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PSYOPS e Intelligence

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

ACCADEMIA NAVALE

Corso di Laurea in: Scienze Marittime e Navali

TESI DI LAUREA

IN ELEMENTI DI INTELLIGENCE

PSYOPS e Intelligence

LAUREANDO:GM Roberta Pizzimento

RELATORE: T.V. Oscar Altiero

CORRELATORE: Magg. Sonny Malospiriti

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Indice

Introduzione

Capitolo 1 – Le Operazioni Psicologiche

1.1 Dall’importanza dell’informazione e della comunicazione alla manipolazione: la guerra psicologica

1.2 Disinformazione e propaganda

1.3 Fasi e caratteristiche di un’operazione psicologica 1.4 Classificazione delle PSYOPS

1.5 Cenni storici

1.6 Le Forze Armate e il Coronavirus 1.7 Il 28° Reggimento “Pavia”

Capitolo 2 – L’Intelligence

2.1 Definizioni e basi dell’intelligence 2.2 L’intelligence militare

2.3 Le fonti e i sensori 2.4 Le discipline intelligence 2.5 I prodotti intelligence

2.6 Gli obiettivi dell’intelligence militare 2.7 I principi dell’intelligence militare 2.8 I livelli dell’intelligence militare 2.9 Le categorie dell’intelligence militare 2.10 Il “ciclo intelligence”

2.11 L’intelligence nella storia 2.11.1 L’intelligence italiana 2.11.2 Le volpi argentate

Capitolo 3 –Confronto

3.1 Elementi in comune

3.1.1 I Social Media 3.1.2 Attività sul campo

3.1.3 Analisi del teatro operativo 3.2 Differenze: le informazioni ricercate

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2 10 13 19 24 38 42 43 44 46 47 49 52 53 55 57 58 68 72 76 79 79 90 92 93

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Capitolo 4 – Conclusioni

Bibliografia

Sitografia

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Introduzione

Il termine intelligence è noto alla maggioranza delle persone, perché spesso usato nei film di spionaggio e in qualche articolo giornalistico; la “guerra psicologica” e più nello specifico, le cosiddette PSYOPS, ho avuto modo di constatare che al contrario sono un argomento alquanto sconosciuto e di difficile comprensione ma che ho trovato, nel corso dei miei studi, particolarmente interessanti.

Ecco perché con questo elaborato, oltre ad essermi posta l’obiettivo di presentare esaustivamente e nel modo più comprensibile possibile in cosa consistono, di cosa si occupano e quali sono i loro elementi più caratteristici, cercherò di esaminare e provare a rispondere alle seguenti domande: esiste un legame fra questi due soggetti? E se sì, di che tipo?

Prima di presentarli uno ad uno, ritengo opportuno citare colui che forse è stato uno fra i primi a rendersi conto della potenza e importanza che il fattore psicologico e più in generale, la conoscenza del nemico, ha nel contesto militare, mi riferisco al grande teorico militare Sun Tzu che nel suo testo “L’arte della guerra” fa notevoli riferimenti all’argomento; riporterò, di seguito, i più interessanti.

«Ottenere cento vittorie in cento battaglie non è prova di suprema abilità. Sottomettere l’esercito nemico senza combattere è prova di suprema abilità.»1

Credo che non esista frase più appropriata per esprimere lo scopo e il potere che le cosiddette Psychological Operations (abbreviato PSYOPS) possiedono se ben utilizzate.

Probabilmente a quel tempo il suo studio era maggiormente indirizzato alla comprensione ed interpretazione dello stato morale delle truppe nemiche piuttosto che al loro condizionamento; è tuttavia innegabile che molte delle sue scoperte nel campo, appunto, della psicologia militare siano tuttora alla base di teorie contemporanee.

Un’altra perla proveniente dal medesimo stratega ma che ci ricorda piuttosto il ruolo e lo scopo dell’intelligence, la troviamo nel seguente brano:

«Nelle operazioni militari: se conosci il nemico e conosci te stesso, nemmeno in cento battaglie ti troverai in pericolo; se non conosci il nemico ma conosci te stesso, le tue possibilità di vittoria sono pari a quelle di sconfitta; se non conosci né il nemico né te stesso, ogni battaglia significherà per te sconfitta certa.»2 In pratica egli sottolinea come sia la

conoscenza a condurre alla vittoria, non solo per poter prendere delle precauzioni in anticipo ma anche per poter comprendere quali saranno gli sviluppi di un determinato evento o azione messi in atto.

1Sun Tzu, L’arte della Guerra, Oscar Mondadori, a cura del Gruppo di traduzione Denma e traduzione

dall’inglese di Monica Rossi, Milano 2003, pp. 12-13.

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Capitolo 1

1. Le Operazioni Psicologiche

1.1 Dall’importanza dell’informazione e della comunicazione alla manipolazione: la guerra psicologica.

La gestione dell’informazione ha sempre occupato un posto di primaria importanza nella politica, nella competizione geoeconomica globale, in tempo di pace e nel corso dei conflitti; inoltre, essa aumenta sempre più con il nascere e lo svilupparsi di quella che oggi siamo soliti definire società di massa. È proprio grazie ad una società di questo tipo che la comunicazione, così come la conosciamo, ha oramai assunto dimensioni globali, che meglio si concretizzano tramite strumenti come i mass media e, soprattutto negli ultimi tempi, tramite internet.

La rete ha cambiato il mondo dell’informazione, modificando in maniera considerevole non solo il modo di accedere alle notizie, oramai facilmente reperibili da chiunque e in qualsiasi parte del mondo si trovi, ma accorciando sensibilmente anche il relativo tempo di fruizione delle stesse, mettendo in comunicazione, in tempo reale, gli utenti di internet.

Il mondo moderno risulta quindi fortemente caratterizzato dalla predominanza della comunicazione e dell’informazione.

Tuttavia, un effetto collaterale di questo fenomeno, sul quale si basa il mio studio, è quello che ha visto organizzazioni statali e non statali utilizzare questi strumenti per perseguire scopi di parte con l’intento di influenzare le masse.

In altre parole: i mass media forniscono alla società “una versione” della realtà soggettiva, cioè viene effettuata una selezione a monte di quanto è dato sapere, ma anche e specialmente una visione orientata di quanto viene reputato “notiziabile”.

Ciò che si è realizzato in questi anni, con l’introduzione di sempre nuovi mezzi d’informazione e con una facile diffusione di notizie e pareri da parte di chiunque in maniera quasi incontrollata, è una vera e propria decentralizzazione dell’informazione, storicamente monopolizzata da soggetti chiaramente individuabili ed oggi sempre più spesso appannaggio di gruppi di difficile definizione o addirittura di singoli individui.

«In uno scenario che vede protagonisti Agenzie di Pubbliche Relazioni con contratti governativi miliardari, incaricate di produrre informazioni e costruire eventi su misura, così come citizen journalists capaci di twittare messaggi destinati nell’arco di pochi istanti a diffondersi in tutto il mondo; gruppi antagonisti inseriti in network globali o semplici utenti

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di Facebook, egualmente presenti in Rete»3. È a causa di tutto ciò che risulta essere assai

complesso avere fiducia nel continuo ed enorme flusso di notizie circolanti, soprattutto quando a fruirne non sono analisti e professionisti della comunicazione, ma cittadini ignari e incapaci di gestirne e selezionarne i contenuti.

La domanda che a questo punto può risultare normale porsi è: come può essere possibile ingannare così facilmente i destinatari di un determinato messaggio? Come possono questi stessi soggetti non rendersi conto della disinformazione che sta avendo luogo?

Per rispondere a queste domande ci sono voluti anni di studi e pratica per riuscire a sviluppare quell’abilità nell’utilizzare in maniera efficace quelle che oggi definiremmo tecniche di persuasione o principi della manipolazione. Qui di seguito ho deciso di indicarne giusto alcuni che ho ritenuto abbastanza importanti, sebbene di ovvia intuizione.

Primo fra tutti, è necessario rendere una notizia coerente con le visioni predefinite del mondo e con i relativi valori del gruppo a cui essa viene riferita, per poter essere accettata da tutti i suoi componenti in modo quasi dogmatico. In pratica, non vengono mai trasmessi dei messaggi che risultino essere in contrasto con delle certezze radicate nei destinatari, anzi verranno formulati in modo tale da potersi inserire perfettamente insieme a tutte le altre credenze e convinzioni già acquisite. Se ben formulati, tali messaggi saranno immediatamente accettati e metabolizzati dagli interessati, anche in caso di palesi contraddizioni, scarsa attendibilità, o persino una chiara inconsistenza razionale o storica. Ma, ovviamente, la questione non può esaurirsi nel carattere e nella struttura dell’informazione. Perché questa raggiunga il suo scopo, vi sono altri aspetti che devono essere tenuti in considerazione, come la scelta della fonte. Infatti, se l’informazione viene trasmessa da una fonte ritenuta a priori affidabile e credibile è più probabile che venga raggiunto l’obiettivo.

A tal proposito, sono molte le citazioni che possiamo fare, poiché questa triste realtà era già stata compresa da molti altri uomini e donne di cultura del passato, provenienti dai più svariati contesti. Troviamo autori di letteratura italiana come Pirandello con la sua famosa opera “così è, se vi pare” che lascia aperta la possibilità di deformare la realtà ad uso di chi voglia manipolarla, nella certezza che ci sarà sempre qualcuno pronto a lasciarsi ingannare, o ad accettare quelle verità delle quali non si chiede conferma perché aprioristicamente e dogmaticamente accolte come tali.

E ancora, la politologa, filosofa e storica Hannah Arendt, secondo la quale “chi mente ha il grande vantaggio di sapere in anticipo ciò che il pubblico desidera intendere o si aspetta di

3 Gagliano G., “Guerra psicologica. Disinformazione e movimenti sociali”, ARACNE editrice, Roma 2012,

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sentire”. Ma anche il ministro e politologo Vladimir Lenin, che aveva ben compreso la necessità di comunicare al pubblico “ciò che questo vuole sentirsi dire”.

Dopo questa presentazione risulta facile comprendere perché l’importanza della comunicazione aumenta sia come intensità e pericolosità, che come frequenza. Poiché è tramite essa che viene condotta un particolare tipo di guerra sovversiva, anti-sovversiva o economica, secondo modelli strategici indiretti. Si tratta di una “guerra incruenta”, come l’ha definita il Prof. Ferrante Pierantoni.

Non solo le grandi imprese ma anche interi Stati sfruttano un tale strumento per ricavare vantaggi competitivi per il proprio sistema, per dei singoli settori critici o addirittura per tutto il paese o, quanto meno, mirano a proteggersi da attacchi di competitori e di avversari. «Non si tratta di un fatto nuovo. Anzi, è vecchio come la storia dell’umanità. Tutti hanno sempre cercato di manipolare le percezioni della propria opinione pubblica, per far assumere decisioni coerenti con i propri interessi e fini. Quella che è variata nelle varie epoche storiche è stata la tecnologia dei mezzi di comunicazione. La tecnica ha influito sulle tattiche e, quindi, sulla capacità di ottenere risultati in un determinato tempo.»4

In tal senso, risultano immediate le potenzialità immense date dalla Rete a fini disinformativi. Un calderone nel quale circolano liberamente e contemporaneamente sia le false notizie che le leggende, immagini, sondaggi ed inchieste manipolate, presunti esperti, dichiarazioni mendaci o mistificate, ecc. Per non dimenticare la principale caratteristica del World Wide Web che, a differenza «… del classico volantino di propaganda, o di testate ed emittenti radiofoniche fittizie, ben si attaglia all’idea stessa di globalizzazione e, come tale, va a costituire lo scenario ideale di una guerra dell’informazione su scala planetaria, una guerra di influenza senza precedenti nella storia per portata, diffusione e, nonostante tutto, sulla base di quanto detto precedentemente, assolutamente autoreferenziale nell’approccio diretto del singolo.»5

Quindi, possiamo ancora definire la comunicazione come un elemento strategico, in tempo di pace così come nelle varie fasi di un conflitto, una vera arma di informazione/disinformazione di massa, tramite la quale è possibile agire sulla psiche e sulle coscienze dell’opinione pubblica, muovendosi al limite tra manipolazione dell’informazione e disinformazione vera e propria. È proprio così che si realizza quella che abbiamo fino ad ora accennato ma che è più corretto chiamare “guerra psicologica”.

Le possibilità di manipolazione ai giorni d’oggi sono enormemente cresciute anche grazie allo sviluppo delle neuroscienze6, le quali sono capaci di rendere più efficienti informazione

4Gagliano G., “Guerra psicologica. Disinformazione e movimenti sociali”, cit., p. 19. 5 Ivi, p. 15.

6Le neuroscienze (o neurobiologia) sono l'insieme degli studi interdisciplinari provenienti dalla biologia molecolare, dall’anatomia, dalla matematica, dalla medicina, dalla farmacologia, dalla fisiologia, dalla fisica,

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e disinformazione e di poter quindi condizionare significativamente le scelte e le reazioni delle opinioni pubbliche e degli operatori politici ed economici.

Il messaggio propagandistico o disinformativo che si vuole diffondere non è altro che il risultato di un sistematico utilizzo di parole chiave, immagini evocative, simboli, slogan, catene interpretative fortemente consolidate nell’immaginario ideologico, religioso, culturale di un target che, proprio per questo e in funzione delle finalità del messaggio, potrà o dovrà essere di volta in volta selezionato e ben conosciuto. Deve esistere un rapporto tra informatori e informati, di natura deterministica, ovvero è necessaria la perfetta conoscenza del background culturale, delle aspettative, dei percorsi semantici ed interpretativi dell’utenza finale del messaggio. Tutte queste informazioni risultano essere necessarie per riuscire a penetrare nella mente e nei cuori dell’opinione pubblica alla quale ci si riferisce. Questa teoria, è stata definita da alcuni “bullet theory” e non a caso vi è un riferimento alle armi, poiché l’idea di fondo è che «la formulazione di un messaggio capace di aderire a tali parametri, difficilmente mancherà l’obiettivo di essere riconosciuto e accettato da quelle fasce di destinatari ai quali ci si rivolge.»7

Per quanto detto precedentemente, risulta ovvio che alla base di un’efficace concezione e condotta di tale guerra comunicativa si colloca un’“intelligence” estremamente sofisticata. Gli attacchi vengono sempre condotti in modo estremamente subdolo, difficile sia da individuare che da comprendere.

Possiamo quindi dire che l’obiettivo di tali messaggi è proprio quello di smuovere i destinatari, generando in questi consenso, accettazione e comportamenti coerenti con gli obbiettivi di chi gestisce l’informazione. Per citare il pubblicista Edward Louis Bernays, con lo scopo di “plasmare l’opinione delle masse per convincerle a orientare nella direzione voluta”.

Non è neppure necessario mistificare un’informazione, o servirsi della menzogna, per renderla efficace ai fini di chi la trasmette: basta presentare la propria verità servendosi di parole o immagini terminologicamente distorte a forte impatto emotivo, sarà poi la reazione emotiva del destinatario, legata all’uso di determinate parole, simboli, persino immagini, e la sua percezione inconscia a produrre dei giudizi, senza indagare troppo su quanto gli viene proposto, riuscendo per esempio a considerare terrorista o bandito un partigiano che invece combatte per l’indipendenza del suo paese.

dalla linguistica e dalla psicologia. Combinate insieme, studiano il sistema nervoso, la sua struttura anatomica e funzionale con un'attenzione particolare al cervello e al ruolo che esso riveste nel comportamento e nella cognizione, allo scopo di comprendere non solo i normali meccanismi del sistema nervoso, ma anche quelli che regolano il controllo delle reazioni nervose e del comportamento del cervello ed infine sviluppare nuovi metodi per intervenire in caso di disturbi in tal senso.

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Alla luce di quanto detto, è chiaro quanto possa essere ricco l’arsenale testuale di chi opera nell’ambito della disinformazione così come della propaganda e non di meno laddove tali ambiti si uniscano nel contesto delle operazioni psicologiche.

La guerra psicologica può essere dunque assimilata alla guerra non convenzionale, se ci riferiamo al fatto che essa tende ad influenzare la mente del nemico piuttosto che distruggerlo militarmente ed è proprio grazie a questa sua caratteristica che oggi si pone tanta attenzione ad essa e la si preferisce ad altri tipi di guerre, poiché risponde all’esigenza attuale di ristabilire la pace con il minor numero di perdite umane.

A ragione di ciò, è essenziale che gli Stati, così come gli operatori pubblici e privati, siano consapevoli dei meccanismi che operano su quello che potremmo definire un “campo di battaglia” comunicativo. È necessario un sistema di gestione a livello nazionale delle emergenze comunicative ed economiche.

Ne consegue che, per la competitività del “sistema-paese” ma anche per la stabilità delle società, specie di quelle avanzate, risulta essenziale comprenderne le logiche e le potenzialità offerte dai nuovi mezzi di comunicazione (da Internet ai social networks) per poterli sfruttare in maniera efficace. Si tratta di un settore spesso sottovalutato, ma che sta assumendo caratteristiche di crescente criticità per l’intero Occidente, in particolare per il nostro Paese. Gli altri grandi Stati europei, si stanno già attrezzando per la difesa contro attacchi comunicativi e viceversa, anche per l’utilizzazione offensiva degli strumenti comunicativi nella competizione economica.

In Europa sono già stati costituiti numerosi team nazionali per la guerra della “comunicazione”. Gli Stati Uniti sono da tempo operativi e hanno predisposto studi avanzati che superano il concetto di “informazione, controinformazione e propaganda”.

Dunque, quello che oramai dobbiamo prevenire ed eventualmente esser pronti a contrastare sono degli attacchi indiretti, orchestrati attraverso campagne sui media tradizionali e Internet, agli interessi nazionali e alle proprie imprese allo scopo di potersi affermare politicamente ma anche per difendere quelli che sono gli interessi strategici del sistema-paese.

Passiamo ora ad esaminare in breve come deve essere un team che effettua guerra psicologica.

Per poter identificare, gestire o guidare un attacco mediatico è necessario disporre di un team multidisciplinare con preparazione, competenze e autorità operative specifiche.

Caratteristica saliente, di quella che alcuni definiscono come la “guerra delle informazioni”, è l’enorme rapidità con cui devono essere effettuate azioni e reazioni.

A causa di tale necessità, essa esclude la possibilità di adottare organizzazioni di tipo tradizionale ovvero gerarchico e piramidale; occorre, invece, operare con gruppi

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pluridisciplinari, dotati non solo di tutte le expertises tecniche necessarie, ma anche di un adeguato livello d’autorità, che consenta loro di decidere ed agire rapidamente. Se così non fosse, la comunicazione competitiva non potrebbe essere gestita. Di conseguenza le organizzazioni vecchio tipo, che vogliono effettuare un’operazione di questo genere, dovranno trasformarsi assumendo una configurazione a rete.

Infatti, i nuovi media, organizzati a rete, hanno dimostrato di possedere una flessibilità e rapidità di adeguamento alla situazione contingente maggiore delle “piramidi”, con le quali sono organizzate ad esempio le forze di sicurezza.

Per concludere, il concetto di “guerra psicologica” indica un uso pianificato dei mass media allo scopo di influenzare opinioni, emozioni e, di conseguenza, il comportamento della società; in ambito militare l’obiettivo di tale azione di diffusione di informazioni diventano i gruppi ostili, al fine di favorire il raggiungimento degli obiettivi nazionali.8

È anche nota con il termine “infowar”9, che intende enfatizzare l’importanza tattica dello

sfruttamento delle informazioni a scopo bellico.

I modi con cui viene attuata la guerra psicologica sono detti “operazioni psicologiche”, in inglese PSYOPS ovvero psychological operations.

Esse possono essere definite come un complesso di attività psicologiche messe in atto mediante l’uso programmato delle comunicazioni, pianificate in tempo di pace, crisi e guerra, e dirette verso specifici soggetti che possono essere dei governi, delle organizzazioni, gruppi o individui o genericamente delle opinioni pubbliche opposte, che definiremo in seguito “gruppi obiettivo” amici, neutrali o nemici, al fine di influenzare gli atteggiamenti ed i comportamenti di questi ultimi per conseguimento di obiettivi politici e militari.

Rappresentano un moderno metodo utilizzato dalle istituzioni militari.

Le PSYOPS diffondono il loro messaggio tramite i mezzi di divulgazione di ogni ordine e tipo, come precedentemente e largamente discusso in occasione della guerra psicologica. Per un loro efficace ed efficiente dispiegamento necessitano di approfondite conoscenze antropologiche e psicologiche dei gruppi obiettivo e soprattutto di una struttura di comando e controllo accentrata.

Quando i militari americani si resero conto che la sigla PSYOPS era troppo esplicita, in una nota ufficiale il Tenente Colonello Steve Collins, a capo della omonima struttura presso il Comando Supremo in Belgio, propose di modificare tale denominazione, scrivendo che sarebbe meglio utilizzare una terminologia più inoffensiva e vaga come quella di “operazioni di informazione” o meglio di “Information Operations” o “InfoOps”. Si tratta però di un

8 Taylor P., Glossary of Relevant Terms & Acronyms PROPAGANDA AND PSYCHOLOGICAL WARFARE

STUDIES, University of Leeds UK, 1987.

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caso evidente della orwelliana Neolingua10, in quanto si rimuove l’insidiosità del richiamo

alla “psiche” per limitarsi a parlare di generica “informazione”. Anche se, proprio alla luce di quanto esposto precedentemente, si tratta di un particolare tipo di informazione, che, come ha ben descritto il Maggiore Rouse, ha lo scopo di “… demoralizzare il nemico, causando dissenso ed agitazione nelle sue fila, mentre allo stesso tempo si convince la popolazione locale ad appoggiare le proprie truppe. Le PsyOps forniscono ai comandanti tattici sul campo anche una continua analisi degli atteggiamenti e comportamenti delle forze nemiche, cosicché possano sviluppare, produrre ed impiegare la propaganda in modo da aver successo…”.

Quindi, chiamare “operazioni informative” quelle che nascono invece come manipolazioni psicologiche vere e proprie è di per sé una mistificazione.

In realtà tale modifica non venne mai attuata. Attualmente, gli americani preferisco definire tali operazioni con l’acronimo “MISO” ovvero: Military Information Support Operations; mentre, in ambito NATO, si continua ad adoperare e distinguere le InfoOps dalle PSYOPS che troviamo definite rispettivamente nelle pubblicazioni AJP3.10 e AJP3.10.1.

Le InfoOps11 sono una funzione militare che fornisce consulenza e coordinamento delle

attività di informazione militare al fine di creare gli effetti desiderati sulla volontà, la comprensione e la capacità degli avversari, dei potenziali avversari e di altre parti approvate dal NAC (North Atlantic Council) a sostegno degli obiettivi della missione dell'Alleanza.

Le attività d’informazione (o information activities), sono definite nella medesima pubblicazione come: azioni progettate per influenzare le informazioni e/o i sistemi di informazione. Possono essere eseguite da qualsiasi soggetto e includono misure protettive. Le psychological operations (PSYOPS)12 sono delle attività pianificate che utilizzano

metodi di comunicazione ed altri mezzi diretti ad un pubblico ben specifico per poter influenzare le sue percezioni, atteggiamenti e comportamenti ed anche il raggiungimento di determinati obiettivi politici e militari. Possiamo intenderle come una capacità operativa. A similitudine di ciò, nel Dizionario dei Termini Militari e di quelli Associati, a cura del Dipartimento della Difesa USA (JP 1-02 DOD Dictionary of Military and Associated Terms) troviamo scritto che: “Le Operazioni Psicologiche sono operazioni pianificate per veicolare informazioni ed indicatori selezionati ad un pubblico straniero, per influenzare le loro emozioni, motivazioni, ragionamenti oggettivi e, in ultimo, il comportamento dei governi

10La neolingua di Orwell (nell'originale “Newspeak”, ossia "nuovo parlare") è una lingua artificiale che il potere impone a tutta la società, di cui George Orwell parla nel suo romanzo 1984.

11 AJP-3.10 Allied Joint Doctrine for Information Operations, Ed. 2009.

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stranieri, come di organizzazioni, gruppi ed individui”, esse inoltre assumono in un contesto italiano anche la definizione di “Comunicazioni Operative”.

1.2 Disinformazione e propaganda

Si tende a stabilire un’impropria associazione delle PSYOPS, in quanto azione disinformativa, alla propaganda, ma si tratta di fenomeni molto diversi.

Prima di proseguire con la descrizione dettagliata delle PSYOPS, delle loro caratteristiche e fasi, ritengo opportuno approfondire questo concetto, sottolineando le differenze esistenti tra propaganda e operazioni psicologiche, che sono particolarmente ben discusse nel testo del Dott. Giuseppe Gagliano: “Guerra psicologica. – Saggio sulle moderne tecniche militari cognitive e di disinformazione”, dal quale ho preso spunto per le riflessioni che seguiranno. Iniziamo col dire che il termine “disinformazione”, così come lo intendiamo in questo contesto, è piuttosto recente e risale all’uso che l’intelligence russa ne fece dopo la Seconda Guerra Mondiale, per indicare l’utilizzazione da parte dei paesi capitalisti della libertà d’informazione a scopo manipolativo.

In accordo a tale definizione, la disinformazione può essere vista come una tecnica utilizzata sia dalla propaganda che dalla sovversione e presuppone una certa libertà di stampa o, per essere più coerenti con i giorni d’oggi, una generale libertà nella divulgazione delle notizie, attraverso tutti i mezzi di cui possiamo disporre attualmente.

In realtà la disinformazione risulterebbe più efficace in contesti autoritari e/o totalitari e, come sottolinea lo stesso autore, «nelle società totalitarie l’informazione è sostanzialmente disinformazione e di conseguenza la nozione stessa di informazione finisce per venir meno»13; infatti, il termine più appropriato da utilizzare in tal caso è quello di “propaganda

totalitaria”.

Di conseguenza, il termine propaganda è correttamente utilizzato se inserito all’interno di un contesto che cerca di imporre una visione unica del mondo attraverso tutti i mezzi della persuasione e cerca di realizzare un comportamento conforme a questa visione, non ammettendo la legittimità di una visione diversa.

La propaganda ha diversi scopi, tra i principali abbiamo: quello di assoggettare un individuo ad un gruppo e/o ad un’ideologia, ricercandone in un primo momento la sua adesione, con il fine ultimo di ottenerne la sua completa sottomissione intellettuale; inoltre, essa tenta di integrare l’individuo all’interno del gruppo al punto da riuscire a far sparire del tutto ogni traccia della sua originaria individualità.

Tali obbiettivi possono essere raggiunti servendosi della disinformazione, anche se, pur di raggiungerli, la propaganda va un po’ oltre il concetto base di disinformazione.

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Sul piano operativo, la disinformazione opera attraverso la falsificazione, cioè attraverso l’alterazione di fatti; deve essere elaborata un’informazione falsa che tuttavia dovrà sembrare autentica.

Nel contesto strettamente militare ed economico, la disinformazione, creata così come descritto precedentemente, mira a diffondere una notizia non vera allo scopo di ingannare il target destinatario del messaggio per poi trarne un beneficio di varia natura.

Essa può quindi essere vista come una manipolazione dell’opinione pubblica per dei fini politici e/o militari.

Invece, storicamente parlando, la propaganda s’è dispiegata attraverso la dimensione politica, quella religiosa, quella industriale e solo recentemente anche attraverso quella commerciale.

Per affermare la sua validità, a differenza della disinformazione, la propaganda non ha alcuna preoccupazione di falsificare i fatti o mescolare il vero con il falso.

«La propaganda è la trasmissione a un pubblico di un’informazione che dev’essere percepita come l’espressione della sola verità esistente. Si presenta a volto scoperto, anche quando mente. Finge di rivolgersi alla nostra intelligenza ma ottiene il massimo dell’efficacia quando mira alle nostre facoltà irrazionali.»14

Essa si rivolge alle masse e per essere efficace deve costruire degli slogan che sintetizzino in pochi punti un’ampia varietà di discorsi e che siano incisivi, meccanici e scelti con cura in modo da riuscire a provocare un’azione di massa tra i destinatari del messaggio propagandistico.

«Le masse hanno un comportamento gregario in conformità con l’individuo medio. Esse sono sottomesse al principio dell’imitazione, alla suggestionabilità e pensano per immagini: con la massa basta mostrare e non serve dimostrare, poiché l’immagine prevale sullo scritto.»15 Ecco perché le manipolazioni giocano sugli istinti fondamentali dell’essere umano

(aggressione, sopravvivenza, ecc.) e sui condizionamenti che scaturiscono dalla parola quando questa è indirizzata all’inconscio.

In sintesi, per creare uno slogan efficace, il primo passaggio è quello di associare delle parole a delle idee da far passare, per riuscire a creare determinati riflessi condizionati; successivamente le parole si tramuteranno in slogan giocando sulle immagini, questo ultimo punto è necessario per poter soddisfare l’oziosità dell’individuo gregario che funziona in questo modo e non vuole sforzarsi a fare diversamente.

Un altro punto di separazione tra propaganda e disinformazione è che quest’ultima, a differenza della prima, non è un’azione costante messa in atto in vista di un’influenza

14 p. 35. 15 p. 37.

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prolungata, ma piuttosto un insieme di azioni specifiche che hanno lo scopo di falsare il giudizio dei destinatari della disinformazione per poi fuorviare le loro decisioni e azioni. Quel che è ancor più importante e va sottolineato è che: la disinformazione non cerca di convertire nessuno ad una causa né cerca di modificare il sistema di valori del ricevente, contrariamente alla propaganda.

Possiamo distinguere a seconda della fonte tre tipi di propaganda:  bianca: se la fonte è esplicita;

 grigia: se la fonte è indeterminata;

 nera: quando la fonte viene mascherata o falsificata allo scopo di destabilizzare il nemico.

Uno dei contesti all’interno dei quali la propaganda si manifesta in modo palese è, secondo l’autore, l’educazione: il libro di testo o manuale può diventare un vero e proprio vettore di propaganda (basti pensare ai numerosi libri del periodo fascista prodotti per l’educazione dei piccoli figli della lupa).

Sulla base di quanto detto fino ad ora e come può essere facilmente intuibile, affinché l’azione disinformativa sia efficace, coloro che ne costruiscono il messaggio dovranno occuparsi di conoscere con estrema precisione il target e più nello specifico, le sue percezioni e le se attitudini, per poterne successivamente alterare l’opinione e condurlo a prendere decisioni che danneggeranno i suoi stessi interessi.

«Naturalmente una simile operazione risulta efficace solo se lo scopo reale rimane segreto, cioè solo se la disinformazione è in grado di mascherare il proprio operato camuffandosi da informazione.»16

Per concludere, gli unici elementi in comune tra propaganda e disinformazione sono: che entrambe si attuano sia in tempo di pace che in tempo di guerra e che rappresentano una manovra psicologica organizzata e sviluppata in modo ampio e sistematico.

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1.3 Fasi e caratteristiche di un’operazione psicologica.

Dopo aver visto in generale i mezzi usati dalle PSYOPS e gli scopi che queste si prefiggono, è possibile vedere più nello specifico come si sviluppa una vera e propria operazione psicologica.

Le fasi essenziali che la compongono sono:  preparazione iniziale;

 fase di pianificazione, a sua volta costituita dall’Analisi della Missione e dall’Analisi della Situazione;

 formazione della LAP ovvero, della Linea di Azione Persuasiva;  decisione.

Prima di vedere nello specifico le varie fasi, è necessario fare una precisazione riguardo al sistema appena descritto. Queste fasi non sono da intendersi come una serie di procedure da applicare rigidamente, ma è possibile avere nel corso della pianificazione dei cambiamenti e adeguamenti in base alla missione da svolgere e ai contributi che si hanno a livello multinazionale. Si tratta perciò di un processo flessibile, capace di poter recepire tutte le possibili novità che potranno sorgere e adeguarsi di conseguenza.

La fase di preparazione solitamente si sviluppa contemporaneamente o prima che venga condotta una operazione militare. In quest’ultimo caso, non potendo prevedere quale sarà la situazione psicologica che caratterizzerà una scena d’azione non ancora in corso, si può comunque effettuare un’analisi delle caratteristiche psicologiche delle componenti nemiche, amiche e neutrali che potrebbero esserne coinvolte. In tal modo, coloro che dovranno pianificare l’azione, avranno già a disposizione degli elementi con cui poter lavorare. Questa prima fase può essere dunque assimilata ad uno studio preliminare a lungo termine, allo scopo di raccogliere quanti più dati possibili che dovranno essere costantemente aggiornati con eventuali dati contingenti (come, ad esempio, delle variazioni delle condizioni socio-economiche del gruppo in esame), prima della definitiva verifica di quanto è stato prodotto. Questo lavoro sarà necessario per coloro che dovranno pianificare l’operazione per incominciare a familiarizzare con la situazione in atto, poter decidere quali sono i gruppi obiettivo e le eventuali azioni di contro-propaganda da poter attuare.

Inizia a questo punto la fase di pianificazione con l’Analisi della Missione. Questa attività, svolta da personale specializzato, consiste nella formulazione della missione PSYOPS, individuando quei comportamenti psicologici che potrebbero supportare il Comandante per il raggiungimento dei suoi scopi, ma anche per definire i compiti che possono essere assegnati in futuro, specificare i temi psicologici che devono essere evitati o al contrario da mettere in evidenza, i gruppi obiettivo che non devono essere intaccati dalle operazioni psicologiche, ecc.

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È importante comprendere che difficilmente una missione di questo tipo viene stabilita direttamente dal Comandante poiché, in genere, essa è stata già pianificata prima di assegnargliela.

Le missioni più complesse possono comportare una serie di azioni di diverso tipo da applicare a differenti gruppi obiettivo contemporaneamente.

Nella seconda fase della pianificazione ovvero, durante quella che abbiamo precedentemente definito come l’Analisi della Situazione, viene effettuato uno studio delle capacità delle PSYOPS, dei gruppi obiettivo coinvolti nell’operazione e del tempo disponibile per la pianificazione e la condotta della stessa. Tutto ciò serve, come nel caso precedente, per poter meglio definire i compiti che vedremo più approfonditamente nella fase successiva.

Per valutare le capacità relative alle PSYOPS vengono tenuti in considerazione moltissimi fattori: da quello umano, quindi connesso al personale, a quello tecnico, relativo ai mezzi e limitazioni per la diffusione del messaggio. Ancor più nello specifico: ciò che viene attenzionato del personale a disposizione è, per esempio, il loro grado di conoscenza delle lingue, le competenze tecniche, ecc.; per quanto riguarda i mezzi, dato che, come si è visto nel paragrafo precedente, i principali strumenti utilizzati sono i mass media, si verifica se è possibile avervi accesso o addirittura poterne effettuare il controllo; infine, vengono anche esaminate le possibili limitazioni di carattere tecnico per la diffusione del messaggio psicologico.

Per riassumere quanto detto fino ad ora, gli aspetti fondamentali per poter pianificare una operazione di questo tipo sono senza dubbio: l’esperienza specifica e specialistica del personale, senza sottovalutare qualità come l’inventiva, l’immaginazione, la perspicacia, la sensibilità, l’iniziativa, la reattività e il tempismo.

Il fattore tempo è essenziale in una operazione psicologica, la quale richiede generalmente molto tempo per poter conseguire i propri risultati. Di ciò bisogna quindi tenerne debito conto nella valutazione dei tempi, più nello specifico ci riferiamo: ai tempi di produzione legati a determinati mezzi di divulgazione ma anche quanto intense e prolungate debbano essere le varie attività affinché si riesca a persuadere fino alla saturazione il gruppo obiettivo prescelto. Inoltre, bisogna sottolineare che le operazioni psicologiche sono complementari a quelle militari e possono essere condotte, rispetto a queste ultime, sia prima che dopo o anche contemporaneamente. Ciò che conta è la scelta del momento più opportuno, in modo che queste possano contribuire al successo delle operazioni militari, sia accrescendone il risultato che minimizzandone l’impatto; al contrario, un loro intervento intempestivo o al momento meno appropriato, potrebbe risultare inefficace ai fini della missione o addirittura agevolare le azioni avversarie.

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Prima di passare alla fase successiva, è necessario un ulteriore approfondimento riguardo ai gruppi obiettivo. Innanzi tutto, i dati relativi ad essi derivano non solo dallo studio preliminare ma anche dai successivi aggiornamenti che vengono fatti. Inoltre, possiamo distinguere i seguenti gruppi obiettivo:

• evidenti: si tratta di quei soggetti che sono chiaramente ed inequivocabilmente i destinatari del messaggio psicologico, a prescindere dall’essere i reali e definitivi obiettivi dell’operazione;

• finali: sono i veri destinatari del messaggio, che, a conferma di quanto detto precedentemente, possono essere raggiunti anche in seguito ad altri passaggi intermedi e tramite altri soggetti;

• intermedi: sono coloro che vengono utilizzati per trasmettere il messaggio psicologico ai veri destinatari (gruppi obiettivo finali), sono spesso costituiti da quei soggetti ai quali i gruppi obiettivo d’interesse si rivolgono o dai quali sono influenzati;

• casuali: coloro che assimilano il messaggio psicologico senza tuttavia esserne i destinatari (né evidenti, né finali).

Ma il vero fulcro dello studio dei gruppi obiettivo consiste nell’individuare i condizionamenti ai quali sono sottoposti. Con il termine “condizionamenti” intendiamo una serie di elementi, originati dall’uomo o anche dalla natura, sui quali il gruppo obiettivo in esame non può o non vuole esercitare alcun controllo. Essi, inoltre, sono capaci di influenzare in modo sia positivo o negativo i comportamenti e atteggiamenti del gruppo. Sarà quindi compito degli specialisti, in fase di pianificazione, scoprire e definire i possibili condizionamenti (o vulnerabilità) del gruppo da poter sfruttare nel corso dell’operazione per poter raggiungere l’obiettivo della missione. Questo studio viene anche definito come: “analisi dei condizionamenti”.

Infine, per poter avere il completo sviluppo di un’operazione psicologica bisogna passare alla terza fase ovvero, quella della formulazione della Linea di Azione Persuasiva (o LAP). Viene posto in relazione ciascun gruppo obiettivo con il relativo compito PSYOPS. In pratica, vengono definiti per ogni gruppo obiettivo: gli obiettivi psicologici, le linee di persuasione, i mezzi di divulgazione e i tempi dell’operazione in ogni sua fase. Tutti elementi che vedremo nello specifico singolarmente.

Con l’obiettivo psicologico intendiamo lo scopo che le PSYOPS devono perseguire per poter rafforzare i comportamenti del gruppo di riferimento favorevoli alla missione e allo stesso tempo indebolire quelli sfavorevoli.

Di norma, durante una missione, si parla di diversi obiettivi psicologici, messi in atto contemporaneamente.

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16 In generale, distinguiamo due tipi di obiettivi:

• coesivi: hanno lo scopo di unire gli interessi del gruppo in generale a quelli dei singoli individui che lo compongono, rafforzando così il loro legame;

• divisivi: al contrario, come suggerisce la parola stessa, hanno lo scopo opposto ovvero, quello di separare gli individui dal proprio gruppo o anche di separare un particolare gruppo da altri, ponendo così gli interessi individuali al primo piano rispetto a quelli collettivi. Il secondo elemento che abbiamo nominato sono le linee di persuasione. Esse rappresentano quell’insieme di azioni che devono essere effettuate per poter raggiungere l’obiettivo psicologico che è stato assegnato e si delineano conseguentemente ad un’attenta analisi dei condizionamenti di quel determinato gruppo obiettivo. Ricordandoci che ad ogni condizionamento corrisponde un determinato e prevedibile atteggiamento o comportamento del gruppo. In altre parole, la linea di persuasione aiuta a stabilire come agire per riuscire a persuadere i soggetti d’interesse a comportarsi nel modo desiderato.

Per poter raggiungere tale scopo sono molti i fattori concomitanti, che abbiamo visto in parte e in maniera generale nel paragrafo introduttivo dell’argomento.

In primo luogo: la fonte del messaggio psicologico. Essa dovrà godere di un certo prestigio, occupando una posizione elevata all’interno del gruppo, ancor meglio se si tratta di un esperto nel suo settore e se condivide alcune caratteristiche del gruppo a cui deve rivolgersi, diffondendo il messaggio scelto con la massima chiarezza.

Anche il messaggio deve soddisfare determinati requisiti: deve risultare ai suoi destinatari come veritiero, compatibile con le loro convinzioni e dovrà essere ripetitivo, utilizzando temi e simboli che mirino a sfruttare le vulnerabilità del gruppo obiettivo.

Coloro che ne saranno interessati, a loro volta, non dovranno percepire il messaggio come un tentativo atto a modificare il loro comportamento o modi di pensare, ma dovranno esserne influenzati “inconsciamente”, per così dire.

Infine, un altro macro-argomento che occorre attenzionare, per il conseguimento dell’obiettivo psicologico imposto, è la scelta dei mezzi di diffusione.

Tali mezzi devono risultare per i soggetti in questione credibili, comprensibili, appropriati cioè, adeguati anche sotto un punto di vista culturale. Insieme all’analisi dei mezzi, bisognerà tenere conto anche dell’effettiva disponibilità di risorse sia tecniche che umane e di tutti quegli elementi che potrebbero in qualche modo incidere sulla diffusione del messaggio, con particolare attenzione alle limitazioni al momento della ricezione che possono essere dovute: alle caratteristiche geografiche dell’ambiente operativo, alle eventuali contromisure elettroniche messe in atto dalla controparte, alle condizioni meteo, alle strutture tecniche, ecc.

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Dopo aver considerato insieme tutti i precedenti criteri sarà possibile scegliere il mezzo più appropriato per lo scopo.

Per la decisione della LAP in relazione ad un certo obiettivo psicologico, così come per la scelta dei temi e dei simboli da adoperare per i relativi messaggi, va rispettato il principio di accentramento dell’autorità cioè, spetta al Comandante, il quale comunque può fare affidamento anche su alcuni consulenti come: il Consigliere Legale, il Consigliere Politico, il Consigliere per la Pubblica Informazione, Comandanti e Contingenti nazionali oltre che tutto lo staff. Una volta ultimata quest’ultima fase, ovviamente, si procederà alla distribuzione degli ordini ai vari interessati nella maniera ritenuta più opportuna.

Così si conclude il processo di pianificazione ed organizzazione delle operazioni psicologiche, tuttavia, una volta avviate le varie attività queste non possono certamente realizzarsi incontrollate; al contrario, è molto importante la valutazione dell’andamento delle PSYOPS in modo da evitare diversi rischi come: lo spreco di risorse per raggiungere degli obiettivi che successivamente si rivelano inconseguibili o anche l’espansione incontrollata di reazioni e comportamenti da parte del gruppo obiettivo non desiderati.

L’insieme delle reazioni dei destinatari formano il cosiddetto “feedback” che può essere ottenuto in maniera diversa, ad esempio: tramite l’indagine a campione.

Questo tipo di esame viene realizzato tramite dei questionari o interviste rivolte ad un campione rappresentativo del gruppo in questione. Un campione che non comprende le persone maggiormente rappresentative del gruppo, ma un insieme casuale d’individui purché siano appartenenti allo stesso gruppo.

Per poter essere attuata questa tecnica sono necessarie determinate condizioni favorevoli: prima fra tutti la possibilità per gli operatori di poter raggiungere il gruppo in tutta sicurezza e non meno importante la possibilità di ottenere da questi la piena disponibilità e cooperazione. Inoltre, gli operatori scelti, anche se non appartenenti al gruppo con cui devono interagire, devono almeno aver acquisito delle specifiche conoscenze su di esso; come dei soggetti che hanno precedentemente vissuto o operato all’interno di quel gruppo. Nel caso in cui questa tecnica non risultasse essere realizzabile, per la mancanza di quelle particolari condizioni favorevoli a cui abbiamo accennato prima, si potrà ricorrere a determinati “indicatori” che non sono altro che il risultato delle azioni psicologiche che sono state attuate.

Per essere più chiari, si distinguono due tipi di indicatori:

• diretti: si tratta di reazioni e comportamenti esternati dal gruppo che sono la logica conseguenza ad una determinata azione, ovvero si tratta di quelli comprensivi o quanto meno prevedibili;

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• indiretti: sono invece quelle reazioni che non erano state previste ma che sono comunque conseguenza dell’azione che è stata messa in atto.

Per concludere l’argomento e il paragrafo, anche la previsione di eventuali contromisure attuabili dalla controparte riveste particolare importanza nel corso della pianificazione di un’operazione psicologica, per poter applicare in caso di necessità gli opportuni provvedimenti in maniera tempestiva.

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19 1.4 Classificazione delle PSYOPS

In passato esisteva una chiara distinzione tra i tre livelli di PSYOPS, ovvero: quello strategico, operativo e tattico ma dopo la Guerra Fredda queste distinzioni sono divenute sempre più flebili, fino quasi a scomparire.

La loro principale distinzione sta nell’area in cui agiscono, in particolare nella sua estensione, come vedremo più nello specifico in seguito. Ma, dato che con i moderni mezzi di divulgazione delle informazioni è possibile diffondere e accedere in maniera quasi istantanea a notizie ed informazioni in qualsiasi parte del mondo; è proprio per tale motivo che risulta praticamente impossibile localizzare una campagna informativa. Per fare un esempio: «un volantino disseminato nei cieli della Bosnia o dell’Iraq può essere facilmente mostrato nel telegiornale di qualsivoglia Network il giorno stesso ed essere visionato negli Stati Uniti od in un Paese europeo alla stessa stregua che a Sarajevo o Baghdad»17.

Per completezza dell’argomento e dato che questa classificazione delle operazioni psicologiche è ancora in uso, vediamole di seguito.

• PSYOP Strategiche

Esse sono definite, secondo la dottrina USA, come delle operazioni aventi implicazioni globali ma che sono pianificate, inizializzate ed eseguite a livello nazionale.

Le PSYOP militari, sempre in base alla menzionata dottrina, supportano quelle strategiche nell’ambito della pianificazione e, se ritenuto opportuno, attraverso il dispiegamento degli idonei assetti. Le stesse, inoltre, devono assicurare che le attività del Commander in Chief (CINC), cioè chi detiene il comando in teatro operativo, non siano divergenti dal piano strategico nazionale delle operazioni psicologiche.

• PSYOP Operative

Comprendono le operazioni svolte direttamente in teatro operativo e, normalmente, consistono nella trasmissione diffusa di programmi radio e televisivi, nella distribuzione di riviste e giornali o la disseminazione di volantini.

A tal proposito, è doveroso sottolineare che esiste una netta differenza fra le capacità PSYOPS dei gruppi che operano sul loro territorio e quelle delle forze avversarie che si sono posizionate lì per poter agire più da vicino. Queste ultime, al contrario dei loro rivali, non sono in grado di disseminare tempestivamente dei messaggi via Internet o via satellite commerciale; anche la capacità di poter trasmettere dei programmi televisivi o radiofonici in aree remote è abbastanza ridotta. Basti pensare che gli USA posseggono per la

17Ten.Col. Fontana L., Le operazioni psicologiche militari (PSYOPS). La “conquista” delle menti., in

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disseminazione radio-televisiva un solo tipo di aeromobile: il Commando Solo18 (vedi Figura

1), che può trasmettere segnali radio in AM ed FM e segnali TV in VHF e UHF da circa 6.000 metri di quota. Capacità che potrebbe fornire un contributo determinante se non fosse che la tecnologia a bordo del velivolo non è certo di ultima generazione ed è anche facilmente neutralizzabile a mezzo di contromisure elettroniche.

Figura 1: C-130E Commando Solo Parliamo adesso di supporto PSYOPS a livello operativo.

Innanzi tutto, bisogna dire che la NATO non possiede delle forze PSYOPS permanenti, di conseguenza si delineano due diverse organizzazioni a seconda che ci troviamo in tempo di pace o in tempo di guerra.

Nel primo caso la dottrina sottolinea che le PSYOPS sono vietate; mentre, in tempo di crisi o guerra, le PSYOPS operative e tattiche della NATO vengono fornite con diversi contributi nazionali. Queste forze vengono poi organizzate per task in base al tipo di missione, alle dimensioni dell'area d’operazione, alla situazione psicologica dell’obiettivo scelto, alle infrastrutture e ai mezzi di comunicazione, all’ambiente, alla composizione e alle capacità delle forze avversarie e delle popolazioni locali, ecc.

Normalmente il supporto PSYOPS è fornito da una Combined Joint Psychological Operations Task Force (CJPOTF)19 con una nazione a capo dell’operazione.

Lo scopo principale della CJPOTF è fornire supporto PSYOPS al comando della missione. La CJPOTF a sua volta è supportata da un punto di vista amministrativo, logistico e delle comunicazioni dalla sede centrale.

18Consiste in un C-130E della US Air Force, opportunamente modificato e dotato di apparecchiature speciali. 19AJP-3.10.1 Allied Joint Doctrine for Psychological Operations, Ed. B versione 1, 2014.

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Tra le principali responsabilità della CJPOTF abbiamo: • fornire consigli al comandante;

• sviluppare ed eseguire il cosiddetto piano di supporto PSYOPS (o SUPLAN); • condurre analisi del pubblico selezionato (target audience analysis);

• sviluppare piani e programmi per ottenere effetti desiderati e constatarne l’effettiva efficacia;

• controllare e coordinare lo sviluppo, la produzione e la diffusione di prodotti; • collaborare e coordinarsi con le organizzazioni civili sostenute;

• coordinamento delle PSYOPS tattiche.

In Figura 2 è rappresentata schematicamente l’organizzazione standard di una CJPOTF, anche detto “ordine di battaglia” (ORder of BATtle: ORBAT).

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22 • PSYOP Tattiche

Rientrano in questa categoria le attività PSYOPS che interessano una piccola area e hanno un impatto molto localizzato. Per fare qualche esempio, ci riferiamo: alle operazioni con gli altoparlanti, volantini distribuiti a mano, trasmissioni radiofoniche locali e programmazioni televisive.

Al giorno d’oggi questo tipo di operazioni sono abbastanza diffuse e le capacità nel condurle si sono notevolmente sviluppate nel corso degli anni, anche grazie ai diversi e sempre più numerosi elementi PSYOP che sono messi a disposizione dai Comandanti locali, ottenendo infine apprezzabili obiettivi.

Tuttavia, dato che attività di questo tipo sono generalmente svolte a “contatto” con il nemico e quindi con un maggior livello di pericolo, rispetto alle operazioni precedenti, per gli operatori che devono metterle in atto. Si può dunque ben comprendere perché esse generino forti preoccupazioni nei Comandanti che devono pianificarle e portarle a compimento, arrivando perfino a temere per la sopravvivenza del proprio personale, quando questo opera nel corso di conflitti ad alta o media intensità.

Inoltre, essendo delle operazioni che agiscono nelle “brevi distanze” e considerando l’alto livello di letalità dimostrata dai diversi sistemi d’arma nei moderni campi di battaglia, si può dire che, nelle situazioni più critiche, l’arco temporale di sopravvivenza di un team di PSYOPS tattiche, a bordo di un veicolo da ricognizione ed equipaggiato con casse acustiche per la trasmissione di messaggi vocali, può essere misurato in minuti piuttosto che in ore. Ecco perché, semmai dovesse presentarsi la necessità di disseminare messaggi a mezzo di casse acustiche sulla “linea del fuoco”, con la pericolosità che quest’azione comporta ai giorni d’oggi, sarebbe sicuramente più opportuno far ricorso a dei sistemi comandati a distanza, a bordo di veicoli corazzati o UAVs (Unmanned Aerial Vehicles), vedi Figura 3.

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Figura 3: Unmanned Aerial Vehicles

Si tratta di un aeromobile a pilotaggio remoto, caratterizzato dall'assenza del pilota a bordo. Il suo volo è controllato dal computer a bordo del mezzo aereo oppure tramite il controllo da remoto.

Noto comunemente come drone ma anche con altri acronimi, molti dei quali di derivazione anglosassone come: RPA (Remotely Piloted Aircraft), UAV (Unmanned Aerial Vehicle), RPV (Remotely Piloted Vehicle), ROA (Remotely Operated Aircraft), UVS (Unmanned Vehicle System), ecc.

L'inclusione del termine aeromobile sottolinea il fatto che, indipendentemente dall’assenza dell’equipaggio a bordo del velivolo, le operazioni devono rispettare le normali regole e le procedure di volo.

Il loro utilizzo per usi militari è crescente e, come abbiamo già accennato, riguarda soprattutto quel genere di missioni che potremmo definire "noiose, sporche e pericolose" (dull, dirty and dangerous) ma con costi economici ed etici minori.20

20Aeromobile a pilotaggio remoto, Wikipedia – L’enciclopedia

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24 1.5 Cenni storici

Le PSYOPS, come già accennato, sono state parte della strategia militare nella storia di ogni epoca: la disinformazione, il confezionamento di un particolare tipo di messaggio che tratta delle tematiche a forte impatto emotivo per raggiungere un obiettivo psicologico prestabilito; affondano le loro radici nella più remota antichità.

Un esempio molto interessante ci viene fornito dallo storico militare Hanawa Hokinoichi nel suo Buke Myomokusho21 quando scrive riguardo ai ninja la seguente: "Viaggiarono in

incognito in altri territori per giudicare la situazione del nemico, avrebbero attraversato la loro strada in mezzo al nemico per scoprire le sue lacune", si tratta cioè di quelle che secondo la dottrina della guerra psicologica sono definite "vulnerabilità".

Storicamente, mettere in atto delle operazioni psicologiche durante un combattimento è risultato efficace almeno quanto le armi. Anche se, bisogna ammettere che, la loro utilità era stata compresa solo dai più percettivi e sensibili leader militari e statisti.

Infatti, possiamo affermare che è proprio durante la Seconda Guerra Mondiale che si sono definite quelle che noi oggi consideriamo PSYOPS, considerate importanti tanto quanto un sistema d’arma e come tali utilizzate massicciamente e sistematicamente.

Ecco perché, sarebbe più corretto considerare come “padre” delle moderne PSYOPS, non tanto lo stratega Sun Tzu citato nell’introduzione, quanto il politico e giornalista tedesco Paul Joseph Goebbels, il quale esprime nei suoi diari molti dei concetti che sono stati successivamente ripresi per la corrente dottrina delle PSYOPS.

Nonostante né la loro definizione delle PSYOPS, né le loro finalità siano cambiate sostanzialmente, da allora, non si può certo ignorare il grande cambiamento che si è avuto in relazione alla natura dei conflitti, alle tecnologie, al contesto sociopolitico e alla tipologia stessa delle operazioni militari.

Ai giorni d’oggi, infatti, possiamo beneficiare non solo dei numerosi sviluppi nel campo delle scienze comportamentali, le quali ci permettono di conoscere e comprendere i meccanismi alla base del pensiero umano; ma anche dell’incessante progresso nel campo della comunicazione di massa. Questi due fattori hanno moltiplicato le capacità e il valore delle operazioni psicologiche, destinate a crescere d’importanza non solo per questioni di carattere diplomatico ma anche militare.

Tutto ciò, ben si combina con le necessità di un Comandante, il quale, se vuole portare a termine la missione che gli è stata assegnata con il minor numero di perdite, deve seriamente prendere in considerazione un tale strumento, tanto quanto la necessità di doversi difendere dalle medesime azioni messe in atto dal nemico.

21 Libro militare giapponese del secolo XVIII. da: Alexei Gorbylyov, 1997, The Way of Invisible Warriors.

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Data la presenza di moltissimi esempi di guerra psicologica a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, sono costretta a riportare in questo paragrafo solo quelli che ritengo più significativi e simbolici.

Procedendo in ordine cronologico, presenterò un fatto avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale. Le operazioni psicologiche furono molto usate nel corso di questo conflitto. E quale mezzo poteva essere più adatto per la disseminazione di propaganda del nemico in quel periodo, se non la radio? Anche se venivano chiamate con nomi diversi, tutte queste emittenti radio avevano sostanzialmente il medesimo scopo.

Il Giappone, tramite la famosa “Tokyo Rose”, trasmetteva non solo musica, ma anche propaganda e messaggi di sconforto per i militari americani e loro alleati.

I tedeschi con “Mildred Gillar”, anche nota come “Axis Sally”, fecero lo stesso.

Ma quelli che più si distinsero in questo campo furono gli inglesi per mezzo delle numerose trasmissioni radio della British Broadcasting Corporation (BBC).

In particolare, si ricorda l’episodio del 1940, quando l’invasione tedesca dell’Inghilterra sembrava oramai imminente, allora la BBC iniziò a trasmettere per i suoi ascoltatori tedeschi (e potenziali invasori) una serie di lezioni di inglese che tuttavia non traducevano certo frasi confortanti. Infatti, diffusasi l’idea che i tedeschi sarebbero potuti arrivare attraverso il Canale d’Inghilterra, era stato messo a punto un sistema capace di dare letteralmente fuoco all’oceano, rilasciando, sia in mare aperto che lungo la costa, petrolio in fiamme (Figura 4). E proprio a conferma di ciò, durante la trasmissione venivano ripetute in continuazione frasi come: “io brucio”, “la nave sta affondando”, ecc.; che, a dire dello speaker, sarebbero state presto utili ai soldati del Reich.

Tuttavia, quella che fu diffusa allora non era certo tutta la verità, il sistema esisteva ma di capacità limitata, poiché riusciva a coprire solo una piccola parte della costa meridionale dell'Inghilterra. Eppure, i messaggi furono così ben pianificati e altrettanto abilmente disseminati che, i tedeschi finirono per crederci veramente.

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Figura 4: Il Canale d’Inghilterra che prende fuoco.22

Continuando a parlare delle astute e sempre efficaci trasmissioni della BBC ma questa volta dirette verso altri soggetti, ci spostiamo sul fronte italiano. La storia che andrò a presentare dimostrerà ancora una volta quali risultati si possono ottenere con il sapiente uso della radio e un intuitivo sfruttamento delle necessità del popolo italiano, oltre ad una perfetta conoscenza della cultura e delle tradizioni dello stesso.

Nella memoria di molti italiani i ricordi del tempo di guerra sono legati a un segnale acustico: quattro colpi di percussione un po’ sordi; era il “signature tune” di “Radio Londra” ovvero, la sigla di apertura di tutti i programmi radiofonici inglesi per i paesi dell’Europa invasa dai nazisti e per quelli nemici. Tuttavia, solo poche persone tra gli ascoltatori sapevano che quei quattro toni avevano un significato nell’alfabeto Morse, essi corrispondevano alla lettera “V” (punto, punto, punto, linea) che, in questo caso, rappresentava l’iniziale del termine “Vittoria” (Victory).

Le trasmissioni in italiano della BBC ebbero inizio il 27 settembre 1938, al momento culminante della crisi di Monaco; successivamente, con l’ingresso dell’Italia nel conflitto mondiale, la durata delle trasmissioni subì un continuo aumento fino a raggiungere i novanta minuti e una replica dei programmi giornalieri fino a venti volte nell’arco della giornata. Il protagonista di queste trasmissioni era il Colonnello Harold Stevens, soprannominato "Colonnello Buonasera" per il modo in cui iniziava i suoi commenti. Ex addetto militare presso l’ambasciata inglese di Roma, caratterizzato da una indiscussa padronanza della lingua italiana oltre che da una buona conoscenza degli usi e dei costumi del popolo italico (grazie anche alle sue origini napoletane).

Le notizie erano incentrate sulla tragicità delle azioni condotte dai paesi dell’Asse, ma così come venivano riportate le sconfitte, allo stesso modo venivano annunciate le vittorie,

22 Le immagini sono prese dal video: “The History of Psychological Warfare. Secrets of War. Timeline”,

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elemento di notevole rilevanza in un paese dove le informazioni trasmesse dalla radio di Stato risultavano oramai sempre più impregnate di una propaganda visibilmente falsa, tendenziosa ed inverosimile; dove i toni entusiastici sui molteplici successi conseguiti sui campi di battaglia non reggevano più il confronto con i racconti dei reduci che tornavano a casa dal fronte e che contribuivano senza dubbio alla perdita di credibilità del Duce e del regime fascista. Ecco perché, in una situazione che palesemente mutava a favore degli alleati, le notizie diffuse da Radio Londra apparivano agli occhi degli italiani ben più credibili e non certo costruite per scopi propagandistici, rispondendo così alle esigenze d’informazione sentite nel paese e facendo leva sulle riserve degli italiani verso il fascismo. La veridicità, la puntualità e la fedeltà delle informazioni trasmesse non sono le uniche caratteristiche di tali trasmissioni, le quali venivano curate nel minimo dettaglio. «La dialettica, le pause, i commenti e perfino il tono pacato e rassicurante del colonnello Stevens, erano il frutto di attente e ragionate considerazioni che avevano in comune il medesimo obiettivo: il condizionamento psicologico»23.

Tali metodologie di persuasione ben si distaccavano dallo stile nazifascista caratterizzato invece da violenza e aggressività, mentre il tono pacato e ragionevole del colonnello, che presentava un’Inghilterra amica dell’Italia24, era altresì «carico di promesse implicite di un

futuro roseo non appena l'Italia fosse rientrata negli schemi tradizionali»25; questa, come si

può facilmente intuire, non era altro che una mossa astuta che traeva le sue origini da alcuni concetti della psicologia della persuasione.

Infatti, grazie a quelle che potremmo definire delle raffinate elaborazioni progettuali messe in campo da qualificatissimi esperti, le trasmissioni inglesi ottennero degli effetti psicologici considerevoli e ben maggiori rispetto alle contemporanee trasmissioni nemiche.

Un altro fattore che contribuì al successo di Radio Londra fu senza dubbio dovuto alla scelta del governo inglese di affidare la propaganda radio alla BBC piuttosto che gestirla in proprio. Questo ente autonomo, geloso della sua indipendenza redazionale, applicò alle trasmissioni estere i propri criteri tradizionali ovvero: le notizie vanno tenute rigorosamente separate dal commento, attenendosi solo ai fatti.

Tuttavia, questo famoso colonnello altro non era se non un fenomeno creato dalla radio. Stevens era solo la voce, ma tutti i testi, le notizie e ogni informazione era progettata, costruita, assemblata e raffinata da un gruppo di esperti in comunicazione del calibro di Aldo

23«Gnosis», ed. 2011.

24Si possono ritrovare innumerevoli esempi di tale affermazione trascrizioni di trasmissioni radio di propaganda alleata effettuate in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale e riportate nel testo “È al microfono il colonnello Stevens – Serie II – Vol. I – Settembre-dicembre 1943”. Vedi Figura 5. 25“È al microfono il colonnello Stevens” (Radio Londra) 1943, MyMilitaria Italia R.S.I., https://www.mymilitaria.it/Liste_02/RadioLondra1943.htm, 14/02/2021.

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Cassato, giornalista triestino del quotidiano “Il Piccolo”; Cecil Sfrigge, abile giornalista inglese e il profugo socialista italiano Paolo Treves, lungamente perseguitato in Italia durante i primi anni del regime. Grazie a questo cast di menti, la popolarità di Stevens crebbe al punto tale che quando le truppe alleate sbarcarono in Sicilia videro scritto a lettere giganti sul dorso di una collina: "Viva il Colonnello Stevens".

Per concludere, è impossibile valutare in quale misura Radio Londra contribuì alla vittoria alleata, quel che è certo è che gran parte della popolazione italiana si sia rivolta per sei anni alla BBC per avere notizie attendibili e che «i programmi di “Radio Londra” hanno dato agli italiani la sensazione che la loro situazione era seguita e ben compresa in Inghilterra»26.

A questo punto il governo britannico, perfettamente consapevole delle potenzialità dell’innovativo strumento mediatico, decise di sfruttarlo in maniera più incisiva cioè: costruendo dei messaggi cifrati per impartire ordini e direttive agli organismi della Resistenza.

Si ha quindi un passaggio da quella che potremmo definire come comunicazione psicologica alle cosiddette comunicazioni operative.

Vennero quindi creati dei messaggi lampo che contenevano dati ed informazioni segrete, il più delle volte riconducibili ad operazioni militari da condurre in territorio nemico o miranti alla richiesta di supporto per azioni di controspionaggio, rifornimento di armi e attrezzature specifiche; questi messaggi speciali erano diretti a gruppi di partigiani o ai militari inglesi sul territorio italiano, ma venivano ascoltati da tutti e anche la gente comune sfidava il regime pur di ascoltarli.

Va ricordato che in Italia era assolutamente proibito ascoltare le trasmissioni di Radio Londra, le sanzioni per chi era colto in fragranza di reato erano durissime: due mesi di prigione, una multa di mille lire (cifra quasi astronomica per l’epoca), oltre alla confisca della radio. Ciò nonostante, gli italiani che attendevano con ansia l’inizio delle trasmissioni, erano sempre più numerosi. Erano sufficienti poche e semplici precauzioni per evitare di essere scoperti: chiudere porte e persiane, oscurare gli ambienti, mandare i bambini a letto (in modo da evitare che questi, non coscienti della pericolosità della cosa, potessero farne parola con le persone sbagliate) e ridurre al minimo necessario il volume della radio. Alla preparazione dei messaggi provvedeva il War Office (il Ministero della Guerra britannico) e in parte anche lo Special Operations Executive (SOE), struttura segreta costituita dallo stesso Churchill con il compito di incoraggiare, supportare e condurre azioni di spionaggio e sabotaggio oltre le linee nemiche.

26Radio Londra. 1939-1945, A.N.P.I. Associazione Nazionale Partigiani d’Italia,

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La lettura dei messaggi era il momento più critico della trasmissione. «Era assolutamente determinante leggere i messaggi nella giusta sequenza e senza commettere alcun errore. Ogni pausa, sbaglio nella pronuncia o successione errata delle parole, poteva produrre conseguenze disastrose»27. Per avere un’idea di che tipo di frasi si tratta, ho riportato di

seguito uno dei messaggi che sono stati trasmessi nel 1940: “Parla Londra, trasmettiamo alcuni messaggi speciali: Felice non è felice; è cessata la pioggia; la mia barba è bionda; la mucca non da latte; Giacomone bacia Maometto; le scarpe mi stanno strette; il pappagallo è rosso; l'aquila vola. Parla Londra, abbiamo trasmesso alcuni messaggi speciali”. Come risulta evidente, si trattava di frasi incomprensibili e che facevano impazzire gli stessi esperti di cifratura tedeschi ed italiani, ma che al tempo stesso, oltre a consentire il successo di operazioni militari, hanno regalato all’intera popolazione un messaggio di speranza, quello della fine della guerra.

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Figura 5: P. 1 da " È al microfono il colonnello Stevens – Serie II – Vol. I – Settembre-dicembre 1943" Internet Archive,https://archive.org/details/ealmicrofonoilcolonnellostevensii1/page/n3/mode/2up, 14/02/2021. Restando nel contesto italiano, non era possibile non menzionare una tra le più note imprese di propaganda militare che vede come protagonista proprio il celebre poeta Gabriele D’Annunzio.

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