• Non ci sono risultati.

Bollettino Politiche strutturali per l'agricoltura. N. 23 (2005)

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Bollettino Politiche strutturali per l'agricoltura. N. 23 (2005)"

Copied!
32
0
0

Testo completo

(1)

el corso del 2005, le diverse Amministrazioni centrali e regio-nali hanno dato avvio, in concertazione con le parti sociali, economiche e ambientali, alle attività dirette alla predisposi-zione dei piani e dei programmi introdotti con la nuova Riforma dei Fondi strutturali, da un lato, e con quella dello Sviluppo rurale, dall’altro, per il periodo di programmazione 2007-2013. Come è ormai noto, infatti, la politica di sviluppo rurale è stata scissa da quella di coesione e, in entrambi i casi, è stato introdotto un approccio strategico alla programmazione. Sono stati avviati, quindi, due processi di programmazione distinti, accomunati, però, dall’adozione di un approc-cio a cascata, che articola tali processi su tre livelli. Il primo livello è quello comunitario, in cui si definiscono gli orientamenti e le linee guida delle rispettive politiche, di sviluppo rurale e di coesione, tracciando le relative priorità strategiche e azioni chiave. Il secondo è quello nazionale, dove il documento programmatico da elaborare deve rendere coerenti le prio-rità nazionali con quelle comunitarie. Il terzo livello, infine, è quello regio-nale, in cui si predispongono i programmi di sviluppo rurale, da un lato, e i programmi operativi, dall’altro.

A livello nazionale, il MiPAF e il MEF hanno dato avvio al processo di for-mazione, rispettivamente, del Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rurale (PSN) e del Quadro Strategico Nazionale (QSN) relativo alla politica di coesione. Tali processi, seppure diversi per articolazione, strumenti e livello di complessità, presentano numerose caratteristiche comuni, come la partecipazione del partenariato istituzionale, economico, sociale e ambientale a tavoli tematici, gruppi di lavoro, gruppi tecnici, seminari e riunioni incentrati su materie specifiche, che, data la loro elevata impor-tanza, necessitano di maggiori approfondimenti per l’identificazione di problemi, punti di forza, obiettivi e fabbisogni di intervento e della presenza di soggetti che ne possono avere una cono-scenza accurata.

Questo numero del Bollettino Politiche Strutturali per l’Agricoltura, quindi, vuole fornire un quadro sull’artico-lazione del processo di programmazione a livello nazionale e sui suoi contenuti relativamente alla poli-tica di coesione e soprattutto a quella di sviluppo rurale. In relazione a questa ultima, pertanto, viene anche fornita una sintesi della documentazione pro-dotta dai Gruppi di lavoro costituiti presso il MiPAF con riguardo a particolari tematiche ambientali, diretti a individuare obiettivi, fabbisogni di interven-to e proposte operative da recepire nel PSN.

Bollettino

n u m e r o

23

1

numero 23 a cura

IIIIN

NEEEEA

N

N

A

A

A

Istituto Nazionale di Economia Agraria

dell’

Osservatorio Politiche Strutturali

D.M. MIPAF N. 9138/95

n

in questo numero

lAttualità Il processo di

program-mazione della politica di sviluppo rurale per il 2007-2013, Territori rurali e processo di definizione della politica regionale 2007-2013

lStrumenti della programmazione

Gruppo di lavoro “Foreste e Cambiamento Climatico”, Gruppo di lavoro “Risorse idriche e svilup-po rurale”, Grupsvilup-po di lavoro “Biodiversità e sviluppo rurale”, Gruppo di lavoro “Suolo e sviluppo rurale”, Gruppo di lavoro “Paesaggio e Sviluppo Rurale”

Direttore responsabile Francesco Mantino Responsabile di redazione Laura Viganò Comitato di redazione Giuseppe Blasi, Emilio Gatto, Alessandro Monteleone, Alessandra Pesce,

Andrea Povellato, Daniela Storti, Paolo Zaggia Progetto grafico Benedetto Venuto

Impaginazione Pierluigi Cesarini Elaborazioni statistiche Stefano Tomassini Supporto informatico Massimo Perinotto Foto Davide Mastrecchia

Segreteria Laura Guidarelli

Registrazione Tribunale di Roma n.671/97 del 15/12/1997 Sped. abb. post. art.2 Comma 20/C Legge 662/96 filiale Roma

Stampa Stilgrafica s.r.l. Via I. Pettinengo, 31 - Roma Finito di stampare nel mese di giugno 2006

(2)

numero 23

#

Attualità

2

Il processo di programmazione

della politica di sviluppo rurale

per il 2007-2013

di Alessandro Monteleone e Laura Viganò - INEA

Il processo di programmazione

Il 20 giugno 2005 il Consiglio dei Ministri dell’agri-coltura ha raggiunto un compromesso sul testo del nuovo regolamento per lo sviluppo rurale, definiti-vamente approvato e pubblicato, tuttavia, solo nel mese di settembre (Reg. (CE) 1698/2005), ma senza l’indicazione delle risorse destinate allo svi-luppo rurale.

L’accordo sul bilancio comunitario per il 2007-2013, infatti, è stato poi raggiunto in seno al Consiglio dello scorso 15 dicembre1, che ha

sanci-to una drastica riduzione delle risorse complessiva-mente destinate allo sviluppo rurale rispetto alla prima proposta della Commissione sulle prospetti-ve finanziarie relativa a tale periodo di program-mazione (febbraio 2004), passate da 88,75 miliardi di euro agli attuali 69,75 (prezzi 2004). Di questi, 33,01 miliardi di euro saranno assegnati ai nuovi Stati membri e ai due futuri, Romania e Bulgaria, mentre 18,91 miliardi di Euro all’UE-15. Le restanti risorse finanziarie, invece, saranno attribuite ai diversi Stati membri sulla base dei seguenti criteri (Reg. (CE) 1698/2005, art. 69, par. 4):

a) gli importi assegnati alle regioni ammissibili all’obiettivo di convergenza;

b) i risultati ottenuti nel passato;

c) particolari situazioni e fabbisogni sulla base di criteri obiettivi.

Tale accordo, inoltre, ha attribuito agli Stati membri la possibilità di introdurre una modula-zione volontaria nella misura del 20% degli importi che avanzano a ciascuno di questi dalla spesa relativa alla politica dei mercati e dei pagamenti diretti, nel complesso pari a 293,105 miliardi di Euro (prezzi 2004), così da potenziare la politica di sviluppo rurale2.

E’ ormai noto (si veda BPSA n. 20) come la nuova Riforma veda la separazione della politica di svi-luppo rurale, che sarà finanziata da uno specifi-co Fondo (Fondo Europeo Agrispecifi-colo per lo Sviluppo Rurale, FEASR), da quella di coesione. Benché l’impostazione e gli strumenti della

pro-grammazione previsti dai regolamenti siano analoghi, ciò implica che le due Amministrazioni nazionali capofila, il MiPAF, da un lato, e il MEF, dall’altro, abbiano impostato specifici percorsi di programmazione per la definizione, rispettiva-mente, del Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale (PSN) e del Quadro Strategico Nazionale (QSN).

In Italia, in particolare, il processo di program-mazione dello sviluppo rurale prevede, a seguito della predisposizione del PSN, quella di 21 Programmi di Sviluppo Rurale (PSR), da parte delle Regioni e delle due Province Autonome di Trento e Bolzano, e di un Programma Nazionale relativo alla Rete nazionale per lo sviluppo rura-le.

Per quanto riguarda il processo di definizione del PSN, con l’accordo in Conferenza Stato-Regioni, sono state definite le tappe e le funzioni dei diversi soggetti coinvolti nell’individuazione delle strategie nazionali, così come articolate nel documento “Orientamenti nazionali per la reda-zione di un Piano Strategico Nazionale nel settore dello Sviluppo Rurale” (atto 2222 del 3/2/05). Tra le indicazioni previste negli Orientamenti, vi è il mandato al MiPAF di costituire un tavolo di par-tenariato finalizzato a condividere i contenuti del PSN.

A marzo 2005, quindi, con Decreto del Ministro delle politiche agricole (DM 960 del 24/3/05), è stato istituito il “Tavolo di Concertazione naziona-le per l’impostazione della fase di programmazio-ne 2007-2013 relativa agli interventi per lo svi-luppo rurale”. La funzione del Tavolo è principal-mente quella di assicurare il contributo del parte-nariato istituzionale, economico, sociale e ambientale all’elaborazione del PSN e di verifi-carne lo stato di avanzamento nelle varie fasi di elaborazione, prima della sua approvazione in Conferenza Stato-Regioni e del successivo inoltro alla Commissione europea.

In particolare, tra i soggetti istituzionali che par-tecipano al tavolo sono ovviamente rappresen-tati tutte le Regioni e le Province Autonome, i Ministeri interessati direttamente o indirettamen-te alla programmazione dello sviluppo rurale (ad esempio, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio), l’AGEA e l’ISTAT, oltre all’INEA e all’ISMEA, che forniscono la necessaria

1 Consiglio dell’Unione europea, Bruxelles, 19 dicembre 2005 (20.12) (OR. EN), 15915/05, CADREFIN 268.

2 Tale ammontare, infatti, include anche le risorse che saranno destinate allo sviluppo rurale mediante lo strumento della modulazione obbligatoria.

(3)

assistenza tecnica. Per quanto riguarda il parte-nariato socio-economico e ambientale, invece, sono rappresentate le Organizzazioni professio-nali e quelle cooperative del settore agricolo e forestale, le principali Associazioni ambientali-ste, l’Osservatorio nazionale per l’imprenditoria giovanile in agricoltura (OIGA) e quello per l’im-prenditoria femminile in agricoltura (ONILFA). E’ interessante osservare come l’obiettivo del Tavolo sia quello di definire il PSN sulla base di contributi di diversa natura, quali: documenti di indirizzo strategico delle Regioni; documenti stra-tegici o di discussione degli altri soggetti che par-tecipano al Tavolo; attività di gruppi di lavoro appositamente costituiti; seminari di approfondi-mento e riunioni su tematiche con una valenza particolarmente strategica.

In particolare, i gruppi di lavoro, a cui hanno partecipato le Amministrazioni centrali interessa-te, i rappresentanti di alcune Regioni, gli stakeholder (a seconda del tema, associazioni ambientaliste, associazioni di categoria, associa-zioni della cooperazione, organizzaassocia-zioni sindaca-li e così via) e, in alcuni casi, consulenti prove-nienti dal mondo della ricerca scientifica, sono

stati incentrati su tematiche di carattere ambien-tale, quali biodiversità, suolo, risorse idriche, paesaggio, foreste e cambiamento climatico, tranne quello relativo al LEADER. Nel caso dei primi cinque, inoltre, sono stati definiti dei docu-menti di indirizzo, che costituiscono la base di riferimento nelle diverse materie ai fini della pre-disposizione del PSN.

E’ stata prevista anche la realizzazione di specifi-ci seminari e incontri su temi ritenuti di importan-za strategica, come servizi di consulenimportan-za, biodi-versità e Natura 2000, ambiente e foreste, qua-lità, logistica e agroalimentare, diversificazione e LEADER, giovani, disaccoppiamento e secondo pilastro, monitoraggio e valutazione. Solo alcuni di questi sono stati tenuti nel corso del 2005 e nei primi mesi del 2006.

Come evidenziato nel prospetto 1, il processo di formazione del PSN è stato articolato in diverse fasi. Tuttavia, a causa del ritardo con cui il rego-lamento è stato approvato, queste hanno subito uno slittamento di tre o quattro mesi; inizialmen-te, infatti, si era previsto che la versione finale del PSN venisse notificata alla Commissione entro la fine del 2005 invece che entro la fine di

#

numero 23

3

Attualità

3 La prima e la seconda bozza di PSN, tuttavia, sono state strutturate sulla base delle indicazioni fornite nel documento approvato successivamente dal Comitato STAR (Comitato di gestione delle strutture agricole e dello sviluppo rurale), Modello di riferimento per una Piano strategico nazionale.

Prospetto 1- Calendario per la definizione del PSN

Fase Descrizione Tempi previsti

I Definizione struttura PSN3 Aprile-Maggio 2005

II Documenti tecnici preparatori Aprile-Giugno 2005

III Documenti strategici regionali e di altri soggetti del Tavolo Giugno-Dicembre 2005 IV Approfondimenti gruppi di lavoro, seminari e studi specifici Aprile-Dicembre 2005*

V Prima bozza documento di PSN Novembre 2005

VI Osservazioni e discussione nel Tavolo Dicembre 2005

VII Seconda bozza documento di PSN Gennaio 2006

VIII Avvio consultazione con la Commissione europea Gennaio 2006

IX Discussione osservazioni Commissione europea Gennaio-Febbraio 2006

X Terza bozza documento di PSN Marzo 2006

XI Notifica PSN alla Commissione europea Marzo 2006

XII Notifica Programmi regionali alla Commissione europea Giugno 2006 XIII Approvazione Programmi regionali di Sviluppo Rurale Ottobre 2006 * In realtà, questa fase è terminata nei primi mesi del 2006

Fonte: MiPAF (2005), Piano strategico Nazionale nel settore dello sviluppo rurale. Programma di lavoro per il Tavolo nazionale di concertazione.

(4)

numero 23

aprile 2006. L’obiettivo attuale, quindi, è quello di trasmettere i Programmi di Sviluppo Rurale delle diverse Regioni e Province Autonome ita-liane entro la fine di giugno 2006.

Il 21 aprile 2006 è stata presentata al Tavolo di partenariato nazionale la versione finale del PSN, inviata alla Commissione europea entro la data prevista (30 aprile), così da rispettare i tempi che, secondo quanto definito nella proposta di Regolamento attuativo, dovrebbero consentire l’approvazione dei Programmi di sviluppo rurale entro la fine del 2006.

Come è noto, il PSN non sarà sottoposto ad appro-vazione con Decisione comunitaria, ma sarà comunque esaminato dai servizi della Commissione, che potranno esprimere osservazio-ni e richieste di modifica per rendere il Piano pie-namente coerente con la legislazione e con gli Orientamenti strategici comunitari.

Processi di programmazione analoghi a quello nazionale sul PSN sono in atto nelle diverse regio-ni, dove sono stati costituiti i tavoli di partenariato e iniziate le consultazioni per la definizione degli obiettivi e delle strategie regionali.

Tuttavia, la predisposizione dei PSR e l’individuazio-ne delle future strategie regionali sono ostacolate dall’assenza di un quadro finanziario certo. Come già anticipato, infatti, benché sia stato raggiunto l’accordo sulle risorse complessivamente destinate allo sviluppo rurale a livello comunitario, queste non sono state ancora ripartite tra i 25 Stati membri dell’UE e Bulgaria e Romania, che vi entreranno nel 2007. Successivamente, sarà decisa in Conferenza Stato-Regioni e deliberata dal CIPE la ripartizione delle risorse assegnate all’Italia tra le diverse Regioni e Province Autonome italiane.

I contenuti del PSN

Il PSN presentato al partenariato costituisce il frutto di un paziente lavoro di analisi del fabbisogno e delle potenzialità di sviluppo delle aree rurali italia-ne e di sintesi delle liitalia-nee strategiche scaturite dal dibattito tenutosi nell’ambito del Tavolo, con le modalità descritte precedentemente.

Il PSN è articolato in 7 capitoli, di seguito elencati: 1. Analisi della situazione socio-economica e

ambientale;

2. La strategia generale del Piano; 3. La strategia per Asse;

4. Programmi di sviluppo rurale e l’allocazione finanziaria;

5. Coerenza e complementarità;

6. La costruzione della Rete Rurale Nazionale italia-na;

7. Metodo di costruzione del PSN e ruolo del parte-nariato;

Per quanto riguarda il primo capitolo, l’analisi del contesto di intervento ha evidenziato alcune caratteristiche più o meno note del settore agro-alimentare italiano e delle nostre aree rurali. In particolare, è stata evidenziata una perdita di competitività del settore agro-alimentare e foresta-le considerato nel suo compforesta-lesso, che dovrà affrontare nuove sfide, dovute, da un lato, alle nuove esigenze dei consumatori in termini di qua-lità dei prodotti agroalimentari, oltre che di salu-brità e sicurezza, e, dall’altro, alla concorrenza da parte dei sistemi produttivi che possono contare su un minor costo del lavoro. Queste sfide andranno affrontate facendo leva sulle elevate potenzialità legate a un’agricoltura più professionale e di qua-lità, alla tipicità delle produzioni e, più in genera-le, ai molteplici legami di natura culturagenera-le, sociale e produttiva tra agricoltura, ambiente e territorio. In questo senso, risulta crescente il ruolo delle risorse ambientali, in primo luogo, perché la tutela e la conservazione delle componenti ambientali (in particolare acqua, suolo e biodiversità) richie-dono che si assumano comportamenti produttivi rispettosi dell’ambiente e, in secondo luogo, per-ché la loro valorizzazione può rappresentare un importante fattore di sviluppo sia per l’agricoltura, sia per la selvicoltura naturalistica.

Emerge, infine, la crescita e il rafforzamento dei legami tra agricoltura, selvicoltura e altre attività economiche all’interno di tutti i territori rurali; tutta-via, se numerose aree rurali evidenziano una certa vivacità in termini di diversificazione delle attività economiche, altre mostrano ritardi struttu-rali e infrastruttustruttu-rali (materiali e immateriali), che ne condizionano in parte lo sviluppo economico e la qualità della vita.

Nell’analisi del contesto di intervento, l’aspetto senza dubbio più interessante e innovativo è rap-presentato proprio dall’individuazione di quattro tipologie distinte di aree rurali, al cui interno è pos-sibile identificare problematiche e priorità di inter-vento di tipo diverso. Le aree, identificate, su base comunale, mediante la metodologia OCSE, poi riadattata per tener conto della realtà italiana (si veda box 1), sono le seguenti:

- poli urbani;

- aree rurali ad agricoltura intensiva specializza-ta;

- aree rurali intermedie;

4

Attualità

(5)

5

numero 23

- aree rurali con problemi complessivi di svilup-po.

A tale proposito, è importante sottolineare come la distribuzione dei comuni nelle quattro classi rap-presenti una territorializzazione che possa essere di supporto a una migliore individuazione dei fabbi-sogni e delle strategie di intervento e non una zonizzazione finalizzata a definire aree di esclusi-vità nell’attuazione della politica di sviluppo rura-le. Ciò vale anche per la tipologia “poli urbani”, al cui interno ricadono importanti porzioni del territo-rio rurale italiano e dove il settore agroalimentare riveste una discreta importanza, il cui fabbisogno di intervento, tuttavia, deve tener conto della forte urbanizzazione che le caratterizza.

Per quanto riguarda la strategia di intervento pro-posta dal PSN, questa è affrontata nei suoi diversi aspetti nel secondo, nel terzo e nel quinto capito-lo. Il primo aspetto da evidenziare concerne la scelta del PSN di individuare una propria declina-zione degli obiettivi prioritari, comunque coerente con le priorità comunitarie fissate negli Orientamenti strategici, tenendo conto delle speci-ficità e dei fabbisogni emersi nell’analisi del conte-sto di intervento. La strategia, pertanto, è stata articolata nei seguenti cinque assi (figura 1): - Asse I - “Miglioramento della competitività del

settore agricolo e forestale”;

- Asse II - “Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale”;

- Asse III - “Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell’economia rurale”; - Asse IV - “Leader”;

- Asse V - “Rete rurale nazionale”.

Gli aspetti più interessanti e innovativi della strate-gia proposta sono tuttavia riscontrabili non tanto nella articolazione degli obiettivi, quanto nella fis-sazione delle priorità territoriali e nella forte atten-zione verso modalità di attuaatten-zione volte all’inte-grazione degli interventi.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l’obiettivo è, da un lato, quello di concentrare e di creare una massa critica di risorse intorno ad alcune priorità strategiche e, dall’altro, di adattare le diverse tipologie di intervento ai differenti fabbisogni terri-toriali.

Con riferimento alla scelta di puntare su una maggiore integrazione degli interventi, invece, questa è finalizzata ad assicurare una maggiore coerenza interna nell’ambito di ciascun Asse e, soprattutto, tra gli Assi e a creare le condizioni perché si sviluppino degli effetti sinergici.

Sono state individuate, pertanto, alcune

temati-che, quali la qualità, l’ambiente e le bioenergie, l’imprenditoria in agricoltura giovanile e femmini-le; queste, per il loro carattere di trasversalità rispetto agli obiettivi dei PSR, si prestano all’ado-zione di approcci che assicurino una maggiore integrazione delle diverse misure contenute nel regolamento a livello di impresa, filiera produttiva e/o territorio. Tali approcci possono basarsi, ad esempio, sull’individuazione di pacchetti di misu-re, a cui, a seconda degli obiettivi perseguiti, pos-sono aderire singole imprese o i diversi operatori di una filiera e/o di un territorio, purché ammessi dal Regolamento.

Pur non escludendo la possibilità di avviare altre forme di progettazione integrata territoriale, il PSN individua nel LEADER lo strumento principale per assicurare l’integrazione territoriale e nei GAL i soggetti attuatori, ribadendo, secondo quanto disposto dal Regolamento, come, attraverso gli stessi, sia possibile finanziare tutte le misure previ-ste.

Sempre con riferimento agli aspetti strategici, il PSN, pur non rappresentando, analogamente a quanto avviene nel caso del Quadro Strategico Nazionale (si veda Finuola e Lucatelli, p. 9), un documento di programmazione della politica nazionale per il settore agroalimentare e le aree rurali, affronta alcune questioni rilevanti, per con-sentire che i diversi strumenti di politica economi-ca comunitaria, nazionale e regionale lavorino nella stessa direzione e in modo complementare tra loro. Gli aspetti trattati non sono affrontati solo da un punto di vista formale, così da garantire la completezza del programma. Con riferimento agli strumenti di politica nazionale, infatti, il PSN affer-ma che la complementarità va ricercata, in parti-colare, attraverso azioni che non si sovrapponga-no con quanto finanziato in ambito regionale e che siano finalizzate a mettere a sistema quanto realizzato o da realizzare con le politiche regiona-li.

Sempre nell’ottica di garantire l’integrazione tra tutti gli interventi da realizzare a favore del siste-ma agroalimentare e delle aree rurali, particolare attenzione è stata posta sul coordinamento e sul-l’integrazione con le linee strategiche nazionali della politica di coesione fissate nel QSN (si veda Finuola e Lucatelli, pp. 10-11). E’ evidente, infatti, come lo sviluppo del settore agroalimentare e delle aree rurali non possa essere stimolato solo con gli strumenti di incentivazione previsti nel-l’ambito delle politica di sviluppo rurale. Con que-sto spirito, sia il PSN che il QSN, sulla base di un costante confronto tra MiPAF e MEF, individuano una serie di ambiti tematici in cui è opportuno

Attualità

(6)

6

Attualità

numero 23

ricercare l’integrazione e dove l’intervento della politica di coesione (FESR e FSE) sembra essere prioritario. In particolare, gli ambiti meritevoli di maggiore attenzione sono:

- la logistica, la ricerca e la formazione, per quanto riguarda l’agroalimentare;

- le aree ad alto valore naturale, in particolare Natura 2000, le infrastrutture finalizzate al

risparmio idrico e le opere di difesa del suolo nelle aree a maggior degrado territoriale, con riferimento alla tutela e alla valorizzazione del-l’ambiente;

- l’accessibilità e l’attrattività delle aree rurali, alcuni servizi essenziali alla popolazione e per la valorizzazione del turismo e delle risorse cul-turali, con riguardo alla qualità della vita e alla diversificazione in queste aree.

Box 1 - La metodologia utilizzata nel PSN per l’individuazione delle aree rurali italiane

La metodologia OCSE per la classificazione delle aree in urbane e rurali è basata sulla utilizzazione della den-sità di popolazione, per cui, nella prima fase, i comuni sono suddivisi in urbani (>150 ab./kmq) e rurali (<150 ab./kmq). Nella seconda fase, si prevede una classificazione a scala NUTS 3 delle aree in tre categorie (preva-lentemente urbane, significativamente rurali e preva(preva-lentemente rurali), a seconda del peso percentuale della popolazione residente nei comuni rurali sul totale della popolazione provinciale. Tale metodologia non consen-te di cogliere adeguatamenconsen-te le differenze inconsen-terne alle province, generalmenconsen-te rilevanti all’inconsen-terno del consen-territorio italiano, per cui, nel PSN, questa è stata rivista apportando alcuni adattamenti.

Prima fase: sono stati selezionati i comuni-capoluogo di provincia con oltre 150 ab./kmq, che possono rappre-sentare i maggiori centri urbani, dove si concentrano una buona parte dei fenomeni di urbanizzazione e le maggiori attività extra-agricole e in cui l’agricoltura rappresenta un settore del tutto residuale. Questo gruppo di comuni può rappresentare, a livello nazionale, le “aree urbane in senso stretto” ed è stato escluso dalle suc-cessive elaborazioni, volte a individuare una più spinta articolazione del rurale, così da evitare ecsuc-cessive distor-sioni nelle valutazioni della sua reale entità.

Seconda fase: la metodologia OCSE è stata applicata ai comuni rimanenti, individuando le aree prevalente-mente urbane (popolazione comuni rurali < 15% popolazione totale), significativaprevalente-mente rurali (popolazione comuni rurali > 15% e < 50% popolazione totale) e prevalentemente rurali (popolazione comuni rurali > 50% popolazione totale) non a livello provinciale (metodologia OCSE), bensì distinguendo i comuni, nell’ambito di ogni provincia, per zona altimetrica e calcolando, per ciascuna di queste tre (pianura, collina e montagna), l’incidenza della popolazione dei comuni classificati come rurali sulla popolazione totale.

Terza fase: si è provveduto a disaggregare ulteriormente la categoria di aree prevalentemente urbane, che presenta al suo interno forti differenziazioni tra un insieme di comuni più simili ai capoluoghi di provincia (ad esempio, i comuni di corona delle maggiori città italiane e/o alcuni comuni costieri con un forte sviluppo urba-no) e un insieme di comuni densamente popolati, dove è presente un’agricoltura ricca e intensiva (ad esem-pio, le zone di pianura dell’Italia Settentrionale). Per distinguere questi 2 gruppi, si è operata una riclassificazio-ne all’interno delle aree prevalentemente urbariclassificazio-ne, sulla base della densità (150 ab./kmq) e del peso della superficie agricola totale sulla superficie territoriale. Sono stati così individuati tutti quei comuni che possono essere definiti “rurali urbanizzati”, caratterizzati da una densità abitativa elevata ma anche da un rilevante peso dell’agricoltura (oltre i 2/3 della superficie territoriale). Infine, applicando sempre l’analisi a livello di zona altimetrica, si è ottenuta una ulteriore categoria di area, definita “rurale fortemente urbanizzata”, in quanto i comuni rurali hanno un peso significativo (oltre il 15% della popolazione complessiva) e quelli rurali urbanizzati un peso prevalente (oltre il 50% della popolazione rurale).

Quarta fase: Con il procedimento descritto nelle fasi precedenti, incrociando le aree OCSE riviste con le tre zone altimetriche e le tre circoscrizioni territoriali del paese (Nord, Centro e Mezzogiorno), si ottengono 36 tipi di aree (più una relativa ai capoluoghi di provincia) che, sulla base di una analisi delle caratteristiche comuni, posso-no essere aggregate secondo una tipologia a maglie larghe che prevede le seguenti 4 aree omogenee: i Poli urbani, che comprendono i capoluoghi di provincia con più di 150 ab/kmq e tutte le Aree fortemente urbaniz-zate; le Aree rurali ad agricoltura intensiva specializzata, che includono le Aree rurali urbanizzate di pianura, le Aree rurali urbanizzate di collina, le Aree prevalentemente rurali di pianura e le Aree significativamente rurali di pianura; le Aree rurali intermedie, che comprendono le Aree prevalentemente rurali di collina (Nord e Centro), le Aree significativamente rurali di collina e le Aree significativamente rurali di montagna (Nord e Centro); le Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo, che comprendono le Aree prevalentemente rurali di montagna, le Aree prevalentemente rurali di collina (Mezzogiorno) e le Aree significativamente rurali di montagna (Mezzogiorno).

(7)

7

numero 23

Inoltre, per evitare che tali affermazioni non costituiscano delle mere enunciazione di princi-pio e che, quindi, il rapporto con la politica di coesione sia limitato alla fissazione di priorità strategiche comuni, si è ritenuto opportuno defi-nire alcune modalità organizzative comuni, fina-lizzate a favorire l’effettiva integrazione durante l’attuazione dei programmi a livello regionale, come, ad esempio, la partecipazione a gruppi di lavoro; la realizzazione di attività di informazione

e animazione; la condivisione di forme di gestio-ne e di implementaziogestio-ne dei programmi; il coor-dinamento nelle attività di monitoraggio e valu-tazione.

A proposito delle attività di monitoraggio e valu-tazione, il PSN prevede l’attivazione di un Sistema Nazionale di Monitoraggio e di un Sistema Nazionale di Valutazione per lo sviluppo rurale, il cui compito è innanzi tutto quello di garantire la confrontabilità e l’aggregazione delle

informazio-Attualità

Figura 1 - PSN. La struttura logica degli obiettivi

OBIETTIVI ORIZZONTALI OBIETTIVI VERTICALI DI ASSE

Obiettivo orizzontale 1 Competitività del settore agroalimentare e forestale

Obiettivo orizzontale 2 Miglioramento contesto ambientale e socio-economico

Obiettivo orizzontale 3 Efficienza ed efficacia dei sistemi organizzativi nazionali,

regionali e locali

Consolidamento e sviluppo della qualità della produzione agricola e forestale

Promozione dell’ammodernamento e dell’inno-vazione nelle imprese e dell’integrazione lungo le filiere

Potenziamento delle dotazioni infrastrutturali fisiche e telematiche

Miglioramento della capacità imprenditoriale e professionale

ASSE I

Miglioramento della governance nazionale e regionale delle politiche

Rafforzamento della capacità progettuale e gestionale nazionale e regionale

Diffusione delle buone prassi nazionali, regio-nali e locali

ASSE V

Conservazione della biodiversità e tutela e diffusione i sistemi agro-forestali ad alto valo-re naturalistico

Tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche superficiali e profonde

Riduzione dei gas serra Tutela della risorsa suolo ASSE II

Miglioramento dell’attrattività dei territori rurali per le imprese e la popolazione Mantenimento e creazione di nuove opportu-nità occupazionali in aree rurali

ASSE III

Rafforzamento della capacità progettuale e gestionale locale

Miglioramento della partecipazione locale alla definizione delle politiche

(8)

numero 23

8

Attualità

ni a livello nazionale e comunitario e il soddisfa-cimento delle esigenze conoscitive e valutative. I due sistemi, che prevedono la partecipazione attiva dei soggetti a livello sia nazionale, sia regionale, dovranno assicurare una certa qualità delle attività realizzate con azioni di supporto metodologico e la promozione di iniziative finaliz-zate allo scambio di buone prassi e di conoscen-ze specialistiche in tale ambito, garantendo l’in-terfaccia con la Commissione per quel che con-cerne la definizione dei metodi e delle modalità di valutazione, in particolare nell’ambito della Rete europea sulla valutazione.

Il sesto capitolo del PSN pone le basi per la costru-zione della futura Rete Rurale Nazionale, che sarà attuata attraverso un Programma operativo nazio-nale. Interessando tutta la politica di sviluppo rurale, questa avrà compiti molto più ampi della Rete di animazione dell’Iniziativa LEADER. Gli obiettivi della Rete saranno perseguiti attraverso: - azioni di coordinamento e di raccordo con le

attività svolte in parallelo dalla Rete europea; - azioni informative a favore di tutti gli attori dello

sviluppo rurale;

- azioni di sistema finalizzate al supporto delle amministrazioni regionali, da realizzare tramite scambi di esperienze e di competenze, attività formative, supporto metodologico, diffusione di informazioni su strumenti e politiche di carattere nazionale e comunitario, supporto alle attività del Sistema nazionale monitoraggio e del Sistema nazionale di valutazione;

- azioni di supporto a favore dei GAL;

- azioni di identificazione, coinvolgimento attivo, promozione di sinergie con le reti informali già esistenti sul territorio;

- azioni finalizzate alla diffusione e al trasferi-mento delle buone pratiche e delle innovazioni nel campo dello sviluppo rurale;

- azioni di analisi e di studio finalizzate a orienta-re in modo più efficace la programmazione dello sviluppo rurale;

- azioni di assistenza tecnica alla cooperazione interterritoriale e transnazionale.

La versione del PSN sopra descritta, tuttavia, è suscettibile di ulteriori modifiche, che potrebbero rendersi necessarie a seguito dell’evoluzione di alcune questioni, quali:

- l’assegnazione delle risorse finanziarie agli Stati membri, rappresentando, al momento, un ele-mento di incertezza che, da un lato, non ha consentito di completare un capitolo del PSN e, dall’altro, potrà influenzare anche alcune scel-te strascel-tegiche, a seconda che la disponibilità effettiva sia inferiore o superiore alle aspettati-ve;

- l’evolversi del “negoziato” con la Commissione europea, che richiederà presumibilmente alcu-ni aggiustamenti al PSN. Tra questi, sarà sicu-ramente necessario provvedere a una sintesi dell’analisi del contesto di intervento, che il Template per la redazione dei documenti stra-tegici nazionali prevede molto più sintetica; - l’approvazione del PSN da parte della

Conferenza Stato-Regioni. Tuttavia, tale pas-saggio, indispensabile perché concordato all’avvio del processo di redazione del Piano, sarà possibile solo dopo aver conosciuto l’am-montare preciso delle risorse finanziarie dispo-nibili a livello nazionale e la loro ripartizione a livello regionale.

(9)

9

numero 23

Attualità

Territori rurali e

processo di

definizio-ne della politica

regionale 2007-2013

di Roberta Finuola - MEF e Sabrina Lucatelli - UVAL

Introduzione

Una delle più importanti novità del periodo di programmazione 2007-2013 è quella di prevede-re una programmazione unifi-cata per la politica regionale comunitaria, finanziata dai Fondi strutturali, e per la politi-ca regionale nazionale, finan-ziata dal Fondo aree sottoutiliz-zate. Le “Linee Guida”, appro-vate da Stato, Regioni ed Enti locali con intesa della Conferenza unificata del 3 Febbraio 2005, infatti, sancisco-no la scelta di avere un unico Quadro Strategico Nazionale (QSN), che si riferirà sia alla politica regionale comunitaria che a quella nazionale. Alla base di questa decisione c’è la necessità di rendere queste due politiche pienamente coerenti. Sempre in linea con gli indirizzi delle “Linee guida”, la program-mazione 2007-2013 dovrà per-seguire “la coerenza fra politica regionale e politica ordinaria di sviluppo, dandone conto nei documenti di programmazione dei diversi livelli di governo, e nei loro atti strategico-operativi, e monitorandone i distinti valori finanziari, sia negli impe-gni giuridici, sia nella spesa (Documento Strategico Preliminare Nazionale, pag. III)”. Ciò significa che l’obiettivo di coerenza riguarda non solo le due politiche regionali, ma anche le politiche ordinarie che concorrono all’attuazione della strategia guida definita dalla nuova politica regionale con il QSN.

Per comprendere il processo di definizione del QSN per la politi-ca regionale 2007-2013, è necessaria una breve premessa riguardo al contesto di politica economica. Il quadro normati-vo, peraltro ancora non definiti-vo, che sta alla base della poli-tica di coesione del prossimo periodo di programmazione, infatti, fa suoi gli obiettivi della strategia di Lisbona, lanciata, nel marzo 2000, dal Consiglio europeo tenutosi nella capitale portoghese da cui prende il nome. Si tratta di una prospetti-va strategica decennale, volta a sostenere l’occupazione, le riforme economiche e la coesio-ne sociale coesio-nell’ambito di una economia basata sulla cono-scenza. Tale strategia è stata poi confermata dal Consiglio europeo di Göteborg del 2001, che ha conferito agli obiettivi di Lisbona una profonda dimen-sione ambientale, evidenzian-do l’esigenza di accompagnare la crescita economica con un utilizzo sostenibile delle risorse naturali. La strategia di Lisbona, infine, è stata sottopo-sta a verifica nel marzo scorso in seno alla prevista “revisione di medio termine”, formalizzata dal Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005.

Nel complesso, il riesame inter-medio ha evidenziato come i risultati siano stati inferiori a quelli attesi, dato il visibile ral-lentamento delle economie europee e, in particolare, del-l’occupazione, alla cui base si colloca un insoddisfacente andamento della produttività, anche a causa del non pieno utilizzo dell’economia della conoscenza e delle tecnologie dell’informazione e della comu-nicazione (TLC). Tuttavia, il Consiglio europeo non ha volu-to cambiare rotta, rilanciando così la strategia di Lisbona, mediante una semplificazione

delle modalità di implementa-zione e il riorientamento delle priorità verso due azioni fonda-mentali: realizzare una crescita più stabile e duratura e creare nuovi e migliori posti di lavoro. Per recuperare il tempo perdu-to, quindi, è stato definito un programma di azione ad hoc, il Lisbon Action Plan, fondato su tre obiettivi principali:

1. rendere l’Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro;

2. porre la conoscenza e l’inno-vazione al servizio della cre-scita;

3. creare nuovi e migliori posti di lavoro.

In particolare, nelle conclusioni della riunione del marzo 2005, si afferma testualmente che “l’Europa deve rinnovare le basi della sua competitività, aumen-tare il suo potenziale di crescita e la sua produttività e rafforza-re la coesione sociale puntando principalmente sulla conoscen-za, l’innovazione e la valorizza-zione del capitale umano”. Di conseguenza, nel maggio 2005, la Commissione ha adottato gli “orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione”, nel-l’intento di aiutare gli Stati membri a elaborare programmi di riforme nazionali.

Il Quadro Normativo e gli

Orientamenti Strategici

della Commissione

In questo contesto, si è andato sviluppando il quadro normati-vo del nuonormati-vo ciclo dei Fondi strutturali comunitari per il periodo 2007-2013, che ha por-tato alla messa a punto, ma non ancora alla approvazione, al momento in cui scriviamo, dei regolamenti e delle relative linee guida della strategia comunitaria per la politica di coesione 2007-2013, facendo

(10)

propri gli obiettivi della strate-gia di Lisbona in termini di cre-scita, competitività e occupa-zione e articolandoli poi in fun-zione delle specifiche finalità dei diversi Fondi.

In particolare, per quanto riguarda la politica di coesione, gli obiettivi di Lisbona vengono declinati dai relativi orienta-menti strategici nelle seguenti priorità:

1. rendere più attraenti gli Stati membri, le regioni e le città, migliorando l’accessibilità, garantendo servizi di qualità e salvaguardando le poten-zialità ambientali4;

2. promuovere l’innovazione, l’imprenditoria e lo sviluppo dell’economia della cono-scenza mediante lo sviluppo della ricerca e dell’innovazio-ne, comprese le nuove tec-nologie dell’informazione e della comunicazione;

3. creare nuovi e migliori posti di lavoro, attirando un mag-gior numero di persone verso il mercato del lavoro o l’atti-vità imprenditoriale, miglio-rando l’adattabilità dei lavo-ratori e delle imprese e aumentando gli investimenti nel capitale umano.

Nelle intenzioni della Commissione, le priorità sopra elencate vanno declinate tenendo conto della dimensio-ne territoriale della politica di coesione, in particolare dell’ar-ticolazione delle aree in urbane e rurali. Per queste ultime, gli orientamenti strategici per la politica di coesione prevedono una forte promozione della diversificazione economica, da perseguire attraverso una vigo-rosa integrazione fra tale

politi-ca e quella di sviluppo rurale. Per quanto riguarda specifica-tamente la politica di coesione, gli interventi a favore delle zone rurali sono chiamati a: - garantire un livello minimo

di accesso ai servizi di inte-resse economico generale nella prospettiva di attrarre imprese e personale qualifi-cato e di contenere l’emigra-zione;

- rafforzare le capacità endo-gene dei territori rurali, favo-rendo l’innovazione di pro-cesso e di prodotto delle atti-vità locali e la commercializ-zazione dei prodotti a livello nazionale ed europeo; - adottare un’impostazione

integrata dello sviluppo turi-stico locale, salvaguardando le risorse naturali (tutela degli habitat e della biodi-versità);

- promuovere aggregazioni sinergiche (poli di sviluppo, gruppi economici che associ-no le risorse locali) che con-sentano di raggiungere la massa critica necessaria per offrire servizi efficienti.

Per conseguire tali obiettivi, gli Stati membri debbono garanti-re la complementarietà e la coerenza fra le azioni che saranno finanziate dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), dal Fondo di coesione, dal Fondo Sociale Europeo (FSE), dal Fondo Europeo per la Pesca (FEP) e dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) in un dato territorio o in un dato set-tore di attività, definendo nel QSN e nel Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rurale (PSN) gli orientamenti principali relativi ai meccanismi di

coor-dinamento tra gli interventi finanziati dai vari Fondi. Un’analoga attenzione ai temi dell’integrazione è presente negli orientamenti strategici specifici per lo sviluppo rurale, che dedicano un intero para-grafo (il 3.6) alla complementa-rità fra gli strumenti comunitari, evidenziando l’assoluta neces-sità di “sviluppare sinergie tra le politiche strutturali, la politica dell’occupazione e la politica dello sviluppo rurale”. In tal senso, vengono date alcune indicazioni puntuali in ordine ai criteri di demarcazione: per gli investimenti in infrastrutture, viene individuata la scala degli interventi come potenziale prin-cipio guida per la suddivisione degli interventi fra sviluppo rurale e politiche di coesione; per quanto riguarda lo sviluppo del capitale umano, la suddivi-sione dovrebbe avvenire in fun-zione dei beneficiari rurali, per cui gli interventi di sviluppo rurale sarebbero destinati agli agricoltori e agli attori econo-mici coinvolti nella diversifica-zione dell’economia rurale, mentre quelli previsti dalle poli-tiche di coesione, in generale, a tutta la popolazione delle aree rurali.

Su queste basi è stata imple-mentata, in una stretta coope-razione istituzionale fra il Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione (DPS) del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MiPAF), le Regioni e le parti economiche e sociali, la costruzione parallela e sinergi-ca dei due documenti base del nuovo ciclo di programmazio-ne: il QSN e il PSN.

numero 23

10

Attualità

4 Tale priorità va perseguita potenziando le infrastrutture di trasporto, rafforzando le sinergie fra tutela dell’ambiente e crescita e riducendo l’uso intensivo delle fonti energetiche tradizionali.

(11)

11

numero 23

Attualità

Il Documento Strategico

Preliminare Nazionale e i

Territori Rurali

Il Documento Strategico Preliminare Nazionale (DSPN) è il documento prodotto dalle amministrazioni centrali nella prima fase del processo di costruzione del QSN. Come indi-cato dalle “Linee Guida per l’ela-borazione del Quadro strategico nazionale per la politica di coe-sione 2007-2013” prima illustrate, tale documento rappresenta il primo passo per la costruzione di una “Strategia per la politica di coesione” realizzata con risorse nazionali e comunitarie a livello di Stato membro. L’Amministrazione centrale di governo, nel caso dell’Italia il DPS del MEF, in stretta concerta-zione con le parti economiche e sociali, fisserà indicazioni in meri-to alle priorità nazionali della politica regionale, comunitaria e nazionale, e alle principali linee di intervento nel periodo 2007-2013, assicurando la coerenza di tali indicazioni con gli orienta-menti comunitari previsti dal-l’art. 23 della proposta di Regolamento, delineando il con-tributo della politica di coesione all’attuazione degli obiettivi di Lisbona e di Göteborg e assicu-rando la sua coerenza con le altre politiche nazionali e comu-nitarie che attuano tali obiettivi e con le politiche nazionali per l’occupazione.

Pur riconoscendo la necessità di continuare a ragionare per grandi temi e per settori (ad esempio, Ricerca e innovazione; Ambiente e risorse naturali e cul-turali e altri), il DPSN afferma l’importanza che priorità e criteri delineati per grandi temi venga-no poi declinati in base alla dimensione territoriale. E’ nella particolare articolazione di risor-se, soggetti e interessi sul territo-rio, infatti, che le singole azioni

“settoriali” possono integrarsi. Il Documento, quindi, pur riba-dendo il ruolo fondamentale della Politica di Sviluppo rurale, in quanto politica espressamen-te dedicata a tutto il conespressamen-testo rurale, riconosce l’esigenza di un suo raccordo con la politica regionale. Questo raccordo deve passare per il riconoscimento che le aree rurali sono diverse tra loro, riconoscimento che guida, pertanto, anche l’indivi-duazione delle diverse tipologie di aree rurali nell’ambito del pro-cesso di concertazione tra MiPAF e Regioni per la definizione del PSN.

Il DPSN prevede, infatti, tre prin-cipali tipologie di aree: Città; Sistemi produttivi (tra cui anche i sistemi agroalimentari) e Sistemi rurali.

Le esigenze di policy di un’area rurale periurbana, ad esempio, saranno probabilmente differen-ti da quelle di un’area rurale marginale. Mentre il primo tipo di area è sottoposto a pressioni sia ambientali, sia dovute all’ur-banizzazione e, al contempo, ha l’opportunità di operare per la costruzione di filiere agro-alimen-tari corte, il secondo tipo di area rurale ha problemi collegati all’i-solamento, alle difficoltà in ter-mini di accesso ai servizi ter-minimi di base e sono interessate da spinti fenomeni di invecchia-mento della popolazione e di disoccupazione giovanile (in particolare femminile). L’idea di base, quindi, è che tipologie di aree rurali differenti evidenziano fabbisogni diversi in termini di policy, la cui offerta, pertanto, deve essere modulata in base a tali differenze.

L’altra tipologia di area presa in considerazione dal DPSN è quel-la dei sistemi agroalimentari, in qualità di sistemi produttivi (oltre ai sistemi industriali e a quelli turistici). Per supportare l’obietti-vo di competitività delle filiere

agroalimentari, proprio della politica di sviluppo rurale, il DPSN riconosce che la politica regionale ha un ruolo di miglio-ramento del “contesto economi-co” in cui le filiere produttive operano.

E’ evidente, quindi, come l’im-portanza della dimensione terri-toriale vada letta anche alla luce del fatto che il territorio, in questo caso i diversi sistemi rurali con le loro specifiche caratteristi-che, costituisce uno dei punti di partenza per l’integrazione delle due “anime” della politica in favore dei territori rurali (la politi-ca di sviluppo rurale e la politipoliti-ca regionale).

Il Processo e i Tavoli

Il processo attraverso il quale si perviene alla definizione e all’i-noltro formale alla Commissione europea della proposta di QSN per le politiche regionali entro Settembre 2006 (come presuppo-sto per il contemporaneo invio dei Programmi operativi) è stato definito dalle Linee guida prima illustrate. Tale percorso si articola in tre fasi principali: estrapolazio-ne e visioestrapolazio-ne strategica delle Regioni e del Centro; confronto strategico tra Centro e Regioni; stesura del QSN. Il confronto e il dialogo con le parti economiche e sociali è previsto in tutte e tre queste fasi.

La prima tappa è stata la stesura del DSPN da parte del DPS (MEF), per conto di tutte le amministra-zioni centrali e in partenariato con le rappresentanze istituziona-li degistituziona-li enti locaistituziona-li e delle parti economiche e sociali, ultimata a fine novembre 2005. A questo Documento si è giunti nella con-vinzione che il punto di partenza per la costruzione della futura strategia di sviluppo regionale fosse costituito dalla diagnosi e dalla valutazione dei risultati conseguiti nel precedente

(12)

perio-numero 23

12

Attualità

do di programmazione. Alla defi-nitiva stesura del DPSN, dunque, si è arrivati attraverso l’utilizzo, per ciascun tema chiave, dei risultati dell’attività Valutativa, l’apporto delle diverse Amministrazioni centrali e delle parti economiche e sociali e l’or-ganizzazione di Seminari allarga-ti su una serie di temi chiave5.

Contemporaneamente, ciascuna Regione e Provincia Autonoma italiana ha predisposto un Documento Strategico Preliminare Regionale (DSPR). In particolare, le Regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Balisicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) hanno elaborato il loro DSPR in modo coordinato e d’intesa con il DPS, così da consentire la conte-stuale stesura di un documento strategico unitario per il Mezzogiorno (DSM), “Linee per un nuovo programma Mezzogiorno 2007-2013”. Una volta conclusi il DSPN, il Documento Strategico per il Mezzogiorno e i diversi DSPR, si è aperta la fase di con-fronto delle Amministrazioni cen-trali con le Regioni nell’ambito di otto Tavoli tematici e Gruppi tec-nici, avviata nel gennaio 2006 e terminata entro la fine di aprile. Dai tavoli sono scaturite delle “schede”, che rappresentano un primo passo verso la definizione delle priorità strategiche nazio-nali e che costituiranno la base per l’elaborazione della versione finale del QSN, da approvare, come già anticipato, entro la fine di Settembre.

Secondo una prassi ormai conso-lidata del DPS, la definizione di tutti i documenti programmatici di base, quindi, avviene attra-verso un intenso e partecipato processo di brain storming, che vede il coinvolgimento di tutti gli attori: Amministrazioni centrali, Regioni, Parti sociali.

In particolare, i tavoli tematici hanno riguardato:

- Tavolo I - Istruzione, forma-zione, territorio;

- Tavolo II - Ricerca e innova-zione, banche e aiuti di Stato; - Tavolo III - Ambiente, risorse

naturali e culturali, mercato dei servizi, territorio;

- Tavolo IV - Servizi sociali, inclusione sociale, sicurezza e legalità;

- Tavolo V - Reti/collegamenti, territorio;

- Tavolo VI - Mercato del lavo-ro, sistemi produttivi, sviluppo locale;

- Tavolo VII - Città, sistemi pro-duttivi, innovazione;

- Tavolo VIII - internazionalizza-zione, attrazione investimenti. Il loro compito principale è stato quello di favorire la discussione sulle tematiche affrontate e la conseguente messa a punto di priorità effettivamente condivise (obiettivi) e l’individuazione di modalità di governance (stru-menti), da condensare in un documento di sintesi e utilizzare nella fase di redazione del QSN, iniziata dopo la conclusione dei lavori dei tavoli6.

I gruppi tecnici hanno finalità analoghe, essendo la loro atti-vità diretta alla produzione di documenti condivisi, da utilizzare nella fase di stesura del QSN; tut-tavia, questi affrontano temi più circoscritti e di natura più stru-mentale rispetto alla realizzazio-ne degli obiettivi discussi realizzazio-nei tavoli.

Come è possibile notare, la tematica della aree rurali non è stata oggetto di uno specifico tavolo tematico, né di un gruppo tecnico, in quanto è trattata, con diversa intensità, nell’ambito di tutti i tavoli. Si è deciso di lavora-re, infatti, in maniera parallela al Tavolo per lo Sviluppo Rurale (gestito dal MiPAF al fine di dise-gnare il PSN) e di garantire, all’in-terno di ciascun Tavolo di discus-sione della Coediscus-sione, l’emerdiscus-sione delle problematiche connesse alle aree rurali. Tale obiettivo ha comportato la produzione di spe-cifici contributi, elaborati dall’Area Sviluppo Rurale del DPS, che hanno riportato, su cia-scun Tavolo, il punto di vista e le esigenze dei Territori Rurali, insie-me ai nuinsie-merosi contributi prodot-ti da tutprodot-ti gli altri partecipanprodot-ti. Si rileva, tra l’altro, come all’atten-zione ai Territori Rurali da parte del DPS si siano affiancati la par-tecipazione del MiPAF a diversi tavoli e l’attivo contributo delle parti sociali rappresentative del mondo agricolo (Confagricoltura, CIA e Coldiretti). Le Regioni, inol-tre, rappresentate in gran parte dagli Uffici responsabili della pro-grammazione regionale, hanno mostrato una più o meno forte

5 Conoscenza per lo sviluppo: il ruolo della scuola e dei processi di apprendimento nelle politiche di sviluppo (Roma, 7 luglio 2005); Ricerca e Innovazione per la competitività dei territori: come orientare la politica di sviluppo (Roma, 11 luglio 2005); Risorse naturali e culturali come attrattori (Roma, 28 settembre 2005); Il lavoro e le competenze delle persone: le sfide per lo svi-luppo dei territori e la riduzione della disparità (Rimini, 17-18 ottobre 2005); Ambiente e Energia per lo Svisvi-luppo sostenibile (Roma, 11 novembre 2005).

6 I gruppi tecnici riguardano: il partenariato economico-sociale, la cooperazione, gli obiettivi da fissare per alcuni servizi essen-ziali, la valutazione, la capacity building, l’assistenza tecnica e le azioni di sistema, il monitoraggio e il controllo, il circuito finanziario e di progettazione, il collegamento con gli altri programmi comunitari, il processo unitario di programmazione FAS-FS, il mercato interno e la concorrenza.

(13)

13

numero 23

Attualità

attenzione alle problematiche

rurali a seconda del Tavolo e del Tema principale di discussione. In particolare, è stata evidenzia-ta tutevidenzia-ta una serie di tematiche direttamente connesse al rurale -come, ad esempio: l’importanza della ricerca e dell’innovazione per i sistemi agroalimentari (Tavolo II); la declinazione, anche puntuale, delle modalità con cui l’agricoltura e le diverse tematiche ambientali si rappor-tano (Tavolo III); l’importanza

della logistica per i sistemi agroa-limentari (Tavolo V); il collega-mento fra aree urbane e aree rurali periurbane e l’importanza dei comuni e dei network di comuni per l’offerta di servizi essenziali nelle aree rurali (Tavolo VII); la specificità delle aree rurali rispetto alle questioni connesse ai servizi sociali e all’in-clusione sociale (Tavolo IV), ecc. - che si riflettono nei documenti finali prodotti dai diversi tavoli. Nel complesso, dai tavoli è

emer-sa la richiesta di una forte inte-grazione fra i diversi strumenti delle politiche di coesione e fra queste e le politiche di sviluppo rurale. Sotto questo ultimo aspet-to, il lavoro dei tavoli è stato estremamente prezioso, in quan-to ha consentiquan-to di definire meglio gli ambiti e le possibili modalità di integrazione ai fini della redazione sia del QSN (in prima bozza entro aprile), che del PSN (presentato alla Commissione entro la fine di aprile).

(14)

14

numero 23

Gruppo di lavoro “Foreste e

Cambiamento Climatico”.

di Luca Cesaro - INEA

Nell’ambito delle attività dirette alla formulazione del Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rura-le (PSN), sono stati costituiti cinque gruppi di lavoro (tavoli tecnici), ai fini dell’individuazione e della formulazione di proposte operative sulle tematiche delle risorse idriche, della biodiversità, delle fore-ste, del suolo e del paesaggio, poi incluse in speci-fici documenti elaborati da ciascun gruppo. In par-ticolare, nel presente articolo, vengono brevemen-te riassunbrevemen-te l’analisi e le proposbrevemen-te di linee strabrevemen-tegi- strategi-che risultate dall’attività del Gruppo “Foreste e cambiamento climatico”.

Il gruppo di lavoro, costituito presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, ha visto la par-tecipazione de: il Corpo Forestale dello Stato, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, alcune Regioni, l’APAT, l’INEA, l’ISMEA e l’Università di Padova.

Il documento predisposto dal Gruppo Foreste (disponibile in rete sul sito del MiPAF7) si articola in

due parti. Nella prima, si riporta un quadro cono-scitivo dell’attuale situazione delle risorse forestali e un’analisi delle politiche forestali realizzate a livello comunitario e nazionale, con un particolare approfondimento circa l’attuazione delle misure forestali nell’ambito della programmazione dello sviluppo rurale 2000-2006; nella seconda parte, invece, si individuano le possibili strategie naziona-li per il settore forestale, in vista della programma-zione 2007-1013, proponendo, per le principali misure forestali attivabili nella nuova programma-zione, anche alcune azioni chiave, di particolare rilevanza strategica.

La situazione del comparto e le politiche

forestali

L’analisi di contesto evidenzia soprattutto, oltre ai noti dati statistici sulle superfici forestali e sulle relative produzioni (più di 10 milioni di ettari di foreste, pari a circa il 30% del territorio italiano, con prevalenza di forme diverse di proprietà pri-vata - 65%), l’importanza dei valori e delle funzioni di carattere ambientale e sociale delle foreste. Il 30% delle formazioni forestali è situato nelle aree protette incluse nell’elenco ufficiale stilato

periodi-camente dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e in quello dei siti Natura 2000. La funzione protettiva e di difesa del suolo svolta dalle risorse forestali è di primaria importanza in 2,9 milioni di ettari di foreste (dati inventario fore-stale 1985). Si sottolinea, inoltre, l’importanza del ruolo che le foreste svolgono nella mitigazione dei cambiamenti climatici e nel perseguimento degli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas di serra, grazie alla capacità di fissazione del carbonio da parte dei soprassuoli forestali (in parti-colare, quelli giovani) e alla fornitura di energia rinnovabile (come sostituto di energia di origine fossile), sotto forma di legno o di prodotti trasfor-mati da biomasse forestali.

In tale contesto, le foreste costituiscono un ele-mento di particolare rilievo per l’Unione europea, che, fin dal 1964, ha sostenuto il settore forestale, seppure con minori risorse rispetto a quelle dirette all’agricoltura, tramite l’attivazione di misure riguardanti l’armonizzazione della legislazione, lo sviluppo e la salvaguardia delle risorse forestali, la protezione delle foreste contro l’inquinamento atmosferico e gli incendi e, infine, la ricerca nel settore forestale.

Nel settembre 1988, la Comunità ha adottato per la prima volta un approccio strategico per il setto-re, presentando un programma di azione foresta-le, approvato dal Consiglio nel 1989 e articolato nelle seguenti cinque azioni prioritarie:

a) imboschimento delle superfici agricole;

b) sviluppo e utilizzazione ottimale delle foreste nelle zone rurali;

c) sughero;

d) protezione delle foreste; e) misure di accompagnamento.

Tuttavia, è solo con il Reg. (CEE) 867/90, relativo agli investimenti nella trasformazione e nella com-mercializzazione dei prodotti della selvicoltura, e, in particolare, con le decisioni attuate nel 1992, che modificano sostanzialmente il Programma di azione forestale, che le misure per il settore foresta-le acquisiscono maggiore importanza nell’ambito delle strategie comunitarie di sviluppo. Nello stes-so periodo, con il Reg. (CEE) 2080/92, si è constes-soli- consoli-dato un sistema di aiuti alle misure forestali in ambito agricolo e, in particolare, un regime di aiuti all’imboschimento dei terreni agricoli. Gli obiettivi di questo regolamento erano il migliora-mento dell’utilizzo del suolo, la difesa

dell’ambien-Strumenti della programmazione

7 http://www.politicheagricole.it/DocumentiPubblicazioni/ElencoDocumentiSettore.htm?Argomento=Sviluppo%20Rurale%20e%20 Infrastrutture>Riforma%202007-2013

(15)

Strumenti della programmazione

te, la gestione dello spazio naturale e la riduzione delle carenze delle risorse silvicole nella Comunità europea, oltre all’incentivazione della selvicoltura come alternativa all’agricoltura e come possibile fonte di reddito complementare, in linea con i principi della nuova politica comunitaria avviata nel maggio 1992 (Riforma MacSharry).

Negli anni '90, il dibattito sulla silvicoltura in Europa si è concentrato sulla definizione e sull'at-tuazione dei principi di una silvicoltura sostenibile. Il concetto di gestione sostenibile delle foreste, quale combinazione equilibrata di attività ecologi-che, economiecologi-che, sociali e culturali, quindi, è stato definito nell’ambito della conferenza ministeriale

paneuropea di Helsinki sulla protezione delle fore-ste (1993), riaffermando, in questo modo, il ruolo plurifunzionale svolto dalle foreste.

Il 15 dicembre 1998, con l’approvazione della riso-luzione sulla Strategia Forestale dell’Unione euro-pea (1999/C/56/01), il Consiglio ha affermato che l’Unione europea può positivamente contribuire all’implementazione di una gestione forestale sostenibile e promuovere il ruolo multifunzionale delle foreste, riconoscendo agli Stati membri la competenza e la responsabilità nella formulazione delle politiche forestali.

La strategia proposta dalla risoluzione del Consiglio definisce una serie di azioni forestali, che si vanno

15

numero 23

Misure Forestali attivate nell’ambito dei PSR e dei POR

Imboschimento produttivo • •• • •• •• • • •• •• •• • • •

Imboschimento protettivo e

multifunzionale • •• • •• • • •• •• •• • • •• •

Imboschimento per produzione di

biomassa •• • • •• •

Imboschimento superfici non agricole • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Accrescimento valore e miglioramenti

forestali • • •• •• • • •• •• •• • • •• ••

Pianificazione forestale e inventari • • • • • • • • • •

Raccolta trasformazione e

commercializzazione dei prodotti forestali •• •• •• •• • • •• •• •• • • ••

Ecocertificazione e filiere • • • • • • • • • •

Infrastrutture e strade • • • • • •

Associazionismo forestale • • • • • • • • • • • • • • • •

Ricostituzione disastri naturali e incendi • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Mantenimento della stabilità ecologica • • • • • • • • • • •

Difesa incendi e mantenimento fasce

tagliafuoco • • •• • • ••

Bioingegneria e sistemazione verde • • • • • • • •

Recupero biotipi umidi • • • •

Tutela paesaggio • • • • • • • •

Sistemazioni idraulico forestali • • •

Altro • • • • Pi em on te Va lle D ’A os ta Lo m ba rd ia P. A . T re nt o P. A . B ol za no Ve ne to Fr iu li V. G . Li gu ria Em ili a R. To sc an a Um br ia M ar ch e La zio A br uz zo M ol ise Ca m pa ni a Pu gl ia Ba sil ic at a Ca la br ia Si ci lia Sa rd eg na Im bo sc hi m en to A ltr e m isu re fo re st al i Tu te la a m bi en ta le

(16)

a integrare con le altre politiche, incoraggiando anche la partecipazione trasparente di tutte le parti in causa. Tale strategia, che si attiene ai prin-cipi guida di una gestione sostenibile delle foreste e del ruolo multifunzionale da esse svolto (ecologi-co, economico e sociale), richiamando i punti attualmente più rilevanti e critici del settore fore-stale (sviluppo rurale, processo pan-europeo, pro-tezione dei boschi dall’inquinamento e dagli incen-di, informazione e comunicazione, allargamento dell’UE, programmi forestali nazionali e biodiver-sità, rete Natura 2000, foreste contro il cambiamen-to climatico globale e certificazione forestale), trova la sua attuazione nella predisposizione di piani forestali nazionali o regionali. La strategia forestale comunitaria così strutturata riconosce, di fatto, che l’inclusione delle misure forestali nell’am-bito delle politiche per lo sviluppo rurale potrebbe costituire (e, in effetti, questo è quanto accaduto negli anni successivi fino alla sua attuale revisione) lo strumento per la realizzazione pratica della stra-tegia stessa, a patto, ovviamente, che le azioni implementate siano coerenti con le raccomanda-zioni generali.

In particolare, ciò avviene con Agenda 2000. Con il Reg. (CE) 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale, infatti, le politiche forestali, finora escluse, entrano ufficialmente a far parte delle politiche per lo sviluppo rurale e vengono incluse in un apposito capitolo del regolamento, che prevede l’attivazio-ne di una serie di misure forestali riconducibili, da un lato, alla selvicoltura di pianura (imboschimenti a turno lungo, impianti produttivi, forestazione a finalità prevalentemente protettive o di conserva-zione) e, dall’altro, al miglioramento economico, ecologico e protettivo delle foreste e a interventi sulla filiera produttiva (soprattutto investimenti) o con specifica connotazione ambientale (tabella 1). Tuttavia, come più volte sottolineato, la notevole varietà di misure attivate ha contribuito, in alcuni casi, a una certa dispersione delle risorse, indirizza-te soprattutto alle misure di imboschimento piutto-sto che a quelle più tipicamente forestali.

Dopo cinque anni di attuazione delle politiche di sviluppo rurale disegnate da Agenda 2000, il pro-cesso di revisione avviato dagli Stati membri ha portato alla formulazione del regolamento per il periodo di programmazione 2007-2013, che detta i nuovi indirizzi e le nuove norme per l’applicazione delle prossime politiche di sviluppo rurale, affidan-do alle foreste, in moaffidan-do sempre più incisivo, un ruolo multifunzionale e trasversale nelle politiche di sviluppo, salvaguardia e tutela delle aree rurali e naturali.

Orientamenti strategici per la nuova

programmazione

Come già anticipato, il principale obiettivo del gruppo di lavoro Foreste e cambiamento climati-co è stato quello di definire un documento tecni-co di supporto per la formulazione del PSN. In questo contesto, si è cercato di individuare, innanzitutto, i punti di forza e le debolezze del comparto forestale a livello nazionale, così da consentire la formulazione delle linee strategi-che generali per tutto il territorio italiano.

Le principali criticità del settore sono state indivi-duate nei seguenti punti:

1. La perdita di valore commerciale di alcune produzioni forestali ha reso anti-economiche le normali prassi di gestione del bosco (questo soprattutto nelle aree alpine, dove, a elevati costi di utilizzazione, si affianca il basso valore del prodotto e la mancanza di filiere locali/regionali). Per la gestione forestale, quindi, è venuta meno la possibilità di garan-tire il mantenimento dei caratteri strutturali e funzionali delle foreste.

2. Le difficoltà a remunerare i servizi non mone-tari offerti dalle risorse forestali, che, tuttavia, negli ultimi anni, cominciano a essere ricono-sciuti, sebbene in forma ancora limitata, a livello sia politico che di opinione pubblica. Le caratteristiche di beni pubblici o misti di tali produzioni, infatti, non consentono una valo-rizzazione dei servizi offerti sul mercato, per cui si ritiene che, oltre a meccanismi di internaliz-zazione (quali l’offerta di servizi direttamente collegati alle produzioni non monetarie), un complemento al reddito del prodotto legnoso sotto forma di compensazioni/indennità sia, in talune circostanze, opportuno.

3. La presenza di molteplici attori e la loro scarsa integrazione e la frammentazione e dispersio-ne delle proprietà forestali creano ulteriori pro-blemi ai fini dell’attuazione di una gestione forestale economicamente conveniente. 4. Lo scarso interesse alla gestione forestale da

parte degli amministratori locali e l’inadegua-tezza, in molti contesti, del sistema di leggi, piani e modelli organizzativi richiedono un intervento deciso e coraggioso di ammoder-namento complessivo del settore.

5. Le carenze di tipo tecnico-formativo, la scarsa conoscenza delle tecniche di gestione foresta-le sostenibiforesta-le e la limitata promozione delforesta-le produzioni nazionali di materie prime legnose ostacolano il raggiungimento di un adeguato

16

Strumenti della programmazione

(17)

17

numero 23

livello di professionalità e l’adozione di modelli sostenibili e sono indice di uno modesto orien-tamento al mercato dei produttori.

6. Le trasformazioni strutturali dell’economia nelle aree montane hanno causato una ridu-zione delle persone che operano nel bosco e ne hanno le competenze necessarie. Tali carenze contribuiscono a rafforzare il fenome-no di abbandofenome-no della gestione attiva, facen-do assumere all’utilizzazione professionale, che comporta costi espliciti e maggiori oneri organizzativi, un’importanza superiore che in passato.

7. Lo scarso ricambio generazionale nelle aree montane determina la perdita di usi e tradizio-ni locali di rilevante importanza per il mante-nimento della biodiversità (eco-mosaici) e la valorizzazione storico-culturale del territorio. 8. Il forte radicamento, nelle popolazioni urbane,

di una visione statica degli ecosistemi forestali rende difficile la comprensione di quanto sia importante e, spesso, necessario l’intervento dell’uomo per conservare o ripristinare l’effi-cienza funzionale delle foreste.

Le opportunità di sviluppo e crescita sostenibile del settore forestale a livello nazionale, pertanto, sono individuate nei seguenti punti:

1. Una corretta e adeguata gestione economica delle risorse forestali contribuisce allo sviluppo economico e sociale delle aree rurali, attra-verso il mantenimento di attività economiche tradizionali (filiere produttive basate su Prodotti Forestali Legnosi e non Legnosi) e la creazione di nuove opportunità produttive, basate soprattutto sui prodotti e sui servizi non monetari offerti dal bosco.

2. La ripresa produttiva di alcune filiere forestali, in particolare di quelle legate alla produzione di materia prima per uso energetico e di pro-duzione di calore, ha creato i presupposti per un recupero produttivo di molte zone forestali, soprattutto nel caso dei boschi cedui nell’Italia centro-meridionale.

3. Il mantenimento dell’efficienza degli ecosiste-mi forestali contribuisce ad aumentare la

sicu-rezza idrogeologica e la prevenzione/mitiga-zione degli eventi climatici estremi. In deter-minati contesti, la presenza di copertura fore-stale contribuisce alla riduzione dell’evapotra-spirazione e, di conseguenza, riduce il rischio/tasso di desertificazione.

4. La funzione multipla delle foreste, in particola-re dei nuovi impianti, in termini di assorbi-mento e fissazione dell’anidride carbonica (riconosciuta dagli accordi internazionali nel-l’ambito della Convenzione, United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC e del susseguente Protocollo di Kyoto) e di stabilizzazione climatica, con spe-cifico riguardo alle foreste naturali mature e adulte, fornisce interessanti soluzioni nelle strategie nazionali e internazionali di mitiga-zione dell’effetto serra e dei cambiamenti cli-matici. Pur essendo opportuna una chiarifica-zione delle strategie e delle modalità di attua-zione del protocollo di Kyoto, con riferimento alle diverse opportunità di negoziazione dei crediti8 per quanto riguarda, in particolare la

gestione forestale, si ritiene che il ruolo delle foreste sia di estrema importanza e debba essere opportunamente valorizzato.

5. La funzione delle foreste nella produzione di fonti energetiche rinnovabili, da promuovere nell’ambito del mercato della bioenergia, è possibile attraverso sia la creazione di nuovi impianti arborei, sia il sostegno alla raccolta sistematica dei residui delle operazioni di gestione, realizzando una filiera che favorisca il collegamento tra la produzione e l’utilizzazio-ne. È da valutare anche la possibilità di un utilizzo energetico delle biomasse forestali (le piccole centrali di termovalorizzazione, inte-grate con la produzione locale, potrebbero accedere al sistema dei certificati verdi per la produzione di energia da fonti rinnovabili). 6. La funzione delle foreste come serbatoio di

biodiversità, sia vegetale che animale, è ancora importante, benché, negli ultimi decenni, siano state impiegate specie allocto-ne allocto-nella gestioallocto-ne forestale, con conseguente impoverimento del patrimonio genetico.

Strumenti della programmazione

8 Gli accordi sottoscritti dai Paesi firmatari del Protocollo di Kyoto prevedono che solo il carbonio fissato in interventi di afforesta-zione possa essere considerato ai fini del calcolo del bilancio di carbonio di ogni singolo Stato; un altro forte vincolo è rappre-sentato dall’obbligo di considerare validi, ai fini del calcolo del bilancio di carbonio, solo gli interventi che sono direttamente indotti dall’attività umana. Nel caso dell’Italia, purtroppo, questo implica che il progressivo aumento della provvigione (massa in piedi) dei boschi non possa essere considerato (se non in minima parte) ai fini del raggiungimento degli obiettivi di fissazione di carbonio. Su tali argomenti l’Italia, con altri Paesi, soprattutto europei, sta cercando di negoziare modifiche negli accordi tra le parti, al fine di poter, almeno in parte, contabilizzare la crescita provvigionale delle foreste esistenti nel bilancio del carbonio a livello nazionale.

Figura

Figura 1 - PSN. La struttura logica degli obiettivi
Tabella 1 - Reg. (CE) 1257/99. Misure Forestali attivate nell’ambito dei PSR e dei POR
Figura 1- Iter logico-decisionale per la scelta del piano

Riferimenti

Documenti correlati

Si applica la procedura di cui all’articolo 36, comma 2 lettera b), del d.lgs. 50/2016 a mezzo confronto concorrenziale delle offerte presentate sul MEPA mediante

Sono quindi da considerarsi idonei i terreni di buona esposizione, di natura calcareo – argilloso – silicea anche profondi ma piuttosto asciutti, mentre sono da

Sono oltre duemila le iniziative già programmate e i temi centrali per il confronto globale: dalla genetica agraria alla valorizzazione della biodiversità,

• i fenomeni di contraffazione dei prodotti agroalimentari, riconducibili anche all’Italian sounding e al falso Made in Italy, sottraggono all’Italia una produzione

CONSIDERATO che il citato Gruppo di Autovalutazione nella riunione 07/04/2020, all’esito delle analisi effettuate, ha inoltre individuato le principali iniziative da adottare in

Non siamo responsabili di eventuali imprecisioni o inesattezze contenute nel testo riportato, l’unico testo facente fede ai fini legali è quello pubblicato sulla

5450 e successivi decreti di integrazione e aggiornamento, riportato in allegato B che costituisce parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, nonche'

La proposta di Regolamento del Consiglio sullo sviluppo rurale introduce, nel sistema di programmazione 2007-2013, un approccio diverso da quello attualmente in vigore.