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Il castagno: una risorsa per la ripresa delle aree interne

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Il castagno: una risorsa per la ripresa delle aree interne

Research · December 2020 CITATIONS 0 READS 5 3 authors:

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Il castagno: una risorsa per la ripresa delle aree interne

Figura 1 - La risorsa castagno.

In Europa, il castagno occupa un’area grande più o meno quanto il Piemonte, di cui circa il 90% è concentrato nelle aree montane dei Paesi della fascia mediterranea (Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Svizzera). In Italia, la specie è diffusa in tutto l'arco alpino e appenninico, in particolare nelle aree submontane (tra i 500 e 1000 m di altitudine) e ha un’estensione che equivale a circa l’area del Friuli-Venezia Giulia.

In passato, la versatilità del castagno e la sua capacità di fornire oltre al frutto diversi prodotti legnosi (legname da opera e legna da ardere), non legnosi (funghi e tartufi) e servizi ecosistemici, come ad esempio la regimazione delle acque, ne hanno incentivato la diffusione sulle colline e le montagne del territorio nazionale, caratterizzando la cosiddetta “civiltà del castagno”. Dal secondo dopoguerra, tuttavia, a seguito della diffusione di diverse malattie (mal d’inchiostro e cancro corticale del castagno) e parassiti (cinipide galligeno del castagno), e dei molti cambiamenti socioeconomici (es. sviluppo del settore terziario a discapito di quello primario e secondario ), si è assistito ad un progressivo abbandono della coltivazione del castagno, e ad un invecchiamento dei castagneti esistenti che ha spesso determinato condizioni di instabilità dei versanti e problemi di dissesto idrogeologico. La combinazione di queste ed altre condizioni sfavorevoli (tra cui l’eccessiva frammentazione fondiaria, le difficili condizioni orografiche e la mancanza di un’adeguata infrastruttura viaria), ha ricadute simili su tutto il contesto nazionale e su altre tipologie di boschi. Questo ha determinato che solo una piccola parte della superficie boscata italiana è sottoposta annualmente ad un’utilizzazione forestale (circa 2%). Il prelievo di legname stimato è tra il 18 e il 37% dell’incremento annuo, rendendo così l’Italia tra i Paesi con il più basso tasso di utilizzazione forestale in Europa continentale, che è di circa il 54% dell’incremento annuo.

Quale potrebbe essere il futuro del castagno in Italia?

Un recente studio condotto dal gruppo di ricerca in economia forestale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli Studi di Torino ha provato a fornire una panoramica sui punti di forza, punti di debolezza, opportunità e minacce legati alla risorsa castagno,

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proponendo - coerentemente con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile promossi dall’Agenda 2030 dell’ONU - delle possibili strategie per la sua valorizzazione come risorsa chiave per il rilancio socioeconomico delle aree interne (cioè quelle aree distanti dai principali centri di offerta di servizi

essenziali).

Le strategie proposte permetterebbero di valorizzare il castagno sia dal punto di vista ambientale, che economico e sociale. Nello specifico la prima strategia punta a promuovere una gestione attiva e sostenibile dei boschi di castagno, data la sua ampia disponibilità sul territorio nazionale. Dove per gestione attiva si intende l’adozione di interventi e cure colturali del bosco al fine di garantire le sue funzioni ambientali, socioeconomiche e culturali e di mantenere dei buoni livelli di resistenza e resilienza. Mentre per gestione sostenibile consente al bosco di garantire al contempo la biodiversità, la capacità di produrre legname e la vitalità. La gestione deve poi avere una concezione olistica, quindi capace di valorizzare non solo il legname, ma anche i prodotti che si ricavano dal sottobosco, come ad esempio funghi e tartufi e i servizi ecosistemici, quali l’assorbimento di CO2 atmosferica e la protezione contro rischi naturali, come frane superficiali e cadute massi.

La seconda strategia mira a promuovere l’uso della risorsa nel contrasto al cambiamento climatico in corso. Per fare ciò è importante l’adozione di piani, programmi e politiche che a diverse scale spaziali e temporali prevedano la gestione attiva dei boschi. Per una buona riuscita di tali intenzioni dovrebbero essere coinvolti tutti gli attori della filiera, sia pubblici sia privati, e della società civile. Da qui l’importanza del continuo sviluppo della ricerca, delle attività di formazione degli operatori del settore forestale e della comunicazione finalizzata alla sensibilizzazione dei decisori politici, dei diversi portatori di interesse e dei cittadini.

La terza strategia mira a superare alcune debolezze, come l’eccessiva frammentazione fondiaria e la scarsa pianificazione forestale, mediante nuove opportunità. Opportunità che spaziano dalla creazione di network, forme di cooperazione tra proprietari boschivi, tecnici, gestori forestali e imprese forestali per organizzare su scala ampia l’offerta di legname tagliato e creare una massa critica rispetto al mercato. In questo modo si può creare una fonte di approvvigionamento stabile e continua per le imprese di trasformazione, che utilizzerebbero materiale di provenienza locale riducendo la dipendenza dal mercato estero. Questa strategia potrebbe naturalmente evolvere verso l’istituzione di un marchio di qualità volto a certificare la sostenibilità, l’origine e la qualità della risorsa castagno.

Infine, la quarta strategia, mira a ridurre i difetti tecnologici della specie e la forte concorrenza estera promuovendo un’innovazione di processo e di prodotto della risorsa. La prima tramite investimenti verso un’industria 4.0 superando l’attuale sistema produttivo fortemente legato alla tradizione e sovente poco efficiente. La seconda attraverso la valorizzazione di prodotto tipica dell’industria manifatturiera italiana, con oggettistica di design che contenga al suo interno, il forte know-how storico sulla lavorazione della risorsa e l’utilizzo di materiale di provenienza locale.

Il futuro del castagno in Italia è nelle mani di molti portatori di interessi, non solo la politica ma anche il settore produttivo e la coscienza civile. Infatti la corretta gestione dei boschi ha effetti sulla vita di tutti noi, dalle cose più piccole e materiali fino agli aspetti sociali, con un occhio anche per le generazioni future che passa dalla mitigazione del cambiamento climatico in corso.

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