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Academic year: 2021

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Tutti gli errori possibili

Ho scoperto,nel corso degli anni, che gli errori di matematica tendono ad essere sempre gli stessi. Così ho redatto questo breve elenco che forse può aiutare a non inciampare in alcune possibili trappole. Inutile ridere e dire “ma chi è che fa questi errori così banali”: nessuno può scommettere che non ne farà almeno uno nel prossimo compito. Perché la causa è soprattutto nella mancanza di concentrazione. Infatti la cosa più frustrante per l’insegnante che corregge è che la stragrande maggioranza degli errori non è mai sugli argomenti che erano oggetto della verifica, ma su altre cose, quelle che lo studente riteneva di sapere già.

Nel seguito le parti errate sono tutte indicate in colore rosso.

1) Lettura errata del testo oppure trascrizione errata da una riga all’altra

Esiste qualcosa di più semplice del leggere un testo e trascriverlo? Oppure del copiare nella riga sotto il passaggio svolto sopra? O sostituire correttamente i valori in una formula? Eppure si tratta di un errore talmente diffuso fra gli studenti da meritarsi il posto numero uno di questa lista. Si deve pensare che lo studente non rilegga quello che scrive? Io credo di no. Penso piuttosto che la rilettura avvenga tramite meccanismi automatici, ed il cervello funzioni come se fosse in stand-by invece che acceso. La soluzione secondo me è rimandare la rilettura a dopo che ci si è impegnati in un altro esercizio ed ogni automatismo di pensiero è scomparso.

2) Non utilizzare la parabola per studiare il segno di una grandezza di secondo grado

Nella sua variante semplice consiste nello studiare il segno di un polinomio di secondo grado come se si stesse risolvendo un’equazione:

2 3 0 2 3 3

x − > ⇒ x > ⇒ x> ±

Notare che la scrittura x> ± 3 è priva di senso. Cosa significa infatti dire che x è maggiore di più o meno radice di tre? Assolutamente nulla, il secondo passaggio non è infatti lecito. Lo studente tenta però di dare un senso a tale scrittura insensata utilizzando una risoluzione grafica del tipo:

pervenendo quindi alla soluzione errata x> 3 .

Il realtà questo errore è assai popolare nelle sue varianti più raffinate, quando la grandezza che figura al secondo grado non è la semplice x , ma ad esempio una funzione trigonometrica, o logaritmica:

2 2 1 2 cos 1 0 cos 2 2 cos 2 x x− > ⇒ x> ⇒ > 2 2 1 ln 2 2 ln 1 0 ln 2 2 x− > ⇒ x > ⇒ x>

Qui lo studente crederà di aver fatto bene perché ha estratto la radice e razionalizzato, probabilmente sarà anche soddisfatto nel riconoscere il coseno di π.

3 x> 3 x> − 3 3 −

(2)

2

Come si combatte questa serie di ragionamenti fasulli? Bisogna abituarsi, ogni volta che si vede una grandezza che figura al secondo grado in una disequazione, a pensare immediatamente alla parabola. Deve scattare meccanicamente il disegno della parabola dentro alla testa quando si vede un due all’esponente.

3) Errori con i membri dell’equazione

Prima variante: si tratta di eseguire una semplificazione immaginaria a cervello spento. Il colpevole forse è la catena di passaggi lunga, ma bastano due righe per indurre in errore. La verità è che prima di semplificare non si osserva mai se l’espressione che si sta maneggiando sia uguagliata zero oppure no. Vediamo un caso esemplare:

2 2 2 3 2 3 2 4 2 2 2 3 2 2 x x x x + + − = − = = − = =3x2−2

Ora, ogni volta che si semplifica è obbligatorio chiedersi “c’è un primo membro?”, “si tratta di un’espressione uguagliata a zero oppure no?”. Il problema si presenta analogo con il raccoglimento a fattor comune: ne forniamo di seguito uno spaventoso esempio.

2

4 6 8 2

y= xx+ =

(

2x2−3x+4

)

=2x2−3x+4

La seconda variante è ancora più bislacca: si scrive in bella evidenza al centro del foglio, una formula priva del secondo membro (o del primo, chi può saperlo?), ad esempio:

2 5

xx

e che significa mai questa scrittura? Niente, assolutamente niente se non è uguagliata a qualcos’altro, (come minimo a zero). Forse il secondo membro è rimasto nella testa dello studente, fiducioso che fosse sottinteso. Morale: verificare che ogni espressione che scrivete abbia un segno di uguale.

La terza variante è quella di eguagliare a sproposito espressioni che non hanno nulla a che vedere fra loro, tipo:

Asse x=2x2+5

quando correggo questo errore lo studente mi chiede sempre: “ma qui cosa c’è di sbagliato, quella è proprio l’espressione che vale per l’asse x!” Si, ma “Asse x” sono delle parole, e le parole non possono essere uguagliate ad una espressione matematica come “2x2+ ”, che per di più non è uguagliata a 5 nulla, e così si rientra nella variante numero due di questo errore.

4) Equazioni con un solo termine e zero al secondo membro

Meno di un solo termine non si può avere: dall’altra parte c’è lo zero. Ecco il capostipite di tutti gli errori: 2x =0

Nel corso degli anni ho scoperto che questa equazione possiede quattro soluzioni differenti, che qui riporto:

1 1

2 2

2 2

(3)

Sembra incredibile ma nessuno riflette sul significato del secondo membro nullo, che quindi vuole che sia nullo anche il primo, ed invece legge automaticamente 1 oppure 2 al suo posto. Le cose non cambiano se al primo membro c’è una funzione più complicata:

2 cos 2

2 2 cos x=0 ⇒ x = ±

5) Disequazioni con un solo termine al quadrato

E’ una interessante e diffusa variante dell’errore numero 4. Quando una quantità è al quadrato si sa, è sempre positiva ed al massimo nulla. Nonostante ciò si legge assai di frequente quanto segue:

2 0 0 x ≥ ⇒ x ≥ 2 cos 0 cos x ≥0 ⇒ x≥ 2 sin 0 sin x≥0 ⇒ x

e così via nelle infinite possibili varianti.

Più pernicioso è lo stesso errore al contrario, quando si sa bene che x2 è sempre positivo, ma ci si dimentica che può essere nullo. Accade quando esso presenta moltiplicato ad altri fattori:

2

( 1) 0 1

x x− ≥ ⇒ x

come si vede qui sopra ci si è dimenticati della soluzione x=0

6) Confondere il prodotto dei segni con l’intersezione delle soluzioni

Si presenta con un paio di varianti. La prima è solo formale, si fa una tabella dei segni e si scrive accanto a ciascuna riga la disequazione risolta, anziché “segno di”:

Potreste pensare che tutto sommato si tratta di una pedanteria perché l’errore è veniale, in quanto si ottiene in ogni caso la soluzione giusta. In verità esso nasconde il fatto che non si è capito che cosa si sta facendo, e poi ottenere la soluzione giusta per la via sbagliata è un pessimo segnale della nostra consapevolezza. Si pensi alla semplificazione seguente: 1 6

6 1

4 =4. Essa produce il risultato corretto, ma il modo in cui è stato ottenuto fa sinceramente rabbrividire.

Inoltre il formalismo errato di cui sopra fa da apripista alla variante grave dello stesso sbaglio, che

3 0 x+ > 2 0 x− > 2 3 − 3 x+ 2 x− 2 3 − segno di: (x−2)(x+3)>0 errata corretta

(4)

4

e naturalmente il viceversa:

Molte volte mi è stato chiesto: “ma come si fa a capire quando si deve fare l’intersezione e quando si deve fare il prodotto dei segni?”. Ebbene, già il porre la domanda in questi termini significa avere imboccato la strada sbagliata. E’ un po’ come domandare “come si fa a capire quando il semaforo è rosso e quando è verde?”. La risposta è che bisogna guardare ogni volta. Mi rendo conto che è un po’ pochino: se trovo di meglio ve lo faccio sapere.

7) Confondere la variabile originaria con una ausiliaria Supponiamo di dover risolvere la disequazione:

2

2 cos x− <1 0

e di essere un gradino sopra rispetto a chi commette l’errore numero 2, pertanto facciamo la posizione cos x=t, otteniamo la disequazione

2

2t − <1 0 e disegniamo la parabola. La soluzione è fra − 22 e 2 2 . Perfetto. Ora la scriviamo:

2 2

2 x 2

− < <

Peccato! Ce l’avevamo quasi fatta. Si tratta di una distrazione perché abbiamo confuso la t con la x . Se l’esercizio termina qui poco male, ma se con le soluzioni dobbiamo fare altri conti la distrazione diviene imperdonabile perché da questo punto in poi tutto quanto calcoleremo sarà privo di senso.

8) Errore che deriva da un cambio di verso nelle disequazioni

Una delle poche cose che lo studente di liceo sa bene è che quando si moltiplica una disequazione per un numero negativo occorre cambiare di verso. E proprio perché lo sa bene è solito cambiare con disinvoltura il verso delle disequazioni con il risultato che come minimo, quando arriva alla soluzione prende la regione sbagliata perché non sa trattare correttamente il cambiamento di verso fatto. Ad esempio supponiamo di dover risolvere:

2 2 3−x >0 ⇒ x =3 ⇒ x= ± 3 3 0 x+ > 2 0 x− > 2 3 − (x−2)(x+3)>0 3 x+ 2 x− 2 3 − segno di: Dominio di : f x( )= x− +2 x+3 2 2 −

+

+

2 2 3 −

+

3

(5)

La facilissima disequazione si affronta in un solo passaggio, graficando la parabola capovolta e prendendo la regione interna

(

− 3; 3

)

.

Ma allo studente, chissà perché, riesce insopportabile la presenza del meno davanti ad x2, e pertanto decide di cambiare il verso:

2 3 0 2 3 3

x − < ⇒ x = ⇒ x = ±

Fin qui tutto bene. Ora però bisogna scegliere la regione di soluzione. Dunque si dice lo studente, doveva essere 3−x2 > quindi scelgo dov’è positivo: 0

(

−∞ −; 3

) (

∪ 3;+∞

)

Il risultato è errato perché la quantità 3−x2 è positiva dove la quantità x2− è negativa, in altre parole 3 bisogna guardare l’ultima condizione e non la prima. Non capite perché? Non importa, non serve sforzarsi: è molto meglio aggirare il problema evitando di cambiare verso alle disequazioni.

In casi più gravi si prendono fischi per fiaschi come nell’esempio che segue:

2 2 2

3−2xx >0 ⇒ x + x−3>0

qui la radice è positiva dove esiste. Ma i segni meno davano fastidio e si è pensato bene di moltiplicare il tutto per 1− ma non si è cambiato verso. In realtà che problema c’è mai a risolvere la disequazione con il segno meno −x2−2x+ > ? E’ una semplice parabola con la concavità verso il basso: a 3 0 moltiplicare per meno uno si va solo in cerca di guai. Per evitare questo errore è molto meglio seguire la regola d’oro numero uno del perfetto risolutore di disequazioni: mai cambiare il verso di una disequazione.

9) Moltiplicare una disequazione per una quantità variabile

Come dice il manuale del perfetto risolutore di disequazioni, esiste una seconda regola d’oro: non bisogna mai moltiplicare una disequazione per un termine variabile. Ad esempio:

2 x 1 x(2 ) 1

xx

> − >

Lo so, la tentazione di moltiplicare ambo i membri per x è irresistibile. Ma non bisogna cedere: non è lecito conservare il segno di maggiore, come è stato allegramente fatto. Infatti, se x fosse negativo dovremmo tenerne conto! Si procede piuttosto ricercando il denominatore comune:

2 1 1 2 1 2 x 2 x 0 x x 0 x x x − − − > ⇒ − − > ⇒ >

10) Applicare erratamente Ruffini

Questo è un errore che come minimo comporta la conoscenza del teorema di Ruffini, quindi chi non lo sa ne è al riparo. Comunque vediamolo. Supponiamo di aver correttamente applicato Ruffini al polinomio di terzo grado x3−7x+6

:

3 −

+

3

+

(6)

6

x3−7x+6=(x−3)(x2−3x+2)

attenzione! Se la radice è −3, il binomio deve essere x+3: 3 7 6 ( 3)( 2 3 2)

xx+ = x+ xx+

11) Affermazioni apodittiche (macchevvordì?)

Dare una risposta senza giustificarla né dimostrarla, ma soltanto spiattellandola è privo di qualsiasi valore. Dire ”la funzione è iniettiva”, “la soluzione è x =2” senza che vi siano i calcoli tramite i quali si è giunti a questi risultati, ai fini del compito vale zero.

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