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Il Nuovo Istitutore : periodico d’istruzione e di educazione. A.9(1877)

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NUOTO ISTITUTORE

ipaajQQasiD

d’ Istruzione e di educazione.

A nno IVono.

SALERNO

ST A B ILIM EN TO T I P . N AZIO NA LE 1 8 7 7 .

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Anno IX . Salerno, 15 Gennaio 1 8 7 1 . N .1 1, 2 e 3.

IL NUOVO ISTITUTORE

G IO R N A L E

30’ IST R U Z IO N E E 30X EDUCAZIONE

PREMIATO CON MEDAGLIA DI ARGENTO AL V II CO N G R ESSO P E D A G O G IC O .

Il giornale si pubblica tre volte al mese. Le associazioni si fanno a prezzi anticipati mediante vaglia postale spedito al Direttore. Le lettere ed i pieghi non francati si respingono: nè si restituiscono m anoscritti — P r e z z o : anno L. 8 ; sei mesi L. 3; un numero separalo di otto pagine, Cent. 30; doppio Cent. 50.

G iornali, libri ed opuscoli in dono s’ indirizzino — Alla D irezione del Nuovo Istitu­ tore , Salerno.

SOMMARIO — A g li am ici, grazie ed a u g u rii pel capo d ’ anno — L uigi S ettem b rin i, carm e del prof. Linguiti — P rose giovanili d i F. A e r i — Del secol d ' oro d ’ una lingua — Una quistione d i lingua — L a Crusca e il Fan/ani — Cronaca dell' istru ­ zione — Carteggio laconico — A vvertenza.

iVGLI AMICI E AI BENEVOLI L E T T O R

Chi 6 oggi dei m iseri m ortali, che non si senta cornar gli orecchi e mormorarsi intorno una carezza, un augurio, una benedizione? Chi è che non isciolga la lingua alle cortesie e il cuore ai gentili senti­ menti e ai voti di prosperila e di pace ? Chi non ha garbatezze da contraccam biare, dolci amici a cui volgere il d e sio , giorni più lieti e ridenti da augurare nell’ anno novello ? Ora anch’ io ho egregi a- mici da riverire ; anch’ io ho squisite gentilezze da ricordare ; anch’ io candidi e cordiali augurii da mandare in giro. Io proprio in petto e in persona, onorato di tante care prove di cortesia e di benevolenza, molto vi debbo, o miei cari e valorosi amici, che m’ aiutaste nell’opera degli studi, e vi piacque adornar la mia scura fronte di perle e gioie, le più belle e vistose a riguardare. Oh ! ditemi in fede vostra : quel- 1’ assemblea filologica celebrata qua, in mia casa, il luglio scorso ; quel

sontuoso trattam ento, che ci dette il Cavalier, che tutta Italia onora ;

non è forse il più ghiotto desinare da buongustai e da Gran Sultani ? A quale tavola leccumini sì squisiti e sì appetitosi ? E i m e s ti, e pur dolci, te n e r i, commoventi r i c o r d i di quell’ eletto e affettuoso ingegno

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dell’ A c r i, che musica so av e, flebile, tranquilla ! E le armonie del Linguiti e del S a n i , col nobile e generoso affetto , che le governa , che incanto e dolcezza ! E le venerate memorie di Gino Capponi e d’ Enrico Bindi, non sono cosettine lavorate col flato e degne dell’ aurea penna di chi le scrisse ? E quel p a s s a t e m p o , che levò tanto chiasso e rum ore ? A proposito : ve ne ricorda più di quel patassio ? Pareva volesse venir giù il diluvio universale, e acqua di che tinta ! Ma poi venne la calma e la bonaccia, e le eresie (gram m aticali, s 'in te n d e ) dal mio amico messe in canzone con onesto riso, e dall'avversario sì fieramente difese con 1’ autorità dei santi P adri ; quelle mende , io dico, nella 2 .a edizione di fresco venuta al m ondo, sono scomparse, e, senza parere, e, forse, senza volere, ci s’ è fatto ragione ; se non piena e intera, molta però e tale, che capitata di nuovo sotto i miei occhi, ho potuto spedirle il passaporto, e ora è nel Calendario scolastico della Provincia. Non vi p ar questa una vendetta allegra ? Ma ciò sia detto per transenna, come dicono gli ostrogoti ; e torno subito a quei bravi amici, che sono il Viani, il Rodino, il F crn ari, il Marrucci, il Fornaciari, il B ernardi, il Figliolia, il Romano ecc., i quali m’ han dato una mano a tirar la carretta, senza far troppo cigolar le ruote e ballar la gente. A tu tti voi, e a Piero Fanfani, che quando avea meno gatte a pelare e meno gambe storte da raddrizzare, era uso d’ onorarmi di tanto in tanto ; io mando i più cordiali e sinceri augurii di vita lunga e prospera, e rendo le più colme e fiorite grazie, eh’ io sappia maggiori.

Quel ch'io v i debbo, (v e lo vo’ dire in versi di g a la ) posso di parole Pagare in parte, e d' opera d’ inchiostro :

Nè che poco io vi dia da im putar sono; Chè quanto io posso dar, tutto vi dono.

Chi sa, che voi altri, gente da andare in broda di succiole per uno starnuto dell’ Alighieri e del Petrarca, non facciate lieto viso al mio classico ringraziamento, e in grazia dell’ Ariosto non mel meniate buono ! Ma poi, signori e padroni cari : 0 bere o m angiare, disse una birba di tre cotte : di qui non se n’ esce. Sicché o contentarsi a questa m inestra, o pigliar aria dalla finestra, e buci !

Saldati i conti con voi, e sì lau tam en te, mi restano certe altre p a rtite lle da aggiustare con alcuni di troppo buona cottoia ; i quali spasimano di me e dei fatti m iei, e ora mi lanciano brevi e sorrise p a r o le tte , ora s g u a rd i teneri e affettuosi, ora m elati e gentili com.

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p lim e n ti, che si chiamano ancora m adrigali. Ne volete uno caldo caldo, com’ è uscito dal forno ? Eccolo qua :

Salerno et Novo eius Institutori Geminos L inguiti et Jos. Oliverium

Gratulatur N . N.

Una Salernus habet Geminos, Geminisque sod alem , Illis lingua et huic nomen oliva dedit.

Im peritura p arit Geminùm vis aurea Linguae, P artaque, j i e pereant, pinguis Oliva linit. Caetera si deessent decoris monumenta, Salerno

Nonne satis Geminum lingua et Oliva forent?

Ma qui non si scherza : sentite, e preghiamo il cielo che arrida più propizio in quest’ anno all’ infermo amico e raro valentuomo ! — « Mio caro — Da 18 mesi mancava da Napoli (è prof, pareggiato di lettere latine in quella R. U niversità); colpito da fiero attacco nervoso, mi portarono in Calabria, senza che ne avessi coscienza. Tornato qui (Napoli) per consultare i medici, ho una cara visita del tuo N . Istitu ­

to re... dopo 18 m esi! E d io l ’ ho letto, benché i medici me 1’ abbian

tolto di mano , e l’ ho riletto col c u o r e , con cui un esule sente la canzone della patria lontana. Sono senza un libro ! i medici mi proi­ biscono di scrivere perfino una lettera, e fanno bene: mi tolgono così 1’ occasione di scrivere sciocchezze ! Pure, ripensando a te e a cotesti cari Linguiti, m’ é scappato dalla penna lo stram botto, che ti offro, dicendoti: Extremuh monus morientis iiabeto ! — F ra i ricordi, che mi cruciano , uno è come l ’ avoltoio di Prometeo ( scusa se paragono i viburni ai c ip r e s s i! ) . Di poesie latine avea più che cento, fra mille altre in verso , e prosa italiana. Il Tommasèo , il Vallauri ed altri com petentissim i, ai quali solea recitarne q u alcu n a, m’ incoraggiavano a pubblicarle , ed io stava rivedendole qua e là , quando colto dal male, esco di s e n s i, e tutte le mie c a r te .... tu tte ! furono bruciate in mia presenza ! — Sento il campanello. Dio liberi, che il medico mi trovi scrivendo! A ddio... t u , che fosti dim idium animae m e a e , addio. »

Chi non sentesi stringere il cuore a sì dolorosi accenti ? Scrissi subito con le lagrime agli o c c h i, chiedendo migliori n u o v e, ringra­ ziando del gentile epigramma , e mostrando ripugnanza di pubbli­ carlo ; poiché si ci sente lontano un miglio il cuore ; il quale non

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ragiona e ama d ’ abbondare in garbatezze e in cortesie. Risposemi affettuoso e sereno, dicendo che non gl’ impedissi di m anifestare ciò,

che reputava vero, e che non avessi scrupoli ; poiché era sempre N. N. che parlava. E d io, non p er v an ità, nè p er sup erbia, (chè non son » così minchione da non saper fare la tara alle cortesìe dei benevoli) ma per compiacere l ’ illustre p ro fesso re, mi metto la modestia in tasca , e stampo tale e quale 1’ epigramma. Così il cielo accogliesse 1’ augurio , che oggi invio dal cuore al mio povero e diletto amico ! — 0 , ma chi sarà mai tanto valorosa e degna persona ? — Sacra è la volontà degli uom ini, e conviene lealm ente osservarla e risp ettarla. P u re, chi n’ abbia vaghezza e non sappia acconciarsi al m istero, tiri un po’ a indovinare e provi a rileggere una bella e cara elegia la tin a , che riportai là, il mese di marzo del 1 8 7 5 . F orse, leggendo attenta­ mente, confrontando quei versi a questi dell’ ep ig ram m a, osservando bene 1’ andatura dello stile e la foggia classica del poetare, chi s a , scoverà la lepre ; e sarà tutto merito e opera sua ; chè i o , voi lo vedete, non ho lasciato trapelar n u lla , e sono stato più bravo d’ un caporal tedesco, duro e muto.

Ora dovrei m utar tuono, non s o n a ta , e venire ad altre gentilezze c benevolenze, piovutemi di questi giorni. 3Ia a noverarle tu tte e a renderne le debite grazie singolarm ente, andrei nell’ un via uno, col risico di rom per la divozione alla gente. Onde agli amici ed agli as­ sociati, che mi voglion del bene, io, così in generale, auguro il buon anno e sorti migliori e più prospere. Q uelli, che oggi tengono in mano la b acch etta, son venuti su fra gl’ inni e le benedizioni del prossimo, ed han promesso mari e monti. Son gente, che han pagato lo scotto loro per la redenzion d’ Italia ; l’ amano ; la voglion civile e felice, e per esser tanti anni stati in basso, dovrebber conoscer già le magagne a cui applicare i cerotti ; i giusti e legittim i desiderii da a p p a g a re , e le utili e savie riforme da compiere. Già q u alcosellina, come 1’ au­ mento del decimo ai m aestri elem e n ta ri, 1’ han fatta ; e altri magri disegni di leggi pendono innanzi al Parlam ento, intesi a giovare pian pianino le scuole e la buona educazione. Di co rb ellerie, s’ intende , faranno anch’ essi la parte loro ; tanto per non far vedere eh’ era un’ oca co lu i, che scrisse : Homo s u m ; et nihil fiumani a me alienum puto. Il guaio è, che troppo presto n’ han fatta qualcuna ; esempligrazia, i

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che massicce carote ! Bla non si vuol per questo buttarsi alla dispe­ razione e al piagnistèo. Se ancbe Maometto oggi la pretende a libe­ rale , non dobbiamo noi aspettarci 1’ età dell’ oro , o quella almeno dell’ argento , o di qualche altro metallo prezioso ? E cullati in sì dolci e care speranze , buon d ì , buon anno , e il ciel ci liberi di beccarci una presa di codini dal Turco incivilito !

Salerno, il capo d’ anno del 1877.

I l Nuovo Istitutore.

I N M O R T E

131 L U IG I S E T T E M B R IN I

P A R M E

Oh p a rla te som m esso ! A lui ch e m uore Id o la tra d’ Ita lia il su o n non g iu n g a D elle n o s tre co n tese ! 1 oh le se re n e O re non tu rb i del suo di sup rem o Q uesta g u e rra d’ o ltra g g i e di calunnie C he l’ Ita lia c o n tris ta ! oh e h ’ ei n o n dica N el p a rtirs i d a noi :• son q u esti i giorni C he s o rrid e a n sì belli a l mio p en siero N e ll’ o rro r della c a rc e re ! ed è questo Q uel popol degno di sublim i fati

P e r cui ta n to soffersi ! » A hi m e n tre intorno, N ell’ a s p re lo tte , d ell’ Ita lia il nom e

Sulle la b b ra risu o n a , e d en tro i cuori F erv o n o a v a re am biziose voglie,

U n cor pi sp e g n e ov’ è d’ Ita lia im p re ssa L ’ im m a g in e .a d o ra ta , un co r c h e a rd e a D e’ più nobili affetti. 0 S ettem brini, In noi cui sa c ro è della p a tria il cu lto , D ella tu a g e n e ro s a a n im a a rd e n te Si tra s fu s e u n a p a rte .

In quell’ o scu ra O rrid a n o tte del se rv a g g io , in m ezzo A lle sa c re ru in e e fra le tom be De’ n o stri p a d ri p a s s e g g ia v a solo

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In sè ra c c o lto un giovin ch e m a n d a v a F u o r d ell’ occhio i b alen i irreq u ieti D’ un sublim e p en sier. D alle ruine, D al fondo d e ’ sep o lcri a lui v eniva U n a voce p o sse n te , e so tto i piedi F re m e r se n tiv a il ce n e re degli avi. A vederlo sì m esto e sì p en so so , Q uale a rc a n o dolor, d ic ea la g e n t e , N el fior degli anni lo c o n trista ? E d ei : E s u lta te a l b a n c h e tto d ella v ita ,

0 voi ch e il lu tto non se n tite e 1’ onte D ella p o v e ra sc h ia v a ! oh m a la sc ia te

C h ’ io co m p ia il mio destino.

U n gio rn o in R o m a , 1 M en tre in p re d a alle fiam m e e ra u n volum e C h e ric o rd a v a i g lo rio si tem pi

A ’ nepoti d e g e n e ri, un ro m an o

B alz a n d o in piè : m e p u r, g rid ò , g itta te In quelle fia m m e ; im p re ssi in m en te io serbo Q uei g e n e ro si esem pli. » Il g rid o istesso U sc ir p a r e a d a ll’ an im a sd e g n o sa

Di quel giovine a u d a c e : « oh ! non si sp en se N eg li e s ilii, n e ’ c a r c e r i , s u ’ p a lc h i

Il sa c ro foco : d e ’ sublim i veri 10 sa rò b a n d ito re. » E ri tu q u ella A n im a a rd e n te ; e l’ ira ed il dolore D ell’ italo se rv a g g io a te d al volto,

D agli occhi sfa v illa v a ; e un dì q u ell’ ira, Q uell’ intim o dolor si fe p a ro la , 2

E ci risc o sse e d’ in su eti affetti 1 n o stri cuori a c c e s e , e quello s tra le C he p o rta v i n e l se n o , a ’ n o stri fianchi Si confisse profondo. A llo r se re n o C ol p e n sie r, coll’ affetto io mi a v v o lg e a Sotto il ciel d e lla G re c ia , e l’ infelice F a to d’ Ifigenia, v ittim a s a c ra ,

11 m io co r com m ovea. M a la tu a voce D a quelle c a re im m agini m i tr a s s e

1 Un giorno, m entre si bruciavano, p e r ordine del Senato, le storie di Cremuzio C o rd o , un R om ano , balzando in p ie d i, gridava : Cacciate m e pu re nelle fiam m e, perchè io so quelle storie a mem oria.

2 È la P ro testa del popolo delle D ue S icilie s c ritta dal Settem brini, e divulgata nel 1847 sotto il titolo di Cuore trafitto.

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A più te rrib il vero. U n’ a ltr a , u n ’ a ltr a Ifigenia n e l suo dolor più b ella

D evota a m o rte ebbe il mio pianto. A raldo D e’ nuovi te m p i, q uella tu a p a ro la

Si diffuse nel popolo, e se c re to

C rebbe il suo sdegno: a rd im e n to sa a lte ra P e n e trò n e lla re g g ia , e di p a llo re

C operse il volto del tira n n o , e v in s e , E l’ ita la b a n d ie ra in sulle to rri O ndeggiò di S an t’ Elm o. Oh lieti giorni D ella p a tria ris o rta ! e p e rc h è m ai Sì rap id i fu g g iste ? oh bei deliri D ella tu a giovinezza ! oh v a g h i sogni Dell’ a rd e n te tuo cor, d a cui nel fondo D’ u n a p rigion ti rid e s ta s ti ! A llo ra F e ’ suo l’ Ita lia il tuo d o lo re ; e b e lla Di g lo ria e di s v e n tu ra a noi dinanzi

Isp ira tric e d’ ogni e c c e lsa c o sa S tette l’ im m ag in tu a n e ’ dì più rei D ell’ italo se rv a g g io . O r ci ap p ariv i A piè d’ un p alco con a lte ra fro n te , M en tre p re sso a m o rir 1’ estrem o addio 1 M an d av i a lla tu a G igia, e a noi s e m b ra v a Quelle p a ro le udir, ch e la sublim e

V o lu ttà del m artirio e il più ge n tile Soave affetto, ch e la p a tria e Dio, T e r ra e cielo confusi in un a m p lesso P re s s o a lla to m b a t ’ isp ira ro . Oh ! m ai P iù sublim e p re g h ie ra a l ciel non sa lse 2

1 II S ettem brini, in quelle ore che asp ettav a la sentenza, che fu di m orte, scrisse con fermo e sereno animo affettuosi conforti alla m oglie desolata : com andasse al c u o re; serbasse la vita pe’ figliuoli : qualunque sia p er essere il suo fato, non m an­ cherebbe a sè stesso ; nè ad essa e a ’ figliuoli farebbe v e rg o g n a , eh’ e’ fosse m orto in sulle forche : anzi un giorno ne sarebbero onorati. L asciava loro tre p recetti : credere e ad o rare Iddio ; am are la fatica ; am are sopra ogni cosa la p atria. Così b e n e d irli, abbracciarli, prom ettere che l’ anim a sua s a rà sem pre con esso loro congiunta.

2 Ecco la p reghiera a D io , colla quale il Settem brini, conchiude la su a lettera alla moglie : « Mio Dio, ti ringrazio di quello che operi in me ; anche in questi m o­ menti io ti sento, ti riconosco, ti adoro, e ti ringrazio. Mio Dio, consola la sconso­ latissim a m oglie m ia e dàlie forza a sopportare questo dolore. Mio Dio, p ro teg g i i miei figliuoli, sospingili tu verso il bene, tirali a te, essi non hanno padre, son figli tuoi : p reservali da’ vizi : essi non hanno alcun soccorso dagli u o m in i, io li racco­ mando a te, io prego p er loro. Io ti raccom ando, o mio Dio, questa p a tria ; dà senno a quelli che la re g g o n o , fa che il mio sangue plachi tu tte le ire e gli odi di p a r t e , ’ che sia l’ ultimo sangue che sia sparso su questa te r ra desolata... »

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Di q u ella ch e ti u scì dal co r profondo In quelle o re solenni. O r ci p a re v i Di ceppi av vinto, m a tran q u illo in v o lto , Sereno, com e un m a rtire , e fidente N e ll’ av v en ire. U n a c e le ste form a T a lo r ti v isita v a ; e r a l’ id ea D ell’ Ita lia fu tu ra . E tu ra p ito S o av e m e n te rim an ev i in quella Sublim e visione. E il prigioniero A te com p ag n o nel dolor stu p ìa A v e d e r d e ’ tuoi lab b ri il dolce riso E 1’ e sta si degli occhi. E se ta lo ra Il dubbio ti a s s a liv a e lo s c o n f o rto , E cco la c a r a im m ag in e so av e D ella tu a G igia e della tu a figliuola D ella p rigion le te n e b re i r r a g g i a v a , E nel tuo p etto ra c c e n d e a 1’ am o re E la sp em e s m a rrita . E di pen so so D olore o m b ra ta ogni a n im a gen tile T e v e le g g ia n te p e r lo n tan o esiglio S eg u la col suo p e n s ie r o , a llo r ch e a ssiso Sul c a s s e ro vedevi a te dinanzi

F u g g ir le au so n ie rive, e g li occhi tuoi P a re a n fuori d a ll’ o rb ite s la n c ia rsi A s a lu ta r l’ Italia. A hi non sp e ra v i Di riv e d e rla p iù , m e n tre l’ id ea

V a g h e g g ia ta d a t e , sfo rza n d o i f a ti, G ià le b ra c c ia a p p re s ta v a a v e n d ic a rti, A v e n d ic a rti ! oh m ai q u e sta p a ro la , N è p u r quando il carn efice in g o m b ra v a Del c a rc e re la s o g lia , e a te dinanzi P e n d e a su l palco la fe ra l b ip e n n e , U sc ì d alle tu e la b b ra .

E nel trionfo, N e’ trip u d ii d’ un popolo r is o rto ,

C oll’ o rm e del m artirio in volto im p r e s s e , C o’ so lch i a n c o r della c a te n a a ’ polsi, M a se n z ’ ira nel cor, se n z a ra n c o re T i rivedem m o. E fra le infam ie e il lezzo C he g ra v e sp ira d a ’ co rro tti tem pi, In te m e ra to la tu a fro n te e rg e sti S ulla g o r a fa n g o sa. E com e u n g io rn o , In su lle sc e n e a rg iv e in fra il tum ulto

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D e’ co n citati affetti e le n efan d e O rrid e s t r a g i , u n a tra n q u illa e m ite D alle arm onie del Coro e te re a calm a Sull’ anim e sc e n d e a ; ta l fra i d elirii, T r a le fu re n ti in san e u rla di p le b e , F r a le a g o n ie d e’ subiti g u a d a g n i D alla tu a voce, da lle tue sem bianze A u ra d’ a m o r sp ira v a . E se ta lo ra N e ll’ a rd o r delle lo tte o sc u ra nube Di procelloso sd e g n o a te la fronte P a r e a v e la r e , e to rb id e faville M a n d a r la tu a p a r o la , e r a s e re n o , E r a m ite il tuo co re. E se n e ’ voli D ella ra g io n c h e c e rc a il v e ro , e te n ta Solver 1’ e n ig m a d e lla v ita , il vero D’ o m bre a te si velò, chi fia s a e tti S ovra u n a to m b a dove Ita lia g e m e ,

Lo s tr a i de la r a m p o g n a , a te c h e sem p re Al trionfo di Dio s o v ra la te rra

A ffannoso a n e la v i, e a Dio salivi, Infinita b elle z z a, e il riv elav i

In quei sublim i, in quei gentili affetti, In quelle v a g h e form e onde re s p ira A u ra di g re c a giovinezza ? E d o ra In m ezzo a tan to turbinio ci la sci ! ! O dolce p a d re , addio ! ! S enza sp e ra n z a , S enza desire a m a r le più sublim i, L e più nobili c o se , irra d ia rsi D ella luce del b e llo , e fra le dense C aligini te rre n e entro alle m enti D iffonderla, p u g n a r, soffrir, m orire P e r la P a tr ia e pel v e ro , ecco il trionfo C he gli spiriti in d ia ; q uesto ti re se S acro a ll’ Ita lia , ed or c h e a noi t ’ involi, U n non so c h e divino in su lla te r r a A ’ n o stri sg u a rd i im pallidisce e m uore.

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PROSE GIOVANILI DI FRANCESCO ACRI.

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B O Z Z E T T O DI G A ETA N O VACCARO (1858).

G a eta n o V a c c a ro , m o rto in e tà di an n i venticinque, e ra il com pa­ gno d e lla m ia fan ciu llezza, e fum m o nelle m ed esim e scuole, e so v en te e ra v a m o in g ra n d e em ulazione in o p e ra d ’ in gegno e di studio ; com e se lo stu d io e 1’ ing eg n o g io v a sse ro a p ro c u ra re la felicità d e lla vita. Q uanto a ll' an im a qu esto giovine fu m olto piacevole e lepido, di m a n ie re f r a n c h e , e d’ in telletto sv e g liato m assim a m e n te n elle scienze c h e ri­ g u a rd a n o a lla n a tu ra : q u an to a l corpo, m a g ro a s s a i, di fa ccia p icco la e b ru n a, occhi e voce pieni di vivezza. In tu tte le scu o le stu d ia v a si di p rim e g g ia re ; e i c o m p a g n i, non ch e in v id ia r lo , lo v ed ev an o di buon occhio , p e rc h è e ra g e n e ro so , e li a lle g ra v a col su o p a rla re . Studiò m ed icin a a N apoli. I g en ito ri, c h e av ean o p osto in lui m olte sp e ra n z e e vivevano n e lla v ita di qu esto figliuolo, con a m a ritu d in e m a p a zien ­ te m e n te so p p o rta v a n o la s u a lo n ta n a n z a , im m ag in an d o c h e tr a breve d o v essero ria b b ra c c ia rlo , e g u a rd a r lo , e g o d e rse lo qu an to b a s ta s s e .

D ivenne m edico e to rn ò in p a tr ia e si m ise a e s e rc ita re la su a a rte con ta n to am o re , ch e p a re v a non gli to c c a s s e a ltro la m en te. E g li e r a il m edico di noi g io v a n i; im p e ro cc h é noi d e sid e ra v a m o e c ercav am o lui, il n o stro a n tico com pagno : ed egli ci a s s is te v a tu tti con a ffettu o sa s o lle c itu d in e , b e n ch é, p e r e s s e re fo rte di a n im o , non sa p e s s e m an ife­ s ta r e in p a ro le il suo affetto. Ai poveri s i , lo m a n ife sta v a a n c h e in p a ­ ro le ; im p ero cc h é e ra benigno e p a z ie n te v erso di loro ; e , c h ia m a to , tr a e v a alle loro um ili c a se con quel desiderio m edesim o ch e i più dei m edici tra g g o n o agli splendidi p alazzi d e ’ ricchi. E quando gli v en iv a fatto di s a lv a re alcuno di loro , gli p a re v a il m in isterio d ell’ a r te s u a e sse re più n o b ile , e re p u ta v a ric o m p e n sa a s s a i ab b o n d a n te la co n so ­ lazio n e ch e se n tiv a n e l s e g re to d e ll’ anim a. E r a la rg o d e ll’ o p e ra s u a con tu tti, non avido di g u a d a g n o , e di quel c h e p ro c a c c ia v a , si p ro v ­ v e d e v a libri, a ju ta v a il p a d re a s o s te n ta re la c a s a , e fa c e v a doni alle so re lle . P a s s a ro n due a n n i , e co si m e n a v a la v ita ; i p a re n ti si g lo ­ ria v a n o di lui ; noi ci a sp e tta v a m o g u a rd a n d o a lla p ro n te z z a del suo ing eg n o ch e si s a re b b e a c q u ista to un g ra n nom e ; ed egli e ra co n ­ ten to . M a in b re v e finì tu tto . Si se n te un m a le s s e r e , e non vi pone m en te ; p o i , co n tin u an d o , si m e tte in p en siero , e d a sè ch iu so n ella s u a s t a n z e t t a , p e r non a c c o ra re i s u o i , tu tte le s e r e , m e n tre quelli dorm ono, s ’ e sp lo ra il d elicato p etto e si g u a rd a nello s p e c c h io , e a c ­ c o rto si d e ll’ im m ed icab ile m orbo, si sg o m e n ta d a p rim a ; poi p e r la n a ­ tu r a le in tre p id e z z a d e ll’ an im o suo si r a s s e g n a e, non b a d a n d o più a s è , s e g u ita ad a v e r c u r a d e g li a ltr i : se non c h e l’ indole s u a d a briosa

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divenne q u ieta ; e p a re v a p e r s o n a , c h e , a c c o m ia ta ta innanzi tem po dal m ondo, riv o lta gli occhi da esso se n z a dispetto, e silenziosa s ’ a f­ fre tta p e r la s u a via. L a m a d re im p en sierita d ella c u p a tra n q u illità del figliuolo, e più del d im a g ra re e sc o lo rire d e lla s u a faccia, addolo­ r a ta gli d im an d av a s p e s s o : Ti sen ti m ale ? E d egli risp o n d e v a ch e no. E lla e il p a d re , tu tt’ e due, gli rip e te v a n o ciò ch e gli a v ean o detto ta n te v o lte : A bbiti c u r a ; tu s e ’ 1’ aju to d ella n o s tra v e c c h ie z z a ; p resto noi ch iuderem o gli o c c h i , e tu cu sto d irai le s o r e lle , g o v e rn e ra i la c asa. E d e g l i , m ulo. C erto se n tiv a d en tro sè 1’ a m a re z z a del m o rire sì g io ­ vine : dopo a v e re stu d iato in c ittà lo n ta n a , p e r ta n to tem po ed esse rsi p riv ato di tu tte le dolcezze più d e sid e ra b ili, poi, in su l m eglio, ap p en a a rriv a to a c a s a fra le b ra c c ia d e’ g e n ito ri, p a s s a re d a q u este a l s e ­ polcro ! T u tta v ia d issim u lav a com e chi è in u n a s v e n tu ra c e r ta , e cono­ sce ch e non o sta n te le qu erele, il fato è im m utabile.

E il fato non m utò p e r lui. Quel m orbo ch e tra v a g lia v a lo n a s c o ­ stam en te, si fece m anifesto. I p a re n ti, ig n o ran d o la g ra v e z z a del m ale, lo confortarono a to rn a re a N a p o li, im m aginando ch e ivi r is a n a s s e : egli, p e r c o n te n ta rli, vi to rn a. M a ivi in vece di m ig lio rare, v a peggio. R ivede i luogi dove a v e a stu d ia to e sp e ra to : co n tem p la u n ’ a ltr a v o lta M ergellina, il V esuvio, i colli a p ric h i, le o d o ra te piag g ie, il cielo s e re n o ; m a il suo cuore e ra m orto. R im o n ta n ella n av e p e r to rn a rs e n e a c a sa , e, quando è p e r e n tra re nel m a re , g u a rd a la b ellissim a c ittà u n ’ a ltr a v o lta ; m a se n z a d iv en ta re nè lieto nè m esto.

I s u o i, non sap en d o la loro s v e n tu r a , vivevano di sp e ra n z e . U n a se ra se lo rivedono all’ in a s p e tta ta il figliuolo , m a bianco di f a c c ia , m u ta to , non com e se lo im m ag in av an o . L a m a d re a si m ise ra b ile scem pio s ta v a p e r m e tte re strid a , m a la c a rità d ell’ inferm o le ra tte n n e 1’ a b b o n d an te affanno nel petto : il p ad re , le so re lle, chi in u n a p a rte , chi in a ltra , n asco n d ev a n o il pianto. L ’ infelice giovine dolorò a n c o ra un poco m a se n z a m ai la m e n ta rs i; ed in ultim o d a l m onte, ov’ è il n o stro luogo nativo , p re g a to dai s u o i , m utò s ta n z a n e lla v icina riv ie ra del fiu m e , dove 1’ a ria è m en cru d a . Quivi dopo pochi giorni m o r ì , e la m o rte gli si ra p p re se n tò più p a u ro s a ch e non im m ag in av a : p erch è co te ste riv iere p e r quanto sono dilettevoli e p o p o late a lla p rim a v e ra > a ltre tta n to sono so lita rie e m alinconiose l’ inverno. Il povero giovine la s e ra non se n tiv a an im a vivente ch e p a s s a s s e di l à , non suono di ca rro , non voce di co ntadino ch e lo a lle g ra s s e ; so ltan to il vento ch e fischiava d en tro i c a n n e ti, lo s c o rre re d ella po ca a c q u a del fiu m e , e q u alch e uccello n o tu r n o , i q u a li, dicono , quando alcuno è m o re n te , si pongono so p ra u n a c a s a o un alb ero d a v a n ti, p ro ten d en d o ululati. L ’ ultim o giorno fu preso d a delirio, e v ed e v a p e r le p a re ti d e lla s ta n z a p a sse g g ia re la r v e : la n o tte, to rn a to in sè un p o co , volge gli occhi a l crocifisso c h e a v e v a su l cap ezzale, e poi al p a d re e a lla m a d re (quei

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poveri v e c c h i, in g inocchio p e r lu i) , e , a litato alcu n i m om enti, sp irò . L e so re lle quando riv id ero il m orto c o r p o , scio lsero le loro chiom e e p ia n sero a n c h ’ esse , m a inutilm ente. Di questo sfo rtu n a to giovine o ra non rim a n e a ltro a c a s a , ch e pochi libri e le vesti.

O h ! quando mi ric o rd o di tu tti gli am ic i ch e io ebbi e ch e non sono più o ra, mi fugge la letizia d al volto, uno sg o m en to mi p ren d e , non ho anim o di p e n sa re più a g e n e ro si p ro p o n im en ti, e mi racco m an d o a l Signore, e sto com e chi a s p e tta di m om ento in m om ento un m e sso , ch e gli d ica : V ia , p a rti a n c o r tu.

DEL SECOL D’ ORO D’ UNA LINGUA IN GENERALE,

E D E L L A L IN G U A IT A L IA N A N E L SEC. X IV IN P A R T IC O L A R E

O s s e r v a z i o n i

(Coni., ved i i num eri 34, SS e 36, a. V i l i .) .

C om incerem o ad u n q u e dal d a re esem pi di vocaboli o b rev issim e fra si ch e si può s tim a re a p p a rte n g a n o a ll’ idiotism o to scan o del 1300; p a sse re m o poi a fra si più lu n g h e o c o stru tti dove sp e c ia lm e n te si v e g g a 1’ uso delle p a rtic e lle . E sì i vocaboli com e le fra si s a ra n to lte d a con. ce tti e a rg o m en ti c o m u n i, non g ià p ro p rii di q u a lc h e a r te o m estiere. In a p p re sso p a rle re m o della fo rm a e s te rn a dei v o c a b o li, e delle loro d esin en ze, e di tu tte le p rincipali differenze insom m a ch e p o ssa n tro ­ v a rsi n e lla g ra m m a tic a fra l’ idiotism o an tico e il novello.

1. N o ta di voci com uni più freq u e n te m en te u sa te nel seco l d’ oro e m eno freq u e n tem en te oggi in u g u a le significato.

Sollazzo || diletto, d iv ertim en to , p a s s a te m p o ;— nobile || eccellen te,

p rez io so , b e llo ; — gente [| e s e rc ito , s o l d a t i ; — bontà || v a lo re , c o ra g ­ g i o ; — disfare || d istru g g e re [u n a c ittà ] ; — togliere || p re n d e re f a n ­ tino * |1 f a n c iu llo ;— ricogliere || r a c c a t t a r e ; — i g ra n d i || gli o ttim a ti,

la n obiltà ; — il popolo grasso e il popolo m inuto [| la c la sse m ed ia o b o r g h e s ia , e la c la sse infim a ; — sagram ento * 11 g iu ra m e n to ; — oste* 11 e s e rc ito ; — f u m orto || fu u c c is o ; — d a n n a g g io * || d a n n o ; — guer-

nirsi || p r o v v e d e r s i;— avvisarsi a b a tta g lia * || v ennero a b a tta g lia ; — novella || n o tiz ia ; — rom pere || sc o n fig g e re ; — rom pere in m are || fa r

n a u fra g io ; — savio || s a g g io , p ru d en te. L a plebe a n c ’ oggi : s a v io ; —

preso || p rig io n ie ro ;— rivelare || m o stra re , m a n ife sta re ; — celatam ente, chetam ente || di so p p iatto , di n a s c o s t o ; — tenere || stim a re [con un a g ­

g e t t i v o ] ; — riprendere alcuno || sg rid a rlo , rim p ro v e ra rlo ; — p o r m ente

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d e s id e rio ;— m esso, m essaggio || a m b a s c ia to re ; — p ersona — corpo, vi­ t a ; — su p e rb ia * || i r a ; — argom entò || stru m e n to , m ezzo; — ardere || b ru c iare , in c e n d ia r e ;— m o r ta lità * || s t r a g e ; — leale a * || fedele a ; —

levarsi || a lz a rs i, riz z a rs i, rib e lla rsi ( a lza rsi, secondo il voc. com inciò

nel s e ic e n to ) ; — assicurarsi || p ig liar co rag g io , fa rsi a n im o ;— m anie­

ra || q u a lità , s p e c ie , c o stu m e ; — m u ta r e * || m u o v e re ; — uccellare ||

c a c c iare [u c c e lli] ; — fr a n c o || lib ero ; — signoria |J po tere, p rin cip ato , im p e ro ; — divisare || sp ie g a re , d e te rm in a re ; — sicurtà || sic u re z z a, co­ rag g io , a r d i r e ; — crucciarsi || a v e rsi p e r m ale, a d ira rsi, a d d o lo ra rs i; —

ram m aricarsi || la m e n ta rs i; — donna || s i g n o r a ; — p ro sp e rità , avversi­ tà || buona e c a ttiv a s o r te ; — ristorare [ i d a n n i] || ris a rc ire e c c .; — larghezza || g e n e r o s ità ; — i m aestri || i dotti [ d ’ u n a m a t e r i a ] ; — scor­ nato || sv e rg o g n a to ; — l'a v e re [| la s o s ta n z a , la ric c h e z z a ; — fo lle ||

m atto, p a zzo ; — balia* || po tere. Si dice a n c ’ o r a : in s u a b a l ì a ; — f a ­

miglio || s e rv o ; — nutrire o nodricare || e d u c a re ; — gelosia |] s o s p e t­

t o ; — sospetto || p a u r a ; — terra || c ittà , p a e s e ; — apparecchiato o p r e ­

sto || pronto, p r e p a r a to ; — lusinga || a d u la z io n e ; — lusinghiere || a d u ­

l a t o r e ; — g li usciti || gli esiliati. Oggi m alam . e m i g r a t i ; — b a ld a n za ,

m ontare in ecc. || s u p e rb ia , in su p erb irsi. Si dicev a a n c h e r ig o g lio ; — provveduto e sprovveduto || cau to , in c a u to ; — aguato || s c h ie ra o ccu lta

p e r in sid ia; — rubare || sp o g lia re v io le n te m e n te ;— fu r a r e o involare || r u b a re ; — sbigottito || im paurito, sg o m e n to ; — aver p e r niente || non i- stim a r n u lla [q. c . ] ; — onorare || o s p ita re , t r a t t a r e ; — fo rn ire || fi­ n ire ; — a p ro va * || a g a r a ; — reggim ento || g o v e rn o ; — usare con a l­

cuno o in q. luogo || c o n v e rs a re , fre q u e n ta re ; — acconciare || accom o­

d a r e ; — contezza di alcuno || co n o scen za , re la z io n e ; — stato * || p o ten ­ z a , a u to rità ; — g ra zio so , graziosam ente || b e n ig n o , b e n ig n a m e n te ; —

conforto || fo rz a , in c o ra g g ia m e n to ; — confortare || e s o rta re , e c c ita re ,

fa r c o ra g g io ; — fa r fe s ta di q. c. || r a lle g ra rs i di q. c . ; — pianam ente || q u ie ta m e n te ; — vista || a p p a re n z a ; — angoscia || p e n a , d o lo re ; — cam ­

pare || s c a m p a re , f u g g ir e ; — fa lla r e || m a n c a re ; — roba || v e s te ; — turbato || a d ira to ; — com m iato || co n g e d o ; — ream e* || re g n o ; — costu­ mato || bene ed u cato , di buone c re a n z e ; — bisogna || affare, fa c c e n d a ; — fe r m o || c o stan te. Ferm o è n ella p le b e ; — consentire a || c o n d iscen d ere,

p ieg arsi e c c.; — guatare || g u a r d a r a fisso e con p a s s io n e ; — noia || d o lo re; — cercare [u n p a e se , un volu m e] |j p e rc o rre re stu d io sa m e n te ; —

sostenere || so p p o rta re . N eu tralm . r e s is te r e ; — avanzare, eccedere || su ­

p e r a r e , s o r p a s s a r e ; — ratto || su b ito , v elo ce; — rum ore || tu m u lto ; —

sentire || sa p e re c h e e c c .; — giungere || r a g - g iu n g e r e ; — dim o ra * ||

in d u g io ;— rifo rm a re una te rra * || c am b iare il g o v e rn o ; — afforzare || fo rtificare; — alcuno || q u a lc h e ; — p o rsi in cuore d i || riso lv ersi di e c c .;—

sforzo d' uom ini || esercito di e c c .; — trarre || a c c o r r e r e ; — nuovo ||

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debolito, so p ra ffatto ecc.; — disordinato || sco n v en ev o le, eccessiv o , p e r­ v e r s o ; — tornare in — m u ta rsi in q. c. ; — avvisare || s tim a re , c re d e re , antiq. a n c h e v e d e re ; — profferire || o ffrire, p r e s e n ta r e ; — trarre || le ­ v a r e ; — p r e s e n te , presentare || dono, d o n a re ; — m ostrare d i || d a r s e ­ gno di. Im pers. p a re re ; — gittare [ u n sa sso ] || tira re , la n c ia re ; — p a r ­

lam ento [| d iscorso, a d u n a n z a ;— esser ardito d i ecc. || o s a re di e c c .; — m enare || più sp e sso ch e condurre; — p o rre || più sp e sso ch e m ettere; — servigio || p iac ere, ufficio e s im .;— venire, p erven ire || a rriv a re , propr.

riu sc ire a ecc.; — studiare una c o sa ,* studiarsi ecc. || c u ra re , d a rsi c u ­ r a d i; — venir m eno [| m a n c a re ; — venir fa tto || riu s c ire ; — piatire [| litig a re ; — piato || lite ; — doloroso || a d d o lo ra to ; — albergo [| locanda, tr a tto r ia ecc. ecc.; — g li parve milV anni. M odo a n c o r vivo nel popolo; —

brigata || stuolo, c o n v e rs a z io n e ;— gaglioffo || a c c a tto n e , m ascalzo n e; — incontrare || a c c a d e re ; — grosso* || b alo rd o [d’ u o m o ]; — gro ssezza * ||

b a lo rd a g g in e ;— corredo* || c o n v ito ; — appressarsi || a v v ic in a rs i; — sa­

tollo || sazio, p ie n o ; — bruttura || p o rc h e ria , so zzu ra. F a r bru ttu ra ; — scuotersi, scherm irsi || rifiu ta rsi, fa r re s is te n z a ; — seguitare uno o n eu tr. ||

s e g u ir e ; — accordarsi a u n a c o s a , in concordia || c o n c e rta rs i so p ra u n a c o s a , di c o n c e r to ;— ventura || fo rtu n a, caso. M ettersi alla v. aver

buona v. ecc. e c c .; — starsi o starsene || a s te n e r s i, s ta re in o zio ; — sporre || m a n ife s ta re , rif e r ir e , s p ie g a re ; — riposo || p a c e , tran q u illità.

V ita r ip o s a ta ; — dare- ad uno |] p re sta rlo ( F re q . a n c ’ o r a ) ; — discreto,

discrezione || a s s e n n a to , senno ; — gram m atica * || il latino. Sapere ecc.;— reggere | | re s is te re ( m odo freq. a n c ’ oggi ) ; — m etter bene o m etter m a­ le || v en ire in acco rd o o in i s v a n ta g g io ;— p a rtire || d ividere ( p a rla to

a n c ’ oggi ) ; — trarre || tira r e ; — contraffare [ a u n a le g g e ] || tr a s g r e ­ dire ecc.; — apparare || im p a ra re ; — sottile || s c a rso , p o v e ro ; — gaio || alleg ro ( p a r la to a n c ’ o g g i) ; — brigarsi di || p ig liarsi c u ra di e c c .; —

diritto || g i u s t o ; — ragione || d i r i t t o ; — acconcio || a tto , idoneo (scritto

a n c ’ oggi di f r e q .) ;— assai || m o lto ; — soperchiare [ a lc u n o ] || so p ra f­ fa re ; — uso, usato d i ecc. || avvezzo, a v v e z z a to ; — schifare || e v ita re ; ||

a m is tà * || più sp esso e p ro p r. c h e a m i c i z i a ; — consorti * || p a r e n ti,

c o m p a g n i, colleghi o sim .; — ra m p o g n a , ram pognare || rim p ro v e ro , rim p ro v e ra re ; — laido || su d ic io , sconcio ( p a r la to a n c ’ o g g i ) ; — vin ­

cere || s u p e r a r e , s o r p a s s a r e ; — guiderdone [| ric o m p e n sa (o g g i nello

stile a l t o ) ; — rettore || p rin c ip e , g o v e rn a n te ; — d i dietro || d o po; —

sufficiente* || abile, is tru ito ; — contraddire a || d is o b b e d ire ;— appetito \\

desid erio , vo g lia (oggi poco u s a t o ) ; — f a r fa llo || c a d e re in p e c c a to ; —

il fio re || la m iglior p a rte (p iù u s a to c h e o g g i) ; — p ren d ere a || c o ­

m in c iare a e cc .; — incontanente || s u b ito ; — p a tire || so ffrire; — veder

lum e || v e d e rc i; — m alefizio || d e l i t t o ; — alito || f i a t o ; — sofferire o so­

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ri-bellione, rivoluz.; — intendere |j se n tir dire, s a p e re ; — se sai || se p u o i; —

beffa || b u rla.

2. F r a s i , m a n ie re , c o stru tti ch e si possono c re d e re più com une­ m ente u sa ti nel sec. X IV .

T o rsi la fa m e || s fa m a rs i, s a z ia r la fa m e , le v a rsi la fa m e ; — vi­ vere in delicatezza || viv ere in g ra n d i a g i, popol. n ella b a m b a g ia ; — dura sentenza || se n te n z a r ig id a ; — non volle p e r alcun modo || non

volle in n iu n a m a n ie ra , pop. non ne volle s a p e r n u lla ; — avere in rive­

renza alcuno || v e n e ra re , riv e rire e c c . ; — f u in sul disperare || fu sul

punto di d a rsi a lla d isp e ra z io n e ; — d arsi tristezza || a ttr is ta r s i: pleb. darsi al d iav o lo ; — m enare alcuno p e r parole | | ten erlo a b a d a con vani d iscorsi: pleb. m en arlo p e r il n a s o ; — p re n d e r vita santa || in tra p re n d e re u n a c a rrie ra di s a n tità ; — intendere a una cosa || d a r o p e r a , e sse re occupato a , ovvero, in e c c.; — tener m odo in fa r e ecc. || u s a r m ode­ razione nel fare ecc. ; — a studio o in p ro va || a b e lla p o s ta ; — d ar del

mio a mio senno || d a r le m ie so sta n z e com e mi p ia c e ; — p a rveg li a- vere m al fa tto || g li p a rv e d ’ a v e r fatto m ale, ovvero, com m esso e rro ­

r e ; — non vedeva scam po || non v e d e v a com e p o te sse s c a m p a re : pop. non ci v e d e a rim edio ; — crescer d i bene in m eglio || d iv en tar sem p re m igliore (o g g i: a n d a r d i e cc.); — p e r gara d 'o ffici || p e r riv a lità di ca­ ric h e ; — condannato i n lire dieci || a p a g a r dieci lire ; — stare a campo |j

e sse re a c c a m p a to ; — ebbe g ra n letizia || ne provò p ia c e re ; — esser preso

di alcuno || e sse rn e in n a m o ra to ; — ind u rre a bene alcuno || e s o rta re

alcuno a l bene ; — ne parve m olto m ale a loro, m a non poterono con­

traddire || ne re sta ro n o m olto sc o n te n ti, m a non si potero n o o p p o rre; — le terre teneano con lui || le c ittà e ra n favorevoli a lu i; — credeano a- verla senza colpo d i spada || cre d e a n o di co n q u ista rla se n z a b a tta g lia ; — come si seppe la novella || quando la n u o v a si s p a r s e ; — sapere il certo d’ u n a cosa || s a p e rla con c e r te z z a ; — li ricevette a gra n fe s ta || con

g ra n d e c o n te n te z z a ;— trovarci buon m ezzo || tro v a re un rim edio v a le ­ vole a q. c . ; — f u ricevuto a m o d o d i re || com e un r e ; — volea o p e r ragione o p e r fo r z a || v olea o a diritto o a t o r t o ; — rom pere il g iu ra ­

mento || v iolare, tra s g re d ire ecc. ; — g li venne fa tto il suo intendim ento ||

gli riu sc ì la c o sa com e v o le v a ; — a baldanza del signore || confidando nel p a d ro n e ; — ivi a p o e h i g io rn i || di !ì a e cc.; — ne fe c e pieeoi la­

mento a ciò eh' ella dovea fa r e || p ian se poco a p a ra g o n di quello che d o v e a ;— la città si reggeva a popolo |J con g overno p o polare o dem o­ c ra z ia ; — questa è question da te || d e g n a di te (m o lto u s a ta nel p a rla r d ella p le b e ); — ebbero del cece e della sorra senza p iù || sen z’ a ltr o ; —

Un figlio senza p iù || so lo ; — il p iù del tempo || la m ag g io r p a rte del

te m p o ; — p a rte che* || m e n tre c h e ; — temea non fo r s e alcuno se n 'a c ­

corgesse || te m e a ch e e c c .; — lo f e r ì di coltello |J con un coltello (m olto

(21)

orta-le ; — n o n posso fa r e eh ’ io non vi m a n ifesti || non p osso rite n e rm i ecc. 0 m alam . non p osso a m eno c h e ecc. ; — m ostrar u n a cosa p e r aperte

ra g io n i || p ro v a re u n a c o sa con ra g io n i c h ia re ; presentaglielo a que­

sto patto || glielo offerse con questo. (N e l popolo a ) : — era bella e g ra ­ ziosa a. D io e agli uo m in i || in faccia a , o vvero, d a v a n ti a ; — venne in tanta fa m a di virtù che ecc. || acquistò ta n to cred ito di e c c .; — il messo fe c e secondo che g li f u imposto || il m a n d a to e se g u ì 1* o r d i n e ; — di nobil sangue disceso |J o rig in ato di nobile s t i r p e ; — si consum ava d'averlo ||

e ra im p azien te di a v e rlo ; — ne volea dare p iù d a n a ri che non valeva || la volle p a g a re più di quel ch e v a le a ; — quest’ è la m aggior arte che

sia |1 la m a g g io r di tu tte ; — recarsi la m ano a bocea || m e tte rsi la m ano

a lla b o c c a ; — p ia n g e r senza rim edio || p ia n g e re in m odo ch e n u lla p o ssa ra c c o n s o la re ; — a voler trovare questa scienza || affinchè tro v ia m o ; —

batter duram ente |] b a tte re cru d e lm e n te o popol. p ic c h ia r fo rte , d a rn e

ta n te ; — recare in volgare |j tra d u rre in i t a l i a n o ; — a ciò m i stringono

1 vostri p r ie g h i || le v o stre p re g h ie re mi co strin g o n o a fa r c iò ; — lo recò a siffatti term in i che ecc. || lo co n d u sse a ta le e s tre m ità ch e e c c .; — fa r s i alla f in e s tr a , a ll’ u se io , incontro ad alcuno o sim . p e r affacciarsi

o venire ecc.

T a le e ra la fa v e lla o rd in a ria di quel secolo, c h e si tro v a non solo nei libri, m a a n c o ra nelle leggi, nei b a n d i, e nelle le tte re d e ’ T oscani. È però credibile ch e m a ssim a m e n te la plebe a b b o n d a sse a n c h e di m odi m e ta fo ric i, f ig u r a ti, p ro v e rb ia li, sim ili a quelli di cui p o rtam m o esem pii nel cap ito lo p re c e d e n te , an zi ch e a n c h e a llo ra n e a v e s s e m olti di quelli m e d e s im i, p e rc h è essen d o q u e sta la p a rte più b a s s a e p leb ea della l in g u a , è a n c h e d a c re d e re ch e più facilm en te si co n serv i nei vai’i s e c o li, p e rc h è m eno vi m etto n le m ani i le tte ra ti e m inor p a rte ne p a s s a n elle s c rittu re . V ero è ch e p e r q u ella m a g g io re unione tr a le v a rie c la s s i del popolo ch e suol tro v a rsi n e ll’ e tà d ell’ o r o , p o trebbe rip u ta rs i ch e a llo ra a n c h e la plebe u s a s s e m eno dei m odi fu rb esch i e m aligni ch e son propri di lei, e più di quelli p ro p ri e sc h ie tti ch e a v ev a a com une colle c la ssi più civili ed istru ite . C osi alm eno ci fa re b b e r s o s p e tta re i libri di quei giorni ch e ta n to si som igliano p e r la li n g u a , o le tte ra to o ille tte ra to ch e ne sia lo sc ritto re , e q ualunque sia 1’ a r ­ gom ento di cui tra tta n o . M a non però è difficile r a c c a tta r n e un buon num ero a n c h e di quei g io rn i, sp ec ialm en te d a lla D ivina C om m edia che tra tto tra tto ne u s a q u a lc u n a , sp e c ialm en te ove pone a ra g io n a re in­ siem e uom ini di vii condizione. N on p arlo di p ro v e rb i, p e rc h è questi sono co n c etti com piuti e f i s s i , e p iu tto sto ch e a lla lin g u a , ap p a rte n g o n o allo stile. M a si debbono ce rto rife rire a questo capo c e rte form e d a n ­ te sc h e , com e le se g u e n ti : lascia p u r g ra tta r dov è la rogna, se avessi

avuto d i tal tigna b r a m a , tener del m onte e del m acigno , g rid a re a vuoto, tener lu n g i dal becco l’ erba, pungere a guaio, b isc a zza re , g ira r

(22)

la m arra, sentirsi a giuoco, levar le benze, spingare con ambe le p io te , conciare a ltr u i , pigliare a gabbo , r is s a r s i, f a r groppo , m a c iu lla re , trarre nel m a la n n o , trar la spugna non sazia dell’ a c q u a , a m m ic ca re, dar di becco , la giustizia che p ilu c c a , accoccarla ad a lc u n o , scal­ dare il fe r r o e batter V incude , d rizza r V arco al bersaglio , p a g a r di moneta senza c o n io , saprai quanto quell’ arte p e s a , m ostrare il dente., im borsar fid a n z a , sim ile lordura , intoppare alcuno , da r d i piglio nel sangue, la fo r tu n a che balestra, io ti verrò a’ p a n n i, aver fa m e d i alcuno, non è nuova agli orecchi m iei tale a r r a , un ammen non saria potuto dirsi tosto così com ei fu r o spariti, m ala via tie n i, battersi la zucca, p u tta - neggiare, sarian carboni spenti, andavam o introcque , torno p e r a n c h e , laggiù il buttò, coperto convien che qui balli, la carne che galla, acquat­ tarsi dopo uno scheggio, che ti approda ?, seder quatto q u a tto , toccare uno sul g ro p p o n e , sciorinarsi da un luogo , fa r trom betta del culo, f a r baratteria, f r a male gatte era caduto il sorco, lasciar d i p ia n o , grattar la tig n a , odi m a liz ia , accejfare la le p r e , m al contava la bisogna colui che ecc., crosciar colpi, p io vvi d i Toscana in questa gola ecc. ecc.

E se n z a ra c c o g lie rn e di sim ili m an ie re d a a ltri s c ritto ri, ce ne può offrire u n a b uona m esse il S a cch etti ch e ap p u n to fiorisce quando la plebe so rm o n tav a e l’ e tà d’ oro in ch in a v a a ll’ a rg e n to , e ch e sc risse fatti e baruffe e dialoghi popolari. E ccone alcu n e poch e : Sia col m alanno e

colla m ala pasqua, sentiasi bene in gam ba, levarla (b a tte rse la ), non c era modo (non c’ e ra rim edio. A n co r vivo), se ne levò, g l’ intervenne peggio che peggio, quanto io, credo che ecc., pen sa ci su e lascia fa r e a me, era ubbioso di tem er la m orte , tener fe r m o il suo num ero , fa r e orecchi di mercatante, conoscer g li uo m in i a ll’ alito, com incia a innaspare da piede

(cioè, a s ta r m ale in g a m b e ) , non si poteva arsicare e andava a onde

come se /a s s e in fo rtu n a , era n ell’ altro m ondo (fuor di se p e r 1’ u b ria ­

chezza), aver che fa r e (d ò v ere d u ra r fatica"), schizza fu o r i e dagli nel

petto , e’ m i parve tre cotanti che una g a tta , qualche santo ci aiuterà , che otta è questa ?, avea il battito della m orte, and a r p e r la casa come le gatte (c io è : g ira re al buio), è bianco o verm iglio quello che fa v e lla ? , insin passata la squilla (sonato il m attu tin o ), vassi con D io , io non so che tu ti beli, ingoffare (p icch iare, p e r u rta re ), uccellare alcuno, abbu­ rattare (m al tra tta re , b a tte re ), uom o fa n ta stico e lunatico, a d a rm i briga, potrò arrogere al d a n n o ; la visita con u n bastone, glie ne diede p e r un pasto, non dice : che c’ è dato, l’ acqua levò il bollore; squittire ; ciò che

io t’ ho fa tto fin o a q u i , ti p a rrà latte e mele ; vecchio m al vissuto , io la fo p e r d u ta ; questo m ondo come p er a n d a z z i; s’ abbia la m ia vigna segnata e benedetta (in s a n ta pace), tal sia d i lui tutto gonfiato (a rra b ­

biato), il ghiottoncello (lad ro n cello ), tenete da m an ritta, con u n leggio

di drieto p e r isp a lle ; ha' tu il fa r n e tic o ? ; vedrai il p iù bel giuoco che tu vedessi m a i, la cosa sta sì e s ì; il meglio del m ondo, la m aggior f e ­

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sta del m ondo ; ce l’ hanno calata ( ce 1’ h an n o fa tta ; cioè la b u rla ) ; cacciarsi u n a cosa sotto ; p isc ia r nel vaglio ; ci danno a credere queste fr a s c h e , era u n bastracone che avrebbe gittato a terra una c a sa ; non g li diè di sodo, ehè la scure schiancò ; am m accare alcuno ( m o rd erlo ), usciva il sangue che p a rea u n a doccia ; accorr uom o ( aiuto , aiu to ) ; V assannò p e r u n a gam ba ; i p o rc i stridivano ; non lo disse a sordo ; e p a r ti questa u n a beffa ? ; tu m hai ben servito (ironie.) ; g li diede una grande batacchiata sulle spalle ; a spron battuti ; aombrò d i questa no­ vella ; fic h i p e n g ig lia n ti (che si sp a rg e v a n o in b a sso , d al peso) ; catellon catelloni se ne va ; questa è ben bella n o vella ; aver le traveggole ; quando vorrete sapere p iù il chiaro ; guatare a stracciasacco ecc.

M a il bel p a rla re del seco l d’ oro non co n siste in q u este figure, e in qu esti m odi p r o v e rb ia li, i q u ali dipen d en d o più d a l co n ce tto che d a lla p a r o la , non m an can o m ai al popolo, e gli uni si su cced o n o agli a ltri con p iccola o p u n ta differenza qu an to a ll’ a rg u z ia ed a lla v a g h e z z a. E può v e d e rsi ch e m o lti a n c h e di quelli p o rta ti q u i, si sen to n o p u re oggi in b occa a lla plebe. L a singolarità* del se co l d’ oro co n siste in altro , com e div iserem o più tard i.

P a s s a n d o o ra a d ir q u a lc h e c o sa d e lla fo rm a de’ vocaboli, e della loro flessione e sin ta ssi ; dove m eglio si m a n ife sta la indole p ro p ria d’ u n a lin g u a n e ’ suoi varii tem pi ; è c h iaro p rim ie ra m e n te ch e essendo a llo ra la lin g u a to s c a n a q u a si n e ’ suoi p rin c ìp i, d o v ette, m a ssim am en te n e lla fo rm a delle p a r o l e , re n d e re m a g g io r so m ig lian za colla la tin a o ro m a n a , d a cui vuoisi p e r la più p a rte d e riv a ta . Q uindi in prim o luogo, m inori i tro n c a m e n ti e più fed elm e n te c o n s e rv a ta la voce o rig in ale : com e si v e d e in tu tte le p a ro le d e riv a n ti d ai nom i latin i in a s , atis :

um iliate, onestate, vittate o viltade ; quelle in e n tìa , o in a nzia : p a z ie n z ia , p e n ite n zia , c o sta n zia , ecc. form e a n c o r vive in m olte c am p a g n e. Quindi

a n c o ra più r a r e le a p o s tro fa z io n i, com e a p p a risc e n e ll’ artico lo uno s c ritto e, com e si h a ra g io n di c re d e re, p ro n u n ziato in tero : uno cane,

uno villano ecc. n e ll’ artico lo lo ( afe re si d a ilio ) u sa to più com une­

m e n te invece di il, e n el p lu ra le li invece di i, e i m odi santo e grande p e r san e g ra n e belli p e r bei e ta n ti a ltri sim ili. Quindi l’ uso frequente di egli dove o ra si u s a g li ab b re v ia to o a', o più sp e sso si tra la s c ia ogni pronom e. D al latin o n a sc e a n c o ra la rip u g n a n z a a d a c c e n ta re le voci su ll’ u ltim a s illa b a e quindi l’ uso d ella p a ra g o g e di un e o ne p e r re s titu ire in q u a lc h e m odo la s illa b a la tin a to lta via ; di c h e gli esem pi sono infin iti, com e in a n d ó e , ù d ie , f a r d e, su e , g iù e, Ide, quie,

chie. sie, ovvero in quine, lane, éne (od ée), fa n é p e r f a o fa e , e cosi

v a d isco rre n d o ; le quali form e, rim a s te nelle cam p a g n e , si sono quasi del tu tto d ile g u a te in b o cca a lla plebe delle c i t t à , e a n c h e a llo ra parve ch e d a lle p e rs o n e più colte fo ssero s c h iv a te o u s a te di rado.

(24)

Nè solo la term in azio n e m a a n c h e il corpo d ella p a ro la se rb a più fedelm ente la form a la tin a , com e, fra m ille e s e m p i, si può v e d e r e , in

sappiendo p e r sa p e n d o ; vegnendo , b o llìe n te , indutto , sepulero , suso , giuso, abbo, e ave, pónere, eondueere, um ilità, respose, laude, bailo, t a ­ bulazione, puote , fr a te p e r fr a te llo , catello p e r ea g n u o lo , neuno ( nec- unus), fie , im perio, am aritudine, diece, nullo, tristizia ecc.

E d’ a ltre form e più lu n g h e e piene u s a te nel t r e c e n to , benché disformi dal la tin o , possono se rv ir d’ esem pio i seg u en ti modi : splen­

d ente, basciare, camiscia, inverso, nutricare, disconvenevole, disavventura, ispiccare, istare, e sim . (sen za l’ incontro d ell’s im pura), continovo, vidde, possente im prom ettere, im perché, spezie e speziale, lavorio, (p er lavoro), piagnere, stringere ; e sim ili.

(Coni.) R. Fo r n a c i a r i.

Q uesto m onsù o m o n g iù è uno di quelli a v v e n tu rie ri, ch e venuti di là dalle A lpi o d al m a re e c a la ti qui a fa r fo rtu n a , p re se ro ta n t’ a ria da c a c c ia r di c a s a i p ad ro n i veri p aesan i.

V ed ete c o stu i: d a ll’A lpi a l Lilibeo si h a ta le p a d ro n a n z a o ra m a i, che gli fanno di cappello fino c erti v alentuom ini ch e in fa tto di cotali stran ieri in tru si g rid an o a g li a ltri di s ta r e a ll’ e rta . E cco n e la p ro v a .

C hi non s a chi e ra il so r c o n sig liere G argiolli ? E gli si fa nom i­ nare d al tin to re G iuseppe i blu di p ru ssia to , che sono: celeste blu, blu

porcellana, blu Isabella ecc. È vero ch e C arlo d ic e : « Q u esta voce blu « mi offende 1’ orecch io e m i d à ai nervi. » M a il buon G iuseppe r i­

sponde : « C he ci vuol fa re ? O ram ai non v’ è scam po. C erti turchini « come quelli di p ru ssia to , b iso g n a b en ch iam arli blu: ei fareb b e rid e re « a dire blu N apoleone. (1) E in n o ta è soggiunto : « Al fran c e se bleu

« si p o trebbe so stitu ire fo rse azzurro ? » N è ci si fa risp o sta .

Il R igutini n e ll’ A ppendice al Vocab. it. della lingua p a rla ta , n o ta la p a ro la : « B l u , ad. A g g iu n to di colore ch e si av v icin a al turchino. » Subito poi c’ è la m oglie di m onsù blu, cioè m adam a la B lu s a ; m a di questa ci si dice alm eno c h e è voce fra n cese.

T u tti rico rd a n o la gai’b a ta le tte rin a di quel poveraccio di T u rch in o , rip o rtata n e ll’ U nità della L in g u a (An. II, p. 191); ed eccone la c h iu s a :

« Ad ogni m odo ch e io s a p p ia il p e r c h è di questo p e r m e in esp licab ile

« abbandono ! » P o v e re tto !

TJINA. H IS C IA C Q U A T IN A

(25)

20

i

P ro v iam o un po’ c ita re q u esto o ltra c o ta to m o n sù blu dinanzi al tri­ b u n ale del B u o n sen so , e riv ed iam o g li le b u c c e a dovere.

P residente : C om e vi c h ia m a te e di qual p a r te sie te oriundo ? R e o : Il mio nom e è bleu, m a qui mi ch ia m a n o b lu , e qualcuno beluto ; in F r a n c ia ebbi i n atali.

P resid en te: Q uando v e n iste di q u a ? e a ch e f a re ?

R e o : Ci venni . . . . T o ’, 1’ anno non lo ra m m e n to p iù ; m a ci venni,

p a rm i, coi rep u b b lican i di un certo N ap o leo n e. Si com inciò a c h ia m a re col mio nom e la b a n d ie ra p ie m o n te se ; e eh ez-n o u s e r a m o d a di quei dì g iu ra re col p a r bleu. C he v u o le ? in poco feci f o rtu n a , m e rc è il mio

savoir-faire e , devo d irlo , la g ra n d e b o n tà di q u e sta g en te. L a quale

p re se tan to p ia c e re di m e, ch e an c o r oggi non le p a r vero di p o te r no­ m inarm i. L e sig n o re sp e c ia lm en te m i vogliono un g r a n b e n e , ed h a n la g o n n e lla blu, la c a s a c c h in a b lu , i n a s tri del cappellino b lu , talv o lta fin gli occhi blu e . . . . q u a lc o s’ a ltro . N on p a re a n c h e a le i, sig n o r P re ­ sid en te , ch e so n dolce a p ro n u n z ia re ? B lu !

P resid en te: V orrei s a p e re d a v o i, se a lla v o s tra v e n u ta in I ta lia ,

c’ e ra n colori ch e vi ra sso m ig lia v a n o .

R e o : A ltro ; mi ram m en to il celeste, 1’ a zzu rro , il turchino, l’ indaco

colle loro g ra d a z io n i di c h ia ro , scu ro , e se altro.

P resid en te: Q uale di questi ra p p re s e n ta te v o i? R e o : Io ? T u tti e n e ssu n o , a d ir vero.

P residente: F o rs e c h è voi in d icate u n co lo re ch e non è fra i q u a t­

tro n o m in ati ?

R e o : E h v ia ! nem m en p e r sogno. N e vuole u n a p ro v a ? C hez-nous,

non c’ è c h e m e a fa r tu tte le c a r t e , e bleu è il cielo, bleu le p rugne,

bleu il fior del v ilu c c h io --- in so m m a tu tto è bleu. V ed a q u a un M a ­ nuel com piei du teinturier, sta m p a to a P a r ig i, nel quale non si p arla

c h e di m e , e p e r d istin g u e re si dice bleu d e l , bleu f o u c è , bleu clair,

bleu tu r e , bleu de saxe e v a tte l’ a p e s c a ; e eh ez-n o u s ci contentiam o

di dire b leu , sia q u ale si vo g lia la g ra d a z io n e e la m a te r ia , o indaco 0 p ru ssia to di ferro o anilina. Io b a sto a tu tti.

P resid en te: M a p e rc h è m ai dunque p o te ste diffondervi ta n to in Ita ­

l i a , dove non uno m a q u a ttro nom i si a v e v a e si h a p e r dire quel che 1 F ra n c e s i dicono con uno solo ? tan to più ch e ci abbiam o di rinforzo i dim inutivi e gli ac c re scitiv i e la b e llezza di ta n ti a g g e ttiv i di tutti i g ra d i ?

R e o : C he vuol e lla , sig n o r P re s id e n te ? C hez-nous siam o molto

in d u strio si e in tra p re n d e n ti, e sap p iam o tro v a re e c o n te n ta re il debole degli a ltri popoli. Q uello degli italia n i è d e ’ più conosciuti.

P resid e n te: E d è ?

R e o : N o n si co n fo n d a: è il debole c h e h a n n o a n c h e i pesci. P residente : Cioè ?

(26)

R e o : Di a c c o rre re ed a b b o c c a re tu tto quel ch e c a d a d a fuori. P residente : A rdito è il v o stro p a rla re , m onsier bleu; m a , devo pur

troppo c o n v e n ire , esso è secondo v erità. P e rò , visto ch e voi q ua non avete n u lla che f a r e , potendo b a s ta re a n o i, i n o stri celeste, azzurro e turchino a dire quel ch e si v u o le , vi invitiam o a fa re fag o tto e ri­ passare di là d alle Alpi.

R e o : S ì, sig n o re. ( F r a sè :) H ai v oglia di dire, vecchio b a rb o g io ;

ma a m e lo sfra tto non lo d à i , c h è , ci ho d a lla m ia — tu tte le g o n ­ nelle italian e e il g overno ! ).

P overo B uonsenso ! P. Fo r n a r i.

BIBLIOGRAFIA

Il vocabolario novello della Crusca, studio lessicografico, filologico, eco­ nomico di P. F a n fa n i — M ilano, C a rra ra , 1877 — L. 4.

È un libro com e li s a s c riv e re il F a n f a n i, cioè leg g iad rissim o di lingua e di s t i l o , fiorito di sa p ie n z a filologica e le t t e r a r i a , e ricco di giudiziose e sottili o sservazioni. A m e p a re lavoro di m o lta e b e lla d o ttrin a , con g ra n d e studio e diligenza c o n d o tto , il quale m ette il suggello al nom e e a ll’ a u t o r i t à , ch e g o d e d a un pezzo l’ illu stre F i­ lologo F io ren tin o in m a te rie filologiche e lessico g rafich e. Chi legge s p a ssio n a ta m e n te , a n c h e se qui e co là non s ’ accordi col v alo ro so e insigne s c r i t t o r e , non può p e ra ltro non am m ira rn e il ra ro a c u m e , il gusto finissim o nelle cose a ttin en ti a lla lin g u a , la m o lta e v a s ta e ru ­ dizione, e 1’ a rte di s a p e r con g ra z ia ed ele g a n z a co lo rire i suoi pen ­ sieri e di re n d e r le g g ia d re e am ene le m a te rie più arid e e uggiose. Non è c a rto la più so llazzev o l co sa del m ondo 1’ a b b u ra tta r vocaboli, l’ e n tra re in m inute e sottili definizioni, il c ita r te sti di libri an tich i, il far continui raffronti, e o ra c o rre g g e re uno sbaglio, o ra com piere u n a definizione o m odificarla, qui n o ta re u n ’ in e sa tte z z a, 11 u n ’ a ltra , e via di questo p a s s o : e p u re F a n fa n i tro v a il m odo di c a n s a r le spine e i pruni, o n d ’ è sp a rso il cam p o , e ti m en a p e r molli e fiorite p iagge, che t’ invitano a d a n d a r con diletto.

In tre p a rti il F a n fan i divide qu esto lavoro. N ella p rim a d à un saggio degli erro ri o in e sa tte z z e lessico g rafich e e filologiche, p e r m o­ strare qu an to la seconda quinta edizione del V ocabolario è lo n tan a d alla perfezione, e m al risp o n d e n te a ll’ asp e tta z io n e com une ; e dico la ve­ rità, non av re i m ai s o sp e tta to ch e u n ’ A ccadem ia, com ’ è q uella d ella C ru s c a , ove so n o p u re uom ini di g ra n d e m erito e v alo re le tte ra rio , potesse c a d e re in tan ti e tali erro ri, qu an ti e quali ne n o ta il F a n fan i in questo libro. N ugae , p o trà e sc la m a re qualcuuo ; e v a d a p u re p er quei lu o g h i, dove la c ritic a p a ia troppo m inuziosa e so ttile ; m a m olte

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