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Gli interventi infermieristici nella disassuefazione dal fumo

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Academic year: 2021

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Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale (DEASS)

Corso di laurea in Cure Infermieristiche

GLI INTERVENTI INFERMIERISTICI NELLA DISASSUEFAZIONE DAL FUMO

Lavoro di Tesi (Bachelor Thesis)

di

Giorgia Martinoni

Direttore di tesi: Prof. Maurizio Belli

Anno accademico: 2016/2017 Manno, 31 luglio 2017

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Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale

Corso di laurea in Cure Infermieristiche

GLI INTERVENTI INFERMIERISTICI NELLA DISASSUEFAZIONE DAL FUMO

Lavoro di Tesi (Bachelor Thesis)

di

Giorgia Martinoni

Direttore di tesi: Prof. Maurizio Belli Manno, 2017

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ABSTRACT

Background

Nel mondo l’attuale numero dei fumatori di età superiore ai 15 anni corrisponde a 1,1 miliardi e l’epidemia del tabagismo uccide annualmente quasi 6 milioni di persone, generando costi sociali altissimi. Tra queste, 5 milioni sono consumatori o ex consumatori e più di 600’000 sono non fumatori esposti al fumo passivo. Circa l’80% dei tabagisti inizia a fumare prima dei 18 anni, sviluppando dipendenza sia fisica che psicologica molto rapidamente. Il fumo di tabacco contiene più di 4’000 sostanze chimiche, di cui 250 sono nocive e 50 cancerogene. La nicotina ha tutte le caratteristiche farmacologiche equivalenti a una droga e sia l’ICD-10 che il DSM-5 riconoscono la dipendenza dal tabacco come una malattia. Molti fumatori non sono consapevoli delle brutali conseguenze che il fumo porta al proprio organismo; alcuni credono di esserne immuni, altri pensano che sia troppo tardi per smettere e altri ancora vorrebbero rinunciarvi ma non sanno come fare e a chi chiedere aiuto.

Scopo

Identificare gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per sensibilizzare un paziente fumatore sul tema del fumo, aiutandolo a smettere o a ridurre il consumo quotidiano di tabacco; capire perché la figura dell’infermiere è adatta e indispensabile a svolgere questo ruolo e perché l’ospedalizzazione rappresenta un setting ideale, in grado di creare assistenza e supporto adeguati. La domanda di ricerca è: “Quali sono gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per sensibilizzare un paziente ospedalizzato o ambulatoriale sul tema del fumo e per aiutarlo a smettere di fumare?”.

Metodo

La metodologia utilizzata per rispondere al quesito di ricerca è la revisione bibliografica; tutti gli articoli pertinenti sono stati ricercati nelle banche dati. Sono stati presi in considerazione articoli pubblicati dopo il 2000, provenienti da tutto il mondo, in inglese, francese e italiano. Gli studi dovevano essere stati svolti in ambito ospedaliero e i pazienti presi in esame dovevano avere le seguenti caratteristiche: adulti, fumatori, ospedalizzati o ambulatoriali.

Risultati

Dagli articoli analizzati è emerso che l’infermiere rappresenta una figura particolarmente adatta a svolgere interventi di disassuefazione sui tabagisti, in quanto si colloca in una posizione di forte vicinanza affettiva ed empatica rispetto al paziente, e i consigli e le strategie forniti possono risultare spesso decisivi. Numerosi studi hanno dimostrato che gli interventi messi in atto dall’infermiere specializzato hanno incrementato con successo la disassuefazione fra i pazienti. L’ospedalizzazione rappresenta un momento di confronto e un setting ideale poiché possono essere identificati i fumatori, può essere attuato un piano d’azione e pianificati dei follow-up. L’intervento più completo è l’approccio delle 5A.

Conclusioni

Trattare il tabagismo significa prevenire in modo efficace numerose patologie, ridurre sofferenza e dolore, e incidere in modo significativo sulla diminuzione dei tassi di mortalità, di ospedalizzazione e, di conseguenza, sulle spese sanitarie.

Parole chiave: smoking, smoking cessation, tobacco smoking, tobacco use, nurse,

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INDICE

1. INTRODUZIONE ... 1 1.1 Motivazioni ... 1 1.2 Struttura ... 2 2. BACKGROUND ... 2 2.1 La definizione di tabagismo ... 2

2.2 La storia del tabagismo e la sua diffusione ... 3

2.3 La prevalenza del tabagismo ... 4

2.4 Perché s’inizia a fumare? ... 5

2.5 La dipendenza dal tabacco ... 5

2.6 Le sostanze contenute nelle sigarette e i loro effetti ... 6

2.7 Le conseguenze del fumo ... 7

2.8 Il fumo passivo ... 8

2.9 I costi sociali del fumo ... 9

2.10 Le associazioni contro il fumo in Svizzera ... 9

2.11 I benefici della disassuefazione dal tabacco ... 10

2.12 Il Counselling ... 10

2.13 Le terapie farmacologiche e non farmacologiche ... 11

3. METODOLOGIA DI LAVORO ... 13

3.1 La revisione bibliografica ... 13

3.2 Gli step della revisione bibliografica ... 13

4. APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA ... 15

4.1 La scelta dell’argomento ... 15

4.2 La formulazione del quesito di ricerca e degli obiettivi ... 16

4.3 I criteri d’inclusione ... 16

4.4 Le strategie di ricerca della letteratura ... 16

4.5 L’organizzazione degli articoli da includere ... 16

4.6 La valutazione della qualità degli studi ... 17

4.7 La modalità di citazione ... 18

5. RISULTATI ... 19

5.1 Tabella riassuntiva degli studi selezionati ... 19

5.2 Tabella riassuntiva degli articoli selezionati ... 24

5.3 Tabella riassuntiva degli interventi citati ... 28

5.4 Descrizione degli articoli ... 29

6. ANALISI DEI RISULTATI ... 29

6.1 Il ruolo infermieristico nella disassuefazione dal fumo ... 29

6.2 L’ospedalizzazione ... 31

6.3 L’approccio delle 5 A ... 32

6.3.1 Accertare lo stato di fumatore e valutare il grado di dipendenza ... 32

6.3.2 Raccomandare al paziente di smettere ... 34

6.3.3 Valutare se il paziente è motivato a smettere ... 34

6.3.4 Fornire consigli, strategie e raccomandare l’uso della terapia farmacologica ... 34

6.3.5 Proporre e pianificare follow-up ... 36

6.4 L’utilizzo della tecnologia ... 37

7. DISCUSSIONE DEI RISULTATI ... 37

7.1 Raccomandazioni per la ricerca e per la pratica ... 39

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8. CONCLUSIONI ... 40 9. RINGRAZIAMENTI ... 41 10. BIBLIOGRAFIA ... 42 10.1 Articoli scientifici ... 42 10.2 Libri di testo ... 44 10.3 Sitografia ... 45 10.4 Iconografia ... 46 11. ALLEGATI ... 47 11.1 Test di Fagerström ... 47

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1. INTRODUZIONE

Per redigere la mia tesi di Bachelor ho deciso di trattare il tema degli interventi infermieristici nella disassuefazione dal fumo di sigaretta.

Tramite una revisione bibliografica cercherò di capire quali sono gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per aiutare un tabagista che vuole, o che deve smettere di fumare per ragioni legate alla sua salute, ad abbandonare definitivamente il tabacco. Ho deciso di estendere la mia ricerca solo ai pazienti ospedalizzati o ambulatoriali per due principali ragioni. Innanzitutto, nel contesto ospedaliero la raccolta dati è più facile; effettuando l’anamnesi si può infatti scoprire se un paziente è fumatore o meno, capire quanto fuma, se è dipendente dalla nicotina, se ha delle abitudini legate al fumo e se è intenzionato o meno a smettere. Il più delle volte, soprattutto per i fumatori forti, è possibile capire tutto ciò con la sola osservazione. In secondo luogo, se il paziente chiede di essere aiutato a smettere, durante il ricovero è più facile sostenerlo, motivarlo e sorvegliarlo.

L’età che ho preso in considerazione è quella adulta, ovvero dai 18 anni, poiché ritengo che terminata l’adolescenza, la persona sia maggiormente matura e riflessiva sui temi concernenti la propria salute e responsabile per prendere delle decisioni.

1.1 Motivazioni

Nonostante le numerose campagne di prevenzione, di lotta e di sensibilizzazione realizzate da diversi decenni ormai, credo che il tema del fumo rimanga sempre di attualità in quanto il numero dei fumatori, delle persone che si ammalano e di quelle che muoiono a causa degli effetti del tabacco è ancora troppo elevato.

Questo tema mi ha fatto riflettere molto quando ho iniziato la formazione SUPSI in Cure infermieristiche, poiché per ogni patologia trattata in classe, il fumo rappresenta un fattore di rischio costante e un aggravante.

Più tardi, durante il mio primo stage come allieva infermiera, nel reparto di chirurgia, mi sono resa conto che i pazienti fumatori erano davvero numerosi e una parte consistente di loro si trovava in ospedale a causa di una conseguenza diretta legata al fumo. Ho iniziato così a chiedermi se ci fossero degli interventi concreti ed efficaci da mettere in campo durante il ricovero, per incoraggiare i tabagisti a smettere o, perlomeno, a ridurre il consumo quotidiano di sigarette.

Purtroppo molti fumatori non sono consapevoli di tutte le gravi ripercussioni che il fumo può avere sull’organismo, oppure coloro che fumano da molti anni pensano che “tanto il danno è già stato fatto” e che smettere non abbia più senso. Al contrario, i più giovani credono di essere immuni dalle conseguenze del fumo e che qualora esse dovessero manifestarsi accadrà solo in tarda età. Altri ancora, invece, vorrebbero smettere di fumare ma non sanno come fare e da dove iniziare. Da soli non sono in grado di affrontare un cammino così difficile e quindi vi rinunciano, non sono a conoscenza del fatto che possono essere aiutati tramite un adeguato sostegno e che esistono dei medicamenti specifici per lo svezzamento dal tabacco.

Sono convinta che fra i ruoli infermieristici specializzati ci debba essere anche quello predisposto ad aiutare le persone interessate a fare chiarezza sul tema, informandole sugli effetti dannosi del fumo sul proprio organismo e su quello degli altri (in particolare i bambini), spiegando quali sono i benefici della disassuefazione e in che modo possono essere aiutati a farlo. Negli ospedali ticinesi, nonostante esistano dei servizi di tabaccologia, sono pochi gli infermieri che si occupano di fare delle consulenze specifiche ai tabagisti; da una parte perché questa specializzazione è ancora in fase di sperimentazione e di evoluzione; dall’altra, a causa di barriere quali la scarsa

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collaborazione da parte di alcuni colleghi (soprattutto fumatori) e la mancanza di fondi finanziari destinati a queste attività.

Nei prossimi anni sarebbe bello, ma soprattutto importante, ricevere una preparazione mirata già durante la formazione di base, per permettere a tutti gli infermieri di poter svolgere questo prezioso ruolo, e vederne l’attuazione all’interno dei vari reparti.

1.2 Struttura

Il lavoro di tesi è suddiviso i sette argomenti principali, composti da numerosi capitoli e sottocapitoli. Nella prima parte, quella introduttiva, presento il tema e le motivazioni che mi hanno spinta a sceglierlo e ad approfondirlo. Successivamente espongo il quadro teorico, con l’intento di fornire un’ampia visione sul tema del tabagismo: dalla definizione alla sua storia, alle varie cifre riguardanti la prevalenza e i costi del fumo, alla dipendenza e alle relative conseguenze, ai benefici della disassuefazione. La terza parte concerne la metodologia, nella quale spiego in cosa consiste la revisione della bibliografia e come viene svolta, passo per passo. In seguito, nell’applicazione della metodologia indico la scelta dell’argomento, il quesito di ricerca e gli obiettivi, i criteri d’inclusione, le strategie di ricerca, l’organizzazione e la valutazione qualitativa degli studi, nonché la modalità di citazione utilizzata. Nel quinto capitolo presento i risultati ottenuti, partendo da due tabelle riassuntive degli studi e degli articoli selezionati. Il lavoro termina infine con un’ampia analisi e discussione inerente ai risultati e alle conclusioni finali.

2. BACKGROUND

2.1 La definizione di tabagismo

Il tabagismo è definito come “sindrome tossica conseguente all’uso eccessivo e prolungato del tabacco” (Devoto & Oli, 2013).

Sia l’ICD-10, strumento di classificazione delle malattie e dei problemi correlati, che il DSM-5, manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, riconoscono la dipendenza da tabacco come una malattia (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2012a).

Nell’ICD-10, le sindromi e i disturbi psichici e comportamentali dovuti all’uso di tabacco sono classificati nella sezione concernente le sindromi e i disturbi psichici e comportamentali dovuti all’uso di sostanze psicoattive (OMS, 1996).

Nella sindrome di dipendenza da tabacco il consumo della sostanza assume per l’individuo una rilevanza maggiore rispetto ad altre attività, che nel passato avevano un valore superiore, e una caratteristica descrittiva decisiva è la presenza del craving, un desiderio intenso o senso di incoercibile bisogno di assumere la sostanza (OMS, 1996). Inoltre, nelle persone dipendenti, il riutilizzo della sostanza dopo un periodo di astinenza provoca una ricomparsa più rapida degli aspetti della sindrome (OMS, 1996).

Secondo l’OMS (1996) la diagnosi di dipendenza può essere fatta soltanto se, per un periodo durante l’anno precedente, si sono verificate tre o più delle seguenti condizioni:

1) Presenza di craving.

2) Difficoltà nella gestione dell’utilizzo del tabacco.

3) Sviluppo della sindrome da astinenza quando si diminuisce o s’interrompe il consumo di tabacco, oppure impiego della stessa sostanza o di una strettamente affine per alleviare o evitare i sintomi dell’astinenza.

4) Sviluppo di tolleranza (diminuzione degli effetti del tabacco successivo all’uso continuato della stessa quantità di sostanza e conseguente uso di dosi maggiori).

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5) Progressivo disinteresse per attività che procurano piacere a causa dell’aumento di tempo necessario a ottenere, assumere o riprendersi dagli effetti del tabacco. 6) Uso costante del tabacco malgrado l’evidenza della sua nocività.

Nel DSM-5 il disturbo da uso di tabacco è stato classificato all’interno dei disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction (Biondi, 2014). Secondo Biondi (2014) i criteri diagnostici per effettuarne la diagnosi prevedono un comportamento problematico in riferimento all’uso di tabacco che determina un distress o un danneggiamento importante dal punto di vista clinico, caratterizzato da almeno 2 delle seguenti condizioni, per un periodo di 12 mesi:

1) Aumento delle quantità assunte e per un periodo più lungo di quanto previsto. 2) Desiderio persistente o inutili tentativi di ridurre o controllare il consumo di

tabacco.

3) Necessità di parecchio tempo per procurarsi il tabacco e fumarlo. 4) Presenza di craving.

5) L’uso del tabacco non permette di lavorare in maniera adeguata.

6) L’uso del tabacco viene protratto nel tempo nonostante provochi problemi sociali o interpersonali.

7) Interruzione o riduzione di importanti attività sociali, professionali o ricreative a causa dell’uso del tabacco.

8) Utilizzo ricorrente del tabacco in situazioni fisicamente pericolose.

9) L’uso del tabacco viene protratto nel tempo nonostante stia provocando o esacerbando problemi fisici o psicologici.

10) Sviluppo di tolleranza.

11) Presenza di sintomi da astinenza.

La gravità viene definita in base a quanti sintomi sono presenti: lieve se sono presenti 2-3 sintomi, moderata se sono presenti 4-5 sintomi e grave se sono presenti 6 o più sintomi (Biondi, 2014).

2.2 La storia del tabagismo e la sua diffusione

Furono gli abitanti delle Americhe, agli inizi dell’era cristiana, i primi a scoprire il tabacco (Cittadini, Sartarelli, & Professionisti-AIOLP, 2011). Il popolo Maya cominciò a coltivarlo e a fumarlo poiché questo costituiva una via di comunicazione diretta con gli Dei; mentre gli Aztechi utilizzavano il fumo di tabacco per incrementare le capacità di combattimento dei propri guerrieri (Cittadini et al., 2011). Grazie all’espansione Maya, nel Nord America venne importata la pratica del tabacco anche alle tribù indigene, che svilupparono ritualità politiche e religiose e costruirono le prime pipe (Cittadini et al., 2011). Dopo la scoperta dell’America, nel 1492, numerosi esploratori notarono l’abitudine da parte degli indiani americani di fumare e masticare il tabacco e la importarono in Europa dove, in pochi anni, divenne un successo (Cittadini et al., 2011). Iniziò così la coltivazione della pianta a Santo Domingo, a Cuba e in Brasile (Cittadini et al., 2011).

Nel XVI secolo la nuova erba americana aveva essenzialmente assunto il nuovo ruolo di medicamento capace di curare numerose patologie e vennero scritti diversi trattati sulle sue straordinarie proprietà (Cittadini et al., 2011).

Nel corso del 1600 il tabacco iniziò a perdere le sue qualità di erba medicinale e si diffuse sempre di più l’utilizzo della pipa, tanto che venne creata la prima compagnia di tabacco al mondo e vennero importati i primi schiavi dall’Africa per incrementarne la produzione nelle piantagioni (Cittadini et al., 2011). Nel frattempo alcuni studiosi iniziarono ad analizzare e confermare le loro ipotesi sulla dannosità del fumo e venne pubblicato un libro contenente i risultati dei rischi legati al consumo di tabacco (Cittadini

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et al., 2011). Vennero così emanate le prime regole sulla coltivazione e l’importazione del tabacco e applicata una tassa, allo scopo di ridurne la diffusione (Cittadini et al., 2011).

Nel XVIII secolo si diffuse la moda di fiutare tabacco, si inaugurarono le prime tabaccherie e la prima fabbrica di sigari e tabacco (Cittadini et al., 2011).

Nel 1800, malgrado il loro costo elevato, anche i sigari ebbero una grande espansione (Cittadini et al., 2011). Due studenti dell’università di Heidelberg riuscirono a isolare per primi l’alcaloide del tabacco in forma pura chiamandolo nicotina; ne fornirono la formula chimica e ne tracciarono il profilo farmacologico, definendola una sostanza velenosa (Cittadini et al., 2011). Durante questo secolo venne inventata la sigaretta, che comportò un rapido aumento del numero dei fumatori e della quantità individuale di tabacco fumato (Cittadini et al., 2011). Contemporaneamente si cominciarono a rilevare i primi effetti deleteri del fumo sull’uomo (Cittadini et al., 2011).

Il 1900 è considerato un secolo diviso a metà (Cittadini et al., 2011). I primi 50 anni, caratterizzati da due guerre mondiali e dal conseguente sviluppo demografico e industriale, sostenuto a sua volta da mezzi di comunicazione e di propaganda sempre più efficaci, favorirono un continuo incremento del consumo di sigarette; il fumo rappresentava la libertà e la modernità (Cittadini et al., 2011). Nonostante ciò venne proibito di fumare sui mezzi pubblici e, più tardi, di vendere tabacco ai minori di 16 anni (Cittadini et al., 2011). Furono inoltre messe in vendita le prime sigarette con il filtro (Cittadini et al., 2011).

Nella seconda parte del ‘900, le ricerche mediche misero in rilievo la tossicità del tabacco e i relativi danni alla salute; si prese così coscienza che fumare non era più solamente un innocuo piacere (Cittadini et al., 2011). Alla fine del millennio le sigarette rappresentavano il 93% del consumo di tabacco nel mondo (Cittadini et al., 2011). Venne divulgata un’evidente statistica sul rapporto diretto tra fumo e cancro, e redatti numerosi articoli scientifici sugli effetti nocivi del fumo, in particolare sui rischi per i figli di madri fumatrici (Cittadini et al., 2011). Negli Stati Uniti fu imposta la stampa di avvertimenti grafici sui pacchetti di sigarette, mentre in Italia e in altri paesi Europei venne vietata la pubblicità sui prodotti contenenti tabacco così come la riduzione del contenuto di catrame (Cittadini et al., 2011).

Dal 2000, grazie alle nuove scoperte in ambito scientifico sui danni causati dal fumo, il mondo occidentale ha imposto regole più rigide, come il divieto di fumare nei locali pubblici, nei negozi, nei cinema, eccetera, che hanno e stanno tutt’ora dando un contributo alla diminuzione, seppur molto lenta ed esigua, del numero dei fumatori (Cittadini et al., 2011).

2.3 La prevalenza del tabagismo

Si stima che attualmente nel mondo il numero dei fumatori di età superiore ai 15 anni corrisponde a 1,1 miliardi (OMS, 2017). Di questi, circa l’80% vive in paesi a reddito basso o intermedio e circa 226 milioni di questa percentuale vive nella povertà (OMS, 2017). L’epidemia del tabagismo uccide quasi 6 milioni di persone ogni anno, 5 milioni sono consumatori o ex consumatori e più di 600’000 sono persone non fumatrici, esposte al fumo passivo (OMS, 2015). La metà degli attuali consumatori morirà a causa di una patologia legata al consumo di tabacco (OMS, 2015).

Oltre l’80% dei fumatori acquisisce l’abitudine prima dei 18 anni (OMS, 2015).

In Svizzera, quasi un quarto della popolazione oltre i 15 anni consuma tabacco, con un tasso del 29% fra gli uomini e del 21% fra le donne (UFSP, 2017). Il 17% dei

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consumatori fuma quotidianamente e l’8% occasionalmente (Monitoraggio svizzero delle dipendenze, 2016).

Negli ultimi 15 anni è stata registrata una riduzione del consumo di tabacco nella popolazione dai 15 ai 65 anni, che è passata dal 33% nel 2001 al 25% nel 2015 (UFSP, 2017). Il tabagismo, purtroppo, rimane sempre la causa più importante e determinante dei decessi evitabili in Svizzera; ogni anno muoiono prematuramente oltre 9’500 persone. Si tratta di 26 persone al giorno e del 15% di tutti i decessi (Monitoraggio svizzero delle dipendenze, 2016; UFSP, 2017). Rispetto ai non fumatori, la speranza di vita dei tabagisti si accorcia mediamente di 10 anni (UFSP, 2017).

Il 39% di tutti i decessi legati al fumo è provocato da malattie cardiovascolari, il 28% dal tumore ai polmoni, il 15% da malattie delle vie respiratorie e il 14% da altri tipi di tumore (UFSP, 2017).

Nel 2012, 9’500 persone (6’200 uomini e 3’300 donne) sono decedute precocemente a causa del fumo e questa cifra supera di oltre sei volte la somma totale di tutti i decessi conseguenti a incidenti stradali (301), al consumo di droghe illegali (121), all’AIDS (30) e ai suicidi (1’037) (UFSP, 2017).

2.4 Perché s’inizia a fumare?

Circa l’80% dei tabagisti inizia a fumare prima dei 18 anni, durante l’adolescenza, perché in questa fase della vita è presente un forte senso di onnipotenza e d’immortalità che fa trascurare la consapevolezza degli effetti del tabacco sulla salute a lungo termine (Lewis, 2008). Gli adolescenti affermano di fumare per migliorare l’umore, per il condizionamento da parte del gruppo e per il controllo del peso (Lewis, 2008). Altri, cominciano a fumare a causa della bassa autostima, dello stato socioeconomico basso, dello scarso rapporto con i genitori o a dipendenza del genere e dell’etnia (Lewis, 2008). Iniziare a fumare durante l’adolescenza può anche essere visto come atto simbolico nei confronti dei genitori per imporre il proprio stato di maturità, o di ribellione, e per manifestare il loro sentirsi adulti (Berkelmans, Burton, Page, & Worrall-Carter, 2011). Genitori e pari hanno una grande influenza sulla decisione di iniziare a fumare in quanto fungono da esempio (Berkelmans et al., 2011).

Gli adolescenti sviluppano la dipendenza dalla nicotina molto prima e molto più velocemente rispetto agli adulti; alcuni studi confermano che prima si inizia a fumare più grave sarà il consumo da adulti (Lewis, 2008).

Le compagnie di tabacco sviluppano continuamente nuovi prodotti per specifiche persone creando un marketing subdolo, seducente e accattivante (Lewis, 2008). In passato, per esempio, le strategie pubblicitarie davano alla donna un’immagine positiva della fumatrice (sensuale, in carriera, snella, attiva e sicura di sé); più tardi l’introduzione nel mercato di sigarette, sigari e tabacco da fiuto aromatizzati con varie essenze ha conquistato i giovani (Lewis, 2008).

2.5 La dipendenza dal tabacco

Le cause che portano una persona a essere dipendente dal consumo di tabacco sono diverse (West, 2015). La più importante e difficile da debellare è la dipendenza fisica legata alla nicotina (West, 2015). Essa entra in circolo nel flusso sanguigno attraverso gli alveoli polmonari e attiva i recettori neuronali nicotinici presenti nel sistema dopaminergico mesolimbico, stimolando la produzione di dopamina (West, 2015). Questo sistema ha un ruolo centrale nel meccanismo di ricompensa, rendendo piacevoli numerosi gesti e azioni (West, 2015). La dopamina procura infatti la sensazione di piacere, benessere, rilassamento e di stimolazione intellettuale (West,

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2015). In seguito a un’esposizione prolungata di nicotina l’espressione dei recettori nicotinici cerebrali aumenta (West, 2015).

Bastano poche esposizioni alla nicotina e questa regolazione, con la continua stimolazione dei recettori nicotinici, conduce alla dipendenza fisica (Lewis, 2008). Se il fumatore non reintroduce nicotina a intervalli regolari può sperimentare i sintomi dell’astinenza (Lewis, 2008). La sensibilizzazione è anche stata dimostrata con la somministrazione sporadica di nicotina, che può persistere per oltre 21 giorni senza esposizione alla sostanza (Lewis, 2008).

La predisposizione genetica è il fattore più importante per lo sviluppo della dipendenza (Berkelmans et al., 2011). Alcune persone sono infatti più sensibili di altre e questo le rende più vulnerabili a diventare dipendenti (Berkelmans et al., 2011).

Quando una persona fa uso prolungato di tabacco e collega determinati comportamenti all’esposizione (fenomeni di condizionamento e automatismi), sviluppa una duplice dipendenza: quella fisica e quella psicologica, chiamata addiction (Lewis, 2008). La dipendenza fisica è definita craving (bisogno impellente) della mente ed è caratterizzata dall’urgenza e dal desiderio di fumare, che possono essere soddisfatti dal movimento e dalla sensazione di fumare, un fenomeno definito condizionamento classico (Lewis, 2008). L’atto di fumare da sollievo ancora prima che la nicotina sia introdotta nel corpo (Lewis, 2008). I sintomi della dipendenza possono includere: depressione, ansia, tensione e agitazione (Lewis, 2008). L’addiction è invece il craving del corpo, ed è caratterizzata dal bisogno viscerale che può essere alleviato dalla somministrazione di nicotina in qualsiasi forma (Lewis, 2008). I sintomi possono includere: irritabilità, malessere di tipo somatico, deficit cognitivi e malessere da astinenza (Lewis, 2008). Molti fumatori avvertono un beneficio psicologico a fumare che risulta essere un ulteriore ostacolo a smettere (Roberts, 2002). Per il tabagista fumare allevia lo stress, migliora l’umore e aiuta a mantenere il peso costante (Roberts, 2002). In realtà fumare non aiuta a rilassarsi; è la mancanza di nicotina che fa sentire la persona più nervosa e reintroducendola nel corpo percepisce una sensazione immediata di benessere (West, 2015). Le donne hanno ricadute in momenti di stress e fumano per gestire l’ansia, mentre gli uomini sono vulnerabili nelle situazioni sociali (Roberts, 2002).

Oltre alla nicotina, le altre cause di dipendenza sono da attribuire al legame emotivo che spinge una persona a fumare nei momenti spiacevoli, per sopportarli meglio, o in quelli belli, per gustarli di più; alla componente della personalità, che rende il fumo parte integrante del proprio stile di vita e della propria identità; al meccanismo automatico di portare la sigaretta alla bocca, che avviene spontaneamente senza rendersi conto; all’abitudine, che fa si che una persona fumi sempre in determinate situazioni (Bretscher, 2010).

2.6 Le sostanze contenute nelle sigarette e i loro effetti

Il fumo del tabacco contiene più di 4’000 sostanze chimiche, di cui 250 sono nocive e 50 sono cancerogene (OMS, 2015).

Le sostanze più conosciute e meglio analizzate sono la nicotina, il monossido di carbonio e il catrame (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2012b).

La nicotina è una sostanza alcaloide tossica e psicoattiva che crea dipendenza nel 70-80% dei fumatori (Berkelmans et al., 2011)

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Viene inalata e raggiunge il cervello in meno di 10 secondi (Porter, 2013). In risposta vengono rilasciate dopamina e noradrenalina che danno la sensazione di piacere (Porter, 2013).

Secondo Humair & Cornuz (2005) La nicotina ha tutte le caratteristiche farmacologiche di una droga:

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• Tolleranza, ovvero il bisogno di aumentare la dose per ottenere l’effetto desiderato.

• Sintomi da astinenza dopo un periodo senza consumare tabacco. • Consumo di tabacco più importante e più duraturo del previsto.

• Desiderio persistente di fumare con sforzi inutili per ridurre o controllare il consumo.

• Abbandono o riduzione delle attività sociali.

• Consumo prolungato nonostante la conoscenza dei rischi per la salute.

Il monossido di carbonio è un gas tossico che si sviluppa dalle combustioni (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2016). Esso ha la capacità di legarsi all’emoglobina riducendone la capacità di trasportare l’ossigeno e, di conseguenza, diminuendo l’apporto a tutti gli organi (Tortora & Derrickson, 2011). Questo legame è irreversibile (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2016). In gravidanza il monossido di carbonio riesce, attraverso la placenta, a raggiungere il sangue del feto che lo elimina molto lentamente; il suo sviluppo rischia quindi di essere compromesso (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2016).

Il catrame è una miscela di sostanze chimiche che, al contrario della nicotina e del monossido di carbonio, ha effetti a lungo termine; in particolare è responsabile della formazione di numerosi tumori, macchia le dita e i denti di giallo (Consulenza ai fumatori in farmacia, 2011).

Tabella 1: Altre sostanze contenute nel fumo del tabacco e il loro effetto principale:

Sostanza Effetto tossico

Benzo(a)pirene Cancerogeno

Nitrosamina Cancerogeno

Ammine aromatiche Cancerogeno

Benzene, cloruro di vinile Cancerogeno

Diossina Cancerogeno

Arsenico, cromo Cancerogeno

Polonio 210 Cancerogeno

Ammoniaca Irritante respiratorio

Formaldeide, acetaldeide Irritante respiratorio Acroleina, toluene Irritante respiratorio Cianuro, diossido d’azoto Irritante respiratorio

Cadmio Tossicità fetale

(Humair & Cornuz, 2005)

2.7 Le conseguenze del fumo

Fumare aumenta il rischio di sviluppare malattie respiratorie acute, inclusa la polmonite (Duaso & Duncan, 2012). Il consumo di tabacco è anche la causa principale di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO); l’84% dei casi sono infatti attribuibili al fumo (Duaso & Duncan, 2012). La mortalità associata alla BPCO è direttamente attribuibile alla quantità di sigarette fumate al giorno e alla durata complessiva di esposizione (Duaso & Duncan, 2012). Anche le malattie cardiovascolari sono una conseguenza diretta del fumo che aumenta il rischio di cardiopatia coronarica, di ictus, di aneurisma dell’aorta addominale e di aterosclerosi (Duaso & Duncan, 2012). I tabagisti hanno una doppia probabilità rispetto ai non fumatori di avere un infarto (Duaso & Duncan, 2012). Nel Regno Unito, una morte su quattro per cancro è causata dal fumo (Duaso & Duncan, 2012). Il cancro ai polmoni è quello più comune: 85-90%

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dei casi sono direttamente correlati al tabacco (Duaso & Duncan, 2012). Altri tumori causati dal fumo possono essere: il cancro della laringe, della cavità orale, della faringe, dei seni paranasali, dell’esofago, dello stomaco, del pancreas, del fegato, dei reni, dell’uretere, della vescica, dell’utero, della cervice, del colon, del retto, delle ovaie e alcuni tipi di leucemia (Duaso & Duncan, 2012).

Durante la gravidanza gli effetti del fumo sul feto possono provocare: l’aumentata possibilità di aborto spontaneo, la nascita prematura, peso basso alla nascita, morte alla nascita, la sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS), complicazioni a lungo termine e problemi respiratori (Duaso & Duncan, 2012).

Altri effetti avversi sono l’ulcera peptica, nei pazienti con Helicobacter pylori positivo, e il rischio aumentato di cataratta (Duaso & Duncan, 2012).

Anche gli esiti di un’operazione chirurgica possono essere influenzati dal fumo; aumenta infatti il rischio di mortalità post-operatoria e ritarda la guarigione delle ferite (Duaso & Duncan, 2012). Le donne che fumano hanno più probabilità di soffrire di frattura dell’anca in quanto il fumo è associato ad una più bassa densità ossea (Duaso & Duncan, 2012).

I fumatori vivono in media 10 anni in meno di chi non fuma (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015). Fumare non abbrevia soltanto la vita, ma provoca anche notevoli sofferenze (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015).

La comparsa e il decorso di numerose patologie fumo-correlate sono direttamente proporzionali alla dose cumulativa di fumo alla quale la persona è stata esposta nel corso della sua vita (Cammarata, Zagà, & Pistone, 2014). Per misurare la dose cumulativa si può utilizzare il parametro del pack-year o indice tabagico (Cammarata et al., 2014). La formula consiste nel moltiplicare il numero di pacchetti di sigarette fumati al giorno per il numero totale di anni di fumo attivo, oppure nel dividere per 20 (sigarette contenute in un pacchetto) il numero medio di sigarette fumate al giorno e moltiplicarlo per il numero totale di anni di fumo attivo (Cammarata et al., 2014). Questo indicatore può risultare molto utile nella prevenzione primaria, poiché può essere utilizzato come screening della diagnosi precoce di numerose malattie (Cammarata et al., 2014).

Nel caso della BPCO, per un tabagista che consuma 20 sigarette al giorno per un periodo inferiore ai 30 anni, il rischio di svilupparla è pari al 26% e raddoppia, se il periodo è superiore ai 30 anni (Cammarata et al., 2014).

Secondo Cammarata et al. (2014) per lo screening del tumore al polmone il pack-year, correlato all’età del fumatore, costituisce 4 classi di rischio:

• Rischio basso: <50 anni e <20 pack-year.

• Rischio moderato: ≥50 anni e ≥20 pack-year in assenza di altri fattori di rischio. • Rischio alto: ≥50 anni e ≥20 pack-year in presenza di altri fattori di rischio.

• Rischio altissimo: ≥55 anni ≥30 pack-year (a meno che il soggetto non sia ex fumatore da più di 15 anni).

Questo parametro sembra essere direttamente collegato anche alla possibilità di successo/insuccesso nella disassuefazione dal fumo (Cammarata et al., 2014).

2.8 Il fumo passivo

Negli adulti l’esposizione di lunga durata al fumo passivo aumenta del 24% il rischio di ammalarsi di cancro ai polmoni e del 23% di ammalarsi di coronaropatie (Duaso & Duncan, 2012). Aumenta inoltre il rischio di sviluppare un’esacerbazione dell’asma e sintomi respiratori cronici come la dispnea e la tosse (Humair & Cornuz, 2005).

Nei bambini, soprattutto nei primi anni di vita, il fumo passivo aumenta il rischio di provocare SIDS, di sviluppare infezioni respiratorie acute (come polmonite e bronchite),

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otiti medie e sintomi respiratori cronici, di far insorgere o aggravare l’asma e di ridurre le funzioni polmonari (Humair & Cornuz, 2005).

Il fumo passivo provoca più di 600’000 decessi prematuri ogni anno (OMS, 2015).

2.9 I costi sociali del fumo

Con il termine “costi sociali” s’intendono tutti quei costi supportati dalla società, che comprendono quelli diretti, indiretti e umani (Addiction Suisse, s.d.).

I costi diretti includono: le spese legate al trattamento delle malattie causate dal consumo di tabacco, di ricerca, di formazione, di prevenzione, i costi di produzione e di distribuzione del tabacco e quelli dei danni materiali causati dalle sigarette (come per esempio gli incendi) (Addiction Suisse, s.d.). Sulla base delle stime fatte nel 2000 in Svizzera, i costi diretti hanno raggiunto gli 1,5 miliardi di franchi (Addiction Suisse, s.d.). I costi indiretti, concernenti le perdite di produttività generate da malattie, decessi e invalidità dovute al consumo di tabacco, lo stesso anno sono state di 4 miliardi; mentre quelli umani, riferiti all’abbassamento della qualità di vita dei malati e dei loro famigliari, stimati a 5,2 miliardi di franchi (Addiction Suisse, s.d.).

In totale, il consumo di tabacco in Svizzera nel 2000 ha generato ben 10,7 miliardi di franchi in costi sociali (Addiction Suisse, s.d.).

Nel 2006 uno studio ha calcolato che le spese per la salute prodotte dal fumo passivo in Svizzera, hanno raggiunto i 420 milioni di franchi (Addiction Suisse, s.d.).

2.10 Le associazioni contro il fumo in Svizzera

In Svizzera le principali associazioni contro il fumo sono:

• Associazione Svizzera Non-fumatori (ASN): è attiva dal 1977 e si occupa di sensibilizzare la popolazione della svizzera italiana sull’argomento del tabagismo (Associazione Svizzera Non fumatori, s.d.). In particolare lotta per la difesa dei diritti dei non fumatori e per la disassuefazione dal tabacco (Associazione Svizzera Non fumatori, s.d.).

• Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo (AT): è nata nel 1973 come riferimento per la lotta contro il fumo (Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo, s.d.). Collabora con numerose organizzazioni nazionali e cantonali di promozione della salute, con sistemi sanitari pubblici e privati e con assicurazioni (Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo, s.d.). Si occupa inoltre di preparare e dirigere campagne, di comunicare ai media i cambiamenti concernenti le regolamentazioni sui prodotti contenenti tabacco e i progressi sulla prevenzione del tabagismo, aderisce alla commissione federale, sostiene la realizzazione di strutture legislative di base e prende posizione rispetto alle proposte politiche, crea brochures e materiale didattico relativi ai temi del fumo e fornisce informazioni sui metodi di disassuefazione dal fumo (Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo, s.d.).

• Fondazione svizzera di Cardiologia: è stata creata nel 1967 per promuovere la ricerca, l’informazione e la prevenzione delle malattie cardiovascolari e dell’ictus cerebrale, al fine di diminuire il numero di persone colpite, di evitare menomazioni e morti premature e di permettere, a coloro che ne sono stati colpiti, di vivere una vita dignitosa (Fondazione Svizzera di Cardiologia, s.d.). Oltre a queste attività, l’associazione assiste e fornisce consulenze alle persone affette da patologie cardiovascolari e ai loro congiunti (Fondazione Svizzera di Cardiologia, s.d.).

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• Lega polmonare Svizzera: da oltre 110 anni questa associazione offre numerosi servizi di assistenza per soggetti affetti da patologie polmonari e delle vie respiratorie, permettendo loro di vivere più a lungo, con maggiore autonomia e una migliore qualità di vita (Lega Polmonare, s.d.). Si occupa inoltre della prevenzione, sviluppando e sostenendo numerosi progetti, ed è attiva a livello politico (Lega Polmonare, s.d.). In Svizzera, oltre agli organi centrali e alla sede nazionale, sono presenti 20 leghe polmonari cantonali (Lega Polmonare, s.d.). • Lega svizzera contro il cancro: fondata nel 1910, questa importante associazione

fornisce sostegno e consulenza alle persone malate di carcinoma e ai loro familiari, informazioni sulla malattia e sulle cure, svolge numerose campagne di prevenzione, esegue ricerche e promuove la diagnosi precoce (Lega contro il cancro, s.d.). Il suo scopo è quello di diminuire il numero di persone che si ammalano, soffrono e muoiono a causa del cancro e di aumentare il numero di persone che guarisce, garantendo cure adeguate e supporto in tutte le fasi della malattia (Lega contro il cancro, s.d.).

2.11 I benefici della disassuefazione dal tabacco

Smettendo di fumare i benefici a lungo e corto termine sono numerosissimi (Porter, 2013). Entro 20 minuti dall’ultima sigaretta fumata, la pressione sanguigna e la temperatura corporea ritornano nella norma e l’apporto di ossigeno aumenta (Porter, 2013). Dopo 8 ore, la concentrazione di monossido di carbonio nel sangue diminuisce e la respirazione è più gradevole (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015). A 24 ore, il rischio di infarto del miocardio inizia a calare, si attenua il tremore alle mani dovuto alla nicotina e l’afflusso di sangue a mani e piedi si normalizza (Porter, 2013; West, 2015). A una settimana di interruzione, i polmoni si risanano: l’infiammazione si riduce e le ciglia iniziano a rigenerarsi, migliora il senso dell’odorato e il proprio odore (West, 2015). Dopo un mese, la funzione delle ciglia ritorna completamente alla normalità e la pelle risulta più sana: le rughe e il pallore grigio da fumatore iniziano a svanire, i livelli di stress tendono a calare, ci si sente maggiormente in forma e aumenta il fiato (Porter, 2013; West, 2015). A distanza di qualche mese la tosse e le difficoltà respiratorie migliorano ed entro un anno il rischio di coronaropatia e di infarto si dimezza (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015; Porter, 2013). Dopo 5 anni il rischio di ammalarsi di cancro ai polmoni si riduce della metà (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015).

Interrompendo il consumo di tabacco (per le donne dopo 5 anni e per gli uomini dopo 10), il rischio di ammalarsi di diabete si riduce allo stesso livello dei non fumatori (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015). Dopo 15 anni il rischio di infarto è lo stesso di chi non fuma e l’organismo è riuscito a cancellare gran parte dei danni provocati dal fumo (Fondazione Svizzera di Cardiologia, 2015).

Smettere di fumare abbassa il rischio di contrarre numerosi tumori e altre malattie come la BPCO, l’ictus e l’arteriopatia periferica (Porter, 2013). La qualità di vita si ottimizza poiché i sintomi respiratori tra cui la tosse, il sibilo espiratorio (wheezing) e il respiro corto migliorano e la richiesta supplementare di ossigeno diminuisce; ci si sente meglio in generale, si è più felici e soddisfatti della propria vita e ci si può aspettare di vivere 10 anni in più evitando probabilmente di incorrere in gravi problemi di salute e risparmiando molti soldi (West, 2015).

2.12 Il Counselling

Il Counselling è un metodo di sostegno relazionale che si instaura tra il Counselor e un individuo, o una coppia o un gruppo, basato sull’ascolto attivo ed empatico (CNCP,

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2014). In questo processo la persona viene supportata e aiutata a individuare opportunità e risorse in modo da promuovere il proprio benessere personale (CNCP, 2014). Il Counselor è un terapista formato in base ad uno specifico Approccio Teorico di Counselling che, attraverso dei colloqui strutturati, l’utilizzo di specifiche abilità e strumenti comunicativi, sviluppa una relazione di fiducia con la persona in difficoltà, aiutandola a individuare soluzioni a problemi di natura non psicopatologica, a prendere decisioni e a sviluppare risorse e consapevolezza (CNCP, 2014). Il suo obiettivo è quindi quello di far affiorare le potenzialità della persona, stimolandola e incoraggiandola a riconoscere i propri bisogni, e a fare le scelte opportune (CNCP, 2014). Il Counselor deve essere consapevole dei propri sentimenti e confini, in modo da non interferire nel compito volto a conoscere il cliente; potrebbe altrimenti lasciarsi prendere dall’entusiasmo di aiutarlo, o dall’ambizione di dimostrare il proprio successo come terapista, a tal punto da oscurare il colloquio alterando la sua comprensione e le sue reazioni (Kotrotsiou et al., 2008).

Siccome per diventare Counselor è necessaria una formazione specifica, un infermiere non specializzato in questa disciplina non può essere considerato tale. Tuttavia, nella relazione di aiuto con il paziente, egli utilizza abilità di Counselling quali l’ascolto attivo, l’empatia, il rispetto, l’autenticità e il non giudizio, prendendosi cura non solo dei bisogni fisici del paziente, ma anche di quelli psicologici ed emotivi (Artioli, Montanari, & Saffioti, 2004). Il ruolo degli infermieri con abilità di Counselling è di riabilitare fisicamente, spiritualmente e psicologicamente il paziente, assistendolo nella ripresa dei suoi precedenti ruoli personali e sociali (Kotrotsiou et al., 2008). Gli infermieri si trovano spesso ad affrontare situazioni che non richiedono solamente abilità ben sviluppate di Counselling, ma vere e proprie capacità specialistiche di Counselling come, per esempio, offrire assistenza a persone con malattie croniche, con bisogni specifici o che stanno affrontando un lutto (Kotrotsiou et al., 2008).

Il Counselling diretto ai cambiamenti comportamentali e attitudinali può produrre maggiori effetti positivi rispetto agli approcci educazionali tradizionali di promozione della salute, in particolare quando sono adattati alla motivazione della persona a voler cambiare (Steptoe et al., 1999).

2.13 Le terapie farmacologiche e non farmacologiche

Esistono due tipologie di trattamento farmacologico per smettere di fumare: i prodotti a rilascio di nicotina, che comprendono cerotti, gomme da masticare, pastiglie da sciogliere, compresse da succhiare, spray orali e inalatori, la Vareniclina e il Bupropione (West, 2015). Per avere la massima efficacia da parte di ognuno di questi medicamenti, è fondamentale assumerli in dose sufficientemente elevata e non interrompere il trattamento prima del tempo indicato (West, 2015).

I medicamenti contenenti nicotina permettono alla persona che vuole smettere di fumare di attenuare i sintomi causati dall’astinenza, in modo da riuscire, nel frattempo, a concentrarsi maggiormente su come cambiare le proprie abitudini ed evitare le situazioni legate al consumo di tabacco (Abbühl & Broccard, 2014). Essi permettono di assumere nicotina, evitando però di introdurre nell’organismo tutte le altre sostanze dannose contenute nelle sigarette, e in una dose minore che difficilmente induce dipendenza (Abbühl & Broccard, 2014). Per poter comprare questi prodotti non è necessaria la prescrizione da parte del medico (Abbühl & Broccard, 2014). Il sotto dosaggio di questi medicamenti porta alla comparsa dei sintomi da astinenza e a frequenti ricadute, mentre il sovradosaggio, che è piuttosto raro, causa repulsione al tabacco, sapore spiacevole in bocca, vertigini, problemi legati al sonno, cefalea,

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aumento della frequenza cardiaca, nausea e diarrea (Stead, Perera, Bullen, Mant, & Lancaster, 2008). Indicativamente, il trattamento dura tre mesi e le dosi devono essere ridotte progressivamente; eventualmente, una volta interrotto, è raccomandabile avere un sostituto nicotinico a portata di mano in caso di bisogno imminente (Stead et al., 2008). Il dosaggio deve essere calcolato in base al numero di sigarette fumate e al grado di dipendenza, effettuando il test di Fagerström1 per verificarlo (Stead et al., 2008). I fumatori forti possono utilizzare due prodotti a rilascio di nicotina in contemporanea o associarne uno alla Vareniclina o al Bupropione per aumentarne l’efficacia (Abbühl & Broccard, 2014). Gli effetti secondari dei sostituti nicotinici sono tutti molto simili tra loro e comprendono: cefalea, insonnia, afte, nausea, vertigini, irritazioni del cavo orale e della gola e accelerazione della frequenza cardiaca (Stead et al., 2008). Gli attuali sostituti nicotinici comprendono il cerotto alla nicotina, che rilascia la sostanza in maniera continua e regolare durante tutto l’arco della giornata, le gomme da masticare, le compresse da succhiare e le pastiglie da sciogliere, che possono essere prese a scadenze regolari o al bisogno durante il giorno, l’inalatore e lo spray orale (Abbühl & Broccard, 2014).

La durata del trattamento può variare da 8 a 12 settimane (Stead et al., 2008).

Il Bupropione e la Vareniclina sono due valide alternative ai sostituti nicotinici per la disassuefazione dal fumo, ai quali possono essere comunque associati durante il trattamento (West, 2015). Entrambi necessitano della prescrizione medica (West, 2015).

Il cloridrato di Bupropione (Zyban) è la prima terapia senza nicotina ad essere stata autorizzata per smettere di fumare (Hakesley-Brown, 2007). In origine si tratta di un antidepressivo e agisce come inibitore selettivo sia della noradrenalina che della dopamina, diminuendo il desiderio di assumere nicotina e prevenendo i sintomi dell’astinenza (West, 2015). Essendo un antidepressivo è molto utile nella disassuefazione dal fumo poiché può prevenire i sintomi depressivi causati dalla mancanza di nicotina (Hughes, Stead, & Lancaster, 2007). Questo medicamento è molto indicato alle persone che hanno una forte dipendenza dal tabacco, a quelle che non possono utilizzare i sostituti nicotinici, a quelle che hanno tentato più volte di smettere senza esito positivo e a quelle che soffrono o hanno sofferto di disturbi depressivi (Hughes et al., 2007). Il trattamento, che dura dalle 7 alle 9 settimane, va iniziato 1-2 settimane prima della data in cui si decide di smettere di fumare (Hughes et al., 2007). I primi sei giorni bisogna assumere una sola pastiglia da 150 mg e, a partire dal settimo, due pastiglie (300 mg in totale) a distanza di 8 ore l’una dall’altra (Hughes et al., 2007). Gli effetti collaterali più frequenti sono l’insonnia, l’agitazione, l’ansietà, l’irritabilità, la cefalea, le vertigini, la tachicardia e la nausea (Hughes et al., 2007). La Vareniclina (Champix) è un agonista parziale del recettore selettivo nicotinico dell’acetilcolina che agisce legandosi ai recettori della nicotina (West, 2015). Riducendo la disponibilità dei siti di legame vengono alleviati il desiderio di fumare e la sintomatologia da astinenza (West, 2015). Come con il Bupropione, anche il trattamento con la Vareniclina va iniziato 1-2 settimane prima di smettere definitamente di fumare (Cahill, Lindson-Hawley, Thomas, Fanshawe, & Lancaster, 2016). Dal primo al terzo giorno si prende una pastiglia da 0,5 milligrammi, dal quarto al settimo giorno si prendono due pastiglie da 0,5 milligrammi e dall’ottavo giorno fino alla fine del trattamento (12 settimane) si prendono due pastiglie da 1 milligrammo al giorno (Cahill

1 Vedi capitolo 11.1 (pg. 47)

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et al., 2016). I principali effetti collaterali che si possono manifestare sono: nausea, insonnia, sogni anormali e cefalee (Cahill et al., 2016).

Per quanto riguarda le terapie non farmacologiche, quelle più comunemente utilizzate sono la terapia cognitivo-comportamentale, l’ipnoterapia e l’agopuntura (Wise & Correia, 2008). La terapia cognitivo-comportamentale comprende consulenze di gruppo e conferenze, che hanno lo scopo di aiutare i fumatori a sviluppare strategie di coping (ossia l’insieme di strategie mentali e comportamentali attivate per superare una determinata situazione) e tattiche per identificare i fattori scatenanti; propongono inoltre tecniche efficaci che diminuiscono la probabilità di ricadute (Wise & Correia, 2008). Molti pazienti utilizzano l’ipnoterapia e l’agopuntura per smettere di fumare, in particolare per provare ad alleviare e a diminuire il desiderio e i sintomi dell’astinenza da nicotina (Wise & Correia, 2008). Secondo numerosi studi non è stato tuttavia possibile dimostrare l’efficacia terapeutica dei due metodi, molto popolari e utilizzati da tempo, nello svezzamento da tabacco (Humair & Cornuz, 2005).

3. METODOLOGIA DI LAVORO

3.1 La revisione bibliografica

Per l’elaborazione del mio lavoro di tesi ho deciso di utilizzare il metodo della revisione bibliografica. Esso consiste nell’identificare, valutare, sintetizzare e comparare numerose evidenze scientifiche, che presentano determinati criteri di inclusione, per rispondere ad una specifica domanda (Cope, 2014). Il suo scopo non è quello di creare nuove conoscenze ma di riepilogare e riassumere quelle già esistenti su un determinato argomento (Aromataris & Pearson, 2014). Mira a comunicare al lettore cosa è conosciuto su una determinata ricerca o un argomento clinico, presentando le lacune, i punti di forza e le debolezze degli studi presi in considerazione (Cope, 2014).

3.2 Gli step della revisione bibliografica

Per svolgere una revisione bibliografica bisogna seguire alcune tappe ben definite e internazionalmente accettate (Aromataris & Pearson, 2014).

Innanzitutto, bisogna scegliere il tema sul quale svolgere la revisione e, per facilitare questo lavoro, si consiglia di prendere in considerazione argomenti sui quali si possiedono già delle conoscenze, oppure di studiare e ricercare informazioni su temi per i quali si nutrono particolari interessi (Cronin, Ryan, & Coughlan, 2008; Saiani & Brugnolli, 2010). In questa fase è molto importante definire bene l’argomento scelto e la questione che si vuole trattare/approfondire (Saiani & Brugnolli, 2010). Un errore comune è quello di scegliere un tema onnicomprensivo; sebbene possa rivelarsi una strategia utile per determinare quanta letteratura sia disponibile, esso rischia di generare un notevole numero di dati, rendendo la revisione irrealizzabile (Cronin et al., 2008). È perciò consigliato affinare l’argomento, in modo che la quantità finale di informazioni generata sia gestibile (Cronin et al., 2008). È utile iniziare con un argomento ristretto e concentrato, se necessario ampliando gli ambiti della revisione durante lo sviluppo del lavoro, piuttosto che dover tagliare i contenuti successivamente (Cronin et al., 2008). Parlare con specialisti clinici e leggere la documentazione può essere d’aiuto nell’identificare l’area di interesse, così da capire quante informazioni esistono già (Cronin et al., 2008). Prima di scegliere il procedimento definitivo è fondamentale chiedersi e verificare se l’argomento presenta una reale valenza scientifica, clinica e assistenziale, e se sono già stati pubblicati lavori simili (Saiani & Brugnolli, 2010). Bisogna in seguito formulare in modo chiaro il quesito di ricerca e gli obiettivi, che permetteranno di cercare la relativa letteratura in maniera mirata

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(Riesenberg & Justice, 2014a). Per fare ciò è consigliato l’utilizzo del modello Population/Problem Intervention Comparison Outcome (PICO) (Aromataris & Pearson, 2014). In ogni progetto la “P” deve essere identificata come la specifica popolazione di interesse e/o il problema, la “I” come intervento/i studiato/i, la “C” come comparazione e la “O” come risultato/i (Bernhofer, 2015). Non tutti gli studi hanno una comparazione, ma tutti comprendono una popolazione e/o un problema, uno o più interventi e risultati (Bernhofer, 2015).

Il prossimo passo consiste nel determinare i criteri di inclusione i quali, insieme al PICO, assicurano che i confini del quesito di ricerca siano ben definiti e aiutano a cercare tutti gli studi d’interesse (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Essi non devono risultare troppo circoscritti, eccessivamente ampi ed esageratamente dettagliati, ma essere funzionali da applicare (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Alcuni esempi possono essere: la data di pubblicazione, il focus dell’articolo, il disegno di ricerca, gli esiti misurati, eccetera (Saiani & Brugnolli, 2010).

Una tappa importante è caratterizzata dalla ricerca della letteratura all’interno di banche dati, motori di ricerca, libri e riviste scientifiche (Riesenberg & Justice, 2014a). Per facilitare il lavoro di ricerca è consigliato definire delle caratteristiche come per esempio le condizioni di pubblicazione, l’anno e il linguaggio utilizzato (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Solitamente viene scelto materiale pubblicato 5-10 anni prima (Cronin et al., 2008). L’approccio di ricerca dipende dal quesito, dall’argomento, dal tempo disponibile e dalle risorse (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Per identificare i termini appropriati è utile fare un brainstorming (Riesenberg & Justice, 2014a). È suggerito usare diverse tecniche di ricerca come i vocabolari presenti nelle banche dati, le parole chiave e gli operatori booleani (AND, OR e NOT) (Riesenberg & Justice, 2014a). Nelle sezioni d’aiuto delle banche dati è possibile imparare le tecniche più avanzate disponibili di ricerca (Riesenberg & Justice, 2014a). Come minimo vanno considerate due banche dati, ma per ridurre il rischio di errore nelle conclusioni è meglio utilizzarne di più (Riesenberg & Justice, 2014a). Qualora il materiale trovato sia insufficiente bisogna ricorrere alla modifica della propria strategia di ricerca, estendendo il campo d’interesse con quesiti aggiuntivi; nel caso contrario, occorre precisare ulteriormente il quesito stesso (Saiani & Brugnolli, 2010).

Per selezionare, analizzare e sintetizzare la letteratura esistono numerose strategie che permettono la costruzione, la redazione e la revisione del testo (Cronin et al., 2008). Gli articoli vengono selezionati in base al loro titolo e al loro abstract, che devono contenere elementi inerenti al quesito di ricerca e agli elementi di inclusione (Saiani & Brugnolli, 2010). È consigliato dare una prima lettura agli articoli per capire se includerli o meno, e classificarli successivamente in base al tipo di fonte (Cronin et al., 2008). Nella gestione dei numerosi articoli è opportuno costruire delle “tavole di estrazione dei dati”, indicando l’autore, il numero di elementi, il tipo di progetto, il metodo di misurazione delle variabili e i risultati chiave (Saiani & Brugnolli, 2010). Una volta allestito il primo quadro generale, è necessario ritornare agli articoli per fare una revisione più sistematica e critica del contenuto (Cronin et al., 2008). Ogni studio incluso nella revisione deve essere considerato qualitativamente tramite uno strumento di valutazione scelto in base al tema e alle proprie preferenze (Riesenberg & Justice, 2014b). Selezionati, analizzati, sintetizzati e valutati gli articoli, s’inizia a redigere la revisione, composta da un’introduzione, un corpo centrale, dalle conclusioni e dalla bibliografia (Cronin et al., 2008).

L’introduzione deve contenere una breve panoramica del problema con la propria rilevanza, l’obiettivo della revisione e la descrizione dei limiti/confini, nonché i criteri di inclusione ed esclusione (Cronin et al., 2008). Si possono inoltre esporre le modalità e

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le strategie adoperate per condurre la ricerca, illustrando le fonti principali e i criteri prestabiliti per includere o escludere gli studi (Saiani & Brugnolli, 2010). Non bisogna anticipare le conclusioni (Saiani & Brugnolli, 2010).

Il corpo centrale deve comprendere il background, la metodologia di svolgimento del lavoro, la sintesi delle informazioni rilevanti e la loro valutazione critica oggettiva, evitando di inserire le proprie opinioni personali (Cronin et al., 2008).

Il quadro teorico comunica i fattori contestuali e i problemi concettuali pertinenti al quesito di ricerca (Centre for Reviews and Dissemination, 2009). Spiega perché la revisione è necessaria e fornisce un sostegno logico dei criteri di inclusione e del focus della revisione, per esempio giustificando la scelta degli interventi presi in considerazione (Centre for Reviews and Dissemination, 2009).

Gli studi importanti vanno descritti e discussi, sottolineando il modo con il quale hanno contribuito a rispondere al quesito o le conoscenze aggiuntive che hanno fornito sul tema (Saiani & Brugnolli, 2010). Si procede con una descrizione sintetica, la presentazione del loro disegno, delle caratteristiche delle popolazioni studiate, degli interventi effettuati, dei settings, e degli esiti primari e secondari misurati (Saiani & Brugnolli, 2010). Gli studi vengono successivamente raggruppati per concetti o per variabili, mettendo in evidenza sia le similitudini che le differenze dei risultati (Saiani & Brugnolli, 2010).

Le conclusioni presentano un giudizio critico concernente lo sviluppo e l’affidabilità delle informazioni sull’argomento e contengono un riepilogo delle scoperte fatte e una sintesi dell’attuale stato di conoscenza sull’oggetto preso in esame (Saiani & Brugnolli, 2010). Quest’ultima dovrebbe evidenziare ciò che è stato studiato, se le indagini sono state corrispondenti, e se ci sono zone in cui la ricerca risulta ancora lacunosa (Saiani & Brugnolli, 2010). Si possono infine tracciare eventuali interrogativi e possibili direzioni future di ricerca (Saiani & Brugnolli, 2010).

Bisogna includere le raccomandazioni e le implicazioni per la pratica assistenziale, per l’educazione e la ricerca (Cronin et al., 2008).

La revisione termina con la lista bibliografica di tutti gli articoli, libri, testi, trattati e altro materiale impiegato (Cronin et al., 2008).

4. APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA

4.1 La scelta dell’argomento

Dopo numerose ricerche e pensando agli stage precedentemente svolti, desideravo approfondire il tema del fumo e delle dipendenze, argomento che avevo già parzialmente affrontato nel mio lavoro di maturità al liceo. Ho iniziato a cercare letture/articoli nelle banche dati che provassero l’esistenza di una correlazione tra il ruolo infermieristico e la disassuefazione dal fumo. Nel frattempo, accertata la validità di questa connessione e compiendo altre ricerche su internet, ho scoperto casualmente la presenza di un servizio di tabaccologia presso l’Ospedale “La Carità” di Locarno, che ho poi contattato per ricevere maggiori informazioni. L’infermiera responsabile mi ha gentilmente spiegato che il suo ruolo consiste nel prestare delle consulenze mirate ai pazienti fumatori e, nel caso fossero propensi a smettere, ad aiutarli nel percorso di disassuefazione. Ho deciso così di concentrarmi sugli interventi che l’infermiere può mettere in atto per aiutare un paziente adulto ospedalizzato o ambulatoriale a interrompere il consumo di tabacco.

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4.2 La formulazione del quesito di ricerca e degli obiettivi

Il quesito di ricerca al quale voglio trovare risposta tramite lo svolgimento di questo lavoro di tesi è il seguente: “Quali sono gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per sensibilizzare un paziente ospedalizzato o ambulatoriale sul tema del fumo e per aiutarlo a smettere di fumare?”.

Per l’elaborazione del quesito di ricerca mi è stato utile l’utilizzo del PIO: • Popolazione = pazienti adulti, fumatori, ospedalizzati o ambulatoriali. • Intervento = approccio delle 5 A.

• Outcome = il paziente ha intrapreso un percorso per smettere di fumare oppure ha diminuito il numero di sigarette fumate al giorno.

Gli obiettivi che mi sono posta per lo svolgimento di questo lavoro sono:

• Individuare e analizzare gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per aiutare un paziente ospedalizzato o ambulatoriale a smettere di fumare.

• Capire se l’infermiere è effettivamente una figura adatta a svolgere questo ruolo e perché.

• Accrescere le mie conoscenze sul tema del tabagismo.

4.3 I criteri d’inclusione

• Pazienti con queste caratteristiche: adulti, fumatori, ospedalizzati o ambulatoriali. • Articoli pubblicati dopo il 2000.

• Articoli scritti in italiano, inglese e francese.

• Articoli riguardanti studi effettuati in tutto il mondo.

• Articoli pubblicati su banche dati, libri di testo e siti internet (attendibili). • Evidence Based Practice.

• Tutti i tipi di studi.

4.4 Le strategie di ricerca della letteratura

Per comporre il quadro teorico ho utilizzato articoli reperiti dalle banche dati della SUPSI, in particolare dalla CINHAL, libri di testo, documenti provenienti dal sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), brochures recuperate all’Ente Ospedaliero Cantonale e materiale fornitomi dall’infermiera responsabile del servizio di tabaccologia dell’Ospedale di Locarno.

Per la ricerca della letteratura concernente il quesito di ricerca, le banche dati utilizzate sono state le seguenti: “CINHAL”, “Cochrane”, “Medline”, “PubMed”, “Wiley” e le parole chiave, ricercate singolarmente o associate tra di loro con l’operatore booleano “AND”, sono state: smoking, smoking cessation, tobacco smoking, tobacco use, nurse, nursing interventions, role e strategies.

Per scegliere o scartare gli articoli scaturiti dalle varie ricerche, mi sono basata sul titolo, sui criteri d’inclusione e sulla lettura dell’abstract. Selezionati gli articoli, ho proceduto con la lettura dei testi per confermare o meno la pertinenza con il quesito di ricerca.

4.5 L’organizzazione degli articoli da includere

Per facilitare il lavoro di sintetizzazione del materiale ho creato due tabelle, una per gli studi e l’altra per gli articoli, in modo da poter raccogliere e riassumere i dati più importanti. Le colonne delle tabelle sono state suddivise in: “Autore/Anno”, “Titolo”, “Design”, “Campione”, “Setting” “Scopo”, “Interventi”, “Risultati/Conclusioni” e “Score”.

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4.6 La valutazione della qualità degli studi

Come strumento per la valutazione qualitativa degli studi ho utilizzato la “Quality rating scale” riportata in “A meta-analysis of studies of nurses’ job satisfaction” di Zangaro e Soeken (2007), poiché semplice da capire e rapida da mettere in pratica.

Quest’ultima propone di considerare 10 criteri grazie ai quali è possibile dare un punteggio che definisca la qualità dello studio preso in analisi. La qualità di ogni articolo è attribuita in base alla somma totale dei punti ottenuti: da assente con punteggio 0, a ottima con punteggio 10.

I 10 criteri, tradotti in italiano, sono i seguenti:

1) I quesiti di ricerca sono esposti in modo chiaro. 2) Il campione considerato è descritto.

3) Il setting in cui è stato condotto lo studio è dichiarato. 4) Il metodo di raccolta dati è descritto.

5) Il tasso di risposta è riportato.

6) La definizione operativa della variabile dei risultati è chiaramente descritta.

7) Gli strumenti utilizzati per misurare la questione considerata sono descritti o identificati.

8) Altri strumenti per misurare concetti sono descritti o utilizzati.

9) L’affidabilità del campione per lo strumento della questione considerata è fornito. 10) Valutazione complessiva della qualità dello studio.

Per avvalermi in modo ottimale di questa scala, ho deciso di porre alcuni cambiamenti ai criteri di valutazione, adattandola maggiormente alle esigenze della mia ricerca. Dopo aver apportato le modifiche necessarie, la scala appare in questo modo:

1) Il quesito di ricerca è esposto in modo chiaro. 2) Il design è dichiarato.

3) Il campione considerato è descritto.

4) Il setting in cui è stato condotto lo studio è dichiarato. 5) Lo scopo dello studio è espresso.

6) Vengono citati degli interventi infermieristici. 7) I risultati finali sono esposti chiaramente.

Siccome nello studio di Zangaro e Soeken non vengono fornite spiegazioni relative ai criteri, propongo una breve sintesi di quelli che intendo utilizzare per raggiungere una migliore comprensione.

Spiegazione delle voci:

1) Il quesito di ricerca corrisponde alla domanda che l’autore si pone e che guida tutto il lavoro. Lo scopo finale, tramite l’ausilio della letteratura, è dunque quello di riuscire a trovare una risposta. Spesso negli studi e negli articoli non è menzionato in modo esplicito, per questa ragione ho deciso di assegnare il punto anche qualora se ne sia parlato in modo indiretto.

2) Il design equivale al tipo di studio che può essere di coorte, qualitativo, quantitativo, revisione della letteratura, eccetera. Il punto viene assegnato quando questa informazione è presente nell’articolo.

3) Il campione è rappresentato da tutti quegli elementi che l’autore decide di osservare. Nel caso specifico, per l’assegnazione del punto ho ritenuto importante che all’interno degli studi fossero precisati: il numero di persone coinvolte, il contesto ed eventualmente i criteri d’inclusione/esclusione.

Riferimenti

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