dopo ingenti investimenti per incrementare l’offerta di servizi, si sono trovate dinanzi al sostenimento di maggiori costi non supportati da un corrispondente aumento dei rendimenti del capitale investito, oppure ad entrate aumentate ma profitti in diminuzione all’aumentare del livello di servitizzazione.

La strada della servitizzazione deve essere assolutamente intrapresa per motivi competitivi, soprattutto nei mercati di macchine ed attrezzature dove la forte concorrenza ha determinato una totale standardizzazione dei prodotti sul mercato ed una continua pressione sui prezzi.4

3 Bertini “Il sistema di azienda”, 1990

(15)

16

Dato che i manager sono sempre rivolti principalmente al miglioramento dei risultati, intraprendere un ingente investimento in qualcosa che non è certo porti dei vantaggi reddituali, può rallentare il cambiamento per molte aziende che magari non colgono il potenziale economico di tale scelta strategica. Oltretutto occorre considerare che tali aziende dovrebbero sostenere investimenti in elementi intangibili che costituiscono una totale novità per il business al quale i manager delle suddette sono abituati, sviluppato tra l’altro sull’idea di poter basare la differenziazione sul potenziamento delle funzionalità e delle caratteristiche dei prodotti, loro core business. Tutto ciò viene avvertito come un rischio e rappresenta il motivo di avversione dei manager(Fleisch,2005).

Una difficoltà sostanziale che incontrano le aziende è quella anche di dover modificare totalmente il rapporto con la clientela, poiché non basta più studiare al massimo le modalità d’uso dei prodotti oppure le funzionalità necessarie richieste dal mercato per “tarare” le caratteristiche dei prodotti, bensì è necessario un rapporto più frequente con il cliente, quindi è necessario creare una rete che capti continuamente la soddisfazione della clientela, eventuali problematiche del prodotto, per riuscire a far fronte immediatamente ad esse.

Serve quindi ottenere una conoscenza approfondita del cliente, che può realizzarsi solo attraverso la disponibilità e collaborazione concessa dal cliente; ovviamente non è così semplice ottenerla, perché essa dipende dal ruolo che gioca il prodotto offerto dall’azienda nella loro quotidianità.

Martinez (2010) ha riassunto quelli che possono essere gli ostacoli maggiori che può incontrare un’azienda nel processo di servitizzazione e quindi in aggiunta ai problemi esposti in precedenza, vi sarebbe:

• L’incapacità dei dipendenti di relazionarsi efficacemente con i clienti • La mancanza di comunicazione tra le funzioni aziendali

• La necessaria collaborazione tra azienda e fornitori che devono uniformare il loro modello di business

(16)

17

Figura 1: The service temple (Redding, 2012) “A Strategy for Service Delivery Systems”

Alcuni tra gli ultimi studi che si sono interessati al paradosso rivelano che alcune aziende stanno iniziando a dismettere servizi piuttosto che estendere le offerte. Un’offerta di servizi può influire favorevolmente sulle prestazioni dell’azienda quando i flussi di cassa da essi generati sono in grado di compensare la volatilità della domanda del prodotto, e quindi riesce a stabilizzare nel tempo i ricavi totali delle vendite, ma tutto ciò può realizzarsi soltanto se l’azienda riesce a controllare i costi dell’offerta dei servizi (Mathieu,2001), poiché nelle aziende in cui non viene pianificata tale offerta, non si riesce a determinare con precisione tale costo, con conseguenze sulla profittabilità aziendale.5

In particolare le ricerche condotte da Suarez (2015) mostrano che non è scontato l’effetto positivo derivante dalla dimensione, o come affermato da Neely, dall’estensione dell’offerta di servizi, che può generare effetti negativi sulla redditività. Altri studi inoltre hanno ipotizzato una relazione ad U tra la servitizzazione e le prestazioni, pertanto non potendo con certezza considerare positivo l’effetto dell’offerta dei servizi sulla redditività delle società, credo che sarebbe più opportuno cambiare ottica e considerare positivo l’impatto dei servizi sulle prestazioni aziendali, poiché essi fungono, in ogni caso, da volano di innovazione dei prodotti dell’azienda i quali genererebbero a loro volta le entrate che non hanno generato i servizi e quindi quest’ultimi di riflesso vanno ad incidere sulle prestazioni aziendali, dato che, anche se non sono gli stessi servizi a generare risultati migliori, senza di essi, i prodotti offerti dall’azienda non potrebbero ad esempio essere innovati o essere addirittura commercializzati per la mancanza dei requisiti base imposti dai vincoli di legge.

(17)

18

1.3 Servizi base e Servizi avanzati

Un’azienda può decidere di offrire varie forme di servizi, ovvero: servizi base offerti alla base installata e servizi operativi e di manutenzione (Oliva,2003).

I servizi base offerti alla base installata sono tipicamente orientati al prodotto e vengono forniti ad un livello transazionale, cioè durante le negoziazioni per vendere i prodotti, già dalla singola interazione con il cliente. A questo livello, il contatto con il cliente è minimo, non implicano un'interazione significativa tra l'utente finale del prodotto e il fornitore dato che il destinatario diretto di questi servizi è il prodotto stesso. Inoltre, il modo in cui viene erogato il servizio non cambia in modo significativo da un cliente all'altro.

Questa tipologia di servizi è considerata di routine e i clienti si aspettano che vengano offerti dall’azienda, per questo per la maggior parte di loro non viene visto come un valore aggiunto bensì un obbligo. Nel prosieguo del paragrafo i “servizi base” verranno indicati con la sigla BS, ed occorre tenere presente per una chiara distinzione da quelli avanzati, che per essere offerti, necessitano da parte dell’azienda, di risorse in termini di conoscenza dei prodotti venduti e non competenze specifiche per i servizi, quindi non implicano un processo di cambiamento organizzativo.

I BS intendono installare e mantenere funzionalità di prodotto di base in modo efficiente ed efficace per il cliente.

Esempi sono l'installazione del prodotto, la fornitura di pezzi di ricambio, manutenzione, documentazione sull’utilizzo del prodotto, trasporto del prodotto, installazione, assistenza tramite hot-line, collaudi, controlli periodici prestabiliti, aggiornamenti di hardware e software già obsoleti, riparazione e ricambio di pezzi, logistica, imballaggio (servizi prodotto-dipendente).

Essi si basano su una interazione limitata con la clientela ed il valore creato è comunque derivante e strettamente connesso alle funzioni base del prodotto che si offre (quindi il potenziale insito del prodotto) pertanto si potrebbe definire i BS come quei servizi orientati ai prodotti.

(18)

19

I servizi operativi e di manutenzione (Oliva,2003) sono orientati al prodotto ma con interattività con il cliente molto elevata, includono l’utilizzo di tecnologia fornita dal cliente e l’obiettivo è trovare soluzioni innovative.

Esempi di questa tipologia di servizi sono: manutenzione preventiva e un monitoraggio continuo, servizi di consulenza, servizi di fine vita del prodotto come smantellamento, disinstallazione, rigenerazione (cioè servizi non prodotto-dipendenti che presentano notevoli vantaggi evidenziati in seguito).

I vantaggi dell’erogazione di questo servizio, manutenzione preventiva, sono da una parte la garanzia di un corretto funzionamento del macchinario evitando il rischio di dover fermare la produzione e dall’altra parte la riduzione per l’azienda del rischio di fallimento del proprio prodotto, dato che la manutenzione preventiva è la soluzione più adatta per prevenire il guasto e difetti del prodotto, migliorare le prestazioni e ridurre il rischio di rottura/guasto che portano a elevati costi di riparazione, senza trascurare i tempi di fermo macchina che possono comportare gravi perdite nelle operazioni quotidiane.

Il monitoraggio continuo ha l’obiettivo di migliorare e ottimizzare il processo di produzione; questo necessita di investimenti in ricerca e sviluppo sia del prodotto venduto che del servizio. Questi servizi nel prosieguo del paragrafo verranno indicati con la sigla AS e a differenza dei BS non sono strettamente collegati al core business dell’azienda e pertanto implicano lo sviluppo di competenze specifiche per i servizi.

Gli AS quindi al contrario dei BS, si basano su uno stretto contatto con i clienti per co-creare valore che va al di là della funzionalità base del prodotto, coinvolgendo in tal modo le azioni del cliente, cercando di adattare l'utilizzo del prodotto alle esigenze uniche del cliente ed ai suoi comportamenti e sostanzialmente corrispondono ai servizi di assistenza clienti.

Con i servizi avanzati, i produttori tendono ad assumere responsabilità estese perché oltre a concentrarsi sulle prestazioni del prodotto fornito, devono interessarsi al comportamento dei clienti e all’uso che quest’ultimi ne fanno; cosa che non accade nel caso dei servizi base quando il cliente assume gran parte del rischio con il produttore, il quale assume solo le responsabilità derivanti dalle garanzie previste per legge.

(19)

20

La servitizzazione può aumentare i costi richiedendo l'investimento in funzionalità specifiche del servizio, ma in compenso essa può aumentare i profitti come conseguenza dell’effetto di complementarità poiché per i clienti si genera un maggiore valore con l’acquisto di un pacchetto di prodotti e servizi da un singolo fornitore rispetto all'acquisto di prodotti e servizi separati da diversi fornitori.

Tuttavia, la servitizzazione può ridurre indirettamente i ricavi di vendita dei prodotti poichè i cicli di vita del prodotto si allungano a causa dei migliori servizi abbinati offerti, riducendo conseguentemente gli acquisti da parte dei clienti; ma la vendita dei servizi di manutenzione preventivi ad esempio può bilanciare gli effetti di diminuzione delle vendite dei prodotti che possono verificarsi anche in periodi di recessione economica quando i clienti mantengono i prodotti in funzione più a lungo.

Stesso ragionamento non può essere fatto per i servizi base dipendenti dal prodotto, perché sono evidentemente connessi alle vendite dei prodotti e pertanto i ricavi dei servizi base sono direttamente proporzionali ai ricavi di vendita dei prodotti e quindi in caso di recessione economica, i servizi non sarebbero in grado di stabilizzare i ricavi, ma soltanto di amplificarne gli effetti delle vendite.

Offrendo servizi di tipo BS, l’impresa fornitrice può costruire relazioni più forti e di fiducia con il cliente che valuta il produttore capace di fornire servizi di qualità (Kindström e Kowalkowski 2009) e conseguentemente risulta maggiormente disposto a contrarre AS a più alto rischio: infatti dalla ricerca condotta nel 2009 da Kowalkowski, si è constatato che per la fornitura di AS vi è bisogno della presenza dei BS.

Pertanto, il produttore deve in primo luogo offrire i BS, i quali da un punto di vista strategico potremmo dire che servono per penetrare il mercato con l’offerta di questi servizi base a più clienti, questo a sua volta può facilitare l'offerta di AS per sviluppare la profondità del mercato perché agli stessi clienti si offrono servizi differenti, che potremmo definire, forzandone il concetto, di maggior valore secondo il concetto di valore dato da Tenucci (2010).

Il valore percepito del bundle prodotto-BS è solo di poco superiore al valore fornito dai prodotti separati e dai servizi disponibili tra i fornitori. Le offerte di BS non forniscono significative possibilità di differenziazione (Gebauer 2005) e nel complesso quindi la BS non può avere un impatto significativo sulle vendite e sui margini.

(20)

21

Anche se il cliente riceve una proposta di valore migliorata, il provider non è in grado di appropriarsi di tale valore, perché non può richiedere un prezzo maggiore per il prodotto con i servizi considerati, in quanto sono servizi base talvolta imposti dalla legge.

Sul lato dell'offerta, la fornitura di BS richiede investimenti nella produzione e nel miglioramento del servizio, ma questi aumenti di costo possono essere minimizzati perché le funzionalità correlate alla BS non possono essere radicalmente diverse dalle funzionalità del prodotto stesso. Questo infatti è avvalorato anche dalla natura di questi servizi che rappresentano il più delle volte un set minimo che un fornitore è generalmente obbligato dalla legge a fornire e che i clienti danno per scontato.

Gli AS si concentrano sulla co-creazione di valore in uso per i clienti oltre a quello che è incorporato nel funzionamento di base del prodotto. Il valore percepito di un bundle prodotto-AS, può essere significativamente superiore al valore di prodotti e servizi considerati separatamente (Davies, 2004), poichè forniscono una differenziazione significativa, creando così un forte effetto di lock-in e fedeltà nel cliente (Ulaga e Reinartz, 2011). Di conseguenza, i prezzi premium, e quindi i margini di vendita dei servizi sono più alti. Inoltre, un AS non causa effetti di sostituzione del prodotto. Complessivamente, la prestazione AS può avere un impatto positivo sulle vendite e sui margini, sempre perché sono servizi altamente differenziati talvolta da quelli offerti da altre aziende, poiché non imposti dalla legge ma sviluppati per mezzo del know-how aziendale. Dal lato dell'offerta, AS richiede importanti investimenti in funzionalità specifiche del servizio e così, i costi di fornitura AS sono superiori ai costi di BS.

Grazie agli studi e le analisi sviluppate da Kowalkowski nel 2015, è stato possibile dedurre una “traiettoria di servitizzazione”, da un business model di produzione di base verso l'aumento dei livelli di maturazione della servitizzazione. Per maturità di servitizzazione si intende la misura in cui il modello di business è dipendente dalla fornitura di servizi rispetto ai prodotti. In questa traiettoria, il fornitore introduce gradualmente BS per conoscere come i clienti utilizzano il prodotto e poi in seguito introduce gli AS. BS e AS lavorano in modo coordinato e consequenziale, infatti il provider avvia il rapporto di servizio con un cliente attraverso i BS e consolida la propria posizione offrendo AS.

Il calo dei profitti spesso riportato nelle fasi iniziali della servitizzazione può essere causato dal fatto che in tale fase di servitizzazione, caratterizzata da bassi livelli di BS e AS, l'aumento

(21)

22

dei costi non è neutralizzato da rendimenti sufficienti, dal momento che BS hanno un impatto fondamentalmente neutrale, come spiegato in precedenza, sui profitti e il livello della prestazione AS è basso perché si adopera perlopiù BS come piattaforma.

Solo quando le unità offrono livelli significativi di AS si riescono ad ottenere migliori risultati. Tra le varie classificazioni dei servizi presenti in letteratura, ho considerato quella proposta da Oliva perché è facilmente applicabile da osservatori ed analisti esterni che non dispongono di informazioni dettagliate dell’offerta dei prodotti-servizi delle varie aziende e perché permette di valutare il grado di servitizzazione di ciascuna azienda, secondo le loro scelte strategiche, senza dover prima stabilire se l’azienda è servitizzata o meno, come proposto da Vandermerwe e Rama (1988). Inoltre l’impostazione metodologica offerta da Oliva (2003) permette di fare considerazioni circa il livello di servitizzazione delle aziende, il livello di consolidamento dell’offerta di servizi e il successo della servitizzazione.

Si potrebbe quindi pensare che il tema del paradosso sia sorto quando aziende relativamente “miopi” abbiano sviluppato soltanto servizi di base attendendosi performance importanti. Sulla base di ciò i servizi avanzati stanno ricevendo un’attenzione significativa da parte degli studiosi, poiché in genere sono più complessi, sono altamente personalizzati e sono più ad alto rischio per le aziende che li offrono in quanto necessitano di una vasta conoscenza sulla tipologia di influenza che il prodotto ha sul cliente.

Anche se Mathieu (2001) applica una distinzione dei servizi sostanzialmente differente da Oliva, la missione che egli identifica per i servizi avanzati ritengo sia applicabile anche per la descrizione che ho considerato per gli stessi : “la missione non è solo quella di far funzionare il prodotto, ma soprattutto di aiutare i clienti a massimizzare tutte le azioni e i processi riconducibili al prodotto…” così da migliorare l’efficienza dell’esperienza d’uso del cliente.

(22)

23

Capitolo 2 Analisi di Bilancio e Criteri di classificazione

Le aziende oggetto di analisi implementano tutte delle strategie multibusiness, poiché operano in diverse aree strategiche d’affari con l’obiettivo di diversificare le opportunità di profitto.6

Con il termine Area Strategica d’affari si individua un sottosistema aziendale strategicamente rilevante7; rappresenta dunque un’area di mercato specifica in cui l’azienda vuole operare,

un’unità operativa a tratti autonoma e differenziata dalle altre dell’azienda, che decide come allocare le risorse in base agli obiettivi da raggiungere.

Ad ogni Area Strategica (ASA) corrisponde un sistema competitivo e potrebbe essere gestita in modo autonomo, solo se, come afferma Bertini (2013) “…raggiunge una rilevanza

economica adeguata…per sostenere la costruzione di un centro organizzativo o di investimento distinto nell’ambito della struttura aziendale”.

Un’analisi per singola ASA delle imprese considerate avrebbe di certo permesso di esprimere delle considerazioni più dettagliate sul processo di servitizzazione e sull’impatto che esso ha sulla redditività, ma non disponendo di tali dati è necessaria un’analisi economico-finanziaria sui bilanci pubblicati, integrandoli con dati qualitativi da varie fonti per desumere un determinato andamento. Infatti sarebbe stato necessario conoscere oltre al fatturato, i margini di contribuzione, le quote di mercato, la capacità produttiva utilizzata, e soprattutto il reddito operativo e il capitale investito netto per poter analizzare la redditività operativa (ROI), espressione della strategia competitiva adottata.

6 ASAP Service Management Forum (2015)

(23)

24

L’analisi che si effettua è volta a fornire un giudizio più significativo dal punto di vista qualitativo sulle performance finanziarie, economiche e patrimoniali dell’azienda, integrando i dati a bilancio con le informazioni derivanti da rilevazioni extra-contabili. La gestione aziendale può essere osservata considerando l’aspetto finanziario, ossia i fabbisogni di capitale e le relative coperture, l’aspetto economico, quindi la redditività dell’impresa ed infine l’aspetto patrimoniale analizzando la solidità dell’impresa ponendo attenzione sul capitale proprio e i debiti.

Le tecniche di analisi normalmente sono di tre tipologie8:

1. analisi per margini: viene utilizzata per le analisi di struttura, per studiare la situazione aziendale in un determinato momento, per valutare la composizione dell’attivo e del passivo e la corrispondenza tra fonti ed impieghi

2. analisi per indici: avviene tramite il calcolo di rapporti tra i valori di bilancio; gli indici sono significativi valutandoli nel loro andamento temporale e non in valore assoluto.

3. analisi per flussi: consiste nella costruzione del rendiconto finanziario, che è un prospetto che offre una rappresentazione complessiva della dinamica finanziaria dell’azienda. Questa tipologia di analisi ha come fine quello di approfondire i risultati ottenuti dall’analisi per indici perché è lo strumento di analisi di bilancio che studia la variazione che subiscono i valori di investimento e finanziamento dell’azienda in un determinato periodo.

Le fasi dell’analisi di bilancio sono:

La prima fase consiste nel reperimento della documentazione e la valutazione della sua attendibilità.

Le aziende oggetto di analisi: Canon, Kyocera, Ricoh e Xerox redigono il Bilancio d’esercizio nel rispetto delle disposizioni previste dagli articoli 2423 e 2423-bis del Codice Civile e i criteri di valutazione applicati sono quelli previsti dall’articolo 2426 del Codice Civile. Questo permette, tra l’altro, di mantenere una certa omogeneità dei prospetti di bilancio per un confronto sia temporale che spaziale.

(24)

25 2.1 La Riclassificazione del Bilancio

La seconda fase è la riclassificazione dello Stato Patrimoniale, che avviene attraverso:

• La logica finanziaria, raggruppando le attività e le passività in gruppi omogenei in base alla velocità con cui si trasformano in liquidità o con cui si estinguono, per valutare il grado di affidabilità finanziaria dell’impresa nel medio/lungo termine, mentre nel breve termine permette di analizzare la capacità di far fronte alle uscite monetarie in modo puntuale.

• La logica funzionale/gestionale, che evidenzia il capitale investito nelle diverse aree gestionali.

Tabella 1: Schema di Stato Patrimoniale secondo la logica gestionale9 Crediti commerciali

Rimanenze di prodotti e materie Debiti commerciali

CAPITALE CIRCOLANTE NETTO COMMERCIALE Ratei e Risconti operativi

Crediti e (debiti) operativi Crediti e (Debiti) tributari Debiti vs istituti previdenziali

Attività finanziarie non immobilizzate

CAPITALE CIRCOLANTE NETTO OPERATIVO Fondo TFR e altri fondi

Immobilizzazioni tecniche

Fondo amm.to immobilizzazioni tecniche

CAPITALE INVESTITO NETTO OPERATIVO Liquidità finanziari e accessori

Attivo non operativo

CAPITALE INVESTITO NETTO

(25)

26

Il primo margine che si determina è il Capitale Circolante Netto Commerciale che si ottiene dalla somma algebrica delle attività e passività inerenti al commerciale. Esso permette di valutare la gestione delle scorte di magazzino, la politica di acquisto/approvvigionamento e di vendita ed esprime il fabbisogno finanziario netto derivante dalla gestione commerciale. Un risultato positivo di questo margine sta a significare che il ciclo operativo ha generato un fabbisogno finanziario e quindi l’azienda necessita di risorse finanziarie per far fronte alla crescita dei volumi di vendita.

Il Capitale Circolante Netto Operativo rappresenta in maniera complessiva il fabbisogno finanziario dell’impresa per il ciclo operativo, poiché è formato dagli impieghi (a breve) al netto dei debiti (a breve) di natura operativa.

A differenza di quest’ultimo, il Capitale Investito Netto Operativo rappresenta il fabbisogno finanziario netto dell’intera gestione operativa, tenendo conto quindi sia del ciclo operativo, sia della struttura operativa e dal lato delle passività, l’autofinanziamento con i fondi operativi.

Infine il Capitale Netto esprime il capitale investito nell’impresa.

La riclassificazione del Conto economico avviene individuando le diverse aree gestionali

per ottenere dei risultati economici parziali, secondo quindi una logica operativa.

Queste riclassificazioni si sono rese necessarie perché gli schemi di bilancio redatti secondo la normativa civilistica non sono adeguati per permettere analisi di bilancio, e quindi servono per disporre i valori in modo utile per varie elaborazioni, senza tuttavia modificare i risultati del bilancio di esercizio.

Tra le varie possibilità di riclassificazione del conto economico: a costi e ricavi del venduto, a costi e ricavi della produzione ottenuta, e marginalistico. Il criterio preso in considerazione è quello riclassificato secondo il criterio del valore aggiunto, cioè il margine che serve a coprire i costi interni e che rappresenta la capacità dell’impresa di creare nuova ricchezza dai fattori esternamente acquisiti e consumati grazie al processo di trasformazione.

La scelta è dovuta alla facilità di reperibilità delle informazioni dal bilancio di esercizio e perché permette di evidenziare la ricchezza prodotta e la modalità di distribuzione della ricchezza tra i vari soggetti che l’hanno generata.

(26)

27

Il conto economico della produzione ottenuta a valore aggiunto è un tipo di conto economico più agevolmente standardizzabile cioè applicabile a tutte le aziende senza porre problemi di interpretazione sui costi costanti e variabili, sui margini di contribuzione.

Essendo un’analisi esterna, si preferisce una distinzione in costi interni ed esterni che sono quantificabili indipendentemente dal tipo di azienda.

Tabella 2: Conto Economico della produzione ottenuta a valore aggiunto10 Ricavi di vendita e prestazioni

Variazione rimanenze di prodotti Altri ricavi e proventi

Valore della produzione Costi per materie

Variazione rimanenze di materie Costi per servizi

Costi per godimento beni di terzi Oneri diversi di gestione

VALORE AGGIUNTO Salari e stipendi

Oneri sociali TFR e altri costi

MARGINE OPERATIVO LORDO (EBITDA) Ammortamento immobilizzazioni

Svalutazione crediti nell’attivo circolante

Accantonamento per rischi e altri accantonamenti MARGINE OPERATIVO NETTO (EBIT) Proventi e oneri finanziari

Proventi e oneri straordinari Risultato prima delle imposte Imposte sul reddito di esercizio Utile (perdita) di esercizio

(27)

28

Il primo aggregato che si ottiene: “valore della produzione”, evidenzia l’entità di quanto si è prodotto e non di quanto si è venduto, perché è determinato dalla somma algebrica tra i ricavi e la variazione delle rimanenze e il valore dei lavori in corso; infatti un aumento delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione o finiti deve aggiungersi ai ricavi.

Il Valore Aggiunto è “il valore che l'attività di trasformazione dell'impresa aggiunge ai beni e servizi già presenti sul mercato”.11

Altri due aggregati parziali hanno rilevanza sul piano economico e sono: il Margine Operativo Lordo o EBITDA12, che non risente delle politiche di bilancio e che rappresenta in via

approssimativa il flusso di cassa operativo corrente e il Margine Operativo Netto o anche EBIT che rappresenta il reddito che un’impresa è in grado di generare prima della remunerazione del capitale proprio e di terzi.

Ovviamente anche questa riclassificazione presenta dei limiti, poiché dovrebbe presupporre la conoscenza di informazioni che di solito non sono reperibili all’interno del Bilancio d’esercizio che rappresenta la fonte informativa per l’analista esterno, infatti potrebbero mancare informazioni sulle voci: “altri ricavi e proventi”, “ammortamenti e svalutazioni”,

“oneri diversi di gestione”, voci che ho considerato nelle riclassificazioni seguenti, laddove

non precisato nella Nota Integrativa, interamente afferenti alla gestione caratteristica seguendo l’impostazione di Silvi e Sostero, Ferrarese.

11 Silvi R. “, “Analisi di bilancio. La prospettiva manageriale” , 2012 p.82 12 Sostero, Ferrarese: “L'analisi economico-finanziaria di bilancio” 2014

(28)

29 2.2 Calcolo degli indici di bilancio

Terza fase, dopo aver riordinato i dati dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico per renderli più rispondenti alle esigenze dell’analisi, è la determinazione degli indici per indagare lo stato reddituale, finanziario e patrimoniale ma per fornire valore all’analisi deve essere effettuato un confronto temporale degli stessi.

2.2.1 Analisi della redditività

Per indagare lo stato reddituale si utilizzano degli indicatori economico-patrimoniali che permettono il confronto tra una configurazione di risultato economico e il capitale che ha generato quel risultato.13

Gli indici di redditività vanno a rapportare flussi di reddito a stock di capitale per poter valutare l’andamento storico e poter dimostrare sulla base di quest’ultimo, scelte di gestione che appaiono più opportune.

I quozienti calcolati fondamentali sono:

• il R.O.E. (Return on equity) che esprime la redditività del capitale di rischio dell’azienda ed il grado di soddisfacimento delle attese della proprietà aziendale e che fornisce informazioni sulla capacità dell’impresa di autofinanziarsi.

“È un indice sintetico dell’economicità della gestione e fornisce anche una prima

indicazione del tasso di sviluppo sostenibile, vale a dire dell’incremento possibile degli investimenti, se non si distribuiscono utili, senza aumentare il tasso di indebitamento”14

ROE = (Risultato di esercizio/ Patrimonio netto)*100

Si potrebbe determinare anche il ROE Lordo, al lordo delle imposte, considerando il reddito lordo e rapportandolo al capitale netto qualora le aziende lavorassero in aree geografiche differenti e quindi con una pressione fiscale differente, oppure nel caso di modifiche sostanziali di normative: questo permetterebbe di “sterilizzare” l’effetto di pressioni fiscali differenti. Nei casi oggetto di analisi si è calcolato il ROE netto nella configurazione tradizionale perché le aziende operano nel territorio nazionale.

13 Appunti di “Analisi economico-finanziaria” a.a. 2016-2017 Prof.ssa Talarico L. 14 Sostero, Ferrarese, “Analisi di Bilancio” (2000)

(29)

30

• il R.O.I. (Return on investment) che indica la redditività operativa dell’azienda in rapporto ai mezzi finanziari impiegati e permette di misurare il ritorno della gestione operativa e per risultare soddisfacente, deve essere superiore almeno al ROE e al costo dei mezzi finanziari di terzi.

ROI = (Reddito operativo/Capitale investito netto operativo)*100

Altro indicatore che nella prassi aziendale permette di generare informazioni similari è il R.O.A (Return on asset) che esprime il rendimento di tutte le risorse impiegate nell’impresa al lordo del costo sostenuto per acquisirli.

ROA = (Reddito operativo/Attivo netto) dove l’attivo netto deriva dalla riclassificazione dello stato patrimoniale secondo il criterio finanziario e non secondo il criterio gestionale per determinare il Capitale investito netto.

La differenza tra i due indici è nel denominatore, perché nel caso del ROI cosi considerato, abbiamo il capitale investito netto nell’area operativa, quindi la prima differenza è insita “nell’area operativa” e vuol dire che se vi sono voci riferibili all’area extra-caratteristica, queste non vanno considerate, mentre nel ROA si considerano. Anche se non vi fosse l’area extracaratteristica, vi sarebbe sempre un elemento di disomogeneità perché il capitale investito nell’area operativa è al netto delle poste rettificative dell’attivo come il fondo ammortamento, fondo svalutazione crediti e anche al netto delle passività spontanee, cioè al netto dei debiti di funzionamento. Usando invece l’attivo netto al denominatore, tutto quello che è capitale investito, viene considerato indipendentemente dalle aree a cui fa riferimento, perché nella riclassificazione finanziaria non sono state prese in considerazione. Il capitale investito netto operativo rappresenta quindi tutto il capitale, in termini di impieghi ma anche di fonti riferibili alla gestione caratteristica. Quindi quando si mette a confronto un flusso di reddito con uno stock di capitale è come se, dal punto di vista logico, si desse per assodato che il capitale contribuisce a generare quel flusso di reddito al numeratore, e nel capitale investito complessivo che si utilizza nel ROA il flusso di reddito viene confrontato non solo con gli investimenti ma anche con alcune fonti che nascono spontaneamente dallo svolgimento della gestione operativa. Queste ultime possono incidere sul reddito operativo: ad esempio ci può essere una differenza tra le condizioni che sono applicate all’azienda quando si rifornisce di

(30)

31

materie prime o di servizi, a seconda che il regolamento sia a pronti o a termine, potendo così godere oppure no, di condizioni di pagamento più vantaggiose. In generale è il caso degli oneri impliciti, cioè di un costo d’uso del capitale che nasce in operazioni in cui si negoziano beni o servizi con un pagamento differito.

L’alternativa sarebbe invece intervenire sul numeratore e quindi depurare il reddito operativo dagli oneri finanziari impliciti, ma esplicitare e scorporare gli oneri finanziari impliciti con un’analisi esterna potrebbe essere molto complesso ed aleatorio, non potendo aver accesso ad informazioni in merito alle transazioni tra azienda e fornitore. Pertanto il modo alternativo di operare è sottrarre dal capitale investito le passività spontanee o operative. (Sostero U. Ferrarese, 2016)

Dal ROI si può effettuare un’analisi di redditività aggiuntiva, perché si possono estrapolare due ulteriori indicatori, quali il R.O.S ed il Turnover del Capitale.

• il R.O.S. che misura la redditività delle vendite; è un indicatore che viene influenzato dal settore in cui opera l’azienda.

• il Turnover del capitale che esprime la capacità del capitale investito di produrre ricavi, infatti al numeratore si trovano i ricavi netti di vendita esplicazione della quota di mercato detenuta dall’impresa, mentre al denominatore vi è il capitale investito netto dell’area caratteristica che mostra le risorse investite dall’azienda per operare nel mercato dal quale genera quei ricavi di vendita.

(31)

32 2.2.2 Analisi della liquidità

Per indagare invece la solidità patrimoniale dell’impresa, dopo aver riclassificato lo Stato Patrimoniale secondo il criterio finanziario, si possono ricavare i quozienti di liquidità e di struttura che permettono di determinare le correlazioni tra le fonti e gli impieghi e poter valutare la capacità dell’azienda di mantenere un equilibrio finanziario nel lungo termine.

• il Margine di tesoreria è finalizzato ad evidenziare la capacità dell’azienda di far fronte agli impegni di breve periodo con le risorse disponibili.

Margine di tesoreria = (liquidità immediate + liquidità differite) - Passività correnti Questo margine per definirsi positivo dovrebbe essere maggiore di zero, ma anche un valore inferiore potrebbe essere tuttavia accettabile perché dipende dalle caratteristiche del mercato in cui opera l’azienda. Lo stesso può calcolarsi sotto forma di Indice, Quoziente di tesoreria = (liquidità immediate+ liquidità differite) / Passività correnti • il Margine di disponibilità o Capitale Circolante netto, ricomprende nell’attivo corrente

anche le Rimanenze, in quanto queste ultime risorse che possono essere alienate integralmente o anche solo in parte.

Margine di disponibilità = (Attivo corrente - Passivo corrente) e anche per questo indice, per esprimere un giudizio positivo ci si aspetta un valore maggiore di zero. Un valore negativo di questo margine rappresenta una situazione più critica rispetto ad un Margine di tesoreria negativo, perché neppure attraverso la potenziale cessione delle Rimanenze i creditori sociali possono essere soddisfatti nel breve periodo e anche perché dismettere il magazzino potrebbe avere un impatto negativo sull’operatività aziendale.

Il quoziente che si può determinare è l’Indice di disponibilità = Attività correnti/Passività correnti.

Un valore del margine di tesoreria negativo e un CCN positivo indica invece una situazione di scarsa liquidità, dato che il magazzino gioca un ruolo fondamentale per gli equilibri finanziari nel breve periodo.

Quindi in via generale, l’indice di disponibilità e il quoziente di tesoreria, per potersi pronunciare positivamente, dovrebbero essere maggiore di 1, ma per poter compiere una valutazione, sarebbe opportuno porre a confronto tali indici con quelli medi di settore o confrontati con i principali competitors nel mercato in cui operano.

(32)

33 2.2.3 Analisi della solidità

L’analisi della solidità riguarda gli impieghi, le fonti e la correlazione tra fonti e impieghi e deriva dallo Stato patrimoniale riclassificato secondo la logica finanziaria e secondo la logica gestionale.

• Indice di rigidità degli impieghi = (attivo immobilizzato/ Capitale investito) • Indice di elasticità degli impieghi = (attivo circolante/ Capitale investito)

Quando l’attivo corrente ha un peso elevato, si può dedurre che l’azienda presenta una situazione di elasticità, nel caso contrario, di rigidità.

Dato che l’attivo corrente e l’attivo immobilizzato inglobano molteplici poste che possono presentare varie particolarità, questi due indici potrebbero essere a loro volta scomposti in indici di secondo livello che permettono di valutare il peso degli asset che compongono l’attivo dello Stato Patrimoniale, in base alle esigenze dell’analisi, rapportandoli al totale degli impieghi, ad esempio: rimanenze / totale degli impieghi; crediti commerciali / totale degli impieghi ecc.

• Indice di indipendenza finanziaria = (capitale proprio/ Totale attivo)*100

Questo indice esprime il grado di autosufficienza dell’azienda. Il valore dell’indice di autonomia finanziaria evidenzia la capacità del capitale proprio, di far fronte ai finanziamenti. Il totale dei finanziamenti deriva dal totale delle passività più il patrimonio netto. Poiché non esiste un valore determinato per potersi esprimere sul livello soddisfacente di autonomia finanziaria da parte dell’azienda, attraverso uno schema di riferimento basato su evidenze empiriche, 15 si può affermare che un indice

inferiore a 33% segnala una bassa autonomia finanziaria e una struttura finanziaria pesante; valori compresi tra 33% e 50% segnalano una struttura finanziaria da tenere sotto controllo; valori tra 55% e 66% evidenziano una struttura soddisfacente; valori superiori a 66% indicano notevoli possibilità di sviluppo, anche se un valore troppo alto potrebbe non essere positivo dal punto di vista manageriale, perché in tal senso si

(33)

34

sfrutterebbero poco i benefici derivanti dalla leva finanziaria, ossia dal ricorso all’indebitamento che porta vantaggi soprattutto di natura fiscale.

• Quoziente di struttura primario = (Capitale Proprio/attivo immobilizzato netto)*100 Un quoziente maggiore di 1 sta ad indicare che il capitale proprio finanzia tutto l’attivo fisso e una parte dell’attivo circolante. Questa sarebbe una situazione ideale perché tutti gli investimenti durevoli sono finanziati con finanziamenti permanenti e quindi non vi sono problemi sulle tempistiche di rimborso; mentre se inferiore a 1, significa che una parte del fabbisogno durevole viene coperto da debiti a medio-lungo termine. A questo punto occorre leggere tale indice con il quoziente di struttura secondario.

• Quoziente di struttura secondario = [(capitale proprio + passività consolidate) / attivo immobilizzato netto ]*100

Questo indice è quello maggiormente rappresentativo di una correlazione equilibrata tra fonti-impieghi: se maggiore di 1, allora l’attivo fisso è coperto dal Capitale Proprio e dalle passività consolidate. Se inferiore ad uno, allora una parte delle passività a breve copre la quota di attivo fisso residua e questa sarebbe una situazione negativa in quanto l’azienda dovrebbe ricorrere ad esempio, come caso estremo ma significativo, ad uno scoperto di conto corrente, sostenendo maggiori oneri finanziari. In questo caso l’azienda dovrebbe attivarsi per accendere nuovi finanziamenti a medio-lungo termine, soprattutto se prevede effettuare nuovi investimenti.

(34)

35

Capitolo 3 ANALISI DI BILANCIO DEI CASI AZIENDALI

3.1 I casi esaminati e il settore di appartenenza

Tre delle aziende oggetto di analisi, Canon, Ricoh e Kyocera, appartengono al settore identificato dal codice ATECO: 46.66.00 che comprende le aziende che svolgono l’attività di commercio di macchine ed apparecchiature per ufficio, esclusi computer ed apparecchiature informatiche periferiche.

Sono aziende che si rivolgono soprattutto al mercato B2B, nel quale ora è necessario offrire servizi molto sofisticati per vendere il prodotto come l’installazione e la configurazione delle apparecchiature.

Dalla rielaborazione dei dati disponibili nella banca-dati Aida Bureau Van Dijk, il settore codificato Ateco 46.66.00 risulta essere molto concentrato poiché vede la presenza di cinque aziende che si spartiscono gran parte del volume d’affari; queste però offrono prodotti, dal punto di vista operativo e tecnico, molto simili e quindi corrono il rischio di incorrere in una competizione di prezzo a svantaggio di tutti, perciò la competizione si sta spostando sull’offerta di servizi che permette la differenziazione.

Xerox, che è uno dei casi aziendali analizzati, non fa parte secondo l’ISTAT di questa categoria merceologica e presenta un codice Ateco differente, ma è stato incluso nell’analisi perché rappresenta un efficace confronto con le altre aziende, poiché è una delle aziende pioniere del processo evolutivo delle aziende manifatturiere verso l’Industria 4.0 e del servizio.

Il settore ha subìto grandi trasformazioni dagli anni’80, con l’ingresso delle aziende come Canon e Ricoh che si sono rivolte alla fascia di mercato non occupata da Xerox, offrendo apparecchiature più economiche e più piccole. Canon è stata l’azienda che è riuscita ad implementare la migliore strategia nella sfida contro Xerox, riuscendo a ridurre i costi delle strutture di magazzino, ad abbreviare i tempi di consegna dei prodotti, e ad assemblare prodotti che risultavano avere meno difetti di fabbricazione (Rogowky,2009)16.

(35)

36

La tecnica che però ha segnato l’evoluzione delle aziende produttrici di apparecchiature e macchine per ufficio, deriva proprio dall’esperienza di Xerox, che per prima ha deciso di puntare sul canone di comodato pagato dal cliente, su base fissa per l’attrezzatura, con una quota variabile legata al consumo, mantenendo la proprietà della macchina, dato che il valore del bene è legato al suo utilizzo e non alla proprietà di esso.17

Oggi, queste aziende offrono servizi disparati, che vanno dalla valutazione e monitoraggio dei dispositivi installati, alla progettazione degli hardware e software per il raggiungimento degli standard qualitativi e prestazionali. Attraverso i servizi di monitoraggio possono controllare l’operato dell’utente per capire le necessità, le medie e i volumi di stampa e di utilizzo delle apparecchiature; attraverso i servizi di monitoraggio remoto possono fornire supporto e rifornimento dei toner e delle attrezzature. Esse offrono anche servizi finanziari che comprendono servizi di finanziamento, leasing e noleggio e servizi ambientali per lo smaltimento dei materiali esauriti.

17 “Modello Xerox”, Confindustria, 2015

(36)

37

3.2 CANON ITALIA S.p.A.

3.2.1 La gestione aziendale

L’azienda Canon Italia Spa è una società filiale del gruppo giapponese Canon Inc, appartenente all’area EMEA, gruppo che consta di oltre 18000 dipendenti e sviluppa soluzioni per l’imaging. EMEA è un acronimo usato in ambito commerciale e dato che le multinazionali dividono il mercato mondiale in macro aree, EMEA rappresenta un’area che comprende l'Europa, il Medio Oriente e l’Africa, includendo nell’Europa anche la Russia e nel Medio Oriente anche Arabia Saudita e Iran.

L’offerta di Canon si caratterizza per un vasto portafoglio di prodotti che coprono esigenze di stampa per le PMI e grandi imprese.

Essa opera in vari segmenti di mercato, tra cui: Business Solutions, Consumer Imaging, Industrial Products e comunicazione.

La società si avvale di politiche e reti distributive che seguono il cliente in ogni sua fase, sia nell’ambito commerciale, sia in quello tecnico18.

Un fattore particolarmente di rilievo per l’indagine che sto sviluppando consiste nel fatto che questa azienda ha raggiunto livelli eccellenti di efficienza della rete di assistenza tecnica, ottenendo già nel 1997 l’attestato di qualità UNI EN ISO 9002 per i servizi di assistenza. La norma riguarda il Sistema Qualità, è un modello per l’assicurazione della qualità nella fabbricazione, installazione ed assistenza. Specifica i requisiti di un modello “sistema qualità” che può essere adottato dai fornitori per dimostrare le proprie capacità agli stakeholders e da clienti, o organismi di certificazione per valutare la capacità del fornitore di fornire determinati prodotti/servizi. I requisiti elencati nella norma sono complementari a quelli previsti per il prodotto/servizio e richiedono di dimostrare la capacità di garantire la corretta erogazione dei servizi con controlli e collaudi.

Riferimenti

Documenti correlati

• Nuovi impianti per il trattamento delle matrici già conosciute (liquami suini e bovini) applicando il concetto della co- digestione e della valorizzazione del

Tribunale di Torino, 9-05-2007, in Foro it., 2007, I, 3550, controversia tra la società Gianfranco Ferré contro Società Universal Trading Company, in cui il

Si precisa inoltre che il Consorzio non ha contabilizzato le imposte anticipate pari ad € 85.846 relative alle perdite fiscali utilizzabili in compensazione dei

Corte di Cassazione - copia non ufficiale.. un'attività professionale o imprenditoriale, non già da una persona fisica, il cui maggior reddito accertato, non a caso, è stato

Tanto premesso, con riferimento al caso di specie, si fa presente che - in presenza di tutti i requisiti richiesti ai fini dell'agevolazione in commento e fermo restando

sono presenti due contratti di finanziamento, la cui esposizione finanziaria è iscritta nel passivo corrente, che presentano clausole che potrebbero comportare

Paolo Ramundo è celebrato per lo straordinario artificio di Cobragor, l’azienda cooperativa.. agricola (c’è anche l’Agriturismo) che coltiva dal 1977 decine di ettari di frutta

Per quanto riguarda la vendita delle azioni proprie il Consiglio di Amministrazione stabilirà di volta in volta, in conformità alla normativa applicabile e/o alle prassi di