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Orientamenti diagnostico-terapeutici in tema di Tumori Stromali Gastrointestinali: considerazioni su una serie di 27 pazienti.

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UNIVERS

FACOLTA

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN CHIRURGIA DELL’APPARATO DIGERENTE ED ENDOSCOPIA DIGESTIVA CHIRURGICA

TESI

ORIENTAMENTI DIAGNOSTICO

TEMA DI TUMORI

CONSIDERAZIONI SU UNA SERIE DI

Candidato:

Dott. Lorenzo FREGOLI

ANN

ERSITA DEGLI STUDI DI

TA DI MEDICINA E CHIR

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN CHIRURGIA DELL’APPARATO DIGERENTE ED ENDOSCOPIA DIGESTIVA CHIRURGICA

TESI DI SPECIALIZZAZIONE

ORIENTAMENTI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI IN

ORI STROMALI GASTROINTE

CONSIDERAZIONI SU UNA SERIE DI 28

chiar.mo Prof.

Dott. Lorenzo FREGOLI

NNO ACCADEMICO 2011/2012

DI PISA

RURGIA

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN CHIRURGIA DELL’APPARATO DIGERENTE ED ENDOSCOPIA DIGESTIVA CHIRURGICA

TERAPEUTICI IN

NTESTINALI:

8 CASI.

Relatore: chiar.mo Prof. Paolo MICCOLI

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Ai miei genitori

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GENERALITA’ SUI GISTs

I GISTs, acronimo dell’inglese Gastro-Intestinal Stromal Tumors, sono definiti come neoplasie mesenchimali del tratto gastrointestinale costituiti da cellule a morfologia fusata o epitelioide che esprimono, salvo rari casi, la proteina KIT; essi sono le più comuni forme di neoplasia non epiteliale del tratto gastrointestinale e rientrano nella categoria dei tumori mesenchimali gastrointestinali (GIMT); per quanto vengano considerati come neoplasie di rara presentazione, rappresentano circa l’ 1-3% di tutte le neoplasie dello stomaco, il 20% delle neoplasie dell’intestino tenue ed il 0,2-1% delle neoplasie del colon-retto.

Cenni storici

Nel 1940 furono identificati alcuni tumori a partenza dalle cellule muscolari della parete del tratto gastrointestinale comprendenti varie tipologie di neoplasie con caratteristiche simili. Si pensava, quindi, che la maggior parte della neoplasie mesenchimali del tratto digerente avesse origine dalle cellule muscolari lisce. Successivamente risultò tuttavia evidente che solo una piccola parte di questi tumori presentava tutte le caratteristiche assimilabili alle neoplasie delle cellule muscolari lisce, mentre per la maggior parte presentavano peculiarità cliniche, strutturali e citologiche non sovrapponibili a tali neoplasie; infatti alcuni di questi tumori erano particolarmente resistenti alla chemioterapia standard usata

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per i leiomiosarcomi di altre sedi, e mancavano delle caratteristiche antigeniche standard che definivano le neoplasie delle cellule muscolari lisce di altri distretti.

Infatti Stout e Coll descrissero nel 1962 neoplasie della muscolatura liscia gastrica caratterizzate da cellule rotonde, a morfologia epitelioide e le definirono leiomiomi, leiomioblastomi, leiomiosarcomi o leiomiomi bizzarri, nella convinzione che derivassero da cellule muscolari lisce primitive o immature. Fu con l’introduzione dell’immunoistochimica nei primi anni ottanta, che Mazur e Clark (1983) dimostrarono l’assenza di marcatori muscolari e la presenza di marcatori neurali, come l’enolasi neurone-specifica e la proteina S100, in alcune di queste lesioni: coniarono allora la definizione di GISTs, ad indicare un gruppo di neoplasie non epiteliali caratterizzate dalla proliferazione di cellule mesenchimali immature che mostrano una parziale o incompleta differenziazione verso le cellule muscolari e nervose. Nel 1998 Kitamura e Hirota evidenziarono il ruolo di un proto-oncogene denominato c-kit (gene KIT, cromosoma 4q21) nella patogenesi di queste neoplasie, scoperta che diede notevole sviluppo alla realizzazione di terapie mirate contro questo tipo di tumori. In seguito, tenendo conto di alcune somiglianze, è stata suggerita una correlazione tra i GISTs e le cellule interstiziali di Cajal (Kindblom, 1999). Nel 2000 venne identificato l’antigene della proteina KIT: il CD117 (Miettinen, 2000); dal 2002 per la diagnosi istologica di GIST viene considerata necessaria la positività

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morfologiche. Joensuu nel 2001 descrisse per la prima volta l’utilizzo di Imatinib mesilato per la terapia medica di queste neoplasie e nel 2003 venne poi stabilito da Heinrich il rapporto tra il numero di esone mutato a livello dell’oncogene c-kit e la risposta alla terapia.

Epidemiologia

I GISTs insorgono generalmente negli adulti di età maggiore di 50 anni, con un’età media dei pazienti al momento della diagnosi di circa 60 anni [1,2]. La diagnosi di GIST sporadici in pazienti con età minore di 40 anni è insolita; occasionalmente sono stati diagnosticati GISTs in pazienti in età pediatrica, in particolare nella seconda decade di vita, i quali presentavano frequentemente localizzazione a livello dello stomaco .

Pochi casi di forme familiari di GISTs sono stati riportati fino dalla loro prima descrizione nel 1998 [3], con presentazione di tipo autosomico dominante e la presenza di mutazioni genetiche a livello delle sub unità B,C,D del gene della succinato deidrogenasi [4].

Inoltre i GISTs raramente si presentano in associazione con altre sindromi tumorali, come la neurofibromatosi di tipo I; in questa associazione si presentano spesso multifocali ed a livello dell’intestino tenue. Aidan

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Carney per primo descrisse l’associazione di GIST gastrico con paraganglioma extrasurrenalico e condroma polmonare, chiamata successivamente triade di Carney; in aggiunta, recentemente sono stati considerati componenti della triade anche i tumori adrenocorticali e i leiomiomi esofagei.

La distribuzione tra i sessi non mostra nessuna differenza significativa, anche se è stata rilevata una incidenza lievemente maggiore di forme maligne negli uomini. Si ritiene attualmente che l’incidenza sia circa 10-20 casi annui per ogni milione di persone; tale valore sembra non mostrare differenze di genere, etnia o regione geografica [5]. Si stima che ogni anno negli USA si registrino dai 2000 ai 5000 nuovi casi di GISTs, in Italia il valore si aggira intorno ai 600-1000 casi. Tenendo conto dei recenti progressi in ambito diagnostico e per il rinnovato interesse per questa patologia, l’incidenza dei GISTs potrebbe essere notevolmente maggiore di quanto si stimi attualmente.

Localizzazione

I GISTs possono interessare qualsiasi segmento del tratto gastroenterico. Tuttavia le sedi elettive di presentazione della malattia sono lo stomaco (50-60% dei casi e 2% dei tumori gastrici) e l’intestino tenue (20-30% e 10-15% dei tumori del tenue). Il colon-retto (5-10% cioè 0,1% dei tumori colo-rettali), il retroperitoneo, la colecisti, il pancreas, l

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appendice (1-2%), l’esofago (1-5%), l’omento e il mesentere (1-5%) sono sedi primarie meno frequenti e nella maggior parte dei casi le

ultime due sono sedi di metastasi[6].

Sono in origine intramurali con la tendenza a dare luogo a lesioni esofitiche o endoluminali. La metastatizzazione a livello dei linfonodi è estremamante rara; sedi frequenti di metastasi, nei casi a comportamento maligno (10-30% dei casi) sono il fegato (circa 65%) ed il peritoneo (circa 20%); la diffusione allo scheletro, ai tessuti molli, ai polmoni, alla cute o ad altre sedi extraaddominali è decisamente insolita.

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Istogenesi

Si ritiene che i tumori stromali gastrointestinali derivino dalle cellule interstiziali di Cajal ( ICC) o dai loro precursori[7,8]. Le cellule di Cajal hanno caratteristiche intermedie fra quelle delle cellule nervose e quelle delle cellule muscolari e sono deputate alla generazione della peristalsi. Fisiologicamente, il sistema delle cellule interstiziali di Cajal si interfaccia tra l'innervazione autonoma della parete intestinale e l'attività ad onde lente della muscolatura del tubo digerente; si localizzano quindi attorno al plesso mioenterico o frammiste alle cellule muscolari lisce della muscolare propria della parete gastrointestinale. Le ICC esprimono il recettore transmembrana tirosin-chinasico KIT (CD 117) di 145 kD. Quest ultimo è codificato dal gene c-Kit (14q11-12) ed è essenziale per lo sviluppo e l attività di questa popolazione cellulare. I GISTs esprimono il recettore KIT nella quasi totalità dei casi ( a differenza dei veri tumori del muscolo liscio). Questi dati sembrerebbero confermare l’ipotesi che i GISTs potrebbero originare da una cellula staminale che può differenziarsi verso un fenotipo ICC.

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Caratteristiche anatomopatologiche macroscopiche

I GIST solitamente si presentano come neoplasie solide grigio-biancastre, intramurali o meno frequentemente come masse polipoidi intraluminali. I tumori di grandi dimensioni nella maggior parte dei casi formano masse sporgenti dalla parete esterna dell’intestino e coinvolgenti in alcuni casi i piani muscolari adiacenti. Molti tumori voluminosi mostrano un area centrale cistica ed alcuni sviluppano un aspetto simil-diverticolare con la massa neoplastica esterna che comunica col lume tramite una fistola.

Foto: GIST del colon discendente, ulcerato e ascessualizzato, in donna di 39 anni ricoverata in urgenza per dolore addominale. A B

A/Voluminosa massa (circa 20cm di diametro) a partenza dal

versante antimesenterico di ansa del tenue medio

B/Neoformazione sessile di circa 2 cm di diametro di pertinenza dell ultima porzione duodenale

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Nella maggior parte dei casi si presentano non capsulati anche se ben circoscritti, friabili (rischio di rottura durante l intervento chirurgico) e frequentemente la mucosa soprastante si presenta ulcerata. Le caratteristiche indice di malignità sono l invasione, la multicentricità e la presenza di metastasi.

Caratteristiche istologiche e immunoistochimiche

I GIST possono presentare un fenotipo variabile: a cellule fusate o spindle (70% dei casi), epitelioidi (20%), o di tipo misto (10%). Le cellule fusate di solito si dispongono in corti fasci o spirali, mentre le lesioni epitelioidi mostrano spesso una architettura a nidi. Alcune lesioni sono associate ad un prominente stroma mixoide, deposizione di collagene e/o emorragie interstiziali. I nuclei sono uniformi, ovoidali o rotondi, con cromatina vescicolare. Una minoranza dei tumori presenta invece un considerevole pleomorfismo cellulare.

Istotipo a cellule fusate : con nuclei allungati Istotipo misto. Istotipo a cellule epitelioidi: cellule tondeggianti con nucleo centrale.

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La positività per KIT (CD117) è tipica della stragrande maggioranza dei GIST: è generalmente intensa, citoplasmatica diffusa, oppure citoplasmatica e di membrana e spesso interessa più del 95% delle cellule tumorali. Esistono rari casi di GIST CD117 negativi all'immunoistochimica, indipendentemente da errori di campione o artefatti tecnici. Tuttavia il CD117 non è specifico per i GIST e molti altri tipi di tumore possono esprimerlo, come l’angiosarcoma, il sarcoma di Ewing, il mastocitoma e il seminoma, anche se queste neoplasia difficilmente si trovano in diagnosi differenziale con i GISTs. Al contrario, sia i leiomiosarcomi che i tumori maligni del sistema nervoso autonomo gastrointestinale, che pongono spesso problemi proprio per la diagnosi differenziale, sono solitamente negativi. Per questo l'iperespressione del CD117 ha una grande importanza ai fini diagnostici. In ogni caso, la diagnosi definitiva di GIST è anatomopatologica e risulta dall'integrazione di dati clinici, caratteristiche morfologiche, immunoistochimiche e, se necessario, tecniche di biologia molecolare.

A B

Foto: Colorazioni immunoistochimiche per CD 117 (A) e CD34 (B) ad

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Oltre al CD117, i GISTs possono presentare una positività per il CD34: antigene delle cellule staminali emopoietiche (60-70%), per l'actina del muscolo liscio(30-40%); per la vimentina: componente del citoscheletro (>10%); e per la proteina S-100 (5%). Meno frequenti sono la desmina ( proteina dei filamenti intermedi) e la cheratina (1-2%).

Patogenesi : Mutazioni del gene KIT e PDGFRA.

Le due mutazioni implicate nella patogenesi di questi tumori sono reciprocamente escludenti. L attivazione costitutiva di KIT e PDGFRA determina la fosforilazione di una tirosina chinasi appartenente alle molecole intracitoplasmatiche che agiscono come secondi messaggeri, attivando una cascata fattori, che alla fine attivano a loro volta la mitosi cellulare; quindi la mutazione del gene KIT porta, in definitiva, ad una attivazione incontrollata del sito della tirosina kinasi che produce a sua volta, una proliferazione cellulare incontrollata.

Nei GISTs a presentazione sporadica le mutazioni patogenetiche si possono verificare in varie regioni del gene KIT: in ordine decrescente di frequenza, gli esoni 11 (circa 67%, nella regione iuxta-membrana), 9 (extracellulare,18% ), 13 e 17 (dominio tirosin chinasico, 4%). Il recettore KIT va incontro a omodimerizzazione dopo stimolazione del ligando, con autofosforilazione dei residui tirosinici e successivamente fosforilazione di diversi substrati (P13-K, Shc, Shp1, ecc..) col risultato finale di regolazione della proliferazione, sopravvivenza e adesione cellulare. Mutazioni del gene KIT che causano l’attivazione costitutiva della

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funzione tirosin-chinasica, si ritrovano all incirca nel 75 - 80% dei GISTs e sono responsabili dell invio di segnali di crescita e di sopravvivenza cellulare che insieme a un alterazione del processo apoptotico.

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Mutazioni del dominio iuxtamembrana (esone 11).

La regione iuxtamembrana ha la funzione di inibire la dimerizzazione del recettore in assenza del ligando e le mutazioni in questa regione risultano nell attivazione costitutiva del recettore, sono il risultato di delezioni ed inserzioni a livello dei codoni 557-559 e si associano a neoplasia clinicamente e istologicamente maligna.

Mutazioni del dominio extracellulare (esone 9).

Anche le mutazioni a livello della regione extracellulare portano ad un attivazione costitutiva del recettore, si ritrovano associate alla localizazione dei GISTs nell intestino tenue; sono conseguenti a duplicazioni ed inserzioni AY 501-502 e si associano preferenzialmente a neaplasie maligne.

Mutazioni del dominio tirosin-chinasi 1 (esone 13) e mutazioni del loop di attivazione (esone 17).

Queste mutazioni sono rappresentate complessivamente in non più del 1-2% dei GISTs i quali sono caratterizzati da una frequente morfologia “spindle”. I GISTs con mutazione a livello dell’esone 17 sono due volte più rappresentati a livello del piccolo intestino; i GISTs con mutazione a livello dell’esone 13 presentano leggera predominanza nella localizzazione a livello intestinale e sembrano maggiormente sensibili al Sunitinib. I GISTs con mutazione dell’esone 13 e localizzazione gastrica hanno dimensioni maggiori e maggiore aggressività rispetto alla media dei GISTs, mentre quelli con localizzazione nel tenue e quelli con mutazione dell’esone 17 presentano dimensioni ed aggressività nella media. 20

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Alcuni GISTs (7-8%) presentano una mutazione a carico del gene che codifica per il PDGFRA (Platelet- Derived Growth Factor Receptor, Alpha), recettore ad attività tirosin-chinasica a cui si lega il fattore di crescita di derivazione piastrinica ( PDGF); di 65 kD, sito sul cromosoma 4 (4q12); contiene 23 esoni. Tre diverse regioni possono essere affette da mutazioni nei GISTs : in ordine decrescente di frequenza, gli esoni 18 (loop di attivazione), 12 (dominio transmembrana) e 14 che si vengono così a trovare i uno stato di permanente fosforilazione. I GISTs caratterizzati da mutazioni del PDGFRA mostrano alcune caratteristiche peculiari: sono più spesso epitelioidi e a localizzazione quasi esclusivamente gastrica.

Tra il 10 e il 15% dei GISTs sono KIT e PDGFRA negativi e

vengono considerati GISTs wild type .

Frequenza delle mutazioni riscontrate

70,00% 63,75% 60,00% 50,00% 40,00% 30,00% 20,00% 14,91% 15,95% 10,00% 0,00% 1,54% 0,77% 3,07%

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Alcuni studi hanno valutato l importanza da un punto di vista prognostico delle varie mutazioni: quelle a carico dell esone 11 del gene KIT presentano GISTs a comportamento variabile: in caso di mutazione di tipo delezione essi presentano un comportamento più aggressivo, in caso di sostituzione o duplicazione il comportamento risulta meno aggressivo della media dei GISTs [9]. Le varie mutazioni condizionano anche la risposta alla terapia medica, in quanto quelle a carico del gene KIT sono più sensibili all’inibitore selettivo dell’attività tirosin chinasica, Imatinib[10], mentre quelli associati alla mutazione del PDGFRA presentano una resistenza a questo farmaco[11] anche se hanno generalmente un decorso meno aggressivo.

La sede della mutazione KIT consente anche di prevedere la sopravvivenza globale in corso di terapia con Imatinib. I pazienti con mutazioni negli esoni 11 e 9 sembrano infatti vivere più a lungo rispetto ai pazienti con fenotipo wild type.

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Infine, in caso di malattia metastatica, recenti studi hanno evidenziato che l’analisi mutazionale in caso di GISTs a presentazione metastatica influenza notevolemente la prognosi: infatti si è osservato che i GISTs con mutazione a carico dell’esone 11 mostrano una percentuale di risposta alla terapia ed un periodo libero da malattia dopo trattamento molto più alti rispetto ai GISTs con mutazione a carico dell’esone 9 [12] o fenotipo wild

type.

Fattori di rischio

In alcuni casi (meno del 5%), i GISTs sono associati in ordine decrescente di frequenza con la neurofibromatosi di tipo 1, con la triade di Carney, oppure possono presentare i caratteri di una sindrome familiare con mutazioni interessanti l'oncogene c-kit (esone 11 o 13) della linea germinale.

Nei pazienti affetti da neurofibromatosi, i GISTs si localizzano con maggiore frequenza nel tenue; i tumori sono spesso multipli e di piccole dimensioni, con scarse mitosi e clinica silente.

nella triade di Carney[13]( associazione tra almeno due dei seguenti tumori : GIST, paraganglioma extrasurrenalico, condroma polmonare), i GISTs sembrano interessare esclusivamente lo stomaco, spesso sono di tipo epitelioide, insorgono in giovane età (prima dei 30

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anni) con una netta predominanza femminile: 85%(M:F=1:8-9) e decorso generalmente benigno. Successivamente, Carney et al. suggerirono l esistenza di un ulteriore sindrome, diversa dalla triade di Carney, che associa GISTs gastrici e paragangliomi[14].

Una forma familiare si riscontra in una condizione ereditaria molto rara (Maeyama 2001), per la quale è stato proposto il nome di GIST- malattia. Le mutazioni ereditarie dell esone 11 presentano iperpigmentazione della cute perineale, ascellare, delle mani e della faccia; mastocitosi cutanea (urticaria pigmentosa); insorgenza di GISTs multipli benigni e maligni (diagnosi in età giovanile) e iperplasia neuronale del tenue.

Le mutazioni ereditarie dell’esone 13 si presentano con GISTs multipli a basso grado del duodeno e del digiuno in assenza di altre manifestazioni; quelle dell esone 17 con GISTs multipli di stomaco e tenue.

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Esordio e storia clinica.

La presentazione clinica dei GISTs è estremamente variabile ed il quadro dipende dalla situazione anatomica e dalle dimensioni del tumore. I GIST tendono a crescere dall'interno della parete gastrointestinale verso l'esterno, formando voluminose masse addominali spesso asintomatiche. La mucosa può essere risparmiata per lungo tempo, per questo sono solitamente assenti segni clinici di allarme, come il emorragia gastrointestinale. In linea generale, si presentano :

In emergenza: per emorragia intraaddominale o gastrointestinale (ematemesi, melena), perforazione o più raramente occlusione intestinale

Con reperto di massa addominale palpabile con o senza sintomi associati (per esempio: sazietà precoce, dispepsia, vomito e occasionalmente febbre e sudorazione notturna)

Come reperto occasionale durante interventi chirurgici o esami di diagnostica per immagini eseguiti per altri motivi

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I sintomi si possono distinguere in base alla situazione anatomica come segue:

SEDE SEGNI e SINTOMI

Esofago disfagia, odinofagia, calo ponderale,dolore retrosternale, ematemesi

Stomaco sanguinamento*, dolore, anoressia, dispepsia

Tenue dolore, sintomi subocclusivi/ occlusivi

Colon-Retto sanguinamento, alterazioni dell alvo

*acuto (richiede provvedimenti d urgenza) o cronico (anemia) Il sanguinamento è, nella maggior parte dei casi, indice di malignità.

Le dimensioni di questi tumori sono comprese in un range che va da 0,4 a 35-40 cm di diametro. I GISTs di dimensioni inferiori ai 2cm sono solitamente asintomatici. La presenza di metastasi o di disseminazione nella cavità addominale è la principale manifestazione di malignità e circa 20-25% dei GISTs gastrici e 40-50% di quelli del tenue sono clinicamente maligni. Le metastasi possono presentarsi anche dopo 10- 15 anni dalla resezione chirurgica della sede primaria, ragione per cui necessitano di un lungo follow-up.

Diagnosi

La diagnosi di certezza è istologica, con la ricerca mediante tecniche immunoistochimiche del gene difettoso (c-kit) o meglio del suo antigene CD117, su prelievi bioptici. Il riscontro di GIST è spesso

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intraoperatorio, al momento di laparotomie in corso di chirurgia per altre patologie. La biopsia può essere eseguita nel corso di esami endoscopici, se la massa è accessibile dal lume del tratto gastroenterico o sotto guida TC o ecografica. Come reperto associato si possono ricercare anche l’antigene CD34 e la proteina S100.

La colorazione immunoistochimica per il CD117 deve essere sempre eseguita, poiché positiva nella quasi totalità dei casi. D'altra parte, la positività per il CD117 non è di per sé sufficiente per una diagnosi patologica di GIST in quanto altri tumori possono esprimere questo marcatore. Tuttavia, i leiomiosarcomi ed i tumori maligni del sistema nervoso autonomo gastrointestinale, che rappresentano la diagnosi differenziale più comune, sono di solito CD117 negativi. La diagnosi differenziale include inoltre una varietà di tumori epiteliali, neuroendocrini e melanocitari, come pure la fibromatosi intra-addominale (tumore desmoide).

KIT(CD117) CD34 SMA Desmina S-100 GIST +(>95%) +(60-70%) +(30-40%) Raramente 5% + Tumori del

muscolo liscio

+(10-15%) + + Raramente

Schwannomi + +

Fibromatosi Controverso Raramente + Rare cellule

Tabella: Caratteristiche immunoistochimiche per la diagnosi differenziale delle neoplasie a cellule fusate del tratto gastroenterico[15].

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Diagnostica per immagini

Le tecniche di immagine che possono portare alla scoperta o al sospetto di GIST sono:

l ecografia con ultrasuoni ad alta frequenza ed eventualmente l eco-endoscopia

la TC : tecnica prevalentemente di parete la RM

la Gastroscopia e/o rettoscopia

PET: Poiché i tumori stromali gastrointestinali

presentano sempre una glicolisi intensificata, possono essere rilevati anche con la tomografia ad emissione di positroni.

Iter Diagnostico: Per un sospetto di GIST si eseguono:

Anamnesi e esame obiettivo,

Appropriate tecniche di imaging (TC con mdc, PET),

Endoscopia in casi selezionati come nelle masse a sede primaria gastrica,

Ecografia endoscopica,

Tests di funzionalità epatica, emocromo completo,

Esplorazione chirurgica, incluse alcune biopsie pre-intraoperatorie per decidere se la neoplasia è resecabile e per determinare il management di eventuali metastasi,

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Esame istologico di una quantità sufficiente di tessuto per una diagnosi di certezza.

I pazienti con presentazione in emergenza per addome acuto spesso non seguono l’ iter previsto per GIST fino all’arrivo del responso dell anatomia patologica. In questi pazienti è importante avere la conferma che i margini di resezione siano indenni e che non vi sia stata frammentazione della neoplasia durante l’intervento, che non siano presenti metastasi (ecografia epatica) e determinare un accurata stadiazione.

In linea generale i pazienti dovrebbero essere seguiti da un team multidisciplinare di esperti in tumori del tratto gastroenterico (Anatomo- patologo, Chirurgo, Oncologo medico, Radiologo).

Fattori prognostici

I GISTs sono quindi considerati tumori a comportamento biologico estremo, intendendo con ciò la difficoltà nel valutare i caratteri di benignità o di malignità. Importante risulta, nella valutazione del comportamento biologico della neoplasia, considerare le dimensioni, la sede ed il numero delle mitosi insieme alla valutazione di vari parametri come:

Livelli di cellularità : alta cellularità con frequenti aree a nuclei sovrapposti sono segnali di rischio.

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Markers immunoistochimici.

Caratteri macroscopici (evidenze semeiologiche, ecografiche, TC, RM, chirurgiche) : grado di interessamento parietale, aree emorragiche e/o necrotiche, estensione locale e ripetizioni a distanza, ecc..

Anamnesi : dati favorevoli sembrerebbero la giovane età e l eventuale sintomatologia con esordio antecedente l anno.

Parametri molecolari : mutazioni di KIT, ploidia tumorale, p53, ecc. Secondo le linee guida pubblicate nel 2002 per la stratificazione prognostica dei GISTs da Fletcher et al. le caratteristiche più importanti per la valutazione del potenziale biologico di questi tumori erano le dimensioni e l’indice mitotico espresso per 50 HPFs (high power fields)[16]. Sulla base di questi presupposti Miettinen et al proposero nel 2006 altre linee guida che includevano come criteri la sede della neoplasia, le dimensioni e l’indice mitotico[17] e che sono al momento quelle più largamente in uso, le cui caratteristiche sono riassunte nella tabella sottostante.

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GISTs pediatrici

I GIST sono estremamente rari nei pazienti sotto i 30 anni, anche se sono stati diagnosticati casi di GISTs in tutte le classi di età, compresa quella neonatale.

Esistono prove documentate che i GISTs pediatrici rappresentino una malattia biologicamente diversa da quella dell’adulto; ragion per cui la terapia indicata nell’ adulto non dovrebbe essere applicata ai pazienti pediatrici. Secondo alcuni studi, i GISTs nei pazienti sotto i 15 anni sono caratteristici del sesso femminile, con localizzazione primitiva nello stomaco e predominanza della forma a cellule epitelioidi o mista a cellule epitelioidi/ fusate. Soltanto il 2,7%dei GISTs gastrici e

0,6% di quelli dell intestino tenue si ritrovano prima dei 21 anni, la localizzazione duodenale è estremamente rara anche se ci sono descrizioni di alcuni casi[18]. Le metastasi linfonodali sembrano essere più frequenti rispetto a quelle riscontrate nell adulto. Spesso non si rilevano mutazioni KIT o PDGFRA all analisi molecolare per cui questi GIST vengono classificati come wild type [19,20].

Nella maggior parte dei casi, i GISTs nel bambino si manifestano con anemia, causata dal sanguinamento occulto gastrointestinale con conseguenti astenia e sincope. Le recidive locali sono più frequenti nei GISTs pediatrici, probabilmente dovute all esordio spesso multifocale della neoplasia che porta di conseguenza alla progressione di piccoli noduli non resecati[21]. Per questa ragione viene consigliato un accurato

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follow-up endoscopico. Come nell’ adulto, le metastasi colpiscono prevalentemente il fegato ed il peritoneo. La storia naturale è caratterizzata da una lenta crescita, con una lunga speranza di vita anche in presenza di metastasi. Questi ultimi dati depongono a favore di un comportamento biologico diverso dei GISTs pediatrici.

Per quanto riguarda la terapia medica, stabilire se l Imatinib presenta la stessa attività nei bambini necessiterebbe di numeri più consistenti. Considerando che la maggior parte dei casi pediatrici sono wild type , ci si aspetta una minor risposta, come supportato da diversi studi su casi singoli e da alcuni dati non pubblicati. E stato riportato che il Sunitinib mostra qualche efficacia in piccoli gruppi di pazienti pediatrici refrattari all Imatinib[22]. Entrambe le forme, pediatrica e adulta, con i rispettivi comportamenti tipici, sono presenti nel giovane adulto.

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Trattamento

Terapia chirurgica

La chirurgia rimane la terapia di prima scelta per i pazienti con GIST primari senza metastasi e dovrebbe essere la terapia iniziale se il tumore è tecnicamente resecabile con un rischio accettabile di morbilità. In linea generale i GISTs gastrici fino a 5 cm possono essere asportati con una wedge resection in laparoscopia. Per i tumori dimensionalmente maggiori oppure in posizione non facilmente raggiungibile si ricorre alla laparotomia. Nei casi di tumori di grandi dimensioni o di piccole dimensioni ma non agevolmente accessibili che sono considerati scarsamente resecabili, è opportuno eseguire una terapia neoadiuvante con Imatinib. Al contempo è necessaria un’attenta valutazione dei benefici della resezione del tumore in rapporto ai rischi dell’intervento indicato e al decorso post operatorio; per esempio, una neoplasia localizzata alla giunzione gastroesofagea potrebbe richiedere una gastrectomia totale, così come un GIST duodenale potrebbe necessitare di una duodenocefalopancreasectomia, o un GIST rettale una resezione addominoperineale. In questi casi si preferisce ricorrere alla chirurgia dopo un eventuale risposta parziale alla terapia neo-adiuvante con Imatinib per attuare strategie chirurgiche meno invasive, rischiose ed invalidanti.

In linea generale in assenza di metastasi è indicata la resezione radicale con asportazione del tumore con adeguato margine

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microscopicamente libero (indipendentemente da eventuale presenza di infiltrazione microscopica), oppure si effettua una resezione incompleta nei casi in cui il tumore non sia resecabile all’esplorazione chirurgica.

Estensione dell exeresi e sedi di insorgenza.

1) Per le neoplasie localizzate in sede gastrica, l estensione della resezione può quindi variare dalla wedge resection limitata alla porzione di parete coinvolta dalla neoplasia con margine libero, particolarmente nei tumori di dimensioni limitate ai 5 centimetri che rappresentano circa il 30% dei casi, fino alla gastrectomia totale o esofagogastrectomia totale eventualmente allargata agli organi adiacenti.

In caso di tumori di dimensioni limitate può essere giustificata la wedge resection con approccio laparoscopico. Uno studio condotto da Matthews ha posto a confronto 21 resezioni gastriche laparoscopiche di variabile estensione e 12 interventi open non riscontrando differenze nei tempi operatori, perdite ematiche o complicanze. Non si verificarono in questa casistica impianti neoplastici negli accessi dei trocar[23]. Tale accesso può trovare particolare indicazione nelle neoplasie localizzate nella parete gastrica anteriore, in considerazione delle minori difficoltà tecniche e del miglior controllo dei margini di sezione. In caso di sconfinamento, gli organi più frequentemente coinvolti, in base alle dimensioni e alla localizzazione sono: la milza e la coda del pancreas, il diaframma , l omento, il colon trasverso, il lobo sinistro del fegato.

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Resezioni allargate si rendono necessarie nel 35 % dei casi circa[24]. 2) In caso di localizzazione intestinale, prevalentemente digiunale (20-30%), è indicata la resezione segmentaria con i criteri convenzionalmente accettati per le neoplasie maligne. Questi prevedono la resezione comprendente i 10 cm di intestino prossimali e distali alla neoplasia stessa e la porzione di ventaglio mesenterico corrispondente. Il coinvolgimento della valvola ileocecale giustifica l indicazione all emicolectomia destra tipica[25].

3) La localizzazione duodenale impone nella maggioranza dei casi la duodenocefalo-pancreasectomia per garantire la radicalità. Possono essere programmate in caso di tumori di minori dimensioni e nei pazienti a maggior rischio chirurgico la resezione antroduodenale per le localizzazioni bulbari o la resezione segmentaria per quelle della terza e quarta porzione duodenale.

4) Anche nei casi a localizzazione colica la resezione segmentaria è da considerare oncologicamente corretta nelle neoplasie di dimensioni contenute, in considerazione del valore delle dimensioni del tumore come fattore prognostico e del comportamento biologico della neoplasia. Le resezioni coliche standardizzate per i carcinomi sono giustificate in presenza di tumori di dimensioni superiori ai 5 centimetri, di criteri di malignità evidenti nello studio preoperatorio (metastasi a distanza o infiltrazione extraparietale nei mesi) o semplicemente dalla necessità tecnica di garantire una adeguata vascolarizzazione dei

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monconi di resezione[26].

La bassa frequenza di diffusione linfatica non giustifica, come nelle altre localizzazioni, una linfadenectomia regionale con legatura dei vasi arteriosi (ileociecocolica , colica media o mesenterica inferiore) all origine.

5) Il retto è raramente colpito da queste neoplasie. L asportazione mediante resezione anteriore del retto o del rettosigma è l intervento a tutt oggi più utilizzato anche se il progresso nelle ricerche sul comportamento clinico e sui fattori prognostici potrebbe aprire nuovi spazi ad una chirurgia localmente meno aggressiva nei tumori di minori dimensioni[26]. Non si ritiene peraltro vi sia indicazione all escissione totale del mesoretto a meno di infiltrazione diretta macroscopicamente evidente, in quanto questa manovra, gravata da morbilità aggiuntiva, non risulterebbe giustificata dal basso rischio di metastasi nei linfonodi in esso compresi.

6) Ugualmente rari sono i GIST a localizzazione esofagea dimostrano un accrescimento tendenzialmente vegetante: per tale motivo la massa neoplastica cresce per lo più in maniera esofitica, affiorando alla sierosa, con esfoliazione e coinvolgimento precoce dei tessuti adiacenti[27].

Il comportamento biologico atteso, consistente in una limitata estensione longitudinale del tumore e nella infrequente metastatizzazione linfonodale potrebbe aprire anche per questa

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localizzazione spazi alla resezione endoscopica.

La limitazione alla diffusione delle metodiche endoscopiche è dovuta da un lato alla difficoltà di garantire un adeguato margine libero, dall’altro al rischio di perforazione particolarmente elevato in queste neoplasie a sviluppo prevalentemente intraparietale. L esofagectomia parziale nei casi di minori dimensioni e l esofagectomia totale a torace chiuso, in caso di localizzazione medio-alta, sono gli interventi più frequentemente indicati.

L approccio videoassistito al mediastino per via cervicale e addominale combinata potrebbe in questi casi rivelarsi molto utile sia per la diagnosi di infiltrazione extraparietale che per la preparazione chirurgica del viscere, al fine di prevenire rotture e disseminazioni da manipolazione. L esofagectomia con accesso toracico o toracoaddominale andrebbe riservata ai casi di maggiori dimensioni con forte sospetto di estensione extraparietale.

Oltre il 90% dei Gist origina nel tratto intraperitoneale del tubo digerente ed il peritoneo risulta localmente infiltrato in un quinto dei casi[28]. Questa osservazione indica la necessità di eseguire biopsie dell omento, del peritoneo parietale circostante la lesione neoplastica, e di quello del meso relativo all organo coinvolto, nonché l accurata esplorazione della cavità celomatica, con eventuali biopsie random nelle sedi di più frequente impianto di cellule libere (docce parietocoliche, diaframma, pelvi).

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In considerazione della tendenza dei GIST all estensione extraparietale e della facilità all’attecchimento delle cellule neoplastiche libere in peritoneo, caratteristiche condivise con la maggior parte dei tumori mesenchimali, è particolarmente raccomandata la delicatezza nella manipolazione del tumore: la sua rottura è considerata fattore prognostico negativo per la recidiva e la diffusione peritoneali.

E generalmente accettata l indicazione alle resezioni allargate agli organi adiacenti infiltrati dalla neoplasia, in quanto garantiscono risultati a distanza sovrapponibili a quelli delle resezioni parziali, purché in grado di garantire una asportazione completa del tumore primitivo.

Foto: Immagine intraoperatoria di GIST metastatico nel peritoneo.

In generale, la diffusione linfatica è molto rara, compresa tra lo 0 ed il 15% dei casi nelle varie casistiche; quest ultima appare però in diretto rapporto con il grading e sale al 21% nei tumori grado III . La linfadenectomia sistematica non è comunque indicata; in presenza di

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linfonodi evidentemente metastatici, si potrà procedere ad una semplice escissione delle stazioni interessate. Il fegato è la sede più frequente di metastasi (65%); la localizzazione epatica è isolata nel 53% dei casi, mentre il peritoneo è coinvolto nel 20% circa dei casi. Circa l 86% dei GIST sono resecabili al momento della diagnosi, e il 30% di questi presenta metastasi aggredibili chirurgicamente.

Trattamento delle recidive

Le recidive peritoneali tendono ad avere una disseminazione di tipo superficiale e scarsa tendenza all infiltrazione in profondità o verso gli organi adiacenti. Risultano in tal modo facilmente aggredibili chirurgicamente, ma la resezione è seguita da ulteriore recidiva praticamente nella totalità dei casi[28].

Per quanto concerne le metastasi epatiche, la resezione chirurgica ne rappresenta il trattamento curativo con i migliori risultati a distanza.

Malattia localizzata

La chirurgia rappresenta il trattamento principale della malattia localizzata. In teoria potrebbe essere indicato un trattamento adiuvante, data la notevole percentuale di recidiva, soprattutto nei pazienti ad alto rischio.

Non esistono dati sulla superiorità di escissioni chirurgiche più estese rispetto ad altre più limitate ma radicali per tumori localizzati, in

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una patologia in cui le lesioni alla diagnosi sono di solito di grandi dimensioni e le riprese di malattia spesso coinvolgono l'intera cavità addominale. In generale una resezione ampiamente radicale, senza residuo di malattia, è il miglior trattamento per la malattia localizzata. Ancora oggi quindi, una escissione completa della neoplasia è considerata l'opzione chirurgica standard per i GIST localizzati operabili. Resta da definire l'impatto sulla prognosi a lungo termine di un residuo chirurgico microscopico R1. E' logico effettuare un trattamento chirurgico radicale, senza residui microscopici, in tutti i casi che lo consentano. Nel caso di un residuo R1, rimangono incerti sia il vantaggio di un re- intervento che l'effettiva necessità di una chirurgia demolitiva. Pare ragionevole basare la decisione su un giudizio prognostico globale, e su quanto un re-intervento od una chirurgia più estesa possa apportare alla prognosi del paziente.

Malattia avanzata

L'approccio alla malattia avanzata (inoperabile o disseminata, o diffusamente metastatica) è stato rivoluzionato dall'introduzione nella pratica clinica dell'Imatinib.

La chirurgia estesa a scopo di debulking, cui si ricorreva in passato, in mancanza di altre terapie mediche efficaci, non appare più un opzione logica, salvo, forse, per pazienti in cui si dimostri una resistenza all'Imatinib. Quindi, la chirurgia non viene più raccomandata quando sia

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possibile la terapia a bersaglio molecolare, mentre è appropriata per uso clinico individualizzato in casi selezionati, quando non siano più possibili terapie mediche.

Terapia medica: Imatinib mesilato.

L Imatinib è un farmaco a bersaglio specifico il cui composto chimico di base è una molecola pheniaminopirimidina, denominata STI571 (Signal-Transduction Inibitor), in precedenza nota come CGP 57148B, nata dalla collaborazione negli anni 1990 tra i medici (Dr. Druker) dell Oregon Health Sciences University di Portland, Oregon, USA e gli scienziati del Dipartimento di Ricerca Clinica dell industria farmaceutica Ciba-Geigy (ora Novartis), Basilea, Svizzera.

L'imatinib è un inibitore della tirosina - chinasi KIT (Heinrich 2002). Attualmente, la terapia viene iniziata alla dose di 400 mg e somministrata giornalmente.

La terapia a bersaglio molecolare con Imatinib mesilato è il trattamento standard, la sua efficacia venne dimostrata in studi preclinici (Heinrich 2000), poi in clinica nella Leucemia Mieloide Cronica (Druker 2001a; Druker 2001b) ed infine in una paziente con GIST avanzato, che iniziò il trattamento a marzo 2000 (Joensuu 2001)[29].

Gli eccezionali risultati ottenuti in quella paziente portarono a 2 studi di fase I/II, che confermarono l'attività del farmaco nei GIST in fase

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avanzata (Demetri 2002; van Oosterom 2001; van Oosterom 2002). Un tasso di risposte obiettive maggiore del 50% è stato riportato in entrambi gli studi, su 148 e 36 pazienti rispettivamente, associato ad una percentuale di risposte minori precoci o di stabilizzazione di malattia superiori al 25%. Questi risultati rappresentarono un tale progresso nella terapia dei GIST avanzati, che divenne non-etico disegnare studi di fase III con un braccio di non-trattamento. Così vennero iniziati 2 studi clinici randomizzati gemelli dimensionalmente molto ampi, uno negli Stati Uniti e l'altro in Europa/Australia, che confrontarono due differenti livelli di dose, 400 mg/die versus 800 mg/die. La scelta era motivata dall'evidenza di risposta a dosi più elevate del farmaco in pazienti che non avevano risposto a dosi inferiori. Nei due studi clinici i pazienti in progressione nel braccio con le dosi inferiori venivano trattati in cross-over con 800 mg/die. Questi studi hanno arruolato diverse centinaia di pazienti, ed i loro risultati a lungo termine sono attesi, sia per definire il livello ottimale di dose con cui iniziare la terapia, sia la sicurezza e l'efficacia del trattamento protratto. In particolare, si attendono dati sulla resistenza acquisita al farmaco, in quanto questa sembra essere il maggiore limite all'efficacia terapeutica nel medio-lungo termine. Attualmente l'Imatinib mesilato è la migliore terapia disponibile nei GIST in fase avanzata, considerando che gli studi non controllati sopra menzionati hanno ottenuto risultati decisamente migliori rispetto ad ogni tipo di chemioterapia (Plaat 2000) o altro trattamento. L'alto tasso di risposte e

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l'intervallo libero da progressione riscontrato in questi studi sono migliori di quelli ottenibili con la migliore terapia di supporto o chemioterapia convenzionale, o anche da procedure chirurgiche nella fase avanzata della malattia.

Meccanismo d azione.

Imatinib mesilato occupa la tasca di legame dell ATP del dominio KIT chinasico. Questo impedisce la fosforilazione del substrato e la via del segnale. Una mancata via del segnale inibisce la proliferazione e la sopravvivenza cellulare.

Il blocco enzimatico avviene quasi esclusivamente nelle cellule tumorali, mentre nelle cellule normali l azione sarebbe minima e L STI571, somministrato per bocca e assorbito nel sangue, raggiunge le cellule cancerose, blocca l attività dell enzima tirosina-kinasi, arresta la moltiplicazione cellulare e, per ragioni non del tutto conosciute, determina anche la distruzione delle cellule tumorali.

Normalmente, un paziente assume 4 compresse (400 milligrammi) al giorno. A volte, la terapia con Glivec può inizialmente produrre un aumento apparente delle dimensioni dei tumori che stanno rispondendo al farmaco.

Anche quando Glivec non è in condizioni di bloccare lo sviluppo dei tumori, può rallentarne la crescita. In questi casi, è opportuno valutare l opportunità di continuare la terapia in assenza di altre opzioni (per

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esempio, in attesa di iniziare una diversa sperimentazione clinica). La chirurgia è indicata nei casi stabili da oltre un anno.

Foto: Risposta dimensionale della neoplasia dopo 2 settimane di terapia con Imatinib mesilato in paziente con GIST gastrico.

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Controindicazioni ed effetti collaterali.

Sebbene la maggioranza dei pazienti abbia sperimentato effetti indesiderati almeno una volta, la maggior parte di questi eventi è di intensità lieve o moderata (nausea, anemia, diarrea, astenia, edema periorbitale, crampi muscolari, tossicità epatica (aumento delle transaminasi), disfunzioni erettili, emicrania e rash cutaneo. Alcuni pazienti presentano effetti collaterali di forma severa, come la tossicità midollare (neutropenia, piastrinopenia, in alcuni casi necrosi del midollo osseo), emorragie tumorali e dolori addominali. Inoltre sono stati

descritti casi di grave cardiotossicità con insufficienza cardiaca congestizia.

Imatinib è controindicato in pazienti con ipersensibilità accertata all'Imatinib o a qualche altro suo componente, le donne in età fertile devono evitare gravidanze durante il trattamento.

Resistenza alla terapia con Imatinib mesilato.

Nonostante l'efficacia dell'Imatinib contro i GIST, si assiste in una parte dei pazienti ad una progressione della malattia.

Meccanismi di resistenza possono essere:

Mutazione dell enzima bersaglio ( mutazione puntiforme di KIT o PDGFRA)

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Modulazione dell enzima bersaglio (attivazione di un differente recettore tirosinkinasico, che sostituisce KIT)

Resistenza funzionale (attivazione di KIT o PDGFRA in aree differenti dal recettore transmembrana)

Eventualmente il dosaggio viene aumentato da 400 a 600 fino 800 mg al giorno. Al di sotto del dosaggio massimo si raggiunge una ristabilizzazione di circa un 1/3 dei pazienti.

Un ulteriore agente rallentatore della tirosin-chinasi, il Sunitinib (SUTENT, prodotto dalla Pfizer), venne rilasciato dal gennaio 2006 negli Stati Uniti ai pazienti con GIST resistente all'Imatinib e ai pazienti non tolleranti fin dal principio l'Imatinib come terapia. Viene somministrato in cicli di 6 settimane, alla dose di 50 mg die. Sunitinib è un inibitore meno specifico dell’Imatinib in quanto risulta avare azione inibente sia su KIT che su PDGFRA, sia sulle molecole VEGFR1-3, Tirosin Kinasi 3 FMS correlata, CSF1R e RET.

Gli effetti collaterali più comuni, cioè comparsi in almeno 20% dei pazienti sono: astenia, diarrea, nausea, stomatite, dispepsia, vomito, disgeusia e anoressia.

Altre molecole come il Sorafenib, inibitore di KIT, VEGFR e PDGFRB, Dasatinib, inibitore di BCR-ABL, SRCKIT, EPHA2 e PDGFRB, e il Nilotinib, inibitore di BCR-ABL, KIT, PDGFR, CSF1R e DDR hanno mostrato attività nei GISTs refrattari alla terapia con Imatinib e Sunitinib e sono al centro di indagini per il loro utilizzo come terapia di terza linea

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contro questa patologia.

L analisi molecolare (genotipizzazione) è utile per identificare i pazienti resistenti ad Imatinib e che possono trarre beneficio da Sunitinib, ma anche per scegliere la dose ottimale di farmaco. In particolare, la durata di stabilizzazione di malattia è significativamente più lunga per pazienti che presentano mutazioni nell esone 9 di c-kit se si somministra un elevata dose di farmaco (800 mg al giorno anziché 400), mentre questa dose non ha impatto sui pazienti che hanno altre mutazioni di c- kit o PDGFRA.

E evidente una eterogeneità biologica tra i GIST che ha influenza sul decorso della malattia. Per esempio: i GIST nell intestino (frequentemente appartengono al gruppo KIT esone 9) possono essere più aggressivi di quelli nello stomaco (spesso esone 11), i GIST Wild Type e con recettore PDGFRA sono meno aggressivi di quelli KIT esone 11. Sotto il profilo terapeutico, esone 11 risponde meglio a 400 mg giornalieri di Glivec, mentre esone 9 richiede una dose doppia per dare risposta. Sempre statisticamente, i vari studi riferiscono che la terapia di prima linea Glivec produce una risposta nel 90% dei GIST esone 11 c- Kit, nel 50% dei GIST esone 9 c- Kit, nel 30% dei GIST Wild Type. La terapia di seconda linea Sutent, somministrata dopo resistenza primaria o secondaria a Glivec, è efficace in quasi il 90% dei casi e ha dato risposte positive: nel 63% dei GIST esone 9 c-Kit, nel 56% dei GIST Wild Type, nel 36% dei GIST esone 11c- Kit, nel 25% dei GIST PDGFRA.

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L esame delle mutazioni è quindi opportuno per decidere la linea terapeutica e per meglio comprendere il comportamento clinico della malattia, è particolarmente raccomandato nei casi di GIST il cui esame istologico e/o le circostanze cliniche li collocano nel gruppo ad alto rischio : l esito può completare l esame istologico originale e integrare tutte le informazioni utili sul paziente. L esame delle mutazioni non è necessario nei GIST a basso rischio.

FOLLOW-UP

Malattia localizzata

Circa l'80% delle recidive da GIST si verificano entro 2 anni dalla chirurgia per malattia locale, sebbene siano segnalate riprese di malattia a lunga distanza. Inoltre, il 95% delle recidive coinvolge selettivamente uno o più delle tipiche sedi di ripresa di questa patologia: peritoneo e fegato. La TC o la RM dell'addome sono quindi gli esami di scelta per rilevare le più frequenti recidive da GIST. Se possibile, esse dovrebbero alternarsi con l'ecografia, specie in soggetti magri. Il rischio di recidiva è essenzialmente predetto dalla conta mitotica, dalle dimensioni e dalla sede di origine. La disponibilità di una terapia a bersaglio molecolare nei GIST rende importante la diagnosi di recidiva che, se necessario, può essere trattata in modo appropriato con Imatinib mesilato per via orale. Mentre non pare infatti che l'attività di Imatinib vari a seconda di quanto

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la malattia sia avanzata, il problema è che la recidiva può crescere così rapidamente in alcuni pazienti da creare difficoltà all'inizio del trattamento (dovute a ostruzione addominale od urinaria, deterioramento del performance status, ecc.). Sembra quindi opportuno monitorare accuratamente i pazienti ad alto rischio specie per quanto riguarda le recidive addominali, almeno per i primi anni dopo la chirurgia. Successivamente gli intervalli del follow up possono allungarsi, sebbene sia consigliabile un controllo a lungo termine. I pazienti a basso rischio possono essere sottoposti ad un follow-up un po' meno intenso, ma in realtà non sappiamo ancora bene come classificare queste due categorie, e addirittura l'intervallo di tempo a rischio di recidiva per il cosiddetto gruppo a basso rischio potrebbe essere maggiore.

Malattia disseminata

I sorprendenti risultati a breve termine della terapia a bersaglio molecolare, insieme all'assenza di dati relativi al suo impatto a medio-lungo termine, rendono praticamente impossibile definire principi per il follow up nella malattia avanzata. Tuttavia, la sospensione di Imatinib mesilato in seguito a risposta aumenta la probabilità di progressione[30]. La terapia deve essere proseguita se la maggior parte del carico

tumorale è sotto controllo, potrebbe verificarsi un rapido peggioramento diffuso del GIST a seguito della sospensione.

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Sotto terapia 17 giorni dopo la sospensione

La durata del trattamento con Imatinib è quindi considerata continua per tutta la vita, la sua sospensione non è raccomandata fuori da un contesto di studio.

Il percorso terapeutico attuale, per Gist inoperabili o metastatici, è, salvo eccezioni, il seguente:

a) Glivec, dose iniziale 400 mg al giorno;

- in caso di progressione, aumento della dose a 600 mg,

- poi 800 mg e, se sviluppo di resistenza a Glivec, si passa al Sutent. b) Sutent, la dose standard è stata sinora somministrata in cicli di 50 mg al giorno per 4 settimane, seguite da 2 settimane senza farmaco; alternativamente è possibile somministrare dosi continue di 37,5 mg al giorno senza interruzioni, allo scopo di determinare una minore intensità degli effetti collaterali.

c) si è osservato che alcuni pazienti che hanno sviluppato resistenza a Glivec, poi resistenza a Sutent, reintrodotti in terapia Glivec hanno avuto risposta;

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molecole che inibiscono le proteine meglio identificate nel tipo di GIST in esame.

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Oggetto dello studio.

Nel presente lavoro viene riportato uno studio su una casistica di 28 pazienti affetti da GIST, che da Gennaio 2001 a Giugno 2012 sono afferiti all’ U.O di Chirurgia Generale di Pisa. Dei 28 casi trattati 14 sono stati ricoverati in urgenza, nei restanti 14 casi la diagnosi è stata occasionale: in corso di altre indagini, di altri interventi chirurgici o in seguito a riscontro di massa addominale di natura da determinare. In tutti i casi è stata eseguita l’analisi mutazionale dei geni coinvolti.

Lo scopo dello studio è quello di confrontare le caratteristiche della malattia nei casi presi in esame, suddividendoli in due bracci che differiscono per il grado di malignità istologico e confrontandone le caratteristiche di presentazione e le mutazioni coinvolte.

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Materiali e metodi.

I 28 pazienti di questo studio sono 15 uomini e 13 donne, età media di 66 anni (range 16-90 anni) con diagnosi di GIST tutti sottoposti ad intervento chirurgico. In 15 casi il tumore primitivo era localizzato a livello gastrico, in 8 a livello dell’intestino tenue, 1 caso a livello duodenale, 1 caso a livello digiunale, 1 caso a livello del colon sinistro caso, 2 casi a livello del peritoneo ed un caso in cui il tumore era sito a livello della milza. Sede Stomaco 15 Tenue 8 Peritoneo 2 Duodeno 1 Colon 1 Milza 1

Nei pazienti giunti in urgenza, in 5 casi il sintomo d esordio è stato un sanguinamento digestivo superiore acuto, in 4 casi occlusione intestinale di tenue, in 5 casi addome acuto ( 1 caso da perforazione viscerale, il secondo da neoplasia ascessualizzata del colon sinistro, il terzo con peritonite purulenta, il quarto con emoperitoneo e l’ ultimo

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con lesione addominale colliquata).

Segni e sintomi N° casi

Emorragia digestiva superiore acuta 5

Occlusione intestinale 4

Addome acuto 4

Perforazione 1

Totale 14

I riscontri occasionali sono stati in corso di accertamenti clinico- strumentali tra cui TC addome effettuata per altri motivi (trauma, riscontro di massa palpabile, appendicite acuta purulenta, nefropatia, anemia) oppure in corso di altri interventi (appendicectomia laparoscopica, splenopancreasectomia distale laparoscopica).

In tutti i pazienti giunti in urgenza è stato eseguito uno studio diagnostico preoperatorio. I 3 casi con emorragia digestiva superiore sono stati sottoposti a esofagogastroduodenoscopia (EGDS) che ha evidenziato in 4 casi una lesione gastrica e in 1 caso una lesione duodenale. I restanti 7 casi (3 con occlusione intestinale, 4 con addome acuto) sono stati sottoposti a TC addome con mezzo di contrasto che ha evidenziato in 4 casi una lesione del piccolo intestino, in 2 casi una lesione del colon, 1 caso di massa splenica e 1 caso di neoplasia gastrica. In 7 casi (3 casi con esordio emorragico e 4 casi con addome acuto) si è reso necessario un intervento chirurgico in emergenza. In 1 caso con

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emorragia gastrica è stata effettuata emostasi endoscopica e l’ intervento chirurgico è stato eseguito in elezione. I 4 casi con occlusione intestinale sono stati trattati con intervento chirurgico in urgenza differita.

Le dimensioni delle lesioni sono comprese in un range che va da 0,5 cm di diametro a 21 cm (media 8,4 cm). In 5 casi la malattia, all’ esplorazione chirurgica, si presentava localmente avanzata con interessamento del peritoneo e dell omento; inoltre in 2 casi erano presenti anche metastasi epatiche.

La diagnosi è stata in 27 casi retrospettiva all esame istologico e in 1 caso pre-operatoria mediante biopsie in corso di EGDS.

Sono state valutate le seguenti caratteristiche istopatologiche: CD34, CD 117, proteina S100, Vimblastina, Actina SM, Desmina, Ki 67, così come l immunofenotipo, il tasso mitotico (numero per 50HPF), la presenza o l assenza di necrosi, e il tipo di mutazione presente. Nel 100% dei casi è stata riscontrata positività al CD117 e nel 82% al CD34. L’analisi molecolare per la ricerca delle mutazioni è stata effettuata nella totalità dei pazienti, con riscontro in 14 casi di mutazione a carico dell esone 11 del gene c-KIT, in 4 casi dell’esone 18 di PDGFRA, in 7 casi di fenotipo

wild type, in un caso di mutazione dell’esone 9 di c-kit, in un caso di

mutazione dell’esone 17 di c-kit ed in un caso di mutazione combinata dell’esone 9 e dell’esone 17.

All’esame istologico si è trattato di GISTs con vario grado di malignità; il comportamento biologico, in accordo con quanto riportato in

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letteratura[1,2] (tabella pag. 30), è stato valutato su sede e dimensioni del tumore e sul numero delle mitosi x 50HPF.

In 13 casi si è trattato di GISTs a basso o bassissimo grado di malignità, in 6 casi a malignità intermedia e in 9 casi ad alto grado di malignità.

Grado di malignità N° casi

Basso o bassissimo 13 Intermedio 6 Alto 9 Genotipo mutazionale N° casi c-kit esone 11 14 PDGFR alfa 18 4 Wild Type 7 c-kit esone 9 1 c-kit esone 17 1 c-kit esone 9 + 17 1

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In 14 casi è stata effettuata una gastroresezione segmentaria, in 1 caso una wedge-resection duodenale, in 1 caso una gastrectomia totale, in 6 casi una resezione digiuno-ileale, in 1 caso una emicolectomia destra, in 1 caso una resezione del colon discendente, in un caso una splenectomia; nei rimanenti 2 casi è stato effettuato un debulking della massa tumorale per le dimensioni e le caratteristiche infiltrative della massa .

Intervento chirurgico N°

Gastroresezione segmentaria 14

Gastrectomia totale 1

Wedge resection duodenale 1

Resezione digiuno-ileale 7

Emicolectomia destra e resezione del tenue

1 Resezione del colon discendente 1 Debulking per massa localmente

avanzata a partenza peritoneale

2

Splenectomia 1

In 26 pazienti i margini di resezione chirurgica sono risultati indenni (R0); nei casi residui la neoformazione è risultata non asportabile, sia per la fissità, sia per l estrema facilità di sanguinamento. La mortalità operatoria è nulla per la totalità dei casi. Si è verificata morbilità post operatoria in 3 casi: un caso con embolia polmonare, nel secondo

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caso con ascesso periepatico (trattato mediante drenaggio percutaneo ecoguidato) e nel terzo è stato necessario eseguire una splenectomia successivamente a lacerazione della capsula splenica .

I 15 pazienti con rischio moderato od alto di malignità sono stati sottoposti a terapia con Glivec ad un dosaggio giornaliero variabile tra i 400 e gli 800 mg. Il trattamento con Imatinib è stato in generale ben tollerato; in una sola paziente è stata sospesa la terapia per sopravvenuta intolleranza, mentre in un altro paziente è stato sostituito con Sunitinib per progressione di malattia.

Il follow up a 5 anni dall’intervento di questi pazienti è stato effettuato in collaborazione con il Dipartimento di Oncologia Medica. Si è verificata recidiva in 3 casi a 12-24 mesi dall'intervento chirurgico (2 GISTs del tenue e uno del colon tutti a ad elevato grado di malignità), uno solo sottoposto dopo 2 anni a terapia medica e a chirurgia della recidiva. 5 pazienti sono deceduti (2-34 mesi dopo l’intervento chirurgico), 4 per progressione di GIST mentre il quinto per cause indipendenti (adenocarcinoma del colon, deceduta 37 mesi dopo l intervento per GIST).

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Risultati

Dal confronto tra i due gruppi descritti ( presentazione in urgenza / riscontro casuale) emergono le seguenti considerazioni:

L’età alla diagnosi non è statisticamente significativa (P=0,61) tra i due gruppi presi in esame.

L analisi della modalità di presentazione (acuta/incidentale) rivela che la differenza tra i due gruppi non è statisticamente significativa (p-value = 0,15).

Il numero di decessi avvenuti nei 2 gruppi non depone a favore di una minore sopravvivenza all’interno di uno dei due gruppi (p-value = 0,18).

• Il confronto tra le mutazioni a carico dei geni c-kit e PDGFRA presenti nei due gruppi è stata fatta discernendo tra mutazioni a carico dell’esone 11 e l’insieme delle altre mutazioni considerando l’esiguità del campione, ma i risultati non hanno accertato differenze statisticamente significative (p-value=0,27). Anche l’analisi sulla sopravvivenza a 5 anni dei pazienti operati per GISTs con i vari tipi di mutazione non ha presentato risultati statisticamente significativi che indicassero una prognosi peggiore associata ad una mutazione in particolare. L’analisi dell’influenza dei criteri di malignità è stata condotta mediante il test t di Student e il Fisher exact test per il confronto delle varianze.

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Discussione.

I tumori stromali gastrointestinali, come confermato da vari studi presenti in letteratura, sono neoplasie che si manifestano spesso con un quadro sintomatologico d allarme[31,32]. Oltre a emorragia, addome acuto e perforazione i sintomi di GIST possono simulare all esordio una patologia infettiva acuta con febbre, vomito e anoressia[33].

1. La nostra esperienza con 15 casi (53%) ad alto grado di malignità,

nonostante i risultati statistici, ci fornisce indicazioni che sul fatto che i GISTs di questo gruppo sembrerebbero avere più spesso una presentazione in urgenza, un’insorgenza più precoce ed una sopravvivenza a lungo termine inferiore; le motivazioni per cui queste indicazioni non sono confermate dal calcolo statistico sono a nostro avviso da imputarsi all’esiguità della popolazione in nostro possesso ed alle semplificazioni a cui si va incontro nel calcolo statistico effettuato per piccoli gruppi, e confidiamo perciò di ottenere tale conferma una volta che avremo a disposizione una casistica più ampia.

In assenza di studi precedenti a cui fare riferimento, possiamo congetturare che i sintomi d allarme, oltre a consentire una diagnosi precoce, possano rappresentare uno strumento efficace per predire il potenziale maligno di questa neoplasia.

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2. L obiettivo della chirurgia è la resezione completa del tumore. Le

tecniche chirurgiche da adottare dipendono in modo rilevante dalla sede d insorgenza e dalle dimensioni della neoplasia. In letteratura troviamo dati a favore di una miglior prognosi in termini di sopravvivenza per i pazienti in cui è stata possibile una resezione completa della massa neoplastica (assenza macroscopica di neoplasia) rispetto ai casi con resezione incompleta (residuo di malattia o tumore non asportabile). La sopravvivenza media nei casi con resezione completa è di 46 mesi contro i 10 mesi per i casi con resezione incompleta. Infatti considerando la sopravvivenza globale piuttosto buona dei pazienti del nostro studio possiamo considerare che sia dovuta anche alla presenza di margini chirurgici indenni da neoplasia. E necessario precisare comunque che sono spesso riportati casi di GIST inizialmente classificati come forme benigne o a basso rischio e trattati con criteri chirurgici conservativi che hanno successivamente evidenziato una aggressività biologica in termini di recidiva e metastasi. Il chirurgo si trova spesso costretto ad ampie resezioni, allargate anche agli organi adiacenti e con rimozione dei linfonodi regionali a fronte di una neoplasia che assume spesso caratteri di benignità.

3. L introduzione di imatinib mesilato (Glivec) nel trattamento dei

GIST ha rivoluzionato la strategia terapeutica di questi tumori e la elevata percentuale di risposta obiettiva ha aperto la strada all utilizzo di

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questo farmaco nel trattamento neoadiuvante. Ad oggi il tipo di mutazione di KIT nei pazienti con GIST avanzato costituisce un fattore predittivo di risposta al trattamento con Imatinib.

Nella nostra statistica abbiamo 11 casi di mutazione a carico dell esone 11 del gene c-KIT, 5 dei quali hanno assunto Glivec. Tre casi hanno mostrato un’ ottima risposta al farmaco; un quarto caso ha dovuto interrompere il trattamento per intolleranza ed un quinto è deceduto dopo 25 mesi di follow up (paziente di 86 anni). Lo studio più approfondito dei meccanismi molecolari alla base della differente risposta ai farmaci renderanno possibile la definizione di un adeguato algoritmo di gestione dei pazienti affetti da GIST. Sono inoltre in via di sviluppo nuovi agenti tra cui il Nilotinib (Tasigna) attualmente in studio per pazienti in progressione dopo Sunitinib.

L’assenza di mutazione (profilo wild type) è stata riscontrata in 6 casi, di cui tre ad alto rischio di malignità; due casi di questi sono stati trattati con Imatinib mesilato: il primo ha mostrato una buona risposta al farmaco, mentre il secondo, che presentava alla diagnosi metastasi epatiche e peritoneali, è deceduto dopo 22 mesi di follow up.

L’unico caso di mutazione combinata esone 9/esone 17, caratterizzato da metastasi epatiche, non ha avuto buona risposta al trattamento medico: dopo un primo approccio con un dosaggio di 800 mg die si è passati successivamente al Sunitinib, con decesso del paziente dopo 33 mesi di

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