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Lo studio della storia in relazione alla facoltà di filosofia e di lettere. Parole pronunziate il 1. febbraio 1881 nell'aula massima della R. Università di Genova per l'aggregazione a dottore nella facoltà dell'avv. Cornelio Desimoni

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a l l a p a t r i a d i l e t t i s s i m a L A C I T T A ’ DI GaVI D O N D E G L I V E N N E L A P IÙ S O L E N N E L A P IÙ S E N T I T A D E L L E G R A T U L A Z IO N I D O V E B R A M A S I C O M PO N G AN O L E S U E O S S A F R A G L I A V I I C O N G IU N T I I C O N C IT T A D IN I Q U E S T I B R E V I C E N N I DI NON B R E V I S T U D I E G L I O N O R I N O N C H I E S T I D ONA D E D IC A C O N S A C R A l’ Au t o r e.

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Illustre Preside,

Dottori Chiarissimi ed Umanissimi

G ra z ie , grazie senza fine a Voi, o Signori, cui piacque accogliermi spontanei ed u n an im i a Collega nel vostro dotto Consesso, in quest’ Aula m adre alm a delle scienze e delle lettere. Se io rie n tro in me stesso, temo rico­ noscere i miei tito li troppo scarsi a un onore così se­ g n alato , sento p er altro che ebbi in tu tta la vita sete inestinguibile del vero e del b e llo ; di guisa che con m odestia m inore di quella di P itagora, m a con m ag­ giore pro p rietà nel significato, potrei appellarm i, se non un sofo, un filosofo. Oh ! i m iei giovani anni ! Quando non impedito da cure pubbliche e dom estiche, dim en­ tico talora del cibo e del sonno m ’ immergevo nelle m editazioni filosofiche, sulle carte im m ortali, segnata- m ente, di tre grandi Italiani. E quando l’ arido del­ l’ an alisi o l’ a rd u a altezza del su bb ietto stancava la

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m en te, soccorrea tosto a rinfrancarla di nuova vita il diletto delle lettere, che gli antichi ben dissero um ane : la soavità virgiliana, il nervo d’ Orazio, Γ ampiezza e la m aestà latin a in C icerone; l’ impeto di Dem ostene, le grazie che ai greci seppe rapire Jacopo Leopardi, i loro n u m eri e il m agistero dei metri che ingegni italiani in­ vano tentano ricreare oggidì; Dante che tutto acchiude. Le vicende capricciose della vita recisero il filo di q uesti studi per lunghi, troppo lunghi an n i; fino a q u an d o , la Dio m ercè, ci furono ridati questi ozi, ozi con d ig n ità ; la contemplazione serena della storia nelle p iù pure sue fonti, ne’ suoi recessi più intim i. E dico della sto ria p a tria ; ove tanto è di grande in tenue territo rio , tanto di m ondiale per la vasta distesa dei m ari, che l’ uom o onorato del nobile compito non si tra v a g le r à m ai abbastanza a conservare quel fuoco sacro, a n u trirlo di stipe continova secondo l’ ampiezza degli odierni commerci le tte ra rii, a comunicarne la fiam m a ai C oncittadini, acciò sentano e facciano di im ita re la grandezza degli Avi, individiata e, più che d a n o i, stu d iata dagli stranieri.

Ma niu n o è che non vegga, quanto conferiscano alla s to ria le facoltà onde voi siete M aestri; le lettere, la filologia, la filosofia. Magnifico tema ! a trattare il quale non b astereb b e uno o più corsi annuali, non che i pochi m in u ti in cui desidero u surpare la vostra atten­ zione. T u ttav ia consentitem i alcuni accenni.

La sto ria co nsiderata, come opera letteraria di prosa, fu ben d e tta d a un Chiaro Ingegno la più varia, la p iù n o b ile, la p iù difficile ad essere condotta con ma­ g istero . Il concetto, sia generale o speciale, dee p re ­ sen tarsen e a ll’ A utore, come un tutto finito; come una

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sola azione che abbia principio, progresso, intreccio e naturale com pim ento. La m ateria sia disposta e rip a rtita per guisa che la m oltiplicità dei particolari non m anchi ma non soffochi nemm eno i fatti generali, l’ idea capi­ tale. L’ aprire dell’ azione disegnato a larghi tocchi con­ duce bellamente il lettore ad im m edesim arsi volonte­ roso col soggetto; via via che si va procedendo, le parti m inori si traggono addietro come per fare alle maggiori stacco e quasi omaggio di rev eren za; ogni cosa è a suo luogo, una sola pagina sovente ne illu­ mina cento a ltr e ; l’ erudizione a iu ta m a non si sosti­ tuisce alla storia ; si com prende ch iara la m an ifesta­ zione di quella vita bene organata, invece di sm arrirsi nella faticosa anatom ia delle singole fibre. Ma dove la­ scio la forma che compie il lavoro del concetto e del disporre? Dizione p u ra e colta m a semplice, stile grave ma a cui alternino tocchi spigliati e brevi, sicché riesca dignitoso senza cadere nel m anierato e nel floscio. Esposizione varia secondo le qualità del racconto ; dove calda, dove p acata; in tin ta di nobile ira o riposata in considerazioni g en erali; insom m a quasi p itto re che ora sfumi appena, ora sceneggi vivacem ente, m a ceda il luogo allo scultore nella energia dei nodi capitali del­ l’ azione, ed en tram b i cedano allo architetto nella sa­ piente ed ‘ arm onica disposizione del tutto.

Di parecchie delle quali parti mi gode F anim o di poter recare un esempio casalingo. L’ Illustre P atrizio Ge­ rolamo S erra ben conosce e dichiara le doti della Storia e sovente le applica con giusto criterio. Lim a e sostiene il suo stile ad u n a nobiltà che non noccia alla chia­ rezza , m edita e sentenzia sui fatti senza dare in a stru ­ serie lam biccate ; narrando le cose patrie le intreccia

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colla erudita cognizione elei fatti stranieri che vi si an-cJ

nodano, m a senza a r r e s ta tis i più di quanto importi al p ro p o sito ; si scalda generoso all’ amore di patria, ma non tanto che m entisca o ne dissimuli i to rti; com­ pito q u est’ ultim o oltre ogni dire diffìcile allo scrittore di cose nazionali (I).

Che se dalle lettere ci volgiamo alla filologia, oziosa cosa sarebbe il venir qui annoverando gli aiuti che essa porge alla s to r ia , specie o g g i, colle m eravi­ gliose sue scoperte. Ma io intendo accennare ad a ltra p a rte della Filologia, forse troppo negletta ; voglio dire i lo studio dei nomi applicato allo svolgimento degli In- ' stitu ti e dei periodi sto rici; il quale, se bene avviso, so m m in istra criterii utili alla retta intelligenza dei fatti ; talo ra anzi é il criterio unico, quando fanno difetto i d o c u m e n ti, ad esempio nel più fìtto del medio evo.

A m e si presenta la storia d’un nome come parallela o meglio pedissequa del fatto da esso nome significato. U n a nuova Instituzione sbocciando da vecchio ramo e assum endo a gradi e quasi inconsciamente forme diverse, co ntin u a non raro ad essere significata col- P antico vocabolo. Questo adunque è divenuto im pro­ prio alla c o s a , sebbene ormai consacrato dall’ uso anche p e r la nuova id e a ; ma il filologo che badi sot­ tilm en te alla n a tu ra le p roprietà di quella parola, ne tr a r r à sicuro argom ento di tempo più antico, quando il nom e com baciava colla sostanza dell’ Instituto.

Se-( 1) T u tto questo passo sulla Storia considerata come componi­ mento letterario, e la sua applicazione al nostro storico G-erolamo S e r ra , é tolto quasi colle stesse parole da due brani della Storia della Letteratura Italian a di Em iliani Giudici, ed. L e Monnier II.

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guendo a m editarvi sopra, riconoscerà come dei ruderi lungo il sentiero, per cui passò a tram u tarsi 1’ In sti­ tuto m edesim o; noterà certe forme di d ire in certe, oscillanti che tradiscono il faticoso svolgim ento della tram utazione; sco prirà u n lavoro laten te che, ap punto perchè latente, i contem poranei non avvertirono o non curarono d ire , commossi soltanto dai fatti appariscenti. In alcuno de’ miei um ili scritti ho tentato p er tal modo gittar qualche lum e sul passaggio dal benefizio al feudo, dall’ uffizio pubblico alla giurisdizione patrim oniale (1).

Mi consentirete voi u n altro esem pio filologico? Facendo la più am pia collezione di nom i topografici d’ una Regione, poscia coll’ analisi disponendola in classi diverse ed a p p ro p ria te , se ne può tra rre come un ac­ cenno di storia generale delle vicende a cui quella Re­ gione andò soggetta e dove più dove meno ;. su p p le n ­ dosi così al m anco di m onum enti, specie nei tem pi più antichi. I nom i tu tto ra vivi m a di ignota etim ologia e le num erose desinenze L ig u ri in asca, ego, ecc., gli alti

m onti, le so rg en ti, che danno nom e diverso e inco m ­ preso alla p arte superio re del fium e, certe parole di uso volgarissimo che non possono rip etersi in u n a conversa­ zione, tu tto ciò ne fa intravvedere la lingua prim itiva degli Indigeni. La nom enclatura silvestre che sta ora in contrasto colla lussureggiante coltura di u n m edesim o te rrito rio , c’ insegna la lingua latin a già in tro d o tta , m a lungam ente ancora d urata senza gli effetti contem poranei della Ci­

viltà. Ma compaiono q u a e là le oasi rom ane colle consuete desinenze suffisse al nom e della g ente p a trizia ,

(2) Sulle Marche dell'A lta Ita lia e sulle loro diramazioni in M ar­ chesati. Genova (estratto d alla R ivista Universale) 1869, pp. 58-6 2 .

N ell’ Appendice seguente ved. altro esempio d’ induzioni storiche.

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e ad ogni piè sospinto incontri le costruzioni medioevali, il contrasto tra le bastite o i castelletti del feudo e il febbrile anim arsi del popolo nei borghi nuovi, borghi fran chi, e sim ili. Infine la Civiltà ha esteso il suo po­ tente influsso dovunque, le ville signorili paiono aver coperto tu tto 1’ agro ; eppure la nom enclatura è oltre­ m odo tenace ed is tr u ttiv a , lo stesso nome del nuovo Signore colla analisi della sua desinenza insegna ancora a rinvenirci per entro la radice pura d’ ignota etimologia. « Di guisa che » (come dissi altrove e dichiarai più am piam ente) « sotto 1’ humo vegetale moderno traspaja » il terriccio del medio evo, e sovra questo l’ ammenda- » m ento della coltura rom ana e in fondo in fondo uti

» filone ligustico, il quale, sebbene si veda più puro e in » m aggior q u a n tità ai confini, ai monti e al mare, non » lascia di sp u n tare qua e là lungo territorio, quasi vo- » glia additarci di sotto t e r r a i resti dell’ antica conti- » n u ità che è ora in terro tta (1) ».

Passiam o, se vi piace, alle discipline filosofiche. Io non salirò fino alla forinola imaginata da ingegni pel­ leg rin i, p e r ispiegare il generale andamento della Sto­ r ia : i circoli del Vico em endati dal Roma^nosi collo in fram m ettere il contatto delle estere Nazioni al puro e n a tu ra le svolgim ento interiore. Donde appare più ap­ p ro p ria ta la sostituzione della spirale al circolo, come fu pensato dal F ichte ; scostandosi cioè e variando le p a rti m in o ri e scam biandosi gli uffici fra popolo e po­ polo, onde si rap p resen ti la vece delle Nazioni in grem bo alla u n ic a um an a famiglia. Ma la sostituzione

(1) S u lla Tavola d i bronzo della Polcevera, lettere tre p. 671 e generalm ente i §§ 2.° e 3 .° della seconda lettera (dagli Atti della

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del Fichte fu di nuovo modificata dal R o s m in i, in ispire che si facciano sem pre più am pie nel cam m ino, più atte perciò a significare il progresso costante della um anità, purché se ne serbino le condizioni. F in a l­ mente Cesare Balbo b a d a n d o , più che alla s p ir a le , al suo asse d iretto re, imaginava questo come u n a linea non interrotta, la quale s 'in c u rv i e s’ incen tri nella venuta di C risto; decrescendo sem pre nella su a p rim a metà, progredendo sempre nella seconda.

Non mi alletta nemm eno il ragionare della celebre dottrina di V ittorio Cousin, secondo la quale hanno sempre il torto le Nazioni quando sono conquistate; dottrina a buon diritto biasim ata se si consideri nella sua cruda espressione, m a che si annoda, p iù che non paia, ad alte quistioni filosofiche ; il fato della tragedia greca, il fato discusso dagli antichi filosofi e m odern a­ m ente comm entato dal francese Signor D aunou. In a ltre * parole, è la Nemesi vendicatrice di più antiche ingiu­

stizie sui deboli; Nemesi della corruzione de’ costum i, d eir obblio dell’ u m ana dignità, non esorabile fino al- Γ ultim o quadrante del debito, secondo la rispo sta sto ­ rica di Matteo Visconti a Guido Della T orre.

No, o Signori, io non mi periterò su queste vie, pensoso quale si richieda m agistero di volo o di re ­ migio ; ove è gran fatto se non si rom pe negli scogli o non si sm arrisce tra le nebbie, trattan do le om bre come persona viva.

Dimoriamoci in cerchio più m odesto; parliam o al­ quanto di un campo storico in cui gareggiarono due il­ lu stri Ita lia n i; l’ uno colla paziente ricerca di docum enti e col diligente raccoglim ento dei fatti in u n a sintesi p ratica; l’ altro collo stendere sopra il campo così

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pre-parato l’ ala del suo vasto ingegno e farsene scala ad alti p ortati filosofici. Voi intendete che alludo a Luigi C ibrario e ad Antonio Rosm ini, ai parecchi brani del- Γ Econom ia politica del medio evo comm entati nella Filosofia del diritto dal grande Roveretano. L’argomento é la fam iglia o l’ elemento signorile in lotta colla ci­ vile Società.

La fam iglia nel suo poderoso organam ento serba la sa n tità dei lari, la fermezza e la nobiltà delle tradi­ zioni che costituiscono i forti caratteri ; ma, dove ella non sia tem perata dallo elemento della Società civile, degenera presto in signoria tirannesca; spoglia d ’ ogni d iritto , non che i servi e i clienti, anche i proprii ? leB'a le agnazioni in vincoli di f e rro , vietando i connu b ii cogli e s tr a n i, la successione nelle femmine, la lib ertà de’ testam enti ; si fa solidale nella tribù , nel guid rig ildo , nella participazione ai giudizi col giura­ m ento di com purgazione ; solidale nella indivisibilità della te rra q u irita ria o salica, nel diritto di guerra p ri­ vata, nella ered ità della vendetta.

È egli possibile che ciò duri a lungo? La Società civile non appena sente la sua forza, sgruppa contro la fam iglia o trib ù signorile l’ odio accumulato in lungo silenzio, e non è paga allorché vince, m a vuole stra­ v in c e re ; nè le p are aver libere le mani finché soprav­ viva u n resto d ell’ antico regime. E d ecco come il torto passa o ra dalla parte della società; essa si affanna a disgregare elem enti che n a tu ra ha coordinati a vivere in dolce legame : i figli si arm ano contro i padri, i costum i si allentano, le nozze divengono incerte. Anche l’ o rd in e economico ne è sconvolto; non basta avere abo­ lito il fedecommesso e il ritra tto g entilizio , ultimi

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ridotti della famiglia signorile; i giu ri m obili pigliano il sopravvento sugli im m o b ili, le terre si sm inuz­ zano all’ infinito; si consumano perfino i vasti dorsi selvosi che natura pose a fre n o , sì delle m e te o re , sì dell’ insalubre e dello im portuoso interrim en to del mare.

La lotta durerà quanto il mondo con varia fortuna, dacché niuno dei due elem enti può perire ; m a la storia filosofica, nello aggrupparne le vicende, pone in più chiara luce i pericoli e lascia intravvedere i r i ­ medii. Finché il diritto pretorio con senno veram en te romano attende a scalzare gradi a gradi il crudo d i­ ritto quiritario, la società s’ incivilisce, si rafforza nel- l’ innesto di nuovo sangue al vecchio, e si p rep a ra alla Signoria del mondo. Ma le proscrizioni plebee di Mario come quelle patrizie di Siila non ad altro a p ­ prodano che a dissanguare la famiglia insiem e e la So­ cietà, le quali diventano facile preda di Cesare. Il nuovo diritto dello Impero fru tta 1’ allargam ento della base sociale; la città è estesa a tutto il m ondo assog­ gettato, una amministrazione bene organata allivella le crudezze e le disuguaglianze, la successione è re stitu ita alle femine, grandi giurisconsulti applicano alle leggi la filosofia; ma in pari tempo si sm arrisce il m aneggio dell’ arm i, l’ energia del volere, la dignità del costum e ; si abborrono le nozze, invano lusingate da favori, nè atterrite dalle pene onde ten ta la società p rev en ire lo spegnimento dalle famiglie. Ma ecco sopraggiungere i Barbari, la nuova famiglia signorile col suo corredo di forza, di unione solidale ma anche di ingiustizie, ro ­ vine e lutti ineffabili. Ed ecco di nuovo la riscossa della società e il riacquistato suo predom inio nello

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m ento dei Com uni che colle leghe, colle a rm i, cogli sta tu ti m ondano Γ im puro della famiglia. È bello, è me­ raviglioso il fiorire della civiltà italiana in quei secoli, m a i v incito ri del feudo lasciano disperdere, insieme al veleno, anche quel tanto di autorità signorile, che basti a collegare con nodo costante la forza sociale ; onde risor­ gono i signorotti senza num ero e senza freno. Dovrò io co n tin u are la storia di questa lotta, troppo sovente m esta o san g u in an te? N o, o Signori, non usciamo dal- Γ A ccadem ia per en trare in politica.

Fecondo in applicazioni è dunque P anello che lega, alla sto ria non solo, ma e ad ogni scienza ed arte le discipline filologiche e filosofiche ingentilite dal sapore delle lette re ; esse sono il fiore che abbella, il sale che protegge Γ arom a della um ana convivenza. I Giovani, liete speranze della P a tria e della Scienza, bevano lar­ gam ente a queste fonti, donde si alim enta e, se re ­ scisso, si spegne ogni bene sostanziale della vita. Ver­ sino il libro d iu rn i e n o ttu rn i ma scaldandolo colla fiam m a dell’ affetto, di che natu ra è sì liberale alla loro e tà ; il forte e generoso amore della patria si congiunga al sano criterio del vero, al custodire la in­ teg rità del b u on o , come ispirò loro la famiglia e la m ad re segn atam en te che vedono sem pre trepida su l­ l ’ avvenire de’ Suoi p o rtati. S ’ affretta già l’ ora che li chiam i agli uffìzi pubblici o privati ; le scienze speciali e le p ratich e sono oggidì recate a perfezione meravi­ gliosa, m a ap p u n to per ciò ciascuna di esse usurpa a se tu tto l’ uom o. Anche q u i, come nelle a rti meccaniche, la d iv isio n e del lavoro è a rra di progresso continuo: senza ciò, an tica è la sentenza, dover Γ uomo proporre alle sue facoltà uno scopo speciale ; peste della scienza

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essere P andazzo di parlar di tu tto col solo aiuto dei Manuali, dei Repertorii o del Giornale.

Ma anche qui, come nelle a rti, la divisione del la ­ voro nuoce sovente all’ u n ità della scienza, al suo inanellarsi ai principii universali. Le faccette infinite, in cui ella si spezza addivengono ciascuna u n m ondo a se, il solo mondo di chi le si consacra: si s m a r­ risce l’ amore del bello correndo dietro a ll’ u tile ; il cuore si ossida, se l’ aere puro dei p rim i veri non corra a volta a volta a sgom berarne la ru g g in e , se non si rim em bra il detto dèlP antico saggio: homo s u m , nihil hum ani a me alienum puto. Non è egli vero che

1’ arte era meglio sentita, quando il suo cu lto re pin- geva ad un tempo e scolpiva, architettava, poetava e credeva?

Ma io dimentico che non ho qui da in seg n are, sì da apprendere da voi, dotti Colleghi, cui fu culto di tu tta la vita lo studio delle lettere e della filosofia. A me spetta ascoltarvi e tacere; e tacerò quando p rim a mi abbiate consentito l’ onore di offerirvi la m ia re v e ­ renza, oserò anche dire il mio m em ore affetto. Levato oggi fino a voi, presso al vestire i sim boli solenn i della dottrina, io reputo questo uno dei giorni p iù belli della mia v ita ; parmi essere altro u o m o ; m i assal­ gono le giovani fantasie, indorate dal sole dei cam pi, confortate nell’ aere dei patrii m onti, n u trite in lieti e fruttuosi conversari con un amico dolcissim o, a h i ! troppo presto rapito alle lettere in cui a v reb b e sta m ­ pato grandi orme.

Ma tosto ritorno all’oggi; che posso io fare o ram ai sul dechino dell’ età ? Uomo di desiderii p iu tto sto che di f a tti, cui lo svolgimento delle m em brane m edioevali

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disavvezza ognor più dal bello stile che fa onore a voi? Di u n a sola cosa vi starò pagatore. U n Patrizio Genovese, am antissim o della P atria, giureconsulto e statista di gran vaglia, Raffaele Della Torre, essendo quasi nonagenario pubblicava un nuovo lavoro: Res­ taurandae antiquae Jurisprudentiae conatus (1). E

nella chiusa facendosi a chieder venia per la grave età, prom etteva che ad ogni modo avrebbe durato lo studio finché gli bastasse la vita. Io, le mille volte a lui inferiore per qualunque titolo, potrò almeno em u­ larlo in quest’ una prom essa: e, come egli le volgeva ai lettori, così io volgerò a voi le sue parole medesime, a chiusa del mio d ire disadorno. Saltem amabitis stu ­ dium num quam , n isi cum vita , de fu turu m .

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A P P E N D I C E

O gni anno eh’ io rivedo la te rra di G a v i, o n d e bev v i la vita e il cui am ore m’ inspirò le p rim e s to ric h e fan­ tasie, l’aura primaverile sem ina di m ille sm alti e ra lle g ra di profumi ineffabili T o ndegg iante te rr e n o ; a llo ra m i si ringagliardisce Γ animo stanco e lu n g am en te c o m p re sso nella gelida rassegna de’ docum enti: la m a te ria , c h e so n ­ necchiava ammonticchiata, s’ agita e m esce, e ra v v ia n d o si a m isteriosi cubicoli si m arita al con cetto e n e p lasm a e figlia gli organi che le m ancavano alla pienezza d ella vita. U n susurro arcano mi giunge all*orecchio anzi al c u o re , e mi chiarisce il senso dei ro tta m i o n d ’ io m i tro v o cir­ condato ; e m i punge ognivolta il rim o rso di n o n av e r ancora narrata la patria storia. N è o ra n e m m e n o la n a r ­ rerò , ma si condoni all* affetto , se io n e sp izzico un esem pio che cade in taglio al rag io n ato te sté . L ’ u m ile strada che corre lungo la casa p atern a e che serb a Γ a n ­ tico nom e della Magione, la croce de’ cav alieri sc o lp ita sull’ arco di faccia, m i trasportano di balze a qu el m a r­ chese di Gavi P recettore gerosolim itano che si trav a g liò in Genova per la crociata del santo L u igi di F r a n c ia : sull’ acqua che corre più abbasso, g ira la ru o ta d ’ u n m o ­ lino che i medesimi cavalieri (c erto per m ezzo del p re ­ detto m archese) godevano in consorzio colla R epu b b lica. L ungo la m ia passeggiata favorita, o m b reg g ia ta d ag li o n ­

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ta n i che listano la g o r a , sento n o m in are Sant* Eusebio , m a n o n isco rg o che cam pi e vign e in u n ’ am ena pianura che a tra m o n ta n a poggia in dolce pendio. Ma sostiam o al crocicchio d’ una strad icc iu o la ; ecco qui d o rm ono Γ u l­ tim o sonno gli antichi B e n e d e ttin i, quella colonia che p a rtì dalla badia parm igiana di S. M aria di C astiglione in siem e ad altri fratelli i quali p ro c ed ettero più o ltre a T a s s a r o lo , e a San R em igio di P aro d i. E S. M aria di C astiglione era stata fondata fin dal secolo X I da un m arch ese o b erte n g o e d o tata della decim a di tu tti i suoi b e n i , tra i quali app u n to Tassarolo, P a ro d i, Gavi (di q u est’ u ltim o riserv an d o si il castello) e Rovereto su i cui sorse A lessan d ria; quella città che, com e sopra dissi, g iu rò poi fedeltà a ’ m archesi di Gavi. Ecco dunque ossa sepolte e d isp e rse , al caldo delF idea sto ric a , assum ere n erv i e apparenza di p e rs o n a : eCvio Tassarolo e Parodi con un solo tra tto di questo ra cco n to dar rag io ne di sè e delle lo ro p arro c c h ie s o rte dal n u lla p e r cu ra di que’ m onaci; e s o rte sugli incolti e le paludi che indicano il. no m e dei due lu o g h i. D i S. E usebio di G avi nu lla più rim ane a l- F in fu o ri del n o m e , della trad izio n e e di pochi d o cu m enti; il te rre n o dei m on aci alF in to rn o passò a più fam iglie n o b ili, dai D i N e g ro ai L o m e llin i; ed o ra la pianura ed il colle finirono in cento m an i che n e fo rzano la fecon­ dità p e r p ro p rio co n to ; m a re c e n te è la m em o ria della scio lta enfiteusi ; lo stem m a scialbato sulla faccia d’ una casicciuola ci fa risa lire ai L o m e llin i, com e un antico d o c u m e n to ci tra sp o rta m o lto più ad dietro ai D i N egro e alle lo ro q u istio n i coi m onaci.

C o si il c ro n ista , il racco g lito re delle tra d iz io n i, se abbia scintilla di g e n io , si m uta in istorico e da sto rico anche in poeta. Il m a e stro dell5 a rte gaia p e r sim il guisa visi­ tava le singole c a ste lla , egli solo sicu ro n e ll’età violenta. A l soave p relu d io dell’ arpa o del liu to , che chiede ospi­

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19 talità, la scolta dai m erli del to rrio n e porge b e n ig n o 1 o - recchio : la gelosa saracinesca s’ abbassa e colm a la larg a trin cea; la vasta caminata accoglie il T ro v a to re c o n u n a­ nim e benvenuto. Le a rm i, gli u s b e rg h i, lo scudo d o r­ m ono sugli arpioni; il fiero barone affatica su l fo c o la re gli enorm i tiz z i, e la folla dei vassalli s’ a g g ru p p a qu a e là , ingannando coi dadi le lunghe ore inv ern ali. L a g ra n tazza ospitale passa di m ano in m ano, scalda ed ap re il cuore. Il T ro v ato re studia i v o lti, gli a m m ic c h i, afferra i m o tti, raffigura ne’ figli il n o to costum e de p a d r i , indovina la lotta degli interessi e l’ onda degli affetti che si accavalcano come nuvoloni in cielo sc o n v o lto ; dag li sparsi lineam enti s’ incarna pieno il ritra tto de te m p i n ella capace fantasia ; e il canto si sprigiona signore d egli a n im i, tra il frizzo e il severo e il fero ce, tr a la g io ia e la la­ grim a che sprizza talora sui volti abbronzati, fu rtiv a e in ­ vano ricacciata. é

Ed ecco com e nacque la ro m a n z a ; e n o n a ltrim e n ti avrebbe voluto e dovuto nascere e co nserv arsi il ro m a n z o s to ric o , secondo il concetto espostone dall a c u to T o m * maséo ; compiendo cioè e ravvivando i fatti n o ti n ella loro relazione naturale alla psicologia degli in d iv id u i, dei caratteri e della società. Senonche p u r tro p p o la sb rig lia - tura dell’ ingegno e l’impazienza delle rice rch e h a n n o t r a ­ m utato in epiteto calunnioso quel n o m e , ch e avrebb e legittim a origine nello storico im pasto del Torneino coi popoli germanici. Ma si veda in Ciualtieri S c o t t , c o m e nello studio geniale delle patrie m em o rie s’ in c a rn i v ig o ­ rosa la fìsonom ia delle persone e de’ lu o g h i s to ric i : e si veda in Alessandro M a n z o n i, com e a tu tto q u e sto si possa aggiungere la voce del cuore e la sub lim e m o ra lità del subbietto; e , benché paia b e ste m m ia , io n o n m i p e­ riterò a chiam are trovatori e po eti q ue’ re c e n ti s o m m i italiani Cavedoni e Borghesi ; i quali n el silenzio del g a­

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b inetto in te rro g a n d o senza posa m arm i e m ed ag lie, sco ­ p riro n o 1 o rd in e dei tem pi e delle generazion i delle fa- m iglie, le m a g is tra tu re , gli in stitu ti e gli usi degli antichi p o p o li; e p osero le nuove b a s i, su cui (m e rc è segnata- m en te la dotta G erm an ia) va o ra alzandosi gigante l’in ­ telligenza e Γ edifìzio della storia.

(E stratto dall’ Opuscolo : Sulle Marche dell’A lta Ita lia , Lettere cinque

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