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18. Anna Maria Gennai, L'ufficiale, la spia e la matematica

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Academic year: 2021

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L’ufficiale, la spia e la matematica

di Anna Maria Gennai

Recentemente è uscito sul grande schermo “L’ufficiale e la spia” di

Roman Polanski. Pur avendo ricevuto alcune critiche negative, ha vinto il Gran Premio della Giuria al Festival del Cinema di Venezia. Rappresentato per la prima volta da Georges Méliès nel 1899 in una serie di 11 micro-do-cumentari che hanno costituito il primo cinegiornale della storia, narra la vicenda che alla fine del XIX secolo coinvolse il capitano francese Alfred Dreyfus, accusato di spionaggio antifrancese a favore della Germania. Il ca-so Dreyfus, o meglio “l’affaire Dreyfus” come è generalmente noto, ebbe

grande risonanza già all’epoca dei fatti ed ha continuato a suscitare inte-resse per più di cento anni, narrato in almeno sei opere audiovisive dopo la prima e anche citato in un romanzo di Umberto Eco, “Il cimitero di Pra-ga”.

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È rimasto però deluso chi, come me, ha assistito alla proiezione dell’ultimo film convinto che si descrivessero anche le motivazioni di tipo matematico che avevano contribuito a smontare l’accusa e a riconoscere l’innocenza del capitano ebreo-alsaziano Dreyfus.

Eppure il successo avuto da recenti film su matematici, o da serie te-levisive sulla matematica, aveva fatto sperare in un accenno alla “regina delle scienze” anche in questa produzione cinematografica.

L’uomo che vide l’infinito”, tratto dallo splendido libro “L'uomo che vide l'infinito - La vita breve di Srinivasa Ramanujan, genio della matemati-ca” scritto da Robert Kanigel nel 1991, “A Beautiful Mind” , titolo

indovina-tissimo e grande interpretazione di Russel Crowe nei panni del premio No-bel John Nash, geniale matematico che, tra altri risultati meno famosi per i non esperti, ha trattato della Teoria dei giochi in Economia, “The Imitation Game”, con il racconto in parte romanzato delle vicende di uno dei padri

dell’informatica, Alan Turing, sono alcuni film che hanno avuto un ottimo riscontro da parte del pubblico e della critica. Allora perché non è stato in-serito nella trama di “L’ufficiale e la spia” qualche spunto di calcolo delle

probabilità, sfruttato senza fondamento scientifico dall’accusa, mediante il quale fu condannato ingiustamente Dreyfus? Calcolo delle probabilità che qualche anno dopo fu spiegato e rivisto nella sua corretta applicazione dal grande matematico e filosofo della scienza Henri Poincaré, contribuendo a scagionare l’ufficiale francese?

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Andiamo per ordine.

Innanzitutto prendo in prestito le parole di Indro Montanelli (cfr. [2]) per spiegare il motivo di tanta attenzione a questa vicenda:

«Essa non fu soltanto il più appassionante "giallo" di fine secolo. Fu anche l'anticipo di quelle «deviazioni» dei servizi segreti che noi riteniamo - sba-gliando - una esclusiva dell'Italia contemporanea. Ma fu soprattutto il pro-dromo di Auschwitz perché portò alla superficie quei rigurgiti razzisti e an-tisemiti di cui tutta l'Europa, e non soltanto la Germania, era inquinata. Al-lora, grazie soprattutto alla libertà di stampa che smascherò l'infame com-plotto, quei rigurgiti furono soffocati. Ma la vittoria dell'antirazzismo, che lì per lì sembrò definitiva, fu, come sempre quella della Ragione, soltanto momentanea. Le cronache di oggi dimostrano che nemmeno i forni crema-tori dell'Olocaustosono riusciti a liberarci dal mostro che si annida nel sub-conscio delle società (con rispetto parlando) cristiane, e che proprio nell'af-fare Dreyfus diede la misura più eloquente della sua abiezione. Ma quell'af-fare - destinato a passare alla Storia come l'Affaire per antonomasia - se-gnò una svolta epocale anche per un altro motivo: per gli effetti che provo-cò nella coscienza di un piccolo giornalista ebreo della «Neue Freie Presse» di Vienna, Theodor Herzl, destinato a diventare l'apostolo e il fondatore spirituale dello Stato d'Israele (autore de "Lo stato ebraico", 1896). Herzl aveva fino a quel momento negato l'esistenza di un problema ebraico, o meglio aveva sostenuto che per gli ebrei c'era solo un modo di risolverlo: integrandosi e radicandosi nelle società in cui si erano accasati, ponendo fi-ne al loro eterno vagabondare, cioè cessando di essere ebrei. Egli era con-vinto ch'essi avessero già pagato uno scotto troppo alto all'impegno di re-stare se stessi e che fosse venuto il momento di rinunziarvi. Dreyfus, che non aveva mai letto Herzl, e forse ne ignorava financo il nome, ne aveva già praticato l'insegnamento. Figlio di un ricco industriale alsaziano, che dopo Sedansi era trasferito a Parigi per sottrarsi al giogo tedesco, era cre-sciuto in un tale culto per la Francia da scegliere, per meglio servirla, la professione delle armi, nonostante la preconcetta ostilità che gli ottusi e retrivi ambienti militari nutrivano per gli ebrei. Dreyfus pensò di poterla vincere col suo zelo: nessun soldato francese fu più soldato e più francese

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di lui. Ma ciò non bastò a salvarlo quando i servizi segreti decisero di mon-tare l'affaire di un ufficiale ebreo al soldo dello spionaggio tedesco, che mi-scelava in una bomba esplosiva i due sentimenti allora prevalenti nel Pae-se: l'antigermanesimo e l'antisemitismo. Fu questo episodio che aprì gli oc-chi ad Herzl e lo convinse che, per sottrarsi alle persecuzioni, non bastava agli ebrei dimenticarsi di esserlo. E fu allora che con passione missionaria si dedicò a propagandare nel mondo l'idea della ricostruzione di un «focola-re» ebraico in Palestina. Non fece nemmeno in tempo a vederne nemmeno i prodromi perché morì all'inizio dell'affaire. Ma fu grazie a lui - e grazie a Dreyfus - che l'idea si diffuse - non senza suscitarvi diffidenze e ostilità - nel mondo ebraico, e si tradusse in progetto... Nemmeno l'umiliazione della degradazione e i cinque anni nell'inferno della Guyana erano riusciti ad an-nacquare i suoi sentimenti di soldato francese. Amava la Patria...»

Un sergente della Guardia repubblicana spezza la spada di Dreyfus nel cortile della Scuola Militare

Il trentacinquenne Dreyfus amava la patria, nonostante questo nel 1894 fu accusato di spionaggio, perché in un cestino dell’ambasciata tede-sca a Parigi fu rinvenuto un foglio, il cosiddetto bordereau, con indicata

una serie di documenti che lo scrivente si offriva di vendere ai tedeschi. Tra coloro che avrebbero potuto avere accesso a quei documenti, il so-spettato numero uno fu Alfred Dreyfus, ufficiale di artiglieria ebreo

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alsazia-no. L’accusa si basò quasi esclusivamente sulla somiglianza della grafia di Dreyfus con quella con cui era stato scritto il bordereau. Non vennero

pre-si in conpre-siderazione altri sospettati, né fu dato modo a Dreyfus di difender-si, pur non esistendo motivi evidenti, ad esempio necessità economiche, per avvalorare la tesi di spionaggio. Venne degradato con infamia e segre-gato nella colonia penale dell’Isola del Diavolo, nella Guyana francese. A una parte dell’opinione pubblica apparve evidente l’accanimento nei con-fronti di un ebreo e la conduzione irregolare del processo.

Qualche mese dopo, venne nominato capo dell’Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore il capitano Georges Picquart, al quale fu assegnato il compito di cercare ulteriori prove della colpevolezza di Dreyfus. Al contra-rio, Picquart notò che la calligrafia del borderau era molto più simile a

quella del maggiore Ferdinand Walsin Esterhazy, che oltretutto, al contra-rio di Dreyfus, aveva un movente: la necessità di denaro per sanare i suoi debiti al gioco.

Geoges Picquart

Tuttavia Esterhazy non fu condannato. Iniziò allora una importante campagna giornalistica culminata con la pubblicazione della lettera al Pre-sidente della Repubblica da parte di Emile Zola, dal titolo “J’Accuse…!”,

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con la denuncia delle irregolarità processuali delle quali Dreyfus era stato vittima. “Il mio dovere è di parlare” scrisse Zola al Presidente Francese

Fe-lix Faure “non voglio essere complice. Le mie notti sarebbero abitate dallo spirito dell’uomo innocente che espia laggiù nella più spaventosa delle tor-ture un crimine che non ha commesso. Ed è a Voi signor Presidente, che io griderò questa verità, con tutta la forza della mia rivolta di uomo onesto”.

Zola chiuse la lunga lettera, pubblicata nel 1898, con una serie di accuse ri-volte contro coloro che ritenne avessero manovrato il processo contro Dreyfus, compresi i tre esperti di calligrafia, per “avere presentato relazio-ni menzognere e fraudolente, a meno che un esame medico non li dichiari affetti da una malattia della vista e del giudizio”. Zola fu multato e

condan-nato ad un anno di carcere, ma la sua lettera, inneggiando alla potenza della parola scritta contro lo strumento sterile della distruzione militare (“mentre Napoleone ci annegava nel sangue, senza alcun profitto, l’inchio-stro di Lavoisier e di Gay-Lussac creava una scienza, l’inchiol’inchio-stro di Cha-teaubriand e di Victor Hugo partoriva una letteratura”), esaltando il ruolo

dell’intellettuale rispetto a quello dei politici (“cercate di capire dunque che una sola pagina scritta da un grande scrittore è più importante per l’umanità di un intero anno della vostra agitazione da formicaio. Voi fate la storia, è vero, ma noi la facciamo con voi, e a un livello superiore: poiché è tramite noi che essa rimane”) ebbe una grande eco, fino a segnare,

se-condo alcuni (cfr. [ 3 ]), la nascita dell’intellettuale moderno. Il processo contro Dreyfus fu riaperto e circa 1500, tra artisti ed intellettuali, tra cui Gallé, Manet, Proust, si schierarono in sua difesa, riconoscendo che ai mili-tari, ai politici, all’opinione pubblica aveva fatto comodo che fosse condan-nato, ingiustamente, un ebreo.

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La lettera di Zola pubblicata su L’Aurore

L’accusa non era riuscita a recuperare prove schiaccianti nei con-fronti di Dreyfus, l’unica possibilità era dimostrare che Dreyfus fosse l’au-tore del bordereau. Era stata allora architettata una messinscena con la

convinzione di avere una confessione spontanea da parte del sospettato. Lo avevano preso alla sprovvista e fatto scrivere, sotto dettatura e pressio-ne psicologica, alcupressio-ne frasi del bordereau, lasciando all’antisemita

Bertil-lon, esperto grafologo, il compito di mostrare che l’autore del documento era, con “evidenza probabilistica”, Dreyfus. Bertillon, modificando oppor-tunamente il bordereau, convinse la giuria che c’erano delle analogie nel

tratto e che le differenze di grafia erano dovute al fatto che Dreyfus aveva volutamente artefatto la propria scrittura per non essere riconosciuto.

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L’esperto, o presunto tale, grafologo, mostrò artificiosamente in che modo Dreyfus avrebbe deformato volutamente la propria grafia per scrive-re il bordereau e conlcuse che la probabilità di una combinazione di lettere

così simili era talmente piccola che necessariamente l’autore del borde-reau doveva essere Dreyfus.

Tuttavia la tesi di Bertillon si basava su un presupposto: Dreyfus era colpevole. Nonostante che alcuni eminenti matematici del calibro di Jor-dan ed Hermite, aderenti alla lega nazionalista, fossero convinti della col-pevolezza di Dreyfus, altri tre matematici, Henri Poincaré, Gaston Darboux e Paul Appell furono determinanti per la sua definitiva scarcerazione. Os-servarono innanzitutto che gli studi grafologici di Bertillon si erano basati su documenti artefatti rispetto all’originale, con proporzioni volutamente costruite per avvalorare la tesi di analogia del tratto grafico di Dreyfus e del bordereau. In secondo luogo Bertillon, riscontrando 4 coincidenze di

scrittura, aveva calcolato erroneamente la probabilità della loro presenza. Aveva difatti attribuito scorrettamente a ciascuna coincidenza una proba-bilità di 0.2, quindi le 4 coincidenze dovevano avere una probaproba-bilità

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com-plessiva di (0.2)4= 0.0016, un piccolo valore, corrispondente ad una grande

probabilità che l’autore dello scritto fosse Dreyfus. Poincaré fece notare che le coincidenze erano 4 su 26 parole, quindi la loro probabilità non era (0.2)4, ma 4/26, cioè circa 400 volte maggiore della precedente.

Una ricostruzione del bordereau

Poincaré spiegò che Bertillon inoltre sbagliava quando faceva confu-sione sul calcolo che si commette in due casi analoghi ai seguenti:

1. Si debba calcolare la probabilità di estrarre una pallina nera da un’urna che ne contiene 90 bianche e 10 nere.

2. Sapendo che un’urna contiene 90 palline bianche e 10 nere e un’altra urna ne contiene 10 bianche e 90 nere, si estragga una pallina e si veda che è bianca; quale è la probabilità che la pallina sia stata estratta dalla prima urna?

Nel primo caso non conosciamo il colore della pallina estratta, ma sappia-mo da quale urna è stata presa, mentre nel secondo caso l’effetto è noto, cioè si sa che la pallina estratta è bianca, mentre non conosciamo da quale urna è stata estratta. (cfr. [6]).

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In sostanza il grafologo aveva confuso la probabilità condizionata P(A/B), cioè la probabilità che si verifichi l’evento A, posto che si sappia che si è verificato B, con la probabilità P(B/A), che non è uguale alla prece-dente, ma relazionata ad essa mediante la formula di Bayes:

Grazie alla difesa di Poincaré e agli studi sulla grafia di Esterhazy, molto più vicina a quella del bordereau di quella di Dreyfus, nel 1906

Al-fred Dreyfus fu finalmente riconosciuto innocente e reintegrato nell’eser-cito.

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Fonti

[1] https://www.maths.ed.ac.uk/~v1ranick/dreyfus.htm [2] https://it.wikipedia.org/wiki/Affare_Dreyfus

[3] A. Silvestri. Il caso Dreyfus e la nascita dell’intellettuale moderno, Ed. Franco Angeli 2012

[4] https://www.maths.ed.ac.uk/~v1ranick/dreyfus/dreyfusfrench.pdf [5] http://www.dreyfus.culture.fr/en/bio/bio-html-georges-picquart.htm [6] https://www.maths.ed.ac.uk/~v1ranick/dreyfus/dreyfusfrench.pdf [7] G. Carlizzi, G. Tuzet, La prova scientifica nel processo penale,

Giappi-chelli ed., 2018 [8] http://www.jehps.net/Mars2005/MansuyMazliak.pdf [9] https://www.raiplay.it/programmi/laffaredreyfus [10] https://link.springer.com/article/10.1007/s40329-013-0004-2 [11] http://www.studiomatematica.it/doc/tiranno.pdf [12] https://www.doppiozero.com/materiali/laffaire-dreyfus-di-roman-po-lanski

[13] L. Schneps, C. Colmez, Math on Trial: How Number Get Used and Abu-sed in the Courtroom, 2013

[14] D.H. Kaye, Revisiting Dreyfus: a more Complete Account of a Trial by Mathematics, 2006.

[15] A. Incampo, Metafisica del processo, idee per una critica della ragione giuridica, Cacucci ed. 2010

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