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Il Nuovo Istitutore : periodico d’istruzione e di educazione. A.8(1876)

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I L

NUOVO ISTITUTORE

d’ Istruzione e di educazione.

Anno ottavo. SA LER N O Stabilimento Tip. Nazionale 1876.

(5)
(6)

A

m o

V ili.

S a l e r n o ,

20 Gennaio 18 7 6 .

N .! 1, 2

e

3.

GIORNALE

X)’ IST R U Z IO N E E DI EDUCAZIONE

PREM IATO CON MEDAGLIA D I ARGENTO

AL V II CONGRESSO P E D A G O G IC O .

Il gio rn ale si p u b b lic a tre vo lte al m ese. Le associazioni si fanno a prezzi an tic ip a ti m ediante vaglia p ostale spedito al D irettore. Le lettere ed i pieghi non fran cati si respingono: nè si restituiscono m an o scritti — P rezzo: anno L. 5 ; sei m esi L. 3; un num ero sep arato di otto p ag in e, C ent. 3 0 ; doppio Cent 50.

G iornali, libri ed o puscoli in dono s’ in d iriz z in o— Alla D irezione del Nuovo Istitu­ tore , Salerno.

.S O M M A R IO — Due parole a i lettoriP el sesto centenario d i S. Tommaso d 'A q u i­ no, c a rm e — Un passatem po gram m aticaleA n n u n zi bibliograficiCronaca del- V istruzioneCarteggio laconicoAvvertenza.

AI LETTORI

0 , vedete un po’ che mi gira pel capo ! di pas­

sarm ela liscia liscia, senza predichìni, senza preamboli,

e senza i soliti inni del passato e le bugiarde profe­

zie dell’ avvenire. Questo che corre, non è un secolo

propizio ai profeti, e , a farlo a p p o s ta , anche 1’ arim-

m etica sbaglia i suoi calcoli, e falliscono le predizioni

più certe e sicure. Con una Camera rifatta a nuovo, con

tante promesse

d e s t r e

e

s i n i s t r e

, con un valentuomo

alla Minerva, il quale ha la febbre addosso di rin n o ­

v ar mezzo mondo, chi non avrebbe mai vaticinato l’età

dell’ oro per 1’ istruzion pubblica e per la num erosa

schiera degl’ insegnanti ? Chi non avrebbe detto, sp u n ­

tando il capo d’ anno del 1875, itone ormai fra i più :

Oh I finalmente sorgerà anche la nostra

s t e l l a,

e q u e ­

sta volta faranno davvero ? Ci cullano da anni Domini

di speranze e di promesse : c’ intronan gli orecchi di

(7)

lodi e d’ inni : ci chiamano gli educatori del popolo e

i rigeneratori delle nuove generazioni : s’ aspettan da

noi la salute e la grandezza d ’ Italia, e con altro vento

ci gonfiano come palloni. Ma ogni bel gioco vuol d u ­

ra r poco ; e, viva Dio, la pienezza dei tempi pare v e ­

nuta anche per noi, e quest’ anno scialeremo un po’m e­

glio. » E pure siamo sempre al sicutera, e tranne un di­

luvio di lettere circolari e un po’ di chiasso di più ,

il 75 è passato come gli altri ; e i lieti sogni, le belle

speranze e i sicuri pronostici sono iti in nebbia e in

fumo. Ora, con un fiasco sì solenne , chi non lasce­

rebbe il mestiere a Mathieu de la Drome ? Sicché, let­

tori miei, se lo volete sapere il tempo, che farà q u e­

st’ anno, chiedetene a lui ; eh’ io per me sto coi frati

e zappo 1’ orto.

Intanto anche questa volta ho messo in serbo per

voi una pielanzina di gala e un po’ di strenna pel capo

d ’ anno. Qua dietro sono certi versi, dei migliori che

le Muse ispirino ai loro B e n ia m in i, e più in là poi

un

p a ssa te m p o

, da riderci su saporitamente tutto l’a n ­

no. E il riso fa buon sangue, alleggerisce le miserie

della vita e ricrea 1’ animo. S ’ intende già eh’ è un riso

onesto, da galantuom ini ; chè il mio Sam uele è tal p a ­

sta di zucchero, che vuol bene perfino ai gatti, e pare

della scuola di S. F ran cesco . P e raltro q u a n d ’ è in v e­

n a e piglia la penna, c è da tenersi ben bene i fianchi,

per non correr la sorte di Margutte : così non la p i­

gliasse tanto di rado e più di frequente ne rallegrasse coi

suoi amenissimi e leggiadri scritti ! Ma orm ai mi ta r­

da d’ augurarvi il buon anno e le buone calende, sen-

z

altri chiacchiericci : statemi allegri, e schiavo.

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PEL SESTO CENTENARIO DI S. TOMMASO D’AQUINO

C A I \ M E

Il prof. Alfonso L in g u iti, nella occasione del sesto centenario di Tommaso d’ Aquino, scrisse un carme, e n o i, innanzi che sia pubbli­ cato per intero, volendo farlo gustare almeno in parte a’ nostri lettori, ne riportiamo alcuni frammenti.

Fin d a ’ prim i anni l’ Infinto tu tta Invase la tu a m ente. A n co r fanciullo A ’ giochi t ’ involavi, alle soavi

L u sin g h e d ella v ita : un grido a rc a n o N e h c o r ti ris o n a v a : A scendi in alto. E tu , seg u en d o quell’ e te re a voce, Coll’ an im a d a ’ sen si p e re g rin a D alla te rre n a polvere ascendevi, E , nella solitudine, del vero Affisavi la lu c e ; ed ogni co sa

Che il m ondo più v a g h e g g ia , im pallidia Innanzi alla tu a m ente. In v a n gioconde Voci am orose ti dicean : Sofferma I tuoi voli sublimi : in sulla terra Ogni cosa t' arride. A ltero, invitto Di vero in v er salia, di m ondo in m ondo II tuo pensier. L a te n e b ra ch e cinge Le più sublim i idee, non ti sc o ra v a , Anzi a rd ir ti c re sc e v a ; e se n z a p o sa Tu salivi, salivi infin ch e in tu tto Il suo sp len d o re a te si a p riv a il vero ; Così, m en tre si a d d e n sa o sc u ra nebbia, E l’ im a v alle in v o lg e , a l p ereg rin o D’ un alto m o n te s u lla v e tta asc eso Ride seren o il cielo. E ri sa lito Dove 1’ ali ferm ò dell’ intelletto Lo S ta g irita ; (*) e di co là novelli Voli sp iccasti, e, qual so v ra lontani M ari il L ig u re a rd ito , ignoti cieli Col p e n sie r tra sv o la v i, e negli abissi, E nel m are dell’ e sse re infinito

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S paziavi securo. In q u ell’ altezza, O ltre la quale non a sc e n d e il volo D ell’ u m a n a ra g io n e , ornai quetavi

L ’ ali in d e fe sse , a llo r ch e il grido iste sso : A scendi ancora, ti diceva, e nuove

Ali la F e d e al tuo p en siero ag g iu n se, E nuovi c am p i a ll’ in telletto e ignote R egion ti d isc h iu se e a rc a n e cose. E innanzi a ’ lam pi del tuo divo ingegno. Com e un pallido alb ó re, un fioco rag g io E r a la luce c h e la G recia vide

S fo lg o reg g iar d al Sunio e fra 1’ om b ro se A ccad em ich e selve. In fra le lo tte D ell’ u m a n a ra g io n e e d ella F e d e : D io non combatte contro D io ( ') , g rid a v i, E p ro fo n d asti il g u a rd o a v v a lo ra to E n tro ag li ab issi d e lla T rin a L u ce, Ove m ira sti in un volum e accolto • Q uanto q u ag g iù si sc h iu d e. Il sa p ie n te

P e rc o rre n d o g li sp azi in te rm in a ti M isu rati d a te, pien di stu p o re,

Qui, g rid a, im p resse in m al s e g n a te tra c c e O rm e novelle: là su vie non to cch e G ran v estig i stam p ò : qui n u o v a luce A g g iu n se a luce, e là splendido sole L ’ om bre d isp e rse c h e s p a n d e a T e rro re . Sublim e seg n o delle u m an e posse A ll’ a tto n ite m enti è il tuo volum e, A cui p o se r le m ani e cielo e te rra . T a l nel d e se rto in term in ato al cielo S orgon 1’ a lte P iram id i ; le am m ira Il sa p ie n te ch e vi legge a rc a n e M isterio se n o te ; il volgo ig n aro Si fe rm a a rig u a rd a rle , e ne fav ella Di m e ra v ig lia e di s tu p o r com preso Chi non le vide. 0 sm isu ra to ingegno, D al di ch e udi C o lo n ia ('*) i tuoi prim ieri P o rte n ti di s a p e r, q u an te vicende !

Q uante a rd u e lo tte ! q u an te volte il dubbio T en tó a n n e b b ia re i tuoi sublim i v eri ! M a, in m ezzo a ll’ o n d a degli um an i eventi

(*) D eu s non p u g n a t c o n tro D eum .

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O gnor di luce in te m e ra ta e p u ra T u risplendi nel ciel dove ti vide Il divino A lighier. (*) P e r tu tte vie Onde si asc en d e all’ Infinito, ogni alm a

In te s’ in co n tra, o so v ra 1’ ale a s s o rg a Dell’ in te lle tto , o con a m o r si levi

A ll’ In cre ato A m ore. E in te si av v en n e (**) Un p ereg rin o spirito n e’ suoi

Voli sublim i, e in a m istà divina

A te si strin se. E le v o stre alm e insiem e L ’ ali e i ra g g i confusero in un solo C eleste am plesso, in u n a luce so la ; E p ro se g u ir 1’ a rd u o cam m ino, e a n c o ra Stupito il m ondo, an co r s a lu ta 1’ u na Di cherubica luce un vivo rag g io , L ’ a ltr a tu tta serafica in ardore. Oh ! quei tem pli sere n i ove s a l i s t e , Si schiu d an o p e r poco, e un ra g g io solo M andino a g l’ in te lle tti, a cui torm ento È l’ infinito! o h ! piovano un so rriso Sovra i vedovi c u o ri, affaticati

Da ch iu sa an g o scia innanzi all’ insoluto A rduo m istero della v ita !

Oh sa lv e * T u nostro: q u e sta te rr a a te fu c u n a : T u nostro : alle sublim i itale m enti T u schiudesti le vie dell’ in fin ito , E p er le tue sublim i orm e n e ’ cieli C he solo am ore e luce han p e r confine, D rizzàro il voi. N ell’ anim a sd eg n o sa Del G hibellino la se re n a luce

T u ra g g ia sti del vero, ed ei nel sa c ro Suo poem a im m ortai la diffondea N e ’ colori dell’ iride rifran ta. E d e stato d a te 1’ italo ingegno, D isceso in te r r a d a ’ lontani c i e li, Con insolito a rd ir nuovi sentieri Si ap erse, e a u d ace con assid u e prove In terro g ò n a tu ra , e a lui dinanzi E lla il velo si tolse, e ta le a p p a rv e ,

(*) N el cielo del sole. ”>) S. B o n av en tu ra.

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Q uale u sciv a di m a n del suo F a tto re . (*) E n e g l’ inni del secolo ch e v a n ta T a n te v ittorie d ell’ u m an p en siero , In fra i nom i di V o lta e G alilei Il tuo nom e risu o n a. O divo ingegno, S alv e ! T u n o s tr o ; p e r la te r r a l’ ale B a tte a la fa m a d e lla tu a d o ttrin a ; O gni c ittà d’ Ita lia , d e sio sa

T e cinto il crin d e g l’ im m o rtali allo ri C he ra c c o g lie sti d ella S en n a in riv a , A sè ch ied ea. M a qui venivi ; e questo Italo cielo, questo m a r sublim i

P e n sie ri t ’ isp iraro . E q u este rive, Ove la scien za, a ris to ra re in te sa G l’ inferm i c o rp i, a v e a so len n e culto ( " ) , U dirò il suono d e lla tu a p a ro la

C h e re d im e a g li spirti. O Sol d ’ Aquino, L ’ is te s s a id e a ch e t ’ occupò la m ente F in d a ’ prim i anni, a n c o r n e ll’ o re estre m e , D ella più b e lla im m ag in e v e s t i t a ,

A te so rrise . E com e n ella re g g ia F r a splendidi r i t r o v i e fra le m ense A sso rto in q u ella, non sen tiv i a lcu n a S oave vo lu ttà ch e t’ in v ita v a ;

C osì p re sso a m o rir q u ella infinita Id ea , di S u lam ite nelle form e (***),

C o tan to ti r a p i , ch e non sentivi Il m al ch e ti p rem ev a. E, m e n tre intorno R iso n a v a la c a n tic a so av e,

E lla tr a s s e p e r m an tuo sp irto a quella

(•) A* p ro g re s s i d e lla n u o v a sc ien z a a p e rs e la via la sp e c u la zio n e del m edio evo c h e p re p a rò e in v ig o rì g l’ ingeg n i, e li re s e c a p a c i d ’ in te r r o g a r e la n a tu ra , e di sco­ p rirn e i p iù a rc a n i se g reti. L a s c o la s tic a , ch e uno s c r itto r e ch ia m a la J e u d a lità del p e n siero, c o n s id e ra ta s o tto u n c e rto r i s p e t t o , fu c a u s a di g ra n d i a b e rra z io n i. Essa p ie trific a v a , a d ir c o s ì, il v e r o , g u a rd a n d o lo n o n g ià n ella c o sc ie n z a c h e si muove e p r o g r e d is c e , m a in c a s tra to in c e rte form ole im m obili e tra d iz io n a li; e s s a tra s a n ­ d a v a la o ss e rv a zio n e e 'a e sp e rie n za . M a quelli che la s fa ta n o in te r a m e n te , senza te n e r co n to dell’ a m m irab ile p re c isio n e delle sue fo rm o le, e de’ g ra n d i v a n ta g g i ar­ r e c a ti a lla scien z a, m o s tra n o di v e d ere a s s a i c o rto . 11 L eib n itz e l’H eg el ch e la loda­ ro n o , non la in te se ro così. L ’ in g eg n o a d d e s tr a to e d isc ip lin ato d a e s s a sen ti in sè n u o v a v ig o ria ; se n tì nuove fo rze e biso g n i ; sen tì la n e c e s s ità di m e tte rs i s o p r a un ’ al­ t r a v i a , e in v e s tig a n d o la n a tu r a c o lla o sse rv a z io n e e la e s p e rie n z a , p o tè en tra re n elle s e g re te c o se di essa.

(**) Si a llu d e a lla c eleb re sc u o la m e d ic a di S a lern o .

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Luce in tellettu al piena d’ am ore, A cui volto fu sem p re il tuo pensiero.

A. M u t u i l i .

PASSATEMPO GR AMMATICALE

-2 X I X J -

---c W ptojl tjtu 6 ej> p o O fiv io ti t f òuo a n ti---c o S a u u i e f o S t---c---co .

Salerno, il dì del capo d' anno, 1876. C aro B eppe,

Le g ra m m a tic h e , com e s a i , non le g u a rd o di g ra n buon o c c h io , essendomi avviso ch e torni m eglio a le g g e re u n a p a g in a di qual esso sia de’ nostri C la s s ic i, ch e cento di q u alsivoglia g ram m atica. P u r e , quando mi d esti a d isam in are gli Elem enti di gram m atica italiana per Carlo Jacobelli, a fa r co sa g r a ta a te, che mi sei tan to buono e diletto amico, di s a n ta p azienza pigliai so p ra di m e questo carico. N on so che ad altri ne p a ia di quegli Elem enti : a m e, te la dico s c h ie tta , non m i hanno 1’ a ria d’ esse re un g ra n ben di Dio ; nè ta li ch e debba venirne oscurata la fam a de’ così fatti lib ri, ch e oggi h an n o più g rid o nelle no­ stre scuole. C essi il cielo che dalle m ie p aro le tu vo g lia a rg o m e n ta re nessun m erito avervi in quell’ o p e re tta : q u alch e novità n e lla disposi­

zione della m a te r ia , c e rta sem plicità di d e tta to , delle o p p o rtu n e av ­ vertenze, qua e là date a’ m a e stri, a ccio cch é tra g g a n o più fru tto d a l- P insegnam ento della G ram m atica ; i p regi sono di quel libro : m a tai pregi non iscusano c e r ti, piuttosto g ra v i c h e le g g ie r i, difetti. L ascio dall’ un de’ lati che in esso tu vi trovi anzi m eno ch e più di quanto è re g istra to nelle g ram m atich e ita lia n e , che corrono p e r le m ani d e’gio­ vani ; m a vi cerchi indarno di m olte c o s e , ch e p u r sa re b b e ro im p o r­ tan ti a n o tare : vi leg g i rip etu to che la G ra m m a tic a in se g n a a p a rla re e scriv ere c o rre tta m en te : e, quel eh’ è p iù , c e rte cose le vedi sp o ste in modo oscuro o falso o m onco o inesatto. Eccom i se n z ’ a ltro alle pruove.

Incom incia la m a te ria g ra m m atic ale con N ozion i prelim in a ri intorno alle spècie delle p aro le : poi seg u ita tosto la v ariazio n e de’ verbi Es­ sere ed A vere e di tre verbi re g o la ri delle tre coniugazioni. B uon m e­ todo mi p a r cotesto, tenendo a n c h ’ io la variazio n e de’ verbi p e r la p rim a c o s a , in cui si voglia e se rc ita re i g io v a n e tti, ch e incom inciano a stu ­ diar G ram m atica. M a sino d a queste prim e p ag in e ti viene sco rto qualche m an cam en to o in esattez za. Mi p asso c h e , chi pigli a tr a tta r e qualsiasi a rte o d is c ip lin a , debba innanzi a d ogni a ltr a co sa farm en e conoscere la m a te ria , 1’ ufficio e le partizioni ; e ch e non mi p a r vero e chiaro il dire, com e fa l’ A u to re , che le p erso n e del vei’bo sieno Io

(13)

e N oi, Tu e Voi, Colui e Coloro : m a non p osso ta c e re d’ av erm i re ­ ca to m a ra v ig lia ch e il Jacobelli non ab b ia accolto in c a s a T O ttativo. E ’ fo rse cred e ch e 1’ O ttativo e il C ongiuntivo sieno u n a so la p e rso n a : a m e, p e r c o n tra rio , paiono due gem elli, non m ica u n a p e rso n a sola. Vero è ch e a p rim a g iu n ta ti sem b ran o in d iscern ib ili: m a poi, se agu zzi verso loro le eiglia, Come vecehio sartor f a nella cru n a, ne raffiguri il volto un po’ distin to e 1’ a sp e tto : a vederli cam m in are, il C ongiuntivo debo- luccio e s b ile n c o , coni’ egli è , v a , se m p re so ste n en d o si a l braccio di q u a le’ a ltro suo fratello ; e 1’ O ttativo, se n ten d o si ben e in g a m b e , vuole a n d a rn e d a s è , libero e fran co : ove poi li o d a p a r l a r e , con voce di­ stin ta ti significano ben d istinti p e n sie ri ed affetti. E , u scen d o di m e­ ta fo ra , dico ch e, a p e n sa rc i u n po’ su, ti vien veduto ch e g ra n d issim a differenza di significato è d a ll’ uno a ll’ a ltro ; ch e il C ongiuntivo è modo sem p re d ip e n d e n te , e 1’ O ttativo in d ip en d en te ; e ch e le voci d e ’ due m odi non sono sim iglianti in tu tto : p ero cch é q u ella, e h ’ è p re se n te nel- 1’ O ttativo, nel C ongiuntivo è im p e rfe tto , e q u e lla , c h e n e ll’ O ttativo è futuro, nel C ongiuntivo è p re se n te. Oh fo ssero p iù pro sp ere le nostri so rti! — Iddio conservi lungamente a ll’ Italia Giuseppe G a rib a ld i!— Così non fo sse morto Camillo Cavour ! — Mi dica in s u a b u o n a fè il Ja c o ­ belli, se in q u este e sp re ssio n i s e n ta o no q u alco s’ a ltro , c h e non è nelle so m ig lian ti a quelle : — V orrei che fossero p iù prospere le nostre sorti— D esidero che Iddio conservi lungamente all' Ita lia Giuseppe G aribaldi— V orrei che non fo sse morto Camillo Cavour. — N on so g g iu n g o (chè gli farei torto) le proposizioni n e ’ prim i esem pli s ta r e tu tte d a sè : laddove n e ’ secondi esem pli quelle m edesim e proposizioni son tu tte dipendenti. A n c o ra — Oh fo s s i io dotto ! — Iddio ti conceda lunga vita e felice ! — non sono qu esti due m iei desiderii 1’ uno di c o sa p re se n te e 1’ a ltro di c o sa fu tu ra ? O r la voce fo ssi, che qui, com e O ttativo, è p re se n te , nel C ongiuntivo è im p erfe tto ; e la voce conceda, che q u i, com e O ttativ o , è futuro, nel C ongiuntivo è p re sen te. V ero è ch e nel C ongiuntivo l’ im per­ fetto s’ a d o p e ra a n c h e a sig n ificar tem po p re se n te o f u tu r o , e il p re ­ se n te s ’ a d o p e ra bene a lc u n a v o lta a in d ic a r tem po fu tu ro ; m a ciò nè p on nè leva. E, rite n g a si pu re ch e in ita lia n o , com e in la tin o , il C on­ giuntivo non si d istin g u a d a ll’ O ttativo p e r la fo rm a , non si p o trà ne­ g a re ch e sono t r a loro distinti p e r il v alo re e il significato : le quali due cose a p punto, più ch e la d iv e rsa term in azio n e, fanno ch e n e ’ verbi 1’ un m odo si d istin g u a d all’ altro.

L eg g e n d o più a v a n ti, v eggo ch e le voci del p re se n te del C ongiun­ tivo si fanno v a le re a ltre s i pel futuro : e questo è vero. M a p erc h è h a m ai l’ A u to re sc a c c ia to q u este a ltre voci del futuro del C ongiuntivo — Sia p e r e sse re — A bbia ad essere — Debba essere — Sia p e r a vere—Ab- bia ad avere — Debba avere — Sia p e r p a rla re — A bbia a p a rla re — Debba parlare e c c e te ra ? — Se dico b e n e: — Spero che dom ani il mio amico A b­

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b i a il posto desiderato ; — non dirò forse p u r ben e : — Spero che dom ani il mio amico S ia p er A v e r e o A b b ia ad A v e r e il posto desiderato ì M a cademi dell’ animo ogni m a ra v ig lia che l’A u to re sia così in g ru g n ato con queste forme e le sc acc i tan to d u r a m e n te , quando v eg g o e h ’ egli non ha nella sua ta v o la la sc ia to un posticino nè a n c h e a ’ futuri d ell’ Im pe­ rativo e del Condizionale. G ià a questi lumi di lu n a m e tte r ta v o la p e r molti costa un occhio d’ uom o ! So ch e co sa mi direbbe qui il Jaco b e lli: ma p e rc h è , dico i o , non h a n o tato che le voci del fu tu ro dell’ Indi­ cativo , salvo quella di p e rso n a p r i m a , valg o n o eziandio p e r il futuro dell’ Im perativo ; e che le voci del p re se n te del C ondizionale servono anche ad esprim ere il futuro ?

Un altro p asso , ed en triam o p ro p ria m en te n el cam po g ra m m a tic a le del Jacobelli. P ic c o lo , caro B e p p e , è questo cam po : anzi m inor di quello che p o sseggono gli a ltri G ram m atici. E p u re sai c h e m ’ h a detto quel buon C a r lo , q u an d ’ io stav o p e r m e tterci d en tro il p ie d e ? — Tu entrerai in un cam po v astissim o , dove sono d’ ogni s o rta alb eri e fru tti: e, se non v’ h a 1’ albero d ella scien za del b e n e e del m ale, i fru tti del mio campo dànno in vece la scien za di p a rla re e sc riv ere c o rre tta ­ mente. — Mi figuro che quel buon C arlo abbiam i qui, p e r baia, voluto far dello sp acco n e, p a ro la e vizio a ’ N ap o letan i a ssa i g ra d ito : p e ro c ­ ché egli sa che ben altro cam po, che non sia il su o , m en a que’ fru tti: è il campo de’ b a rb a s s o ri d ella C ru sc a : è il cam po d e’ P rin cip i d ell’ Ita ­ lia le tte ra ta : cam po davvero v astissim o a p e rd ita d’ occhio e pieno di tutti gli alberi più belli e piacevoli a rig u a rd a re , e di tu tti i fru tti più soavi a g ustare. Or, lasciando questo m etaforico sch erzo , io m ’ avviso che la G ram m atica non in s e g n i, com e dice il J a c o b e lli, a p a rla re e scrivere correttamente, m a che insegni solo a ben profferire, bene seri, vere, ben variare, e bene unire le parole. E d eccone le rag io n i : p erch è il nostro p a rla re o scriv e re riesca c o r r e tto , e’ b iso g n a che le p a r o le , da noi u s a t e , sieno non p u re ben profferite o s c r i t t e , b en v a ria te e bene unite ; m a che le sieno parole v era m en te ita lia n e e appieno ri­ spondenti a quello s’ h a in anim o di significare, Se, p e r form a d ’ esem ­ pio, scriv essi : A lcuni soldati defezionarono le bandiere— Quest' è il borro della lettera — L' aceto accomoda lo stomaco — Pessim o genere di cu­ riosità è braccare gli altrui p iù riposti e coperti s e g r e ti, p e r p o i buci­ narli dappertutto — L a fo rtu n a accorda le ricchezze e non le virtù ; — chi s’ intende d ella p u rità e p ro p rie tà di n o stra lin g u a, direbbe se n z ’ a l­ tro eh’ io non ho sc ritto c o rre tta m en te : p ero cch é defezionarono è voce» di form a non d’ uso, ita lia n a ; borro è a ltro d a minuta ; accomoda non è ristora ; bucinare non è buccinare ; accorda non è concede. L ad d o v e 1’ occhio, arm ato delle più fine lenti g ra m m a tic a li, non vi sco p rireb b e nelle m ie p aro le p u r la m en o m a m acchiolina. E p e rc h è quesio ? P e rc h è la purità e p ro p rie tà delle p aro le non s ’ im p a ra d a lla G ra m m a tic a , la

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q u ale si re s trin g e solo a dirci com e le si pro fferiscan o o scriv a n o , come si v ariin o e u n iscan o ; m a s ’ a p p re n d e d al V o cabolario e d a ’ classici S crittori. D all’ acco rd o , d u n q u e , o u n io n e , ch e d ir si v o g lia , di questi due stu d i, e non dal solo stu d io d e lla G ra m m a tic a , n e n a sc e il p a rla re e sc riv e re c o rre tto . O ra il d ire ch e la G ra m m a tic a insegni a p a rla re e s c riv e re c o r r e tta m e n te , non è fo rse uno s p o s ta re i lim iti del suo cam po : u n volerle d a re più di quello ch e le si a p p a rtie n e ? Con le donne, c o m ’ è la G ra m m a tic a, si vuol e s s e r c o rte si, m a n o n in g iu sti e a d u la ­ tori. Di q u este co se tu sa i qu an to b e lla m e n te e g iu d izio sam en te ne di­ sc o rre L eopoldo R odinò n e lla P refazion e a quell’ a u re a s u a o p e r e tta , e h ’ è il R epertorio p e r la lingua italiana di voei non buone o male adoperate.

P ia n o a ’ m a ’ p a ssi, c a ro il m io S am u ele; p a r e h ’ io ti o d a qui dir­ m i: lo studio d ella G ra m m a tic a , com ’ o ra s ’in ten d e d a ’ dotti n e lla scienza de’ lin g u a g g i, non a n d re b b e distinto dallo studio d e lla lin g u a. C hi, di f a t t i , stu d ia co ’ nuovi m etodi la g ra m m a tic a sp eciale di u n a lin g u a , a p p re n d e la s to ria d elle p a ro le a p p a rte n e n ti a quella, le loro tra sfo rm a ­ zioni e a tte g g ia m e n ti d iv ersi secondo i tem pi e i luoghi, e le p a rti onde risu lta n o ; e, m e rc è la osservazione e la com parazione, im p a ra a distin­ g u e re i vocaboli, i m odi e i c o stru tti p ro p ri di u n a lingfca d a quelli che a p p a rte n g o n o a d a ltre . O nde, p e r v a le rm i dello ste sso tu o esem pio, il d ire — A lcu n i soldati defezionarono le bandiere — è c o n tra rio s ì alla n o s tra lin g u a , sì a lla g ra m m a tic a sp e c ia le di e s s a ; la q uale, pigliando le m o sse d al d efeere d e ’ L a tin i, fa v e d e re com e q u e s ta p a ro la s ’ è venuta tra sfo rm a n d o , e com e s ’ è c o n n a tu ra ta con u n a d elle lingue ro m an ze, la f r a n c e s e , ed è s ta ta rifiu ta ta d alle a ltre , e p a rtic o la rm e n te d a ll’ ita­ lia n a .— B enissim o ! Mi v a il tuo ra g io n a m e n to e mi p e rsu a d e . M a, dimmi, ca ro B ep p e: secondo il m etodo ch e s ’ è te n u to fin o ra, e tu tto d ì si tiene d a ’ p i ù , nello ste n d e re la G ra m m a tic a , vi s ’ im p a ra a ltro ch e a ben p rofferire, bene s c riv e re , b en v a ria re e bene u n ire le p a ro le ? Lo studio d e lla G ram m atica, dunque, com e g e n e ra lm e n te si tr a tta , v a distinto dallo stu d io della lin g u a : e però mi se m b ra c h e a n c h e il m io rag io n am en to , p o sto di s o p ra , fili a capello.

B ello e so llazzevole a s s a i, ca ro B ep p e, s ’ è a ra g io n a re sch erzan d o co’ v eri am ici: m a p ro p rio o ra mi c o rre a lla m en te il S it m odus in re­ bus. O nde, p e rc h è q u e sta m ia le tte r a non tr a s c o r r a in n o io sa lu n g a g n a ta , d a qui in poi ra c c o g lie rò in più b rev i p a ro le le a ltre o sserv azio n i, che mi paiono d a d o v ersi fa re in to rn o a q ue’ b e n e d e tti Elem enti.

A p a g in a 23. leg g o : — I l compimento indiretto è sem pre dipendente da una preposizione. — P a rm i c h e con più e s a tte z z a si d ireb b e: Il com­ pim ento in d ire tto è se m p re p re c e d u to d a u n a prep o sizio n e e s p re s s a o s o ttin te s a : p e ro c c h é q u esto com pim ento non d ipende p ro p ria m e n te d alla p re p o s iz io n e , m a , p e r m ezzo di q u e s t a , d a lla p a r o l a , onde com pie il significato. — I l buon figliuolo obbedisce a' genitori. — qui il nom e g e ­

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nitori non dipende p ro p riam en te d a lla p reposizione a , m a dal verbo obbedisce, la cui azione a d esso nom e si ra p p o rta . E ciò è ta n to vero, che si può anche dire: — I l buon figliuolo obbedisce i genitori. A pa­ gina 25. leggo: — La proposizione, considerata sola nel discorso, è com­ posta, quando il soggetto o l’ attributo sono espressi da p iù termini. —

A me sem bra che non solam en te più so g g e tti o più attrib u ti facciano

composta una proposizione, c o n sid e ra ta da sè, m a a n c o ra più o g g etti, 0 più compimenti in d ir e tti, n e c e ssa ri a re n d e r com piuto il sen so di quella. Mi dica il Jacobelli, sff gli paiono o no proposizioni com poste le seguenti : — Il vero amico non rifiuta niuna fa tic a e niuno affanno p er l’ altro amico — Cicerone diè opera alla filosofia e all’ eloquenza. — N ella stessa pagina l e g g o : — Le p a rti del discorso sono il Nom e, V A rticolo, l’Aggettivo eccetera. — P e rc h è distin g u e re Y A rticolo d all’ A ggettivo ? 1 m eglio accu rati g ram m atici non la fanno più q u esta distinzione^. E ra­ gionevolm ente : s e è m odificazion di quantità Q u esto libro — A lc u n i libri — D ieci libri; o non è forse pur m odificazion e di quantità II libro Un libro ? — A p a g in a 28: — Gli accidenti o variazioni de’ nomi son due, Genere e Num ero. — E 1’ A lterazione ? N on è e s s a pure un a ccid en te o variazione d el nom e? E, a p agin a 31. p erch è m ai l’A u to re, parlando de’ nomi irregolari c ’ hanno due u scite al plurale, in i e in a , non o s ­ serva, com e fanno i m igliori g r a m m a tic i, c h e q u este due u sc ite le si possono dare a que’ nom i, ove si u sino n el loro proprio s ig n if ic a to , e non g ià nel m etaforico? C erto qualunque g io v a n etto di le g g ier i intende e sser e un errore: Le Membra, del P arlam ento Le C e r v e l l a s t r a n e — Le F r u t t a dello studio o del lavoro. — A p a g in a 32. fra’ nom i com p o­ sti, ch e sono invariabili in am endue le parti, s ’ a llo g a n o a ltre sì Dabbene e Dappoco, notando però ch e sono a g g ettiv i. — M a p erch è, dico io, si son voluti ficcare tra’ nom i? E, a llogati pur lì, p erch è m ai non s ’ è no­ tato ch e que’ due a g g ettiv i ponno eziandio variare ? — E M adreperla , il mio buon Carlo, varia e no, a p iacere, in tu tte e due le parti, e non, com e tu di’, so la m en te n ella se co n d a parte. — A p a g in a 37. d isco rren ­ dosi i m odi d’ esprim ere in determ in atam en te il n om e, vi si fa so lo pa­ rola d egli articoli in determ in ativi Un - Uno - Una, e d elle p rep osizion i articolate D el - Dello - D ella per il sin golare , e De' - D egli - D elle per il plurale. M a, oltre a q u esti m o d i, v e n ’ h a pure un a ltr o : quello di far sen za di ogn i articolo. A N a p o li, città b e llis s im a , p op olata, indu­ striosa e com m ercian te, vi si v i e n e , caro J a c o b e lli, per tan te e tan te cose, fino per isco m p iscia rsi d elle risa con quel rid ico lissim o P u lcin ella del S. Carlino: il q uale non else a’ g esti e a lle p a r o le , m a ti r ie sc e so l­ lazzevole cotan to ezian dio a ll’ abito, ch e è m a sc h e r a n era con isperti- cato n asaccio su l v iso , b erretton e a con o in c a p o , in d o sso c à m ic e b ia n c o , su ccinto a ’ lo m b i, con cordiglio da f r a t e , largh i ca lzo n cio n i sversati intorno a lle ga m b e e u satti n e’ piè. H ai tu forse n u lla a notar

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su q u e st’ abito di P u lc in e lla , co si sc u sso e spoglio di ogni articolo di m o d a ? A m e duole però ch e m ’ a b b ia a n c o ra a d ir q u alco s’ a ltro sui tuoi Elem enti di gram m atica italiana.

E c c o qui: a p ag. 40. le g g o c h e V A ggettivo qualificante può essere d i tre gradi: P ositivo, C om parativo, Superlativo: & p ag. 42. c h e il Su­ p erla tiv o si f o r m a , mutando in issimo l’ ultim a vocale del P ositivo : a p ag. 47. c h e Qualsivoglia, Q ualsisia, Qualunque sono aggettivi determi­ n a tiv i, e N iuno, Nessuno, N ullo sono aggettivi universali: a p ag. 49. che Io, T u , Se sono p ro n o m i asso lu ti, ed E g li, E lla p ron om i indicativi: a p ag. 53. c h e il gerundio e U infinito vogliono l’ affisso dopo e non mai p rim a : a p a g . 56. c h e il dire L ei in luogo d i E lla e L oro in cambio di E glino ed Elleno sia errore da cau sare; e c h e solo p o trà usarsi La e Le accorciativi di E lla e Elleno, dicendo: L a come sta o Le come stanno in salute? — a p ag. 59. c h e il pronom e Desso può essere adoperato so­ lam ente come soggetto, e vi s i a lle g a per con ferm a q u esto esem p io — E g li è D esso; e c h e il pronom e A ltr i pu ò solo adoperarsi come soggetto e compimento oggetto: a p a g . 60. c h e Chicchessia significa Chiunque; e c h e Taluno manca d i plurale. A n c o r a , a p a g . 68. e c c o ti il co m e vi si d iscorre d el P a ssa to A nteriore d el V erb o e d el P a s s a to P iu cch ep erfet­ t o :— Il P assato A nteriore afferma V azione accaduta in un tempo pas. saio perfettam ente innanzi ad un altro tempo anche pienam ente trascorso. Esem. Come tornai a casa F u i Visitato da non p och i amici. — I l Pass. Piuccheperfetto afferma azione p assata innanzi ad altra azione anche passata. Esem. Tu che Eri Stato Punito, fo s ti perdonato. — A pag. 70. d el P articipio si le g g o n o q u e ste p arole : — Il participio può essere pre­ sente, passato e fu tu ro . Il participio presente term ina in nte : il participio passato in to o so: il p art. fu tu ro in uro. F in a lm e n te a p ag. 90. leggo: F ra g li A vverbi con la term inazione in mente, q uelli, c h e n a sco n o dagli A g g e ttiv i in e , si fo rm a n o troncando essi aggettivi.

C he te ne p a re , il mio B eppe? N on ti p a r egli ch e qui se n z a una discrezione al m ondo si piglino g r a n c h i , g ra n c ip o rri e farfalloni ? — Senti o ra ch e m ’ è a c c a d u to , m e n tr’ io sc o rre v a quelle p a g in e , e ridi. A un punto, com e fanno i polli, quando bevono, ho lev ato il cap o dal libro : non s a p re i o ra r i d i r t i , se p e r isv a g a rm i un po’ , o p e r rum inar le co se lette. E cco, tu tto a un t r a t t o , la m en te m ia n ’ è a n d a ta pere­ g rin a n d o s tra n a m e n te : è c o rs a in p rim a alle o p ere del G ioberti, e, tra le m olte, s ’ è fe rm a ta a lla Teorica del Soprannaturale, e seg n atam en te n e ll’ A rticolo III.0 del D iscorso prelim in are alla seconda edizione , ove quel celeb errim o n o stro filosofo p one a n a fila te ra di tre n ta im posture del S ignor Z arelli. Di là è v o la ta la m ia m ente, in R om a, su lla Piazza d e lla M in e rv a , nel cui m ezzo lev asi in alto u n obelisco eg iziano, che d a non so q u al cap o sv e n ta to fu p osto in su l dorso di un elefan te d‘ m arm o . Al to rn a r d ella m en te, m ’ ho fa tte d a p rim a le più g ra n d i ma­

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raviglie di cosi stran o p e re g rin a r del mio p en siero : poi m ’ è cad u to in fantasia d’ in v estig are se in tal co n g iu n tu ra fosse dentro di me se g u ita quella che chiam ano assoeiazione cT idee : ed ho tro v ato la co sa s ta r cosi appunto com’ io s o s p e tta ta 1’ av ea. A scoltam i e vedrai. N on a p ­ pena un di fui giunto in su la P ia z z a della M in e rv a , ch e mi posi li fermo ad o sse rv are 1’ obelisco e 1’ elefan te: q u an d ’ ecco ven ire u n a bri- gatella di giovanetti e s o s ta re dinanzi a quel m onum ento. U no tr a essi, più degli altri vispo, e d a ’ cui occhi lucenti tra s p a riv a 1’ ingegno p re ­ còce, voltosi a suoi com pagni, cosi p rese a d ire : Miei c arin i, sta m a n e , quando il P rofessore h a sp ieg ato i g ra d i dell’ A g g ettiv o e ci h a detto che il Positivo non è g rad o , m a è 1’ A ggettivo puro e sem plice, il quale chiam asi con questo nom e, p erch è su di esso poggiano e s ’ innalzano il C om parativo e il S u p e rla tiv o , ch e sono i soli g ra d i dell’ ag g ettiv o di qualità; io mi son fig u rato n ella fa n ta sia q u e st’ elefante e q u e st’ obe­ lisco, ed ho detto fra m e e m e: il Positivo si può rasso m ig lia re a ll’ ele­ fante che so stien e 1’ obelisco, e il C om parativo e il Superlativo all’ obe­ lisco so sten u to d a ll’ elefante. — A tali paro le scoppiarono in g ra s s e risa que’ g io v an etti, e co si ridendo proseguirono lor cam m ino. Risi a n c h ’ io ed am m irai 1’ ingegnoso fanciullo. R isp etto poi a ll’ a ltr a cosa, non in­ tendo g ià dire che le im posture del Sig. Z arelli abbiano punto ch e fare con le in esattezze g ram m a tic ali del Sig. Ja c o b elli; m a 1’ a sso n a n z a dei cognomi credo abbia dato quel corso un po’ stra n o a ’ miei pensieri. Onde, vo’ proprio dirti tu tta la verità, mi cad d e a llo ra in m ente d’ inti­ tolare questo mio scritterello — Cicalata su m illanta scappucci del Si­ gnor Jaeobelli. M a cacciato subito via quel b ru tto p ensiero, rim asi do­ lente d ’ av e r trovato tan te im perfezioni in un libro, sc ritto a d uso d e’ giovanetti.

D a ta , in f a t t i , a quel modo la re g o la d ella form azione del S uper­ lativo, d a Ricco, A n tico, Vago si form erebbe Riccissim o , A nticissim o, Vagissimo : nè da. Savio, P ro p rio , Necessario p o treb b e fo rm arsi Savis­ simo, P roprissim o , Necessarissimo. Dicendo io : — Qualsivoglia popolo ha una religione — determ ino forse un popolo p a r tic o la r e , o non a b ­ braccio tu tti i popoli della te r r a ? Se I o , T u , S è , vogliono ch iam arsi Pronom i asso lu ti, p erch è, com e dice T A u to re, hanno rapporto solo con. la prim a, seconda e terza persona ; Egli ed E lla h an n o p e r a v v e n tu ra rapporto con a ltr a p e rso n a , che non sia la te rz a ? P e rc h è , s ’ e’ voleva c an sare le troppe divisioni e suddivisioni, non h a distinto tu tti i P ro ­ nomi, in P ersonali e non P e rso n a li, in A ssoluti e R elativi ; ponendo , fra’ R elativi, Quale, Che, Cui, Chi e Chiunque, ch e fanno di lo r n a tu ra secondaria la proposizione, e, fra gli Assoluti, tu tti gli altri, com e quelli che non hanno verun potere sul valore di e ssa proposizione, m a la lasc ian o come la trovano, p rincipale o sec o n d a ria che s ia ? — N on Mi volendo o per non Mi volere stillare il cervello, ho messo da canto quell’arru f­

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f a ta matassa ; — c ’ è fo rse qui sb ag lio n e lla collocazione d e ll’ affisso Mi ? — E p e rc h è l’ A utore h a sp u ta to così tondo tondo, ch e il Gerundio e V Infinito vogliono l’ affisso dopo e non m ai p rim a ; tra la s c ia n d o di n o ta re che, ove p re c e d a la n eg azio n e, ponno a n c h e gli affissi preced ere?

E qui, il mio buon C arlo, c o n s e n tim i, di g r a z ia , u n ’ a ltr a in te rro g a ­ zione. H ai tu m ai p a s s a to il T e v e re e 1’ A rno ? — No. — D av v ero ! Un p re te , com e te, non h a veduto a n c o ra il S. P ie tro e S. M a ria del F iore! Oh ! se tu se n tissi con q u a n ta g ra z ia e b ellezza e so a v ità di fa v ella le fo ro se tte ro m an e e fiorentine dicono in te rro g a n d o : È stato L e i a ve­ dere il S. P ietro ? — H a L e i passeggiato il P ineio, delizioso e ameno la/i- to ?Sono andati L oro ad osservare la G alleria degli Uffizi ì Vanno L o ro sul P ia zza le M ichelangelo ? — E a sì dolce e so av e m u sic a di favella a v re s tù cu o re di d a r loro in s u lla voce , ta ccian d o le di sb a g lio ? Oh ! se 1’ o sassi, te m e re i ch e, di b otto sm e tte n d o q u ella sin g o la re u rb an ità ro m a n a e fiorentina, non ti fa c e sse ro il viso dell’ a rm i e ti m an d assero a lla m alo ra. So ch e mi p o tre sti qui d ire : U n a v o lta di q u attrin i da sp e n d e re i p re ti n ’ av ean o m olti e so n a n ti e b a lla n ti : m a o ra , ora.... e p o i, p e r m o n eta, c e rti stra c c i d a cenciaiuolo ! — H ai rag io n e. P azienza! T em pora et mores m utantur, — M a non è d isp e ra to il caso . Se vuoi udirm i, eccoti p ro n to ed efficace il com penso : a N ap o li v’ h a bibliote­ c h e omnibus piene zeppe d’ ogni s o r ta libri : non dubito ch e non vi sia la G ram m atica italiana di M ichele M e lg a , di quel caro g io v an e ahi ta n to im m a tu ra m e n te rap ito alle le tte re e a ll’ onor d e lla p a tr ia com une! e il D izionario d i prete si fra n cesism i di quel buon P ro sp e ro V iani, che Iddio ci co n serv i lu n g a m e n te ! A nzi, p e rc h è a m e e n tra d’ a s s a i, ed amo e h ’ e n tri a n c o ra a te q u ella m assim a q u a ttrin e sc a , oggi ta n to in v o g a — I l tempo è danaro ; — vo’ fa rti eziandio g u a d a g n a re un m iccin di tem po, e ti noto p e r fino la p a g in a di q ue’ libri : ove a le tte re di sp eziale leg­ g e ra i, c h e quelle voci, p e r S oggetto, m a ssim e nello stil fam ig liare, sono e d ell’ uso vivente e d e’ m igliori C lassici d ella n o s tr a le tte ra tu ra . V. N uova G ram m atica Italiana del Cav. M ichele M e lg a , terza ediz. pag. 165-166. D izionario di P retesi F rancesism i di P rospero Viani, Firenze, Le M onnier, voi. II. p a g . 7 9 -8 0 .

E ccom i di nuovo a te, c a ro B eppe.

E a chi ra m m e n ta n d o si di F ire n z e non o cco rre to sto il nom e del più g ra n d e ed infelice suo fig lio , del so v ran o p o e ta D an te A lighieri ? E sai tu quali v e rsi d ella D ivina C om m edia m i s ta n n o se m p re fitti in m en te ; sicch é d a lla p rim a v o lta ch e li le s s i, non m e n ’ è uscito n ep­ p u re u n a v irg o la , forse p e rc h è vi s ’ a c c e n n a a c o sa c h e rip e te si tuttodì fra noi ? E ccoli :

C o m e le p e c o r e lle e s c o n d e l c h iu s o A d u n a , a duo, a tr e , e 1’ a l t r e s t a n n o T im id e tte a t t e r r a n d o l ’ o c c h io e '1 m u s o ,

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E c iò c h e f a l a p r i m a , e l’ a l t r e fa n n o < A d d o s s a n d o s i a lei s ’ e lla s ’ a r r e s t a , S e m p lic i e q u e te , e l o ’m p e r c h è n o n s a n n o : Si v id ’ io m o v e r , a v e n ir, l a t e s t a D i q u e lla m a n d r i a f o r t u n a t a a ll o t t a , P u d i c a in f a c c ia , e n e ll’ a n d a r e o n e s t a ,

E sai pure qual m andria di uom ini si te n g a più al co stu m e delle pe­ corelle di D ante? L a m andria de’ G ram m atici e d e’ V o cab o laristi. Quello che dice il p rim o , tei rip e te il secondo, il terzo, il q u a rto , il quinto e via : di g u isa che, ove d ato ti fosse di p o terli m e tte re tu tti in f i l a , le loro mille voci non ti so n ereb b ero p e r a v v e n tu ra c h e u n a voce s o l a , dolce e arm oniosa, o a s p r a e in tro n a n te , non so, m a anzi qu esto ch e quello. Ond’ io ta lv o lta ho d etto fra m e e m e : qual m odo più agev o le e spicciativo di re n d e rsi ch iaro , con u n a nom ea di g ra n linguaio, che compilando u n a g ra m m a tic a o un vocabolario ? S areb b e fa c c e n d a d a copista e n u lla più.

Ti d ic e v o , d u n q u e , ch e i G ram m atici e i V o cab o laristi p o s s o n o , più che altri, co m p a ra rsi alle pecorelle di D ante. Si vuol perù fare u n a eccezione risp e tto a Desso , sul quale m olti e v ari sono i p a re ri : Chi lo vuole A g gettivo e chi P ronom e : chi gli d à il significato di E gli stesso, Quello pro p rio , Quello stesso, pro p rio Quello , e chi eziandio di Esso, Egli, Quegli, Questi: chi lo rife risce solo a p e rs o n a , e chi pu re a c o sa: chi opina ch e s ’ accom pagni so la m e n te co’ verbi E ssere, P a ­ rere, Sembrare; e chi con a ltri verbi a n c o ra : chi dice ch e p o ssa u sa rsi come attributo e soggetto, e chi solo com e a ttrib u to . Al Jacobelli è sem ­ b rato altrim en ti, e pone che s'adopera solo come soggetto. C redo ab b ia qui sbagliato il tipografo : all’ opposto, con gli esem pli d a lui ad d o tti — E gli è De s s o — Tu mi sembri De s s o— dato si sa re b b e della p ro p ria sc u re in sul piè. M ’ è piaciuto al proposito rile g g e r quello ch e intorno a Desso pone il G herardini nella preziosa su a o p e re tta d ell’A ppendice alle gram ­ matiche italiane ed il Viani in quell’ a rc a di filologico sa p e re , e h ’ è il D i­ zionario d i pretesi francesism i. D isam inata alq u an to p o n d e ra ta m e n te la cosa, m ’ è p aru to di dover venire a queste con clu sio n i: C he Desso v a lg a Egli stesso, Quegli p ro p rio , Quello stesso, p ro p rio Quello, e sem plicem ente Egli, Esso, Quegli, Questi : c h e sia P ronom e di p e rso n a e di c o sa: ch e si p o ssa a d o p e ra re com e so g g etto e attrib u to : c h e p o ssa acco m p a­ g n arsi co’ verbi Essere, Sembrare, Parere, e con a ltri verbi an c o ra . Ho im broccato , si o no ? A ’ linguai 1’ ard u a sen ten za. In ta n to eccoti u n a g erla di esem pli, tu tti c lassici classicissim i, alle g a ti d a l G h erard in i, m olti de' quali ho voluti rile g g e re n e ’ propri luoghi — M essere, cosa che non fosse mai stata veduta, non ci crederei io sapere insegnare... Messere Ermino disse : Deh, io ve ne priego, ditemi quale è De s s a. — Boce. gior. 1. nov. 8. (Q u i certo la voce Dessa non vale Quella stessa , proprio Quella ; m a ci s ta sem plicem ente p e r Essa, cioè Essa cosa, ovvero p e r

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Questa o Quella, c io è ’ Questa o Quella cosa. È P ro n o m e di c o sa e Sog­ g etto . ) D eh guarda (diceva u n a d o n n a alle su e co m p a g n e ) come alla cotal donna stanno bene le bende bianche e i pa n n i n eri... Quale è Dessa d i quelle molte che colà sono ? Id. Corb. (Cioè, Quale è E lla , o Quale è Colei, fra le molte che colà sono ì — Qui è P ro n o m e di p e rso n a e Sog­ g etto.) M a io temo... che i paren ti suoi non la dieno prestam ente ad un altro, il quale fo rse non sarai Desso tu. Id. gior. 10. nov. 8. (E qui p u re la voce Desso , anzich é esp rim ere Quello stesso , Quello p r o p r io , non significa nè più nè m eno del sem plice Quello : cioè il quale forse non sarai tu Quello. — È P ronom e di p e rso n a e A ttributo.) E la cinse (quella te rra ) di m ura e dentro e fu o ra , E perchè Desso si chiamò Co- ra c e , Scoriò lo nome e nom inolla Cora. — Virginio Lauriente da Cori, citato d al P e rtic a ri, n e ll’ApoZ. D ant. (Cioè, E perchè Eglisi chiamò Co- race ecc. N è ci h a che fare il Quegli stesso. Qui è P ro n o m e di persona e S oggetto.) M a o sia f r a terra o in sul mare che occorra fa bricare per le ville, é da cercar che sia V acqua vicina.... perciocché Dessa è la vera anim a de’ giardin i, degli orti e de’ cam pi. Soder. A gric. (C ioè, percioc­ ché Essa a c q u a è la vera anim a de’ g ia rd in i eccet. Qui è P ronom e di c o sa e S oggetto.) Sì nel mio p rim o occorso onesta e bella Veggiola in se raccolta e sì rom ita, Ch’ io grido : E lla è ben Dessa. P etrar. nel Son. T ornam i a mente. ( Qui significa Quella stessa , Quella proprio. E P ro n o m e di p e rso n a e a ttrib u to . ) Il gentile uomo e la sua donna.... fu r o n contenti.... quantunque loro molto gravasse, che quello, di che du­

bitavano, fosse De s s o. Bocc. gior. 2. nov. 8. (Qui v ale p u re Qu e l l o p r o p r i o. È P ro n o m e di co sa e a ttrib u to .) M esser Torello.... Vide quelle robe che al Saladino avea la sua donna donate, ma non estimò dover p o ter essere che De s s e fossero. Id. gior. IO. nov. 9. ( C io è , che fossero q u e l l e p r o­ p r i a m e n t e. A n che qui è P ronom e di c o sa e a ttrib u to .) Reputando Apiros f e lic e , desidera d' esser lui ; e tanto in questo il tira il d is io , che già

De s s o si r e p u t a v a. Id. Am et. — I l non suo m arito così morto nella chie- sicciuola veduto, c r e d e n d o l o De s s o veram ente, se g li avventò d i fa tto al

viso ecc. Lasc. Cen. 2. nov. 1. Q uesti due ultim i esem pli holli arrecati, sp ec ialm en te p e rc h è si v e g g a che Desso è u sato p u re con altri verbi, che non sono Essere e P arere.

Uff! C he filastro cco la, dirai, su questo b en ed e tto Desso ! E ne va­ lev a il pregio ? — F o rs e sì, forse no. Anzi mi viene in g ra d o di aggiun­ g erv i alcune p aro le del G h e ra rd in i, ch e paionm i ta n to belle da cac­ cia rti la n oia e la m a tta n a , che p e r a v v e n tu ra ti sieno e n tra te in corpo a q u e sta m ia fila te ra di ciance. E ccole : « A lcuni p e r a ltro fanno smo­ d ato ab u so di questo agevole Desso , ficcandolo p e r ogni b u c o , senza n e c e s s ità , se n z a v a n ta g g io d ’ arm o n ia ; ed a ’ cotali è p u r bene il gri­ d a re un tantino in capo a lc u n a v o lta : non già perchè commettano un e r r o r e , che noi commettono ; m a s ì p e r e sse re sem p re biasim evoli gli

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abusi d’ ogni s o r t a , e sì p e r sentirvisi d a lunge un millio ( lasciatem i dire) il m uschio dell’ affettazione. » A sì belle p aro le non ti sen ti più sol­ levato ? Ebbene, o ra puoi le g g e re più av an ti questo mio cicaleccio , o, se ti piace altrim enti, g e tta p u r d a un canto la le tte ra e a tte n d i ad altro.

Già questa b e n ed etta filastro cca su Desso h a infastidito chi meno mi pensavo. Sospetto non gli ab b ia presi la g elo sia, c u i , quel M onsi­ gnor che se n’ intendeva, chiam ò Cura, che d i tim or ti nutri e cresci.— Altri, Chicchessia, Taluno, il Passato A nteriore, Y Avverbio, il P a rtici­ pio, in quella che la filavo cosi a lungo, mi son venuti d ietro a tira rm i il giubberello, m orm orando q ueste paro le : E h ! sig n o r P ro fesso re , e di noi non si dà più pensiero al m ondo ? C he ! ci h a d im enticati ? Se la tira co si, tem iam o che poi sentendosi s tr a c c o , non voglia più d a re orecchi alle n o stre ragioni. — E ccom i o ra a v o i , p aroline m ie c a re : fatevi innanzi e ciascu n a dica le su e ; m a se la sp a cci e h ! il più b re ­ vemente che può. — Senti, il mio B eppe, quello m ’ h an n o detto, e ridi. Altri. — I m igliori miei padroni si son valuti di m e in tu tti gli uf­ fici di c a s a : il più delle volte m ’ hanno com m esso i prim i uffici, come sono quelli di Soggetto e di Oggetto ; m a in alcu n e congiunture, p erch è forse loro to rn a v a m eglio, an ch e i secondi uffici m ’ h an n o dato a com ­ piere. Il B occaccio, quel sig n o r d a lla ricc h ezza che tu tti sanno, lo fece più volte e lo disse pubblicam ente : Qual fa tto mio mi t' ha tolto e dato Ad Altri ? — Sentendo la reina che Em ilia della sua novella s' era de­ liberata, e che Ad Altri non restava a dire, che a lei.... così a dire in-minciò. — Lo fece pure G iovanni V illani e lo disse : — Si vestieno i gio­ vani una cotta, ovver gonnella corta e stre tta , che non si potea vestire senza aiuto D’ Altri. — Lo fece e lo disse a n c h e il D av an zati : — P e r difenderla dalle fo rze di Cesare o Dì Chi Altri tal dichiarazione offen­ desse. — Lo fece pure il M achiavello e lo disse: — Senza capitano non volevano f a r guerra, né potevano sperare In Altri che nel Duca.

Chicchessia. — A nch’ io fo le prim e parti in com m edia : e però non amo d ’ e ssere scam biato con Chiunque, il quale fa sem p re le seconde parti. A volte, noi nego, sostengo pur io u na p a rte se c o n d a ria ; m a ciò a c c a d e , quando è p re se n te alcun a tto r di c a r te llo , cui si voglia a v e r rispetto e riv eren za. Chi te rreb b e i fischi e gli urli, ove m ’ u d isse prof­ ferir queste p aro le: — Sia ricevuto, Chicchessiavenga — Chicchessia noi conosce, lo tiene onestissimo uomo — P a rli Chicchessia vuole in contra­ rio ? — L addove qui tutti b a tte reb b ero le m ani a Chiunque. Io son io , e valgo Qualunque persona : ed entro sovente nella proposizione prin­ cipale, e ta lo ra nella s u b o rd in a ta ; e Chiunque vale p ro p riam en te Qua­ lunque persona la quale, e s ta sem pre in co m pagnia d ella proposizione secondaria. V ero è che ta lv o lta siam o stati scam biati 1’ un p er 1’ a ltro : ma di scam bi quanto sa reb b e m eglio ch e non n’ av v e n isse m ai ! T a lo ra per iscam bio è co ndannato un innocente o è tolto di v ita un uomo!

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Taluno. — Io m ’ ho indole s tra n a m e n te b iz z a rra ed iraco n d a: e m i son sen tito m o n ta r la stiz z a ; qu an d o il Sig. Jaco b elli h a sentenziato se n z a più, e h ’ io b a sto p e r uno. G ià mi sono a s s a i gli a tte s ta ti che ho qui (li v e g g a , Sig. P ro fe sso re ,) di au to rev o lissim e e rep u tatissim e p e r­ sone, ch e fanno fede del v a lo r mio. Il R u c e lla i, il M enzini, il G iordani, il G h erard in i, il T o m m aséo, tu tti co n co rd an o nel te stim o n ia re c h ’io basto p e r uno e p e r più. N è si dica c h e co sto ro so n m orti d a tem p o ; e eh’io p o ssa a v e r p erd u to d ell’ a n tic a forza e valore. U n valentuom o vivente, non m eno di quelli au to re v o le e re p u ta to , il V iani, s ’ è compiaciuto di v erificare il fatto e b o lla re le loro testim o n ian ze, scriv en d o intorno a l suo bollo qu esto m otto : Chi a t a l u n o nega il plu rale, s'inganna.

V en g a n o p u re c en to Jaco b elli, E p ro v in o di tò rm i d u e cap elli

Passato A nteriore. — Sono un v e c c h io u ffic ia le , e m ’ ho 1’ impiego in su la P refettu ra di N ap oli. H o v ed u to tanti m utam enti d ’ uomini e di c o s e : ed io so n o sta to lì sem p re sa ld o n el p o sto c h e , tanti anni fa, v en n em i a s s e g n a to ; p erch è tutto d ’ un p ezzo ed e s a ttissim o n e ll’ adem­ p im ento d e’ m iei doveri. Son m e sso l i , e noto so v e n te le a z io n i, fatte p oco prim a d el tem po, ordinato a q u elle d e’ m iei c o lle g h i: a vo lte noto pure le azion i, fatte p oco dopo di un altra g ià com p iuta. N iu n o s ’ è mai so g n a to di m utarm i di p o sto , m eg lio o p e g g io c h e fo s s e ; n è m ’ ha s o ­ stitu ito m ai a veru n altro. Ora, non per m a la v o lo n tà , c r e d o , ma per isb a g lio , q u esto S ig. Jacob elli h a ten tato in prim a di sostitu irm i al P a s­ sa to definito d el verb o tran sitivo p a ssiv o Essere Visitato, dicendo ch e F u i Visitato so n o io e non quello: nè s ’ è a ccorto c h e 1’ azione d el visitare g lie la fecero g li am ici dopo e non p rim a d el suo tornare a casa. Io , co m ’ h o d etto p o c ’ anzi, in dico azio n e , fa tta in un tem po , presso c h e d eterm in ato, cio è , p oco prim a di un’ a ltra g ià com piuta: e m i sarei es p r e sso c o s ì :— Come F u i Tornato a c a sa , m i visitarono non pochi amici. — T a lo ra indico a z io n e , c h e s e g u e poco dopo ad un’ altra g ià p a s s a t a , e m ’ esp rim o co si: — P resentata la dom anda al P re fe tto , co­ stui m Ebbe Conceduto di andare a rivedere i miei. L a con cession e d el p er m e sso ogn un o v e d e e h ’ è se g u ita im m ed ia ta m en te dopo alla pre- se n ta zio n d e lla dom anda. D a tutto ciò n e v ie n e un’ a ltra c o s a , pur non b en e a v v e r tita dal Jacobelli, cio è, e h ’ io te n g o un p osto, affatto distinto d a q uello d e l P a s s . P iu c ch e p erfetto : il q uale è m e sso li ad indicare azion e, fa tta prim a di un’ altra g ià co m p iu ta , m a in tem p o indeterm i­ nato. Avevo Scritta la lettera, quando tu venisti — Qui il P a s s . Piuc­ ch ep erfetto in d ica , c h e 1’ a zio n e d ello Scrivere s ’ è fatta prim a di quella d el V enire; m a , s e m olto o p oco, non era su o ufficio in dicarlo. Tengo q uel p o sto li e ci starò. Guai a chi si fa c e s s e v en ir e il ghiribizzo di to g lie r m e lo ! Io mi son uno c' am o la p a c e ; m a s e mi v ie n e la muffa...

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me quel cotale. Io, si s a d a tutti, sono Italian o n ato e sp u tato . S en ta, Sig. Professore, com e profferisco c h ia re e tonde le p aro le che term in an o in ante, ente, lente - A m ante - Temente - Obbediente - Dissenziente. — P e r non so qual suo capriccio il Sig. Jacobelli v o rre b b e e h ’ io rin u n ziassi alla mia diletta p a tria e mi facessi A u striaco o P ru ssia n o o In g lese o che so io. Ieri avutom i a se, prom ettendom i R om a e T om a, quasi quasi ini ci avea indotto ad a b b a n d o n a re la n a ta l m ia te rra . Io , a dirg liela candidam ente, non m e la sentivo d en tro di cam b iare questo bel cielo d’Italia con le nebbie del Settentrione, la m ia c a r a p a tria con istran io paese, ove non ci ho nè p a r e n ti, nè a m ic i, e p e r g iu n ta n e ignoro la lingua. Egli voleva darm i a cre d e re ch e l’ im p a ra re u n a lin g u a s tr a ­ niera sia la più agevol co sa del m ondo : e, venendo a lla p rova, com in­ ciò a farmi pronunziare Parl-nte - Am-nte - Tem-nte - Obbed-nte - D issent- nte\ — le quali, secondo lui, sono le desinenze del P articipio Presente di non so qual lin g u a s tr a n ie r a , e ch e vorreb b e in tro d u rre a ltre s ì nel nostro bellissim o e arm onioso idiom a. Io mi sentivo tan to im pacciato a profferir quelle p a ro le , che ci fu un m om ento e h ’ ebbi p a u ra di di­ ventare un solenne tartag lio n e. A llora in co n tan en te m ’ a c c o m m ia ta i, promettendogli di rito rn a re ; m a non ci son to rn ato , nè ci tornerò m ai più.

Avverbio in mente. — S ì , an ch e m e voleva m a n d a re a P a r i g i , e provò di farm i profferire Grav-mente - Diligent-mente - Voloc mente - Fort- mente — e non mi rico rd a più qual’ a ltra paro la. M a io tem endo non avessi a correre la m edesim a fo rtu n a di quegl’ infelici r a g a z z i, onde in questi ultimi anni s ’ è fatto sì tu rp e m e rc a to ; bel bello svignai e corsi a nasconderm i sotto il grem biule de lla m ia c a ra m am m a.

Participio Passato. — Ah! ora capisco! Dopo che costoro l’ ebbero piantato così in asso , dovetti riscontrarlo io. E r a sv a g a to e strav o lto degli occhi p er form a, che, se non av essi in l u i d ato del gom ito sp ro v ­ vedutam ente, non sarebbesi accorto di me, nè fatto m ’ av reb b e nessun motto. Quanto meglio p e r a v v en tu ra sa re b b e sta to ! Con quelle fìsime che gli andavano p e r lo c a p o , mi disse c o s e , p e r cui d a ieri in qua non più mi ci ritrovo. Sino a ieri avevo sem p re udito dire, ch e di fra ­ telli me n’ avessi un num ero quasi infinito: p ero cch é, oltre a lla g ra n d e schiera di c o lo ro , che p e r d iritta linea e leg ittim a discendono d a ’ no­ stri a n te n a ti, ve n’ h a pu re un’ a ltra , non so se mi dica illegittim a o irregolare. Ma, com unque v ad a la co sa, o ram ai il babbo e la m am m a, vedendoli tanto b elli, se 1’ h an n o legittim ati, e p e r tali son o ra tenuti da tuttiquanti. Dir non è m estieri che legittim i m iei fratelli son tutti q u e’ participii p assati, che discendono dagli Infiniti d e’ verbi re g o la ri, m u tan ­ done la desinenza in a t o - u t o - i t o ; e illeg ittim i, leg ittim ati o r a , tu tti quelli che p e r via di altro m u tam en to escono d a altri Infiniti. O ra se n ta che volea darm i a bere quel Signore : che sono m iei fratelli, legittim i o illegittimi, non ^mel disse, tu tti coloro, il cui nom e finisca in to e so.

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A h a h ! a h a h ! a h ah ! V orrei p ro p rio v ed ere ch e un di mi venissero a s a lu ta re col dolce nom e di frate llo e a l seno m i strin g e sse ro fratel- levolm ente il Vento, lo Stento, il T o rm en to , lo S tiz z o s o , 1’ Impetuoso, H Furioso e ch e so io, p e r non tira r la in lungo.

P articipio Futuro. — Di grazia, Sig. Professore: questo nuovo Gram­

matico è uomo di tem po, o giovane in pieno calore e rigoglio di vita? Io m el figuro giovane di fervida fantasia e grandem ente concitata. N oi siam o non più che sei vecchioni, tutti, com e me, banchi p e r antico p elo , ed abbiamo nome, io, Venturo, e gli altri, Nascituro, Duraturo, Suc-

cedituro, Perituro, Futuro. Sopravvivem m o a quell’ im m ensa ruina del romano impero e della romana lingua e letteratura: perciocché, quando i popoli settentrionali corsero e disertarono le nostre belle contrade, noi fuggim m o a nasconderci entro profonda caverna, ove pochi, ma fed e­ lissim i a m ic i, di tratto in tratto ne visitavano e m antenevano in vita. N ’ uscim mo allora, quando al grido di vittoria, che da Legnano ech eg­ giò festoso e solenne per tutta la P enisola, ci accorgem m o che la n o ­ stra cara Italia risorgeva a nuova vita e più bella. Da quel tempo in poi alcuni generosi non si sono mai dimentichi di noi: e cosi viviamo ancora. Vero è che di rado siam o v is ita ti, com e avviene di tutte le reliquie dell’ antichità: ma nutriamo ferma speranza che, non venendo mai meno n eg l’ Italiani la pietà generosa, vorranno averci per sempre a mente: chè il giorno, in cui venissim o dim enticati affatto, morremmo. Tutti g li altri nostri fratelli morirono e furon seppelliti insiem e con la lingua degli antichi Romani ; i quali ci volevano un bene dell’ anima e ci avevano tanto sp esso in bocca, forse perchè rendevam o più viva im m agine della m aestà e grandezza del loro imperio , e rappresenta­ vam o un desiderio, un augurio, una speranza di sem pre più lieto a v ­ venire. Quel Sig. Jacobelli, udito che siam o vivi noi sei, avrà per a v ­ ventura creduto vivi tutti gli altri, ed ha gridato cosi schietto schietto : Vivono, vivono ancora in Italia i Participi Futuri. — Non è forse la m aggior concitazione di fantasia il dar vita a ’ morti? A quel grido sommi levato del seggiolon e a bracciuoli, ove sto seduto n ella mia cameretta; e a stento fattomi al finestrino (p er v e n ir e da Lei m’ han dovuto portare in lettiga) ho visto ch e i più non gli badavano; altri s e la ridevano sotto i baffi e tiravano innanzi: qualcheduno gli ha battuto le mani. Lei (L ’ ho visto p a ssa re) pur se la rideva e non gli dava retta. Come va che poi se n’ è tanto im pacciato de’ fatti di quel Signore? Veram ente un uomo, com e me, di tanti anni e di tanta esperienza non dovrebbe farle questa interrogazione. V ’ h a delle con ven ien ze, lo so; nè dico più avanti per non infastidirla: e ritorno alla mia casetta a rivedere gli altri cinque miei fratelli. Stia sano, e si ricordi alcuna volta di noi.

Qui, caro Beppe, ebbe fine il crocchio e il cicaleccio : e qui finisco anch’ io. Queste, eh ’ ho notate, mi son parute le cose da doversi notare,

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