Alma Mater Studiorum · Universit`
a di Bologna
Scuola di Scienze
Dipartimento di Fisica e Astronomia Corso di Laurea in Fisica
Quantizzazione in gauge di cono-luce di
particelle e stringhe
Relatore:
Prof. Fiorenzo Bastianelli
Presentata da:
Sunny Pradhan
Sommario
In questa tesi si discute la formulazione di una teoria quantistica della dinamica libera di particelle e stringhe relativistiche. La dinamica relativistica viene costruita in entrambi i casi a partire dalla formulazione classica con invarianza di gauge della parametrizzazione di, rispettivamente, linee e fogli di mondo. Si scelgono poi condizioni di gauge-fixing dette di cono-luce. La teoria quantistica viene poi formulata usando le prescrizioni di quantizzazione canonica di Dirac.
Introduzione
La teoria delle stringhe `e la teoria che sostituisce le particelle elementari con degli oggetti
unidimensionali, che chiameremo stringhe.
Questa teoria relativistica `e stata formulata per la prima volta per descrivere gli
adroni e fornire un modello per l’interazione forte. Sviluppi successivi mostrarono che la
corretta descrizione delle interazioni forti `e ottenuta usando la cosiddetta cromodinamica
quantistica.
Oggi la teoria delle stringhe `e reinterpretata come un modello unificato delle
intera-zioni fondamentali, che riesce a unire sotto un’unica struttura sia il Modello Standard
che la Relativit`a Generale, fornendo cos`ı anche un modello per la gravit`a quantistica.
Il Modello Standard `e la teoria pi`u accurata che abbiamo a disposizione, che
forni-sce una spiegazione di tre interazioni fondamentali su quattro, attraverso l’uso di teorie di gauge, verificato fino ad oggi con estrema precisione. Ma presenta alcuni problemi. Primo, risulta un po’ troppo arbitrario: contiene un gran numero di parametri liberi e
una configurazione di campi e multipletti di particelle che pu`o risultare quasi
innatura-le e poco einnatura-legante. Secondo, l’unione del Modello Standard con la gravit`a porta a una
teoria di campo quantizzato non rinormalizzabile. La teoria delle stringhe sembra risol-vere questi problemi. I diversi multipletti di particelle vengono sostituite da un unico oggetto fondamentale, la stringa appunto; le diverse particelle diventano manifestazioni dei diversi modi di vibrazione della stringa e sono caratterizzate da un singolo parame-tro, la lunghezza della stringa. Inoltre, nella teoria compare naturalmente il gravitone, un bosone senza massa di spin 2, che si suppone essere l’intermediario dell’interazione gravitazionale. Per questi motivi, ed altri ancora, si suppone che la teoria delle stringhe sia una buona candidata a essere una teoria di unificazione.
In questa tesi discuteremo il modello pi`u semplice: la stringa bosonica libera, con
un approccio particolare alla quantizzazione di tale teoria, detta quantizzazione gauge cono di luce. A questo scopo riprenderemo una quantizzazione simile per le particelle relativistiche e descriveremo in particolare un famoso lavoro di Dirac [1] su come imporre le invarianze relativistiche in teorie dinamiche classiche e quantistiche.
Ovviamente questo modello della stringa bosonica non `e l’unico esistente e ha anche
sue problematiche associato a fluttuazioni tachioniche. In tempi odierni si preferisce lavorare con teorie delle superstringhe, ovvero di stringhe supersimmetriche. Ne esistono
diverse versioni, cinque per la precisione, tutte legate tra di loro da relazioni di dualit`a e quindi rappresentano facce diverse di un’unica teoria, la M-teoria, la cui formulazione
Indice
1 Particelle Relativistiche 5
1.1 Richiami di meccanica . . . 5
1.1.1 Formalismo lagrangiano . . . 5
1.1.2 Formalismo hamiltoniano . . . 8
1.1.3 Simmetrie e teorema di Noether . . . 9
1.2 Forme di dinamica relativistica . . . 11
1.3 Dinamica di una particella relativistica . . . 14
1.4 Dinamica in forma frontale . . . 18
1.4.1 Coordinate cono-luce . . . 18
1.4.2 Impulso e energia cono-luce . . . 20
1.4.3 Gauge di cono-luce . . . 20
1.4.4 Algebra di Poincar`e in forma frontale . . . 21
1.5 Quantizzazione di una particella relativistica . . . 22
1.5.1 Commutatori e prescrizione di quantizzazione . . . 23
1.5.2 Rappresentazioni di Schroedinger e di Heisenberg . . . 25
1.5.3 Quantizzazione in gauge di cono-luce . . . 26
1.5.4 Operatori momento in cono-luce . . . 28
1.5.5 Generatori di Lorentz in cono-luce . . . 29
2 Stringhe Relativistiche 31 2.1 Azione di una stringa relativistica . . . 31
2.2 Equazioni del moto e condizioni al contorno . . . 34
2.3 Correnti conservate sul foglio di mondo . . . 35
2.3.1 Quantit`a di moto . . . 36
2.3.2 Simmetrie di Lorentz . . . 37
2.4 Stringhe relativistiche in cono-luce . . . 39
2.4.1 Scelta di una parametrizzazione . . . 39
2.4.2 Equazione d’onda ed espansione in modi normali . . . 40
3 Stringhe Relativistiche Quantizzate 46
3.1 Commutatori e hamiltoniana in cono-luce . . . 46
3.2 Relazioni di commutazione per gli oscillatori . . . 49
3.3 Modi trasversi di Virasoro . . . 52
3.4 Generatori di Lorentz . . . 58
Capitolo 1
Particelle Relativistiche
Il Principio di Relativit`a impone delle condizioni che tutte le leggi fisiche devono
soddi-sfare, nello specifico la Relativit`a Generale impone che le leggi fisiche, espresse in termini
di coordinate curvilinee dello spazio-tempo, debbano essere invarianti per qualsiasi tra-sformazione di queste coordinate (vedi l’articolo di Dirac [1]). Per costruire una teoria atomica, una teoria che funzioni a scale di lunghezza molto piccole, si possono trascurare
gli effetti gravitazionali e considerare solo la Relativit`a Ristretta che per`o va combinata
con una formulazione hamiltoniana della dinamica, necessaria per fare una transizione
alla teoria quantistica. Questi due requisiti, Principio di Relativit`a e formalismo
hamil-toniano, non sono sufficienti di per s`e per creare una teoria dinamica. `E necessario anche
specificare tutte le interazioni possibili.
In questo capitolo tratteremo il caso di una particella relativistica libera, quindi senza introdurre alcun tipo di interazione, costruendo la teoria dinamica e procedendo alla sua quantizzazione tracciando un percorso che riutilizzeremo quando tratteremo di stringhe.
1.1
Richiami di meccanica
1.1.1
Formalismo lagrangiano
Il formalismo lagrangiano `e centrato sul Principio di Minima Azione, o di Hamilton.
Consideriamo un sistema dinamico descritto da delle coordinate generalizzate qi (i =
1, 2, . . . ) che formano lo spazio delle configurazioni; le loro derivate temporali ˙qi ≡ dqi/dt
verranno chiamate velocit`a generalizzate. Esiste allora una funzione dinamica, ovvero una
funzione di qi, ˙qi e non necessariamente del tempo t, detta lagrangiana, che denotiamo
con L, che contiene tutte le informazioni dinamiche del sistema; l’integrale lungo una
curva q(t) di L `e noto come funzionale d’azione S[q]
S[q] = Z tf
t0
dove t0 e tf sono rispettivamente il tempo iniziale e il tempo finale.
Secondo il Principio di Minima Azione, fissati i due punti q(1) e q(2) ai tempi t
i e tf,
la traiettoria fisica del sistema tra i due punti `e quella che minimizza l’azione
δS[q] = 0 (1.2)
`
E noto che da questa condizione si trova che le equazioni del moto sono d dt ∂L ∂ ˙qi − ∂L ∂qi = 0 (1.3)
note anche come equazioni di Eulero-Lagrange, con s gradi di libert`a sono un sistema
di s equazioni del secondo ordine che richiedono quindi 2s costanti di integrazione. Per dimostrare come si ottiene (1.3) da (1.2) consideriamo una variazione della curva di minimo q(t), mantenendo gli estremi fissi
qi(t) 7→ qi(t) + δqi(t), δqi(t0) = δqi(tf) = 0 (1.4)
la variazione della lagrangiana
δL(qi, ˙qi, t) = L(qi+ δqi, ˙qi+ δ ˙qi, t) − L(qi, ˙qi, t) = ∂L ∂qi δqi+ ∂L ∂ ˙qi δ ˙qi (1.5)
da cui consegue che la variazione dell’azione δS[q] = S[q + δq] − S[q] = Z tf ti dtδL(qi, ˙qi) = Z tf ti dt ∂L ∂qi δqi+ ∂L ∂ ˙qi δ ˙qi = Z tf ti dt ∂L ∂qi − d dt ∂L ∂ ˙qi δqi+ ∂L ∂ ˙qi δqi t=tf t=ti = Z tf ti dt ∂L ∂qi − d dt ∂L ∂ ˙qi δqi = 0 (1.6)
dove abbiamo sfruttato
δ ˙qi(t) = ˙qi0(t) − ˙qi(t) = d dt(q 0 i− qi)(t) = d dt(δqi)(t) (1.7)
e integrato per parti e gli estremi fissi. Ricordiamo al lettore che stiamo usando la con-venzione di Einstein sulle somme, per indici latini non faremo distinzione tra indici in alto e indici in basso, al contrario degli indici greci. Dato che la variazione dell’azione δS[q] deve essere nullo per qualsiasi variazione δq, l’espressione tra parentesi dell’ultima riga di (1.6) deve essere necessariamente uguale a zero e otteniamo cos`ı le equazioni (1.3).
Classicamente la lagrangiana di un sistema meccanico `e nella forma
L = T − V = m
2q˙
iq˙
i− V (1.8)
dove T `e il termine di energia cinetica e V il potenziale. Ricordiamo che ad ogni
coordi-nata qi `e associato un momento coniugato
pi =
∂L ∂ ˙qi
(1.9) che saranno di fondamentale importanza nel formalismo hamiltoniano
Il formalismo lagrangiano di un sistema meccanico con finiti gradi di libert`a pu`o
essere esteso, con alcun accortezze, a sistemi che possiamo dire che hanno infiniti gradi
di libert`a, come per esempio un campo (i.e. un campo scalare).
Consideriamo dei campi φa che dipendono da k variabili ξα. L’azione S[φa] sar`a nella
forma
S[φa] =
Z
dkξL(φa, ∂αφa) (1.10)
dove L(φa, ∂αφa) indica la densit`a di lagrangiana. Per trovare le equazioni del
mo-to consideriamo una trasformazione φa(ξα) 7→ φ0a(ξ0α) la cui variazione `e δφa(ξα) =
φ0a(ξα) − φa(ξα) con opportune condizioni al contorno. Di conseguenza la variazione
della lagrangiana sar`a
δL(φa, ∂φa) = L(φa+ δφa, ∂αφa+ δ(∂αφa)) − L(φa, ∂αφa) = ∂L ∂φaδφ a+ ∂L ∂(∂αφa) δ(∂αφa) (1.11)
Andando a valutare la variazione dell’azione S[φa] = S[φa+ δφa] − S[φa] otteniamo
δS[φa] = Z dkξ ∂L ∂φaδφ a+ ∂L ∂(∂αφa) δ(∂αφa) = Z dkξ ∂L ∂φa − ∂ ∂ξα ∂L ∂(∂αφa) δφa= 0 (1.12)
dove abbiamo sfruttato δ(∂αφa) = ∂α(δφa), le condizioni al contorno, analogamente al
caso precedente. Abbiamo ottenuto le equazione di Eulero-Lagrange per i campi φa
∂ ∂ξα ∂L ∂(∂αφa) − ∂L ∂φa = 0 (1.13)
che sono le equazioni del moto. Notiamo che tutto ci`o `e consistente con il caso meccanico
se consideriamo le coordinate generalizzate qi = qi(t) come dei campi unidimensionali,
che dipendono solo da una coordinata, il tempo Galileiano t. Il problema di come costruire
1.1.2
Formalismo hamiltoniano
Fino ad adesso abbiamo formulato le leggi della meccanica attraverso l’assegnazione
di coordinate e velocit`a generalizzate ottenendo delle equazioni del moto del secondo
ordine. Un altro tipo di formulazione, quella hamiltoniana, usa come variabili dinamiche le coordinate e gli impulsi generalizzati. Questo approccio presenta diversi vantaggi tra qui delle equazioni del moto del primo ordine.
Le nostre variabili dinamiche sono ora le coordinate generalizzate qi e i momenti
coniugati
pi =
∂L
∂ ˙qi (1.14)
che insieme formano lo spazio delle fasi. Si definisce hamiltoniana, o funzione di Hamilton, la trasformata di Legendre della lagrangiana L
H(q, p) = piq˙i− L (1.15)
l’hamiltoniana contiene tutte le informazioni dinamiche del sistema. Le equazioni del moto sono date dalle Equazioni Canoniche
˙ qi = ∂H ∂pi , p˙i = − ∂H ∂qi (1.16)
notiamo che sono delle equazioni del primo ordine.
Nel formalismo hamiltoniano viene introdotta un’ulteriore struttura formale: le pa-rentesi di Poisson. Siano f e g due funzioni dello spazio delle fasi, la loro papa-rentesi di
Poisson {f, g} `e definita come
{f, g} = ∂f ∂qi ∂g ∂pi − ∂g ∂qi ∂f ∂pi (1.17) `
E dotata di diverse propriet`a
• `e antisimmetrica
{f, g} = −{g, f } (1.18)
• `e lineare e vale la regola di Leibniz
{f, g + h} = {f, g} + {f, h}
{f, gh} = {f, g}h + g{f, h} (1.19)
• vale l’identit`a di Jacobi
Sono di fondamentale importanza le parentesi di Poisson delle coordinate e i momenti
{qi, qj} = 0 {p
i, pj} = 0 {qi, pj} = δji (1.21)
Le equazioni canoniche possono essere riscritte nella forma ˙
qi = {qi, H} p˙i = {pi, H} (1.22)
Possiamo riformulare l’azione sullo spazio delle fasi S[q, p] = Z (pidqi− H(p, q)dt) = Z tf t0 dt(piq˙i− H(q, p)) (1.23)
Sfruttando il Principio di Minima Azione possiamo ottenere le equazioni canoniche 0 = δS[q, p] = δ Z tf t0 dt piq˙i− H(q, p) = Z tf t0 dt piδ ˙qi+ ˙qiδpi− ∂H ∂qiδq i− ∂H ∂pi δpi = piδqi tf t0 + Z tf t0 dt ˙ qi− ∂H ∂pi δpi+ − ˙pi− ∂H ∂qi δqi (1.24)
Il termine valutato tra t0 e tf svanisce e dato che δS[q, p] = 0 per qualsiasi variazione δqi
e δpi i termini tra parentesi devono necessariamente annullarsi ottenendo cos`ı (1.16).
1.1.3
Simmetrie e teorema di Noether
Il teorema di Noether mette in luce il legame tra simmetrie, intese come invarianze
per trasformazioni, e quantit`a conservate. Quando parliamo di trasformazioni continue
stiamo parlando in realt`a di gruppi di Lie, ovvero di un gruppo in cui i suoi elementi
dipendono in maniera continua da uno o pi`u parametri.
Innanzitutto, un insieme G di elementi g `e chiamato gruppo se per i suoi elementi
`
e definito un operazione binaria interna al gruppo, ovvero ad ogni coppia di elementi
(g1, g2) di G viene associato un terzo elemento g3 che `e dato dal prodotto di g1 e g2,
ossia g3 = g1 · g2. Per formare un gruppo il prodotto deve essere associativo, quindi
g1·(g2·g3) = (g1·g2)·g3 = g1·g2·g3, dotato di una identit`a 1G, tale per cui 1G·g = g·1G = g,
e ciascuno elemento g ha un’inversa g−1, ovvero g · g−1 = g−1· g = 1G. Se questi elementi
possono essere parametrizzati in maniera continua allora siamo di fronte a un gruppo di Lie.
Un gruppo di Lie G `e caratterizzato da dei generatori hi, che insieme alle loro relazioni
di commutazione formano un algebra di Lie, e ciascun elemento g di G `e individuato da
dei parametri θi per cui
g = exp(θihi) = 1 + θihi+
(θihi)2
2 +
(θihi)3
Una trasformazione infinitesima vicino all’identit`a pu`o essere scritta nella forma
g = 1 + θihi (1.26)
dove con 1 indichiamo l’identit`a del gruppo G, i θi sono infinitesimi e stiamo trascurando
termini di ordine O(θ2).
Se i parametri del gruppo sono delle funzioni arbitrarie del tempo o dello spazio si parla allora di simmetrie locali, o di di gauge, altrimenti si parla di simmetrie rigide.
Il Teorema di Noether, nella sua forma pi`u semplificata, afferma che se un sistema
dinamico `e caratterizzato da una lagrangiana invariante per un gruppo di trasformazioni
continue allora a questa invarianza `e associata un integrale primo del moto. Consideriamo
una lagrangiana L(qi, ˙qi, t) e applichiamo una trasformazione infinitesima delle coordinate
qi(t) 7→ qi0(t 0
) (1.27)
con associato eventualmente una trasformazione del tempo t0 = t0(t). La variazione delle
coordinate che ne risulta
δqi(t) = qi0(t) − qi(t) = hi(q, t) (1.28)
dove `e un parametro infinitesimo (siamo nel caso di simmetrie rigide) e hi(q, t) sono
i generatori della trasformazione. Ipotizziamo che la lagrangiana sia invariante, ovvero
δL = 0. Esplicitando la variazione della lagrangiana troviamo che
δL = ∂L ∂qi δqi+ ∂L ∂ ˙qi δq˙i = ∂L ∂qi δqi+ d dt ∂L ∂ ˙qi δqi − d dt ∂L ∂ ˙qi δqi = ∂L ∂qi − d dt ∂L ∂ ˙qi δqi+ d dt ∂L ∂ ˙qi δqi = d dt ∂L ∂ ˙qi δqi = 0 (1.29)
dove abbiamo sfruttato δ ˙qi = dδqi/dt e le equazioni di Eulero-Lagrange (1.3).
Quindi se abbiamo L(qi, ˙qi, t) = L(qi + δqi, ˙qi+ δq˙i, t0), ossia che `e invariante per le
trasformazioni generate da hi(q, t) allora la quantit`a
I = ∂L
∂ ˙qi
hi(q, t) (1.30)
`
e un integrale primo del moto. Pi`u in generale si richiede l’invarianza dell’azione, non
della lagrangiana. Questo succede se la lagrangiana varia al pi`u di una derivata totale
δL = dtdΩ e ripetendo il ragionamento precedente si ottiene che I = ( ∂L/∂ ˙qi)hi − Ω `e
costante.
Consideriamo ora una densit`a di lagrangiana L dei campi φa, funzioni di k coordinate
ξα. Applichiamo una trasformazione infinitesima dei campi φa(ξα) 7→ φ0a(ξ0α) tale che
per cui la lagrangiana risulti invariante, δL = 0. Seguendo gli stessi passaggi di prima, esplicitando la variazione δL δL = ∂L ∂φaδφ a+ ∂L ∂(∂αφa) δ(∂αφa) = ∂L ∂φaδφ a + ∂ ∂ξα ∂L ∂(∂αφa) δφa − ∂ ∂ξα ∂L ∂(∂αφa) δφa = ∂L ∂φa − ∂ ∂ξα ∂L ∂(∂αφa) δφa+ ∂ ∂ξα ∂L ∂(∂αφa) δφa = ∂ ∂ξα ∂L ∂(∂αφa) δφa = 0 (1.32)
Le quantit`a Jiα definite come
Jiα =
∂L ∂(∂αφa)
hia(φ, ξ) (1.33)
sono chiamate correnti di Noether e dall’ultima riga di (1.32) otteniamo l’equazione di
continuit`a per queste correnti
∂αJiα = 0 (1.34)
che sono associate alla conservazione di una carica corrispondente Qi
Qi =
Z
dξ1. . . dξkJi0 (1.35)
Precisiamo che Jiα `e α-esima componente, rispetto alle coordinate ξ, della corrente
conservata dalla i-esima trasformazione hia.
La trattazione pu`o essere fatta pi`u generale, possiamo andare a considerare
trasfor-mazioni che conservano le equazioni del moto, quindi non modificano la fisica del sistema, e che lasciano l’azione, non la lagrangiana, invariata a meno di termini di bordo (integrali di derivate totali)
S[q] → S[q0] = S[q] + termini di bordo (1.36)
1.2
Forme di dinamica relativistica
Come `e stato scritto a inizio capitolo, il Principio di Relativit`a impone delle condizioni
su tutte le leggi fisiche. Nella nostra trattazione ignoreremo gli effetti gravitazionali
e considereremo solo la Relativit`a Ristretta la quale impone che le leggi fisiche siano
invarianti per cambio di sistema di riferimento inerziale. Questo deriva dal fatto che le
Un sistema di riferimento inerziale `e rappresentato da un insieme di coordinate xµ la
cui metrica `e nella forma costante
gµν ≡ ηµν = −1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 (1.37)
per tre dimensioni spaziali (che hanno segnatura + nella nostra convenzione) e una dimensione temporale (che hanno segnatura −).
L’insieme delle trasformazioni che conservano la metrica (1.37) che possono essere
combinate tra di loro in maniera associativa `e nota come gruppo di Poincar`e. Sono delle
trasformazioni lineari nella forma
xµ 7→ xµ0 = aµ+ Λµνxν (1.38)
dove aµ rappresenta una traslazione del sistema di riferimento e Λ una rotazione o un
boost e soddisfa
ΛµαΛνβηµν = ηαβ ←→ ΛTηΛ = η (1.39)
Il gruppo di Poincar`e `e un gruppo di Lie quindi possiamo considerare un trasformazione
infinitesima vicino all’identit`a, perci`o consideriamo aµ come una costante infinitesima e
sviluppiamo Λµ
ν intorno all’identit`a
Λµν = 1 + ωµν ≡ δµν + ωµν (1.40)
dove i ωµν sono infinitesimi, δµν la delta di Kronecker e stiamo trascurando termini di
ordine O(ω2). La condizione (1.39) deve continuare a valere, perci`o
ηαβ = ηµνΛµαΛµβ
= ηµν(δµα+ ωµα)(δνβ+ ωνβ)
= ηαβ + ηανωνβ + ηµβωµα+ O ω2
(1.41)
e troviamo che ωαβ deve essere antisimmetrico
ωαβ = −ωβα (1.42)
Una trasformazione infinitesima xµ 7→ xµ + δxµ si dice generata da una funzione
scalare F se
δxµ = {xµ, F } (1.43)
Nel caso di un trasformazione di Poincar`e
dove Pµ e Mµν sono i generatori del gruppo di Poincar`e e sono caratterizzate dalle loro parentesi di Poisson {Pµ, Pν} = 0 (1.45a) {Mµν, Pρ} = gνρPµ− gµρPν (1.45b) {Mµν, Mρσ} = gνρMµσ− gµρMνσ− gµσMρν+ gνσMρµ (1.45c) e Mµν = −Mνµ.
I Pµ generano traslazioni e i Mµν rotazioni e boost. In particolare
Li = 12ijkMjk rotazione intorno a xi
Ki = M0i boost nella direzione xi
(i, j = 1, 2, 3). I Pµ e i Mµν attraverso le loro relazioni (1.45) formano l’algebra di
Poincar`e.
Una qualsiasi teoria dinamica invariante per Poincar`e deve fornire una realizzazione
dell’algebra di Poincar`e attraverso le sue variabili dinamiche.
Una realizzazione banale la si ottiene se consideriamo le coordinate e i momenti
canonici qµ e pµ come variabili dinamiche. Soddisfano quindi
{qµ, qν} = 0 {p
µ, pν} = 0 {qµ, pν} = δνµ (1.46)
e la realizzazione `e data da
Pµ = pµ Mµν = qµpν − qνpµ (1.47)
questa realizzazione, anche se covariante, non suggerisce alcuna hamiltoniana ma notiamo che i generatori sono dati dagli impulsi e dai momenti angolari. Le simmetrie rispetto
al gruppo di Poincar`e sono un esempio di simmetrie rigide, i parametri aµ e ωµν non
dipendono n`e dallo spazio n`e dal tempo.
Il nostro obiettivo `e quello di descrivere l’evoluzione di un sistema relativistico.
Con-sideriamo il caso di una particella puntiforme che descrive nello spazio-tempo una
traiet-toria, chiamata linea di mondo. Vedremo che l’azione di una particella `e proporzionale
alla lunghezza d’arco della linea di mondo ed `e indipendente dalla parametrizzazione di
essa. Questa invarianza pu`o essere vista come una simmetria di gauge considerata una
“ridondanza” nella nostra descrizione. Chiamiamo τ il parametro con cui
parametrizzia-mo le nostre linee di parametrizzia-mondo, i.e. qµ = qµ(τ ) e pµ = pµ(τ ). Una scelta corretta di τ non
va a modificare le propriet`a del nostro sistema.
Con la scelta di τ otteniamo una foliazione dello spazio-tempo, ovvero lo suddividiamo in tante ipersuperfici Σ ognuno descritta da τ = const. Facendo evolvere τ otteniamo
l’evoluzione da Σ0 = {τ = τ0} a Σ1 = {τ = τ1 > τ0}. `E chiaro che τ gioca il ruolo di
In pratica, si introducono delle coordinate dello spazio-tempo ξα = ξα(x) dove le
coordinate ξ1. . . ξ3 descrivono l’ipersuperficie Σ e ξ0 fa da parametro “temporale” (i.e.
τ = ξ0), possiamo dire che indicizza la nostra foliazione, ovvero per ciascun valore ξ0
corrisponde un’unica superficie Σ(ξ0). Fissando τ fissiamo il gauge. La scelta di τ deve
essere una scelta intelligente; nello specifico dobbiamo ottenere una foliazione per cui
ogni superficie Σ si interseca una e una sola volta con tutte le linee di mondo. Se Nµ
rappresenta il versore della superficie Σ allora questo pu`o essere di tipo tempo e di tipo
luce. Se `e di tipo spazio allora Σ conterr`a delle linee di mondo e perdiamo la propriet`a
di unicit`a.
La scelta della foliazione pu`o sembrare abbastanza arbitraria ma consideriamo ora
l’azione del gruppo di Poincar`e su una ipersuperficie Σ della nostra foliazione. In
partico-lare, consideriamo i generatori che lasciano Σ invariato, questi formeranno un
sottogrup-po GΣ denominato gruppo di stabilit`a di Σ e i suoi generatori sono detti cinetici, invece
gli altri sono detti dinamici e, per definizione, mappano Σ in una nuova ipersuperficie
Σ0 ottenendo cos`ı un’evoluzione di Σ.
Se vogliamo costruire una teoria in qualche modo utile la nostra foliazione deve essere
tale che il gruppo di stabilit`a non risulti vuoto quindi le ipersuperfici devono mostrare
un alto grado di simmetria. Richiediamo quindi che GΣ agisca in maniera transitiva su
Σ, ovvero: due punti qualsiasi di Σ possono essere connessi da una trasformazione di GΣ.
Con questo requisito ci sono esattamente cinque classi di ipersuperfici, che chiameremo forme, non equivalenti tra di loro [3].
Noi ne andremo a considerare solo due, la forma istantanea (instant form) e la forma frontale (front form). Nella forma istantanea prendiamo come parametro il tempo
del-l’osservatore, ci`o equivale a prendere come ipersuperfici gli iperpiani t = costante. Nella
forma istantanea, come superficie si prende quella data da
x0+ x1 = cost. (1.48)
che sono degli iperpiani tangenti al cono di luce e il parametro lungo il quale lo si fa
evolvere `e τ = x0+ x1
1.3
Dinamica di una particella relativistica
Trattiamo ora in dettaglio il caso di una particella libera di massa m > 0. L’azione
classica non relativistica per una particella libera `e
Snr =
Z
dt m
2 ˙xi˙xi (1.49)
dove ˙xi ≡ dxi/dt (i = 1, 2, . . . ) sono le velocit`a lungo le diverse direzioni. Le equazioni
del moto che seguono dal Principio di Minima Azione sono dpi
dove pi ≡ m ˙xi `e il momento lungo xi. In meccanica classica il parametro temporale t
`
e un parametro assoluto che scorre allo stesso modo per tutti i sistemi di riferimento, ovvero tutti gli osservatori misurano lo stesso intervallo temporale tra due dati eventi.
Ci`o `e in netto contrasto con la teoria della relativit`a ristretta che afferma che la
distan-za temporale tra due eventi dipende dal sistema di riferimento inerziale. `E noto che le
trasformazioni di Lorentz per le ordinarie velocit`a spaziali vi ≡ dx/dt sono delle
trasfor-mazioni per niente lineari, per cui con un cambio di sistema di riferimento l’integrando in
(1.49) assumer`a una forma complicata che non dar`a pi`u luogo a un equazione del moto
nella forma di (1.50).
Sappiamo le equazioni del moto devono essere invarianti per Lorentz, nel senso che sono le stesse per tutti gli osservatori inerziali, e queste equazioni possono essere ot-tenute con il Principio di Minima Azione. Ipotizzeremo quindi che l’azione sia
Lorentz-invariante. Questa ipotesi `e molto restrittiva, un boost in una qualsiasi direzione modifica
l’azione (1.49) ma non le equazioni (1.50).
Una particella relativistica traccia una curva nello spazio-tempo, detta linea di
mon-do, e tutti gli osservatori concorderanno sulla lunghezza d’arco di questa curva che non `e
lunghezza “puramente spaziale” o “puramente temporale”, che invece dipendono
dall’os-servatore. In Relativit`a, dati due eventi x(1) e x(2) (con ∆x = x(2)− x(1)), due osservatori
inerziali distinti non saranno d’accordo sulla distanza spaziale ∆xi, che `e soggetto al
fenomeno della contrazione delle lunghezze, o sulla distanza temporale ∆x0, che
inve-ce `e soggetto al fenomeno della dilatazione dei tempi, ma concorderanno sulla distanza
spazio-temporale che `e definita come:
∆s2 = ηµν∆xµ∆xν = −(∆x0)2+ (∆x1)2+ (∆x2)2+ (∆x3)2 (1.51)
Questo perch´e le trasformazioni che corrispondono a un cambio di sistema di riferimento
sono delle trasformazioni che conservano il tensore metrico dello spazio-tempo (in questo
caso ηµν) che definisce appunto le distanze. Di conseguenza tutti gli osservatori inerziali
misurano la stessa lunghezza d’arco della linea di mondo.
Ipotizziamo quindi che l’azione S della particella sia proporzionale alla lunghezza della linea di mondo P
S ∝ Z
P
ds (1.52)
dove ds `e un elemento di linea infinitesimo
ds2 = −ηµνdxµdxν ≡ −dxµdxµ (1.53)
dove abbiamo utilizzato dxµ= ηµνdxν e il segno meno `e stato introdotto per far s`ı che le
distanze di tipo tempo (ovvero quelle percorribili da particelle fisiche) risultino positive. Nella (1.52) i due membri non hanno le stesse dimensioni
manca quindi una costante moltiplicativa con le dimensioni di una massa per un velocit`a
che deve essere Lorentz-invariante. Una buon candidato `e mc dove m `e la massa a riposo
della particella e c la velocit`a della luce. La massa `e un invariante relativistico e la velocit`a
della luce una costante universale.
Supponiamo che la linea di mondo possa essere parametrizzata in maniera continua
da un parametro τ tale che la mappa τ 7→ xµ = xµ(τ ) risulti monotono crescente
strettamente. Possiamo ora esplicitare (1.53)
ds2 = −dx µ dτ dxµ dτ dτ 2 (1.55) cos`ı che l’azione finale assume la forma
S[xµ] = −mc Z P ds = −mc Z τf τi dτ r −dx µ dτ dxµ dτ ≡ −mc Z τf τi dτp− ˙xµ˙x µ (1.56)
dove `e stata utilizzata la notazione ˙xµ = dxµ/dτ ed `e stato inserito un meno per
po-ter ottenere le equazioni del moto corrette, come vedremo pi`u avanti. Introduciamo la
notazione ˙x · ˙x ≡ ˙xµ˙xµ per alleggerire le equazioni.
Applicando ora il principio di Hamilton possiamo ricavarci le equazioni del moto.
Variando l’azione (1.56) tenendo gli estremi fissi δxµ(t
i) = δxµ(tf) = 0 otteniamo 0 = δS[xµ] = −mcδ Z τf τi dτ√− ˙x · ˙x = −mc Z τf τi dτ δ√− ˙x · ˙x = −mc Z τf τi dτ ˙x µ √ − ˙x · ˙xδ ˙xµ = −mc ˙x µ √ − ˙x · ˙xδxµ τf τi + mc Z τf τi dτ d dτ ˙xµ √ − ˙x · ˙x δxµ = mc Z τf τi dτ d dτ ˙xµ √ − ˙x · ˙x δxµ (1.57)
di conseguenza le equazioni del moto sono
mc d dτ ˙xµ √ − ˙x · ˙x = 0 (1.58)
L’azione in (1.56) `e invariante per riparametrizzazione di τ . Consideriamo una
tra-sformazione del tipo τ 7→ τ0 = τ0(τ ) per cui
dτ = dτ0dτ dτ0 dxµ dτ dxµ dτ = dxµ dτ0 dxµ dτ0 dτ0 dτ 2 (1.59)
e si nota che questa riparametrizzazione non modifica la forma dell’azione Z τf τi dτ r −dx µ dτ dxµ dτ = Z τf0 τi0 dτ0dτ dτ0 dτ0 dτ r −dx µ dτ0 dxµ dτ0 = Z τf0 τi0 dτ0 r −dx µ dτ0 dxµ dτ0 (1.60)
questo ci collega al discorso fatto in Sezione 1.2. L’invarianza per riparametrizzazione lo possiamo considerare come una simmetria locale, o di gauge, per trasformazioni di tipo
δxµ = ˙xµδτ (1.61)
dove δτ pu`o essere una qualsiasi funzione arbitraria dello spazio-tempo ξ(τ ).
Sfruttiamo ora questa invarianza e poniamo
x0 = t = τ (c = 1) (1.62)
questa scelta corrisponde alla forma istantanea e le nostre variabili dinamiche diventano
xi(t). Riscriviamo l’elemento di linea ds2 come
ds =pdt2− dx
idxi = dt
p
1 − ˙xi˙xi (1.63)
Di conseguenza l’azione diventa
S[xi] = −m
Z
dtp1 − ˙xi˙xi (1.64)
e le equazioni del moto
d dt m ˙xi √ 1 − ˙xi˙xi = 0 (1.65)
L’azione (1.64) non `e pi`u manifestamente Lorentz-invariante (ma rimane comunque
Lorentz-invariante) ma d’altro canto fa uso di D − 1 variabili dinamiche xi(t) invece
che di D variabili dinamiche xµ(τ ) (dove D `e la dimensione dello spazio-tempo) perch´e
`
e stato fissato x0.
Dalla lagrangiana di (1.56), L = −mp− ˙xµ˙x
µ, ci possiamo calcolare i momenti
coniugati pµ= ∂L ∂ ˙xµ = m ˙xµ √ − ˙x · ˙x (1.66)
e ottenere l’importante relazione, nota come relazione mass-shell pµpµ = m2 ˙xµ˙x µ (− ˙x · ˙x) → p µp µ= −m2 (1.67)
e con (1.66) possiamo calcolarci l’hamiltoniana
H = pµ˙xµ− L = m ˙xµ˙xµ √ − ˙x · ˙x+ m √ − ˙x · ˙x = 0 (1.68)
che per`o risulta nulla. Ne ricaviamo che le coordinate e i momenti canonici xµ e pµ non
sono adatti per descrivere la dinamica in forma hamiltoniana perch´e non tengono conto
del vincolo sui momenti (1.67). La quantit`a pµ`e anche noto come quadrimpulso.
Consideriamo ora la forma istantanea, in cui le nostre variabili dinamiche sono xi(t)
(i = 1, 2, . . . ). Da (1.64) ricaviamo i momenti pi pi = ∂L ∂ ˙xi = m ˙xi p1 − ˙xj˙xj (1.69)
che sono vincolati da (1.67) che ci permette di ricavare p0
−(p0)2+ pipi+ m2 = 0 → p0 = p pipi + m2 (1.70) Usando (1.47) otteniamo Pi = pi Mij = xipj− xjpi (1.71) P0 = p pipi+ m2 Mi0= xi p pipi+ m2 (1.72)
I nostri generatori cinematici in questo caso sono Pi e Mij, le traslazioni e le rotazioni, per
un totale di sei generatori cinematici. I generatori dinamici sono P0e Mi0. Sappiamo dalla
meccanica classica che l’hamiltoniana genera l’evoluzione temporale quindi possiamo
interpretare P0 ≡ Ht come la nostra hamiltoniana perch´e genera le traslazioni lungo la
direzione x0, ovvero quella del tempo.
1.4
Dinamica in forma frontale
1.4.1
Coordinate cono-luce
Per trattare la forma frontale introduciamo le coordinate cono-luce
x+ ≡ √1 2 x 0+ x1 x− ≡ √1 2 x 0− x1 (1.73)
sostituiamo (x0, x1) con (x+, x−) e manteniamo (x2, x3), che costituiscono la parte
tra-sversale. Questo cambio di coordinate non equivale a un cambio di sistema di riferimento
perch´e non esiste alcuna trasformazione delle coordinate che permette di passare da
(x0, x1, x2, x3) a (x+, x−, x2, x3), non conserva la forma della metrica come vedremo.
Gli assi coordinati (x+, x−) corrispondo alle linee di mondo di fotoni emessi
`
e descritto da x−= 0. Possiamo pensare a x+, o anche x−, come a una “coordinata
tem-po” nel senso che nel evoluzione di una qualsiasi traiettoria fisica, a parte alcuni scenari,
la coordinata x+ incrementa. D’ora in poi considereremo x+ come il nostro tempo
cono-luce. Cos`ı facendo, nel caso speciale di un fotone che viaggia nella direzione x1 negativa
il tempo cono-luce risulta fermo; trascureremo d’ora in poi questo caso particolarissimo. Differenziando e manipolando (1.73) troviamo
2dx+dx−= (dx0 + dx1)(dx0− dx1) = (dx0)2− (dx1) (1.74)
per cui
−ds2 = −2dx+dx−
+ (dx2)2+ (dx3)2 (1.75)
e osserviamo immediatamente che per ricavare dx±rispetto alla metrica non `e necessaria
alcuna radice quadrata. Per scrivere quest’equazione in forma tensoriale useremo indici
greci che non scorrono pi`u su (0, 1, 2, 3) ma su (+, −, 2, 3); introduciamo un nuovo tipo
di indice, quello latino maiuscolo (i.e. I,J ), che scorre sugli indici “trasversali” (2, 3).
Tenendo conto di ci`o possiamo riscrivere l’espressione della metrica come
−ds2 = ˆηµνdxµdxν (1.76)
dove abbiamo introdotto la metrica cono-luce ˆη, analogo alla metrica di Minkowski (1.37)
ma non conserva pi`u una forma diagonale rimanendo comunque simmetrica
ˆ ηµν = 0 −1 0 0 −1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 (1.77)
Dato un qualsiasi quadrivettore aµ possiamo definire le sue componenti cono-luce
a+ = √1 2 a 0+ a1, a− = √1 2 a 0− a1 (1.78)
Possiamo inoltre definire il prodotto scalare di due quadrivettori aµ e bµ in coordinate
cono-luce
a · b ≡ ˆηµνaµbν = −a−b+− a+b−+ a2b2+ a3b3 (1.79)
e si nota immediatamente che −a−b+−a+b− = −a0b0+a1b1. Dalla regola di abbassamento
dell’indice, aµ= ηµνaν, troviamo che
1.4.2
Impulso e energia cono-luce
Prendiamo in considerazione il quadrimpulso, che in coordinate lorentziane `e
pµ= (p0, p1, p2, p3) = (E, px, py, pz), (1.81)
le sue componenti cono-luce saranno ovviamente
p+ = √1 2(p 0+ p1), p− = √1 2(p 0− p1). (1.82)
In coordinate lorentziane x0 `e il tempo e p0 l’energia E perch´e l’energia `e il momento
coniugato del tempo. Quindi `e naturale presupporre che se x+ il tempo cono-luce allora
p+ sar`a l’energia cono-luce E
cl ma questo non `e corretto. Le coordinate cono-luce non si
comportano come le coordinate lorentziane. Entrambi p± sono di tipo energia, nel senso
che sono positive per particelle fisiche, quindi entrambi sono validi candidati per l’energia
cono-luce ma la scelta corretta `e −p+ ≡ p−. Questa scelta `e giustificata dal fatto che
l’energia e il tempo sono variabili coniugate. Nel prodotto pµxµ, in coordinate lorentziane
pµxµ = p0x0+ p1x1+ p2x2+ p3x3 (1.83)
p0 = −E `e accoppiato con x0 ≡ t. In coordinate cono-luce
pµxµ = p+x++ p−x−+ p2x2+ p3x3 (1.84)
p+ `e accoppiato con x+, il tempo cono-luce, quindi possiamo identificare p+ = −Ecl,
ossia p− = Ecl.
Le parentesi di Poisson tra xµ e pµ in coordinate cono-luce sono
{xI, pJ} = δIJ {x±, p∓} = −1 (1.85)
e tutti gli altri nulli, ma la dinamica dovr`a essere vincolata da (1.67) per una particella
relativistica.
1.4.3
Gauge di cono-luce
Nella forma frontale la foliazione dello spazio-tempo `e data dalle superfici Σ = {xµ :
x0 + x1 = cost.}, ci`o corrisponde a prendere le superfici {xµ : x+ = cost.}. Fissiamo il
gauge, che significa fissare la parametrizzazione di τ , con la condizione
x+ = p
+
m2τ (1.86)
chiamata gauge di cono-luce, in cui τ `e proporzionale a x+. Sia m che p+ sono delle
costanti del moto della particella. Inserendo (1.86) in (1.66) otteniamo
p+= √ m − ˙x · ˙x˙x + = √ 1 − ˙x · ˙x p+ m → ˙x · ˙x = − 1 m2 (1.87)
da cui otteniamo pµ = m2˙xµ che riduce le nostre equazioni del moto a
¨
xµ= 0 (1.88)
La comparsa di un fattore m2 invece che di un fattore m consistente col fatto che abbiamo
scelto un parametro τ adimensionale.
Riprendiamo la relazione mass-shell pµp
µ+ m2 = 0, espandendola in coordinate
cono-luce −2p+p−+ pIpI + m1 = 0 (1.89) (I = 2, 3) otteniamo immediatamente p− = 1 2p+ p I pI + m2 (1.90)
questo significa che la componente p− `e determinato dalle componenti p+ e pI.
Sappiamo che dx−/dτ = p−/m2 e che p− `e costante per un particella libera, quindi
x−(τ ) = x−0 + p
−
m2τ, (1.91)
dove x−0 `e una costante d’integrazione. Lo stesso vale anche per le direzioni trasversali
dxI dτ = pI m2 → x I(τ ) = xI 0+ pI m2τ (1.92)
con la differenza che i pI sono indipendenti tra loro mentre p− `e vincolato. Gli xI
0 sono
costanti d’integrazione.
1.4.4
Algebra di Poincar`
e in forma frontale
Analizziamo ora la realizzazione dell’algebra di Poincar`e nel gauge di cono-luce.
Utiliz-zando le espressioni (1.45) e (1.90) troviamo
PI = pI M23 = x2p3− x3p2 (1.93a) P+ = p+ M+I = −xIp+, M+− = −x−p+ (1.93b) P− = 1 2p+(p IpI+ m2) M−I = x−pI− x I 2p+(p IpI + m2) (1.93c)
Ricordandoci di (1.43) e di (1.85) vediamo che PI e P+ generano le traslazioni nelle
dire-zioni xI e x+ rispettivamente mentre M+I e M+− sono i boost nelle rispettive direzioni.
Invece M23`e una rotazione intorno all’asse x1. Abbiamo cos`ı un totale di sette generatori
I generatori dinamici sono invece P−, M−1 e M−2, in particolare P− agisce da
hamiltoniana Hx+.
`
E possibile dimostrare che la sottoalgebra di Poincar`e data da Pµ, M23 e M+I `e
isomorfo all’algebra del gruppo di Galileo bidimensionale [3]. I generatori di Galileo per
una particella libera in uno spazio bidimensionale sono i momenti ki, il momento angolare
L = ijxikj, i boost galileiani Gi = µxi, l’hamiltoniana H = kiki/2µ e la massa µ. Se
identifichiamo
PI ↔ ki, M23 ↔ L, M+I ↔ −2Gi,
P+ ↔ 2µ, P−↔ H (1.94)
realizziamo questo isomorfismo.
1.5
Quantizzazione di una particella relativistica
In meccanica classica lo stato fisico di un sistema viene completamente determinato dal valore dei suoi osservabili, per esempio nel formalismo hamiltoniano lo stato del sistema viene completamente individuato dalle coordinate nello spazio delle fasi, ovvero dai valori
delle coordinate qi e dei momenti pi
Questa corrispondenza viene persa in meccanica quantistica. Se un sistema
quanti-stico `e preparato sempre nello stato |Ψi e andiamo a misurare un osservabile A, non
otterremo necessariamente sempre lo stesso valore numerico a di A.
Se da un lato perdiamo la corrispondenza tra stati e osservabili dall’altro guada-gniamo il Principio di Sovrapposizione. L’insieme di tutti gli stati {|Ψi} di un sistema quantistico ha la struttura di uno spazio di Hilbert complesso, ovvero di uno spazio vet-toriale complesso, spesso infinito-dimensionale, dotato di prodotto scalare. Questo vuol
dire che `e sempre possibile esprimere uno stato |Ψi come una combinazione lineare di
stati |φii.
Inoltre, sempre grazie alla struttura di spazio vettoriale, `e possibile costruire una base
{|ai}, per cui un qualsiasi stato |Ψi pu`o essere espresso come una combinazione lineare
degli |ai. I vettori |Ψi di uno spazio di Hilbert H vengono spesso chiamati anche ket, mentre i vettori duali hΨ| bra.
Il prodotto scalare, o interno, o bra-ket, di H `e una funzione bilineare che ad ogni
coppia di ket (|φ0i , |φ00i) associa un numero complesso hφ0|φ00i con le propriet`a di
hφ0|φ00i = hφ00|φ0i hermiticit`a (1.95a)
hφ0|φ0i ≥ 0, hφ0|φ0i = 0 ⇔ φ0 = 0 definita positivit`a (1.95b)
Abbiamo realizzato, o meglio ipotizzato, una identificazione tra stati e vettori di uno spazio di Hilbert complesso H.
Nella teoria quantistica gli osservabili vengono identificati con operatori hermitiani
che agiscono su H. Un’operatore su uno spazio di Hilbert H `e una funzione lineare
ˆ
A : H → H, ossia: ˆ
A(|φ0i c0+ |φ00i c00) = ˆA |φ0i c0+ ˆA |φ00i c00 ∀ |φ0i , |φ00i ∈ H, ∀c0, c00∈ C (1.96)
Dato un operatore ˆA si definisce il suo aggiunto ˆA† come
hφ0| · ( ˆA |φ00i) = (hφ0| ˆA†) · |φ0i (1.97)
dove ˆA† agisce su hφ0|, ovvero il vettore duale di |φ0i. ˆA si dice autoaggiunto se ˆA = ˆA†.
Dato un operatore ˆA, un vettore |ai si dice autovettore di ˆA di autovalore a0 se
ˆ
A |ai = |ai a0 (1.98)
Se ad uno stesso autovalore a0 di ˆA corrispondono pi`u autovettori linearmente
indipen-denti allora a0 si dice autovalore degenere e l’insieme {a0} di tutti gli autovalori di ˆA `e
chiamato spettro di ˆA. Un operatore ˆA autoaggiunto si dice hermitiano se ˆA ammette
una base di autovettori, questa base risultera ortonormale. Gli autovalori di un operatore hermitiano sono sempre reali.
Nella teoria quantistica gli osservabili vengono identificati con operatori hermitiani e
gli autovettori vengono chiamati autostati. Un autostato ha la seguente propriet`a: se un
sistema quantistico viene sempre preparato nell’autostato |ai di ˆA di autovalore a0 allora
di tale osservabile restituisce sempre lo stesso valore numerico a0.
1.5.1
Commutatori e prescrizione di quantizzazione
Una delle propriet`a principali della teoria quantistica risiede nel fatto che gli osservabili e
le variabili dinamiche si comportano come quantit`a la cui moltiplicazione non `e
commu-tativa. Se rappresentiamo i nostri osservabili attraverso operatori `e necessario conoscere
le loro relazioni di commutazione, o condizioni quantistiche. Un metodo per ottenere
queste condizioni quantistiche, che `e applicabile ad un gran numero di casi, `e quello dell’
analogia classica [2]. Questo approccio `e motivato dal fatto che la teoria classica fornisce
una valida descrizione di sistemi dinamici sotto alcune condizioni, quando il disturbo
creato dalla misura `e trascurabile. Quindi la meccanica classica deve essere un caso
limi-te della meccanica quantistica. Ci aspettiamo di conseguenza che a importanti relazioni dinamiche classiche corrispondano delle importanti relazioni quantistiche e sperare che le leggi e i teoremi della meccanica quantistica siano generalizzazioni di risultati noti della meccanica classica. Per formalizzare le condizioni quantistiche introduciamo ora una struttura formale sugli operatori di uno spazio di Hilbert H, fondamentale per le sue implicazioni fisiche.
Siano ˆA e ˆB due operatori dello stesso spazio H. Definiamo il commutatore [ ˆA, ˆB] di ˆ
A e ˆB come
[ ˆA, ˆB] = ˆA ˆB − ˆB ˆA (1.99)
Se il commutatore `e nullo allora gli osservabili corrispondenti si dicono compatibili. il
motivo lo si intuisce dall’azione del commutatore su uno stato |Ψi
[ ˆA, ˆB] |Ψi = 0 ⇒ A ˆˆB |Ψi = ˆB ˆA |Ψi (1.100)
Se ˆA e ˆB sono due osservabili compatibili, misurare prima ˆA e poi ˆB non `e differente dal
misurare prima ˆB e poi ˆA. Ovvero la misura di ˆA non interferisce con la misura di ˆB e
viceversa.
Il commutatore ha le seguenti propriet`a:
• antisimmetria
[ ˆA, ˆB] = −[ ˆB, ˆA] (1.101)
• linearit`a e regola di Leibniz
[ ˆA, c0B + cˆ 00C] = cˆ 0[ ˆA, ˆB] + c00[ ˆA, ˆC]
[ ˆA, ˆB ˆC] = [ ˆA, ˆB] ˆC + ˆB[ ˆA, ˆC] (1.102)
• identit`a di Jacobi
[ ˆA, [ ˆB, ˆC]] + [ ˆB, [ ˆC, ˆA]] + [ ˆC, [ ˆA, ˆB]] = 0 (1.103)
che sono le stesse propriet`a delle parentesi di Poisson. In base al principio di analogia
classica ipotizziamo quindi che il commutatore sia il corrispondente quantistico delle parentesi di Poisson.
Pi`u precisamente, date delle funzioni dello spazio delle fasi u e v questi vengono
elevati a operatori hermitiani
u, v → u, ˆˆ v (1.104)
e le loro relazioni di commutazioni sono i~ volte le parentesi di Poisson
[ˆu, ˆv] = i~{u, v} (1.105)
Come esempio prendiamo le coordinate e i momenti canonici qµe pµ. Le loro parentesi
di Poisson sono
{qµ, qν} = 0 {pµ, pν} = 0 {qµ, pν} = ηµν (1.106)
quindi elevandole a operatori hermitiani otteniamo le note relazioni di commutazioni
1.5.2
Rappresentazioni di Schroedinger e di Heisenberg
Ci sono due approcci per descrivere la dinamica di un sistema quantistico. Il primo `
e noto come rappresentazione di Schroedinger in cui gli stati si evolvono nel tempo e gli operatori (gli osservabili) sono stazionari, indipendenti dal tempo. L’equazione che
descrive la dinamica `e l’equazione di Schroedinger
i~∂
∂t|Ψi = ˆH |Ψi (1.108)
dove ˆH = ˆH(ˆq, ˆp) `e l’operatore hamiltoniano, il corrispondente quantistico della
hamilto-niana H(q, p); ricordiamo che ˆH deve essere hermitiano. Da (1.108) possiamo calcolarci
la soluzione formale del problema. Sia |Ψ(0)i il ket di stato del sistema a t = 0, quindi
lo stato iniziale del sistema, lo stato |Ψ(t)i del sistema per t > 0 `e dato da
|Ψ(t)i = exp−i ˆHt/~|Ψ(0)i (1.109)
Il secondo approccio `e noto come rappresentazione di Heisenberg in cui sono invece
gli operatori ad evolvere nel tempo mentre gli stati sono stazionari. Questo approccio `
e quello pi`u vicino alla meccanica classica in cui consideriamo l’evoluzione di
osserva-bili come il la posizione o il momento. Se ˆA `e un operatore nella rappresentazione di
Schroedinger, possiamo passare all’operatore nella rappresentazione di Heisenberg ˆA(H)
con una trasformazione unitaria, che conserva il prodotto scalare ˆ
A(H) = expi ˆHt/~ ˆA exp−i ˆHt/~ (1.110)
e la dinamica in questa rappresentazione `e dominata dall’ equazione del moto di
Heisen-berg d ˆA(H) dt = 1 i~ h ˆA(H), ˆH(ˆq, ˆp)i (1.111)
nel caso di un operatore di Schroedinger ˆA(t) dipendente esplicitamente dal tempo, allora
l’equazione del moto di Heisenberg per il corrispondente operatore di Heisenberg ˆA(H)(t)
d ˆA(H)(t) dt = ∂ ˆA(H)(t) ∂t + 1 i~ h ˆA(H) (t), ˆH(ˆq, ˆp) i (1.112)
Notiamo che (1.111) `e il corrispondente quantistico delle equazioni del moto per una
funzione A(q, p) dello spazio delle fasi dA
1.5.3
Quantizzazione in gauge di cono-luce
Nella Sezione 1.4 abbiamo ottenuto che possiamo descrivere completamente il moto di una particella libera con usando come variabili dinamiche
x−0, xI, p+, pI (1.114)
mentre x+ `e fissato dalla parametrizzazione (1.86) e p− `e determinato da p+ e pI e
m, come si pu`o vedere in (1.90). Eleviamo le variabili dinamiche in (1.114) a operatori
hermitiani (tralasciamo per il momento la notazione con il cappelloˆ) in rappresentazione
di Schroedinger. Ci poniamo inoltre in unit`a naturali per cui ~ = 1.
Possiamo postulare le relazioni di commutazione usando la prescrizione di quantizza-zione di Dirac
[xI, pJ] = iηIJ = iδIJ, [x−0, p+] = iη−+= −i (1.115)
con tutte gli altri commutatori nulli.
Le nostre traiettorie sono parametrizzate con τ ; gli operatori in rappresentazione di Heisenberg avranno quindi una dipendenza dal parametro di τ e di conseguenza li indicheremo come
x−0(τ ), xI(τ ), p−0(τ ), pI(τ ) (1.116)
e le relazioni di commutazione sono
[xI(τ ), pJ(τ )] = iηIJ = iδIJ, [x−0(τ ), p+(τ )] = iη−+= −i (1.117)
Abbiamo inoltre altri osservabili da considerare — x+, x− e p− — definiti a partire
dagli operatori (1.114) x+(τ ) = p + m2τ x−(τ ) = x−0 + p − m2τ p−= 1 2p+ p IpI+ m2 (1.118)
dove x+ e x− sono operatori di Schroedinger con dipendenza esplicita dal tempo, mentre
p−`e indipendente dal tempo. I commutatori di x+(τ ), x−(τ ) e p−possono essere calcolati
dalle relazioni di commutazioni postulate in (1.114).
Rimane da calcolare l’hamiltonia H. Sappiamo che p− corrisponde all’energia
cono-luce e ci aspettiamo che questa generi l’evoluzione rispetto alla sua coordinata coniugata x+
∂
∂x+ ↔ p
−
Sappiamo che l’hamiltoniana genera l’evoluzione rispetto al parametro τ che `e legato alla
coordinata x+ a causa del gauge di cono-luce (1.86). Quindi
x+ = p + m2τ → ∂ ∂τ = p+ m2 ∂ ∂x+ ↔ p+ m2p − (1.120) In base a questo ragionamento ipotizziamo che l’hamiltoniana H(τ ) in rappresentazione di Heisenberg H(τ ) = 1 m2p + (τ )p−(τ ) = 1 2m2 p I (τ )pI(τ ) + m2 (1.121)
Osserviamo che H(τ ) non ha dipendenze esplicite dal tempo e dipende solo dai momenti trasversali pI(τ ).
Per verificare se la nostra ipotesi (1.121) `e corretta dobbiamo verificare se H(τ ) genera
le giuste equazioni del moto, che devono essere confrontabili con i loro analoghi classici
Consideriamo innanzitutto i momenti p+ e p− e utilizziamo le equazioni del moto di
Heisenberg (1.111). Troviamo idp
±(τ )
dτ = [p
±(τ ), H(τ )] = 0 (1.122)
perch´e H(τ ) `e funzione solo di pI e m che commutano con p±. Abbiamo quindi che p+
e p− sono delle costanti del moto. La stessa cosa si pu`o dire dei momenti pI
idp
I(τ )
dτ = [p
I(τ ), H(τ )] = 0 (1.123)
per lo stesso motivo di prima, i pI commutano tra di loro. Quindi le equazioni del moto
per i momenti
dpµ(τ )
dτ = 0 (1.124)
che `e formalmente uguale alle equazioni del moto classiche per una particella libera.
Consideriamo ora gli operatori di Heisenberg della posizione. Per le componenti trasversali idx I(τ ) dτ =x I(τ ), H(τ ) = xI(τ ), 1 2m2 p JpJ + m2 = 1 2m2 x I, pJpJ + pJxI, pJ = i m2δ IJpJ = ipI m2 (1.125)
che `e in accordo con l’analogo classico mentre per x−0 commuta con tutti i pI quindi
dx−0
Se invece consideriamo x+ e x− anche questi commutano con i momenti pI ma hanno una dipendenza esplicita dal tempo
idx ± dτ = i ∂x± ∂τ +x ±(τ ), H(τ ) = ip± m2 (1.127)
L’aver lavorato in rappresentazione di Heisenberg ci ha permesso un confronto diretto con le equazioni del moto classiche e di verificare le nostre ipotesi con il principio di
analogia classica. Ricordiamoci per`o che questo principio non `e sempre applicabile perch´e
non a tutti gli osservabili quantistici corrisponde un osservabile classico, i.e. lo spin intrinseco.
1.5.4
Operatori momento in cono-luce
Ci rimane da verificare l’algebra di Poincar`e ma prima verifichiamo l’azione dei operatori
momento. `E noto che le traslazioni δxµ= µ sono generati dai momenti pµ
δxµ(τ ) = [iρpρ(τ ), xµ(τ )] = iρ(−iηρµ) = µ (1.128)
grazie alle relazioni di commutazioni degli operatori momento lorentziani
[xµ(τ ), pν(τ )] = iηµν (1.129)
che per`o non sono consistenti con i commutatori in gauge di cono-luce, che ci dicono
che [x+(τ ), p−(τ )] = 0 mentre l’equazione precedente predice un risultato non nullo.
Quindi `e necessario verificare che gli operatori momento in gauge di cono-luce generino
le traslazioni. Esplicitiamo la somma iρpρ(τ )
iρpρ(τ ) = −i−p+− i+p−+ iIpI (1.130)
le equazioni del moto ci dicono che i momenti sono indipendenti dal tempo quindi
pos-siamo evitare di esplicitare l’argomento τ . `E facile verificare che pI e p+ generino le
traslazioni desiderate, in particolare per I 6= 0 e + = − = 0 abbiamo
δxI = I, δx+= δx−= 0 (1.131)
invece per + 6= 0 e I = −= 0 otteniamo
δx−= −, δx+ = δxI = 0 (1.132)
usando le relazioni (1.117). Ci rimane da verificare l’azione di p− che `e una funzione non
banale di p+ e pI. Sia + 6= 0 e I = − = 0 e vogliamo calcolare δxµ = i+[p−, xµ]. Per
µ = + δx+= −i+[p−, x+(τ )] = −i+ p−, p + m2τ = 0. (1.133)
Per µ = J δxJ = i+[p−, xJ] = i+ 1 2p+(p IpI+ m2), xJ = i+ 1 2p+p I, xJ = +pJ p+. (1.134) Invece per µ = − δx− = −i+[p−, x−(τ )] = −i+ p−, x−0 + p − m2τ = −i+p−, x−0 = −+p − p+ (1.135) perch´e x−0, 1 p+ = x−0 1 p+ − 1 p+x − 0 = p+ p+x − 0 1 p+ − 1 p+x − 0 p+ p+ = 1 p+[p +, x− 0] 1 p+ = i p+2 quindi [p−, x−0] = 1 p+ p I pI+ m2, x−0 = 1 2 1 p+, x − 0 pIpI+ m2 = −i 2p+ p I pI+ m2 = −ip − p+
da cui otteniamo il risultato δx− = −+p−/p+.
Quindi p− genera in realt`a sia una traslazione che una riparametrizzazione della
linea di mondo, che `e necessaria per mantenere fissa la condizione di gauge di cono-luce.
Ricordiamo che gli operatori momento lorentziani pµin coordinate cono-luce sono oggetti
diversi dagli operatori momento in gauge di cono-luce, che hanno un’azione non banale
sulle coordinate e p− `e definito in funzione degli altri momenti trasversi e p+.
1.5.5
Generatori di Lorentz in cono-luce
Quello che ci interessa ora `e trovare un’espressione dei generatori di Lorentz Mµν in
gauge di cono-luce che soddisfi l’algebra
[Mµν, Mρσ] = −iηνρMµσ+ iηµρMνσ + iηµσMρν− iηνσMρµ (1.136)
che definisce l’algebra di Lie di Lorentz, che deve essere soddisfatta dagli analoghi gene-ratori di una qualsiasi teoria Lorentz-invariante. Vedremo che questa condizione impone restrizioni fisiche significative nel caso della teoria delle stringhe che grosse conseguenze fisiche.
Per costruire i generatori di Lorentz in gauge di cono-luce possiamo tentare di partire dall’espressione covariante
e successivamente sostituire x+(τ ), x−(τ ) e p− usando le loro definizioni in gauge di
cono-luce. Con M+− otteniamo
M+−= x+(τ )p−− x−(τ )p+ = p +τ m2 p −− x−0 + p − m2τ p+ = −x−0p+ (1.138)
che per`o non `e hermitiano, (M+−)†− M+− = [x−
0, p+] 6= 0. Quindi per ottenere
un’e-spressione corretta di M+− che sia hermitiana, lo definiamo come
M+−= −1 2(x − 0p ++ p+x− 0) (1.139)
Consideriamo ora il generatore M−I. La prescrizione che stiamo seguendo ci suggerisce
l’espressione M−I = x−τ pI− xI(τ )p− = x−0 + p − m2τ pI − xI0+ p I m2τ p− = x−0pI− xI 0p − (1.140)
ma p− `e un’espressione non banale di p+ e pI. Per ottenere una versione hermitiana
definiamo M−I come
M−I = x−0pI −1 2(x I 0+ p − xI0) (1.141)
che soddisfa [M−I, M−J] = 0. A questo punto si pu`o verificare che con le definizioni
quantistiche degli operatori Mµν fatto nel gauge cono di luce, questi soddisfano la corretta
algebra di Lorentz. La teoria quantistica `e quindi relativistica Vedremo che il calcolo di
questo commutatore nella teoria delle stringhe impone addirittura delle condizioni sulla
dimensionalit`a dello spazio-tempo, per cui la teoria delle stringhe `e Lorentz-invariante
Capitolo 2
Stringhe Relativistiche
In questo capitolo cercheremo di costruire una teoria dinamica relativistica per una stringa, ovvero di un oggetto unidimensionale, in uno spazio-tempo D-dimensionale. Per farlo seguiremo gli stessi passaggi del capitolo precedente, partendo da una formulazione di un principio d’azione specificando quali sono le nostre variabili dinamiche e arrivando a delle equazioni del moto che tenteremo di risolvere.
2.1
Azione di una stringa relativistica
Una stringa `e semplicemente un oggetto unidimensionale, non pi`u puntiforme quindi con
una estensione spaziale. Questo oggetto unidimensionale nello spazio-tempo descriver`a
una superficie bidimensionale, che chiameremo foglio di mondo, analogamente al caso di una particella puntiforme (senza estensione spaziale) che descrive una curva unidimen-sionale. Per descrivere la stringa avremo bisogno di due parametri adimensionali, τ e σ, e
di D funzioni Xµ(τ, σ) che mappano il foglio di mondo nello spazio-tempo di Minkowski
(τ, σ) 7→ xµ= Xµ(τ, σ). (2.1)
I parametri τ e σ possono essere considerati come coordinate sulla variet`a del foglio
di mondo; τ `e un parametro di tipo tempo e σ di tipo spazio, nel senso che τ ci da
informazioni su come la stringa si evolve nel tempo mentre σ ci da informazioni sulla
sua estensione spaziale. Dei due, τ `e il parametro pi`u affine al tempo. Vedremo
suc-cessivamente che la scelta di τ e σ `e libera e sfrutturemo questa libert`a per risolvere
il moto della stringa. Possiamo interpretare gli Xµ come le coordinate dinamiche della
stringa nello spazio-tempo. Nel caso della particella le coordinate dinamiche dipendono da un solo parametro, quello che descrive la linea di mondo; analogamente nel caso della stringa le coordinate dinamiche dipendono invece da due parametri, quelli necessari per descrivere il foglio di mondo.
Nel caso della particella abbiamo visto che per ottenere delle equazioni del moto
rela-tivistiche `e stata imposta la condizione di invarianza per cambio di sistema di riferimento
dell’azione che ha portato a un’invarianza per riparametrizzazione dell’azione, che `e stato
poi sfruttato per fissare il gauge di cono-luce. Vedremo che la situazione si replicher`a in
maniera simile anche per stringhe.
Le stringhe possono essere di due tipi, o aperte o chiuse. Nel caso di stringhe chiuse
le funzioni Xµ sono periodiche nell’argomento σ, per esempio: σ ∈ [0, σ∗] con Xµ(τ, σ +
σ∗) = Xµ(τ, σ) per qualsiasi τ . Invece se la stringa `e aperta non c’`e alcuna condizione
di periodicit`a sulla sulle funzione Xµ e la stringa sar`a dotata ad ogni istante di estremi
liberi e per risolvere la dinamica sar`a necessario imporre delle condizioni sugli estremi.
La quantit`a Lorentz-invariante pi`u semplice a cui possiamo pensare nel caso di un
foglio di mondo `e la sua area. Per questo ipotizziamo che l’azione di una stringa sia
pro-porzionale alla sua area. Per calcolare questa area dobbiamo conoscere prima la metrica
intrinseca della superficie e per ricavarla facciamo la seguente considerazione: sia ηµν la
metrica di “background”, ovvero dello spazio-tempo D-dimensionale, che supponiamo
piatto, in cui si muove la stringa, e siano Xµ(σα) le funzione che parametrizzano la
su-perficie di mondo, dove σα = (σ0, σ1) = (τ, σ). Allora, andando a calcolare un elemento
infinitesimo sul foglio di mondo troviamo che
ds2 = ηµνdXµdXν = ηµν ∂Xµ ∂σα ∂Xν ∂σβ dσ αdσβ = h αβdσαdσβ (2.2)
dove abbiamo definito la metrica intrinseca della variet`a
hαβ ≡ ηµν
∂Xµ
∂σα
∂Xν
∂σβ (2.3)
e l’area della superficie `e ottenuta integrando √−h, dove h ≡ det(hαβ), quindi
S ∝ Z
d2σ√−h (2.4)
Per questioni dimensionali `e necessaria una costante che abbia le dimensioni MT−1perch´e
l’azione S ha le dimensioni ML2T−1 mentre l’integrale le dimensioni L2. Un’analisi
clas-sica della stringa (vedi [4, Cap. 4]) ci mostra che la lagrangiana `e caratterizzata da una
tensione T0 che rappresenta la tensione della stringa e ha le dimensioni MLT−2, quindi
ipotizziamo che la costante di cui abbiamo bisogno sia T0/c, dove c `e la velocit`a della
luce. La nostra azione assume la forma
S[Xµ] = −T0 c Z d2σ√−h (2.5) Introducendo la notazione ˙ Xµ = ∂X µ ∂τ , X µ0 = ∂Xµ ∂σ (2.6)
possiamo esplicitare l’integrando S[Xµ] = −T0 c Z dτ dσ q ( ˙X · X0)2− ˙X2X02 (2.7) dove ˙X · X0 ≡ ˙XµXµ0, ˙X2 ≡ ˙XνX˙ν e X 02 ≡ X0ρX0
ρ. La (2.7) `e nota come azione di
Nambu-Goto.
Verifichiamo ora che l’azione sia invariante per riparametrizzazione. Applichiamo una trasformazione dei parametri
(τ, σ) 7→ (τ0, σ0) (2.8)
che modifica i differenziali
dτ dσ = dτ0dσ0dτ
dτ0
dσ
dσ0 (2.9)
mentre i termini dell’integrando si trasformano come
∂Xµ ∂τ = ∂Xµ ∂τ0 dτ0 dτ , ∂Xµ ∂σ = ∂Xµ ∂σ0 dσ0 dσ (2.10) e otteniamo di conseguenza Z dτ dσ s ∂X ∂τ · ∂X ∂σ 2 − ∂X ∂τ 2 ∂X ∂σ 2 = Z dτ0dσ0 s ∂X ∂τ0 · ∂X ∂σ0 2 − ∂X ∂τ0 2 ∂X ∂σ0 2 (2.11) che l’azione non cambia in forma. Ci troviamo come nel caso della particella, in cui la scelta della parametrizzazione della linea di mondo non modificava l’azione e quindi non modifica la fisica.
La densit`a di lagrangiana della stringa `e
L = −T0 c √ −h = −T0 c q ( ˙X · X0)2− ˙X2X02 (2.12)
e notiamo che la lagrangiana `e solo funzione di ˙Xµ e Xµ0. Introduciamo le quantit`a
Pτ µ ≡ ∂L ∂ ˙Xµ = − T0 c 1 √ −h h ( ˙X · X0)Xµ0 − X02X˙ µ i (2.13a) Pµσ ≡ ∂L ∂X0µ = − T0 c 1 √ −h h ( ˙X · X0) ˙Xµ− ˙X2X 0 µ i (2.13b)
che torneranno molto utili. Essendo sia Pµτ che Pµσ delle derivate della lagrangiana L
2.2
Equazioni del moto e condizioni al contorno
Siamo interessati ora alle equazioni del moto della stringa, che li possiamo ottenere con il
principio di Minima Azione. Perci`o, con τ ∈ [τi, τf] e σ ∈ [0, σ∗] e le variazioni δXµ(τ, σ)
nulli sugli estremi dell’intervallo di τ , la variazione dell’azione
δS[Xµ] = S[Xµ+ δXµ] − S[Xµ] = Z τf τi dτ Z σ∗ 0 dσhL( ˙Xµ+ δ ˙Xµ, Xµ0 + δXµ0) − L( ˙Xµ, Xµ0)i = Z τf τi dτ Z σ∗ 0 dσ ∂L ∂ ˙Xµδ ˙X µ+ ∂L ∂Xν0δX ν0 (2.14) usando le relazioni δ ˙Xµ ≡ δ ∂X µ ∂τ = ∂(δX µ) ∂τ δX ν0 ≡ δ ∂X ν ∂σ = ∂(δX ν) ∂σ (2.15) otteniamo δS[Xµ] = Z τf τi dτ Z σ∗ 0 dσ Pτ µ ∂(δXµ) ∂τ + P σ ν ∂(δXν) ∂σ (2.16) da cui, integrando per parti otteniamo
Z τf τi dτ Z σ∗ 0 dσPµτ∂(δX µ) ∂τ = Z σ∗ 0 dσ PµτδXµ τf τi − Z τf τi dτ Z σ∗ 0 dσ∂P τ µ ∂τ δX µ Z τf τi dτ Z σ∗ 0 dσPνσ∂(δX ν) ∂σ = Z τf τi dσ PνσδXν σ∗ 0 − Z τf τi dτ Z σ∗ 0 dσ∂P σ ν ∂σ δX ν (2.17)
con il primo termine del membro di destra della prima equazione che si annulla a causa
della condizione sulle variazioni δXµ, mentre il primo termine del membro di destra della
seconda equazione rappresenta delle condizioni sulle estremi della stringa. `E ovvio che
nel caso di una stringa chiusa il termine si annulla, mentre nel caso di una stringa aperta poniamo tale termine uguale a zero
Z τf τi dσ PνσδXν σ∗ 0 = 0 µ = 0 . . . D−1 (2.18)
che equivale a imporre 2D condizioni sugli estremi della stringa, dove D sono le dimen-sioni dello spazio-tempo, che possono essere di due tipi: o estremi liberi, o estremi fissi. Possiamo avere degli estremi liberi con il vincolo
Pσ µ(τ, 0) = P σ µ(τ, σ ∗ ) = 0 ∀τ (2.19)
che `e conosciuto anche come condizione di Neumann, la quale soddisfa (2.18) per qualsiasi
variazione δXµ, oppure possiamo avere degli estremi fissi con
∂Xµ ∂τ (τ, 0) = ∂Xµ ∂τ (τ, σ ∗ ) = 0 µ 6= 0. (2.20)
nota anche come condizione di Dirichlet. Notiamo che non possiamo imporre tale
condi-zione per µ = 0 perch´e gli estremi si devono “muovere” nel tempo, non possono rimanere
fissi anche nella direzione x0. La condizione di estremo fisso `e una condizione applicabile
solo alle direzioni spaziali. La condizione di Dirichlet implica che la stringa `e attaccata
a qualche oggetto fisico.
Per ciascuna direzione spaziale e per ciascun estremo possiamo scegliere di imporre o un condizione di Neumann o di Dirichlet. Imponendo questo ultimo tipo di vincolo stiamo imponendo che gli estremi siano attaccati a degli oggetti, che sono chiamati
D-brane. Una Dp-brana `e un oggetto di dimensionalit`a p a cui sono attaccati gli estremi
di una stringa. Se questi sono liberi in tutte le direzioni allora ci ritroviamo con una D-brana che riempie tutto lo spazio.
Ritornando ora al calcolo della variazione dell’azione, una volta specificate le condi-zioni al contorno, abbiamo
δS[Xµ] = − Z τf τi dτ Z σ∗ 0 dσ ∂P τ ∂τ + ∂Pσ µ ∂σ δXµ = 0 (2.21)
per qualsiasi δXµ. Otteniamo cos`ı le equazioni del moto
∂Pτ
∂τ +
∂Pσ
µ
∂σ = 0 (2.22)
che `e valido sia per stringhe chiuse che aperte. Richiamando le espressioni di Pτ
µ e Pµσ
ne ricaviamo che le equazioni del moto sono parecchio complicate. Tutto ci`o pu`o essere
semplificato sfruttando l’invarianza per riparametrizzazione dell’azione di Nambu-Goto. Ma prima consideriamo delle trasformazioni di simmetria sul foglio di mondo.
2.3
Correnti conservate sul foglio di mondo
Nell’azione della stringa (2.7), la densit`a di lagrangiana viene integrata sulle coordinate
del foglio di mondo σα = (τ, σ), non dello spazio-tempo, ed `e funzione delle coordinate
nello spazio-tempo Xµ, che sono funzione di σα. Richiamando la Sez. 1.1.3, possiamo
interpretare le funzioni Xµ(σα) come D campi su una variet`a bidimensionale, per cui
le correnti conservate saranno delle correnti bidimensionali che vivranno sul foglio di mondo.