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Piero Chiara e il <i>Satyricon</i> di Petronio

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Lupinu, Giovanni (1990) Piero Chiara e il Satyricon di Petronio. Sandalion, Vol. 12-13 (1989-90 pubbl. 1990), p. 245-260. http://eprints.uniss.it/5249/

(2)

QUADERNI DI CU TU CC",",~JI

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI _._-~~

(3)

Pubblicazione realizzata col contributo della Regione Autonoma della Sardegna

Ordinazioni presso:

HERDER EDITRICE E LIBRERIA

00186 ROMA, Piazza Montecitorio 120 Telefono 6794628 6795304

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QUADERNI DI CULTURA CLASSICA, CRISTIANA E MEDIEVALE

a cura di

Antonio M. Battegazzore, Ferruccio Bertini e Pietro Meloni MARIA MASLANKA SORO, La legge del pathei mathos nel Prometeo

incatenato di Eschilo O W ALTER LAPINI, Crizia tiranno e il lemma

di Polluce: analisi di RA 3, 6-7 D PIER ANGELO PEROTTI, La I ora-zione di Lisia fu mai pronunciata? D ANTONIO M. BATTEGAZZO-RE, Nuove spigolature su Teofrasto, De igne 4-6 D ANTONIO PIRAS, Criteri e limiti di accertabilità della perifrasi con sum e il participio presente: dalle origini a Lucifero di Cagliari D MARIA GIOVANNA PINTUS, Il bestiario" del diavolo. L'esegesi biblica nelle Formulae

spi-ritalis intellegentiae di Eucherio di Lione O SILVIO CURLETTO,

Te-mi e trasformazioni nella favola del leone malato e del lupo scorticato

D ARMANDO BISANTI, L' ornatus in funzione didascalica nel Prolo-go di Gualtiero Anglico D ANTONIO PLACANICA, La donna nel ma-trimonio secondo alcuni teologi scolastici D LUIGINA QUARTINO,

Domum in modum basilicae factam super hominem mortuum D

AN-DREA DESSÌ FULGHERI, Aspetti verbali e metrici dell'imitazione vir-giliana in Maffeo Vegio D ENZO CADONI, Formule proverbiali latine

nei Sonetti di G.G. Belli D GIOVANNI LUPINU, Piero Chiara e il

Sa-tyricon di Petronio D Recensioni, schede e cronache.

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Direzione

Prof. Antonio Mario Battegazzore Prof. Ferruccio Bertini

Mons. Pietro Meloni

Redazione Prof. Enzo Cadoni Prof. Luciano Cicu Prof. Silvana Fasce Dott. Paola Busdraghi Dott. Anna Maria Mesturini

Segreteria di redazione Dott. Giovanna Pintus Dott. Anna Maria Piredda Via Baracca, 3 - 07100 Sassari

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GIOVANNI LUPINU

PIERO CHIARA E IL SATYRICON DI PETRONIO

Nella sua raccolta di racconti Viva Migliavacca! (1), proprio nella

pièce che dà il titolo all'opera (2), Piero Chiara crea come un'eco attua-lizzata e rivissuta di uno dei testi più originali e vivaci della latinità, il Satyricon di Petronio o, meglio, di quella che oggi ci appare come la sua parte centrale, la famosissima Cena Trimalchionis (3).

Si tratta, ed è bene precisarlo subito, non di un riflesso condizio-nato di natura letteraria, Qssia dell'inevitabile tributo che un preceden-te eccezionale esige, all'inpreceden-terno di un sispreceden-tema di preceden-testi organico, nella trattazione di determinati soggetti, ma di una volontaria e raffinata opera di recupero tematico, il prodotto maturo di una frequentazione assidua del testo petroniano (4). L'analisi di tutta una serie di corrispondenze, disposte in parallelo nelle due opere, concernenti la costruzione di per-sonaggi e l'architettura di singoli episodi e sottoepisodi, ma soprattutto l'evidenza comparativa che scaturisce da scelte linguistiche facilmente rilevabili, persuaderanno in tal senso.

Preliminarmente è opportuno soltanto sottolineare che siamo in pre-senza di due testi distanziati tra loro, oltre che dal solco dei secoli, dal-l'appartenenza a generi letterari differenti. Da un lato, infatti, abbiamo

(1) P. CHIARA, Viva Migliavacca! e altri 12 racconti, Milano 1982.

(2) ibid., pp. 213-258.

(3) PETRONIO, Satyricon 26, 7-78. Fra le moderne edizioni del Satyricon mi sono servito in particolare di quella del Ciaffi, pregevole per l'ampia introduzione e la bril-lante traduzione (PETRONIO, Satyricon a cura di V. Ciaffi, Torino 1967).

(4) Chiara lesse il Satyricon all'età di ventiquattro anni, per poi curarne egli stes-so la traduzione (PETRONIO ARBITRO, Satiricon con trad. di P. Chiara, Milano 1969, rist. 1988). Sulla vita e sull'opera di Chiara cfr. E. GHIDETTI, Invito alla lettura di Chia-ra, Milano 1977, rist. 1983.

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il romanzo di Petronio, un romanzo sui generis a dire il vero, sulla cui estensione siamo scarsamente informati ma che, questo almeno appare certo, inglobava la cena come un capitolo compiuto, dotato di una spic-cata individualità artistica e concepito come proscenio per la gustosa esi-bizione di Trimalchione. Dall' altro lato sta invece la novella di Chiara, che, riprendendo e attualizzando personaggi e atmosfere di quella parte

del Satyricon, attua una sorta di transcodificazione narratologica, un

re-cupero tematico nell' ambito delle peculiarità formali di un genere lette-rario diverso.

Se, però, si vogliono affrontare notazioni più puntuali, si PllÒ os-servare per prima cosa che tra il protagonista della cena petroniana e quello del racconto di Chiara intercorrono analogie sorprendenti.

Trimalchione rappresenta nel Satyricon l'espressione matura di un fenomeno che, iniziato fin dal principato di Augusto, alterava sensibil-mente, nel corso del primo secolo d.C., equilibri sociali e politici ormai radicati da secoli: la comparsa di un apparato burocratico composto es-senziaÌmente da liberti legati alla domus regia, i quali, in specie sotto Claudio ('), raggiunsero anche posizioni di assoluto prestigio. Un tale fenomeno 'Comportava, in ultima analisi, l'esautorazione della vecchia

nobilitas repubblicana, confinata non di rado a cariche svuotate di ogni

reale spessore politico, e un frenetico movimento di capitali a tutto van-taggio dei nuovi ceti emergenti.

In questo clima trova la sua sostanza storica il personaggio di Tri-malchione: è il classico esempio del parvenu, dell'uomo capace di realiz-zare una carriera me teorica sfruttando con tempismo le opportunità economiche che in quel confuso frangente si offrirono in gran copia. Quanto invece allo spessore artistico del personaggio, Petronio ha voluto giocare sull'ironia che nasce dal contrasto, sempre presente, tra l'immagine grandiosa e solenne che illiberto si· affanna a dare di se me-diante una coreografia fastosa e l'immediata percezione, cosi dell'auto-re come del lettodell'auto-re, dell'immenso cattivo gusto che traspadell'auto-re da ogni sua parola o gesto.

{') Nella Apokolokyntosis Seneca raffigura Claudio agli inferi sotto le dipenden-ze delliberto Menandro, a conferma di come già i contemporanei avvertissero la novità introdotta nella pubblica amministrazione soprattutto da questo imperatore.

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Piero Chiara e il Satyricon di Petronio 247

Anche nel racconto di Chiara campeggia la figura di un paroenu,

Paride Migliavacca, che. ha saputo trarre il massimo profitto dai vasti spazi che si aprirono nell' economia dell'Italia del secondo dopoguerra, paradossalmente accostata alla Roma imperiale dei liberti. Nell'uno co-me nell' altro caso, dunque, siamo di fronte a figure emblematiche di più vasti processi storici che, se pure molto diversi tra loro, ebbero la comune caratteristica di determinare profondi mutamenti nella mappa sociale del tempo.

Chiara ugualmente mostra di porsi sulla scia dell' arte petroniana quando sottolinea in chiave ironica lo iato che si crea fra la sconvolgen-te volgarità di Migliavacca, retaggio di un'imbarazzansconvolgen-te condizione ori-ginaria, e il suo tentativo di conquistare una dignità esteriore confacente alla posizione ricoperta nella gerarchia sociale. Occorre però rilevare che la fondamentale valenza polemica dell'ironia petroniana, quale espres-sione di un risoluto dissenso estetico nei confronti del processo storico in atto ai suoi tempi (6), è solo un pallido riflesso nel racconto di Chia-ra, ove la ripresa di spunti tematici e risorse artistiche del Satyricon è puro gioco letterario, nella totale assenza delle persuasioni che costitui-scono l'intima sostanza dell'opera latina.

Ma l'analogia più curiosa fra i protagonisti delle due narrazioni mi pare di scorgerla proprio nei nomi. Trimalchio è composto formato da

tri, prefisso intensivo, e Malchio, cognomen r-iconducibile a Malchus, cor-rispondente al greco MaA.Xoc;, nome connesso alla radice semitica me-lek, «re» (7). Se si considera inoltre che Trimalchio ricorre unicamente

nel Satyricon, apparirà evidente come Petronio abbia voluto creare già

nel nome un'eco ironico~iperbolica della potenza di cui illiberto cerca di ammantarsi agli occhi dei suoi convitati.

Quanto a Migliavacca, variante di Magnavacca, si tratta, come

sug-(6) È con Domiziano che «i liberti cominciarono ad essere rimpiazzati, nei posti importanti, dai cavalieri» (M. MAZZA, La burocrazia imperiale ed il «consilium princi-pis», in Lineamenti di storia del diritto romano, sotto la direzione di M. Talamanca, Mila-no 1979, p. 527).

(7) cfr. G. PERIN, Onomasticon, tomo II, pp. 184-185, S.V. Malchus. La conferma dell'etimologia qui proposta viene da un passo-di EUNAPIO (Eunapii Vitae Sophistarum, recensuit G. Giangrande, Romae 1956, IV, 4): Ma.À'X,oç 8è Katà ,,",v l:opeov 7t6À\V () llOpq>OP10ç tKaÀ.8i'to tà 7tpro'ta (tOUtO 8è 8ova'tat paatÀta ÀtYE1V). Per il prefisso tri cfr. AEG. FORCELLINI, Lexicon totius Latinitatis, tomo IV, p. 789, S.V. tres.

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248 Giovanni Lupinu

gerisce il De Felice (8), di un cognome frequente in Lombardia, la cui origine è da connettere

al

«soprannome scherzoso o spregiativo

Mangia-vacca o Magnavacca, formato da mangia-o magna-, deverbale di

mangia-re o magnare, e vacca ... Migliavacca è un'alterazione, e un adattamento ipercorretto all'italiano, della forma lombarda maiavacca». Anche in que-sto caso, dunque, la scelta del nome non è casuale ma dotata di una pre-cisa funzionalità nella caratterizzazione del personaggio, evidenziando in particolare tutto il grottesco di cui esso si colora nel corso del racconto. Attorno a Trimalchione ruota nella cena tutta una serie di perso-naggi minori, delle comparse, che hanno la duplice funzione di conferi-re dinamicità al ritmo narrativo e arricchiconferi-re di vivaci pconferi-resenze il formicolante panorama umano . del Satyricon. La figura femminile che meglio si caratterizza nell' ampio compasso della narrazione petroniana è Fortunata, la moglie del potente liberto. Il suo ritratto si inserisce per-fettamente nella galleria degli affreschi del Satyricon, in quanto è con-dotto secondo la consueta tecnica che privilegia il momento dinamico della psicologia, ovvero il suo estrinsecarsi nell' azione, rispetto a un ap-proccio statico ed essenzialmente descrittivo al carattere del personaggio.

Petronio ha deline~to la figura di Fortunata con lo scopo precipuo di creare, affiancandola a quella di Trimalchione, l'immagine di un con-nubio in cui, assente la dimensione affettiva, emerge una comune vo-lontà di conquista del benessere materiale, inteso come il simbolo di un'orgogliosa rivalsa sociale. Un tempo umile schiava (9), la donna ha fornito un apporto fondamentale al consorte nel momento critico della sua scalata verso la ricchezza (lO), per poi trasformarsi in una perfetta massaia e in un' oculatissima amministratrice, la vera topanta di Trimal-chio ne (11).

Anche in questo personaggio femminile l'arbiter elegantiae ha volu-to imprimere i tratti della propria condanna estetica nei confronti della chiassosa ondata di cattivo gusto portata dai «nuovi ricchi» nella società

(8) E. DE FELICE, Dizionario dei cognomi italiani, Milano 1978, p. 157, s.v. Ma-gnavacca.

(9) PETR. 74, 13.

(lO) PETR. 76, 7.

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Piero Chiara e il Satyricon di Petronio 249 romana del primo secolo d.C. È cosi che Fortunata appare al centro di due episodi (12) in cui svela appieno il suo animo rozzo, dapprima esi-bendo i propri gioielli in gara d'ostentazione con un'amica, quindi ab-bandonandosi a un teatrale sfogo di gelosia.

li

racconto di Chiara si presta a interessanti rilievi. La moglie di Migliavacca, Amabile, ricalca infatti con assoluta fedeltà le linee fonda-mentali del personaggio petroniano: proviene da un'umile condizione sociale (13), ha fornito un impulso decisivo alla carriera del marito (14),

e, una volta raggiunta la ricchezza, si è data. a sfoggiarne i segni esterio-ri (u). Persino i due episodi in cui la padrona di casa fa mostra dei pro-pri preziosi e dà luogo a una scenata di gelosia sono puntualmente ripresi nella narrazione di Chiara (16).

Se sul piano della costruzione dei personaggi si può, dunque, evi-denziare un costante riferimento al testo latino, come si rileverà più avanti anche a proposito di altre figure minori, va ora sottolineato che un'ulte-riore prova del recupero tematico la si scorge nell' architettura delle due opere.

Conviene anzitutto notare che il racconto di Chiara accoglie nella sua struttura, come un capitolo autonomo, l'episodio del pranzo (17). La differenza più vistosa rispetto all' omologo passo petroniano va ricer-cata nel fatto che la cena è nel Satyricon l'unico contesto nel quale Tri-malchione fa registrare la sua chiassosa presenza, mentre invece Migliavacca domina in tutto

il

racconto. Ma ciò, come si accennava ini-zialmente, è dovuto alle peculiarità formali della novella, genere breve per statuto, che richiede, per un' efficace caratterizzazione del protago-nista, una sua costante presenza in scena. Una delle risorse artistiche che Petronio sfrutta maggiormente nel dipingere l'affresco della sua ce-na è l'utilizzazione di segmenti narrativi. L'episodio, in altre parole, non si configura come un blocco compatto, monolitico, ma dimostra di

esse-(12) PETR. 67, 6-10 e 74, 9-12.

(13) P. CHIARA, Viva Migliavacca!, cit., p. 214. (14) ibid., p. 214 e p. 224.

(U) ibid., p. 216.

(16) ibid., p. 225 e p. 227. (17) ibid., pp. 223-228.

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re stato concepito secondo un disegno che privilegia la mobilità delle prospettive, l'assemblaggio di una serie di sequenze, dotate tutte di una marcata vivacità, finalizzato alla realizzazione di un ritmo narrativo estre-mamente vario. Un tale espediente comporta la presenza, nel nucleo nar-rativo centrale, di un gran numero di sottoepisodi.

A una rapida lettura comparata apparirà evidente che Chiara ha ricavato dal modello petroniano, nel concepire lo schema del pranzo che pure è presente nella sua novella, non soltanto la tipica tecnica dei seg-menti narrativi, ma anche la disposizione complessiva e le tematiche che tali segmenti caratterizzano.

La cena è introdotta nella narrazione petroniana mediante un

pas-saggio narrativo che porta subito in medias res, segnando una cesura pro-fonda fra l'episodio di Quartilla (18) e quello di Trimalchione: Venerat iam tertius dies ... (19).

TI racconto di Chiara, in singolare corrispondenza, mostra una formula di transizione che, mediante una notazione temporale, introduce bruscamente la scena del pranzo e produce un distacco netto dalla vicenda precedente: «Qualche giorno dopo ... » (20). La conferma della non casualità del riscon-tro è offerta dalla traduzione di questo passo che Chiara fornisce nella ver-sione del Satyricon da lui stesso curata: «Dopo tre giorni ... ».

Anche il modo in cui i padroni di casa si presentano ai convitati rivela strette analogie. Trimalchione compare con indosso un pallium coccineum e una laticlavia mappa circa cervices (21), cioè un mantello scarlatto e un tovagliolo orlato di porpora intorno al collo: in ciò mani-festa subito una propria fissazione-ossessione, uno spettro che, evocan-do, cerca di esorcizzare, ossia il colore rosso, simbolo di uno status, quello senatoriale, a lui precluso.

Migliavacca, dal canto suo, è descritto «col tovagliolo al collo», «mez-zo sdraiato sulla sua poltrona rossa» (22): vengono dunque recuperati i due particolari del fazzoletto intorno al collo e del colore rosso.

(18) PETR. 16-26, 6. (19) PETR. 26, 7.

(20) P. CHIARA, op. cit., p. 223.

(21) PETR. 32, 2.

(12)

Piero Chiara e il Satyricon di Petronio 251

E, anche questa volta, che Chiara dipenda dal suo modello latino lo si evince dal fatto che il rosso-porpora ha un ben preciso significato se rapportato a Trimalchione, ma non più se riferito a Migliavacca, ché il rosso, nel secondo dopoguerra, è evocatore di simboli che mal si addi-cono al personaggio borghese di Chiara.

L'evidenza comparativa diventa assoluta nell' episodio del vino. In esso Trimalchione, dopo aver offerto del Falernum Opimianum anno rum

centorum (23), si abbandona a una desolata considerazione filosofica

sul-la caducità delsul-la vita umana, condensata nell' apoftegma diutius vivit

vi-num quam homuncio (24). Conclude infine il suo intervento con queste

parole: Verum Opimianum praesto. Reri non tam bonum posui, et multo honestiores cenabant (2~).

L'allusione a quanto avveniva in Petronio è palmare nel racconto di Chiara, laddove Migliavacca, al suo esordio verbale nel pranzo, dice: «Amici, questo è un Barolo del 1889! Ahimè! Il vino vive più a lungo degli uomini. Ieri, che avevo a tavola gente meglio di voi, non ho sfode-rato un vino simile!» (26). Anche in questo caso, dunque, la comparsa di un vino d'annata offre lo spunto al padrone di casa per meditare sulla fragilità dell'uomo e per invitare i commensali, in un brusco risveglio di zotichezza che contrasta col precedente slancio filosofico, a valutare adeguatamente la ni.unificenza del gesto.

Nella cena petroniana viene poi l'episodio della conversazione, fra Encolpio e un commensale, che ha come oggetto Fortunata: Uxor Tri-malchionis, Fortunata appellatur, quae nummos modio metitur. Et modo, modo quid fuit? Ignoscet mihi genius tuus, noluisses de manu illius panem accipere ... haec lupatria providet omnia... (27).

La sequenza narrativa è ripresa da Chiara non soltanto nelle linee esteriori, ossia riportando le considerazioni poco cortesi di due commensali circa la padrona di casa, ma anche nella sostanza delle notizie che da un tale discorso si ricavano. In particolare, come si è in precedenza

no-(23) PETR. 34, 6.

(24) PETR. 34, 7.

(2') ibid.

(26) P. CHIARA, op. cit., p. 224.

(13)

252 Giovanni Lupinu

tato, viene ribadita l'importanza della donna, Amabile, nell'ascesa eco-nomica del consorte e la sua modestissima estrazione sociale: «Vede tutto e conta tutta. È stata lei a pilotarlo verso la fortuna. Da giovane faceva la puttana» (28).

Ancora, nel prosieguo della cena, Petronio introduce la figura di

un libi!inarius, uno dei tanti personaggi minori che, quasi di passaggio,·

si affacciano nel Satyricon e concorrono a meglio caratterizzare l'ambiente sociale nel quale 1'opera si colloca. Di lui veniamo a sapere, dal vario discorrere che si consuma alla mensa di Trimalchione, che sesterUum suum

vidi! decies, sed male vacillavi! (29): un rappresentante della folta schie-ra dei liberti che fecero fortuna nel primo periòdo della Roma imperia-le, una meteora che illuminò il firmamento sociale del tempo per un breve attimo e poi scomparve. Riguardo a questo personaggio occorre rilevare principalmente che compare un istante nella narrazione petroniana, ve-de rievocata la propria vicenda di granve-dezza e di ve-declino e poi esce ve- defi-nitivamente di scena .

. Anche in questo caso il parallelo nel racconto di Chiara è evidente, laddove si accenna a un convitato, tale commendator Corda Fustacchi: «Lo vede quello là con la cravatta bianca? Ebbene, solo dieci anni fa aveva più soldi del Migliavacca. Poi è crollato» (~o). L'analogia con 1'e-pisodio petroniano è molteplice, coinvolgendo:

a) la caratterizzazione del personaggio, nei tratti dell'uomo che ha vissuto una breve stagione di ricchezza e poi è fallito; b) la tecnica me-diante la quale questa comparsa è introdotta nella narrazione, che sfrut-ta 1'approccio indiretto costituito dalla conversazione di due commensali; c) il ruolo da essa svolta nel racconto, marginale e comunque limitato soltanto a questo contesto.

La lettura comparata delle due opere offre ben presto la possibilità di ulteriori riscontri. In una fase già avanzata della cena giunge al tricli-nio di Trimalchione illapidarius Abinna accompagnato dalla moglie Scin-tilla (31). Fortunata raggiunge la nuova arrivata e applicat se illi toro, in

(28) P. CHIARA, op. cit., p. 224.

(29) PETR. 38, 12.

(30) P. CHIARA, op. cit., p. 224.

(14)

Piero Chiara e il Satydcon di Petronio 253

quo Scintilla Habinnae discumbebat uxor, osculataque plaudentem «Est te

-inquit- videre?» (32). Le due donne, quindi, si mostrano

reciprocamen-te i gioielli, in una sorta di gara nella quale si inserisce lo sreciprocamen-tesso Trimal-chione, facendo sfoggio di un'armilla di peso considerevole (33).

Chiara ha ricalcato ancora una volta l'episodio petroniano con estre-ma evidenza nelle sue linee fondamentali: «Verso la fine del pranzo ar-rivarono altri amici, fra i quali ... lo scultore Triacca con la moglie Sara ... Sara andò ad abbracciare la moglie del Migliavacca, che se la fece sede-re vicino. Cominciarono subito a mostrarsi i gioielli, a soppesarli e a sti-marseli vicendevolemente ... » (34).

Non si può fare a meno di rilevare come in questo caso trae confer-ma un'impressione che va ben oltre l'idea del semplice riscontro teconfer-mati- temati-co, in quanto assistiamo alla ripresa di particolari anche minuti del testo latino. Non soltanto, cioè, si ritrova il motivo dell' arrivo di nuovi ospiti o l'episodio dello sfoggio dei gioielli, ma si nota altresì che è identico il mestiere esercitato da Abinna e da Triacca, ed è pure riproposta da Chiara la descrizione delle affettuosità che le donne si scambiano nel sedersi vicino. Anche il particolare di Amabile e Sara che «soppesano» i loro preziosi, che parrebbe di non scorgere nel testo petroniano, a una lettura più attenta appare desunto dal luogo in cui è Trimachione stesso a far pesare il proprio braccialetto: l'episodio del Satyricon, dunque, se pure non recuperato in via diretta, è evocato in chiave allusiva.

Segue poi la gustosa scena degli schiavi e del testamento. Trimaichio-ne, in un impeto di filantropia, ammette la sua familia alla mensa, commen-tando che et setVi homines sunt et aeque unum lactem biberunt, etiam si illos malus fatus oppresserit (,,). Né la generosità delliberto si limita soltanto a questa concessione, prevedendo anche una serie di liberalità, indicate nel testamento, da concedersi agli schiavi alla sua morte (36).

L'episodio parallelo che Chiara dispone nel suo racconto ripropone tanto il tema del personale domestico accolto nel convito del padrone

(32) PETR. 67, 5.

(33) PETR. 67, 6-8.

(34) P. CHIARA, op. cit., p. 225.

(") PETR. 71, 1.

(15)

254 Giovanni Lupinu

di casa (37), quanto quello della menzione dei servitori nel testamen-to (38). È interessante anche notare come il senso delle considerazioni che Petronio faceva esprimere a Trimalchione riguardo agli schiavi sia pienamente rispettato nelle parole che Chiara pone sulle labbra di Mi-gliavacca: «Questi per me non sono dei dipendenti, dei servitori: sono degli amici ... Potevo essere uno di loro ... » (39). Vi è in questo discor-so, resa ancora più esplicita da quel «potevo essere uno di loro», l'eco dell' attèggiamento di sincera comprensione delliberto nei confronti di chi si trova in una condizione che in passato egli stesso ha sperimentato. E ancora, nella cena segue il brano (40) in cui Trimalchione chie-de al marmista Abinna ragguagli circa il monumento funebre commis-sionatogli e, dopo aver fornito istruzioni riguardo alle sue caratteristiche costruttive, predispone adeguate misure affinché una volta morto non si rechi oltraggio alla sua tomba: Praeponam enim unum ex libertis sepul-ero meo custodiae causa, ne in monumentum meum populus cacatum cur-rat (41). Stabilisce inoltre che la statua della moglie dovrà essere affiancata alla propria (42) e indica quella che sarà la sua epigrafe fune-raria: «c. Pompeius Trimalchio Maecenatianus hic requiescit. Huic sevira-tus absenti decresevira-tus est. Cum posset in omnibus decuriis Romae esse, tamen noluit. Pius, fortis, fidelis, ex parvo crevit, sestertium reliquit trecenties, nec unquam philosophum audivit. Vale. - Et tu» (43).

Migliavacca, in perfetta corrispondenza nella narrazione di Chia-ra, dà allo scultore Triacca l'incarico di scolpirgli un monumento da eri-gersi in piazza, e ne indica le misure (44); vuole che un tale monumento sia cinto da una cancellata « ... perché il popolo non venga a pisciarmi addosso» (4') , che ai suoi piedi venga posta la statua della moglie,

(37) P. CHIARA, op. cit., p. 225.

(38) ibid., p. 226. (39) ibid., p. 225. (40) PETR. 71, 5 SS. (41) PETR. 71, 8. (42) PETR. 71, 11. (43) PETR. 71, 12.

(44) P. CHIARA, op. cit., p. 226.

(16)

Piero Chiara e il Satyricon di Petronio 255 quando questa morrà, e che su di esso compaia il seguente epitaffio. «PA-RIDE MIGLIA VACCA / Cavaliere del Lavoro / Dottore.honoris causa / Intelligente, forte, onesto. / Creò dal nulla un impero di lavoro e di be-nessere / per la patria, per l'umanità» (46).

Anche questo segmento narrativo è stato recuperato da Chiara dal

Satyricon e assemblato nel nuovo contesto del suo racconto. In

partico-lare occorre rilevare la straordinaria convergenza delle immagini che i due personaggi intendono creare di sé mediante le epigrafi, in entrambi i casi il ritratto dell'uomo che si è fatto dal nulla, che ha saputo costrui-re un'immensa fortuna contando unicamente sulle sue capacità e sulla sua intelligenza e che, nel momento della morte, cerca di rendere meno transitoria la propria grandezza terrena affidandola a un monumento da custodire gelosamente.

Le due opere proseguono ancora parallele nel descrivere il pianto generale suscitato da quell'accenno alle tombe (47).

A chiudere l'uno e l'altro banchetto, l'episodio dell' alterco, per ra-gioni di gelosia, tra marito e moglie. Essendo entrato nel triclinio un

puer non inspeciosus, ... in1Jasit eum Trimalchio et osculari diutius coe-pit (48). Fortunata, sentendosi oltaggiata nelle sue prerogative di mo-glie, inveisce contro il consorte, il quale, per tutta risposta, le scaglia un calice in faccia (49). In lacrime, la donna cerca rifugio presso l'ami-ca Scintilla, che trepidantem sinu suo texit (50). Esplode Trimalchione:

Quid enim, ambubaia non meminitde se? De machina illam sustuli, homi-nem inter homines feci ... (51); poi rivolto al marmista: Habinna, nolo statuam eius in monumento meo ponas, ne mortuus quidem· lites ha-beam ('2). TI liberto cerca quindi di giustificarsi, affermando di aver ba-ciato il ragazzo non propter formam, sed quia frugi est ('3), spinto cioè

(46) ibid.

(47) PETR. 72, 1, cfr. P. CHIARA, op. cit., p. 227. (48) PETR. 74, 8. (49) PETR. 74, 9-10. ('o) PETR. 74, 12. (51) PETR. 74, 13. ('2) PETR. 74, 17. ('3) PETR. 75, 4.

(17)

256 Giovanni Lupinu

non da pulsione erotica, ma da un sentimento di tenero affetto nei con-fronti di quel puer cosi diligente.

La cena ha termine con una macabra messinscena in cui

Trimal-chione si finge morto e simula il proprio funerale ('4).

La sequenza narrativa, che pure è estremamente complessa e arti-colata, è identica nd racconto di Chiara. Migliavacca, sorpreso da Amabile in un momento di intimità con una ragazza del suo entourage di parassi-ti, reagisce alle percosse di quella lanciandole alcune palline di gelato in volto (,,); la donna, tradita e umiliata, scoppia in pianto. e corre «a nascondere la faccia in seno a Sara» ('6). Sbraita Migliavacca: «Disgra-ziata! Quanto mai ti ho tolto dalla merda! ... Ho fatto di te una regi-na ... » ('7); e rivolto allo scultore: «Triaccà! Nel monumento ci sarà una figura sola: la mia, in piedi .. Ti proibisco di ritrarre questa donna!» ('8).

Anch' egli, come Trimalchione, cerca di giustificare il pro1?rio compor-tamento, definendo le sue attenzioni per la ragazza «un gesto

di

affetto paterno» ('9), 1'estrinsecazione di un sentimento che, lungi dal merita-re biasimo, andmerita-rebbe casomai lodato. Esclude quindi la moglie dal te-stamento e si chiude nel più ostinato silenzio: « ... sdraiato nella poltrona con le mani incrociate sul ventre come un morto, ~on ascoltava più nes-suno» (60). Proprio come Petronio, dunque, Chiara chiude l'episodio del pranzo lasciando del protagonista un'ultima immagine di morte.

Al termine di un'analisi di questo tipo, condotta sui segmentinar-rativi e sulla loro disposizione complessiva, non si può fare a meno di ribadire la convinzione, che è ormai certezza, di una costante attenzio-ne rivolta da Chiara al testo petroniano. Resta, però, ancora da esami-nare uno degli aspetti attraverso i quali lo scrittore lombardo ha attuato la sua opera di recupero della Cena Trimalchionis, ed è quanto si tenterà di fare attraverso una serie di confronti linguistici.

('4) PETR. 78, 5.

(,,) P. CHIARA, op. cit., p. 227. ('6) ibid.

('7) ibid.

('8) ibid., p. 228. ('9) ibid.

(18)

Piero Chiara e il Satyricon di Petronio 257

Si è già accennato ripetutamente all'importanza che riveste la dif-ferente misura narrativa delle due opere in esame nel condizionare le modalità della transcodificazione operata da Chiara nel suo accostarsi al testo latino, ma occorre introdurre a questo punto una distinzione, valida almeno in linea tendenziale.

Laddove

il

narratore fa uso, tanto nel Satyricon quanto in Viva

Migliavacca!, del discorso indiretto, Chiara mantiene la proporzione

che rapporta la novella al romanzo, riprendendo di scorcio, specie in chiave tematica, episodi e spunti che nella cena sono sviluppati più diffusamente. Laddove, invece, in parallelo nelle due opere ricorre il discorso diretto, si assiste spesso a una maggiore specularità delle narrazioni, nel senso di una più manifesta sovrapponibilità: è in que-ste circostanze soprattutto che lo scrittore lombardo attinge al Satyri-con non soltanto in una prospettive tematica ma anche linguistica. Lo dimostrano con estrema evidenza alcuni stringenti confronti tra l'o-pera di Petronio, la traduzione del Satyricon di Chiara e il testo narra-tivo dello stesso autore.

a)

b)

c)

Petronio Chiara '69

Eheu, ergo diutius «Ahimè dunque il

vi-vivit vinum quam no vive più a lungo

homuncio! dei miseri uomini!>~

Reri non tam bo- «Ieri, che avevo a

ta-num posui, et mul- vola gente meglio di

to honéstiores ce- voi, non ho fatto

ser-nabant. vire un vino simile!»

. .. metitur ... provi- « ... conta ... vede

tut-det omnia ... to ... »

(61) PETR. 34, 7, cfr. P. CHIARA, op. cit., p. 224. (62) PETR. 34, 7, cfr. P. CHIARA, op. cit., p. 224.

Chiara '82 «Ahimè! Il vino vive più a lungo degli uomini» (61).

«Ieri, che avevo a ta-vola gente meglio di voi, non ho sfoderato un vino simile!» (62)

«Vede tutto e conta tutto» (63).

(19)

258 Giovanni Lupinu

d) ... male vacillavit. « ... poi andò a gambe «Poi è crollato» (64). all' aria ... »

e) Pius, fortis, fidelis, ex parvo crevit ...

«Pio, forte, fedele, benché venuto dal nulla ... »

«Intelligente, forte, onesto. Creò dal nul-la un impero ... » (65) f) ... sinu ... texit. « ... coprirla col ... se- « ... nascondere ... in

no ... » seno ... » (66) g) De machina illam «L'ho raccolta fra gli «... ti ho tolto dalla

susiuli, hominem inter schiavi e ne ho fatto merda~... Ho fatto di

homines feci. una signora tra le te una regina ... » (67)

signore.»

Dai brani messi a confronto. si possono estrapolare alcune parole ed espressioni-spia del gusto con cui Chiara, nell' attingere al testo lati-no, abbia voluto mantenere nella novella l'effetto semantico presente nella sua stessa versione del Satyricon. In quest'ultima, in particolare,

il

singolare homuncio è reso col plurale «uomini»; è introdotta la sgram-maticatura «gente meglio di voi»; providet è ripreso in italiano col sem-plice «vede»; è presente l'avverbio «poi», di cui non è traccia nel testo latino; infine,

il

sintagma ex parvo è reso con «dal nulla». Tutte queste minute divergenze dall' originale latino sono presenti anche nei passi pa-ralleli del racconto dello scrittore lombardo, a conferma dell'impressio-ne che Chiara, accostandosi a Petronio,abbia fruito del tramite costituito dalla propria traduzione.

Laddove, invece,

il

valore semantico non può essere conservato, si assiste a un adattamento dei significati alla realtà odierna, attraverso un lavoro di interpretazione. È in questa prospettiva, per esempio, che

a pius corrisponde «intelligente», o che l'espressione de machina,

com-plice un vistoso allargamento semantico, diventa «dalla merda».

(64) PETR. 38, 12, cfr. P. CHIARA, op.cit., p. 224.

(6') PETR. 71, 12, cfr. P. CHIARA, op. cit., p. 226.

(66) PETR. 74, 12, cfr. P. CHIARA, op. cit., p. 227.

(20)

Piero Chiara e il Satyricon di Petronio 259

Queste ultime considerazioni, come pure tutte le precedenti, sono valse a porre in risalto i momenti attraverso i quali si svolge il recupero dell' excerptum narrativo petroniano nella novella di Chiara. A questo punto, però, è legittimo domandarsi quale sia il senso di una tale opera-zione e se esista ·la concreta possibilità di intenderlo, senza il rischio di

scivolare nei tortuosi meandri delle motivazioni che condizionano le scelte di un autore. Fortunatamente è lo stesso Chiara a gettare un barlume di luce su questo problema; egli, infatti, in una brevissima prefazione alla sua versione dell' opera latina, scriveva: «Questa nuova traduzione del Satiricon, che mira a rendere leggibile come un romanzo di oggi il più illustre reperto narrativo dell' antichità, rispetta scrupolosamente il testo originale e lo spirito dell' opera» (68). In conformità a un tale in-tendimento, in questa traduzione non compariva testo latino a fronte né alcuna nota, ma anzi, per «decoagulare la narrazione petronia-na» (69), veniva abolita la tradizionale divisione in capitoli per acco-glierne «una più razionale» (70), e addirittura erano omessi i più lunghi inserti poetici, la Troiae halosis e il Bellum civile. Nella sua personalissi-ma ottica, dunque, Chiara era anipersonalissi-mato dalla persuasione di poter «ri-scrivere e reinterpretare» (71)

il

Satyricon.

Una tale persuasione, possa essa apparire legittima o meno, è il

trait d'union che lega idealmente quella traduzione alla successiva

no-vella: la differenza più evidente consiste nel fatto che, in quest'ulti-ma, lo scrittore lombardo ha potuto recuperare l'opera petroniana, cosl congeniale alla sua fantasia narrativa, senza il vincolo diretto del testo latino,

il

cui ossequio aveva già manifestato di non gradire trop-po. Questa mi pare sia l'intima sostanza del rapporto fra il Satyricon

e Chiara, che, iniziato da oltre quarant' anni, si evolveva continua-mente in nuove forme.

A!

di là di tutto ciò, resta un episodio, quasi un aneddoto, della moderna fortuna petroniana, significativo perchè evidenzia come lo spe-rimentalismo letterario di quest' autore antico, presente tanto nella

for-(68) PETRONIO ARBITRO, Satiricon con trad. di P. Chiara, cit., p. 17.

(69) ibid.

(70) ibid.

(21)

260 Giovanni Lupinu

mula del «romanzo come genere aperto» (72) quanto nell' adesione a un gusto realistico cosl anticlassico, incontri

il

favore delle idee estetiche attuali, a testimonianza, ancora una volta, del fatto che i naufragi o le riscoperte dei testi del passato sono sempre

il

frutto della sensibilità mu-tevole e faziosa dei posteri.

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