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Dinamica della banca seme in colture medicinali gestite con sistemi biologici

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE , ALIMENTARI E

AGRO-AMBIENTALI

Corso di laurea magistrale in Produzioni agro-alimentari e gestione degli

agro-ecosistemi

Tesi di laurea

DINAMICA DELLA BANCA SEME IN COLTURE MEDICINALI

GESTITE CON SISTEMI BIOLOGICI

Candidato:

Relatore:

Gabriele Bianchi

Professor Mario Macchia

Dottor. Stefano Benvenuti

Correlatore:

Professor. Giovanni Vannacci

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INDICE

L'AGRICOLTURA BIOLOGICA

EVOLUZIONE E DEFINIZIONE...Pag .1 QUADRO NORMATIVO E ISTITUZIONALE...Pag. 2 PRATICHE ALTERNATIVE AL CONTROLLO DELLE INFESTANTI...Pag. 3

LE MALERBE

ASPETTI BIOLOGICI...Pag. 7 DANNOSITA' DELLE MALERBE...Pag. 8

LA SEED BANK

DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE...Pag. 9 DINAMICA DELLA SEED BANK...Pag. 10

PARTE SPERIMENTALE

SCOPO DELLA SPERIMENTAZIONE...Pag.14 PROTOCOLLO SPERIMENTALE...Pag. 14 MATERIALI E METODI...Pag. 15 RISULTATI E DISCUSSIONE...Pag. 16 DISPOSIZIONE SPAZIALE DELLA SEED BANK...Pag. 22 CONCLUSIONI...Pag. 24

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L'AGRICOLTURA BIOLOGICA

EVOLUZIONE E DEFINIZIONE

Il termine agricoltura biologia usato nella lingua italiana è una definizione imprecisa, in quanto tutta l'agricoltura, anche quella convenzionale, si basa su sistemi biologici. Il termine più appropriato sarebbe agricoltura organica o agricoltura ecologica, definizioni queste già in uso in altri paesi. Infatti tali termini sottolineano meglio i principi su cui si basa questa metodologia agronomica, ovvero ridurre al minimo l'impatto ambientale e favorire la qualità salutistica dei prodotti. Quindi questo vuol dire eliminare completamente l'utilizzo di prodotti chimico-sintetici a favore di rimedi naturali, con l'obbiettivo finale di dare al consumatore prodotti più salutari e nello stesso tempo praticare un'agricoltura sostenibile.

La sua storia comincia alla fine dell'ottocento in Germania, con il filosofo Rudolf Steiner, padre dell'antropofisica, scienza filosofica che crede in un modo spirituale al quale l'uomo è legato assieme a tutte le cose. Egli infatti pensava all'uomo come una particella del grande equilibrio cosmico e credeva quindi fondamentale una sua riconciliazione con la natura a cominciare dall'agricoltura, dove essa era la principale attrice e non l'uomo, il quale non doveva fare altro che assecondarla e non forzarla. Tale ideologie vennero in seguito più volte rielaborate e cominciarono a sorgere movimenti di agricoltori dediti a queste pratiche agricole, rimanendo comunque un fenomeno di nicchia visto anche con una certa diffidenza. Ma con il passare degli anni grazie a una maggiore sensibilità dei cittadini verso le tematiche ambientali si arriva finalmente nel 1991 al suo formale riconoscimento da parte dell'Unione Europea (reg. CEE 2092/91).

Tale metodologia agronomica sta avendo sempre più successo e si sta diffondendo rapidamente arrivando a raddoppiare le superficie dedicate in pochi anni, anche se di vera e propria novità non si tratta, in quanto tali metodi, come la rotazione dei campi, l'uso di concimi naturali e l'utilizzo di specie animali e vegetali autoctone sono le fondamenta della vecchia agricoltura, quella che si praticava prima dell'avvento dell'industria chimica e dell'ingegneria genetica. Quindi sarebbe più giusto dire che sta avvenendo una riscoperta delle antiche pratiche agricole

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QUADRO NORMATIVO E ISTITUZIONALE

Come precedentemente detto, l'Unione Europea con il reg.CEE 2092/91 e sue successive modifiche, ha regolamentato e disciplinato il settore biologico (oggi tale regolamento è stato ulteriormente perfezionato con i reg. 834/07 e 889/08 e loro successive modifiche).

Per quanto riguarda il quadro istituzionale, tale norme attribuiscono un ruolo centrale alla commissione dell'UE, dove risiede uno specifico comitato permanente denominato SCOF (standing commitee on organic farming), al quale è riservata la funzione normativa. Per ogni stato membro dell'unione sono stati identificati degli organi istituzionali aventi il compito di vigilare sul rispetto della normativa europea e le modalità di controllo nel proprio paese. In Italia tali compiti sono stati affidati a due istituzioni: al MIPAAF (Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali) e alle amministrazioni regionali. Il primo si occupa del coordinamento

delle iniziative in ambito nazionale riguardanti il settore biologico, inoltre si occupa della nomina degli organismi di controllo (società private) e della loro vigilanza tramite l'ispettorato centrale qualità e repressione frodi (il quale effettua anche controlli diretti alle aziende bio). Tali organismi saranno chiamati ad effettuare nelle aziende dei controlli periodici (almeno uno all'anno), per verificare la regolare applicazione della normativa europea, inoltre approvano le richieste delle aziende che vogliono entrare a far parte del settore biologico, tramite una propria commissione di certificazione che però è composta da persone esterne all'ente con rappresentanti dei consumatori, produttori e del settore tecnico scientifico. Le regioni nell'ambito del loro territorio supportano il MIPAAF nella vigilanza delle società di controllo tramite i servizi di ispettorato agrario e gestiscono le domande di ammissione alla certificazione biologica. Inoltre operano nel settore dei controlli anche altri soggetti, quali reparti specializzati del corpo dei carabinieri, le asl locali e il corpo forestale che si occupano però di altri aspetti, per esempio sanità e sicurezza ambientale

Per quanto riguarda il modello disciplinare, a livello comunitario vi è il già citato reg.CEE 2092/91 e sue successive modifiche, mentre a livello nazionale tali regolamenti sono stati recepiti con il D.M. 220/95 per quanto riguarda il sistema dei controlli, e i DM n° 18354 del 27 novembre 2009 con i quali si stabiliscono i criteri sui quali si deve basare l'azienda. Innanzitutto è vietato l'uso di prodotti OGM, l'uso di concimi minerali azotati e altri prodotti sintetici, quali erbicidi e pesticidi. L'agricoltore quindi, deve badare all'accrescimento della fertilità del suolo, proteggendo e incrementando la sostanza organica ivi presente poiché rappresenta una risorsa per la vita del terreno. Per questo motivo è ritenuto indispensabile praticare rotazioni annuali per diversificare le tipologie di lavorazione e utilizzare concimi naturali di derivazione animale o vegetale preferibilmente di produzione biologica, poiché entrano a far parte dei cicli biochimici del terreno andando a nutrire la fauna microbica ed entrando a far parte della sostanza organica del terreno. La difesa della coltura da parte di parassiti e infestanti invece, deve essere garantita con la protezione dei loro nemici naturali, tramite le tecniche colturali e i processi termici. E' possibile comunque l'utilizzo di prodotti fitosanitari, però questi devono innanzitutto essere approvati dall' UE ed essere di derivazione naturale. E' possibile anche in certi casi anche la somministrazione di agenti non naturali, ma solo se non si possiedono altre tecniche di tipo biologico e solo se tali trattamenti escludono la parte edule della coltura. Le aziende che desiderano

Ispettorato Centrale Qualità e

Repressione Frodi: il dipartimento del MIPAAF che si occupa dei controlli sul rispetto delle normative italiane ed europee

logo europero per i prodotti biologici attualmente in uso, in vigore dal 1/07/2010

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entrare a far parte del settore biologico devono prima passare un periodo definito “di conversione”. Durante tale periodo i prodotti della azienda non possono ancora portare il marchio approvato dal regolamento, ma possono portare sull'etichetta la dicitura “prodotto in conversione all'agricoltura biologica”. Il periodo di conversione viene stabilito dall'organo di controllo accreditato che ha effettuato le analisi, ma non può comunque in ogni caso essere inferiore a un anno.

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE AUTORITA' GARANTE Attività di vigilanza: ICQRF REGIONI ORGANISMI DI CONTROLLO CARABINIERI PER LE POLITICHE AGRICOLE, CORPO FORESTALE ASL, NAS AZIENDE AGRICOLE

sistema di controllo e certificazione italiano

PRATICHE ALTERNATIVE PER IL CONTROLLO DELLE INFESTANTI

Come già accennato in precedenza, nell'agricoltura biologica è vietato l'utilizzo di prodotti di sintesi, fra i quali vengono compresi ovviamente anche gli erbicidi. Per combattere tale problematica però vi sono mezzi alternativi in grado ugualmente di contenere l'infestazione. Tali pratiche possono essere suddivise in quattro tipologie, ovvero:

mezzi meccanici: questa categoria rappresenta la porzione di strategie più utilizzate nel biologico, in quanto risultano avere una buona rapidità di

azione e nessuna residualità. Va comunque ricordato che queste tecniche presentano una efficacia diversa a seconda della macchina operatrice che si va ad utilizzare, dall'epoca di intervento, e infine dalla tipologia di malerba e dal suo stadio di sviluppo. Addirittura alcune di queste strategie se non utilizzate in maniera adeguata potrebbe favorire la diffusione delle infestanti. Tali pratiche

possono essere effettuate in assenza della coltura e in presenza della coltura. Il primo caso, racchiude tutte le lavorazioni dedite alla preparazione del letto di semina o di trapianto, per cui vi troviamo l'aratura, la ripuntatura, la scarificatura, l'estirpatura e l'erpicatura. L'aratura rappresenta ancora oggi la tecnica più utilizzata nella preparazione del terreno e se praticata con un aratro tradizionale,

l'aratura, anche se molto criticata, risulta oggi la principale lavorazione del terreno avente anche il migliore effetto sul controllo delle malerbe oggi con la concezione del

minimun tillage, si preferisce adottare come lavorazione profonda la scarificatura al posto dell'aratura, la quale però favorisce l'accumulo dei semi nella parte superficiale

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presenta un'efficace azione rinettante su qualsiasi malerba e in qualsiasi stadio di sviluppo esse si trovino. Per quanto riguarda le vivaci, l'azione rinettante risulta più efficace se l'aratura viene praticata nei periodi prima delle gelate o in quelli caldi e asciutti. Inoltre tale strategia risulta molto efficace su specie che producono semi piccoli e/o poco longevi, in quanto una volta interrati se ne impedisce la germinazione e vengono devitalizzati con il passare del tempo. La ripuntatura e la scarificatura, possiedono invece una buona efficacia sulle plantule delle infestanti, mentre sulle piante giovani e in pieno sviluppo, presentano un'efficacia limitata, addirittura nulla contro alcune piante vivaci. I risultati migliori si ottengono con erpici dotati di vibrazione a senso trasversale lungo il fronte di avanzamento. Infine l'estirpatura e l'erpicatura possiedono entrambi un buon effetto rinettante sulle infestanti nei primi stadi di sviluppo. Mentre se la malerba ha già raggiunto un certo grado di sviluppo, l'erpicatura tende a perdere efficacia (a tal proposito l'erpice a dischi sembra ottenere un miglior risultato. Aldo Ferrero et al 2001) e si rendono quindi necessari più passaggi. Al contrario l'estirpatore, mantiene una buona efficacia anche contro infestanti più sviluppate. Successivi passaggi di erpici ed estirpatori, possono risultare efficaci anche contro piante vivaci, portando all'esaurimento i loro organi di propagazione. A tali pratiche possiamo aggiungere la falsa semina, che consiste nel praticare le lavorazioni del terreno sopra citate, ma con lo scopo di stimolare l'emergenza delle infestanti per proseguire poi con la loro eliminazione tramite erpicatura o estirpatura, infine come ultima metodologia abbiamo le lavorazioni al buoi. Quest'ultima tecnica si basa sulla fotosensibilità che caratterizza la germinazione di alcune specie e consiste semplicemente nel praticare le lavorazioni del terreno nelle ore notturne. Purtroppo questa pratica risulta ovviamente difficoltosa. Fra le pratiche utilizzate in presenza della coltura abbiamo: la sarchiatura, la rincalzatura e la spazzolatura. Per quanto riguarda la sarchiatura, l'efficacia di tale tecnica dipende dalla tipologia di sarchiatrice utilizzata, se a denti fissi o mobili. Nel primo caso, l'efficacia risulta ridotta nei confronti delle erbe più sviluppate, mentre nel secondo caso otteniamo un effetto maggiormente rinettante anche se però tali sarchiatrici tendono a favorire lo sviluppo delle infestanti vivaci frammentando gli organi di propagazione. L'efficacia di tale lavorazione comunque risulta essere influenzata anche dalla tipologia del terreno e dalla profondità di lavorazione. Con la rincalzatura invece abbiamo buoni effetti rinettanti su piante annuali a patto che queste siano di dimensioni piuttosto contenute (7-9 cm), mentre sulle piante vivaci si ottengono risultati limitati. La spazzolatura è una pratica che trova utilizzo sopratutto nelle coltivazioni ortive. La macchina operatrice consiste in spazzole rotanti montate su un'asse posto trasversalmente alla direzione di avanzamento. Anche tale presenta una buona efficacia su malerbe a stadio di plantula o giovani, ma presenta però problemi di sminuzzamento del terreno e facile usura delle spazzole.

Mezzi fisici: fra tali pratiche annoveriamo, la pacciamatura, la solarizzazione, la sommersione e gli interventi termici. Per quanto riguarda la prima strategia, questa consiste nella copertura parziale o totale del terreno tramite materiale opaco, in modo tale da impedire l'emergenza delle infestanti. Il materiale utilizzato può essere di natura organica, come resti di potature, cortecce triturate, paglia, materiale derivante da sfalcio etc, oppure in polietilene a bassa densità (secondo quanto stabilito dalla norma UNI 9738). Questi ultimi a loro volta possono essere di diversa colorazione ovvero, neri, trasparenti e fumè. Fra questi però il miglior effetto rinettante nei confronti delle infestanti è raggiunto da quelli neri in quanto ostacolano completamente il passaggio delle radiazioni nella lunghezza del visibile

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anche se ciò però comporta una temperatura al di sotto del telo più bassa rispetto agli altri film. Infine vi sono in commercio teli in materiale biodegradabile come l'amido di mais e composti cellulosici. La solarizzazione, è una strategia che si basa sull'energia solare. Tale pratica consiste nell'inumidire il terreno tramite irrigazione, dopodiché, nel pacciamarlo con teli di polietilene trasparente. Questi intrappolano l'energia solare sotto di essi riscaldando il terreno, mentre l'umidità favorisce la diffusione del calore. Se le condizioni sono favorevoli, la temperatura può superare i 50 c°, creando in tale maniera un ambiente ostile per la sopravvivenza del seme (oltre che vari agenti patogeni e invertebrati nocivi). La sommersione invece, viene praticata inondando il terreno prima della messa a dimora della coltura, oppure, nelle colture su porche, riempiendo completamente i solchi, causando così fenomeni di asfissia che inducono alla morte le infestanti presenti. Con interventi termici invece, si fa riferimento a tutti gli iterventi che eliminano le malerbe tramite lo shock termico, ovvero sbalzi considerevoli di temperatura. Avremo quindi tecniche che si basano sull'innalzamento della temperatura provocando la distruzione delle membrane cellulari e la denaturazione delle proteine, che nel loro insieme possono essere chiamate interventi di pirodiserbo. L'efficacia di tale mezzo, è strettamente influenzata dalle caratteristiche biologiche del vegetale, come contenuto in acqua (le piante grasse come Portulaca oleracea sono più resistenti), presenza di sostanze cerose protettive e/o tricomi e presenza organi di propagazione vegetativa. Risultano oltremodo importanti per la riuscita dell'intervento, le asperità del terreno, che possono deviare il calore e le condizioni microambientali. In generale le piante più suscettibili a tale interventi sono le piante a foglia larga (vi sono comunque eccezioni come la Sinapis arvensis, che risulta difficilmente controllabile con queste tecniche in quanto l'apice vegetativo rimane protetto). Le fonti di calore utilizzate per creare lo shock possono essere diverse, e pertanto vi sono diverse apparecchiature utilizzabili per il pirodiserbo, ovvero: apparecchiature a microonde, a raggi laser, a raggi gamma, elettriche a vapore acqueo, a raggi infrarossi e infine a fiamma libera. Inoltre lo shock termico può essere indotto anche tramite repentini abbassamenti di temperatura con la pratica conosciuta con il nome di criodiserbo, mediante l'utilizzo di azoto liquido. A differenza del pirodiserbo i danni causati da questa tecnica si concentrano sulle parti basali delle piante in quanto il gas freddo tende a rimanere in prossimità del terreno. Tutti i trattamenti termici hanno l'inconveniente di essere molto costosi tanto da renderne alcuni insostenibili per l'agricoltore (come il criodiserbo e il pirodiserbo a raggi laser), con l'eccezione del pirodiserbo a fiamma libera.

Il pirodiserbo a fiamma libera è la tecnica basata sullos hock termico, più a portata di mano per

l'agricoltore

la solarizzazione è una tecnica di disinfezione del terreno, quindi presenta un'azione contrastante anche contro i patogeni tellurici oltre che sui semi delle malerbe

la pacciamatura può essere eseguita in varie modi utilizzando diversi materiali, il più utilizzato sicuramente è il film plastico

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Mezzi biologici: I mezzi biologici mirano a mantenere l'agro-ecosistema in equilibrio, in modo che nessun soggetto che vi appartiene prenda il sopravvento. Queste metodologie si basano sull'introduzione di agenti biotici quali insetti, funghi, batteri, virus etc, per controllare la pololazione delle malerbe. Ovviamente tali organismi saranno selezionati per la loro specificità di azione, in modo tale che colpiscano solo piante le desiderate, senza squilibrsre ulteriormente l'agro-ecosistema. Tale pratica può essere effettuata in vari modi a seconda delle esigenze. In presenza di specie alloctone prive di nemici naturali, è possibile introdurre organismi anche essi alloctoni che predino la specie estranea (metodo inoculativo). Oppure al contrario, in caso di grande infestazione di determinate specie indigene, è possibile introdurre agenti biotici provenienti dallo stesso ecosistema (metodo inondativo). Altrimenti come ultimo caso, sempre in presenza di malerbe autoctone, anzi che introdurre un nuovo organismo predatore, si cerca di aumentare le popolazioni degli altri organismi che lo ostacolano (metodo conservativo). Queste pratiche purtroppo sono molto costose in quanto risulta molto costoso l'allevamento degli agenti biotici. Inoltre richiedono molto tempo perché facciano effetto. A loro favore però hanno l'elevata specificità di azione, la bassa capacità di promuovere fenomeni di resistenza e la completa non residualità.

Mezzi ecologici: In questa categoria abbiamo le colture di copertura (cover crops) e l'utilizzo di sostanze di derivazione naturale. Le prime consistono in piante non da reddito, che convivono per un certo periodo di tempo in campo con la coltura oppure nel periodo che va dalla raccolta della precedente alla semina della successiva. Gli scopi delle cover crops sono molteplici, come protezione del terreno da parte dell'erosione, cattura degli elementi nutritivi per impedirne la lisciviazione, incremento della sostanza organica e miglior ciclizzazione dei nutrienti nonché azione biocida verso alcuni agenti nocivi, ma dimostrano anche una buona azione di controllo verso le malerbe, competendo con loro. Contro queste ultime possono esercitare la loro funzione

direttamente, riducendo le emergenze mediante filtrazione dei raggi solari, impedendo in tal modo a questi di raggiungere i semi e riducendo inoltre la disseminazione, in quanto una malerba trovandosi a competere con altre piante riduce il numero di semi prodotto. Altrimenti, nel caso delle colture da copertura seminate nel periodo intercolturale il loro effetto contrastante può essere esplicato indirettamente mediante i loro residui lasciati in capo come pacciamatura naturale. In questo ultimo caso un ulteriore azione rinettante può essere apportata da sostanze allelopatiche prodotte dalla cover crops che rilascia una volta

stata distrutta, la quale può venire anche sovesciata. A tal proposito sono sopratutto indicate specie appartenenti alla famiglia delle crucifere, le quali dopo la loro distruzione rilasciano isotiocianati. Oltre alle crucifere vi sono anche altre specie a funzione allelopatica in grado di produrre sostanze allelochimiche anche durante il loro ciclo biologico rilasciandole nel terreno mediante le radici. Le sostanze di derivazione naturale invece, comprendono quelle sostanze prodotte naturalmente da organismi viventi, come piante superiori, microorganismi

Crucifere quali la Brassica juncea sono ottime cover crops dato il loro effetto allelopatico

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e funghi. Tali principi attivi purtroppo sono molto costosi, in quanto risulta molto complesso e laborioso il processo di allevamento dell'organismo produttore e il successivo isolamento della sostanza. Inoltre presentano una scarsa persistenza.

LE MALERBE

ASPETTI BIOLOGICI

Il termine malerba, ha più di un significato e non esiste una definizione universale accettata nel mondo scientifico. In ogni caso tale concetto è antropocentrico e non ecologico (Godinho, 1984) in quanto una malerba ha ragione di essere solo se interferisce con l'attività umana e assume un significato diverso a seconda di chi le studia.

Così come vi sono diverse definizioni della loro termine, anche per la loro classificazione sono stati proposti diversi modelli. Come quella in gruppi biologici (Raunkiaer, 1905 e Montegut, 1982), basata su come le piante passino la stagione avversa, se in forma di seme o gemma svernante e in base alla posizione di quest'ultima rispetto al livello del terreno. Abbiamo anche una classificazione in gruppi ecofisiologici (Montegut, 1975) dove le piante vengono classificate in base alla stagione di emergenza e infine la classificazione ecologica (Grime, 1979). Quest'ultima viene fatta in base alle strategie di sopravvivenza effettuate dalle piante, e divide le avversità che un vegetale deve affrontare in due gradi gruppi, ovvero il disturbo e lo stress. Il primo fa riferimento a eventi traumatici con perdita di parte della biomassa, causata da erbivori o dall'uomo, mentre invece con stress si fa riferimento a tutte quelle condizioni in cui fattori vitali quali nutrienti, luce acqua ecc vengano a trovarsi in quantità non ottimali. Per approssimazione, dando a questi due fattori solamente due valori estremi, ovvero alto o basso, e combinando questi fra loro otterremo quattro condizioni delle quali solo tre sono compatibili con la vita, alle quali corrispondono altrettante strategie che le piante utilizzano per sopravvivere in tali ambienti. Avremo così piante definite stress tolleranti, piante competitrici e ruderali. Le prime si sviluppano in ambienti con basso disturbo e alto stress e sono caratterizzate da, prolungato stadio di plantula, sviluppo lento, accumulo di fotosintati nelle foglie, nel fusto e nelle radici, scarsa quantità di fotosintati destinati alla produzione del seme e fioritura che si verifica più di una volta nell'arco della vita. A tale gruppo appartengono principalmente le specie arboree e arbustive mentre sono meno rappresentate le specie erbacee. Sono piante che dimostrano una competitività a lungo termine prendendo il sopravvento in terreni lasciati incolti per anni. Le competitrici invece, sono piante accresciutesi in ambienti con basso disturbo e stress, quindi sono specializzate nella massima acquisizione delle risorse, e sono caratterizzate da, rapido accrescimento, scarsa quantità di energie destinate alla produzione dei semi, semi generalmente dormienti, apparato fogliare e radicale denso e molto ramificato, foglie poco longeve e fioritura successiva al periodo di massima produttività potenziale. In questo caso invece sono maggiormente rappresentate le specie erbacee e scarsamente quelle arboree. Infine abbiamo le ruderali, le quali si accrescono in ambienti con basso stress e alto disturbo e sono caratterizzate da stadio di plantula molto breve, sviluppo contenuto, fioritura precoce, grande quantità di energia devoluta alla produzione del seme e risposta agli stress devolvendone ancora di più, scarso accumulo di fotosintati, semi numerosi e dormienti e infine alta appetibilità per gli erbivori. In quest'ultimo gruppo sono comprese solo specie erbacee, adattatesi a vivere in ambienti fortemente disturbati

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quale le aree agricole, oppure si comportano da piante pioniere. Cosi però come vi sono piante che si sono specializzate altamente in una delle tre vie, ve ne sono anche altre che sono in grado di effettuarne anche più di una. Sempre secondo Grime, infatti la maggior parte delle malerbe sono competitive-ruderali (C-R), ovvero si comportano da competitive fino al momento della fioritura, sviluppandosi velocemente concentrando le proprie forze sulla massima acquisizione di nutrienti e come ruderali dopo , ovvero dedicano tutte le loro energie alla produzione di semi. Vi sono anche alcune C-R che cambiano strategia a seconda delle condizioni in cui si trovano come Amaranthus spp. e Abutilon theophrasti che se emergono in aprile si comportano come C-R mentre se emergono a luglio si comportano come ruderali (Zuin e Zanin, 1989).

DANNOSITA' DELLE MALERBE

La dannosità delle malerbe nei confronti della coltura da reddito viene esplicata in diverse maniere:

Competizione: Ovviamente al primo posto abbiamo la riduzione della produzione dovuta a fenomeni di competizione e di allelopatia. Normalmente in un ecosistema naturale, il fattore limitante sono le risorse disponibili, quindi la competizione è legata alla capacità di un individuo di resistere a condizioni di limitata disponibilità di risorse (Tilman, 1987). Nell'agroecosistema al contrario le risorse non sono più un fattore limitante in quanto fornite dall'uomo, per cui la competitività è legata alla capacità della pianta ad acquisire le risorse disponibili (Grime, 1979). In questo caso quindi il competitore migliore sarà chi avrà le maggiori dimensioni e quindi la maggiore biomassa, o meglio, sarà più competitiva la pianta che riesce ad acquisire più biomassa nel minor tempo possibile. Questa capacità varia a seconda delle condizioni pedoclimatiche, ma ogni specie ha una propria capacità massima stabilita geneticamente, che può essere misurata e viene comunemente espressa con il tasso relativo di crescita (RGR). Nello specifico tale parametro misura la quantità di biomassa prodotta in una unità di tempo a partire dalla biomassa presente, e normalmente nel corso del ciclo biologico della piante, tende a decrescere, in quanto queste investono la nuova biomassa in strutture non fotosintetiche e quindi non produttrici di nuova biomassa, quali radici e fusti. Inoltre compaiono fenomeni di autombreggiamento che diminuiscono la capacità dei centri fotosintetici presenti. Quindi chi avrà un RGR più alto e allo stesso tempo più costante nel lungo periodo, avrà una crescita iniziale molto più rapida. Inoltre giocano un ruolo fondamentale anche le dimensioni iniziali della plantula (Spiters e Aerts, 1983; Kropff e Goudriaan, 1994), in quanto più è grande e maggiore sarà la luce intercettata e maggiore sarà la biomassa iniziale fotosintetizzante. Per quanto riguarda invece l'allelopatia, tale fenomeno viene causato da sostanze definite allelochimiche (SAL), derivanti dal metabolismo secondario della pianta e può esplicarsi inibendo la germinazione del seme oppure la crescita della pianta. Tali sostanze vengono prodotte maggiormente al momento della germinazione e durante i primi stadi di vita della plantula per garantire la dominanza chimica della pianta sulle altre specie vicine (Purvis, 1985). La loro produzione viene comunque influenzata anche dall'ambiente in cui cresce la pianta. Difatti condizioni di stress ne incrementano la quantità prodotta.

Peggioramento qualitativo: Oltre al danno quantitativo le malerbe possono causare anche un danno qualitativo deprezzando il prodotto. Il problema viene causato da contaminazioni

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del raccolto con semi o residui delle infestanti, che possono compromettere il sapore il colore oppure lo possono inquinare con sostanze tossiche. Altro esempio è quello delle colture da seme, la cui certificazione richiede in alcuni casi la totale assenza di semi di infestanti.

Riduzione della scelta delle colture: La presenza di infestanti biologicamente vicine a specie agrarie o resistenti a determinati erbicidi può causare problemi nella coltivazioni di determinate colture in quanto la lotta verso tali malerbe è resa più difficile per la mancanza di erbicidi selettivi o per la difficoltà nel praticare anche mezzi di lotta meccanici senza danneggiare le piante agrarie a causa di cicli fenologici simili.

Diffusione di avversità parassitarie: le malerbe fungono spesso come fonte di inoculo di malattie oppure possono ospitare parassiti animali dannosi per la coltura. Per esempio i principali virus delle piante ortive risultano essere ospitati dalle specie infestanti più comuni (Conti et all, 1996), mentre per quanto riguarda le avversità animali alcune specie spontanee del genere Solanum come Datura stramonium possono ospitare la dorifora della patata, oppure Chenopodium album e Sinapis arvensis il nematode cisticolo Heterodera

schanchtii, che attacca le radici di varie specie a interesse agricolo, tra cui barbabietola,

pomodoro e cavolo

LA SEED BANK

DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE

La seed bank o banca semi del terreno, rappresenta la quantità di semi presenti nel terreno, quindi, la cosiddetta “vita latente”, in quanto dopo la germinazione, è in grado di evolvere in vegetazione attiva.

La seed bank rappresenta quindi la “flora potenziale” presente nel suolo, e la sua conoscenza permette di ricostruire la storia della fitocenosi che la ha determinata. Analogamente la “flora reale” può essere considerata come l'espressione della banca semi in un dato momento pedo-climatico, anche se non tutte le piante sono comunque in grado di generare uno stock di semi permanente nel terreno, in quanto producono semi a scarsa longevità.

Le piante che maggiormente contribuiscono alla formazione della seed bank sono quelle appartenenti al gruppo biologico delle terofite, poiché in quanto piante annuali, affidano la continuazione della propria specie al seme, producendone di conseguenza un numero elevato rispetto a piante perenni come per esempio le emicriptofite e le geofite. Queste al contrario affidano la propria sopravvivenza anche a organi di propagazione come bulbi, tuberi rizomi e gemme svernanti.

Le caratteristiche della banca semi sono strettamente legate alle peculiarità dei semi di cui è composta, come dormienza primaria e secondaria, longevità e esigenze germinative e dallo studio di queste caratteristiche, è stato possibile effettuare una classificazione seppur grossolana delle seed bank in quattro tipologie (Grime, 1979). Alla prima tipologia vi appartengono le graminaceae annuali e perenni che vivono in ambienti piuttosto siccitosi e/o disturbati, i cui semi possiedono capacità germinativa immediata. Alla seconda tipologia vi appartengono erbe annuali e perenni che colonizzano gli spazi lasciati liberi dalla vegetazione all'inizio della primavera e che hanno solitamente bisogno di un periodo di

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vernalizzazione, costituendo quindi una banca semi transitoria nel periodo autunno-invernale. Alla terza tipologia vi troviamo sempre erbe annuali e perenni che però germinano in autunno e costituiscono quindi un banca semi nel periodo estivo, infine alla quarta e ultima tipologia troviamo specie in grado di produrre semi dormienti ed a elevata longevità in grado di costituire quindi grandi e più durature banche semi.

DINAMICA DELLA SEED BANK

Con il passare del tempo la banca semi è soggetta a variazioni nel numero, tali variazioni sono il risultato del bilancio fra semi in entrata e perdite. Le entrate della seed bank sono costituite per la maggior parte dalla produzione di semi da parte della flora presente, anche se non è da escludere un apporto di semi da zone esterne che giungono in loco grazie a vento, animali e all'uomo tramite le pratiche agricole. Fra le perdite invece annoveriamo la germinazione dei semi, la mortalità per invecchiamento fisiologico, la predazione, nonché l'attacco da parte di agenti patogeni.

La nuova produzione di semi è strettamente collegata alla quantità di biomassa totale prodotta dalla pianta (Senseman e Oliver, 1993), che a sua volta è collegata alle condizioni pedo-climatiche in cui si trova. Se la pianta si trova in forti condizioni di stress quindi non avrà occasioni di svilupparsi al meglio e di conseguenza anche la sua produzione di semi ne risentirà. E' stato riportato infatti che con l'aumento della densità di una popolazione, le piante reagiscono appunto con la riduzione della produzione di semi, oppure addirittura con la sterilità, a causa dell'aumento della competizione per le risorse disponibili.

La germinazione invece risulta essere il fattore preponderante nella diminuzione della seed bank, ed è concentrata nei primi 5-6 cm superficiali, ovviamente se le condizioni sono favorevoli. E' da sottolineare comunque che la profondità di germinazione varia a seconda della specie, o meglio dalle dimensioni del seme prodotto, in quanto la crescita in pre-emergenza è completamente a carico delle riserve del seme. In altre parole risultano più ricchi di riserve nutritive e sono quindi capaci di sostenere più a lungo la crescita della plantula.

Le dimensioni del seme inoltre, determinano anche il grado di interramento, in quanto più un seme è piccolo e maggiori saranno le possibilità che quest'ultimo penetri attraverso le fessure del terreno. Di conseguenza gioca un ruolo fondamentale anche la tessitura del terreno, in quanto un terreno meno compatto come ad esempio un terreno sabbioso, permette un miglior interramento rispetto a un terreno più compatto come per esempio un terreno argilloso. Ciò vale sopratutto in ecosistemi naturali, in quanto nell'agro-ecosistema sono le lavorazioni del suolo a mediare l'interramento del seme. Tale ripartizione verticale operata dall'uomo e dalle caratteristiche morfologiche del terreno e del seme, risulta molto importante, in quanto influenza non soltanto la sopra citata germinazione, ma anche il tasso di predazione e la longevità del seme. Per quanto riguarda il tasso di predazione, più il seme è in superficie, maggiori saranno le probabilità che questo incappi in qualche predatore, come insetti e uccelli, in quanto più visibile e raggiungibile. Alcuni ricercatori (Wilson, 1972) addirittura sostengono sia buona pratica evitare di arare il terreno subito dopo la raccolta, per permettere una più lunga predazione dei semi delle infestanti appena dispersi sulla superficie. Altre ricerche (Cardina et all, 1996), hanno dimostrato che il grado di appetibilità sia influenzato anche dal fatto se i semi siano imbibiti o meno, quelli imbibiti infatti sono risultati maggiormente predati rispetto a quelli che non lo erano. Inoltre bisogna

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evidenziare che oltre al pericolo di essere mangiati, un seme che è stato bagnato incorre maggiormente nel pericolo di venire attaccato da agenti patogeni quali funghi, batteri e virus, in quanto l'aumento di dimensione del seme dopo l'idratazione può rompere il tegumento del seme (procedimento questo essenziale nei processi di germinazione per favorire la fuoriuscita della plantula), fornendo delle vie d'entrata agli agenti nocivi. Per quanto riguarda invece la longevità del seme la profondità di interramento influisce positivamente, in quanto un seme interrato in profondità risulta mantenere la sua vitalità più a lungo rispetto a quelli presenti negli strati superficiali. Questo sembrerebbe essere correlato con il tenore di ossigeno presente nell'atmosfera tellurica più alto ovviamente in vicinanza della superficie e più basso in profondità, comportando quindi meno processi ossidativi per i semi interrati in profondità. In ogni caso rimane determinante per la lunghezza della vita di un seme la biologia caratteristica della sua specie, in particolar modo il grado di disidratazione che questo durante la maturazione è in grado di raggiungere e sopportare. Questo perché più bassa è la percentuale d'acqua al suo interno,e più lenti saranno i processi metabolici dell'embrione, che non si arrestano mai completamente. E tale resistenza è data dalla capacità della pianta di sintetizzare o trasportare nel seme particolari metaboliti che normalmente vengono prodotti in situazione di stress idrico (La Rocca, 2012), come alcuni carboidrati quali il saccarosio, stachiosio e raffinosio ma anche una particolare classe di proteine le LEA (Late Embryogenesis Abundant).

Nella dinamica di una seed bank è importante tenere conto anche dei cicli di quiescenza e dormienza. Nel mondo vegetale vi sono un susseguirsi di periodi favorevoli e sfavorevoli alla vita della pianta e durante tali periodi l'organismo vegetale reagisce mettendo in atto dei meccanismi atti a superare il periodo avverso. Fra questi abbiamo, il rallentamento del metabolismo, produzione di strutture difensive quali cere o formazioni di squame, perdite di una porzione o dell'intera parte aerea, oppure la pianta madre muore lasciando come mezzo per la continuazione della specie il seme. Questa ultima strategia è quella più usata nel modo vegetale, in quanto il seme è una struttura molto resistente agli stress ambientali grazie al suo basso contenuto in acqua e alle sue piccole dimensioni, inoltre non germinerà finché permarranno le condizioni avverse, mentre quando le condizioni ritorneranno nuovamente favorevoli allo sviluppo della specie si innescherà il processo germinativo. Tale periodo di inattività viene chiamato quiescenza ed è questa una caratteristica comune a tutte le specie vegetali, vi è comunque un'altra strategia di sopravvivenza che anche se non accomuna tutte le piante è ugualmente molto diffusa fra esse, la dormienza, ovvero quello stato in cui il seme non germina anche se tutte le le condizioni esterne sono favorevoli. Questa particolare inibizione può essere determinata da vari fattori che possono essere classificati in base al meccanismo fisiologico di funzionamento (Copeland, 1976) in due gruppi: inibizione dovuta alle caratteristiche del tegumento seminale, inibizione dipendente dalle caratteristiche del seme.

Inibizione dovuta al tegumento: In questa categoria la dormienza può essere causata da tegumenti impermeabili all'acqua , che impediscono l'imbibizione del seme, una strategia questa usata per esempio nelle famiglie delle Fabaceae, Malvaceae, Solanaceae,

Chenopodiaceae, Geraniaceae, Convolvulaceae e Liliaceae. Tale impermeabilità è dovuta

alla presenza di cellule tegumentali sclerotizzate ricoperte da sostanze idrofobe come lignina, suberina e cutina, in questa maniera la germinazione potrà avvenire solo quando si aprirà un varco attraverso il tegumento, che in natura si potrà verificare o tramite

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l'invecchiamento del seme, in seguito a incendi o eventi pedo-climatici oppure attraverso il canale digerente degli animali. Si possono verificare casi in in cui il tegumento sia permeabile all'acqua ma impermeabile all'ossigeno, questo è il caso di specie quali

Xanthium spp, Avena spp, in cui tale impedimento può essere di tipo fisico, ovvero causato

dalla presenza di sostanze mucillaginose nel tegumento del seme, oppure di tipo biochimico, ovvero grazie alla presenza di sostanze che utilizzano l'ossigeno per processi ossidativi, come per esempio i fenoli che si ossidano a chinoni. Ugualmente tale dormienza può essere eliminata tramite la scarificazione del tegumento esterno oppure tramite la degradazione delle sostanze chimiche presenti. Infine ultimo fenomeno di dormienza legato legato alle caratteristiche del tegumento, è rappresentato dalla resistenza meccanica, ovvero pur avendo a disposizione acqua e ossigeno, il seme non riesce a germinare per via della resistenza alla rottura del suo tegumento. Tale dormienza è caratteritica di varie specie appartenenti alle famiglie delle Leguminosae e Malvaceae.

Inibizione dovuta all'embrione: questa può essere causata dalla presenza di un embrione immaturo, oppure da modifiche biochimiche nell'embrione. Nel primo caso, caratteristico di piante tropicali, come molte specie della famiglia delle Orchidaceae e di malerbe a fioritura primaverile come Plantago spp e Fumaria officinalis, il seme viene rilasciato quando l'embrione non si è ancora completamente sviluppato. Quindi dovrà trascorrere un certo periodo di tempo che potrà variare a giorni ad anni a seconda della specie e che dipenderà quasi esclusivamente dalla biologia dell'embrione, risultando poco influenzato da aspetti ambientali, tranne in alcune specie come per esempio quelle parassite (es. Orobanca spp). In tali malerbe infatti la maturazione giunge al termine quando sono state assunte dall'embrione sostanze secrete dalla radice della pianta ospite. Nel secondo caso la dormienza è causata dalla prevalenza di sostanze ormonali inibitrici della crescita come per esempio l'acido abscissico, che vengono inizialmente prodotte dalla pianta madre durante i primi stadi di maturazione del seme e successivamente dall'embrione stesso (La rocca, 2012). Tale tipologia di dormienza è strettamente legata alle condizioni ambientali come temperatura, umidità e luce, le quali favoriscono l'abbattimento delle sostanze inibitrici a favore di quelle promotrici. Queste esigenze sono molto svariate, vi sono specie che per eliminare tali dormienze necessitano di periodi a temperature basse, come molte

Graminaceae e Rosaceae, assieme a Polygonum aviculare e Polygonum persicaria, oppure

necessitano al contrario di periodi ad alte temperature come Lamium amplexicaule,

Arabidopsis thaliana e Cyperus rotundus. Infine possono essere necessarie anche alternanze

di temperature e allo stesso modo vale anche per l'umidità, spesso relazionata con la temperatura. Per quanto riguarda la luce invece, da alcuni studi (scopel, 1991) è stato riscontrato che bastano pochi flash di luce di qualche millisecondo per dare stimolo alla germinazione, tali ipotesi sono state in seguito dimostrate lavorando degli appezzamenti di terreno durante le ore notturne (jensen, 1991), dove è stato possibile constatare una notevole diminuzione delle emergenze.

Tutti questi meccanismi di dormienza nella realtà non vanno considerati separatamente, in quanto accade spesso che in molte specie coesistono, come nel caso di alcune specie di

Avena spp, dove la dormienza è causata sia da tegumenti impermeabili all'ossigeno, che da

inibitori della crescita degradabili a basse temperature.

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suddivisa in due tipologie: dormienza primaria e dormienza secondaria. Nel primo caso il seme è dormiente già dal suo distacco dalla pianta madre e dovrà trascorrere, un certo periodo di tempo dipendente dalle caratteristiche fisiche e/o fisiologiche del seme prima di poter germinare, dipendenti a loro volta dalle caratteristiche genetiche della pianta progenitrice. Tale periodo comunque può variare a seconda delle condizioni in cui si è trovata la pianta madre durante la maturazione dei semi. Per esempio è stato dimostrato che il fitocromo attivo presente all'interno del seme viene fissato dalla pianta durante la sua maturazione, alterando in questa maniera la sua suscettibilità alla luce a seconda del fotoperiodo a cui è stata sottoposta la pianta madre. Oltre alla luce anche altri fattori sono in grado di influenzare la dormienza primaria, ovvero la temperatura, l'umidità e la concentrazione di elementi nutritivi, rimane comunque da sottolineare che ogni specie reagisce in maniera differente a questi stimoli. Vi sono inoltre piante caratterizzate dalla cosiddetta eteroblastia, ovvero producono semi di forma, dimensione e struttura diverse a seconda della posizione sulla pianta e contraddistinti da un diverso grado di dormienza, una strategia questa, atta a favorire una scalarità di emergenze essenziale per il proseguimento della specie. L'altra tipologia di dormienza invece contraddistingue quei semi che pur essendo quiescienti e quindi prontamente germinabili, se posti in particolari condizioni pedo-climatiche, entrano in uno stato di inattività che permane anche se le condizioni tornano nuovamente favorevoli e può essere rimossa soltanto se si verificano altri particolari avvenimenti. Ciò fa capire come questa tipologia di dormienza a differenza della precedente sia molto più influenzata dalle condizioni in cui va a trovarsi il seme. In generale è possibile affermare che tale dormienza viene indotta nei periodi antecedenti la stagione sfavorevole, mentre viene eliminata nel periodo che precede la stagione favorevole. Per esempio in

Lamium amplexicaule il freddo invernale induce una dormienza rimuovibile dopo aver

soddisfatto un fabbisogno in caldo (Baskin e Baskin, 1982), mentre in Polygonum

persicaria il caldo estivo induce un fabbisogno in freddo (Bouwnmeester, 1992). Un caso

particolare di dormienza secondaria, che interessa una gran quantità di specie, è quella causata dalla profondità di interramento del seme. Una strategia questa molto utile alla sua sopravvivenza, in quanto come precedentemente detto, se il seme si trova a una profondità eccessiva e trovasse le condizioni ottimali per germinare, non sarebbe in grado di sostenere la plantula fino all'emergenza. Il modo con il quale il seme riesca a percepire la sua distanza dalla superficie è stato oggetto di molti studi, e secondo alcune ricerche (Holm, 1972, Reismam-Bermam, 1991) la causa sembra essere la presenza di sostanze tossiche volatili, come l'acetaldeide, l'etanolo e l'acetone, generatesi a causa delle condizioni di ipossia caratteristiche dell'atmosfera tellurica ad una certa profondità. Secondo altri studi effettuati in seguito (Benvenuti, e Macchia, 1995) più che le condizioni di ipossia, sembra avere una maggiore influenza il grado di diffusione che il micro ambiente attorno al seme permette alle sostanze volatili prodotte da quest'ultimo. Anche in questo caso , le due tipologie di dormienza possono coesistere nella stessa specie.

Tale ciclicità fra quiescenza e dormienza, è il frutto di un lungo processo evolutivo che ha selezionato quelle piante capaci di regolare la propria emergenza in relazione ai periodi più favorevoli per il loro sviluppo. Questa capacità risulta inoltre di notevole importanza per quelle specie vegetali che vivono in zone disturbate, come per esempio i terreni agricoli, poiché lo stato di dormienza, risulta essere molto più resistente agli stress ambientali rispetto a quello di quiescenza. Cosi facendo permetterebbe in tal modo di allungare la longevità del seme, che a sua volta consentirà di aumentare le possibilità di creare una seed

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bank duratura, che funga da base per il ripopolamento dell'area in seguito a un disturbo.

PARTE SPERIMENTALE

SCOPO DELLA SPERIMENTAZIONE

L’ottimizzazione delle relazioni tra agrotecnica e dinamica dell’infestazione è un esigenza di indubbio interesse agronomico sia per la produttività dell’agroecosistema, per la tutela dei relativi prodotti nonché della salute degli ecosistemi circostanti alle aree di coltivazione. Tali informazioni sono infatti fondamentali per acquisire una serie di chiavi di lettura di come ottimizzare le operazioni colturali mirate al contenimento della flora avventizia e possibilmente all'incremento della sua biodiversità, in quanto un elevato numero di specie favorisce la competizione inter-specifica, riducendo la competizione verso la coltura (Hyvonen et al 2001, Benvenuti et al 2005). La struttura della flora che inevitabilmente infesta gli agrosistemi, è infatti, l’espressione visibile della gestione agronomica. Ne consegue che lo studio della sua composizione e delle comunità in cui si organizza, permettono, di poter interpretare le relazioni causa-effetto tra agrotecnica e dinamica delle popolazioni.

Lo studio in oggetto si propone di analizzare, sul campo, due aspetti: (I) lo stock di semi presenti nel terreno che rappresentano la flora potenziale (seed bank); (II) mettere in relazione tale banca seme con la pregressa gestione agronomica ed utilizzare tali informazioni per l’ottimizzazione dei futuri interventi di difesa preventiva dell’infestazione. PROTOCOLLO SPERIMENTALE

Sono state individuate 4 aree omogenee per la caratterizzazione della flora infestante in località rappresentative di situazioni agronomiche tipiche. Tali agroecosistemi sono stati nelle seguenti località: Trebbio, Santa Fiora, Gricignano e Pistrino.

Lo “storico” della conduzione agronomica di tali appezzamenti è stato fornito dalla stessa Azienda Aboca. Tale informazioni sono infatti indispensabili per poter interpretare e discutere i risultati in funzione dell’agrotecnica effettuata. La sintesi di tale attività colturale è sintetizzata nella seguente tabella 1.

Su queste aree è stata fatta l’analisi della banca seme come descritto nei paragrafo successivo.

Località sperimentale Gricignano Trebbio Santa Fiora Pistrino Coordinate geografiche 43° 32’ 20.59’’ N 12° 6’ 11.94’’ E 43° 32’ 55.05’’ N 12° 8’ 31.82’’ E 43° 33’ 31.66’’ N 12° 5’ 37.77’’ E 43° 31’ 21.66’’ N 12° 9’ 8.83’’ E

Coltura attuale Althea

officinalis officinalisAlthea Echinacea pallida Malva sylvestris

Ciclo biologico Perenne Perenne Perenne Perenne

Ciclo agronomico 1 anno 1 anno 1,5 anni 6/7 mesi

Impianto colturale Trapianto Trapianto Trapianto Semina

Epoca impianto Agosto Agosto Giugno Giugno

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Epoca raccolta Settembre Settembre Settembre/Ottob

re (da fine luglio ai 6/7 sfalci primi di ottobre) Coltura precedente Camomilla Malva – Favino

da Sovescio Melissa Camomilla – Favino da sovescio Avvicendamento

colturale1 CamomillaFinocchio

Patata Camomilla Malva Tarassaco Menta piperita Tarassaco Melissa Patata Bardana Malva Ortica Sovescio Favino Camomilla Sovescio Grano saraceno Finocchio Frumento Camomilla

Tipologia suolo Franco Franco-limoso Franco Franco Argilloso

pH 8.0 8.0 7.6 7.5

Lavorazioni effettuate Aratura superficiale (30 cm) frangizzollatura Falsa semina Fresatura Aratura superficiale (30 cm) frangizzollatura Falsa semina Fresatura Aratura superficiale (30 cm) Ripuntatura Frangizzollatura Fresatura Aratura superficiale (30 cm) frangizzollatura Falsa semina Fresatura

Irrigazione Per aspersione

(circa 800 m3/ha/anno) Impianto a Goccia (circa 150 m3/ha/anno) Per aspersione (circa 800 m3/ha/anno) Per aspersione (circa 800 m3/ha/anno)

Controllo infestanti False semine - Fobro post Trapianto Sarchiatura interfile Fessurazioni False semine Erpicature Strigliatura Sarchiatura interfile Fobro post Trapianto Sarchiatura interfile Fessurazioni Fobro post Trapianto Strigliature Sarchiatura interfile

Fertilizzazione Organica Organica Organica Organica

1 Colture effettuate ultimi 10 anni

Tabella 1. Informazioni agronomiche relative agli agroecosistemi selezionati per le analisi della seedbank.

MATERIALI E METODI

Sugli appezzamenti prescelti sono state prelevati i campioni di suolo mediante una sonda metallica in grado di prelevare “carote” del diametro di 4 cm. Tale raccolta è stata effettuata (nella primavera 2013) procedendo a zig-zag lungo 3 assi longitudinali dei campi in modo da rappresentare l’intera superficie in modo uniforme. I prelievi sono stati effettuati a 2 profondità: superficiale (0-15 cm) e profonda (15-30 cm). I campioni sono stati quindi essiccati all’aria per evitare indesiderate germinazioni e sottoposti dopo alcune settimane all’estrazione dei semi. Si è proceduto mediante una procedura già validata (Benvenuti et all

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2001) mediante l’uso di una comune idropulitrice in grado di avere un getto regolabile di una miscela aria-acqua. I campioni sono stati posti in un apposito cilindro metallico dotato di opportune schermature laterali ed apicali costituite da maglie metalliche di 0,25 mm. Nei casi di terreni pesanti si è proceduto ad un pre-ammollamento delle carote in soluzione disperdente costituita da esametafosfato di sodio (1%) I semi sono stati quindi estratti unitamente allo scheletro ed ai residui vegetali e separati da questi mediante l’utilizzo di opportune lenti (10 x). L’identificazione è stata effettuata mediante l’ausilio di un microscopio ottico e l’uso di appositi manuali di riconoscimento dei semi. I dati sono stati quindi elaborati e riassunti per ognuno dei 4 agroecosistemi selezionati.

RISULTATI E DISCUSSIONE

I risultati sono stati riassunti nelle 4 successive tabelle nelle quali sono state riportate sia le densità assolute (semi per metro quadrato) e relative (densità % rispetto alla quantità totale di semi). Nelle medesime tabelle sono state inoltre riportate alcune informazioni botaniche (famiglia di appartenenza) e biologiche (gruppo biologico).

Specie Famiglia botanica Gruppo biologico Banca seme Densità assoluta (semi m-2) Densità relativa %

Agropiron repens Graminacee Emicriptofita 305 0,1

Alopecurus

myosuroides Graminacee Terofite 995 0,3

Amaranthus spp. Amarantacee Terofite 93860 24,1

Ammi majus Apiacee Terofite 106 <0,1

Avena spp. Graminacee Terofite 1005 0,3

Chenopodium spp. Chenopodiacee Terofite 45419 11,7

Cirsium arvense Asteracee Geofita 105 <0,1

Cynodon dactylon Graminacee Emicriptofita 170 <0,1

Daucus carota Apiacee Emicriptofita 55 <0,1

Echinochloa crus galli

Graminacee Terofite 38572 9,9

Fumaria officinalis Papaveracee Terofite 53 <0,1

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Lamium

amplexicaule Lamiacee Terofite 376 0,1

Lolium multiflorum Graminacee Terofite 1111 0,3

Malva sylvestris Malvacee Emicriptofita 65 <0,1

Matricharia

chamomilla Asteracee Terofite 710 0,2

Mercurialis annua Euforbiacee Terofite 53 <0,1

Nigella damascena Ranuncolacee Terofite 196 0,1

Papaver rhoeas Papaveracee Terofite 159 <0,1

Phalaris minor Graminacee Terofite 48 <0,1

Plantago lanceolata Plantaginacee Emicriptofita 30 <0,1

Poa annua Graminacee Terofite 632 0,2

Polygonum aviculare Polygonacee Terofite 1905 0,5

Portulaca oleracea Portulacacee Terofite 76458 19,6

Raphanus

raphanistrum Brassicacee Terofite 21682 5,6

Rumex crispus Polygonacee Emicriptofite 796 0,2

Setaria viridis Graminacee Terofite 50 <0,1

Sinapis arvensis Brassicacee Terofite 93860 24,1

Stellaria media Cariofillacee Terofite 48 <0,1

Urtica spp. Urticacee Emicriptofite 318 0,1

Verbena officinalis Verbenacee Emicriptofite 1067 0,3

Veronica persica Scrofulariacee Terofite 8702 2,2

Totale 389471 100

Tabella 2. Quantitativo di semi di infestanti accumulatisi nell’agroecosistema di Gricignano.

Nella tabella 2 è mostrata la banca seme dell’agroecosistema di Gricignano. In termini assoluti è stato il quantitativo numericamente più elevato di tutti i campionamenti effettuati. Quasi 390.000 semi per metro quadrato sono in assoluto un quantitativo elevatissimo anche nel caso di agricoltura biologica, molto probabilmente a causa della scarsa competitività delle colture medicinali e dal lungo periodo di gestione con metodi biologici. Assolutamente dominanti sono Amaranto e Chenopodio specie di primaria nocività in termini di capacità competitiva nei confronti delle varie colture a ciclo estivo e molto comuni in campo data la loro prolificità e ruderalità gia citata in altri lavori (Burki et all, 1997, Ghorbani et all, 1999, Graziani et all 2012). Da non trascurare è inoltre la consistente presenza di Echinochloa

crus galli graminacea di difficile controllo probabilmente a causa della dormienza dei suoi

semi (Maun et al 1986) e da una prefressa stagione di crescita favorevole data dalla scarsa competitività della coltura precedente (camomilla). Spicca inoltre una forte presenza di

Sinapis arvensis (circa un quarto dell’intera banca seme) brassicacea microterma in grado di

interferire con le colture soprattutto nei periodi primaverili. Da segnalare inoltre una forte presenza di semi di Portulaca oleracea, specie tipicamente macroterma a ciclo fotosintetico C4. Sono inoltre stati rinvenuti semi di alcune delle pregresse colture come ad esempio Camomilla e Malva anche se in quantità non certamente preoccupante in termini agronomici. Analogamente poco nocive appaiono le presenze di Veronica persica e

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Polygonum aviculare non solo per la loro scarsa entità ma anche per il loro habitus prostrato

e quindi poco competitivo. Analogamente sono state rilevati quantitativi poco rilevanti di

Lamium (sia L.amplexicaule che L.purpureum), Ammi majus, Fumaria officinalis, Alopecurus myosuroides, Poa annua, Veronica officinalis oltre che altre specie. Un cenno a

parte va fatto per il Rumex crispus in quanto i bassi quantitativi di semi possono non rappresentare fedelmente la dinamica di infestazione in quanto è questa una specie perenne in grado di rivegetare anche da gemme situate al colletto degli organi ipogei.

Specie Famiglia botanica Gruppo

biologico Densità Banca seme assoluta (semi

m-2)

Densità relativa

%

Amaranthus spp. Amarantacee Terofite 36722 21,0

Ammi majus Apiacee Terofite 344 0,2

Anagallis arvensis Primulacee Terofite 159 0,1

Capsella

bursa-pastoris Brassicacee Terofitte 48 0,0

Chenopodium spp. Chenopodiacee Terofite 14647 8,4

Convolvulus arvensis Convolvolacee Emicriptofite 4829 2,8

Euphorbia

helioscopia Euforbiacee Terofite 106 0,1

Fallopia convolvulus Polygonacee Terofite 530 0,3

Fumaria officinalis Papaveracee Terofite 212 0,1

Geranium dissectum Geraniacee Terofite 159 0,1

Lamium purpureum Lamiacee Terofite 45 <0,1

Lolium multiflorum Graminacee Terofite 165 0,1

Mercurialis annua Euforbiacee Terofite 265 0,2

Picris echioides Asteracee Terofite 55 <0,1

Poa annua Graminacee Terofite 478 0,3

Polygonum aviculare Polygonacee Terofite 796 0,5

Polygonum

lapathifolium Polygonacee Terofite 690 0,4

Portulaca oleracea Portulacacee Terofite 159 0,1

Raphanus

raphanistrum Brassicacee Terofite 28049 16,1

Rumex crispus Polygonacee Emicriptofite 53 <0,1

Senecio vulgaris Asteracee Terofite 55 <0,1

Sinapis arvensis Brassicacee Terofite 80270 46,0

Solanum nigrum Solanacee Terofite 65 <0,1

Stellaria media Cariofillacee Terofite 353 0,2

Verbena officinalis Verbenacee Emicriptofite 106 0,1

Veronica persica Scrofulariacee Terofite 5200 3,0

Totale 174560 100

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Decisamente più contenuta, ma comunque molto elevata, è risultata la banca seme di Pistrino risultata di circa 175.000 semi per metro quadrato. Anche in questo caso Amaranto e Chenopodio Sono state specie predominanti avendo evidenziato densità relative rispettivamente del 21 ed 8%. Tuttavia, in questo caso è stata la Sinapis arvensis ad aver mostrato i maggiori quantitativi dal momento che quasi la metà dell’intera banca seme (esattamente 46%) è stata costituita da questa specie. Altra brassicacea piuttosto rappresentata è stata il Raphanus raphanistrum anch’esso in grado di interferire fortemente sulle colture soprattutto nei periodi primaverili. La presenza non trascurabile di specie come

Verbena officinalis, Geranium dissectum e di Polygonacee come Fallopia convololus, Rumex crispus, Polygonum aviculare e P.lapathifolium indicano probabilmente periodi

intercolturali in cui queste specie hanno avuto la possibilità di crescere e disseminare dal momento che il loro habitus implica spazi ecologici liberi (assenza di coltura) per la loro affermazione. Un cenno a parte va fatto per Convolvulus arvensis in quanto la sua perennanza può implicare una infestazione attiva superiore a quella quantificabile mediante il conteggio dei semi. E’ infatti in grado di rivegetare anche da organi di propagazione agamica disposti nei pressi della superficie del suolo. Va infine segnalata la scarsa presenza di Portulaca oleracea specie altresì molto presente nelle altre località. Ciò potrebbe derivare dall’effettuazione di false semine effettuate in epoca tardiva (vedere tabella 1) in quanto questo ritardo delle operazioni potrebbe avere meglio contrastato le emergenze di questa specie tipicamente massime in fine primavera.

Specie Famiglia botanica Gruppo

biologico Densità Banca seme assoluta (semi

m-2)

Densità relativa

%

Amaranthus spp. Amarantacee Terofite 10156 6,2

Anagallis arvensis Primulacee Terofite 328 0,2

Capsella bursa-pastoris

Brassicacee Terofitte 983 0,6

Chenopodium spp. Chenopodiacee Terofite 8355 5,1

Convolvulus arvensis Convolvolacee Emicriptofite 164 0,1

Digitaria sanguinalis Graminacee Terofite 164 0,1

Echinochloa crus-galli

Graminacee Terofite 4587 2,8

Euphorbia

helioscopia Euforbiacee Terofite 164 0,1

Fallopia convolvulus Polygonacee Terofite 328 0,2

Fumaria officinalis Papaveracee Terofite 164 0,1

Lamium purpureum Lamiacee Terofite 55 <0,1

Lolium multiflorum Graminacee Terofite 4914 3,0

Nigella damascena Ranuncolacee Terofite 655 0,4

Oxalis corniculata Oxalidacee Geofite 164 0,1

Picris echioides Asteracee Terofite 13597 8,3

Poa annua Graminacee Terofite 25555 15,6

Polygonum aviculare Polygonacee Terofite 30142 18,4

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lapathifolium Raphanus

raphanistrum Brassicacee Terofite 3276 2,0

Rumex crispus Polygonacee Emicriptofite 328 0,2

Senecio vulgaris Asteracee Terofite 655 0,4

Setaria viridis Graminacee Terofite 164 0,1

Sinapis arvensis Brassicacee Terofite 37022 22,6

Sonchus oleraceus Asteracee Terofite 328 0,2

Stellaria media Cariofillacee Terofite 11631 7,1

Trifolium repens Fabacee Emicriptofite 819 0,5

Urtica spp. Urticacee Emicriptofite 35 <0,1

Verbena officinalis Verbenacee Emicriptofite 13760 8,4

Veronica persica Scrofulariacee Terofite 164 0,1

Totale 168892 100

Tabella 4. Quantitativo di semi di infestanti accumulatisi nell’agroecosistema di Santa Fiora.

Una banca seme quantitativamente simile in termini quantitativi è risultata quella di Santa Fiora risultata di poco al di sotto dei 170.000 semi per metro quadrato. In questo caso Amaranto e Chenopodio hanno mostrato quantitativi decisamente più contenuti avendo mostrato densità relative rispettivamente del 6,2 e del 5,1 %. Seppur in modo meno predominante, rispetto al caso precedente, è risultata elevato il quantitativo di semi di

Sinapis arvensis la cui densità assoluta è stata di circa 37.000 semi per metro quadrato. In

questo caso appaiono consistenti i quantitativi di seme di alcune graminacee soprattutto Poa

annua, ma anche, seppur in minore entità di Digitaria sanguinalis, Echinochloa crus galli e Lolium multiflorum. Va inoltre segnalata una sorprendente prevalenza di Polygonum aviculare anche se la tipica loro dormienza ed elevata longevità può causare implicazioni

agronomiche anche non direttamente attribuibili ai trascorsi agronomici immediati Analoghe considerazioni possono essere fatte per Verbena officinalis la cui densità relativa raramente supera 1-2 % mentre in questo caso ha superato l’8%. Altra specie da menzionare è la Stellaria media anche se la sua nocività è circoscrivibile ai periodi di riposo invernale delle colture dal momento che essa è tipicamente microterma. Stessa considerazione vale anche per le comunque non preoccupanti quantità di Veronica persica. Altra specie di interesse agronomico è il Picris echioides che ha raggiunto quantitativi non trascurabili (densità relativa di 8,3%) ed in effetti è apparsa fortemente presente come flora attiva (in sviluppo vegetativo) anche durante i periodi di campionamento (dati non mostrati). L’epoca di intervento di gestione primaverile della fila (sarchiature tra le file) potrebbe essere importante per ostacolare questa specie dal momento che è durante la primavera che si sviluppano dense infestazioni di “rosette” in grado di disseminare poi in concomitanza del decollo delle temperature tardo-primaverili.Altre specie come ad esempio Capsella bursa

pastoris, Anagallis arvensis, Eupforbia helioscopia e Lamium purpureum non destano

alcuna preoccupazione ma sono indicatori di periodi di riposo invernale delle colture che implicano una temporanea liberazione della nicchia ecologica soprattutto lungo gli interfilari

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Specie Famiglia botanica Gruppo

biologico Densità Banca seme assoluta (semi

m-2)

Densità relativa

%

Amaranthus spp. Amarantacee Terofite 15920 12,3

Anagallis arvensis Primulacee Terofite 75 0,1

Bromus sterilis Graminacee Terofite 50 <0,1

Capsella bursa pastoris

Brassicacee Terofite 40 <0,1

Chenopodium spp. Chenopodiacee Terofite 10405 8,0

Echinochloa crus-galli

Graminacee Terofite 115 0,1

Euphorbia

helioscopia Euforbiacee Terofite 115 0,1

Fallopia convolvulus Polygonacee Terofite 220 0,2

Fumaria officinalis Papaveracee Terofite 160 0,1

Lamium

amplexicaule Lamiacee Terofite 345 0,3

Lolium multiflorum Graminacee Terofite 320 0,2

Malva sylvestris Malvacee Emicriptofite 45 <0,1

Mercurialis annua Euforbiacee Terofite 1433 1,1

Nigella damascena Ranuncolacee Terofite 250 0,2

Picris echioides Asteracee Terofite 65 0,1

Poa annua Graminacee Terofite 748 0,6

Polygonum aviculare Polygonacee Terofite 780 0,6

Polygonum

lapathifolium Polygonacee Terofite 340 0,3

Portulaca oleracea Portulacacee Terofite 77318 59,5

Raphanus raphanistrum

Brassicacee Terofite 2335 1,8

Rumex crispus Polygonacee Emicriptofite 250 0,2

Setaria viridis Graminacee Terofite 125 0,1

Sinapis arvensis Brassicacee Terofite 11834 9,1

Stellaria media Cariofillacee Terofite 310 0,2

Taraxacum officinalis Asteracee Emicriptofite 45 <0,1

Urtica spp. Urticacee Emicriptofite 95 0,1

Verbena officinalis Verbenacee Emicriptofite 3555 2,7

Veronica persica Scrofulariacee Terofite 2650 2,0

Totale 129943 100

Tabella 5. Quantitativo di semi di infestanti accumulatisi nell’agroecosistema di Trebbio. L’ultimo degli agroecosistemi analizzati, quello presso Trebbio, è il caso in cui è stato rilevato il minor accumulo di semi risultato di circa 129.000 per metro quadrato. E’ questo un risultato più uniforme ad i comunque scarsi dati disponibili in letteratura dedicati ai

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sistemi colturali biologici. D’altra parte, va sottolineato, che questa realtà è decisamente più difficile sia per la contenuta competitività delle colture che per le notevoli estensioni aziendali che certamente implicano difficoltà in termini di tempestività nelle operazioni colturali di difesa.

A fronte della ormai ubiquitaria presenza di Amaranto e Chenopodio, in questo caso non preoccupante come in altri casi (densità relativa rispettivamente di 12,3 e 8,0 %) spicca la straordinaria presenza di Portulaca oleracea. Questa specie ha raggiunto da sola circa il 60% dell’intera banca seme. Tale straordinaria predominanza è di non facile comprensione. Si può tuttavia ipotizzare che ciò possa essere dovuto all’irrigazione con impianto a goccia dal momento che la germinazione di questa specie a ciclo estivo viene fortemente stimolata da questa tipologia di rifornimento idrico che tende a mantenere il suolo umido in periodi prolungati.L’ecologia di germinazione di questa specie è infatti assolutamente esigente in termini di temperatura (unitamente all’umidità) ed in altre parole tutto il periodo estivo appare in grado di “forzare” le germinazioni in queste condizioni agronomiche.

Anche in questo caso la Sinapis arvensis ha dato luogo ad un accumulo di semi consistente ma decisamente minore (meno del 10% di densità relativa) rispetto ad altre situazioni prima descritte.

Sono inoltre presenti anche altre specie microterme come Lamium amplexicaule, Fumaria

officinalis, Euphorbia helioscopia, Mercurialis annua, Poa annua, Stellaria media e Veronica persica anche se in modo assolutamente scarso ed equilibrato. Va inoltre

sottolineato che in questo caso è scarsa l’incidenza complessiva delle graminacee rappresentate, oltre che dalla sopraccitata Poa annua, anche da scarse popolazioni di Lolium

multiflorum, Echinochloa crus galli e Bromus sterilis.

96,8 3,1

Forme biologiche prevalenti

terofite emicriptofite 22 18 15 20 6 4 3 3 2 5 2

Famiglie botaniche prevalenti Amarantacee Chenopodiace e Portulacacee Brassicacee Polygonacee Asteracee Cariofillacee Convolvolacee Scrofulariacee Graminacee

Figura

Tabella 1. Informazioni agronomiche relative agli agroecosistemi selezionati per le analisi  della seedbank.
Tabella 2. Quantitativo di semi di infestanti accumulatisi nell’agroecosistema di  Gricignano.
Tabella 3. Quantitativo di semi di infestanti accumulatisi nell’agroecosistema di Pistrino
Tabella 4. Quantitativo di semi di infestanti accumulatisi nell’agroecosistema di Santa  Fiora.
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