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Gianmarco De Angelis, “Raccogliere, pubblicare, illustrare carte”. Editori ed edizioni di documenti medievali in Lombardia tra Otto e Novecento, Firenze, Firenze university press, 2017

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Bibliothecae.it, 6 (2017), 2, 453-455 DOI <10.6092/issn.2283-9364/7531>

Gianmarco De Angelis, “Raccogliere, pubblicare, illustrare carte”. Edi-tori ed edizioni di documenti medievali in Lombardia tra Otto e Nove-cento, Firenze, Firenze university press, 2017 (Reti medievali E-book, 28), XII, 249 p., ISBN 498-5 (print), ISBN 978-88-6453-499-2 (online PDF), ISBN 978-88-6453-500-5 (online EPUB), € 17,90. Il cuore del percorso che Gianmarco De Angeli intende compiere con questa ricerca si svolge attorno alla medievistica, per essere più precisi tra la storia della medievistica e la storia della metodologia diplomatistica, giungendo a rischiarare l’attenzione anche di chi que-ste tematiche non le pratica, preferendovi la scienza dell’informazione nella sua più ampia accezione.

L’interesse è duplice, toccando da un lato le vicende – o vicissitudi-ni – che le scienze archivistica, paleografica e diplomatica subirono tra Otto e Novecento, qui accennate nei riferimenti alla Scuola di paleo-grafia di Giuseppe Cossa presso l’Archivio Nazionale di Milano (p. 21) e i successivi sviluppi accademici, concentrati a Pavia, isolati esempi di istituzionalizzazione del percorso formativo nel panorama lombar-do lombar-dominato dell’autoformazione; dall’altro ci fornisce la descrizione di un sistema editoriale che nasce spontaneamente «frutto di iniziative individuali, solo con minimi spunti di coordinamento istituzionale» (p. 4) che crebbe nel corso del diciannovesimo secolo, muovendosi tra associazioni e istituzioni locali o statali come la Regia deputazione di storia patria. Il percorso, come rileva l’autore con attenzione alle ge-sta e agli scritti dei protagonisti, si compie tra grandi difficoltà, tanto

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che De Angelis si riferisce al venticinquesimo genetliaco della Società storica lombarda – l’associazione nasce nel 1873 a Milano su propo-sta di Cesare Cantù, con il fine di «raccogliere, pubblicare, illustrare carte» – definendo questo arco di tempo come un periodo «di grandi potenzialità ma anche di molte occasioni perdute» (p. 61).

L’autore procede nella sua analisi con un criterio cronologico che si arricchisce di alcuni utili approfondimenti, scostando quindi il succe-dersi dei capitoli da una ritmica scansione per anni.

Il primo capitolo è dedicato alle problematiche della conservazione e dello studio delle fonti medievali nella prima metà dell’Ottocen-to, introducendo al lettore alcune delle figure intellettuali lombarde. Costoro nel secondo capitolo sono protagonisti delle peripezie che sottesero alla pubblicazione del Codex diplomaticus Langobardiae e dei Documenti diplomatici tratti dagli archivi milanesi analizzati sia nel loro aspetto metodologico, sia con una chiave di lettura più ampia, che abbraccia la storia della cultura. Il terzo capitolo affronta gli ulti-mi decenni dell’Ottocento, caratterizzati dalla presenza sul territorio della Società storica lombarda e dalla compresenza di consuetudini rodate di municipalismi e nuove spinte; queste ultime vengono de-scritte nell’ultimo capitolo che ripercorre la virata in senso professio-nale degli archivisti, declinata nella conferma di percorsi accademici e nella profilatura delle specialità di settore, che portano con sé nuove realizzazioni editoriali. Completa la panoramica la trascrizione di tre appendici di documenti inediti che riprendono quanto presentato nel testo. Peccato per la scelta di adottare una citazione parziale nelle note a piè di pagina, a cui fanno da contrappunto delle citazioni bi-bliografiche mutile della indicazione della casa editrice e di segnalare il nome dell’autore in forma diretta mantenendo solo l’iniziale punta-ta del nome di battesimo.

In un secolo in cui «il rapporto della vita civile e degli ideali poli-tici con la storiografia è stato intensissimo» anche l’editoria (ma non ci si faccia ingannare dal sottotitolo dell’opera, in cui sono definiti

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editori altresì i curatori delle fonti documentarie, dando adito ad una confusione tra ruoli altrimenti ben distinti per l’odierno storico dell’e-ditoria), costituisce uno strumento decisivo nella affermazione e nella divulgazione delle idee e dei modelli interpretativi storiografici. Ne consegue che il suo controllo viene avocato a gruppi di interesse o a istituzioni legate al potere centrale, al fine di far prevalere un mo-dello culturale – e dunque politico – il quale non può sottrarsi da un confronto con il contesto ideologico preesistente: nel caso lombardo troviamo diverse resistenze, lungaggini spesso dovute a scontri per-sonali tra i protagonisti della seppure vivace stagione di ricerca archi-vistica, che renderanno impossibile nel corso del secolo in oggetto lo stare alla pari con le scuole italiane ed europee all’avanguardia, come viene qui ben documentato. Interessante la riscoperta di una formula di editoria di nicchia, svincolata dall’editoria di mercato a favore di un’editoria ‘civile’.

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