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Alcune considerazioni sulla ceramica ingobbiata tra Jonio e Tirreno nella Calabria medievale

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(1)

FoRME E LINGUAGGI

DELLA CERAMICA CALABRESE

DAL MEDIOEVO AL XX sECOLO

1a韮輩諾

sotto vetrina

a cura di

(2)

C,e un創o che lega quasi tutte le forme “rivesdte,, de皿

Ceramica popolare calabrese, daue prime espressio血attestate

intomo al XII secoIo fino aHe sapide creazioni dei ceramisd

di Seminara, anCOra Og包attivi al piedi dell’Aspromonte:

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Si a任料ma come quella pi心consona ai contesd socioeconomici e a11e risorse geoIo包che del territorio, ma anChe,

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(4)

A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 25

vento di San Francesco aveva una destinazione d’u-so differente, come si è potuto evincere nelle cam-pagne di scavo svolte in Piazza delle Tre Chiese e nell’attiguo chiostro del complesso monastico appena citato.

Lo scavo di Piazza delle Tre chiese (fig. 2/B; fig. 7) non è stato pubblicato. Tuttavia, i molti confron-ti avuconfron-ti con chi ha seguito il canconfron-tiere ci hanno per-messo di capire che in questa porzione della città

ci fossero delle strutture fondate sulla roccia inta-gliata e con l’elevato realizzato con integrazioni in muratura. A queste erano connesse delle pavi-mentazioni in calcina.

Le architetture identificate potrebbero essere mes-se in relazione sia ad aree abitative più umili sia a botteghe artigianali, considerando la presenza con-centrata, in uno dei vani, di un numero abbondante di utensili in ferro. Importanti i dati di scavo pre-sentati in questa sede da Annamaria Villari. Tale ipotesi potrebbe essere ben supportata dai dati degli scavi realizzati nel chiostro del convento di San Francesco4(fig. 2/C).

In questo caso, la stratigrafia è stata in gran parte danneggiata dai lavori inerenti la costruzione del carcere, nel XIX secolo. Pur tuttavia, nella parte orientale dell’area claustrale, sono emersi alcuni ambienti riconducibili ad attività artigianali quali buche scavate nel plateau roccioso (fig. 8), caratte-rizzate da terra rubefatta (fig. 9) e ricollegabili ad attività di forgia di cui sono testimonianza le sco-rie recuperate, oppure da fosse da telaio (fig. 10) entro le quali sono stati rinvenuti, oltre ad un peso da telaio in ceramica acroma, anche dei ciottoli di fiume di varie dimensioni, probabilmente utilizza-ti come rudimentali pesi per tendere l’ordito. Le strutture relative agli edifici abitativi sono carat-terizzate da due tecniche costruttive: la prima, in continuità con quelle messe in luce sia in P.zza

del-G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE

1.1. Brevi cenni sui contesti archeologici

La ricerca relativa alla ceramica ingobbiata in Cala-bria ha ricevuto, negli ultimi anni, un notevole incremento grazie agli studi effettuati ed egregia-mente pubblicati.

Ed è proprio per dare un contributo utile al pro-sieguo delle indagini su questa classe di materiale, si è deciso di seguire le tracce – per altro condivi-se – suggerite da Cuteri e Salamida che hanno pro-posto di considerare i villaggi abbandonati; i com-plessi monastici; le aree urbane, le zone portuali; le fortificazioni o residenze feudali2.

In quest’ottica si presentano i materiali rinvenuti a Gerace (area urbana), a Tropea e Gioia Tauro (città portuali), a Sant’Andrea Apostolo dello Jonio (edificio ecclesiastico) (fig. 1).

La cronologia medievale del sito di Gerace copre un periodo ampio, ma le fasi che interessano in questo specifico contesto sono ascrivibili all’età sveva ed angioina. La città è stata archeologica-mente indagata in più parti (fig. 2) e solo in un sito, quello della chiesa dell’Annunziatella, non è stata rinvenuta ceramica ingobbiata.

Il complesso dell’Episcopio (fig. 2/A; fig. 3), ha restituito una serie di strutture (fig. 4) che hanno completamente obliterato, senza distruggerle, le fasi normanne collegabili all’edificazione della cat-tedrale3(fig. 5).

Si tratta, certamente, di edifici abitativi

apparte-nenti ad un livello sociale agiato in virtù sia del-l’ampiezza dei vani, caratterizzati da elevati con fila-ri di pietra ben lavorati e dagli angolafila-ri squadrati (fig. 6), sia da materiale ceramico da mensa, rinve-nuto in strato, di buona qualità.

Se l’area attigua alla cattedrale aveva peculiarità resi-denziali, quella che si sviluppava intorno al con-24

Alcune considerazioni sulla ceramica ingobbiata tra Jonio

e Tirreno nella Calabria Medievale

Giorgio Di Gangi, Chiara Maria Lebole

Desideriamo ringraziare Monica De Marco e Marco Ricci per aver organizzato questo convegno. Ricordiamo i confronti proficui con coloro che hanno partecipato alle due giornate dedicate alla ceramica ingobbiata e, in particolar modo, rin-graziamo Annamaria Villari e Giuseppe Bruno con i quali gli scambi di opinione ci hanno permesso di avere un orizzon-te più ampio su questa classe ceramica grazie alla loro esperienza maturata in anni di lavoro. Infine, ricordiamo che tutta la nostra attività di ricerca si è svolta sotto la direzione della dott.ssa E. Lattanzi, Soprintendente della Calabria: la ringrazia-mo per la sua disponibilità. Ringraziaringrazia-mo, inoltre, gli ispettori delle relative zone indagate.

2F.A. Cuteri, P. Salamida, Ceramiche da mensa di età rinascimentale in Calabria. Forme e decorazioni dell’ingubbiata e graffita, in

Archeo-logia e ceramica. Ceramica ed attività produttive a Bisignano ed in Calabria dalla preistoria ai giorni nostri, Atti del Convegno, a cura

di A. La Marca, Bisignano 25-26 giugno 2005, Rossano 2005, p. 168.

3G. Di Gangi, C.M. Lebole, V. Serneels, L’area dell’episcopio a Gerace (RC): un esempio di variazione d’uso tra età prenormanna ed

aragonese, Atti del II Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di G.P. Brogiolo, Brescia 28 settembre-1

otto-bre 2000, Firenze 2000, pp. 100-106.

4G. Di Gangi, C.M. Lebole, Gerace (RC), complesso di S. Francesco, 2002, in “Archeologia Medievale”, XXX, 2003, pp. 493-494.

Fig. 1. Carta della Calabria centro-meridionale, con l’ubicazione dei siti citati nel testo.

Fig. 2. Gerace (RC). Indagini archeologiche svolte dagli autori. A) Area dell’Episcopio B) Piazza delle Tre chiese C) Complesso di San Francesco D) Seminario Maggiore E) Santa Maria del Mastro F) Santa Caterina d’Alessandria.

A

D B F

E C

Fig. 3. Gerace. Complesso dell’Episcopio. Fig. 3b. Gerace. Complesso dell’Episcopio, particolare dell’area di scavo.

(5)

A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 27

mici di buona qualità: qui la percentuale di cera-mica da mensa è decisamente significativa. Nelle altre zone indagate, gli edifici abitativi si interse-cavano con quelli produttivi. In entrambi i casi le tecniche costruttive risultano essere meno accu-rate e la ceramica d’uso comune è percentualmente superiore rispetto a quella rivestita.

Il fatto che a Gerace ci fosse un gruppo social-mente privilegiato è anche testimoniato dai dati relativi agli scavi degli ossari di S.ta Maria del Mastro (fig. 2/E; figg. 14-15). Infatti, in uno di que-sti, sono state trovate delle calzature in cuoio di buona qualità datate (fig. 16), per confronti tipo-logici e tecniche di lavorazione, al basso medioe-vo5, unitamente a fibbie circolari con ardiglione

mobile, realizzate in bronzo e/o ferro, datate tra la metà del XIII ed il XIV sec.6

Gli individui sono stati inumati completamente vestiti con cinture, scarpe e semplici anelli non sub-endo la spoliazione di questi beni potenzialmente riutilizzabili, permettendoci di confermare una cer-ta agiatezza economica.

Anche dalle analisi antropo-logiche si evince che la popo-lazione era sana, senza caren-ze alimentari e relativamente longeva, con pochi individui affetti da gravi patologie o malformazioni fisiche7.

Sia a S.ta Maria del Mastro sia a S.ta Caterina d’Alessandria (fig. 2/F) sono state rinvenute brocchette in ceramica ingob-biata policroma, reimpiegate come materiale per alleggeri-re le volte: sul corpo sono evi-denti le tracce di malta (figg.

17-18).

Sempre sul versante Jonico, nel territorio di San-t’Andrea Apostolo dello Jonio (fig. 1), presso il tor-rente Salùbro, si trova la piccola chiesa rurale di San Martino poi titolata S.ta Maria del Campo (fig.

19). Nella zona absidale, obliterati da una

massic-cia tamponatura in pietra (fig. 22), sono emersi dei pregevolissimi affreschi che completano il ciclo pit-torico il cui programma iconografico è fortemen-te legato alla « …cultura figurativa di matrice tar-do comnena» (fig. 20)8. La datazione proposta,

con-siderando anche i dati stratigrafici, è la prima metà del XIII sec.

Inoltre, nel sagrato è stata indagata una serie di sepolture scavate nella roccia, coperte con delle macine litiche, databili alla metà del XIII - inizi XIV sec. (fig. 21).

Pochi i rinvenimenti ceramici: tra questi è attesta-ta dell’ingobbiaattesta-ta policroma.

Sul versante Tirrenico, due sono gli scavi qui pre-sentati: Tropea e Gioia Tauro (fig. 1).

Il sito di Tropea (fig. 23) è stato da noi indagato in quattro zone specifiche: il cortile dell’episcopio,

G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE

le Tre Chiese sia nei saggi svolti nel cortile del semi-nario maggiore (fig. 2/D; fig. 11), è realizzata con una tecnica mista roccia/muratura (fig. 12). La seconda (fig. 13), più accurata, presenta tessiture murarie con filari regolari di pietre di medie dimen-sioni, legate tra loro con malta tenace e ricca di inclusi.

In questi ambienti è stata rinvenuta della cerami-ca ingobbiata policroma.

Quanto emerso dai diversi saggi a Gerace ci per-mette di tracciare un quadro dell’assetto urbani-stico, per il periodo compreso tra XIII e XV sec., abbastanza attendibile.

Presso la cattedrale si articolava la parte residen-ziale della città, con costruzioni e manufatti cera-26

5Considerando la morfologia della rocca di Gerace, si rese necessario costruire degli ossari in modo da evitare di

seppelli-re lungo le strade della città che già erano sfruttate per questo uso non del tutto salubseppelli-re. Questo ci fa pensaseppelli-re che le sette sepolture comuni trovate a S.ta Maria del Mastro fossero utilizzate, in base anche al notevole numero di individui ricono-sciuti, anche per la parte alta della città e non solo per la zone del Borgo. Alcune delle suole rinvenute non hanno segni di usura, facendo ipotizzare il loro utilizzo su pavimenti lisci. Inoltre, sono state ritrovate dei guardioni, cioè delle strisce di cuoio che venivano cucite tra la tomaia e la suola lungo il perimetro interno della calzatura o solo intorno al tallone, in modo da rendere più serrata la cucitura. Il loro uso è attestato a partire dalla fine del XII sec. in ambito inglese vd. P. Bor-garelli, I reperti in cuoio a Gerace, in G. Di Gangi, C.M. Lebole, C. Sabbione, Scavi medievali in Calabria. Gerace 3, in “Archeo-logia Medievale”, XX, 1993, pp. 475-479.

6C.M. Lebole, 1993, Manufatti metallici e reperti votivi, in G. Di Gangi, C.M. Lebole, C. Sabbione, Scavi medievali in Calabria…cit.,

pp. 468-475.

7Gli individui dei sei ossari indagati a S.ta Maria del Mastro-Gerace, erano assai longevi: il 39,7% è inseribile nella classe

adulto/giovane ed adulto (18-44 anni), mentre ben il 60,3% rientra tra gli adulti-senili. Inoltre, la presenza di carie indica

Fig. 5. Gerace. Complesso dell’Episcopio. Ambienti basso medievali. A destra è visibile la forgia di età normanna.

Fig. 6. Gerace. Complesso dell’Episcopio: prospetti. Fig. 4. Gerace. Complesso dell’Episcopio. Ambienti basso medievali.

Fig. 7. Gerace. Piazza delle Tre Chiese.

Fig. 8. Gerace. Complesso di San Francesco: plateau roccioso. Fig. 9. Tracce collegabili all’atti-vità metallurgica.

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A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 29 G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE 28

Fig. 11. Gerace. Seminario Maggiore.

Fig. 12. Gerace. Seminario Maggiore:

tes-situra muraria mista roccia/muratura. Fig. 13. Gerace. Complesso di San Francesco: tessiture murarie.

Fig. 14. Gerace. Santa Maria del Mastro. Fig. 15. Gerace. Santa Maria del Mastro: planimetria con gli ossari evidenziati nell’ovale rosso. Autori: G.Di Gangi, C.M.Lebole.

Fig. 16. Gerace. Santa Maria del Mastro: scarpe in cuoio.

Fig. 18. Gerace. Santa Maria del Mastro: brocchette ingobbiate policrome.

Fig. 17. Gerace. Santa Maria del Mastro: brocchetta ingobbiata poli-croma.

(7)

A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 31 Largo Duomo, Largo

Galluppi (presso la chie-sa di San Demetrio) e Palazzo Cesareo. Inoltre, durante la nostra perma-nenza in occasione delle numerose campagne effettuate, è stato possi-bile visionare il materiale proveniente da scavi di emergenza collegati ai lavori di ristrutturazione urbanistica. Questo ci ha permesso di avere un’i-dea più completa della città in età medievale9.

Il porto – o approdo/ scalo naturale – cui fece già riferimento Al-Idrisi nella metà del XII sec., risulta menzionato nelle fonti scritte verso la metà del XIII per poi diventa-re, nel corso del XIV sec.,

la principale piazza marittima per il commercio del vino nell’Italia peninsulare10. Le rotte

commercia-li tra lo scalo tropeano e Pera (Costantinopocommercia-li), Tunisi, Genova e la Sicilia erano ben attestate nei portolani e nei manuali della mercatura italiani. Alla prosperità commerciale fece certamente eco un particolare sviluppo politico e sociale di Tro-pea considerando che tra XIII e XIV sec. è testi-moniata l’esistenza del “sedile” – localizzato pres-so il Palazzo Vescovile (fig. 23/A) – cioè l’istitu-zione costituita dall’assemblea delle famiglie nobi-li che dovevano amministrare la città.

Nell’ambito del rilancio urbanistico successivo al terremoto del 1376, venne prevista l’edificazione di architetture di ottimo livello, realizzate nel perio-do compreso tra il XIV e XVI sec. I dati di

sca-vo confermano le fonti scritte.

Sul lato orientale del cortile del Palazzo Vescovi-le (fig. 23/A; fig. 24) sono state indagate anche Vescovi-le fasi di vita comprese tra il XIII ed il XV sec. che hanno evidenziato una serie di edifici utili per la comprensione della città.

Ad un’abitazione (fig. 25), abbandonata per un incendio, appartengono le strutture murarie con-nesse con un focolare dove sono state rinvenute molte ossa animali unitamente a ceramica da fuo-co e da mensa.

Tale fabbricato doveva essere collegato al quartiere artigianale individuato sul lato occidentale del cor-tile. In quest’area, infatti, sono stati messi in luce edi-fici con pavimentazioni in calce in fase con delle strutture quadrate (fig. 26) di piccole dimensioni

rea-un’alimentazione ricca di amidi e zuccheri, mentre il tartaro suggerisce un buona base proteica vd. T. Doro Garetto, Santa

Maria del Mastro. I resti umani di Gerace, in G. Di Gangi, C.M. Lebole, C. Sabbione, Scavi medievali in Calabria… cit., pp.

486-490.

8G. Leone, Fragmenta picta. Per una storiografia della pittura calabrese in età normanna tra fonti, archeologia e restauro, in I Normanni

in finibus Calabriae, a cura di F.A. Cuteri, Soveria Mannelli 2003, pp. 143-165; pp. 150-151.

9Desideriamo ringraziare A. Lotorto e F. Rombolà, membri dell’Associazione “Paolo Orsi” per le preziosissime

informa-zioni sui risultati emersi dagli scavi svolti in Tropea e sul suo territorio, in occasione dei tanti lavori di emergenza. Infor-mazioni non solo utili, ma anche attendibili in virtù della loro indiscutibile competenza e del rigore nel documentare ed immagazzinare i materiali rinvenuti, lavoro essenziale per recuperare dati altrimenti perduti.

10G. Di Gangi, C.M. Lebole Di Gangi, Dal tardo antico al basso medioevo: inquadramento storico, dati di scavo e materiali del sito

urba-no di Tropea, in Scavi medievali in Italia 1994-1995, Atti della I Conferenza Italiana di Archeologia Medievale, a cura di S.

Pati-tucci Uggeri, Cassino 14-16 dicembre 1995, Roma-Freiburg.Wien 1998, pp. 91-122; G. Bresc Bautier, H. Bresc, Riflessi

del-l’attività economica calabrese nei documenti siciliani dei secoli XIV e XV, in Mestieri, lavoro e professioni nella Calabria medievale: tecniche,

G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE 30

Fig. 19. Ubicazione della chiesetta di Santa Maria del Campo in Sant’Andrea Apostolo dello Ionio (CZ).

Fig. 20. Santa Maria del Campo: affresco di Santo Stefano diacono.

Fig. 21. Santa Maria del Campo: sepolture nel sagrato.

Fig. 22. Santa Maria del Campo. rilievo della tamponatura dell’absi-de. Autori: G. Di Gangi, C.M.Lebole.

Fig. 23. Tropea (VV). A) Cortile dell’Episcopio B) Largo Duomo C) Palazzo Cesareo D) Largo Galluppi.

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A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 33

bottiglia in vetro la cui crono-tipologia è certa-mente relativa al XIII-XIV sec.11

Il saggio in Largo Galluppi12 (fig. 23/D) è stato

impostato considerando alcune strutture di età sve-va, parzialmente conservate in elevato, ubicate nel cortile settentrionale della limitrofa chiesa di S. Demetrio.

Le murature trovate in scavo sono databili alla metà del XIII sec., come confermato dalla ceramica rin-venuta in strato, e facevano parte degli edifici rela-tivi ad un quartiere di abitazione, distrutto dal ter-remoto del 1783.

Una situazione analoga è emersa a Palazzo Cesa-reo13 (fig. 23/C) situato tra il Palazzo Vescovile e

Largo Galluppi. Gli interventi archeologici hanno messo in luce delle murature, relative ad un’abita-zione, realizzate in filari in pietra sbozzata dispo-sti con accuratezza ed in connessione con le labi-li tracce di una pavimentazione in cocciopesto assai simile a quella dell’edificio di Largo Duomo. Nel cavo di fondazione e sullo strato relativo al piano

di calpestio, è stata trovata della ceramica rivesti-ta darivesti-tabile tra XIII e XIV sec. L’orienrivesti-tamento di queste strutture – disassate rispetto alle fasi sei-settecentesche – è perfettamente allineato con quelle documentate negli altri saggi di scavo. Gli scavi effettuati ci permettono di delineare una carta della città di Tropea (fig. 23) basso medieva-le. I quartieri signorili si snodavano principalmen-te nell’area del Duomo e scendevano, inglobando la parte della città dove sorge Palazzo Cesareo, ver-so Largo Galluppi e la zona del porto. Le strut-ture murarie sono tutte di una certa entità costrut-tiva ed il materiale maggiormente rappresentato è relativo alla ceramica da mensa. La zona corri-spondente al cortile dell’episcopio non era certa-mente residenziale: gli edifici rinvenuti in scavo hanno tessiture murarie più semplici, spesso lega-te a secco: una parlega-te della città vissuta, probabil-mente, dagli stessi artigiani che avevano la botte-ga attigua all’abitazione.

A Gioia Tauro (fig. 29) sono stati effettuati alcuni

organizzazioni e linguaggi, Atti dell’VIII Congresso Storico Calabrese, Palmi 19-22 novembre 1987, Soveria Mannelli 1993,

pp. 234-235; da ultimo segnaliamo il lavoro sulla produzione e commerci di G. Clemente, Insediamenti, produzioni e commerci

nella Calabria medievale. Il territorio tra Reggio Calabria e Motta San Giovanni tra V e XV secolo, Atti del VII Congresso

Naziona-le di Archeologia medievaNaziona-le, a cura di P. Arthur e M. L. ImperiaNaziona-le, Lecce 9-12 settembre 2015, Firenze 2015, pp. 343-347 ed in particolare pp. 345-346.

11Per un lavoro completo sui manufatti in vetro in Calabria vd. A. Coscarella, a cura di, Il vetro in Calabria. Contributo per una

carta di distribuzione in Italia, vol. I, Soveria Mannelli 2003.

12G. Di Gangi, C.M. Lebole, Tropea (VV). Largo Galluppi 1998, in “Archeologia Medievale”, 1999, XXVI, p. 231. 13G. Di Gangi, C.M. Lebole, Tropea (VV). Palazzo Cesareo 1998, in “Archeologia Medievale”, XXV, 1998, p. 161 14G. Di Gangi, C.M. Lebole, Gioia Tauro (RC). Palazzo Baldari 1998, in “Archeologia Medievale”, XXVI, 1999, p. 231. 15A partire dal 1997 sono cominciate, con lo scopo di ottenere dati corretti su aree di provenienza, produzioni,

circola-zione dei manufatti, le indagini di laboratorio concernenti i rivestimenti e gli impasti delle ceramiche calabresi.

16C. Capelli, G. Di Gangi, Ricerche archeometriche sulle produzioni ceramiche della Calabria centro meridionale: le ingobbiate medievali,

G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE

lizzate con pietre legate a secco e nel cui riempi-mento erano presenti molte scorie di lavorazione. Le indagini archeologiche effettuate nel 2001 in Largo Duomo (fig. 23/B) hanno fornito un qua-dro urbanistico assai differente rispetto a quanto ora descritto per la zona del cortile. Sul lato set-tentrionale del Duomo, separato da una strada lar-ga poco più di un metro, si ergeva un palazzo signorile (fig. 27) con murature ben impostate (lar-ghe 0.90 cm.) costruite con pietre sbozzate e dis-poste in filari abbastanza regolari, successivamen-te ricopersuccessivamen-te con un intonaco color avorio. Nella parte interna del prospetto, sono state ricavate del-le nicchie per poter appoggiare degli oggetti. Certamente, questa costruzione si sviluppava su più piani: lo testimoniano sia la solidità delle fon-dazioni e delle murature stesse sia la presenza di una scala a chiocciola, rinvenuta in scavo, parzial-mente conservata (fig. 28). La pavimentazione era in cocciopesto, arricchita da decorazioni molto semplici realizzate con sassolini grigi che forma-vano dei semplici motivi geometrici. La ceramica recuperata è rappresentata solamente da ceramica da mensa, in associazione a dei pregevoli colli di 32

Fig. 24. Tropea. Cortile dell’Episcopio. Area di scavo.

Fig. 25. Tropea. Cortile dell’Episcopio. Saggio I, edificio con area di cottura.

Fig. 26. Tropea. Cortile dell’Episcopio. Saggio II, area artigianale.

Fig. 27. Tropea. Largo Duomo. Edificio basso medievale.

Fig. 28. Tropea. Largo Duomo. Particolare della scala a chiocciola.

Fig. 29. Gioia Tauro (RC). Ubicazione di Palazzo Bàldari. Fig. 30. Gioia Tauro. Scavi a Palazzo Bàldari.

(9)

A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 35

zona del sagrato, ha restituito della ceramica ingob-biata policroma (figg. 34-35) riferibile sia a ciotole sia a brocche di piccole dimensioni. Gli impasti sono relativamente depurati con vacui e quarzo finemente macinato, l’ingobbio è bianco e la vetri-na non è di buovetri-na qualità, in virtù del fatto che sembra “assorbita” in tutti i frammenti rinvenuti. Le decorazioni si possono inserire, senza alcuna esitazione, in un apparato assai diffuso: nei

cavet-ti delle ciotole mocavet-tivi a spirali-cerchi; sui piccoli orli, leggermente estroflessi, archetti pendenti in nero al cui interno sono visibili dei punti rossi; le anse delle brocchette sono decorate con linee oriz-zontali nere e rosse/verdi.

Questi materiali trovano confronti puntuali con quanto riscontrato a Caulonia18 e gli impasti

han-no le caratteristiche già ricohan-nosciute per molti manufatti da mensa in ambito calabrese. La

sep-20Un confronto puntuale è con un frammento rinvenuto a Vibo Valentia (G. Donatone, Ceramica antica di Calabria, Cava dei

Tirreni 1983, pp. 45-51). L’a. data il materiale della collezione – composto sia da invetriate stannifere, sia da ingobbiate con decorazione policroma sotto vetrina – tra la seconda metà del XIII e la prima metà del XIV secolo (ibidem, p. 49); la mag-gior parte del materiale di Tropea, datato sulla base della stratigrafia, conferma tale datazione. Vd. anche G. Di Gangi,

Sta-tus quaestionis e spunti per una riflessione sulla “protomaiolica” in Calabria. Materiali, insediamenti, distribuzione, commerci alla luce degli scavi stratigrafici di Tropea, in La Protomaiolica, bilancio e aggiornamenti, a cura di S. Patitucci Uggeri, Atti del Convegno di

Stu-di, Roma 23/11 1995, Firenze 1997, pp. 157-184. Infine, è interessante il confronto (analogo motivo decorativo) con un esemplare di ceramica invetriata e dipinta in bruno direttamente sul biscotto, datato “…dopo il XII secolo”: M. Corrado,

Sulla mensa dei Florensi: ceramiche bassomedievali dall’abbazia di San Giovanni in Fiore (CS), Atti del VII convegno SAMI, a cura

di P. Arthur, M. Leo Imperiale, Lecce 9-12 settembre 2015, vol. 2, Firenze 2015, pp. 275-278, p. 276, fig. 4.

21Ibidem, p. 168.

22Solo alcuni esempi di ricerche sul territorio calabrese: per Punta Stilo vd. F.A. Cuteri, G. Hyeraci, P. Salamida,

L’invetria-ta policroma dall’area di punL’invetria-ta Stilo. Prime indicazioni su produzioni, cronologia e diffusione, in La ceramica nei periodi di transizione.

Novi-G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE

saggi di scavo a Palazzo Bàldari14 (fig. 30). La

stra-tigrafia di età medievale è stata parzialmente scon-volta dai massicci lavori di posa in opera di tuba-zioni.

La struttura emersa è fondata sulla roccia e la tes-situra muraria è costituita da filari regolari di pie-tra sbozzata e poche rinzeppature in laterizio. Con ogni probabilità è da mettere in connessione con la vicina torre di guardia inserita nella cinta mura-ria della città e databile tra la fine del XV ed l’ini-zio XVI sec.: la ceramica rinvenuta in strato con-fermerebbe tale proposta cronologica.

C.M.L. 1.2 Il materiale ceramico

La ceramica rivestita, nei contesti poc’anzi descrit-ti, presenta delle caratteristiche abbastanza omo-genee: ben attestate le ingobbiate policrome e le imitazioni delle protomaioliche, mentre la cerami-ca graffita e la protomaiolicerami-ca sono presenze per-centualmente minoritarie15 (fig. 31).

I campioni rappresentativi, qui con-siderati, sono cronologicamente compresi tra XIII e XVI sec. e mol-ti di essi sono stamol-ti suddivisi con un’analisi autoptica e, successiva-mente, utilizzando il microscopio stereoscopico per poter effettuare una serie di analisi di laboratorio al fine di valutare non solo le caratte-ristiche delle argille, ma anche la consistenza dell’ingobbio e della vetrina (fig. 32).

Per quanto riguarda i rivestimenti, la presenza dell’ingobbio non è sem-pre così evidente sia a causa della conservazione e della dimensione di alcuni frammenti sia perché, in mol-ti casi, esso è cosmol-tituito da uno stra-to impercettibile o addirittura si può

confondere con lo schiarimento della superficie. A proposito degli impasti le argille sono caratte-rizzate, per la Calabria centro-meridionale, «da sedimenti marini di età terziaria affioranti presso le coste della regione»16 (fig. 33).

I dati relativi alle molte ricerche svolte in Calabria e molto ben pubblicate avvalorano l’ipotesi di un incremento della produzione calabrese di ingob-biate a partire dal XIII sec., con un apparato deco-rativo e tipologico dalle caratteristiche costanti. Un’ipotesi, avanzata da Francesco Cuteri, è relati-va a produzioni che si possono definire, seppur il termine potrebbe risultare inappropriato, “centra-lizzate” con una distribuzione a medio raggio dei manufatti finiti17.

Tuttavia, per poter delineare un quadro più orga-nico al nostro contributo, è necessario entrare nel merito delle singole tipologie dei siti sopra citati. A Sant’Andrea Apostolo dello Jonio (fig. 1; fig. 19), la fase che sigillava l’area cimiteriale ubicata nella 34

Atti del II Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di G.P. Brogiolo, Brescia 28 settembre-1 ottobre 2000, Firenze 2000, pp. 429-434; p. 431.

17F.A. Cuteri, Le botteghe di Soriano e Sorianello (VV). Considerazioni sulla produzione della ceramica in Calabria tra medioevo ed età

moderna, in La ceramica nei periodi di transizione. Novità e persistenze nel Mediterraneo tra XII e XVI secolo, Atti del XLIII

Conve-gno Internazionale della Ceramica, Savona 2010, pp. 305-311; R. Agostino, M. Corrado, Il sito di Martorano di Bagnara

Cala-bra (RC) tra l’età medievale e l’età moderna.Risultati delle campagne di scavo 1996-2004, in “Archeologia Postmedievale”, XI, 2007,

pp. 305-328.

18F.A. Cuteri, G. Hyeraci, Caulonia (RC). La ceramica di età moderna dal butto di Piazza Mese, in La ceramica post-medievale nel

Medi-terraneo. Gli indicatori cronologici: secoli XVI-XVIII, Atti del XLIV Convegno Internazionale della Ceramica, Savona 2011, pp.

271-281. Chiesa di San Zaccaria, RMR datata al XIII sec., p. 271; fig. 1, p. 272.

19Vd. già G. Di Gangi, C.M. Lebole, Anfore, ceramica d’uso comune e ceramica rivestita tra VI e XIV secolo in Calabria: prima

clas-sificazione e osservazioni sulla distribuzione e la circolazione dei manufatti, Atti del VI Congresso Internazionale sulla Ceramica

Me-dievale nel Mediterraneo, Aix-en-Provence 13-18/11 1995, Aix-en-Provence 1995, pp. 153-166.

Fig. 31. Grafico relativo alla ceramica ingobbiata XIII-XIV sec.

(10)

A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 37

rogeneo e con una maggiore disponibilità econo-mica. Un mercato, dunque, che acquistava cera-mica stannifera o la sua imitazione realizzata, però, con materie prime più costose rispetto alla coper-tura piombifera su ingobbio. Bisogna, inoltre, con-siderare che queste ceramiche sono state

rinvenu-te solamenrinvenu-te nella zona del giardino dell’episco-pio in connessione con gli edifici residenziali e che è assente, per ora, negli altri contesti.

Si può anche ipotizzare che a Tropea, in virtù dei numerosi contatti commerciali, vi fosse una mag-giore varietà, rispetto a Gerace, nella circolazione dei prodotti.

Questo fenomeno sembra essere diffuso in altri contesti sia dell’Italia meridionale sia calabresi. Un esempio tra tutti è il caso di San Niceto21dove

sem-brano mancare le imitazioni realizzate in ingob-biata a favore di quelle ottenute con lo “smalto povero”.

I siti presentati, per quanto riguarda l’ingobbiata policroma, rientrano nel panorama calabrese22.

Certamente i frammenti databili tra XIII e XIV sec., nella maggior parte ciotole e scodelle, sono di buona qualità: gli impasti sono depurati, le vetri-ne piombifere, in gevetri-nerale, non presentano bolle superficiali e sono particolarmente brillanti, gli ele-menti decorativi sono quasi tutti a carattere geo-metrico.

A Tropea, si segnala un piatto con cerchi concen-trici in bruno/verde/rosso (fig. 37) ed un altro (fig.

38) con cerchi concentrici in bruno inseriti nel

cavetto e motivi ad S in verde e rosso.

Questi prodotti sono attestati in molti siti cala-bresi23: Amendolara di Condofuri, San Niceto,

castello di Nicastro, castello di S.ta Severina e da ultimo, inedito, dagli scavi di Piazza delle Tre Chie-se e San Francesco a Gerace (figg. 39-41); sono databili tra la metà del XIV sec. ed il XV sec.24

Sempre da Gerace, cortile dell’episcopio, alcuni frammenti di ingobbiate policrome, in

nero/ros-G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE

pur minima percentuale di ingobbiata (la maggior parte del materiale ceramico presente nella zona del sagrato era rappresentato dalla acroma), fa riflettere circa una discreta circolazione di questa classe ceramica.

Il materiale da mensa proveniente da Tropea è già stato abbondantemente pubblicato19.

La protomaiolica, rinvenuta nei numerosi saggi ese-guiti nel contesto tropeano, è presente in percen-tuale esigua; sono mediamente attestate le cera-miche a “smalto povero” – cioè con vetrina otte-nuta con una minima parte in stagno e/o una buo-na percentuale in quarzo macibuo-nato che ne garan-tiva l’opacità – più attestate le ingobbiate che imi-tano i motivi decorativi della protomaiolica costi-tuendo, così, un prodotto a buon mercato (fig. 36). In particolare, un frammento, relativo ad un

baci-no con carenatura pronunciata e bordo stretto leggermente inclinato verso l’in-terno (diametro 28,0 cm), presenta una decorazione su smal-to di buona qualità composta, sullo stret-to bordo, da una serie di archetti pendenti, distanziati fra loro, dal contorno bruno e parzialmente campiti in verde. Nella pare-te inpare-terna vi sono li-nee concentriche in bruno-nero ed una fascia centrale dipinta in verde; al di sotto un motivo ittiomorfo disegnato in dettaglio con corpo a squame, la testa è campita in verde scuro e con lo stesso colore è delineata una pennellata sul resto del cor-po. Sono disegnate due pinne dorsali. Il manufat-to è frammentario, ma si suppone che al di sotmanufat-to del pesce sia presente o una treccia geometrica o il motivo ad onda rappresentato in altri simili esemplari. L’esterno è nudo, ad eccezione di una sottile pennellata che delimita l’orlo; questa tipo-logia è imitato con esemplari sia in ingobbiata sia in invetriata20.

Nelle aree residenziali messe in luce nelle indagi-ni archeologiche svolte a Gerace è attestata la stan-nifera di buona qualità, seppur sempre in minima parte, o la ceramica a “smalto povero”. Questo dato ci pone davanti ad una serie di quesiti. L’assenza dell’ingobbiata ad imitazione della pro-tomaiolica potrebbe indicare un mercato meno ete-36

tà e persistenze nel Mediterraneo tra XII e XVI secolo, Atti del XLIII Convegno Internazionale della Ceramica, Savona 2010, pp.

365-381; per Calanna vd. R. Agostino, M. Corrado, F. Martorano, Calanna: un sito medievale dell’area dello stretto, Atti del III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di R. Fiorillo e P. Peduto, Salerno 2-5 ottobre 2003, Firenze 2003, pp. 474-480; per Vibo Valentia vd. F.A. Cuteri, M.T. Iannelli, G. Hyeraci, P. Salamida, Le ceramiche dai butti medievali di Vibo

Valentia (Calabria-Italia), Atti del IX Congresso Internazionale della Ceramica Medievale nel Mediterraneo, a cura di S.

Geli-chi, Venezia 23-27 novembre, Firenze 2012, pp. 521-514; per la zona del crotonese vd. M. Corrado, Appunti per una prima

carta delle ceramiche invetriate medievali nel medio Jonio calabrese, Atti del III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura

di R. Fiorillo e P. Peduto, Salerno 2-5 ottobre 2003, Firenze 2003, pp. 159-164; G.A. Bruno, C. Capelli, A. Coscarella,

Cera-miche invetriate dal “castrum” di San Niceto (RC): primi risultati delle analisi tipologiche e mineropetrografiche, Atti del III Congresso

Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di R. Fiorillo e P. Peduto, Salerno 2-5 ottobre 2003, Firenze 2003, pp. 165-175; per un quadro regionale più ampio e completo vd. F.A. Cuteri, Ceramiche invetriate dipinte basso medievali nella Calabria centro

meridionale. Annotazioni su forme e decorazioni, in “Azulejos”, 4, 2007, pp. 179-206, in particolare p. 181.

23Ibidem. F.A. Cuteri menziona tutti i siti dove queste tipologie sono state rinvenute: a lui facciamo riferimento.

Fig. 33. Immagine al SEM: gruppo metamorfico acido della Calabria.

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Fig. 34. Ingobbiata dipinta da Santa Maria del Campo.

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Fig. 35. Ingobbiata da Santa Maria del Campo.

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A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 39 I piatti hanno tesa larga e sono decorati con motivi geometrici (fig. 46); per le ciotole il cavetto presenta una divisione a quadri riempita da punti verdi e rossi alternati o, ancora, il

grid-iron o con il graticcio

(fig. 47-48).

Certamente la ceramica ingobbiata rinvenuta nei contesti residenziali sem-bra mantenere una qualità discreta anche nelle produ-zioni più tarde, fenomeno che si avverte anche nei manufatti di Gerace. A questa classe appartiene una brocca, datata alla metà del XIV sec., con decora-zioni in bruno, verde e ros-so (fig. 49). Se i motivi decorativi trovano riscon-tro con manufatti della stessa classe, la tipologia sembra essere del tutto par-ticolare e non ha confron-ti diretconfron-ti con materiali rin-venuti in altri siti calabresi. Il quadro tipologico dei materiali geracesi e tropea-ni sembra essere coerente con quanto riscontrato a livello regionale anche per i manufatti realizzati tra XIII e XIV sec. con una produzione di ceramica G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE

so/verde, con decorazioni a gra-ticcio che sembrano servire da campiture per altri motivi decora-tivi (fig. 42), come affermato anche per la ceramica rinvenuta a Nico-tera.

Un frammento particolarmente interessante è costituito da una cio-tola nel cui cavetto è presente un elemento decorativo costituito da tre linee terminanti ad “uncino” inserite in un riquadro (fig. 43). Sul-l’attacco della parete, sono visibili dei motivi a punto ottenuti con il colore rosso. Ad una prima anali-si sembra trattaranali-si di ingobbiata con vetrina leggermente quarzosa. Le analisi degli impasti, su alcuni frammenti rinvenuti in scavo, han-no permesso di stabilire che la pro-duzione di questa classe fosse in parte circoscritta all’area dello stretto e le caratteristiche tipologi-che e tecnitipologi-che fanno ipotizzare una serie di botteghe che, nel corso del XIII-XIV sec., raggiunsero un livello produttivo di buona qualità. Lo dimostrano i manufatti trovati negli scavi del cortile dell’episco-pio di Tropea, dove compaiono anche i primi esemplari di ingob-biata policroma, della prima metà del XIV sec., decorata con gli stemmi nobiliari25 (fig. 44) delle

famiglie che ricoprivano un ruolo importante collegabile al “sedile”, unitamente al corpo appartenente ad una brocca decorato con il motivo a giglio e con l’ansa a righe orizzontali (fig. 45).

38

24G. Di Gangi, C.M. Lebole, La ceramica: origini, produzioni, significato storico, in Storia della Calabria medievale. Cultrure, arti,

tec-niche, a cura di A. Placanica, Roma-Reggio Calabria 1999, pp. 413-429; p. 425, fig. 28.

25Ibidem, p. 425, fig. 26.

26C. Capelli, G. Di Gangi, Nuovi dati archeologici ed archeometrici sulla ceramica proveniente da scavi medievali calabresi, Atti del XXIV

Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola 2002, pp. 117-124.

27A. Gardini, T. Mannoni, 1995, Le tecniche empiriche dei vasai italiani: dati archeologici, analisi scientifiche dei reperti, Actes du 5ème

Colloque sur la Céramique Médiévale, Rabat 1991, pp. 95-100; ancora C. Capelli, G. Di Gangi, 2000, Ricerche archeometriche

sulle produzioni ceramiche…cit., p. 434.

28Per le considerazioni relative alla produzione vd. G.A. Bruno, C. Capelli, A. Coscarella, 2003, Ceramiche invetriate dal “castrum”

di San Niceto (RC)… cit., p. 174; G.A. Bruno, I reperti ceramici medievali, in Archeologia a San Niceto. Aspetti della vita quotidiana nella fortezza tra XIII e XV sec., a cura di A. Coscarella, Mantova 2004, pp. 127-182: p. 138; G.A. Bruno, C. Capelli, R.

Cabel-la, Dati archeologici ed archeometrici su ceramiche invetriate dall’area dello Stretto di Messina, Atti del XXXVIII Congresso Interna-zionale di Ceramica, Albisola 2006, pp. 367-379.

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Fig. 37. Ingobbiata dipinta da Tropea.

Fig. 38. Ingobbiata dipinta da Tropea.

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Fig. 39. Ingobbiata dipinta da Gerace.

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Fig. 40. Ingobbiata dipinta da Gerace.

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A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 41 con decoro in blu sotto una vetrina di qualità non

sempre pregevole (fig. 50). Le scodelle/piatti, con tesa con labbro arrotondato, sono le forme mag-giormente attestati.

Le decorazioni sono assai semplici, costituite da tratti/petali obliqui sulla tesa.

Per questo gruppo di materiale non sempre è faci-le comprendere se la vetrina è stesa direttamente sul biscotto oppure se è presente un sottilissimo strato di ingobbio26(fig. 51).

La difficoltà è collegabile al fatto che gli impasti sono molto chiari.

Per Tropea, grazie alle analisi di laboratorio, è sta-to possibile definire che alcune ceramiche a “trat-ti blu” appartengono alle così dette “smalto pove-ro”, altre hanno un ingobbio bianco sottilissimo, per altre ancora si potrebbe parlare di tecnica mista che prevede la compresenza di ingobbio e smalto, secondo quanto già evidenziato per la pro-duzione della protomaiolica ligure27.

Per Gerace, in assenza delle analisi specifiche, rimane aperto il problema delle loro caratteristi-che produttive non permettendo di inserire il materiale in alcuna di queste categorie.

Un’ultima considerazione riguarda il problema legato alle aree produttive al cui proposito è stata avanzata la proposta della presenza di botteghe, per questi impasti molto chiari, nella zona dello Stretto28.

La ceramica “a tratti blu” è assai diffusa in con-testi datati tra XIII e XIV sec. secondo una “sin-tassi decorativa” coerente con il quadro calabrese e del Mediterraneo29.

Un’altra classe rappresentata è quella delle graffi-te, che presentano un ingobbio avorio o bianco, piuttosto spesso, e decorazioni ottenute con ver-de ramina e giallo ferraccia.

Gli elementi decorativi, quasi tutti geometrici, sono applicati sia sulla tesa sia nel cavetto delle forme aperte (fig. 53). Questo tipo di decorazione

è attestato in molti contesti dell’Italia peninsulare e della Calabria ed è cronologicamente inseribile tra il XIII-XIV sec. Resta da stabilire, con un ade-guato studio di laboratorio sugli impasti, se parte di queste produzioni siano da collegare alle lon-geve botteghe di Sorianello in virtù sia dei con-fronti assai puntuali con i materiali rinvenuti nel butto delle fornaci dei vasai sia con la posizione

29F.A. Cuteri, P. Salamida, Ceramica da mensa in età rinascimentale in Calabria. Forme e decorazioni dell’ingobbiata e graffita, in

Archeo-logia e ceramica. Ceramica ed attività produttive a Bisignano e in Calabria dalla protostoria ai giorni nostri, Atti del Convegno,

Bisigna-no 25-26 giugBisigna-no 2005, a cura di A. La Marca, RossaBisigna-no 2011, pp. 167-244; pp. 163-171. Ancora vd. G.A. BruBisigna-no, C. Capel-li, A. Coscarella, 2003, Ceramiche invetriate dal “castrum” di San Niceto (RC) cit., p. 171; per il sito di Isthmia datato al XIII sec. vd. T.E. Gregory, Local and imported medieval pottery from Isthmia, in S. Gelichi (a cura di), La ceramica nel mondo bizantino tra XI

e XV secolo e i suoi rapporti con l’Italia, Atti del Seminario (Certosa di Pontignano, 11-13 marzo 1991), Firenze 1993, pp.

283-305; per il Mediterraneo orientale vd. P. Riavez, ’Atlit – Protomaiolica. Ceramiche italiane nel Mediterraneo orientale,), Atti del II Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di G. P. Brogiolo, Brescia, 28 settembre-1 ottobre 2000, Firenze 2000, pp. 444-450.

30F.A. Cuteri, 2010, Le botteghe di Soriano e Sorianello (VV)… cit. pp. 305-311; fig. 1.5-6.

31M. Milanese, Note sulle ceramiche medievali e postmedievale del Catrio di Massa, in Il castello e l’uliveto. Insediamento e trasformazione

del paesaggio dalle indagini archeologiche a Massa in Valdinievole, a cura di M. Milanese e M. Baldassarri, Massa 2004, pp. 333-356;

p. 342. Milanese sottolinea che, a partire dall’inizio del XVI sec., gli ateliers dovevano essere pisani.

G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE 40

Figg. 44, 45. Ingobbiate dipinte da Tropea.

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Fig. 46. Ingobbiata dipinta da Tropea.

Figg. 47, 48. Ingobbiate dipinte da Tropea.

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A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 43 ubicato in Largo Duomo. È rappresentato un pavone, ottenuto con verde ramina e giallo fer-raccia (fig. 54/3). L’impasto è giallo-rosato, duro, con inclusi micacei ben macinati e poca chamotte. I confronti che possiamo proporre spostano nuo-vamente l’area di provenienza, verso la Liguria35,

la Toscana36 e la Provenza37 confermando

l’am-piezza degli orizzonti commerciali del porto di Tropea. Una decorazione analoga, seppur realiz-zata in ingobbiata policroma d’importazione, è attestata a Vibo Valentia dimostrando un gusto estetico diffuso nel corso del XIII ed inizi del XIV sec.38.

Del resto, per sottolineare la vivacità del commercio a Tropea, possiamo riferirci al bacino ingobbiato con cavetto a calotta e tesa larga, decorata con archi di cer-chio alternati a serie di pun-ti color verde. Questa cera-mica d’importazione, deno-minata “siro-palestinese”39, a

Tropea è databile a partire dalla prima metà del XII sec., fa supporre una certa impor-tanza del porto tropeano già in età normanna, forse con-siderabile come uno scalo lungo le rotte tirreniche che dal vicino oriente e dal Maghreb raggiungevano la Sicilia per poi proseguire verso Salerno, Pisa e

Geno-G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE

geografica del centro produttivo30.

A Tropea ed a Gerace, non manca la graffita d’im-portazione.

Dal cortile dell’episcopio tropeano proviene un particolare tipo di boccale trilobato apodo, con ansa tortile e corpo decorato con elementi astrat-ti e zoomorfi sastrat-tilizzaastrat-ti inseriastrat-ti in campo metopale (fig. 52). L’impasto duro, si presenta ben depura-to, con pochi inclusi micacei macinati finemente e di colore giallo rosato (5YR 5/8). Le caratteristi-che di questo boccale, assai differenti rispetto alla produzione delle graffite calabresi, permette di inserirlo nella classe della GAT.

Una scodella apoda (fig. 54/1), realizzata con un impasto duro, micaceo, di colore giallo rossastro (7.5YR 6/6), accoglie nel cavetto emisferico una graffitura a quadripetalo, le cui diagonali hanno dei motivi romboidali che fungono da riempitivi. I colori utilizzati sono il verde ramina ed il giallo ferraccia. Questi elementi sembrano essere assai diffusi nella GAP e GAT riferibile alla prima metà

del XIV sec.

Sempre d’importazione, ma databile al XVI sec., è un esiguo numero di frammenti graffiti che sem-brano trovare confronto con il così detto “occhio di penna di pavone” rinvenuti in area toscana e, in specifico, a Pisa31(fig. 54/2). Questo dato, se

com-provato anche da altri contesti portuali ubicati sul litorale tirrenico calabrese, potrebbe confermare i forti scambi commerciali intercorsi tra la Calabria meridionale e la Toscana come riscontrato anche per la maiolica arcaica di Bagnara32. Un

commer-cio, quello che si sviluppò sulla costa tirrenica durante il XVI sec., davvero ad ampio raggio con-siderando che la graffita policroma a stecca tosca-na è stata rinvenuta a Savotosca-na33. A Spilinga,

ubica-ta sul monte Poro, è attesubica-taubica-ta della graffiubica-ta di importazione: la sua attestazione deve essere mes-sa certamente in relazione con i vicini approdi di Tropea, Bivona e Nicotera34.

Più complessa l’attribuzione di una scodella graf-fita proveniente dallo scavo dell’edifico signorile 42

32R. Agostino, M. Corrado, 2007, Il sito di Martorano di Bagnano Calabra (RC)…cit., pp. 305-336.

33P. Ramagli, 2001, Graffita a stecca e policroma toscana, in Archeologia urbana a Savona: scavi e ricerche nel complesso monumentale del

Priamar, II.2 Palazzo della Loggia (scavi 1969-1989). I materiali, a cura di C. Varaldo, pp. 265-269 ed in particolare in. 922, n.

924, n. 926, pp. 265-266, Tav. Vb, p. 557.

34F.A. Cuteri, P. Salamida, Ceramica da mensa in età rinascimentale in Calabria. Forme e decorazioni dell’ingobbiata e graffita, in

Archeo-logia e ceramica. Ceramica ed attività produttive a Bisignano e in Calabria dalla protostoria ai giorni nostri, Atti del Convegno,

Bisigna-no 25-26 giugBisigna-no 2005, a cura di A. La Marca, RossaBisigna-no 2011, pp. 167-244; p. 167 Bisigna-nota 1. IBisigna-noltre, gli autori affermaBisigna-no che la produzione regionale della graffita non dovrebbe andare oltre il XV sec., idem, p. 173.

35A. Gardini, R. Goricchi, P. Odone, I tipi ceramici usati a Genova dai Fieschi nei secoli XIII e XIV, Atti del V Convegno

Inter-nazionale della Ceramica, Albisola 1972, pp. 29-46; tav. II, 17; C. Varaldo, Scarti di fornace di “graffita policroma medievale”

savo-nese, Atti del XIV Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola 1981, pp. 51-59; fig. 1,15; S. Fossati, I. Ferrando, M.

Milanese, Le ceramiche medievali di vico Carità a Genova, Atti dell’VIII Convegno Internazionale di Ceramica, Albisola 1975, pp. 181-198; tav. I,6.

Fig. 50. Ceramica con decoro in blu da Gerace. Fig. 51. Ceramica con decoro in blu da Gerace.

Fig. 53. Schema degli elementi decorativi della graffita. Fig. 52. Brocca graffita da Tropea.

Fig. 54a-b. Graffite da Tropea e Gerace.

(14)

A LCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CERAMICA INGOBBIA T A TRA J ONIO E T IRRENO NELLA C ALABRIA M EDIEV ALE 45 Testimonianza di questo “sintomo” sono

i manufatti recuperati a Gioia Tauro. La tipologia più rappresentata è costituita da forme aperte e chiuse ricoperte da ingob-bio color avorio e da vetrina piombifera giallo tenue (fig. 55), verde e/o marrone senza alcuna peculiarità decorativa; oppu-re da ceramica con vetrina molto lucida e decorazioni applicate in maniera poco curata (fig. 56). Importante ricordare che gli scavi da noi condotti a Palazzo Balda-ri erano limitati ad una piccola porzione della città, che i saggi erano in corrispon-denza delle antiche mura urbiche e che gli strati da noi indagati erano cronologica-mente riferibili ai secc. XVI-XVII. Per i siti di Tropea e Gerace, questo feno-meno è percepibile, ma feno-meno evidente. La ceramica rinvenuta nelle aree residen-ziali continua a mantenere una discreta qualità con l’inevitabile cambiamento decorativo collegabile a ragioni squisita-mente estetiche.

Nelle zone artigianali, di entrambi i siti, la ceramica da mensa rivestita è affiancata, a partire dalla fine del XIII sec., da una mag-giore quantità di ceramica acroma depu-rata e dalle BR sottili con un apparato decorativo assai ampio ed articolato42 (fig.

58-59). G IORGIO D I G ANGI , C HIARA M ARIA L EBOLE va.

Anche a Gerace, dal contesto del cortile dell’Episcopio, è attestata la GAT costituita da piatti con tesa larga decorata a graticcio (fig. 54/4) e da un fondo con la tipica deco-razione ad anello di Salomone: fig.

54/5). Gli impasti sono identici a

quelli descritti per i frammenti tro-peani.

A partire dal XV sec. e soprattut-to nel corso del XVI sec., si assi-ste ad una sorta di involuzione pro-duttiva: la ceramica sembra essere realizzata per un mercato più ampio a livello regionale, ma con prodotti più dozzinali e meno accurati40. A Gerace, proveniente

da un rinvenimento occasionale, è attestata una ciotola ingobbiata con decorazioni in verde, di modesta esecuzione (fig. 57), che trova con-fronti con esemplari di altre aree della Calabria41.

44

36G. Berti, E. Tongiorgi, I bacini ceramici medievali delle chiese di Pisa, Roma 1981, p. 280. 37G. Demians D’Archimbaud, Les fouilles de Rougiers (Var), Paris 1980, fig. 334.

38F.A. Cauteri, M.T. Iannelli, G. Hyeraci, P. Salamida, 2012, Le ceramiche dai butti medievali di Vibo Valentia (Calabria-Italia)…

cit., pp. 521-514; fig. 2 numero 9.

39G. Di Gangi, C.M. Lebole, 1999, La ceramica: origini, produzioni…cit., pp. 413-429; p. 422, fig. 17; A. Molinari, Segesta II. Il

castello e la moschea (scavi 1989-1995), Palermo 1997, pp. 147-148.

40F. A. Cuteri, 2007, Ceramiche invetriate dipinte basso medievali…cit., pp. 179-206; pp. 202-203. 41Materiale assai simile è stato presentato in occasione del convegno da M. Corrado.

42C.M. Lebole, Early Medieval and Medieval pottery in Calabria. Anphoraceus and broad-line between Gerace and Tropea: typological and

decorative problems, in The ceramics cultural heritage, Proceedings of VIII Cimtec, World Ceramic Congress, Symposium B, II, a

cura di P. Vincenzini, Firenze 29 luglio - 3 agosto 1994, Faenza 1995, pp. 807-816.

0 5

Fig. 55. Ingobbiata da Gioia Tauro.

Fig. 56. Ingobbiata dipinta da Gioia Tauro. Fig. 57. Ingobbiata dipinta da Gerace.

Fig. 58. Ceramica a bande rosse del XIII sec.

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