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Cultura artistica islamica nell’architettura Campana tra XI-XII secolo

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Parole chiave:tarsia,archiintrecciati,architettura normanna,architettura islamica,Campania.

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m-ide e ziride dopo, quella cultura islamica ancora oggi ben visibile nell'architettura e nella decorazione dei

monumentireligiosie civilidell’Italia Meridionale.

Inumerosimonumentid’epoca normanna ancora superstitiin Campania,mostrano la sobria concezione diuno

spazio espresso nella stereotomia deipartitidecorativideiparamentiesterni,a volte variamente intarsiaticon

tufo e pietra vulcanica.Idiversimotiviornamentalidiascendenza islamica sicontraddistinguono per una serie

diarcature a rincassiduplicie triplicie per forme decorative a tarsia a volte impreziositida archiintrecciati con concibicromi.Talitipologie architettoniche attestano l’alta qualità artistica promossa,in particolare,dalle maestranze della città diSalerno e della Costa d’Amalfi,territorio politicamente potente per itraffici commer-cialiche sisvolgevano frequentiin tutto ilMediterraneo.

cialiche sisvolgevano frequentiin tutto ilMediterraneo.

La tarsia è una tecnica decorativa che consiste nelrealizzare un disegno su una parete muraria con diversiel -ementi lapidei per attribuire alle pareti un certo ritmo, il cui effetto non è affidato alle sporgenze ma al solo contrasto cromatico derivante daivaritipidipietra.La tecnica a tarsia era diffusa già dalperiodo antico:nel mondo greco veniva indicata con iltermine diplákosis mentre iRomaniusavano iltermine diincrustatio.Plinio ilVecchio afferma che la tecnica dell’incrostazione sia stata inventata in Caria poiché ilpalazzo del

governa-tore Mausolo diAlicarnasso aveva le paretilaterizie rivestite dimarmo proconnesium.IRomaniusavano so

prattutto il marmo per cui il termine incrustatio divenne quasi un sinonimo dell’espressione incrustatio

mar-morea.Questa ultima ebbe una grande diffusione nell’architettura romana con la quale furono decoratimolti edificiin epoca imperiale,come ciattesta qualche costruzione della città diPompei.

Una delle differenze più evidenti tra le tarsie del mondo antico e quello medievale consiste nel fatto che

nell’antichità la tecnica è stata usata in modo ridotto rispetto all’epoca medievale in cuiè possibile ammirare un vero e proprio “ciclo” didecorazioni.In alcunicasile tarsie medievalipresentano alcentro una scodella in ceramica che splende con iraggidelsole creando un ulteriore effetto cromatico.Tale elemento artistico risul

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al centro con bacini di maiolica databili al XII secolo e comunemente definiti di origine ispano-arabi. Altri

bacinisimili,dello stesso periodo,sono statiritrovatiin Villa Rufolo a Ravello. bacinisimili,dello stesso periodo,sono statiritrovatiin Villa Rufolo a Ravello.

Molte sono le ricerche relative all’epoca medievale sulla genesi della tecnica della tarsia lapidea. Recent

e-mente gli studiosi concordano che in Campania, i costruttori romanici, s'ispirarono al mondo islamico. In ef

-fetti, tale decorazione è conosciuta in epoca omayyade in Siria e nella Spagna andalusa, come attesta la

Grande Moschea di Cordova (786-988) e, in seguito, nell’architettura ayyubide sempre in Siria e anche in

Egitto. Solo a partire dal X-XI secolo troviamo monumenti nordafricani decorati con tarsia e conci bicromi

come la cupola delbahu della moschea al-Zaytuna diTunisi.

Diforte ispirazione araba,inoltre,sono gliarchiintrecciatimoltideiqualierano decoratianch’essicon motivi a tarsia.L'idea diinfoltire ilsistema ad archisuccessivimediante un intreccio è sicuramente diorigine prei

s-lamica; ritroviamo alcuni disegni che riportano tale decorazione nei mosaici romani mentre in Siria sono già

attestatiin epoca paleocristiana sull’architrave della chie¬sa diBehyo (VIs.).

Il trattamento piatto delle superfici esterne degli archi intrecciati del campanile salernitano, del tiburio del

Duomo diCasertavecchia e delle absididella chiesa diSant'Eustachio a Pontone diScala rimandano a esempi

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la Qubba al-Barudiyin (XIIs.) a Marrakesh.L’uso diquesto tipo diarchiintrecciatiè molto diffuso soprattutto

in Andalusia dove è ancora presente nella Moschea Bab al-Mardum a Toledo (999-1000), nell’Aljaferìa di

Saragozza

Saragozza (1049) e,infine,nella Giralda a Siviglia (1184-1198).Possiamo concludere che imodellicampani

traggono le loro affinità dalla Spagna omayyade, postulando un'o¬rigine andalusa dei motivi ad archi int

rec-ciatie delle tarsie policrome,giuntiin Campania quasicertamente soprattutto per ilruolo che rivestiva la città

diAmalfinelMediterraneo.Non è un caso se ilviaggiatore arabo Ibn Hawqal(972) considerava Amalfipiù i

m-portante diNapoli,le cuiimbarcazionierano le più velocidelMediterraneo e ilsuo territorio ilpiù fertile,che goda delle miglioricondizionie sidistingue per la sua ricchezza e la sua opulenza.

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deiNormanni,in «Apollo»,XXI(2005),pp.99-114.

PLINIO IL VECCHIO,Naturalis Historia,XXXVI47.

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Casertavecchia, Cattedrale, tiburio

Salerno, Duomo di S. Matteo, campanile

Marocco, Marrakesh, moschea al-Kutubiyya, minareto

Marocco, Marrakesh, Qubba al-Barudiyin

Pontone di Scala, chiesa Sant'Eustachio, abside

Cordova, Grande moschea, porta

Cordova, Grande moschea, porta

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Seconda Università degli Studi di Napoli

Giornate Scientifiche di Ateneo 2014, 11 giugno 2014

Cultura artistica islamica nell'architettura Campana tra XI-XII secolo

Hadda L. (1)

(1) Seconda Università di Napoli, Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale Luigi Vanvitelli, Abazia di S. Lorenzo ad Septinum Aversa

Parole chiave: tarsia, archi intrecciati, Campania

La scelta di analizzare da vicino la tradizione arabo-normanna in Campania e i suoi rapporti con l'architettura islamica prende spunto da ricerche condotte precedentemente da alcuni studiosi. Esiste, infatti, un filone storiografico che già a partire dall'inizio del Novecento ha individuato in Tunisia nell'arte aghlabide prima e fatimide e ziride dopo, quella cultura islamica ancora oggi ben visibile nell'architettura e nella decorazione dei monumenti religiosi e civili dell'Italia Meridionale.

I numerosi monumenti d'epoca normanna ancora superstiti in Campania, mostrano la sobria concezione di uno spazio espresso nella stereotomia dei partiti decorativi dei paramenti esterni, a volte variamente intarsiati con tufo e pietra vulcanica. I diversi motivi ornamentali di ascendenza islamica si contraddistinguono per una serie di arcature a rincassi duplici e triplici e per forme decorative a tarsia a volte impreziositi da archi intrecciati con conci bicromi. Tali tipologie architettoniche attestano l'alta qualità artistica promossa, in particolare, dalle maestranze della città di Salerno e della Costa d'Amalfi, territorio politicamente potente per i traffici commerciali che si svolgevano frequenti in tutto il Mediterraneo.

La tarsia è una tecnica decorativa che consiste nel realizzare un disegno su una parete muraria con diversi elementi lapidei per attribuire alle pareti un certo ritmo, il cui effetto non è affidato alle sporgenze ma al solo contrasto cromatico derivante dai vari tipi di pietra. La tecnica a tarsia era diffusa già dal periodo antico: nel mondo greco veniva indicata con il termine di plákosis mentre i Romani usavano il termine di incrustatio. Plinio il Vecchio afferma che la tecnica dell'incrostazione sia stata inventata in Caria poiché il palazzo del governatore Mausolo di Alicarnasso aveva le pareti laterizie rivestite di marmo proconnesium. I Romani usavano soprattutto il marmo per cui il termine incrustatio divenne quasi un sinonimo dell'espressione incrustatio marmorea. Questa ultima ebbe una grande diffusione nell'architettura romana con la quale furono decorati molti edifici in epoca imperiale, come ci attesta qualche costruzione della città di Pompei.

Una delle differenze più evidenti tra le tarsie del mondo antico e quello medievale consiste nel fatto che nell'antichità la tecnica è stata usata in modo ridotto rispetto all'epoca medievale in cui è possibile ammirare un vero e proprio "ciclo" di decorazioni. In alcuni casi le tarsie medievali presentano al centro una scodella in ceramica che splende con i raggi del sole creando un ulteriore effetto cromatico. Tale elemento artistico risulta essere ancora visibile sulla facciata di palazzo Veniero a Sorrento, dove i medaglioni circolari chiudevano al centro con bacini di maiolica databili al XII secolo e comunemente definiti di origine ispano-arabi. Altri bacini simili, dello stesso periodo, sono stati ritrovati in Villa Rufolo a Ravello.

Molte sono le ricerche relative all'epoca medievale sulla genesi della tecnica della tarsia lapidea. Recentemente gli studiosi concordano che in Campania, i costruttori romanici, s'ispirarono al mondo islamico. In effetti, tale decorazione è conosciuta in epoca omayyade in Siria e nella Spagna andalusa, come attesta la Grande Moschea di Cordova (786-988) e, in seguito, nell'architettura ayyubide sempre in Siria e anche in Egitto. Solo a partire dal X-XI secolo troviamo monumenti nordafricani decorati con tarsia e conci bicromi come la cupola del bahu della moschea al-Zaytuna di Tunisi.

Di forte ispirazione araba, inoltre, sono gli archi intrecciati molti dei quali erano decorati anch'essi con motivi a tarsia. L'idea di infoltire il sistema ad archi successivi mediante un intreccio è sicuramente di origine preislamica; ritroviamo alcuni disegni che riportano tale decorazione nei mosaici romani mentre in Siria sono già attestati in epoca paleocristiana sull'architrave della chie?sa di Behyo (VI s.).

Il trattamento piatto delle superfici esterne degli archi intrecciati del campanile salernitano, del tiburio del Duomo di Casertavecchia e delle absidi della chiesa di Sant'Eustachio a Pontone di Scala rimandano a esempi presenti in Algeria come il palazzo Ziride di Ashir (XI s.), i minareti della moschea di Sidi Okba a Biskra (VII s.), la moschea di Qal'a dei Banu Hammad (XI s.) e in Marocco come la Moschea al-Kutubiyya (1160-1195) e la Qubba al-Barudiyin (XII s.) a Marrakesh. L'uso di questo tipo di archi intrecciati è molto diffuso soprattutto in Andalusia dove è ancora presente nella Moschea Bab al-Mardum a Toledo (999-1000), nell'Aljaferìa di Saragozza (1049) e, infine, nella Giralda a Siviglia (1184-1198). Possiamo concludere che i modelli campani traggono le loro affinità dalla Spagna omayyade, postulando un'o?rigine andalusa dei motivi ad archi intrecciati e delle tarsie policrome, giunti in Campania quasi certamente soprattutto per il ruolo che rivestiva la città di Amalfi nel Mediterraneo. Non è un caso se il viaggiatore arabo Ibn Hawqal (972) considerava Amalfi più importante di Napoli, le cui imbarcazioni erano le più veloci del Mediterraneo e il suo territorio il più fertile, che goda delle migliori condizioni e si distingue per la sua ricchezza e la sua opulenza.

BRACA A., Il duomo di Salerno: architettura e culture artistiche del Medioevo e dell'Età moderna, Salerno 2003. BOTTARI S., I rapporti tra l'architettura siciliana e quella campana nel Medioevo, in «Palladio», V (1955), pp. 7-28.

CILARDO A., a cura di, Presenza araba e islamica in Campania, Atti del convegno Napoli-Caserta, 22-25 novembre 1989, Napoli 1992.

CIOTTA G., La cultura architettonica normanna in Sicilia, Messina 1992.

FONTANA M.V., L'influsso dell'arte islamica in Italia, in Eredità dell'Islam, arte islamica in Italia, a cura di G. Curatola, Catalogo della mostra, Venezia, Palazzo ducale 30 ottobre 1993-30 aprile 1994, Milano 1993, pp. 457-476.

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GABRIELI F., SCERRATO U., Gli Arabi in Italia. Cultura, contatti e tradizioni, Milano 1993.

GAMBARDELLA A., Le tarsie murarie in epoca federiciana, in Cultura artistica, città e architettura nell'età federiciana, a cura di C.D. Fonseca, Atti del Convegno di studi, Reggia di Caserta-Cappella Palatina 30 novembre-1 dicembre 1995, Roma 2000, pp. 47-62.

HADDA L., Nella Tunisia Medievale. Architettura e decorazione islamica (IX-XVI secolo), Napoli 2008; ID., Architectures de tradition islamique dans la Sicile normande, in «Mediterranean Chronicle», 1 (2011), pp. 103-127; ID., Forme decorative nell'architettura fatimide e ziride in Tunisia (X-XII secolo), in Costruire progetti innovativi, a cura di O. Zerlenga, vol. 2, Foggia 2011, pp. 48-53.

KALBI G.L., Tarsie ed archi intrecciati nel Romanico Meridionale, Salerno 1971.

PANE R., Intarsi murali romanici a Salerno, in «Bollettino di Storia dell'Arte», (1952), pp. 39-40.

PEDUTO P., Bacini, tarsie e spolia nelle costruzioni in Italia meridionale al tempo degli ultimi Longobardi e dei Normanni, in «Apollo», XXI (2005), pp. 99-114.

PLINIO IL VECCHIO, Naturalis Historia, XXXVI 47.

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