Attualità
Le Politiche di sviluppo rurale nella
revisione di medio termine della PAC
La revisione di medio termine ha introdotto alcune impor-tanti novità nell’ambito del secondo pilastro della PAC, come le specifiche misure a favore della qualità dei prodotti agricoli e la previsione di maggiori vincoli in materia di ambiente, sanità pubblica, igiene e benes-sere degli animali e sicurezza sul lavoro, a cui particola-ri tipologie di intervento sono subordinate. Tuttavia, il previsto incremento delle dotazioni finanziarie a favore della politica di sviluppo rurale non appare ancora suf-ficiente a promuoverne un considerevole rafforzamento così come il processo di semplificazione appare ancora piuttosto debole.L a modulazione degli aiuti diretti
nell’UE e in Italia
L’introduzione della modula-zione obbligatoria nell’ambito del primo pilastro della PAC porterà a un passaggio di risorse a favore della politica di sviluppo rurale. A seconda delle scelte che verranno operate a livello comunitario e all’interno dei singoli Stati membri, si analizzano le possibili ipotesi redistribuitive, rispettivamente, tra Stati membri e tra regioni italiane, sia in questo periodo di programmazio-ne che programmazio-nel prossimo.La condizionalità nella politica agricola
comune
Il processo di greening della PAC, con la revisione di medio termine, si è ulteriormente rafforzato, rendendo obbligatoria la condizionalità ambientale e ampliandone i campi di intervento. L’articolo illustra le caratteristiche di questo strumento e le sue relazioni con altre norme a favore dell’ambiente e del benessere degli animali previste dal regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale.Regioni
Regione Toscana: Quando il
monitorag-gio diventa una conseguenza logica ed
automatica
L’Organismo Pagatore Regionale della Toscana (ARTEA) ha implementato un SistemaInformativo, che consente la completa supervisione dell’iter amministrativo seguito dalle amministrazioni locali e dai centri di assistenza agricola nella gestione della politica di sviluppo rurale e la correttezza dei pagamenti eseguiti e rende disponibili in tempo reale, tramite internet, i dati di monitoraggio del PSR della Regione Toscana.
Regione Basilicata: L’Analisi di impatto
della regolazione
Con l’obiettivo di razionalizza-re la produzione normativa e di snellirazionalizza-re le procedurazionalizza-re amministrative, la Regione Basilicata ha introdotto l’Analisi di Impatto della Regolazione nel proprio ordi-namento giuridico. Se ne descrivono le modalità di attuazione e la metodologiaStrumenti della programmazione
L’irrigazione nelle regioni
centro-setten-trionali
Il MiPAF, nell’ambito delle attività del Gruppo Risorse Idriche, finalizzate a elaborare una stra-tegia di pianificazione integrata tra i diversi usi della risorsa idrica e a coordinare i diversi soggetti istituziona-li coinvolti nella sua gestione, ha incaricato l’INEA di effettuare una ricognizione sullo stato dell’irrigazione e il monitoraggio dei sistemi irrigui nelle regioni del centro-nord e di attivare un Centropermanente di moni-toraggio degli investimen-ti irrigui. n u m e r o
19
1
numero 19I N E A
Istituto Nazionale di Economia AgrariaDirettore responsabile Francesco Mantino Responsabile di redazione Laura Viganò Comitato di redazione Giuseppe Blasi, Emilio Gatto, Alessandro Monteleone, Alessandra Pesce,
Andrea Povellato, Daniela Storti, Paolo Zaggia Progetto grafico Benedetto Venuto
Impaginazione Pierluigi Cesarini Elaborazioni statistiche Stefano Tomassini Supporto informatico Massimo Perinotto Segreteria Laura Guidarelli
Registrazione Tribunale di Roma n.671/97 del 15/12/1997 Sped. abb. post. art.2 Comma 20/C Legge 662/96 filiale Roma
Stampa Litografia Principe, Via E. Scarfoglio, 28 - Roma Finito di stampare nel mese di settembre 2004
2
18
numero 19
#
2
Le Politiche di sviluppo rurale
nella revisione di medio termine
della PAC
di Francesco Mantino - INEA
Le novità della strategia comunitaria
Agenda 2000 ha rappresentato un ulteriore punto di svolta nella riforma della politica agricola comunitaria. Tuttavia, come il recente dibattito ha messo in evidenza, gli elementi di riforma introdot-ti nell’impalcatura complessiva della PAC non sono stati così profondi come sarebbe stato neces-sario. In particolare, per ciò che riguarda le politi-che strutturali e lo sviluppo rurale, la riforma non ha modificato in modo sostanziale due aspetti cru-ciali di tutta l’impalcatura comunitaria:
a) il rafforzamento effettivo dello sviluppo rurale sotto il profilo delle dotazioni finanziarie. L’annunciato processo di riequilibrio tra i due pilastri della PAC a favore dello sviluppo rurale, infatti, è stato largamente inferiore a quanto annunciato dalla stessa Commissione;
b) il processo di semplificazione delle politiche strutturali, pur apportando indubbi benefici in termini di riduzione del numero di programmi, razionalizzazione del quadro giuridico, migliore distinzione tra gestione e controllo, di fatto non ha risolto pienamente alcuni aspetti cruciali, sia nella fase di programmazione che in quella di gestione e controllo degli interventi, soprattutto per ciò che riguarda una più chiara distinzione di responsabilità tra Commissione e Stati mem-bri/Regioni e un maggiore decentramento/auto-nomia nella definizione dei programmi e nella loro attuazione.
Entrambi gli aspetti hanno fortemente condiziona-to l’esicondiziona-to della programmazione in corso, come viene evidenziato, da un lato, dal dibattito svolto in questi ultimi mesi nel corso del negoziato per la revisione dei programmi (tra Commissione, paesi membri e Regioni) e, dall’altro, dai risultati delle valutazioni intermedie prodotti nella prima metà di quest’anno.
Essi sono stati ripresi nel corso della revisione di medio termine della PAC, che, a seguito della pro-posta avanzata dalla Commissione nel luglio 2002, ha raggiunto una formulazione definitiva con il testo approvato dal Consiglio Europeo di Lussemburgo nel giugno 2003. Contemporane-amente, dopo un lungo lavoro di preparazione e discussione dei testi, nel settembre dello stesso anno si è giunti all’approvazione del Regolamento
n. 1783 del Consiglio, che modifica il testo del Regolamento n. 1257/1999. Infine, nell’aprile di quest’anno, dopo un altrettanto laborioso processo di revisione delle norme regolamentari, si è perve-nuti alla stesura definitiva del nuovo Regolamento applicativo per lo sviluppo rurale.
Per ciò che attiene alla tematica strutturale e allo sviluppo rurale, la revisione di medio termine era molto attesa perché avrebbe consentito di modifi-care alcuni degli aspetti più critici emersi nel corso della programmazione 2000-2006: la necessità di semplificare in più punti il processo di program-mazione e di gestione, di disporre di ulteriori risor-se per lo sviluppo rurale, di ri-orientare le strategie dei programmi, ampliando le missioni del FEOGA e dando più spazio alle azioni di sviluppo rurale vero e proprio, il cui peso era stato penalizzato a favore degli interventi di modernizzazione e delle misure agro-ambientali.
Le direzioni verso cui la revisione di medio termine si è orientata in concreto appaiono le seguenti: a) un moderato incremento delle dotazioni di
risor-se a favore dello sviluppo rurale, finanziato attraverso una riduzione iniziale del 3% annua dei pagamenti diretti (“modulazione”), a partire dal 2005 e con una progressione dell’1% all’an-no (fiall’an-no a un massimo del 5% da raggiungere nel 2007 e da applicare fino al 2012);
b) un potenziamento degli interventi per la qualità dei prodotti alimentari, da realizzarsi attraverso l’introduzione di forme di incentivazione, per gli agricoltori, a partecipare a sistemi di qualità comunitari e nazionali, nonché di programmi di informazione dei consumatori e di promozione dei prodotti agricoli e alimentari compresi nei sistemi di qualità;
c) una più rapida diffusione e applicazione nell’a-gricoltura dell’UE della normativa comunitaria in materia di ambiente, sanità pubblica, igiene e benessere degli animali e sicurezza sul lavoro. Gli strumenti per il perseguimento di questo obiettivo si identificano sostanzialmente con il sostegno diretto di quegli agricoltori che, ade-guandosi alla normativa, sostengono maggiori costi o perdite di reddito nel normale processo produttivo o perché ricorrono a servizi di consu-lenza aziendale;
d) una revisione delle norme della programmazio-ne e della gestioprogrammazio-ne dei programmi per introdur-re una limitata semplificazione procedurale.
Le modifiche dei regolamenti sullo
svilup-po rurale: il nuovo Reg. (CE) 1783/2003 e
la revisione del Reg. (CE) 445/2002
Il Reg. (CE) 1783/2003, che modifica quello relati-vo allo sviluppo rurale, consta di una serie di arti-coli che, in parte, introducono nuove misure rispetto a quelle previste e, per un’altra parte, modificano alcune delle norme già in vigore. Le nuove misure introdotte concernono:
- il rispetto degli standards comunitari nel campo dell’ambiente: sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali, sicurezza sul lavoro; - la qualità alimentare;
- il sostegno dei partenariati locali (misura inte-grativa nell’ambito dell’art. 33 del Reg. (CE) 1257/1999).
Le prime due misure ricadrebbero esclusivamente nell’ambito dell’operatività del FEOGA-Garanzia, mentre la terza può anche essere finanziata dal FEOGA-Orientamento (nelle regioni obiettivo 1).
Rispetto degli standards
In questo caso viene previsto un aiuto tempora-neo (max 5 anni) e fino a un massimale di 10.000 Euro annui per azienda per compensare i costi e/o i mancati redditi dovuti all’applicazione della nuova e più severa normativa comunitaria nel campo dell’ambiente, della sanità pubblica, ani-male e vegetale, del benessere degli animali e della sicurezza sul lavoro. Tale aiuto dovrebbe essere decrescente nel tempo e non riguarda in alcun modo gli investimenti necessari ad affronta-re gli adeguamenti ai nuovi standards, investi-menti che verrebbero invece sostenuti con la misura specifica per gli investimenti aziendali. E’ previsto, inoltre, un aiuto per l’uso, da parte dell’a-zienda, del servizio di consulenza aziendale fino all’80% del suo costo e a un massimo di 1.500 Euro. Per consentire la diffusione di tali servizi di consu-lenza, il nuovo regolamento ne incentiva l’avvio con una specifica integrazione di una misura già esistente nell’ambito dell’art. 33 del Reg. (CE) 1257/1999.
La qualità alimentare
Viene introdotto un sostegno diretto a:
- incentivare gli agricoltori a partecipare, su base volontaria, a programmi comunitari o nazionali riconosciuti, diretti a migliorare la qualità dei prodotti agricoli o dei processi produttivi. In questo caso viene erogato un incentivo
annua-le (per la durata massima di cinque anni) di importo massimo di 3.000 Euro;
- favorire le iniziative delle associazioni di produt-tori per l’informazione dei consumaprodut-tori e la pro-mozione e la pubblicità dei prodotti agricoli ottenuti nell’ambito dei programmi di qualità finanziati con la misura precedente. Più in det-taglio il sostegno alle associazioni viene accor-dato per azioni che comprendono le fiere, le mostre e la pubblicità attraverso i media, tutte realizzate sul mercato interno. Qui l’incentivo erogabile non può superare il 70% dei costi ammissibili.
I sistemi di qualità si identificano con quelli definiti nell’ambito delle DOP e IGP (Reg. (CEE) 2081/1992), delle attestazioni di specificità (Reg. (CEE) 2082/1992), dei prodotti biologici (Reg. (CEE) 2092/1991), dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (Reg. (CE) 1493/1999), nonché di siste-mi di qualità nazionali che devono rispettare determinati requisiti.
Il sostegno ai partenariati locali
Le misure destinate alle aree rurali sono integrate, come già sottolineato, con una nuova misura di sostegno dei partenariati locali, in particolare delle spese di informazione, animazione e gestio-ne di un partenariato simile a quelli costituti gestio- nel-l’ambito del LEADER. Si tratta di una misura che la Commissione ha introdotto per favorire la diffusio-ne dell’approccio LEADER anche diffusio-nell’ambito dei programmi di sviluppo rurale del mainstream. Questa innovazione del regolamento prende atto, in sostanza, del fatto che in alcuni paesi l’approc-cio LEADER ha cominciato a estendersi anche oltre gli stretti confini di questa Iniziativa Comunitaria.
Altre novità introdotte nel regolamento
Con il nuovo regolamento la Commissione ha introdotto anche l’opportunità di offrire un soste-gno alle imprese, nell’ambito delle misure agro-ambientali, per migliorare il benessere degli ani-mali per pratiche che vadano oltre la normale buona pratica di allevamento. Sempre con riferi-mento alle misure agro-ambientali, è da sottoli-neare un aumento del tasso di cofinanziamento comunitario del 10% sia nelle zone dell’obiettivo 1 (fino a un max dell’85%), sia nelle altre aree (fino a un max del 60%). Tuttavia, mentre in preceden-za il cofinanziamento comunitario era fissato a un determinato livello, in questa modifica si introdu-ce anche un massimale, consentendo agli Stati
#
numero 19
numero 19
membri, quindi, di modulare gli aiuti entro questo tetto massimo.
Altre modifiche di ordine minore riguardano le misure per la formazione, la forestazione, l’inden-nità compensativa.
Fatta eccezione per le due nuove misure (rispetto delle norme e qualità), tuttavia, la portata delle modifiche introdotte appare alquanto limitata. Ciò è giustificato dalla preoccupazione della Commissione di non alterare le regole del gioco, dal momento che i piani di sviluppo rurale e i pro-grammi operativi sono entrati nella fase di piena attuazione. Va notato, però, che le modifiche introdotte sono notevolmente inferiori a quelle richieste dagli Stati membri nel corso del dibattito che si è sviluppato attorno alla revisione di medio termine e che si è tenuto a Bruxelles, nel corso dei mesi passati, in molteplici riunioni del Comitato STAR.
Semplificazione procedurale
Nel dibattito che ha accompagnato la revisione dei regolamenti, l’esigenza di una semplificazione procedurale è stata segnalata da tutte le delega-zioni dei Paesi membri ed è stata accompagnata anche da una consistente azione politica di alcu-ne delegazioni sulla stessa Commissioalcu-ne. Ad esempio, va sottolineata la presa di posizione esplicita della Francia, uno dei paesi più influenti nel contesto comunitario, attraverso la presenta-zione di un documento di proposta. Tale docu-mento è stato condiviso formalmente da gran parte degli altri Paesi.
Le principali questioni in tema di semplificazione concernevano sostanzialmente tre aspetti:
- la modifica dei programmi in itinere. Qui l’esi-genza era di una maggiore elasticità nella riprogrammazione e una dose maggiore di responsabilità agli Stati membri, senza la pre-ventiva e formale approvazione della Commissione europea;
- la gestione del piano finanziario. In questo caso, alcuni Paesi membri a struttura federale o regionale ponevano fortemente l’esigenza di una gestione finanziaria nazionale, pur in pre-senza di programmi regionali, che consentisse formalmente compensazioni interne tra pro-grammi e misure in relazione al grado di avan-zamento finanziario;
- infine, l’introduzione di deroghe nel caso di regi-mi di aiuto di trascurabile entità finanziaria (con l’estensione del cosiddetto regime de minimis
anche nel caso dell’agricoltura).
A fronte di queste esigenze, la risposta della Commissione si è rivelata, per così dire, piuttosto tiepida, talché le modifiche regolamentari intro-dotte non consentono di affermare che vi sia stata una netta inversione di tendenza sul tema della semplificazione procedurale. La forte resistenza manifestata dalla Commissione è stata giustificata formalmente dalla necessità di non alterare in modo sostanziale le regole del gioco nel momento in cui l’attuazione dei programmi era già in corso, alterazione che avrebbe costretto i vari Paesi membri e le regioni a una revisione troppo invasi-va degli interventi già approinvasi-vati.
Implicazioni per i programmi italiani
La nuova strategia che emerge dalla revisione a medio termine delle politiche di sviluppo rurale tende a mettere a disposizione delle Regioni nuovi strumenti che possano arricchire la programma-zione in corso del Piano di sviluppo rurale (in quanto si tratta quasi esclusivamente di misure finanziabili a titolo del FEOGA-Garanzia), nonché quella che caratterizzerà il periodo 2007-2013. Tuttavia, va sottolineato che, nella definizione della strategia di intervento regionale per i prossi-mi anni (2004-2006), il processo di revisione descritto pone anche i seguenti vincoli rilevanti: a) la dotazione di risorse finanziarie che scaturirà
dalla modulazione appare largamente inade-guata e comunque insufficiente a fronte delle necessità di un potenziamento effettivo dei piani di sviluppo rurale;
b) il mantenimento delle nuove risorse nell’ambito del FEOGA-Garanzia rende praticamente impossibile una loro utilizzazione sinergica con gli altri Fondi strutturali nell’ambito del POR e, quindi, ne riduce l’impatto potenziale. L’utilizzazione delle risorse finanziarie che pro-vengono dalla modulazione dinamica appare particolarmente penalizzante proprio per le regioni con maggiori problemi di sviluppo (obiettivo 1), dove gran parte delle misure per lo sviluppo rurale rientrano nella programma-zione del FEOGA-Orientamento. Ciò implica che le risorse aggiuntive per lo sviluppo rurale pos-sono contribuire a finanziare solo quattro delle 22 misure del Reg. (CE) 1257/1999, mentre nelle altre regioni la possibilità di scelta delle priorità di intervento è la più ampia possibile. È eviden-te anche come l’impalcatura costruita a Berlino per la programmazione dello sviluppo rurale mal si adatti al potenziamento del secondo pilastro della PAC. Questa considerazione ha
5
numero 19
trovato concordi diversi Paesi europei che, come il nostro, attribuiscono una forte rilevanza alle regioni obiettivo 1: Spagna, Portogallo, Germania. Tali paesi hanno richiesto esplicita-mente un adattamento del meccanismo di pro-grammazione per ovviare alla ingiustificata discriminazione nei confronti delle regioni più deboli. Ciò nella convinzione che un potenzia-mento del secondo pilastro è possibile solo se ammette l’utilizzazione di tutti gli strumenti di intervento previsti dal regolamento. Su tale punto la posizione della Commissione è stata sempre in linea con il mantenimento dello sta-tus quo;
c) in linea di principio, le nuove risorse provenienti dalla modulazione possono essere utilizzate anche per aumentare il tasso di cofinanziamen-to comunitario. In particolare, ciò è vero per le misure agro-ambientali. Ciò non è più vero, invece, se le stesse risorse vengono utilizzate per le altre due opzioni: finanziare le nuove misure oppure aumentare la dotazione finanziaria delle misure esistenti e/o finanziare un numero maggiore di beneficiari. In questi casi, infatti, alla quota comunitaria si dovrebbe aggiungere anche quella nazionale nei limiti previsti dalla programmazione nelle diverse regioni. Da que-sto punto di vista la posizione di diversi paesi, in un momento di acuta difficoltà della finanza pubblica, è quella di evitare che il potenzia-mento del secondo pilastro si traduca in un aggravio finanziario per il bilancio nazionale; d) l’inserimento nel Piano di sviluppo rurale delle
nuove misure di incentivazione della qualità e dell’adeguamento alla normativa comunitaria
in materia di ambiente, igiene e benessere ani-male e sicurezza sul lavoro appare oltremodo difficile in Italia, in uno scenario in cui le risorse a favore dello sviluppo rurale non aumentano in modo significativo, quale è quello che si deli-nea nei prossimi anni. Né appare realistico ridurre le dotazioni attuali delle misure già esi-stenti nel PSR a favore delle nuove misure, in quanto tali dotazioni risultano quasi totalmente impegnate a fronte delle numerose domande pervenute per il periodo 2000-2006;
e) la proposta di revisione di medio termine sotto-valuta l’esigenza di rivedere sostanzialmente il Reg. (CE) 1257/1999 per ciò che riguarda le misure di diversificazione produttiva e dei servi-zi, comprese nell’art. 33. Ciò riduce la portata innovativa dei richiami al concetto di multifun-zionalità, che pure ispira la visione dell’agricol-tura europea. Scarsa attenzione, infatti, è asse-gnata all’esigenza di ampliare la portata delle misure comprese nell’articolo 33, includendo, ad esempio, specifiche misure a sostegno delle energie alternative, della ricerca, dell’assistenza tecnica alle imprese, dell’assistenza tecnica ai programmi di sviluppo rurale. Su questa posizio-ne sono stati concordi diversi importanti paesi, quali la Germania, il Regno Unito e l’Austria; f) infine, la revisione dei regolamenti sullo
svilup-po rurale non ha promosso in modo significati-vo quel processo di semplificazione procedurale che, sia pure parzialmente, era stato avviato da Agenda 2000, lasciando così inalterate le pro-blematiche evidenziate in precedenza.
6
numero 19La modulazione degli
aiuti diretti nell’UE e
in Italia
di Roberto Henke - INEA
Introduzione
La modulazione dei pagamenti diretti, previsti nelle principali organizzazioni comuni di merca-to, consente un trasferimento di risorse dal cosiddetto “primo pila-stro” della PAC verso le politiche di sviluppo rurale (secondo pila-stro). Tale strumento, già intro-dotto in forma volontaria nel regolamento orizzontale di Agenda 2000 (Reg. (CE) 1259/1999), è stato completa-mente ridisegnato dalla riforma della PAC di giugno 2003. In particolare, la modulazione è stata resa obbligatoria per gli Stati membri ed è stata molto semplificata nei criteri applicati-vi, resi omogenei e non più lasciati alla discrezionalità dei singoli partner.
La modulazione viene trattata, all’interno del nuovo regolamen-to orizzontale (Reg. (CE) 1782/2003), nell’articolo 10 (Capitolo 2, Titolo II), in cui si pre-vede un taglio progressivo del-l’ammontare di aiuti che ciascu-na azienda riceve a partire dal 2005 e fino (almeno) al 2012. Il taglio è fissato al 3% per il primo anno; al 4% al secondo anno e al 5% dal terzo anno in poi. Il taglio riguarda tutti gli aiuti diret-ti di cui gode una singola azien-da, indipendentemente dal loro
grado di disaccoppiamento e, dunque, a prescindere dalle scelte operate dai singoli Stati membri riguardo le procedure di implementazione dello schema di pagamento unico disaccop-piato.
L’ammontare di risorse derivante dal taglio degli aiuti diretti ha due destinazioni: in parte va a costituire un “aiuto aggiuntivo”, pari all’intero importo soggetto a taglio per la quota di aiuti diretti compresa entro i primi 5.000 Euro; in parte viene destinato al rafforzamento del secondo pila-stro come risorse aggiuntive per la programmazione nell’ambito dei piani di sviluppo rurale (PSR). In particolare, l’aiuto aggiuntivo rappresenta, di fatto, una fran-chigia applicata ai primi 5.000 Euro di aiuti diretti di cui gode una azienda, che però agisce non a monte del taglio ma come una restituzione che viene effet-tuata “a valle” del calcolo del prelievo1.
L’ammontare di risorse creato con il taglio, al netto dell’aiuto aggiuntivo, va a integrare il sostegno finanziario alle politi-che di sviluppo rurale, politi-che sono attualmente a carico del FEOGA-Garanzia. Si tratta, in altre parole, delle misure attiva-te all’inattiva-terno dei PSR, che riguar-dano, per le regioni fuori obietti-vo 1, l’intero menu di misure pre-viste dal Reg. (CE) 1257/1999 e successive modifiche, mentre, per le regioni obiettivo 1, le ex misure di accompagnamento,
quella per le aree svantaggiate e soggette a vincoli ambientali e le misure a carico del FEOGA-Garanzia introdotte con la rifor-ma2.
Le risorse aggiuntive giungono al secondo pilastro di ciascun paese in due modi diversi: per una quota, pari a un punto per-centuale del taglio, esse restano all’interno dello Stato membro da cui sono state prelevate, mentre per la restante quota tor-nano all’UE, che le redistribuisce ai paesi con criteri definiti “oggettivi”. Tali criteri sono defi-niti in base a tre parametri: la quota di superficie agricola utiliz-zata (con un peso del 65%); la quota di occupazione agricola (con un peso del 35%); il PIL pro capite espresso in potere di acquisto, utilizzato come fattore di ponderazione. Quindi, ciò che rimane all’interno dello Stato membro è pari al 33,3% del taglio nel primo anno (un punto percentuale su tre), al 25% nel secondo anno e al 20% a partire dal 2007. La Commissione ha stabilito che ogni Stato membro deve, nel complesso, recuperare almeno l’80% delle risorse che gli vengono tagliate3.
L’applicazione della
modu-lazione nell’UE
Nel complesso, gli aiuti diretti nei paesi dell’UE-15, stimati al 2007, ammontano a poco più di 35 miliardi di Euro; di questi, il 32,4% si colloca al di sotto della 1 Gli importi che vanno a costituire l’aiuto aggiuntivo sono soggetti a un tetto fissato dalla Commissione per ciascuno Stato mem-bro, per cui, se in un paese si verificasse che l’aiuto aggiuntivo complessivo supera il tetto, lo Stato membro deve provvedere ad “aggiustare” la restituzione in modo da rientrare nell’ammontare massimo fissato dall’UE.
2 Ai sensi del Reg. (CE) 817/2004 recante disposizioni di applicazione del Reg. (CE) 1257/1999, le nuove misure a carico del FEOGA-Garanzia per le regioni obiettivo 1 sono ‘attuazione di norme vincolanti’, ‘utilizzazione di servizi di consulenza agricola’, ‘partecipazione a sistemi di qualità alimentare’ e ‘promozione dei prodotti di qualità’.
3 Nel caso della Germania, la quota di restituzione complessiva è pari al 90%. Ciò in seguito a un accordo specifico relativo al peso della produzione di segale di ogni Stato membro rispetto alla sua produzione totale e al peso della prima rispetto alla pro-duzione comunitaria complessiva di segale. In Germania, la quota della propro-duzione di segale è superiore al 5% del valore com-plessivo della produzione agricola, mentre la produzione di segale tedesca è superiore al 50% della produzione comunitaria. Questa deroga è stata concessa alla Germania come compensazione per l’abolizione dell’aiuto alla segale e giustificata come un aiuto aggiuntivo alle aree rurali dove si concentra la produzione di segale.
7
numero 19
soglia di 5.000 Euro. Come è noto, gli aiuti si concentrano pre-valentemente in 5 paesi: Francia, Germania, Spagna, Italia e Regno Unito. Tuttavia, la distribuzione percentuale degli aiuti sotto il livello dei 5.000 Euro è molto diversa tra Stati membri: si passa dal 14,9% del Regno Unito al 70,2% della Grecia; l’Italia concentra al di sotto della soglia dei 5.000 Euro il 51,4% degli aiuti. Va sottolineato che buona parte dei paesi mediter-ranei dell’UE (Grecia, Italia, Portogallo) e l’Austria mostrano una quota elevata di aiuti al di sopra della soglia di 5.000 Euro. Questa differenziazione nella distribuzione dei pagamenti diretti tende a diversificare gli effetti redistributivi della modula-zione, in considerazione del fatto che la quota di aiuti al di sotto della soglia dei 5.000 Euro è, grazie al meccanismo dell’aiuto aggiuntivo, di fatto esonerata dal taglio.
A partire dal 2007, l’applicazione
di un prelievo del 5% all’ammon-tare degli aiuti diretti soggetti a modulazione porta a un taglio complessivo di 1.757 milioni di Euro, con un aiuto aggiuntivo pari a circa 570 milioni di Euro (tabella 1). Per l’Italia, il taglio è pari a 199,7 Euro, mentre l’aiuto supplementare è pari a 102,6 milioni di Euro (51,4%).
La differenza tra il taglio com-plessivo e l’aiuto aggiuntivo rap-presenta l’ammontare di risorse messe a disposizione per le politi-che di sviluppo rurale, secondo i due criteri già visti: nel 2007, la quota che resta all’interno degli Stati membri è pari a 237,5 milio-ni di Euro, mentre la parte che torna all’UE è pari a 950,2 milioni di Euro. Per l’Italia, la prima è pari a 19,4 milioni di Euro, men-tre la seconda ammonta a 77,7 milioni.
A seguito dell’aiuto supplemen-tare, il tasso effettivo di modula-zione non solo è complessiva-mente inferiore al 5% (per l’UE è pari al 3,4%), ma varia
sensibil-mente da paese a paese: il più basso è quello della Grecia (1,5%), mentre il valore più ele-vato - che corrisponde alla quota più alta di aiuti al di sopra di 5.000 Euro - è relativo al Regno Unito (4,3%); per l’Italia il tasso effettivo è pari al 2,4%. La modulazione opera una redi-stribuzione delle risorse messe a disposizione per lo sviluppo rura-le a seguito dei criteri oggettivi individuati. Calcolando per cia-scun Paese membro la restituzio-ne effettuata dall’UE, si ottierestituzio-ne la quota che va a costituire il soste-gno finanziario aggiuntivo per lo sviluppo rurale (insieme con la quota che rimane all’interno dello Stato membro). Tra i paesi che guadagnano dal processo redistributivo troviamo il Portogallo (+37,3 milioni di Euro, pari al 504% delle risorse effetti-vamente tagliate), la Grecia (+30,3 milioni, pari al 230%), l’Austria (+27,3 milioni, 310%) e anche l’Italia (+44,9 milioni, 158%). Tra i contributori netti
Tabella 1 - UE. Modulazione al 5% (2007 e segg.)
Taglio Aiuto agg. Differenza Tasso eff. SM (20%) UE (80%) Criteri ogg. Restituz.
Meuro Meuro Meuro % Meuro Meuro % Meuro
Belgio 26,6 7,2 19,4 3,6 3,9 15,5 1,0 9,5 Danimarca 51,7 12,9 38,8 3,8 7,8 31,0 1,7 16,2 Germania 280,7 67,3 213,4 3,8 42,7 170,7 12,9 122,6 Grecia 97,1 68,2 29,0 1,5 5,8 23,2 5,6 53,2 Spagna 242,8 94,2 148,6 3,1 29,7 118,9 18,5 175,8 Francia 427,8 88,0 339,8 4,0 68,0 271,8 19,8 188,1 Irlanda 65,0 25,2 39,7 3,1 7,9 31,8 2,7 25,7 Italia 199,7 102,6 97,1 2,4 19,4 77,7 12,9 122,6 Lussemburgo 1,6 0,3 1,3 3,9 0,3 1,0 0,1 1,0 Olanda 39,9 11,5 28,4 3,6 5,7 22,7 2,2 20,9 Austria 36,0 20,2 15,7 2,2 3,1 12,6 4,1 39,0 Portogallo 29,9 18,3 11,5 1,9 2,3 9,2 4,9 46,6 Finlandia 27,4 13,6 13,9 2,5 2,8 11,1 1,8 17,1 Svezia 37,3 10,9 26,3 3,5 5,3 21,1 2,0 19,0 Regno Unito 193,9 29,0 164,9 4,3 33,0 131,9 9,8 93,1 UE-15 1.757,2 569,5 1.187,7 3,4 237,5 950,2 100,0 950,2
numero 19
8
della modulazione sievidenzia-no la Francia (-83,7 milioni di Euro, con una quota della resti-tuzione rispetto al taglio pari al 69%); la Germania (-48 milioni, 72%); il Regno Unito (-38,8 milio-ni, 71%) e la Danimarca (-15 milioni, 52%)4.
Riguardo al rafforzamento del secondo pilastro, se si confronta-no le risorse spostate dalla modu-lazione con la dotazione media annua per i piani di sviluppo rurale (PSR, FEOGA-Garanzia) per il periodo di programmazione 2000-06, si evidenzia che le risor-se “liberate” dalla modulazione per le politiche di sviluppo rurale rappresentano poco più del 25% della dotazione annua; tuttavia, il dato medio nasconde ancora una volta un situazione estrema-mente differenziata: si passa, infatti, da quote piuttosto ridotte, come nel caso di Finlandia e Austria (rispettivamente, 6,3% e 9,4%), a valori molto elevati, come quelli del Regno Unito (76%) o della Danimarca (50%). Per l’Italia, il contributo della modulazione alla dotazione media annua per lo sviluppo rurale (PSR) è pari al 22,6%. Più interessante è il confronto della dotazione messa a disposi-zione dalla moduladisposi-zione a parti-re dal 2007 con la possibile nuova distribuzione delle risorse per lo sviluppo rurale nella nuova programmazione (2007-2013), tenendo conto della pro-posta finanziaria dell’UE per la nuova fase di programmazione (circa 12.000 milioni di Euro all’anno) e di quella relativa alla creazione di un fondo unico per lo sviluppo rurale (risorse FEOGA-Garanzia più risorse FEOGA-Orientamento). Il con-fronto relativo al nuovo periodo di programmazione, inoltre,
viene effettuato considerando che, nella futura programmazio-ne, i nuovi Paesi membri (NPM) saranno partner a tutti gli effetti (tabella 2). Considerando l’UE a 25, la dotazione per i Quindici è pari al 54% del totale, mentre il restante 46% è destinato ai NPM. Dunque, le risorse derivanti dalla modulazione rappresente-rebbero, in questo caso, il 18,3% per i Quindici nel loro comples-so. In sostanza, verificandosi una forte redistribuzione delle risorse destinate allo sviluppo rurale in seguito all’allargamento dell’UE ai NPM, le risorse messe a dispo-sizione dalla modulazione potrebbero diventare essenziali per il mantenimento di un ade-guato contributo finanziario a sostegno delle misure di sviluppo rurale.
L’applicazione della
modu-lazione in Italia
Partendo dalla dotazione di aiuti diretti attribuiti al nostro paese, è possibile analizzare l’applicazio-ne della modulaziol’applicazio-ne a livello regionale. Tra le regioni italiane, è la Lombardia ad avere la minore quantità di aiuti al di sotto della soglia dei 5.000 Euro (36,3%), mentre Liguria e Valle d’Aosta sono quelle con la quota più elevata (rispettivamente, 78% e 91%). Tra le regioni del Sud, quelle con aiuti più concen-trati entro il livello dei 5.000 Euro sono l’Abruzzo, il Molise e, a seguire, Sicilia e Sardegna. In seguito al taglio del 5%, si crea un ammontare di risorse pari al 199,7 milioni di Euro, di cui 102,6 milioni rappresentano
4 Per tre paesi il vincolo del recupero dell’80% delle risorse tagliate con la modulazione non viene rispettato: Belgio (77,5%), Danimarca (71,2%) e Germania (82,9%, ma nel suo caso il vincolo è posto al 90%). Per essi, probabilmente, verranno individua-te misure di compensazione per giungere almeno alla soglia prestabilita.
Tabella 2 - UE. Modulazione e Sviluppo rurale (2007)
Criteri UE 15 Criteri UE 25 SR 25 Mod. 2007 Mod/PSR
% % Meuro Meuro % Belgio 1,0 0,5 60,0 13,4 22,3 Danimarca 1,7 0,8 96,0 23,9 24,9 Germania 12,9 6,5 780,0 165,2 21,2 Grecia 7,1 3,7 444,0 73,3 16,5 Spagna 18,5 11,1 1.332,0 205,5 15,4 Francia 19,8 10,5 1.260,0 256,1 20,3 Irlanda 2,7 1,3 156,0 33,6 21,5 Italia 12,9 6,5 780,0 142,0 18,2 Lussemburgo 0,1 0,0 0,0 1,2 -Olanda 2,2 1,0 120,0 26,6 22,2 Austria 4,2 1,9 228,0 43,1 18,9 Portogallo 4,9 3,1 372,0 48,9 13,1 Finlandia 1,8 0,9 108,0 19,9 18,4 Svezia 2,0 1,1 132,0 24,3 18,4 Regno Unito 9,8 5,1 612,0 126,1 20,6 UE-15 100,0 54,0 6.480,0 1.187,7 18,3 NPM - 46,0 5.520,0 - -UE-25 - 100,0 12.000,0 -
9
numero 19
le risorse per l’aiuto aggiuntivo. Per quanto riguarda il tasso effettivo di modulazione, che in media è pari al 2,4%, esso oscil-la dallo 0,4% in Valle d’Aosta al 3,5% in Umbria (tabella 3). L’ammontare complessivo di risorse che passa al secondo pilastro in Italia è pari a circa 142 milioni di Euro (circa 122 milioni di Euro derivante dal processo di redistribuzione dell’UE e poco meno di 20 milio-ni che rimangono allo Stato Membro). Si pone, dunque, il problema del passaggio di que-ste risorse aggiuntive alla dota-zione finanziaria per lo sviluppo rurale a livello regionale. A que-sto proposito, si possono svilup-pare due ipotesi: secondo la
prima, le risorse aggiuntive saranno allocate in base al tasso di prelievo della modula-zione, mentre, per la seconda, in base alla distribuzione delle risorse destinate allo sviluppo rurale. Per quanto riguarda la dotazione disponibile per lo svi-luppo rurale, si considera la pro-posta, cui si è già fatto riferimen-to, di una dotazione media annua pari a 12.000 milioni di Euro, distribuita tra i Paesi mem-bri (25), applicando anche in questo caso i criteri oggettivi previsti dalla Commissione5.
Sotto queste condizioni, la dota-zione per l’Italia sarebbe pari a circa 780 milioni di Euro. Tuttavia, il contributo alle singo-le regioni varia a seconda della
ipotesi di distribuzione conside-rata. Come si evidenzia nella tabella 4, nel caso di una distri-buzione che segue il tasso di prelievo della modulazione, il contributo medio del 18% oscilla da un minimo dello 0,4% nel caso della Valle d’Aosta a un massimo del 69% in Lombardia. Questa ipotesi favorisce le regio-ni che maggiormente hanno contribuito a creare il plafond di risorse da spostare sul secondo pilastro. Nel secondo caso, le risorse aggiuntive vengono tra-sferite al secondo pilastro secon-do la distribuzione originaria delle risorse dei PSR e dei POR (programmazione 2000-2006). In questo modo, non si modifica la distribuzione originaria delle
5 A questo proposito, è molto probabile che, a seguito della proposta di fondo unico, i criteri oggettivi per la distribuzione di fondi per lo sviluppo rurale verranno rivisti ponendo una maggiore attenzione a parametri di convergenza e coesione.
Tabella 3 - Italia. Modulazione al 5% (2007 e segg.)
Taglio 5% Aiuto agg. Differenza Tasso eff.
Meuro Meuro Meuro (%)
Piemonte 18,0 8,3 9,6 2,7
Valle D'Aosta 0,2 0,1 0,0 0,4
Lombardia 26,0 9,4 16,6 3,2
Trentino Alto Adige 1,0 0,4 0,6 2,9
Veneto 20,7 9,3 11,5 2,8
Friuli Venezia Giulia 4,5 2,5 2,0 2,2
Liguria 0,2 0,2 0,0 1,1 Emilia Romagna 13,1 6,8 6,3 2,4 Toscana 9,7 3,9 5,8 3,0 Umbria 7,2 2,2 5,0 3,5 Marche 7,0 4,0 3,0 2,2 Lazio 7,8 4,3 3,5 2,3 Abruzzo 3,5 2,5 0,9 1,4 Molise 2,9 2,1 0,9 1,5 Campania 13,3 7,1 6,1 2,3 Puglia 25,7 15,4 10,4 2,0 Basilicata 6,3 3,9 2,5 1,9 Calabria 12,6 7,1 5,5 2,2 Sicilia 13,3 8,7 4,6 1,7 Sardegna 6,6 4,4 2,2 1,7 Italia 199,7 102,6 97,1 2,4
numero 19
risorse per lo sviluppo rurale e la quota aggiuntiva di risorse sarà per tutte le regioni pari alla media nazionale (18,2%). Secondo questa ipotesi, si tende a favorire (relativamente) le regioni con una quota di aiuti diretti al di sotto della soglia di 5.000 Euro maggiore delle media, cioè quelle che più di altre hanno contribuito a tenere basso il tasso effettivo di modu-lazione in Italia.
In conclusione, vale la pena sof-fermarsi su alcuni aspetti della modulazione, sia dal punto di vista più “teorico” che da quello della sua applicazione. In primo luogo, va detto che essa è uno strumento innovativo e flessibile, che mette in discussione (per la prima volta nella PAC) la
garanzia illimitata del sostegno attraverso gli aiuti diretti. In altre parole, la modulazione apre la strada all’idea che i pagamenti diretti non sono garantiti all’infi-nito e che potrebbero, in futuro, subire decurtazioni anche più consistenti di quelle previste dalla modulazione. Detto que-sto, è anche evidente che la modulazione rappresenta oggi l’unico strumento attivo per il passaggio di risorse finanziarie dal primo al secondo pilastro. Rispetto all’enfasi posta dall’UE su questo aspetto, forse la modu-lazione si mostra ancora molto “timida” e sarebbe necessaria qualche azione più incisiva per il riequilibrio finanziario tra politi-che agricole. Riguardo all’am-montare di risorse, vale la pena
ricordare che l’Italia rappresen-ta uno dei principali beneficiari della modulazione, grazie alla sua struttura produttiva e anche per il tipo di produzioni, relativa-mente meno interessate dagli aiuti diretti rispetto ai partner nord-europei. Infine, sulle ipotesi redistributive tra Regioni qui discusse, si tratta chiaramente di alcune simulazioni, che hanno soprattutto la funzione di sottoli-neare l’importanza delle scelte spettanti agli Stati membri, all’interno di un quadro delinea-to dalla recente riforma, in cui si attribuisce un ruolo centrale, anche per i mercati, alla dimen-sione nazionale e regionale delle politiche.
10
Tabella 4 - Italia. Modulazione e PSR, ipotesi al 2007 (UE 25)
PSR UE 25 Distrib. Prelievo Modulazione Distribuzione PSR+POR
Distr. Mod. Mod/PSR Distr. Mod. Mod/PSR
Meuro % Meuro % % Meuro %
Piemonte 37,8 9,9 14,1 37,3 4,8 6,9 18,2
Valle D'Aosta 4,5 0,0 0,0 0,4 0,6 0,8 18,2
Lombardia 35,1 17,1 24,3 69,2 4,5 6,4 18,2
Trentino Alto Adige 21,8 0,6 0,9 3,9 2,8 4,0 18,2
Veneto 31,0 11,8 16,8 54,2 4,0 5,6 18,2
Friuli Venezia Giulia 10,4 2,1 3,0 28,4 1,3 1,9 18,2
Liguria 9,1 0,0 0,1 0,7 1,2 1,6 18,2 Emilia Romagna 40,2 6,5 9,3 23,0 5,2 7,3 18,2 Toscana 34,2 6,0 8,5 24,7 4,4 6,2 18,2 Umbria 18,7 5,2 7,4 39,4 2,4 3,4 18,2 Marche 19,3 3,1 4,4 22,9 2,5 3,5 18,2 Lazio 26,6 3,6 5,2 19,5 3,4 4,8 18,2 Abruzzo 13,8 1,0 1,4 10,0 1,8 2,5 18,2 Molise 7,4 0,9 1,3 17,4 1,0 1,3 18,2 Campania 83,4 6,3 9,0 10,8 10,7 15,2 18,2 Puglia 84,8 10,6 15,1 17,8 10,9 15,4 18,2 Basilicata 36,9 2,5 3,6 9,7 4,7 6,7 18,2 Calabria 66,0 5,6 8,0 12,1 8,5 12,0 18,2 Sicilia 125,3 4,7 6,6 5,3 16,1 22,8 18,2 Sardegna 73,8 2,3 3,2 4,4 9,5 13,4 18,2 Italia 780,0 100,0 142,0 18,2 100,0 142,0 18,2
La condizionalità nella politica
agricola comune
6Il processo di riforma della PAC, a partire da Agenda 2000, si sta caratterizzando per un pro-gressivo rafforzamento dell'integrazione degli obiettivi ambientali nel quadro delle politiche di mercato e per lo sviluppo rurale. Un ruolo sempre più rilevante viene riservato al principio dell'inqui-natore-pagatore - uno dei principi cardine della politica ambientale dell’Unione europea - secondo cui i responsabili del deterioramento delle risorse naturali sono tenuti ad accollarsi i costi dei danni provocati. La correlata definizione di opportuni standard (livelli di riferimento) di qualità ambien-tale socialmente accettabili assume una impor-tanza strategica nel perseguimento degli obiettivi di politica ambientale
Tuttavia, la capacità del settore agricolo di avere anche un ruolo attivo nella salvaguardia del terri-torio rende particolarmente difficile la determina-zione di opportuni livelli di riferimento o valori soglia che qualificano la relazione tra agricoltura e ambiente. Questi valori soglia dovrebbero stabi-lire il livello al di sotto del quale l’attività agricola produce un danno alla collettività e al di sopra del quale, all’opposto, l’agricoltura genera dei ser-vizi ambientali. Il ricorso a questi livelli di riferi-mento è motivato dal tentativo di consolidare il processo di riqualificazione dell’agricoltura verso forme produttive più sostenibili, caratterizzate da maggiore capacità di soddisfare le aspettative e gli interessi dei consumatori e di raccogliere il con-senso sociale sull’opportunità di fornire un soste-gno economico al settore agricolo.
Inoltre, questo processo di integrazione sta avve-nendo all’interno tanto del primo pilastro della PAC (politiche di mercato), quanto del secondo (sviluppo rurale). A partire dalla fine degli anni novanta, si è proposto un meccanismo in base al quale i beneficiari dei pagamenti diretti devono assicurare il rispetto di alcuni requisiti in materia di protezione ambientale, benessere degli animali e sanità pubblica. L’inosservanza di tali requisiti (livelli di riferimento) dovrebbe convertirsi in una riduzione del sostegno ad essi garantito. Si è crea-to, quindi, il cosiddetto sostegno condizionato o condizionalità (anche cross compliance), che subordina la concessione di pagamenti diretti al rispetto di particolari disposizioni normative. Sul
fronte delle misure di sviluppo rurale, invece, si è ritenuto di dover fornire un sostegno finanziario agli agricoltori che partecipano a un particolare gruppo di interventi, solo a condizione che questi rispettino dei requisiti minimi o che si impegnino a produrre sforzi aggiuntivi, adottando comporta-menti che vadano oltre ciò che viene ritenuto “buono” e “normale”, allo scopo di fornire alla col-lettività particolari esternalità positive.
Questo sistema di introduzione, a più stadi, di livel-li di riferimento, che differiscono tra loro per mate-ria e per contenuto, appare plausibile e sensato; tuttavia, ha determinato una rilevante controindi-cazione per quanto riguarda la proliferazione di svariati "livelli di riferimento". Infatti, la presenza di più livelli - Requisiti Minimi, Buone Pratiche Agricole, Criteri Obbligatori di Gestione, Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali e Buone Pratiche Zootecniche - se, da un lato, consente di graduare e finalizzare meglio gli interventi, dall'al-tro, rischia di generare confusione per gli operatori agricoli e notevoli complicazioni gestionali per le autorità amministrative.
Il documento elaborato dall’INEA, di cui di seguito si presenta una versione sintetica, intende descri-vere il processo di introduzione della condiziona-lità nella politica agricola comune, concentrando l'attenzione sullo stato di attuazione dei requisiti minimi e della buona pratica agricola introdotti con i regolamenti applicativi di Agenda 2000 e sulle prospettive e implicazioni derivanti dall'intro-duzione dei criteri di gestione obbligatori, delle buone condizioni agronomiche e ambientali e della buona pratica zootecnica nell'ambito dei regolamenti della più recente riforma della PAC.
La condizionalità in Agenda 2000
Il Reg. (CE) 1259/1999, relativo alle norme comuni per i regimi di sostegno diretto, dà per la prima volta la facoltà agli Stati membri di introdurre un regime di condizionalità. L'Italia ha deciso di adot-tare come requisiti ambientali alcune misure per una corretta regimazione delle acque, al fine di evitare movimenti franosi e più in generale l'ero-sione del suolo per quanto riguarda i seminativi, mentre, nel caso dei settori delle carni bovine e degli ovini e caprini, viene richiesta una corretta conservazione dei reflui zootecnici per evitare un probabile inquinamento delle risorse idriche. Le percentuali di riduzione dell’importo dei premi
11
numero 19
6 Sintesi del documento "La condizionalità in Agenda 2000 e nella nuova PAC" predisposto dall'INEA nel mese di giugno 2004 nell’ambito delle attività dell’Osservatorio sulle Politiche Strutturali. Al lavoro hanno contribuito un gruppo di ricercatori dell’INEA (M.C. Macrì, A. Povellato, R. Sardone, A. Vagnozzi) e dell’ISMEA (C. Zaccarini Bonelli). La versione integrale del lavoro è disponibile nel sito dell'OPS (www.inea.it/ops/).
numero 19
12
variano da una soglia massima del 2% per il man-cato rispetto della manutenzione delle scoline per i settori dei seminativi ad una del 7% per l'infrazio-ne l'infrazio-nello stoccaggio degli effluenti l'infrazio-nel settore delle carni bovine. L'applicazione di questi requisiti riguarda potenzialmente una superficie agricola ragguardevole (circa il 70% della SAU nazionale) e un altrettanto elevato numero di beneficiari. I controlli, effettuati da personale tecnico specializ-zato, non hanno però dato luogo a un numero rilevante di infrazioni.Il Reg. (CE) 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale prevede che le misure agroambientali e le indennità compensative per le zone svantaggiate nell'ambito dei piani di sviluppo rurale tengano conto della normale "buona pratica agricola" (BPA), intesa come "l'insieme dei metodi colturali che un agricoltore diligente impiegherebbe nella regione interessata". L'Italia ha elaborato delle linee guida nazionali che prevedevano una pro-cedura gestita dalle Regioni articolata in 4 fasi (individuazione delle pratiche agricole normali, ricognizione delle leggi e delle norme applicative in materia d’ambiente, verifica di coerenza delle pratiche individuate con le norme, definizione di impegni specifici di BPA). Le amministrazioni regionali hanno predisposto i documenti sulla BPA in modo generalmente descrittivo. L'ambito di applicazione è stato articolato per colture (o per gruppi di colture) in modo più o meno dettagliato, praticamente in tutte le regioni. Le procedure di controllo si sono differenziate nelle regioni e risulta difficile fornire un resoconto complessivo sull’attua-zione del sistema di controllo e sansull’attua-zione, sebbene vada rilevato che la Corte dei Conti europea e la Commissione hanno evidenziato delle carenze nei sistemi di controllo.
Sempre all’interno dello stesso Reg. (CE) 1257/1999, viene introdotto il tema dei requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli ani-mali (RM), come condizione per l’accesso al soste-gno previsto all’interno delle tre principali misure “strutturali” dei PSR e POR: investimenti nelle azien-de agricole, insediamento azien-dei giovani agricoltori e trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Sulla base di apposite linee guida nazio-nali, ogni Regione e Provincia Autonoma ha alle-gato al proprio documento di programmazione dello sviluppo rurale un elenco, con un numero di norme di riferimento variabile in funzione dei set-tori d’intervento previsti.
Anche nel caso del sistema di controlli e sanzioni e delle procedure di gestione dei PSR e POR, l'iden-tificazione dei requisiti minimi ha assunto una veste molto eterogenea da regione a regione. I
sistemi di controllo dei requisiti minimi sono stati attuati secondo due principali modelli, a seconda che la fase di verifica sia delegata o meno dall’Autorità di gestione del PSR e del POR ad altre Autorità competenti negli altri ambiti normativi diversi dal settore agricolo. Il primo sistema, mag-giormente diffuso, prevede l’accentramento della funzione di controllo amministrativo nell’Autorità di gestione del piano o nei suoi Enti delegati, oppure nell’Organismo Pagatore Regionale. Il con-trollo del rispetto dei requisiti minimi viene effet-tuato sia attraverso la verifica documentale, sia tramite controlli in azienda. In tal caso, tuttavia, i soggetti incaricati del controllo svolgono verifiche su materie per le quali non hanno diretta compe-tenza o particolari conoscenze tecniche. Il secon-do sistema, sperimentato dalla Lombardia, si fonda sul principio della delega tramite apposite convenzioni. La fase di controllo, quindi, viene “esternalizzata” e delegata agli Enti direttamente competenti per le diverse aree normative implica-te (ad esempio, le ASL o le ARPA). A prescindere dal modello adottato, il dispositivo di controllo, per quanto efficace, resta fine a sé stesso, se l’inte-ro sistema delle misure dissuasive e sanzionatorie non viene integrato con la formazione e l’informa-zione degli agricoltori.
La condizionalità secondo la riforma
Fischler
Il Reg. (CE) 1782/2003, sulle nuove norme comuni ai regimi di sostegno diretto, rende obbligatoria l’applicazione della condizionalità, sia per i Paesi membri, che per i singoli operatori. Con questo strumento si stabilisce che gli agricoltori che bene-ficiano di pagamenti diretti debbano rispettare alcuni “criteri di gestione obbligatori” (CGO). Il campo di applicazione della condizionalità viene esteso al di là delle tematiche ambientali, inglo-bando anche nuovi temi: la sanità pubblica, la salute delle piante e la salute e il benessere degli animali. I criteri di gestione sono definiti all’Allegato III del regolamento e si riferiscono a 18 norme comunitarie, con riferimento ad alcuni arti-coli specifici. L’elenco si attesta su un livello abba-stanza minimale, che non ingloba tutta la norma-tiva comunitaria esistente nelle materie individua-te. Lo stesso regolamento già prevede la possibi-lità di un riesame dei contenuti dopo il 2007. Inoltre, nonostante molte norme siano già piutto-sto datate, il rispetto dei criteri previsti viene sca-glionato in tre periodi: tra il 1° gennaio del 2005 e il 1° gennaio del 2007.
13
numero 19
1782/2003 prevede che gli agricoltori beneficiari di pagamenti diretti si impegnino anche “a mantene-re la terra in buone condizioni agronomiche e ambientali” (BCAA). Tale obbligo riguarda tutte le terre agricole, con particolare riguardo a quelle non più utilizzate a fini di produzione. L’intervento si focalizza esclusivamente su obiettivi di protezione del suolo, individuati all’Allegato IV: mantenimen-to della struttura del suolo e dei livelli di sostanza organica, oltre che degli habitat. Le disposizioni corrispondenti a tali obiettivi non sono definite a livello comune, ma vengono rimandate alle auto-rità nazionali (o regionali) competenti, che devono specificarle in funzione delle caratteristiche partico-lari delle loro diverse zone. Tali requisiti, peraltro, devono essere definiti tenendo conto di quanto previsto con riferimento alle buone pratiche agrico-le stabilite dal regolamento sullo sviluppo ruraagrico-le. Nell’ambito delle BCAA viene disposto anche che “sia mantenuta la proporzione della superficie investita a pascolo permanente rispetto alla super-ficie agricola totale”, risultante al 2003, al fine di garantire i benefici ambientali connessi a tale forma di utilizzo della terra. Tuttavia, sono ammes-se deroghe, a condizione che siano evitate riduzio-ni sigriduzio-nificative di detta proporzione (non oltre il 10%). E’ fatto salvo il caso in cui le superfici siano destinate all’imboschimento, effettuato compatibil-mente con le esigenze dell’ambiente naturale. Qualora si registri una tendenza della quota di superficie a pascolo permanente a diminuire, il Paese membro deve rilasciare un’autorizzazione preventiva alla conversione; mentre, se il manteni-mento della proporzione non è più garantito, il Paese deve imporre, solamente a coloro che hanno trasformato i propri pascoli, di riconvertire a questa destinazione le superfici adibite ad altri usi. L’inosservanza delle norme imposte con i CGO e le BCAA comporta la perdita del diritto al pagamen-to pieno dell’aiupagamen-to spettante. La riduzione dell’aiu-to tiene condell’aiu-to della gravità, della portata, della durata e della frequenza dell’infrazione commessa e varia entro il 5%, per le negligenze (fino al 15% in caso recidiva), e dal 20% al 100%, per le infra-zioni dolose. Gli importi derivanti dalla condiziona-lità ritornano all’UE, mentre gli Stati membri posso-no trattenerne al massimo il 25% degli importi recuperati. Agli Stati membri è affidato il compito di verificare il rispetto degli obblighi imposti agli agricoltori, tramite enti specializzati o l’Organismo Pagatore, effettuando controlli su almeno l’1% dei complessivi beneficiari di pagamenti diretti. Secondo i dati elaborati da AGEA, in Italia la superficie soggetta alla condizionalità dovrebbe investire almeno quasi 8 milioni di ettari. In realtà,
è probabile che la superficie soggetta a condizio-nalità si attesti intorno agli 11-12 milioni di ettari. Dato che le BCAA dovrebbero servire soprattutto a evitare l'abbandono di superfici agricole, si deve tener conto che, in Italia, la superficie agricola si sta contraendo al ritmo del -0,9% all'anno, in gran parte a causa della scarsa convenienza allo sfrut-tamento agricolo delle superfici più marginali. Questo significa che, nei prossimi anni, l'eventuale abbandono derivante dalla nuova riforma dovrebbe essere contabilizzato al netto di questa tendenza di lungo periodo.
Le BCAA interessano anche la gestione del suolo delle superfici coltivate. L'impatto più o meno significativo che queste produrranno dipenderà non soltanto dal tipo di requisiti minimi che ver-ranno fissati, ma anche dal tipo di pratiche agri-cole attualmente in uso (ad esempio, nel caso delle superfici a seminativo, circa il 14% viene gestito in monosuccessione; quasi il 50% è interes-sato da lavorazioni superiori ai 40 cm., all'incirca il 19% è fertilizzato con letame e solo il 2% è investito a sovescio di leguminose o a colture di copertura) e dalle pratiche agricole che attualmente vengo-no incentivate attraverso le misure agroambienta-li. A fronte di una diffusione modesta delle prati-che a basso impatto ambientale, sembra evidente che gli interventi volti a rendere obbligatorio il rispetto di determinate pratiche agricole devono essere formulati anche sulla base dei costi di gestione e di adattamento a cui andranno incon-tro gli agricoltori.
Un ulteriore aspetto di rilievo della riforma Fischler risiede nel Reg. (CE) 1783/2003, che modifica alcu-ne norme dello sviluppo rurale e introduce, tra le misure ambientali (che diventano agro-ambiente e benessere degli animali), un sostegno agli allevatori che assumono impegni a favore del benessere degli animali. L'introduzione di una nuova misura a favore del benessere degli anima-li ha indotto il legislatore ad ampanima-liare il contenuto della BPA, consentendo la predisposizione di misu-re “che oltmisu-repassano l'applicazione delle normali BPA, comprese le buone pratiche inerenti al setto-re zootecnico” (BPZ). Gli agricoltori che adottano una qualsiasi misura agro-ambientale, quindi, si devono impegnare a rispettare le BPA anche nel-l'allevamento del bestiame. I nuovi obblighi gestionali finalizzati alla sostenibilità ambientale delle tecniche di allevamento dovrebbero riguar-dare, ad esempio: la formulazione della dieta, le caratteristiche dei ricoveri - che, a loro volta, determinano la tipologia degli effluenti, liquami o materiali solidi - la scelta della razza e la selezione genetica, che influisce sull’efficienza produttiva, e
14
numero 19 anche gli aspetti sanitari. Tuttavia, il Reg. (CE)1783/2003 sembra mettere in stretta relazione i “requisiti minimi regolamentari”, da assumere come livello minimo di riferimento per l’applicazio-ne della misura, agli standard normativi relativi a questa materia, che si sono susseguiti negli anni. Questi ultimi però afferiscono, quasi esclusivamen-te, a vincoli strutturali, peraltro riferiti a modelli di produzione intensivi, che poco dicono circa gli aspetti gestionali dell’allevamento e che hanno con la sostenibilità ambientale una relazione incerta; infatti, è addirittura possibile che tali vin-coli producano un peggioramento rispetto alle condizioni ambientali. La definizione dei livelli di riferimento acquista connotati di urgenza nella misura in cui le BPZ faranno parte delle normali BPA, che vanno osservate dall’agricoltore nel complesso della gestione aziendale.
Nel complesso, con la riforma Fischler sono state inserite nuove norme (CGO, BCAA e BPZ), che vengono ad aggiungersi e, in alcuni casi, a sovrapporsi ad altre già attivate nell’ambito delle riforme di Agenda 2000, in particolare con alcune norme incluse nella programmazione 2000-2006 dei POR e dei PSR (RM e BPA). Questo processo di stratificazione dei livelli di riferimento stimola un’a-nalisi di confronto tra i diversi contenuti normativi imposti e impone una riflessione finalizzata a com-prendere le possibili sovrapposizioni, le eventuali contraddizioni, ma anche le possibili sinergie fra le politiche attivate nel contesto del “primo e del secondo pilastro” della PAC.
In particolare, il confronto fra l’elenco dei RM in materia di ambiente, igiene e benessere degli ani-mali dei POR e dei PSR con i CGO ricompresi nell’Allegato III del Reg. (CE) 1782/2003 mostra l’e-sistenza di numerose norme contemplate da entrambi i livelli di riferimento (prospetto 1). Ciononostante, mentre nel caso dei RM ci si limita a una mera elencazione dell’intero riferimento normativo, nel caso dei CGO il riferimento assume una veste più puntuale, con la specificazione di precisi articoli delle direttive e dei regolamenti contemplati. Inoltre, per molte delle norme previ-ste nell’ambito dei RM, esistono già procedure applicative collaudate, a cui sarebbe opportuno ispirarsi per impostare un efficiente sistema di gestione dei CGO.
Viceversa, confrontando quanto indicato nelle linee guida nazionali relativamente alle BPA previ-ste per l’applicazione delle misure agroambientali dei PSR con i contenuti delle BCAA dell’Allegato IV del Reg. (CE) 1782/2003 emergono maggiori criti-cità (prospetto 2). In questo caso, infatti, si rileva la presenza di sovrapposizioni tra le disposizioni, che
potrebbero comportare situazioni di incompatibi-lità fra i due sistemi. Un confronto più puntuale evi-denzia come il campo di applicazione delle BCAA sia circoscritto solo ai due ambiti della gestione del suolo e del mantenimento di un livello minimo di interventi per evitare il deterioramento degli habi-tat, mentre le BPA abbracciano, di norma, l’intero spettro delle operazioni agronomiche. Ciò induce a ritenere che le BCAA rappresentino un livello “minimo” di gestione dei terreni. In quest’ottica, è stato immaginato uno scenario in cui le BCAA si situano su un livello posto al di sotto delle BPA. Pertanto, la loro definizione pratica dovrebbe disci-plinare nel dettaglio solo parte delle norme elen-cate, omettendo quelle per le quali siano rilevabili delle sovrapposizioni con la BPA.
Con particolare riferimento alle norme specifiche dell’Allegato IV, sono state prefigurate alcune pos-sibili opzioni per la definizione delle norme di BCAA ed evidenziati i conseguenti risvolti applica-tivi, anche in termini di procedure di controllo e sanzione. Da un punto di vista operativo, appare ragionevole che le norme di dettaglio delle BCAA siano definite a livello regionale; tuttavia, non bisogna dimenticare che, trattandosi di norme minime di gestione dei terreni, potrebbe essere sufficiente l’elaborazione di un elenco uniforme omogeneo a livello nazionale, così come è avve-nuto nel caso dell’applicazione del Reg. (CE) 1259/1999. Potrebbe, altresì, essere previsto un cri-terio di flessibilità, che lasci a livello regionale la scelta delle norme da applicare fra quelle elenca-te nel “menù” nazionale.
Sul fronte del sistema sanzionatorio connesso alle violazioni della condizionalità, si rileva che que-sto, oltre a essere impostato sui requisiti fissati dal Reg. (CE) 796/2004, dovrebbe tenere conto anche della necessità che le infrazioni siano chiaramente individuabili in base ad indicatori oggettivi e che, per quanto possibile, le sanzioni conseguenti siano proporzionate alle infrazioni rilevate.
La riforma Fischler ripropone anche il tema della consulenza all’impresa quale strumento per l’at-tuazione degli obiettivi di politica agricola. È previ-sta, infatti, l’istituzione di un sistema volontario di consulenza agli agricoltori sulla conduzione della terra e dell’azienda che “come minimo” si occupi dei CGO e delle BCAA, oggetto della condiziona-lità. Il sistema di consulenza sarà oggetto di una misura di sviluppo rurale che ha come obiettivo il “Rispetto delle norme”, ovvero il fine di sostenere gli agricoltori nel processo di adeguamento alle norme della legislazione comunitaria in materia di ambiente, sanità pubblica, salute delle piante e degli animali e sicurezza sul lavoro. Tale misura
15
numero 19
Elenco dei Requisiti minimi secondo il Reg. (CE) 1257/99
Elenco dei Criteri di Gestione Obbligatori (allegato III Reg. (CE) 1782/2003)
Contenuto della normativa Normativa
Comunitaria Riferimento Ambiente
Conservazione della natura Reg. (CEE) 1972/84
Inquinamento atmosferico Dir. 84/360/CEE
Conservazione degli uccelli selvatici Dir. 79/409/CEE Articoli 3, articolo 4 paragrafo 1, 2, 4 articoli 5, 7 e 8
Norme relative alle pratiche di fertilizzazione Dir. 91/271/CEE
e di diserbo Dir. 91/276/CEE
Protezione dell’ambiente, in particolare del suolo,
nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura Dir. 86/278/CEE Articolo 3 Protezione delle acque dall’inquinamento provocato
da nitrati provenienti da fonti agricole Dir. 91/676/CEE Articoli 4 e 5
Conservazione degli habitat naturali e seminaturali Dir. 92/43/CEE Articoli 6, 13, 15 e 22 lettera b)
Rifiuti Dir. 91/156/CEE
Rifiuti pericolosi Dir. 91/689/CEE
Imballaggi e rifiuti di imballaggio Dir. 94/62/CE
Valutazione di impatto ambientale Dir. 85/337/CEE
Acque reflue urbane Dir. 91/271/CEE
Dir. 98/15/CE Scarichi di acque reflue domestiche provenienti Dir. 91/271/CEE, da insediamenti civili diversi dalle abitazioni Dir. 98/15/CE Gestione dei rifiuti di origine animale Dir. 91/997/CEE Qualità dell'aria ed emissione in atmosfera Dir. 96/61/CE Igiene alimentare
Controllo ufficiale dei prodotti alimentari Dir. 89/397/CEE Produzione e immissione sul mercato degli ovoprodotti Dir. 89/437/CEE Residui antiparassitari in alcuni prodotti di origine vegetale Dir. 90/642/CE
Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari Dir. 91/414/CEE Articolo 3 Produzione e commercializzazione di carni di coniglio
e di selvaggina di allevamento Dir. 91/495/CEE
Produzione, immissione sul mercato e Dir. 91/497/CEE
scambio di carni fresche Dir. 91/498/CEE
Scambi intracomunitari di prodotti a base di carne Dir. 92/5/CEE Scambi di carni fresche di volatili da cortile Dir. 92/116/CEE Produzione e commercializzazione di latte crudo,
latte trattato termicamente e prodotti a base di latte Dir. 92/46/CEE
Identificazione e registrazione degli animali Dir. 92/102/CEE Articoli 3, 4 e 5 Autocontrollo per l’igiene e la sicurezza Dir. 93/43/CEE
dei prodotti alimentari Dir. 96/3/CE
Prospetto 1 - Confronto tra il contenuto dei RM in materia di ambiente igiene e benessere
degli animali relativi alle misure del Reg. (CE) 1257/99 e i CGO del Reg. (CE) 1782/03
16
numero 19Elenco dei Requisiti minimi secondo il Reg. (CE) 1257/99
Elenco dei Criteri diGestione Obbligatori (allegato III Reg. (CE) 1782/2003)
Contenuto della normativa Normativa
Comunitaria Riferimento Igiene alimentare
Divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione
ormonica nelle produzioni animali Dir. 96/22/CE Articoli 3, 4, 5 e 7
Misure di controllo su talune sostanze e loro residui
negli animali vivi e nei loro prodotti Dir. 96/23/CE Benessere degli animali
Approvazione della Convenzione del Consiglio
d’Europa sulla protezione degli animali negli allevamenti Dec. 78/923/CEE Norme minime per la protezione dei vitelli Dir. 91/629/CEE
Dir. 97/2/CE Articoli 3 e 4 Dec. 97/182/CE
Norme minime per suini Dir. 91/630/CEE Articoli 3 e 4 paragrafo 1
Protezione degli animali durante la macellazione
o l’abbattimento Dir. 93/119/CEE
Protezione degli animali durante il trasporto Dir. 91/628/CEE Dir. 95/29/CE
Norme sulla protezione degli animali negli allevamenti Dir. 98/58/CE Articolo 4 Norme minime per la protezione delle galline
ovaiole in batteria Dir. 99/74/CE
Altre norme presenti nel Reg. (CE) 1782/03 Dir. 80/68/CEE concernente la protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato
da certe sostanze pericolose Articoli 4 e 5
Dir. 85/511/CEE che stabilisce misure contro l’afta
epizootica Articolo 3
Dir. 92/119/CEE che introduce misure generali contro alcune malattie degli animali nonché misure specifiche
per la malattia vescicolare dei suini Articolo 3
Reg. (CE) 2629/97, che stabilisce modalità di applicazione del Reg. (CE) 820/97 per quanto riguarda i marchi auricolari, il registro delle aziende, e i passaporti previsti dal sistema di identificazione
e registrazione dei bovini Articoli 6 e 8
Reg. (CE) 1760/2000, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini;
e abroga il Reg. (CE) 820/97 Articoli 4 e 7
Dir. 2000/75/CE, che stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre
catarrale degli ovini Articolo 3
Reg. (CE) 999/2001, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie
spongiformi trasmissibili Articoli 7, 11, 12, 13 e 15
Reg. (CE) 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti Articoli 14, 15, 17,
generali delle legislazione alimentare paragrafo 1, 18, 19, e 20
17
numero 19
prevede due modalità di intervento: un sostegno temporaneo a copertura parziale dei costi sostenu-ti e delle perdite di reddito derivansostenu-ti dall’applica-zione di norme rigorose e un sostegno per la copertura parziale dei costi dei servizi di consulen-za aziendale.
In Italia, i servizi alle imprese agricole sono di competenza delle regioni da più di 15 anni e sono una realtà operativa articolata e complessa, in termini sia di strutture che di offerta di assistenza. E’, quindi, auspicabile che l’introduzione di questo strumento avvenga nell’ambito dei servizi
regio-nali esistenti, senza l’attivazione di un sistema ad hoc, che concorrerebbe ad aumentare la confu-sione dei ruoli e la duplicazione delle funzioni. In un’ottica di programmazione complessiva della materia, si pone anche il problema delle modalità di erogazione dell’aiuto. Il sostegno finalizzato a coprire i maggiori costi e il mancato reddito per le imprese che dovranno conformarsi alle nuove norme comunitarie è uno strumento innovativo, che ha l’obiettivo di accelerare l’adeguamento delle imprese. Tuttavia, richiederà allo Stato mem-bro un importante sforzo per definire gli aspetti tecnici ed economici di dettaglio.
Prospetto 2 - Confronto tra il contenuto della Buona Pratica Agricola secondo il Reg. (CE)
1257/99 (fonte: Documento MIPAF, 2000) e l'elenco delle Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali secondo il Reg. (CE) 1782/03
Gestione del suolo
Avvicendamento delle colture Fertilizzazione Difesa fitosanitaria e diserbo Irrigazione Interventi di potatura
Gestione del suolo e del cotico erboso
Gestione terreni abbandonati e aree non coltivate
- Lavorazioni (lavorazioni in “tempera”) - Regimazione delle acque superficiali
(manutenzione delle scoline; in zone declivi, solchi acquai temporanei) - Gestione degli interfilari (idonee pratiche
di riduzione dell'erosione)
- Limitare le monosuccessioni ai casi moti-vati
- Impostare pratica fertilizzazione su esi-genze nutritive della coltura
- Impiego efficiente dei concimi
- Identificazione del fitofago, del patoge-no e dell'infestante e dei mezzi di difesa più idonei
- Impiego di fitofarmaci e diserbanti solo alle condizioni riportate in etichetta - Impiego di metodi irrigui efficienti in
fun-zione del tipo di terreno, della disponibi-lità idrica, del clima e delle colture - Interventi cesori con giusto equilibrio fra
entità della vegetazione e della produ-zione
- Eliminazione delle parti secche e, ove necessario, delle parti parassitate e malate
- Manutenzione delle scoline e dei canali collettori permanenti
- Limitaz. dei danni da compattamento - Effettuazione di idonee pratiche colturali
per eliminare malerbe che peggiorano la qualità del cotico erboso
Assente
Erosione (copertura minima del suolo; minima gestione del suolo che rispetti le condizioni locali specifiche; mantenimento dei terrazzamenti) Sostanza organica (gestione delle stoppie) Struttura del suolo (uso adeguato delle macchi-ne)
Sostanza organica (norme inerenti alla rotazione delle colture ove necessario)
Assente
Assente
Assente
Assente
Struttura del suolo (uso adeguato delle macchi-ne)
Livello minimo di mantenimento (Protezione del pascolo permanente; Evitare la propagazione di vegetazione indesiderata sui terreni agricoli)
Livello minimo di mantenimento (Densità di bestiame minime e/o regimi adeguati; Mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio;)
Buone condizioni agronomiche e ambientali (Allegato IV)
Elenco indicativo di buone pratiche agricole