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La fluidità dell'imputazione nel giudizio abbreviato

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Academic year: 2021

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Linee per una riforma non necessaria ma utile del processo amministrativo

di CARLO EMANUELE GALLO... 347

La possibile epidemia litigiosa e la giurisdizione civile italiana

di ANTONIO BRIGUGLIO... 373

La Corte di Cassazione e la « nomofilachia » (a proposito dell’art. 363 c.p.c.)

di BRUNO CAPPONI... 405

Cerbero e la focaccia al miele. Ovvero dei pericoli del processo ammini-strativo e delle sue mancate evoluzioni

di LUCA RAFFAELLO PERFETTI... 429

La circolazione delle prove tra il processo tributario e il processo penale

di STEFANO LOCONTE - IRENE BARBIERI... 465

Il principio della non contestazione ad oltre un decennio dalla novella dell’art. 115, comma 1, c.p.c.

di ALESSIO CAROSI... 555

Dialoghi con la giurisprudenza

Una complessa vicenda sulla giurisdizione del trust: la legittimazione passiva del beneficiario del trust e le possibili prospettive alla luce della recente giurisprudenza

Cassazione, Sezioni Unite, 18 marzo 2019, n. 7621

commento di FRANCESCA COLETTA... 655

Il punto delle Sezioni Unite sui rapporti tra sezioni specializzate per le imprese e sezioni ordinarie del tribunale

Cassazione, Sezioni Unite, 23 luglio 2019, n. 19882

commento di FEDERICA PINTO... 675

Attualità

La fluidità dell’imputazione nel giudizio abbreviato

di LEONARDO SURACI ... 691

«Intelligenza artificiale e funzioni amministrative. Sindacato e tutela rispetto alle decisioni automatizzate»

Università LUM Jean Monnet, 19 giugno 2020

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attualità

La fluidità dell’imputazione nel giudizio abbreviato

diLEONARDOSURACI​

SOMMARIO: 1. Premessa. — 2. La modifica dell’imputazione. — 3. La modifica dell’imputazione nel giudizio abbreviato. — 4. Conclusioni.

1. Premessa.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno posto fine, almeno così si auspica, ad una discussione circa la portata ed i limiti delle possibilità di espansione dell’imputazione nell’am-bito del giudizio abbreviato che non sarebbe dovuta mai ini-ziare.

Talmente tanti sono gli elementi a disposizione dell’inter-prete, talmente elevato è lo spessore di ciascuno di essi e talmente evidente è la convergenza di tutti in direzione della conclusione patrocinata da Cass. pen., Sez. un., 18 aprile 2019-13 febbraio 2020, n. 5788 che un approccio più attento e, tra l’altro, ispirato al canone dell’interpretazione conforme a Co-stituzione — e la Corte costituzionale è stata oltremodo chiara nelle sue prese di posizione, fornendo indicazioni assiologica-mente vincolanti — avrebbe evitato la forzatura che, alla fine, ha chiamato in causa le Sezioni unite.

Chiamate a decidere se in caso di integrazione probatoria nell’ambito del giudizio abbreviato sia consentito procedere a nuove contestazioni sulla base di elementi probatori già desu-mibili dagli atti delle indagini preliminari, esse hanno espresso un principio di diritto dal contenuto prevedibile, se non addi-rittura ovvio: la modifica dell’imputazione è possibile soltanto per i fatti emergenti dall’integrazione istruttoria disposta ai

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sensi dell’art. 438, comma 5 c.p.p. ovvero, ex officio, ai sensi dell’art. 441, comma 5 c.p.p. (1)

Un esito, questo, ovvio perché privo di alternative plausi-bili, fatto salvo l’azzardo di volere estendere al giudizio abbre-viato i difetti sistematici di soluzioni già sperimentate rispetto al giudizio dibattimentale, ancorché al costo di dimenticare le caratteristiche di un rito che, grazie ad una manifestazione di volontà dell’imputato e conformemente al complessivo assetto di regole ed eccezioni delineato dall’art. 111 Cost., determina l’abbandono della metodologia formativa della prova maggior-mente accreditata.

2. La modifica dell’imputazione.

La fluidità dell’imputazione, come è noto, costituisce un dato caratterizzante del vigente modello processuale penale.

Infatti, rispetto al codice abrogato, è mutata radicalmente la relazione intercorrente tra la fase dibattimentale e le fasi precedenti, ed in particolare quella delle indagini preliminari, il cui spettro finalistico è delineato dall’art. 326 c.p.p. in riferi-mento alle determinazioni del pubblico ministero inerenti al-l’esercizio dell’azione penale (2).

Se può dirsi costituire un condivisibile approdo scientifico quello secondo cui « il riferimento al sistema accusatorio e al sistema inquisitorio conserva validità in quanto li si voglia considerare come modelli di organicità in sede logica o come criteri di politica criminale in sede legislativa o come metri di valutazione in sede positiva, oltreché, naturalmente, come dati di ordine storico » (3), mentre sul piano della realtà

modellisti-(1) Diverso, invece, l’orientamento espresso, sia pure implicitamente, da Cass.

pen., Sez. II, 9 maggio 2005, Scozzari; Cass. pen., Sez. V, 29 novembre 2008,

Reinhard; Cass. pen., Sez. VI, 15 novembre 2017, Ribaj.

(2) V., in particolare, MARINI, Nuove contestazioni, in Commento al nuovo cpp,

coordinato da Chiavario, Torino, 1991, 450, il quale evidenzia come, nel nuovo sistema, il principio di « necessità » della fase istruttoria non costituisce più un punto di riferimento nella costruzione della disciplina delle nuove contestazioni.

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ca « non esiste un unico tipo di sistema accusatorio — il discorso vale ovviamente anche per quanto concerne quello inquisitorio — ma solo una serie di sistemi processuali storica-mente individuati, che trovano un denominatore comune nel loro avviarsi su sollecitazione di un organo di parte che sostiene appunto l’accusa, ma che contengono tutti anche elementi di carattere inquisitorio » (4), è altrettanto vero che la

schematiz-zazione teorica conserva, comunque, un ruolo essenziale dal momento che taluni canoni classificatori mantengono una per-manente capacità identificativa del modello processuale al qua-le il nostro codice si è ispirato, a partire proprio dalla separa-zione tra indagini preliminari e processo: « Nella fase delle indagini, non constando attività rilevanti sotto il profilo proba-torio per la decisione finale [...] il pubblico ministero lavora in relativa solitudine; l’intervento della difesa è limitato ad acta; ancora più sporadico l’apparire di un giudice (denominato « per » le indagini preliminari: se ne coglie il ruolo eventuale di garanzia) » (5).

La fase dibattimentale, nell’attuale sistematica processuale, costituisce il fulcro dell’ordinario defluire della dinamica cogni-tiva, la sede tipica di formazione della prova e, di conseguenza, anche il contesto di progressiva costruzione degli esatti contor-ni del thema decidendum.

È connaturata alla struttura del nuovo processo, dunque, la « perfettibilità » (6) della contestazione dell’accusa: « il c.d.

principio di cristallizzazione dell’accusa » — è stato infatti

(4) LEONE- MENCARELLI, Processo penale (dir. vig.), in Enc. dir., XXXVI, 411.

V., nello stesso senso, CAMOGLIO, Prove ed accertamento dei fatti nel nuovo codice di

procedura penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, 119. Nonché, ancora, GAROFOLI,

Giudizio, regole e giusto processo. I tormentati itinerari della cognizione penale, ivi., 2000, 517, il quale evidenzia come « [n]on esistono, a rigore, un processo accusatorio e un processo inquisitorio [ma] semmai — e la storia lo insegna — diversi tipi di

procedimentalizzazionedella risposta punitiva, dalle forme più rozze a quelle più sofisticate, e solo in questo senso la contrapposizione accusatorio-inquistorio ha valore ».

(5) COLANGELI, Principio del contraddittorio, in Dig. disc. pen., X, p29.

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rimarcato — « sarebbe evidentemente inadeguato in un pro-cesso che fa delle indagini preliminari una fase di raccolta di elementi, che possono risultare sufficienti per il rinvio a giudi-zio, ma che solo in giudizio acquisteranno consistenza proba-toria » (7).

Ovviamente, permane sempre la necessità che l’atto con cui viene esercitata l’azione penale (8) contenga una precisa

defi-nizione dell’imputazione poiché, come è stato attentamente rilevato, « il diritto di difesa non può attuarsi [...] se l’imputato non viene messo in condizioni di conoscere l’accusa, in primo luogo, e quindi di difendersi tempestivamente dalla stessa » (9),

ma l’emersione di elementi modificativi dell’accusa originaria costituisce nel nuovo sistema un’evenienza tutt’altro che ecce-zionale (10), per cui si pongono problemi di « aggiustamento

della contestazione » (11) che non possono rimanere privi di

una compiuta regolamentazione la quale, sul piano degli effetti, salvaguardi le esigenze connesse all’inviolabilità del diritto di

(7) GIULIANI, Modificazione dell’imputazione in dibattimento e diritto alla pro-va, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, 1131.

(8) Atto che CORDERO, Considerazioni sul principio d’identità del « fatto », in Riv. it. dir. proc. pen., 1958, 436, ricostruisce come una fattispecie « ad effetti multipli » poiché accanto al dovere di decidere sul tema dell’imputazione, costituisce quello, a contenuto omissivo, di astenersi dal pronunciare sulle situazioni che ne esorbitano.

(9) LA MARCA- SANLORENZO, Contestazioni, in Dig. disc. pen., VI, 520. Con

limpidezza, TESSITORE, Contestazioni suppletive dibattimentali e diritto di difesa, in Riv.

it. dir. proc. pen., 1970, 626, ribadisce che la contestazione dell’accusa, pur non esaurendo l’essenza del contraddittorio, ne costituisce la base ed il presupposto indefettibile, « essendo chiaro che nessuna effettiva possibilità di difesa, personale o tecnica, potrà essere assicurata all’imputato, ove questi non venga posto in grado, anzitutto, di conoscere il contenuto degli addebiti che gli si muovono ».

(10) UBERTIS, Giudizio di primo grado nel diritto processuale penale, in Dig. disc. pen.,V, 538, il quale osserva come costituisca « una inevitabile conseguenza della scelta di procedere alla formazione dibattimentale della prova quella di trovarsi più spesso che nel sistema codicistico del 1930 di fronte alla necessità per il pubblico ministero di rimodellare la propria ipotesi accusatoria a seconda delle risultanze probatorie dibattimentali ». V., inoltre, LOZZI, Modalità cronologiche della

contestazione suppletiva e diritto di difesa, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 342, secondo cui, nel sistema processuale vigente, la modifica dell’imputazione è « una eventualità fisiologica ».

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difesa e, nel contempo, ne assicuri la convivenza con irrinun-ciabili ragioni di economia processuale (12).

A tal proposito, già durante la predisposizione del progetto preliminare del 1978 era emersa la necessità di elaborare una disciplina che, nel complesso, tenesse conto di un triplice ordine di considerazioni (13).

Innanzitutto, si era posto l’accento sull’esigenza di accen-tuare il divieto di retrocessione del processo a fasi o stati antecedenti.

In secondo luogo, era stata sottolineata l’opportunità di evitare un eccessivo appesantimento dell’istruzione dibatti-mentale per effetto dell’introduzione di nuovi temi di decisione accanto a quelli pervenuti attraverso le vie ordinarie, salvo che l’estensione del tema processuale fosse risultata indispensabile per la inscindibilità delle questioni o vantaggiosa per l’econo-mia processuale.

Si era tenuto conto, infine, della necessità di assicurare adeguati spazi di intervento alla difesa in relazione alle riper-cussioni complessive della vicenda modificativa.

Attraverso la disciplina delle nuove contestazioni sono stati predisposti congegni normativi finalizzati ad assicurare il co-stante adeguamento dell’imputazione al quadro probatorio venutosi plasmando nel corso dell’istruzione dibattimentale, imponendo al pubblico ministero precisi e variamente modulati oneri contestativi che, garantendo da un lato adeguati spazi per l’esplicazione delle facoltà difensive rispetto all’innovato

asset-(12) « La nuova funzione del dibattimento impone » — osservano LAMARCA

— SANLORENZO, Contestazioni, cit., 524 - « l’abbandono del vecchio principio di immutabilità dell’accusa cristallizzata all’inizio del dibattimento medesimo, priva di significato allorquando è proprio in tale fase che si ricostruisce il fatto attraverso la formazione degli elementi di prova ». Secondo BACCHINI, Giudizio abbreviato e

integrazione probatoria: Nuovi limiti alla fluidità dell’imputazione, in PenaleDP, 20 maggio 2020, l’imputazione contestata nella richiesta di rinvio a giudizio è connotata da una forma di rigidità temperata.

(13) V., in particolare, CONSO- GREVI- NEPPIMODONA, Il nuovo cpp. Dalle leggi delega ai decreti delegati, I, La legge delega del 1974 e il progetto preliminare del 1978, Padova, 1990, 1145.

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to dell’accusa, evitano dall’altro il ricorso alla « estremamente penalizzante, in termini di funzionalità dell’apparato giudizia-rio » (14) soluzione dell’automatica regressione del processo ad

una fase anteriore (15).

Dunque, esiste una correlazione stretta ed inscindibile tra l’accusa formulata dal pubblico ministero nell’atto di esercizio dell’azione penale — che, per il principio fondamentale della « definizione della materia del processo » (16), deve essere

enunciata in forma chiara, precisa ed integrale — o negli atti contestativi successivi ed il processo, dal momento che la prima costituisce al contempo l’oggetto del secondo ed il punto di riferimento della strategia difensiva, oltre a proiettarsi neces-sariamente sull’oggetto della pronuncia giurisdizionale che del processo costituisce l’esito e che impone al giudice di pronun-ciare ordinanza di restituzione degli atti al pubblico ministero (principio di correlazione tra imputazione contestata e senten-za) qualora accerti che il fatto sia diverso da come originaria-mente descritto o successivaoriginaria-mente contestato.

La necessità di predisporre una disciplina che assicuri il costante adeguamento dell’accusa alle emergenze prodotte dal-l’evolversi dell’istruzione dibattimentale costituisce l’esplica-zione attuativa del criterio direttivo delineato dal legislatore delegante nella direttiva n. 78 della l. 16 febbraio 1987, n. 81. La norma disponeva, in particolare, che il nuovo codice dovesse prevedere il potere del pubblico ministero di procede-re alla modifica dell’imputazione e di formulaprocede-re nuove conte-stazioni inerenti ai fatti oggetto del giudizio, fatta in ogni caso salva la previsione di « adeguate garanzie per la difesa ».

(14) RIVELLO, Il dibattimento nel processo penale, Torino, 1997, 288.

(15) Notava, in relazione alla disciplina contenuta negli artt. 445 e 446 c.p.p.

abr., CAVALLARI, Contestazione dell’accusa, in Enc. dir., IX, 643, come gli articoli sopra citati fossero « preordinati a dirimere il contrasto che si delinea [...] tra due interessi: quello dello Stato che, agli effetti della pronta repressione penale e dell’economia processuale, esigerebbe la immediata estensione del giudizio anche alle nuove imputazioni e quello dell’imputato che tenderebbe a un ritorno del processo alla fase istruttoria per il miglior apprestamento della sua difesa ».

(16) Non abbandonato dal nuovo codice, come nota MARINI, Nuove contesta-zioni, cit., 452.

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Il legislatore delegato ha dato attuazione alla direttiva distinguendo, come è noto, tre diverse ipotesi: quella relativa al fatto diverso da quello descritto nel decreto dispositivo del giudizio; quella concernente l’emersione di un reato concor-rente ovvero di circostanze aggravanti e, infine, quella attinente al fatto nuovo.

La scelta di distaccarsi dall’impostazione del codice abro-gato appare evidente se solo si considera che l’art. 477 c.p.p. abr. disponeva che il giudice dovesse ordinare la trasmissione degli atti al pubblico ministero qualora, all’esito del dibatti-mento, il fatto fosse risultato diverso da quello originariamente contestato. Il sistema precedente, in altri termini, era « infor-mato al principio di definizione della materia del processo quale contenuta negli atti introduttivi della fase conclu-siva » (17), sicché « l’atto che disponeva il giudizio (ordinanza di

rinvio a giudizio, richiesta e decreto di citazione) cristallizzava sia l’accusa che il fatto, per cui non potevano essere considerati a carico dell’imputato altri fatti né lo stesso fatto valutato come integratore di un’altra fattispecie penale (concorso formale eterogeneo di reati) » (18).

L’unica eccezione al principio di immodificabilità dell’ac-cusa era prevista dall’art. 445 c.p.p. abr., il quale ancorava la legittimità della nuova contestazione all’emergenza di un reato concorrente, di una circostanza aggravante ovvero, infine, di un reato in continuazione con quello descritto nell’atto introdut-tivo (19).

L’attribuzione di un potere di contestazione diretta al pub-blico ministero, in linea con il nuovo ruolo che questi assume nel sistema processuale attuale, costituisce un ulteriore elemen-to di differenziazione rispetelemen-to alla trama seguita dal vecchio codice, il quale, in relazione ai limitati casi in cui consentiva che l’oggetto del processo subisse correzioni, stabiliva che alla

(17) LAMARCA- SANLORENZO, Contestazioni, cit., 524.

(18) LAMARCA- SANLORENZO, Contestazioni, cit., 524.

(19) V., in relazione ai vari casi di contestazione consentiti dalla previgente

(10)

contestazione procedesse il presidente, ancorché su richiesta del pubblico ministero (20).

Nel nuovo sistema, dunque, è stato eliminato qualsiasi potere di verifica preventiva del giudice sulla legittimità della contestazione, fermo restando che sull’operato del pubblico ministero viene mantenuto un controllo a posteriori finalizzato a verificare, tra l’altro, la permanenza della competenza del giudice a conoscere del fatto oggetto di contestazione (21).

Il passaggio dal vecchio al nuovo codice ha tramandato la disputa circa la configurazione della situazione giuridica che fa capo al pubblico ministero nel momento in cui si perfeziona la fattispecie contestativa: ci si chiede, in altri termini, se, ricor-rendone i presupposti, il pubblico ministero sia obbligato a correggere l’imputazione o se, al contrario, sorga in capo all’organo pubblico una mera facoltà di adeguamento.

Durante la vigenza del codice del 1930 in dottrina si soste-neva che, al di fuori dell’ipotesi in cui fosse emersa una circo-stanza aggravante — la quale, se non contestata nel corso del processo, non poteva essere dedotta in un nuovo processo trattandosi di elemento accidentale insuscettibile di trattamen-to processuale autrattamen-tonomo — il pubblico ministero fosse libero di esercitare il potere contestativo, dal momento che tanto il reato concorrente quanto i fatti in continuazione potevano fondare un autonomo atto di esercizio dell’azione penale (22).

Le stesse conclusioni possono ribadirsi in relazione al

nuo-(20) CAVALLARI, Contestazione dell’accusa, cit., 644, sottolinea il carattere «

ob-bligatorio » e « vincolante » della richiesta del pubblico ministero, non potendo il presidente procedere a contestazione senza di essa (ne procedat iudex ex officio), né potendosi astenere a seguito dell’iniziativa dell’accusatore se non in mancanza delle condizioni richieste dalla legge. Il pretore, invece, essendo titolare di un potere d’azione relativamente ai reati di sua competenza, poteva procedere alla nuova contestazione anche d’ufficio. Volendo soffermarsi sulla vecchia disciplina del procedimento relativo alle nuove contestazioni, v. LEONE, Trattato di diritto

proces-suale penale, II, Napoli, 1961, 381; MANZINI, Trattato di diritto processuale penale

italiano, Torino, 1972, 392.

(21) Il mutamento di prospettiva è sottolineato dalla relazione al progetto

preliminare. V., a tal proposito, CONSO- GREVI- NEPPIMODONA, Il nuovo cpp., cit., 1154. (22) CAVALLARI, Contestazione dell’accusa, cit., 644.

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vo modello processuale, il quale, globalmente ispirato al prin-cipio del favor separationis, rimette al pubblico ministero la valutazione di opportunità circa la trattazione separata o uni-taria delle imputazioni. È chiaro però che, nel nuovo sistema, appare doverosa, oltre che la contestazione della circostanza aggravante (23), anche la modifica dell’imputazione ai sensi

dell’art. 516 c.p.p., non potendo il giudice che ravvisi la diver-sità del fatto rispetto a come descritto nell’atto introduttivo fare altro che disporre, con ordinanza, la trasmissione degli atti al pubblico ministero (art. 521, comma 2, c.p.p.). Negli altri casi, invece, il pubblico ministero conserva inalterata la facoltà di esercitare in via autonoma l’azione penale per il reato concor-rente o per il fatto nuovo emerso durante il dibattimento (24).

È stato correttamente osservato che « il potere-dovere del pubblico ministero di modificare o ampliare l’accusa in corso di dibattimento intanto può essere concepito come una fisiologica esigenza del sistema, in quanto esso sia ricondotto non alla riserva dello stesso pubblico ministero di sempre possibili au-tonome riconsiderazioni sul contenuto della propria iniziativa, ma, piuttosto, alle naturali implicazioni di un’istruzione proba-toria dal carattere aperto » (25).

Si è voluto sottolineare, cioè, che il principio di separazione delle fasi impone, per evidenti ragioni di linearità logico-siste-matica e di coerenza con la ratio dell’istituto, di ancorare il potere correttivo del pubblico ministero alle risultanze proba-torie degli atti d’istruzione dibattimentale e, sotto questo pro-filo, la littera legis non si presta ad equivoci, esigendo la norma che l’elemento modificativo dell’oggetto processuale emerga « nel corso dell’istruzione dibattimentale » (26).

(23) LAMARCA- SANLORENZO, Contestazioni, cit., 527.

(24) Di diverso avviso, invece, SIRACUSANO, Il giudizio, in Diritto processuale penale, II, Padova, 2001, 282, secondo il quale la nuova contestazione costituisce un atto dovuto per il pubblico ministero in quanto « inerisce all’esercizio dell’azione penale ed è un segno dell’obbligatorietà della stessa ». Dello stesso ordine di idee, inoltre, RAFARACI, Le nuove contestazioni nel processo penale, Milano, 1996, 70.

(25) RAFARACI, Le nuove contestazioni nel processo penale, cit., 112.

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In linea con lo spirito della riforma, con la lettera della legge e con le indicazioni emergenti dai lavori preparatori — dalla relazione al progetto preliminare emerge, infatti, che il riferimento alla « istruzione dibattimentale » intendeva sotto-lineare che la contestazione al dibattimento resta fluida, essen-do l’indagine preliminare volutamente incompleta, mentre « dopo l’escussione delle prove il pubblico ministero è in grado di confermare definitivamente l’accusa o modificarla » (27) —

un coerente filone giurisprudenziale ha sostenuto che rispetta il rito accusatorio solo un’imputazione suppletiva che nasca dal-l’approfondimento dibattimentale del materiale investigativo raccolto nella fase preliminare e ordinariamente passato al vaglio della udienza preliminare.

In altri termini, appartiene allo spirito del sistema proces-suale vigente che i fatti suscettibili di contestazione da parte del pubblico ministero debbano emergere nel corso dell’istruzione dibattimentale. Se, invece, pervengono alla conoscenza della pubblica accusa da altri segmenti, in un modo che esclude il controllo della difesa, la relativa contestazione configura una violazione della par condicio delle parti e della stessa funzione di discovery assegnata al meccanismo contestativo (28).

La prevalente giurisprudenza di legittimità, avallata dalle Sezioni unite (29), ha, invece, compromesso la linearità del

sistema ammettendo, sulla base del tenore letterale della diret-tiva n. 78 della legge di delega — la quale, nel prevedere la contestazione suppletiva al dibattimento, non pone limiti

tem-l’art. 518 c.p.p. fa riferimento al « dibattimento » anziché alla « istruzione dibatti-mentale », ma la differenziazione terminologica non incide per nulla sul profilo temporale delle contestazioni. Che la sopravvenienza degli elementi correttivi costituisse la premessa logica e sistematica delle nuove contestazioni è opinione diffusa in dottrina. Cfr., tra gli altri, GIULIANI, Modificazione dell’imputazione in

dibattimento e diritto alla prova, cit., 1131.

(27) CONSO- GREVI- NEPPIMODONA, Il nuovo cpp, IV, Il progetto preliminare del 1988, cit., 1154.

(28) Cass. pen., 22-3-1996, Iaccarino. Negli stessi termini v., fra le altre, Cass.

pen., 17-3-1998, Piccioni.

(13)

porali all’esercizio di tale potere e non consente di fare distin-zioni quanto alla fonte degli elementi dai quali la contestazione suppletiva trae causa — e dell’asserita assenza di un qualunque pregiudizio dei diritti di difesa (30), la possibilità di effettuare

nuove contestazioni anche in ipotesi in cui l’esigenza correttiva emerga da elementi acquisiti nelle fasi antecedenti, e dunque prima ed a prescindere dall’avvio della fase istruttoria in am-bito dibattimentale (31).

Una asistematicità che, come può intuirsi, ha annidato in sé il germe della questione oggi risolta dalle Sezioni unite.

3. La modifica dell’imputazione nel giudizio abbreviato.

La struttura originaria del giudizio abbreviato configurava un’alternativa processuale « allo stato degli atti », ossia un modello a prova bloccata al quale era estranea qualsiasi fatti-specie estensiva delle risultanze conoscitive provenienti dalle indagini preliminari.

Coerentemente con la scelta in favore della netta corri-spondenza tra cristallizzazione del quadro probatorio e

immu-(30) Asserzione scaturente dalla constatazione che alla difesa è garantita, in

ipotesi di modifica dell’imputazione, la tempestiva conoscenza degli elementi su cui si basa la nuova contestazione, il diritto di un termine a difesa non inferiore a venti giorni durante i quali il dibattimento è sospeso, ed infine il diritto di chiedere l’ammissione di nuove prove senza alcuna limitazione (art. 519 c.p.p.).

(31) V., in particolare, oltre alla già cit. Cass. pen., Sez. un., 28 ottobre 1998, Barbagallo, più di recente, Cass. pen., 20-5-2004, Marras; Cass. pen., 19 febbraio 2004, Montanari; Cass. pen., 2-6-1999, Ravelli. Contra, invece, Cass. pen., 16 dicem-bre 2003, Filippo; Cass. pen., 10 dicemdicem-bre 2001, Porricelli. Dubita dell’aderenza dell’interpretazione maggioritaria con il dettato dell’art. 24, comma 2, Cost., fra gli altri, FIORIO, Vicende dell’imputazione e giudizio abbreviato, in Giur. cost., 2005, 2056, poiché, rispetto al fatto tardivamente contestato, « non vengono celebrate quelle attività prodromiche all’esercizio dell’azione penale e funzionali all’esercizio del diritto di difesa, vanificandosi altresì la funzione — qualificante l’udienza prelimi-nare - di controllo sulle imputazioni azzardate ». Queste considerazioni richiamano quelle di LOZZI, Modalità cronologiche, cit., 344, il quale osserva, inoltre, come l’inedito potere attribuito al pubblico ministero dalle Sezioni unite condiziona in maniera anomala l’accertamento giudiziale, realizzandosi una violazione delle di-sposizioni concernenti le modalità di esercizio dell’azione penale censurabile ai sensi dell’art. 178, lett. b), c.p.p.

(14)

tabilità dell’accusa, la quale si legava alla valutazione prelimi-nare di ammissibilità del rito prevista dall’art. 440, comma 1, c.p.p., l’art. 423, comma 1, c.p.p. escludeva espressamente che nel giudizio speciale potesse trovare applicazione l’art. 423 c.p.p., relativo alla modifica dell’imputazione durante l’udienza preliminare.

La preclusione, aveva avuto modo di precisare la Corte costituzionale, rispondeva — e, soggiunge la Corte per ribadire emblematicamente l’attualità della sua visione: tuttora rispon-de! — ad una funzione di garanzia per l’imputato e ad una logica premiale, poiché costui accetta(va) di essere giudicato sulla base degli atti raccolti nel corso delle indagini preliminari con esclusivo riferimento all’accusa già formulata dal pubblico ministero, la quale segna(va) i limiti della sua rinuncia alla formazione della prova in contraddittorio (32).

D’altro canto, aveva già chiarito il Giudice delle leggi in relazione al sistema originario, la scelta del legislatore di pre-cludere le contestazioni suppletive, sia che venga collegata agli effetti premiali volti ad incentivare il ricorso al giudizio abbre-viato — l’imputato potrebbe appunto essere indotto a richie-dere tale rito anche in base alla certezza di non essere esposto al rischio di contestazioni suppletive — sia che venga inqua-drata nella peculiare natura di giudizio allo stato degli atti e nella conseguente impossibilità di assumere eventualmente nuove prove, appare coerente con la struttura e le finalità del rito ed anzi, la natura pattizia di esso rende del tutto plausibile che l’oggetto del giudizio rimanga limitato ai fatti in relazione ai quali é intervenuto l’incontro di volontà tra le parti (33).

Né, soggiungeva la Corte per separare nettamente i piani di operatività dei diversi elementi caratterizzanti del rito, il divie-to di procedere a contestazioni suppletive può influire sui presupposti di ammissibilità del giudizio abbreviato e sulle relative valutazioni del giudice in ordine alla possibilità di

(32) Corte cost., 14 aprile 2010, n. 140.

(15)

definire il processo allo stato degli atti, le quali debbono essere riferite alla completezza del quadro probatorio ed alla previ-sione della sua non modificabilità ai fini della individuazione di ogni tematica oggetto di prova.

Da questa premessa derivava che l’eventuale incompletez-za delle contestazioni del pubblico ministero non rientrava tra i presupposti della valutazione del giudice sulla decidibilità del processo allo stato degli atti, quest’ultima riferita esclusivamen-te ai reati per i quali é stata esercitata l’azione penale.

La riforma attuata con la l. 16 dicembre 1999, n. 479 ha inciso profondamente anche su questo profilo della disciplina del giudizio speciale, conservando la immutata previsione di una preclusione rispetto a possibili correzioni dell’atto impu-tativo un significato che si rimodula in senso limiimpu-tativo, affe-rendo soltanto all’ipotesi in cui, nel corso del giudizio abbre-viato, non si proceda ad alcuna forma di integrazione proba-toria.

In relazione alla diversa ed innovativa ipotesi che il giudizio abbreviato si sviluppi lungo un tracciato caratterizzato da for-me più o for-meno intense di integrazione probatoria, « era natu-rale che il legislatore introducesse un’ulteriore novità concer-nente l’eventualità di un contestazione suppletiva da parte del pubblico ministero, dapprima mancante » (34), di talché la

nor-mativa apre alla possibilità di effettuare attività correttive dell’oggetto del giudizio ai sensi dell’art. 423 c.p.p.

Infatti, sia l’art. 438, comma 5, c.p.p., concernente la c.d. richiesta condizionata, sia l’art. 441, comma 5, c.p.p., compen-diante invece una potestà integrativa del materiale istruttorio esercitabile dal giudice anche d’ufficio, fanno salva l’applicabi-lità — altrimenti ed in generale esclusa dalla perentoria statui-zione contenuta nell’art. 441, comma 1, c.p.p. — dell’art. 423 c.p.p., il quale, proprio perché « prelevato » dall’ambito della disciplina dell’udienza preliminare — segmento finalizzato a consentire una (solamente) preliminare verifica sulla

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za dell’imputazione — « consente ampie e sostanziali correzio-ni all’imputazione avanzata dal pubblico micorrezio-nistero, con moda-lità informali e verbali del tutto diverse ed anche meno garan-tiste rispetto a quelle consentite nel dibattimento » (35).

Ma le due norme, come è naturale, devono essere sistema-tizzate a fronte della regola generale e rese coerenti rispetto alla logica di un rito che si regge su di una manifestazione di volontà dell’imputato implicante la rinuncia a tutte le garanzie che corredano la fase dibattimentale, scelta la quale costituisce una fondamentale facoltà difensiva a sua volta frutto di una valutazione attenta di risultanze che derivano da una fase investigativa connotata dal requisito della completezza.

Su questo versante non serve indugiare, essendo la diret-trice della riflessione offerta in maniera autorevole dalla Corte costituzionale, la quale ha ribadito che con la richiesta di giudizio abbreviato « l’imputato accetta di essere giudicato con rito semplificato in rapporto ai reati già contestatigli dal pub-blico ministero, rispetto ai quali solo egli esprime l’apprezza-mento della convenienza del rito stesso [...] sicché non sarebbe

costituzionalmente accettabile[corsivo nostro] che egli venisse a trovarsi vincolato dalla sua scelta anche in relazione agli ulte-riori reati concorrenti che [...] potrebbero essergli contestati a fronte [di] « evenienze patologiche » » (36).

L’operazione di sistematizzazione non è, come è facile notare, particolarmente complessa, dal momento che tutti i dati ermeneutici convergono verso la conclusione secondo cui l’ap-plicazione dell’art. 423 c.p.p. è consentita esclusivamente nei casi di effettivo incremento del materiale probatorio al quale si correli e dal quale scaturisca il profilo di novità oggetto di contestazione: mancando un momento istruttorio interno al rito, viene meno uno degli elementi del rapporto di relazione e, pertanto, viene preclusa ogni possibilità di modifica dell’ogget-to processuale.

(35) Così CUOMO, L’udienza preliminare, Padova, 2001, 110.

(17)

Il presupposto che « sblocca » l’operatività dell’art. 423 c.p.p. non è costituito da una innocua acquisizione probatoria — non avrebbe senso, in caso contrario, precludere una nuova contestazione nel giudizio allo stato degli atti, per definizione improduttivo di nuove emergenze — ma dall’emersione di informazioni probatorie incidenti sulla conformazione del fat-to: alla modifica dell’imputazione non può, in altre parole, pervenirsi in virtù di un ripensamento del pubblico ministero in ordine alla reale configurazione del fatto come emergente dagli atti delle indagini preliminari, ossia in assenza di una correla-zione tra l’evolucorrela-zione probatoria successiva all’instauracorrela-zione del rito speciale e la nuova strutturazione della res iudicanda. Vi è più che, coerentemente con la sistematica e con la logica che sorregge il giudizio abbreviato, la Suprema Cor-te (37) ha ritenuto affetto da « abnormità strutturale » il

prov-vedimento del giudice per l’udienza preliminare con il quale, in sede di giudizio abbreviato semplice, è stata disposta, dopo la discussione delle parti, la restituzione degli atti al pubblico ministero per la contestazione della recidiva, emergente dagli atti d’indagine ma non contestata nell’atto imputativo (38).

La scelta di affrontare il tema delle modifiche all’imputa-zione attraverso il rinvio puro e semplice alla scarna disciplina prevista per l’udienza preliminare, sebbene coerente con il

(37) Cass. pen., Sez. VI, 28 dicembre 2007, Luddeni.

(38) Secondo MONTAGNA, Giudizio abbreviato cit., 429, la modifica

dell’impu-tazione deve costituire una specifica conseguenza derivante da fatti emersi per la prima volta in ragione dell’attività integrativa e non può rappresentare il risultato di una diversa valutazione dei fatti di causa. Questa impostazione, apprezzabile perché, come già detto, aderente alla logica del sistema, è condivisa da MAFFEO, Il giudizio

abbreviato, Napoli, 2004, 305, nt. 202, la quale richiama LAVARINI, Il nuovo giudizio

abbreviato, in Riv. dir. proc., 2001, 766. « L’integrazione probatoria » — osserva quest’ultima — « deve rappresentare la causa, non la mera occasione, della nuova contestazione, la quale deve quindi ritenersi ammissibile solo se il fatto diverso, il reato concorrente, la circostanza aggravante o il fatto nuovo emerge per la prima volta dalle prove acquisite nel giudizio abbreviato. Il pubblico ministero non può approfittare del supplemento istruttorio eventualmente disposto, e dal quale nulla di nuovo sia emerso, per modificare l’imputazione in base ad una differente valutazio-ne degli elementi già acquisiti al momento della conversiovalutazio-ne del rito ».

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rapporto strutturale di continenza che lega il giudizio abbre-viato a quest’ultima (39), ha destato fin dall’inizio notevoli

perplessità, non soltanto a cagione della evidente inadeguatez-za del tentativo di adattare al giudizio speciale un procedimen-to incidentale dettaprocedimen-to in relazione ad una fase processuale protesa alla verifica sull’azione penale (40), ma anche in

consi-derazione del probabile effetto disincentivante connesso alla consapevolezza di non disporre di adeguati strumenti difensivi a fronte di possibili modifiche dell’imputazione (41).

All’obiezione radicale secondo cui « non sembra che la rinuncia dell’imputato a un pieno diritto alla prova, decisa al momento della richiesta di giudizio abbreviato con riguardo all’imputazione originaria, possa estendersi anche ai successivi

(39) NEGRI, Il « nuovo » giudizio abbreviato: un diritto dell’imputato tra nostal-gie inquisitorie e finalità di economia processuale, in Il processo penale dopo la

riforma del giudice unico, a cura di Peroni, Padova, 2000, 488.

(40) F. ZACCHÈ, Il giudizio abbreviato, Milano, 2004, 147. V., anche, NEGRI, Il

« nuovo » giudizio abbreviato, cit., 488, il quale rileva la nettissima « incoerenza tra la persistente applicazione di regole commisurate a una decisione di natura proces-suale, e le esigenze che sono proprie di un accertamento sul merito della regiudi-canda ». Egualmente critica rispetto alla soluzione adottata dal legislatore MONTAGNA,

Giudizio abbreviato, cit., 328, per la quale le regole contenute nell’art. 423 c.p.p. « sembravano inadeguate per un giudizio, quale l’abbreviato, più assimilabile al dibattimento che all’udienza preliminare, in ragione del diverso tipo di accertamento condotto e dei differenti esiti decisionali: condanna o assoluzione, in caso di giudizio abbreviato; decreto di rinvio a giudizio o sentenza di non luogo a procedere a conclusione dell’udienza preliminare ».

(41) Rischio evocato, tra l’altro, da MONTAGNA, Giudizio abbreviato, cit., 329.

V., negli stessi termini, NEGRI, Il « nuovo » giudizio abbreviato, cit., 487, il quale aveva prefigurato il pericolo che « l’eventualità di un mutamento dell’imputazione contestata in origine riduca significativamente la convenienza per l’imputato a ricorrere al procedimento alternativo, e quindi pregiudichi gravemente uno dei principali obiettivi della riforma ». L’imputato, secondo MAFFEO, Il giudizio

abbre-viato, cit., 306, per effetto della modifica dell’imputazione, veniva infatti a trovarsi « in uno stato di soggezione, non avendo alcuna possibilità di reazione e non avendo, in particolare, il potere di ripensare sulla scelta già effettuata ». La questione assume particolare rilievo alla luce dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il potere di modificare o integrare l’imputazione spetta in via esclusiva al pubblico ministero, non potendo il giudice dell’udienza preliminare esercitare autonomi poteri ammissivi o correttivi e potendo soltanto scegliere tra il decreto di rinvio a giudizio e la sentenza di non luogo a procedere. Cfr., in questo senso, Cass. pen., Sez. VI, 13 ottobre 1993, Santercole.

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mutamenti dell’accusa » (42), si affiancava la critica serrata ad

un sistema che, non assicurando all’imputato adeguate garan-zie difensive a fronte di un mutamento del principale oggetto di prova, lasciava aperta soltanto la via della sollecitazione di un intervento giudiziale nei limiti previsti dall’art. 441, comma 5, c.p.p., escludendo così « un diritto alla prova calibrato sul nuovo addebito » (43).

La lacuna normativa, alla quale difficilmente si sarebbe potuto rimediare attraverso l’estensione analogica delle facoltà previste dall’art. 419 c.p.p. (44), poneva problemi non

indiffe-renti anche in ordine agli aspetti formali delle modalità di effettuazione della contestazione, dal momento che l’art. 423 c.p.p., sebbene inserito in un contesto processuale che, a segui-to delle innovazioni introdotte dalla l. 16 dicembre 1999, n. 479, era suscettibile di svolgersi in una situazione di contumacia o assenza dell’imputato, non compendiava alcuno degli adempi-menti a sfondo garantistico previsti dall’art. 520 c.p.p. per la correlativa ipotesi collocata, però, nello scenario dibattimenta-le (45).

In presenza di una disciplina non a torto sospettata di

(42) NEGRI, Il « nuovo » giudizio abbreviato, cit., 488.

(43) Così, fra i tanti, ZACCHÈ, Il giudizio abbreviato, cit., 148.

(44) Prospetta la congruità di una simile soluzione, per constatarne però

l’impraticabilità in virtù del testuale riferimento alla disciplina dell’udienza prelimi-nare, NEGRI, Il « nuovo » giudizio abbreviato, cit., 488.

(45) La questione di costituzionalità dell’art. 423 c.p.p. — nella parte in cui

non prevede che, in caso di modifica del capo d’imputazione operata nel corso dell’udienza preliminare, il pubblico ministero chieda che la modificata contestazio-ne sia inserita contestazio-nel verbale d’udienza e il verbale sia notificato per estratto all’impu-tato contumace — era stata dichiarata manifestamente infondata da Corte cost., 4-8 giugno 2001, n. 185, sulla base delle « connotazioni eminentemente processuali » che contraddistinguono l’essenza dell’udienza preliminare, di talché « il mutamento del quadro d’accusa ben può ricevere [...] quanto a modalità di contestazione, una disciplina difforme e più snella rispetto a quella dettata per il dibattimento, posto che in tale ultima fase lo sviluppo delle serie probatorie e l’oggetto del contraddit-torio si proiettano, non verso una statuizione destinata unicamente a regolare il futuro iter del processo — quale è la decisione che conclude l’udienza preliminare — ma verso una sentenza chiamata a definire direttamente il merito della regiudicanda e suscettibile di assumere i caratteri e la « forza » del giudicato ».

(20)

incostituzionalità sotto diversi profili (46) l’intervento correttivo

del legislatore era indispensabile ed è sopraggiunto con la l. 5 giugno 2000, n. 144 — di conversione del d.l. 7 aprile 2000, n. 82 — con la quale è stato inserito l’art. 441-bis c.p.p. ed è stata adeguata, mediante la tecnica del rinvio, la normativa concer-nente i giudizi « atipici ».

Fermo restando il rinvio all’art. 423 c.p.p. quale norma regolatrice dei rapporti tra le risultanze probatorie e l’evolu-zione del contenuto imputativo dell’atto d’esercizio dell’al’evolu-zione penale nell’ambito del giudizio speciale, il legislatore ha attri-buito all’imputato un significativo potere di gestione della dinamica processuale, finalizzato ad assicurare la permanente attualità della determinazione favorevole alla forma semplifi-cata ancorché in presenza di fatti incidenti sull’oggetto del processo (47).

Si tratta di una modifica che assicura un significativo pre-sidio di garanzia dell’imputato che vede cambiare l’oggetto del suo processo ma denota, allo stesso tempo, il carattere circo-scritto degli spazi riservati alla correzione dell’imputazione, creando anche una selezione all’interno dell’art. 423 c.p.p.

La Corte costituzionale, difatti, aveva rimarcato che da tale quadro si deve inferire che le eccezioni introdotte al divieto di nuove contestazioni restano strettamente legate alle fattispecie

(46) V., ancora una volta, NEGRI, Il « nuovo » giudizio abbreviato, cit., 489, il

quale richiama, a sostegno delle proprie perplessità, i principi stabiliti, in relazione alla fase dibattimentale, in Corte cost., 3 giugno 1992, n. 241 e Corte cost., 20 febbraio 1995, n. 50. Con la prima la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costitu-zionale dell’art. 419, comma 2, c.p.p. nella parte in cui, nei casi previsti dall’art. 516 c.p.p., non consente al pubblico ministero e alle parti private diverse dall’imputato di chiedere l’ammissione di nuove prove ed inoltre ha censurato l’inciso « a norma dell’art. 507 ». Con il secondo provvedimento la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 519, comma 2, c.p.p. nella parte in cui, in caso di nuova contestazione effettuata a norma dell’art. 517 c.p.p., non consente al pubblico ministero e alle parti private diverse dall’imputato di chiedere l’ammissione di nuove prove.

(47) In questo senso ZACCHÈ, Il giudizio abbreviato, cit., 148, secondo il quale

attraverso la norma in esame « il legislatore ha attribuito all’imputato il controllo circa la fluidità dell’accusa ».

(21)

che le giustificano, e cioè che il pubblico ministero può effet-tuare le nuove contestazioni solo quando affiori la necessità di adattare l’imputazione a nuove risultanze processuali, scatu-renti da iniziative probatorie assunte nell’ambito del rito alter-nativo, rimanendo quindi escluso che dette iniziative — tanto più se rimaste (dice la Corte) « prive di seguito » — possano rappresentare una patente di legittimazione per rivalutare, a scopo di ampliamento dell’accusa, elementi già acquisiti in precedenza e, fino a quel momento, non posti ad oggetto di azione penale (48).

Una lettura diversa delle norme, tale da ritenere general-mente fluida l’imputazione nell’ambito del rito speciale, non può — concludeva in maniera tranciante la Corte costituzio-nale — ritenersi non incontestabile sul piano ermeneutico e « sarebbe comunque incompatibile con la Costituzione [corsivo nostro] » (49).

4. Conclusioni.

Il lavoro delle Sezioni unite si collocava comodamente, dunque, lungo un solco che storia, caratteristiche strutturali, disciplina positiva, profili premiali e riferimenti costituzionali — questi ultimi già abbondantemente delineati e espressamen-te immessi nel quadro relazionale che lega le fonti del diritto — avevano tracciato in maniera nettissima.

Partendo dalla disposizione dell’art. 441, comma 1, c.p.p. la Corte ribadisce che essa fissa una regola generale di carattere preclusivo rispetto a qualsiasi ipotesi di modifica dell’imputa-zione nell’ambito del giudizio abbreviato presidiata dalla pre-visione di una nullità a regime intermedio della sentenza con-clusiva del rito speciale.

Le disposizioni introdotte dalla l. 16 dicembre 1999, n. 479 hanno previsto meccanismi di ampliamento della base cogniti-va del rito speciale e, in vista della possibile emersione di

(48) Corte cost., 14 aprile 2010, n. 140.

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elementi innovativi della conformazione del fatto, il legislatore ha predisposto un sistema di costante adeguamento dell’ogget-to del processo mediante il recupero di uno spazio operativo per l’art. 423 c.p.p.

Fino a questo punto la costruzione segue le orme di quella che ha caratterizzato le analoghe scelte effettuate rispetto al giudizio dibattimentale, ma il parallelismo si ferma qui e blocca l’importazione dell’asistematicità già segnalata in ragione delle caratteristiche del rito speciale, alla luce delle quali le Sezioni unite riescono a sciogliere le ambiguità scaturenti dalla formu-lazione della norma relativa all’udienza preliminare.

Costituendo lo « stato degli atti » il punto di riferimento sia delle valutazioni dell’imputato che delle determinazioni del giudice e correlandosi tutte al « presidio di garanzia » quale è l’imputazione, la conclusione può dirsi necessitata: ritenere che il pubblico ministero possa modificare ad libitum l’imputazione originaria, considerata inadeguata rispetto a quanto già emerge dagli atti del processo solo perché si è proceduto ad un incre-mento probatorio ai sensi dell’art. 438, comma 5, c.p.p. o ex art. 441, comma 5, c.p.p., « vuol dire minare una garanzia dell’im-putato e indirettamente la bontà delle decisioni del giudice nella fase di ammissione al rito » (50).

Inoltre, la diversa soluzione creerebbe una disarmonia si-stematica del tutto illogica rispetto al permanente regime di preclusione proprio del giudizio abbreviato semplice e verreb-bero disattese le indicazioni già fornite dalla Corte costituzio-nale in una sentenza della quale, sebbene sia una interpretativa di rigetto, « va comunque tenuto conto nella lettura delle disposizioni qui richiamate » (51).

Le Sezioni unite sono state chiarissime e con una motiva-zione secca e lineare come quella che ne correda le statuizioni a chiuso una questione che, come già detto, non doveva nem-meno porsi.

(50) Cass. pen., Sez. Un., 18 aprile 2019-13 febbraio 2020, n. 5788.

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D’altra parte, sono state sufficienti pochissime pagine (po-co più di quattro) per chiuderla.

ABSTRACT: Il giudizio abbreviato era originariamente configurato come un giudizio a prova bloccata, ossia una forma processuale nell’ambito della quale non era possibile acquisire elementi istruttori. Dopo la riforma del 1999 la previsione di plurimi canali introduttivi di elementi probatori ha aperto la possibilità di modificare, una volta instaurato il giudizio speciale, l’imputazione e, quindi, l’oggetto del giudizio. Il profilo affrontato dalla Suprema Corta costituisce una riedizione della medesima problematica che si era posta rispetto al giudizio ordinario e concerne la possibilità — o meno — di modificare l’imputazione sulla base di emergenza già note perché acquisite nel corso delle indagini preliminari.

ABSTRACT: The abbreviated judgment was originally configured as a blocked trial

judgment, i.e. a procedural form in which it was not possible to acquire preliminary elements. After the 1999 reform, the provision of multiple intro-ductory channels of evidence has opened the possibility to modify, once the special judgment has been established, the imputation and, therefore, the object of the judgment. The profile addressed by the Supreme Court is a re-edition of the same problem that had arisen with respect to the ordinary judgment and concerns the possibility — or not — of modifying the charge on the basis of an emergency already known because acquired during the preliminary investiga-tions.

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