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La fisionomia delle concessioni autostradali: un pendolo tra pubblico e privato

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Academic year: 2021

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di Giulio Profeta

Dottorando di ricerca in Amministrazione, mercato e giustizia penale

Università di Pisa

La fisionomia delle concessioni

autostradali: un pendolo tra pubblico e

privato

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La fisionomia delle concessioni autostradali: un

pendolo tra pubblico e privato

*

di Giulio Profeta

Dottorando di ricerca in Amministrazione, mercato e giustizia penale

Università di Pisa

Abstract [It]: L'elaborato ricostruisce lo sviluppo del settore delle concessioni autostradali in Italia, partendo dalla

loro nascita, passando per la privatizzazione avviata negli anni Novanta, per giungere, infine, ad analizzare il dibattito su di una possibile ripubblicizzazione conseguente al tragico crollo del Viadotto Morandi; si evidenziano, inoltre, i relativi elementi costitutivi dell’ambito, ovvero le specificità del regime concessorio autostradale rispetto a quello ordinario, la crescente presenza di una governance indipendente, nonché le peculiari modalità di determinazione della tariffa mediante il parametro del price cap. In particolare, il filo rosso ricavabile dall’indagine è quello secondo cui i principali interventi del Legislatore in materia sono stati ispirati, quasi fosse un pendolo, dalle contingenti esigenze e non dal perseguimento di un disegno organico. Pertanto, la speranza è quella di riscontrare in futuro non tanto misure specifiche, quanto un vero e proprio ripensamento dell’approccio legislativo sul tema.

Abstract [En]: The paper reconstructs the development of the motorway concessions sector in Italy, starting

from their birth, through the privatisation in the 1990s, to finally analyze the debate on a possible re-publication following the tragic collapse of the Morandi Viaduct; the paper also highlights the relative constituent elements of the scope, i.e. the specific features of the motorway concession regime compared to the ordinary one, the growing presence of an independent governance, as well as the peculiar modalities of tariff determination through the price cap parameter. In particular, the red thread that can be drawn from the survey is that the main interventions of the Legislator on the subject were inspired, as if it were a pendulum, by the contingent needs and not by the pursuit of an organic design. Therefore, the hope is to find in the future not so much specific measures, but a real rethinking of the legislative approach on the subject.

Sommario: 1. Introduzione; 2. La nascita delle autostrade in Italia e il loro sviluppo sotto lo Stato interventista; 3. La crisi della gestione pubblica e le privatizzazioni; 4. Gli elementi costitutivi del regime delle concessioni

autostradali: il “paradigma” concessorio; 5. Gli elementi costitutivi del regime delle concessioni autostradali: la

governance indipendente; 6. Gli elementi costitutivi del regime delle concessioni autostradali: la determinazione della

tariffa; 7. Conclusioni. L’orizzonte delle concessioni autostradali

1. Introduzione

Le concessioni autostradali hanno, in tempi recenti, riacquisito centralità all’interno del dibattito italiano, soprattutto in conseguenza del tragico crollo del Viadotto Polcevera, noto anche come Ponte Morandi, il 14 agosto 20181.

* Articolo sottoposto a referaggio.

1 La concessione, come provvedimento amministrativo ampliativo della sfera giuridica soggettiva dell’interessato, si

distingue rispetto ad altri atti, quale l’autorizzazione, nella misura in cui “attribuisce ex novo o trasferisce la titolarità di un diritto

soggettivo in capo ad un soggetto privato”; inoltre, esso determina la creazione di un rapporto di lungo periodo tra l’operatore

e i pubblici poteri fondato anche su di un contratto, a natura accessiva al provvedimento amministrativo vero e proprio, che regola i diritti patrimoniali delle parti. M.CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2019, p. 192 e D. SORACE -C.MARZUOLI, Concessioni amministrative, in Digesto, Torino 1989, p.1. L’impostazione tradizionale italiana,

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L’emozione derivante dall’evento ha indotto da un lato la società civile a interrogarsi maggiormente sulle modalità di gestione delle tratte autostradali, dall’altro gli interpreti ad approfondire in modo più intenso l’assetto delineatosi a partire dal processo di privatizzazione avvenuto negli anni ’90, che, similmente a quanto avvenuto con le public utilities, ha generato una trasformazione del ruolo dello Stato da imprenditore a regolatore, con contestuale subentro di operatori privati nella gestione delle infrastrutture non duplicabili.

In realtà, come testimoniato anche dalle recenti vivaci polemiche, la gestione di una essential facility è un’attività sensibile, che può seguire moduli organizzativi diversi ma, condizione imprescindibile, deve sempre presupporre una delimitazione molto chiara dei reciproci ruoli tra pubblico e privato.

In Italia, come sarà possibile desumere nel prosieguo della trattazione, grande importanza ha rivestito il provvedimento concessorio, il quale è stato considerato, non a torto, come vero e proprio “paradigma costitutivo” nell’amministrazione delle tratte autostradali, a prescindere dalla natura pubblica o privata del soggetto gestore.

Per queste ragioni, a seguito di una ricostruzione storico-giuridica, si procederà ad un’analisi dei suoi principali elementi costitutivi, per, infine, pervenire ad ipotizzare quali possano essere le prospettive concrete del settore, nella speranza che questa rinnovata consapevolezza guidi, anche in futuro, l’azione legislativa, spesso ispirata, quasi fosse un pendolo, da una certa schizofrenia, diretta a ovviare problemi contingenti senza una visione armonica e di lungo periodo, ignorando come “l’approntamento delle

infrastrutture, storicamente, è fra le più antiche attività di disciplina dell’economia svolte da pubblici poteri, e non è mai venuto meno lungo il corso dei secoli”2.

2. La nascita delle autostrade in Italia e il loro sviluppo sotto lo Stato interventista

Con il termine “autostrade” si usa indicare tratte stradali contraddistinte “da una separazione materiale dalla

rete viaria ordinaria, dalla particolarità del tracciato (attraverso la adozione di speciali criteri tecnici, quali una certa

fondata su di una bipartizione del rapporto concessorio in provvedimento e in un contratto, si può già cogliere nella sentenza 12 gennaio 1910 resa dalla Corte di Cassazione, secondo la quale ”all’accettazione del concessionario, che rappresenta

rispetto all’atto amministrativo il verificarsi della condizione per la quale esso consegue il suo effetto, si unisce il consenso delle due parti sopra un regolamento convenzionale della concessione per suo modo di attuarsi e svolgersi”. Accanto a questo modello, occorre comunque

sottolineare come si sia diffusa, soprattutto su influsso del diritto europeo, anche una concezione contrattuale della concessione, in cui l’elemento pubblicistico rimane sullo sfondo rispetto alla tutela dei rapporti economici derivanti dal provvedimento amministrativo. Per una ricostruzione delle due visioni, cfr. R.CARANTA, I contratti pubblici, Torino, 2012,

pp. 162 e sgg.

2 M.S.GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia (1977), Bologna, 1995, p.59. Con ciò, si intende che l’azione pubblica, anche

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larghezza della carreggiata, l'esistenza di rettilinei congiunti con curve a largo raggio, la soppressione di incroci o attraversamenti a raso) e dall’assoggettamento a particolari regole di polizie stradale” 3.

L’espressione nacque in Italia nel 1908 grazie all’Ingegner Piero Puricelli e, in breve, fu tradotta e utilizzata anche in altri Stati, dove l’inizio del nuovo secolo aveva già determinato uno sviluppo dei tratti stradali4.

Nel 1921 lo stesso Puricelli costituì la Società Anonima Autostrade-Saa, soggetto finanziato in larghissima parte da capitali privati, e nel 1923 ottenne la prima concessione, da parte del Ministero dei lavori pubblici, per la costruzione e l’esercizio della futura autostrada Milano-Laghi, in cambio del diritto alla riscossione dei pedaggi dell’infrastruttura, con l’assunzione del relativo rischio di impresa nella gestione della stessa5.

L’istituto della concessione fu utilizzato per fornire una cornice giuridica all’attività di costruzione e di successiva gestione delle reti sulla base dell’esperienza avvenuta con le infrastrutture ferroviarie, oggetto di un pregresso affidamento a operatori privati nel tentativo di non gravare l’erario da ingenti voci di spesa6.

L’impianto autostradale, completato nel 1925, ebbe un costo complessivo di 90 miliardi di lire, il 20% in più di quanto preventivato, e la relativa gestione entrò in crisi poco tempo dopo la sua inaugurazione. Infatti, di fronte ad una iniziale stima di traffico di mille transiti, con previsioni di forte crescita, nel 1928 si contavano solo millecinquecento passaggi durante l’orario di apertura, appena sufficienti a ripianare le spese di gestione7.

Queste difficoltà non arrestarono, tuttavia, lo sviluppo delle tratte autostradali, che si intensificò lungo tutto il territorio italiano. Nel 1925 fu avviata la costruzione della Milano-Bergamo, terminata nel 1927 ad opera della Società anonima bergamasca esercizi costruzioni autovie, diretta, in corso d’opera, nuovamente dall’Ingegner Piero Puricelli, mentre nel 1929 fu ultimata la Napoli-Pompei8.

La crisi del 1929 determinò, però, un mutamento irreversibile nella gestione delle concessioni autostradali.

3L.ORUSA,Strade e autostrade, in Digesto, Torino, 1999, p. 3.

4 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, in L.SALTARI A.TONETTI (a

cura di), Il regime giuridico delle autostrade, in Italia, in Europa e nelle principali esperienze straniere, Milano, 2017, p. 18. Il termine autostrada sarà tradotto in tedesco come auto-bahn, in francese come auto-route, nell’inglese motor-ways e nello spagnolo

auto-vìa. Infine, per completezza, occorre sottolineare come la Germania completò, per prima, nel 1921 la costruzione

dell’AVUS a Berlino, la quale, tuttavia, era funzionale a soddisfare il doppio scopo di strada e pista di prova e non rientrava nella nozione di “autostrada” così come accolta in dottrina. Cfr. G. PISANTI,Le concessioni autostradali: evoluzione

normativa e regolamentare, accessibile al sito www.sipotra.it.

5 L.SALTARI A.TONETTI, op. cit., pp. 18-19, Cfr. G.PISANTI, op., cit. 6 S.MAGGI, Le ferrovie,Bologna, 2007, pp. 113.

7 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., p. 20.

8 L.SALTARI A.TONETTI, op. cit., pp. 23-24. In questa fase embrionale, fu determinante l’apporto della borghesia

imprenditoriale, in particolare del Nord, nell’influenzare l’azione del Governo italiano nella espansione delle infrastrutture viarie, tanto che la dottrina, in riferimento a queste prime autostrade chiamate di “prima generazione”, osservò come si fosse verificata una prevalenza degli interessi privati delle società concessionarie rispetto a quello generale perseguito dall’autorità pubblica.

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La medesima situazione di debolezza concretizzatesi in relazione alla Milano-Laghi si replicò con maggior vigore con riguardo alle altre società concessionarie e il Governo rispose o disponendo ingenti finanziamenti in favore di alcuni operatori privati, come la SaaTM fondata da Giovanni Agnelli9, o

avviando una vera e propria nazionalizzazione, come per la Società autonoma autostrade-Saa di Puricelli, con relativa devoluzione della gestione all’Azienda autonoma statale delle strade-Asss10.

L’evoluzione di quegli anni è da inquadrare all’interno del passaggio da Stato liberale o neutrale a Stato imprenditore o interventista, avvenuto in tutto Occidente con l’assunzione da parte dei pubblici poteri di una larga parte di attività produttive rimesse, in precedenza, al mercato11; in particolare, la dinamica fu

facilitata nel settore delle infrastrutture autostradali dalla riscontrata carenza di una vera e propria redditività per la loro gestione. Già in questo primo decennio, quindi, si può scorgere quella che diverrà una costante nella gestione, ossia l’alternatività della esternalizzazione tra operatori privati e soggetti pubblici12.

Presupposto condiviso da entrambi i moduli organizzativi è il carattere non duplicabile della gestione dell’infrastruttura viaria, che la rende un monopolio naturale, ossia un’attività che, per ragioni intrinseche, si presta ad una direzione di tipo monopolistico, a natura pubblica o privata13.

Inoltre, in entrambi i casi la gestione si è basata su un atto concessorio, il quale è divenuto, secondo la dottrina, un vero e proprio “paradigma” nell’amministrazione delle infrastrutture viarie14.

Il processo di ingresso dello Stato nel settore autostradale, o meglio, di sostituzione di capitali privati con quelli pubblici, continuò, dopo la crisi del 1929, con le sanzioni applicate all’Italia nel 1935 dalla Società delle Nazioni per l’aggressione all’Etiopia15.

9 La SaaTM gestiva la autostrada Milano-Torino.

10 Quest’ultima fu costituita nel 1928 con legge n. 1094 del 17 maggio allo scopo di amministrare, attraverso una struttura

formalmente separata da quella ministeriale, i tratti stradali pubblici privi di pedaggio, cfr. L.SALTARI –A.TONETTI,

Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., pp. 23-24.

11 M.CLARICH,Manuale di diritto amministrativo, cit., pp. 33 e sgg. La progressiva statalizzazione coinvolse numerosi settori,

si pensi, a titolo esemplificativo, al settore creditizio.

12 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., pp. 20 e sgg, G. PISANTI,Le

concessioni autostradali: evoluzione normativa e regolamentare, cit. e C.ACOCELLA, Ancora sulla tensione tra pubblico e privato: il caso

della realizzazione e gestione delle opere infrastrutturali nel comparto autostradale, in Federalismi, n. 23 del 2018, pp. 10 e sgg.; la

gestione delle autostrade attraverso una concessione fu un modello applicativo elaborato per primo in Italia e, successivamente, imitato anche da altri ordinamenti.

13 Altri esempi di monopolio naturale possono essere rappresentati dalla rete di trasporto ferroviario, dalla rete di

trasmissione dell’energia elettrica o da quella di trasporto del gas. Sul concetto di monopolio naturale, cfr. veda F. TRIMARCHI BANFI, Lezioni di Diritto Pubblico dell’Economia, Torino 2014., p. 64 e veda M.CLARICH,Manuale di diritto

amministrativo, cit., p. 44

14 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., p. 21 e C.ACOCELLA, Ancora

sulla tensione tra pubblico e privato: il caso della realizzazione e gestione delle opere infrastrutturali nel comparto autostradale, cit., pp.

10-11.

15 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., p. 29, C.ACOCELLA, op., cit.,

pp. 11 e sgg e L.SALTARI –C.CATALDI,Le caratteristiche delle concessioni autostradali: l’evoluzione nel tempo, i soggetti concedenti e le modalità di affidamento, accessibile all’indirizzo www.sipotra.it.

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Come già accaduto con le ferrovie, nazionalizzate con la legge n. 137 del 22 aprile del 1905, la principale ragione dietro la sostituzione degli operatori privati con l’autorità pubblica fu la crescente spesa sostenuta dalle casse erariale16. A seguito della Seconda Guerra Mondiale, la necessità di modernizzare le

infrastrutture autostradali e stradali, fortemente danneggiate dal conflitto, si coniugò con l’approccio interventista statale già sviluppatosi a partire dal 192917. In questa fase, la rete autostradale era lunga

appena 440 Km, mentre quella stradale poco più di 20.000 Km18.

Nel 1946, con il D.lgs. n. 38 del 27 giugno, fu istituita l’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali (ANAS), che sostituì l’Ass, e nel 1950 l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) fondò la Società autostrade concessioni e costruzioni, allo scopo di promuovere lo sviluppo dell’infrastrutture autostradali attraverso l’attività ad hoc di un organismo pubblico indiretto.

La legge n. 463 del 21 maggio 1955, detta anche legge “Romita” dal nome del suo proponente, il Ministro dei lavori pubblici Giuseppe Romita, delineò, per prima, il quadro normativo all’interno del quale si favoriva lo sviluppo integrato della rete viaria. Gli elementi caratteristici della legge Romita furono alla base del nuovo assetto della materia, aperto ad una gestione da parte dei pubblici poteri, anzi favorita dall’articolo 3 comma 4, o esternalizzata attraverso la devoluzione a operatori privati.

Inoltre, fu stabilito all’articolo 3 comma 1, proprio per ovviare alle esperienze fallimentari delle autostrade di “prima generazione”, nonché ancor prima dell’amministrazione delle infrastrutture ferroviarie, che “nel

caso di concessione di costruzione ed esercizio di autostrade, il concorso statale non può superare il 40 per cento del costo di costruzione riconosciuto ammissibile”19.

Questo impose, in raccordo con l’articolo 4 della legge n. 463 del 21 maggio 1955, il ricorso a strumenti obbligazionari e mutui per il finanziamento della costruzione delle reti.

Corollario di questo fu l’introduzione del principio dell’autofinanziamento attraverso la riscossione dei pedaggi nella gestione dell’infrastruttura autostradale, al fine, anche da questo versante, di prevenire amministrazioni poco efficienti e strutturalmente in perdita, come avvenuto a seguito della crisi del 192920.

16 In particolare, l’articolo 1 unificò la gestione delle varie tratte sotto la guida statale. Quest’ultima fu la risposta all’

eccessiva elargizione di sovvenzioni pubbliche, estese progressivamente anche al pagamento di materiale rotabile e di spesa corrente, come gli stipendi del personale dipendente. La ragione del ritardo nell’adozione di un modello di gestione pubblicistica è da imputare, secondo la dottrina, ad un più marcato ruolo dei capitali privati nello sviluppo delle reti autostradali. L.SALTARI –C.CATALDI, op. cit. e L.SALTARI –A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle

autostrade in Italia, cit., pp. 25 e sgg.

17 L.SALTARI A.TONETTI, op. cit., p. 30, C.ACOCELLA, Ancora sulla tensione tra pubblico e privato: il caso della realizzazione

e gestione delle opere infrastrutturali nel comparto autostradale, cit., p.11 e L.SALTARI –C.CATALDI,op. cit. e G.PISANTI, Le

concessioni autostradali: evoluzione normativa e regolamentare, cit.

18 G.PISANTI, op. cit.

19 Un aspetto che merita di essere sottolineato è che la prescrizione si riferiva sia a società concessionarie pubbliche, sia

a società concessionarie private, in una logica che oggi è definibile nei termini di perfetta neutralità proprietaria.

20 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., p. 31, C.ACOCELLA, Ancora

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Il soggetto pubblico competente a ricevere le domande di concessione per la costruzione e la gestione delle autostrade fu individuato nell’ANAS, mentre i Ministeri titolari del potere di approvazione furono identificati nel Ministero per i Lavori Pubblici e nel Ministero del Tesoro, con parere del Consiglio di Stato sulla convenzione accessiva al vero e proprio provvedimento amministrativo. Inoltre, fu posto il limite trentennale alla durata delle concessioni21.

La nuova governance delle infrastrutture autostradali fu oggetto di una sperimentazione empirica l’anno seguente, dato che l’ANAS stipulò nel 1956 la prima convenzione con la Società autostrade dell’IRI per la costruzione e la successiva gestione dell’Autosole tra Milano, Roma e Napoli.

I lavori terminarono, a seguito di appena otto anni, nel 1964, con singole tratte autostradali aperte già nel 1958, solo dopo due anni dalla data dell’inizio dell’attività22.

Frattanto, il Parlamento italiano promulgò la legge n. 729 del 1961, anche definita Legge “Zaccagnini” in quanto proposta dal Ministro per i lavori pubblici Benigno Zaccagnini, in cui si consolidava il ruolo imprenditoriale dello Stato attraverso il fondamentale ruolo assolto dall’IRI, che, per mezzo della Società autostrade, ampliò ulteriormente i propri margini di influenza nella gestione della rete23.

In particolare, oltre a ribadire l’assetto concessorio edificato sul duplice ruolo dell’ANAS e dei Ministeri per i Lavori Pubblici e del Tesoro, si dispose il trasferimento della gestione dell’intera infrastruttura, in quel momento in capo all’ANAS, ad “una società per azioni al cui capitale sociale l'Istituto per la ricostruzione

industriale partecipi direttamente o indirettamente almeno con il 51 per cento”, ovvero la stessa Società autostrade24.

A partire da questo momento, l’impulso per la costruzione di autostrade si intensificò, con l’inaugurazione di numerosi tratti, anche grazie al contributo prestato dagli enti territoriali, i quali, come nel caso della A22 Società Autostrade del Brennero, iniziarono a costituire società di costruzione e di gestione di infrastrutture viarie25.

D.ANSELMI,Le concessioni di gestione delle infrastrutture, Atto al Convegno “Razionalizzazioni dei mercati e aggregazioni fra imprese

di trasporto”, AGCM, Roma 26 gennaio 2017, accessibile all’indirizzo www.sipotra.it. Quest’ultima Autrice, in particolare, lo definisce come “fondamentale”.

21 Articolo 3 comma 2: “La durata della concessione non può superare gli anni trenta dall'apertura all'esercizio dell'autostrada”. 22 L’Autosole è, tutt’oggi, considerata come uno dei più grandi successi conseguiti dall’Italia nel Secondo dopoguerra,

rappresentativa del miracolo italiano di quegli anni. Cfr. L.SALTARI –A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina

delle autostrade in Italia, cit., pp. 32-33 e G.PISANTI, Le concessioni autostradali: evoluzione normativa e regolamentare, cit.

23 L.SALTARI A.TONETTI, op. cit., p. 34 sostiene che fu la stessa Società Autostrade a redigere la legge n. 729 del 1961. 24 Articolo 16 comma 1; inoltre, è corretto affermare, come evidenziato da L.SALTARI C.CATALDI, Le caratteristiche

delle concessioni autostradali: l’evoluzione nel tempo, i soggetti concedenti e le modalità di affidamento, cit., che l’articolo 2 della legge n.

729 del 1961 soppresse, a livello formale, il favor nei confronti degli enti pubblici nel rilascio di concessioni di costruzione e la gestione di autostrade, ma la stessa fonte normativa, sostanzialmente, pose le basi la progressiva assunzione monopolistica da parte di Società autostrade.

25 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., pp. 37-38, secondo cui “In

sintesi, il sistema autostradale per più della metà della sua estensione è da riferirsi alla controllata dell’IRI, per poco meno dell’altra metà fa capo a numerosi altri concessionari, prevalentemente società in pubblico controllo locale”.

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Successivamente, si possono registrare solo tentativi di razionalizzazione operati dal Legislatore. La legge n. 385 del 1968 determinò la risoluzione della convenzione del 1962 negoziata con Società autostrade, con contestuale stipulazione di un’altra, il cui termine fu fissato al 31 dicembre 200326; il tratto saliente,

tuttavia, dell’intervento fu l’ampliamento delle tratte stradali oggetto di concessione in favore della partecipata dell’IRI.

Negli anni Settanta, invece, a causa dell’acuirsi della crisi economica, furono promulgate due leggi, che da un lato accentuarono le entrate erariali derivanti dalle concessioni, dall’altra cristallizzarono il sistema autostradale. Il Legislatore con la legge n. 287 del 1971 all’articolo 1 aumentò l’importo del pedaggio dovuto dalle società concessionarie allo Stato, mentre con la legge di conversione n. 492 del 1975 prescrisse la sospensione della concessione di nuove autostrade, tratti autostradali o trafori.

In particolare, quest’ultima previsione, contenuta originariamente nel D.L. n. 376 del 1975 all’articolo

18-bis, fu una delle principali ragioni alla base delle successive difficoltà pubbliche nella gestione

dell’infrastruttura viaria e, in definitiva, una delle maggiori cause della privatizzazione attuata negli anni Novanta.

Infatti, il congelamento di ogni futura concessione determinò la soppressione di qualsiasi incentivo economico teso a migliorare l’efficienza della gestione delle infrastrutture autostradali, rendendo evidente come quest’ultima fosse un’attività ispirata da una logica di equilibrio finanziario e non a natura lucrativa27.

3. La crisi della gestione pubblica e le privatizzazioni

Negli anni Ottanta, il Legislatore provò ad introdurre, per la prima volta, elementi di imprenditorialità nel regime delle concessioni autostradali.

Con la legge n. 531 del 1982, infatti, si intervenne favorendo un processo di accentramento della gestione dei flussi di transito sulla rete autostradale in Società autostrade, da un lato con il rilascio di nuove concessioni alla partecipata dell’IRI per opere di completamento di tratte dell’infrastruttura già esistente, dall’altro con la possibilità, riconosciuta espressamente all’articolo 10, per Società autostrade di acquisire partecipazioni azionarie “in società concessionarie di infrastrutture autostradali o di trafori a pedaggio, a condizione che

sussista per esse l'equilibrio economico di gestione, da conseguirsi anche attraverso proroghe del periodo concessionale, adeguamenti straordinari del livello tariffario ed eventuali apporti finanziari dello Stato”.

La misura, dal punto di vista delle politiche di gestione dell’infrastruttura autostradale, fu diretta a rafforzare il ruolo di leader di Società autostrade nel settore, sulla base del presupposto, accolto dal

26 Articolo 3 e 4 comma 2 della legge n. 385 del 1968.

27 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., p. 41 e C.ACOCELLA, Ancora

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Legislatore dell’epoca, che questo soggetto fosse più affidabile delle varie società concessionarie, anche partecipate da entità sub-statali, diffusesi a partire dalle leggi Romita e Zaccagnini.

Il crescente consenso nei confronti di moduli di gestione privatistica, inquadrabile lungo quell’arretramento dello Stato da imprenditore a regolatore (rolling back the State), fu, tuttavia, alla base di decisioni ancora più nette28.

Si iniziò, infatti, a pensare che l’accentuazione degli elementi imprenditoriali non potesse che fondarsi su di un’apertura ai capitali privati, attraverso una privatizzazione “calda”, ovvero non circoscritta solo all’adozione di moduli organizzativi privatistici, ma legata all’effettiva dismissione dei capitali pubblici29.

In questo si riscontra una certa differenza di approccio rispetto ad altre soluzioni utilizzate dal Legislatore nell’ambito, ad esempio, dei servizi di vendita di energia elettrica e gas, in cui la privatizzazione fu avviata, secondo una logica “fredda”, esclusivamente con il passaggio dalla struttura organizzativa pubblicistica, di ente pubblico economico, a privatistica, ovvero di società di capitali, con il contestuale mantenimento da parte dello Stato di quote azionarie rilevanti, unite anche a poteri speciali per l’azionista pubblico30.

Il punto di svolta avvenne, durante il Governo Ciampi, con la promulgazione della legge n. 537 del 1993, la quale, all’interno di un quadro organico di correzione della finanza pubblica, pose la base della successiva privatizzazione. L’articolo 10 prescrisse, in primo luogo, al comma 3, un aumento del canone concessionario, secondo una direttrice già intrapresa con la legge n. 287 del 1971.

Inoltre, il comma 6 del medesimo articolo si spinse ad abrogare “l'articolo 16, primo comma, della legge 24

luglio 1961, n. 729, limitatamente alla parte in cui impone all'Istituto per la ricostruzione industriale di detenere la maggioranza delle azioni” di Società autostrade, aprendo concretamente a operatori privati la possibilità di

acquisire quote azionarie, anche di maggioranza, del principale concessionario attivo in Italia.

28 Parlare di vero e proprio arretramento dello Stato è forse erroneo, nella misura in cui i pubblici poteri assumono un

ruolo diverso, ovvero quello di “regolare” il mercato a garanzia della tutela della concorrenza. Sicuramente, diviene più problematica, se non sostanzialmente preclusa, un’attività pubblica “imprenditoriale”. Sul punto, M.CLARICH,Manuale di diritto amministrativo, cit., pp. 33-34.

29 C.ACOCELLA, Ancora sulla tensione tra pubblico e privato: il caso della realizzazione e gestione delle opere infrastrutturali nel comparto

autostradale, cit., pp. 13-14 e L.SALTARI –A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit. pp.

58.

30 Sulla distinzione tra privatizzazione “calda” o sostanziale e privatizzazione “fredda” o formale, imprescindibile per

comprendere l’attuale regime dei rapporti pubblico-privato, si veda M.CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, cit., pp.

39-40 e F.TRIMARCHI BANFI, Lezioni di Diritto Pubblico dell’Economia, cit.., pp. 47-48. Sulla differenza di approccio tra le diverse public utilities, L.SALTARI –A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., pp. 56-57.

Inoltre, più che il peso azionario dell’autorità pubblica in sé considerato, ad esempio, in ENEL o ENI è, rispettivamente, del 23,6% o del 30% circa, riveste maggiore importanza nelle privatizzazioni calde la golden share, ossia una serie di facoltà speciali riconosciute allo Stato rispetto agli ordinari azionisti. Sul concetto di golden share, cfr. M.CLARICH, Manuale di

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Infine, corollario di questo nuovo regime fu il riconoscimento all’articolo 10 comma 8 dell’attività di gestione delle infrastrutture autostradali come a “natura privata”, con la “esclusione della garanzia dello Stato

per la contrazione di mutui”.

Si potrebbe, a questo punto, discutere se questo pacchetto di misure possa essere interpretato come vera e propria liberalizzazione del settore delle concessioni autostradali; il concetto di liberalizzazione, infatti, non deve essere confuso con quello di privatizzazione, dato che quest’ultimo processo, incidendo come visto unicamente sul diritto sostanziale, comporta l’adozione di moduli organizzativi privatistici o la sostituzione di un operatore monopolista pubblico con uno monopolista privato, a seconda della tipologia di privatizzazione, se “fredda” o “calda”.

In realtà, la nozione di liberalizzazione è solo una conseguenza eventuale della privatizzazione e implica la soppressione di barriere legali all’esercizio di un’attività economica, con l’apertura della stessa ad una molteplicità, quantomeno potenziale, di concorrenti31.

Da qui un’importante considerazione, la cui riprova empirica si coglie proprio all’interno del regime delle concessioni autostradali: la privatizzazione può essere presupposto di un’apertura alla concorrenza di un’attività ma può, all’opposto, essere anche una modalità attraverso cui l’autorità, optando per strumenti privatistici, o il subentrante operatore privato continui a svolgere le sue prestazioni in modo esclusivo; in altri termini, la privatizzazione è un fenomeno a natura sostanziale, ma di tipo prettamente organizzativo e di per sé neutro rispetto alla conformazione data al mercato, che può continuare ad essere riservato. In un settore economico quale quello autostradale, il principale ragionamento dietro l’azione Legislativa degli anni Novanta fu proprio quello di privilegiare, per esigenze di cassa, una privatizzazione “calda”, considerata la più indicata per accentuare gli elementi imprenditoriali dell’attività di gestione dell’infrastruttura, senza incentivare una totale liberalizzazione dell’assetto, reso ancora più complicato dalla natura non duplicabile della rete autostradale.

Non si trattava, pertanto, di aprire il settore ad una moltitudine di operatori privati, ma di favorire la creazione di un “campione nazionale” del mercato in grado di competere anche nelle arene internazionali32.

31 F.TRIMARCHI BANFI, op.cit.., p. 22.

32 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., pp. 59-60 e C.ACOCELLA,

Ancora sulla tensione tra pubblico e privato: il caso della realizzazione e gestione delle opere infrastrutturali nel comparto autostradale, cit.,

p. 16. Quest’ultimo Autore, in particolare, segnala un parere dell’Avvocatura dello Stato al Ministro dei lavori pubblici in cui si sosteneva il medesimo concetto, osservando come “la finalità perseguita dal legislatore (…) nell’avviare la privatizzazione

delle società a partecipazione statale” era quella di “costituire una sorta di avviamento di tali società, incrementando la loro potenzialità economica a tal fine fissando in almeno vent’anni la durata di concessioni nuove e prorogando di vent’anni le concessioni in atto” .

(11)

Questo tenuto conto delle perplessità dell’epoca circa il grado di risposta di capitali privati alla privatizzazione, a cui il Governo, probabilmente, cercò di fornire risposta accentuando i profili di opportunità dell’investimento33.

Sulla base di questi presupposti, nel 1996 il Governo, ex articolo 11 comma 1 della legge n. 498 del 1992 che attribuiva al Comitato interministeriale per la Programmazione Economica, il potere di emanare direttive “per la revisione delle convenzioni e degli atti aggiuntivi che disciplinano le concessioni autostradali, nonché per la

revisione, a partire dall'anno 1994, delle tariffe autostradali, tenuto conto dei piani finanziari, delle variazioni del costo della vita, dei volumi del traffico e dei dati scaturenti dagli indicatori di produttività”, delineò il quadro regolatorio del

nuovo regime delle concessioni, a partire da quella con Società autostrade, considerata il prototipo per i futuri interventi nel settore. Questo, tra i vari punti, contemplava una definizione dell’andamento delle tariffe delle autostrade, con contestuale assunzione di impegni di investimenti da parte della società concessionaria, nonché una proroga della medesima concessione al 2038.

Quest’ultimo aspetto accese i conflitti più incandescenti con la Commissione Europea, la quale lamentò una ingiustificata compressione della concorrenza a seguito della proroga unilaterale disposta dal Governo, suscettibile di alterare i rapporti tra Società autostrade e gli altri operatori economici. La questione fu risolta dalla cosiddetta direttiva “Costa-Ciampi”, decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 20 ottobre 1998, che sottolineò come la proroga si inserisse in un’operazione a natura transattiva più ampia, tesa a risolvere un contenzioso pregresso circa il mancato adeguamento della società concessionaria alle tariffe previste dal Governo.

La privatizzazione “calda” di Società autostrade avvenne, quindi, nel 1999 e terminò nel 2002, entrando in una fase contraddistinta da una moltiplicazione degli interventi di regolazione, spesso eseguiti in sede di contrattazione con le singole società concessionarie34.

Proprio per ovviare a questa intensa eterogeneità della disciplina giuridica, anche a seguito di una segnalazione congiunta della Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, il Governo emanò il decreto-legge n. 262 del 3 ottobre 2006, convertito poi nella legge n. 286 del 24 novembre 2006, col quale tentò, per la prima volta, di invertire la tendenza, fornendo un quadro unitario delle concessioni autostradali35.

33 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., pp. 47-48. 34 G. PISANTI,Le concessioni autostradali: evoluzione normativa e regolamentare, cit.

35 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., pp. 63 e sgg. e C.ACOCELLA,

Ancora sulla tensione tra pubblico e privato: il caso della realizzazione e gestione delle opere infrastrutturali nel comparto autostradale, cit.,

p. 16 e sgg.,G. PISANTI,op. cit e L.SALTARI –C.CATALDI, Le caratteristiche delle concessioni autostradali: l’evoluzione nel tempo,

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Le principali criticità riscontrate erano legate da un lato alla determinazione della tariffa di pedaggio a carico degli utenti, nodo essenziale sia da un punto di vista interno, ovvero di sostenibilità economica dell’attività di gestione dell’infrastruttura, sia da uno esterno, nelle relazioni tra pubblico e privato in relazione all’importo del canone versato dal secondo al primo, dall’altro alle modalità dei rapporti complessivi instaurati tra il contraente pubblico e l’operatore privato, mediante l’introduzione di un modello di “convenzione unica” uniforme per tutte le società concessionarie36.

L’articolo 12 comma 6 e 7 del D.L. n. 262 del 2006, quindi, prescrissero l’obbligo di stipulazione tra società concessionarie e ANAS della convenzione unica a pena di risoluzione del relativo rapporto concessorio, con eventuale affidamento della stessa proprio ad ANAS, che si ritrovò ad un tempo soggetto concedente e ad altro concessionario37.

Proprio questa commistione a natura funzionale in capo ad ANAS, oltreché l’arbitraria rottura del sinallagma convenzionale con le società concessionarie, fu alla base dell’apertura di una procedura per infrazione avviata dalla Commissione Europea per violazione della libertà di circolazione dei capitali e di stabilimento, dipendente dall’incertezza del quadro regolatorio nazionale e dalla lesione del principio di proporzionalità38.

Il Legislatore italiano, pertanto, avviò un percorso di revisione dell’impianto normativo definito in dottrina come “tormentato”, data la ricezione di soluzioni talvolta contraddittorie fra loro39. All’esito di

due delibere del CIPE e di una direttiva del Ministero delle Infrastrutture, il Governo tentò di risolvere la situazione avviando negoziati diversi per ogni singola società concessionaria, seppur all’interno della cornice prospettata dal modello di convenzione unica40. Alcune di queste trattative si arrestarono alla fase

36 Articolo 12 comma 1.

37 ANAS, infatti, in base all’articolo 76 della legge n. 289 del 2002 (“Legge Finanziaria 2003”), aveva acquisito la gestione

della rete autostradale e stradale pubblica. Tra l’altro, anche l’intervento del 2002 si connotò per l’assenza di una cornice organica, dato che il Legislatore procedette alla privatizzazione formale o fredda di ANAS indotto essenzialmente dalla necessità di calcolare il bilancio dello Stato in coerenza con la disciplina sovranazionale europea, come ricorda C. ACOCELLA, Ancora sulla tensione tra pubblico e privato: il caso della realizzazione e gestione delle opere infrastrutturali nel comparto

autostradale, cit., p. 21

38 La procedura di infrazione per violazione della libertà di circolazione dei capitali e della libertà di stabilimento fu

preceduta, peraltro, da un’altra procedura di infrazione, concernente la mancata autorizzazione del Governo italiano alla fusione fra Autostrade per l’Italia e la spagnola Abertis. Questo caso fu, tra l’altro, il vero e proprio presupposto concreto dell’intervento governativo sulle concessioni, a riprova di una certa carenza di un disegno organico complessivo sulla materia in favore di un approccio estemporaneo e guidato dalle contingenze politiche. L.SALTARI –A.TONETTI, Origini

e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., pp. 64 e sgg., C.ACOCELLA, op. cit., p. 17 e sgg e G. PISANTI,Le

concessioni autostradali: evoluzione normativa e regolamentare, cit.

39 Basti pensare che, un mese dopo la conversione in legge del decreto, fu promulgata la legge n. 296 del 27 dicembre

2006, L.SALTARI –A.TONETTI, op. cit., p. 67. Tra i vari interventi, è possibile osservare come il Legislatore tentò di

incidere soprattutto sui legami operanti tra società di gestione della infrastruttura autostradale e le società collegate.

40 Le delibere del CIPE furono quella n. 1 del 26 gennaio 2007 e quella n. 39 del 15 giugno 2007; la direttiva del Ministero

delle Infrastrutture quella del 30 luglio 2007. Tutti questi atti furono diretti a risolvere la problematica dell’operazione di concentrazione tra Autostrade per l’Italia e il gruppo spagnolo Abertis.

(13)

istruttoria, mentre la più importante con Società Autostrade non superò il vaglio positivo del Nucleo di consulenza per l’attuazione e la regolazione dei servizi di pubblica utilità (Nars), previsto dal comma LXXXIV dell’articolo 2 del D. L. n. 262 del 3 ottobre 2006, a causa di difformità rispetto ai principi e criteri generali di regolazione economica.

Per ovviare ad un quadro privo di soluzioni chiare, il Legislatore promulgò la legge n. 101 del 6 giugno 2008 con cui approvò, mediante quindi strumento legislativo, “tutti gli schemi di convenzione con la società

ANAS s.p.a. già sottoscritti dalle società concessionarie autostradali all’entrata in vigore del presente decreto”, seppur in

assenza di una piena consapevolezza sulla loro fisionomia41.

Dopo questo passaggio, la Commissione Europea chiuse la procedura di infrazione per violazione della libertà di circolazione di capitali e di stabilimento; successivamente, il Legislatore intervenne in numerose occasioni, modificando il rapporto concessorio, soprattutto in tema di determinazione della tariffa, ancora una volta in modo contraddittorio42.

Ad esempio, si evidenzia come con la l. n. 164 dell’11 novembre 2014, di conversione del D.L. n. 133 del 12 settembre 2014, il Legislatore all’articolo 5 ammise la eventualità di modifiche alle convenzioni con le società concessionarie, con relativo allungamento, in cambio della realizzazione di investimenti aggiuntivi o di abbassamento della tariffa.

In altri termini, il Legislatore, accentuando implicitamente i tratti privatistici del rapporto concessorio, ritenne possibile realizzare un vero e proprio scambio a natura transattiva con l’operatore privato, esigendo nuovi investimenti in cambio di abbassamenti della tariffa o, ancora, di unificazione di tratte interconnesse, attigue o tra di loro complementari43. Nel 2016, tuttavia, il nuovo Codice dei Contratti

Pubblici, il D. Lgs. n. 50 del 18 aprile 2016, dispose all’articolo 217 l’abrogazione della misura44.

Più strutturali, seppur paradossalmente introdotte mediante decreto-legge, furono le misure adottate in relazione alla fisionomia di ANAS e alla governance del settore.

41 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., p. 69 e CORTE DEI CONTI,

SEZIONE CENTRALE DI CONTROLLO SULLA GESTIONE DELLE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO, Le concessioni autostradali, Deliberazione 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G, accessibile all’indirizzo www.cortedeiconti.it, p. 37.

42 Si evidenzia il D.L. n. 185 del 29 novembre 2008, la legge n. 191 del 23 dicembre 2009 e il D.L. n. 78 del 31 maggio

2010.

43 Il Legislatore ha mostrato, in questo modo, di concepire il rapporto concessorio come a valenza prevalentemente

privatistica, ridimensionando la fase pubblicistica posta a monte dell’attività di gestione; peraltro, ha utilizzato il settore delle concessioni autostradali, ancora una volta, strumentalmente all’obiettivo di perseguire politiche contingenti di contenimento della spesa pubblica. L.SALTARI –A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., p. 76 e CORTE DEI CONTI,SEZIONE CENTRALE DI CONTROLLO SULLA GESTIONE DELLE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO,cit., p. 43.

44 CORTE DEI CONTI, SEZIONE CENTRALE DI CONTROLLO SULLA GESTIONE DELLE AMMINISTRAZIONI DELLO

STATO,cit., p. 49 riporta generici “profili di criticità”, senza specificare in modo puntuali quali. Probabilmente, questi inerivano all’assenso delle Istituzioni europee, su cui vi erano molti dubbi.

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Per ciò che riguarda ANAS, il D.L. n. 98 del 6 luglio 2011, convertito senza particolari modifiche dalla legge n. 111 del 15 luglio 2011, prescrisse all’articolo 36 comma 2 come le funzioni di concedente della rete autostradale, nonché di relativa vigilanza, fossero trasferiti all'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali, che sarebbe stata costituita a partire dal 1° gennaio 2012 in seno al Ministero per le infrastrutture e dei trasporti.

Consequenzialmente, il Legislatore attribuiva ad ANAS le funzioni di costruzione e di gestione delle strade di interesse nazionale, stabilendo come quest’ultima operasse quale società in-house del Ministero per le infrastrutture45. Tuttavia, dopo appena due anni, il Legislatore con il D. L. n. 69 del 21 giugno 2013,

convertito nella legge n. 98 del 9 agosto 2013, all’articolo 25 comma 7 riconsiderò questa scelta, abrogando la qualificazione di ANAS quale società in-house del Ministero per le infrastrutture46.

Infine, ANAS è stata acquistata dal 1° gennaio 2018 da Ferrovie dello Stato per favorire economie di scala, in coerenza con quanto disposto dall’art. 49 comma 1 del D.L. n. 50/2017, convertito in legge n. 96 del 21 luglio 2017. Ad oggi, ANAS continua ad essere considerata come un soggetto pubblico produttore di servizi economici, rilevante ai fini del calcolo del bilancio statale47.

Per ciò che riguarda la governance, il Legislatore ha tentato di rafforzare gli elementi propri della regolazione economica con la istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART), prevista dall’articolo 37 del D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011, ma operativa solo a partire dal 201448.

Inizialmente, l’attività dell’Autorità era circoscritta alle future concessioni, in relazione alla determinazione della tariffa e alla predisposizione degli schemi dei bandi, “fatte salve le competenze dell'Agenzia per le

infrastrutture stradali e autostradali”49; la mancata costituzione dell’Agenzia determinò la centralizzazione

delle suddette attribuzioni al Ministero per le Infrastrutture.

Il crollo del viadotto Morandi a Genova, tuttavia, ha impresso un’intensa accelerazione a questa transizione verso un modello di regolazione indipendente.

Il D.L. n. 109 del 28 settembre 2018 (c.d. “Decreto Genova”), convertito nella legge n. 130 del 16 novembre 2018, ha da un lato, all’articolo 16, esteso le facoltà esercitate dall’ART anche alle concessioni

45 Articolo 36 comma 9.

46 L’intervento assolse ad esigenze di contabilità pubblica, a conferma della contingenza dell’azione legislativa di quegli

anni. In particolare, il Legislatore tentò di escludere dalla determinazione del bilancio statale ANAS,L.SALTARI –A. TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., p. 73 e C.ACOCELLA, Ancora sulla tensione tra

pubblico e privato: il caso della realizzazione e gestione delle opere infrastrutturali nel comparto autostradale, cit., p. 22.

47 Cfr. l’Elenco delle amministrazioni pubbliche consultabile al sito www.istat.it.

48 La disciplina dell’Autorità di regolazione dei trasporti ha subito numerose modifiche, in primo luogo con la legge di

conversione del D.L., la l. n. 214 del 22 dicembre 2011, poi con il D.L. n. 1 del 24 gennaio 2012, con relativa l. di conversione n. 27 del 24 marzo 2012. Tra l’altro, solo con quest’ultimo provvedimento si estendono le attribuzioni dell’ART anche alla materia autostradale, equiparandola ai settori aereo, ferroviario e portuale.

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in essere, dall’altro, all’articolo 12, contemplato l’istituzione di un’altra Agenzia chiamata Ansfisa, preordinata a “garantire la sicurezza del sistema ferroviario nazionale e delle infrastrutture stradali e autostradali”.

4. Gli elementi costitutivi del regime delle concessioni autostradali: il “paradigma” concessorio

Chiarito, preliminarmente, il contesto storico-giuridico delle concessioni autostradali, è possibile, a questo punto, delinearne i relativi elementi costitutivi, allo scopo di evidenziare quali siano da un lato le particolarità del settore, dall’altro le questioni ancor oggi controverse.

La scelta politica fondamentale in tema di gestione delle infrastrutture autostradali, come visto, si basa sull’esternalizzazione alternativa dell’affidamento o ad operatori privati, o a soggetti pubblici50.

Elemento condiviso da entrambi i moduli organizzativi è la sussistenza di una concessione amministrativa, la quale si pone come presupposto dell’attività di costruzione e, successivamente, di gestione dell’infrastruttura.

Con riguardo all’oggetto, si usa distinguere in dottrina tra concessione di beni pubblici (demaniali e patrimoniali indisponibili), di svolgimento di pubblici servizi, di costruzione di opere pubbliche o di compimento dell’una e l’altra attività insieme (costruzione dell'opera ed esercizio del servizio a cui l'opera è destinata)51.

Se le concessioni di beni pubblici trovano la propria fonte applicativa soprattutto all’interno di numerose leggi speciali52, le concessioni di opere pubbliche e di servizi, nonché quelle miste, sono disciplinate dal

Codice dei Contratti Pubblici, a seguito della ricezione del diritto Europeo.

Il Codice, in questi casi, prescrive il rispetto di precise procedure ad evidenza pubblica, all’esito delle quali l’aggiudicatario è individuato in base ad una selezione comparativa, in ossequio al principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, sancito all’interno della Costituzione dall’articolo 97 comma 2, della direttiva europea n. 23 del 2014 e a livello positivo dall’articolo 1 della legge n. 241 del 199053.

50 Da questo punto di vista, secondo la dottrina la concessione si differenzierebbe dalla “collettivizzazione”, ovvero

l’assunzione di un’attività in via riservata da parte dei pubblici poteri; cfr. M.CARABBA,Impresa pubblica, in Digesto, Torino,

2011, p. 4 e sgg.

51 D.SORACE-C.MARZUOLI,Concessioni amministrative, cit., p.1 e R.CARANTA, I contratti pubblici, cit., pp. 166 e sgg. 52 V.C.IAMBRENGHI,(Uso dei) beni pubblici, in Digesto, Torino, 1987, p. 1 e sgg.

53 E’, tuttavia, opportuno segnalare come la prospettiva europea sia differente rispetto a quella italiana, nella misura in

cui rileva, per il diritto sovranazionale, il rispetto della normativa proconcorrenziale e, in definitiva, la par condicio tra gli operatori economici; al contrario, per il diritto interno si conferisce importanza alla connessione teleologica tra l’imparzialità della pubblica amministrazione e la cura dell’interesse generale. Nel primo caso ci troviamo di fronte ad una concezione tendenzialmente soggettiva, nel secondo ad una indicativamente oggettiva del diritto amministrativo.

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Il Codice dei Contratti Pubblici non regolamenta solo le concessioni, ma anche forme di partenariato diverse e gli appalti, oggetto di una specifica direttiva europea, la n. 24 del 201454.

In particolare, come noto, le concessioni si differenziano rispetto agli appalti per il trasferimento del rischio operativo in capo al soggetto aggiudicatario e per la sostituzione di quest’ultimo ai pubblici poteri nell’esercizio di funzioni amministrative.

In relazione al primo punto, è necessario che il rischio operativo, ovvero “la possibilità di non riuscire a

recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore” sia

imputato in capo al soggetto aggiudicatario, per evitare situazioni riconducibili a quelle che, in linguaggio economico, sono definite come fallimenti del mercato, in particolare di azzardo morale o la formazione di monopoli55.

Queste considerazioni hanno trovato approdo all’articolo 165 del Codice dei Contratti Pubblici, che, definendo le concessioni, al comma 1 prescrive come “tali contratti comportano il trasferimento al concessionario

del rischio operativo definito dall’articolo 3, comma 1, lettera zz) riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull’equilibrio del piano economico finanziario. Le variazioni devono essere, in ogni caso, in grado di incidere significativamente sul valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario” e al comma 2 secondo periodo che “in ogni caso, l’eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a

54 Cfr. Parere Consiglio di Stato sul Codice dei Contratti Pubblici n. 855 del 2016 p. 8, in cui si osserva come siano

disciplinate non solo le concessioni, ma anche altre forme contrattuali. Sulla concessione quale esempio di partenariato pubblico-privato a natura contrattuale, cfr., ex multis, B.RAGANELLI,Il contratto di concessione come modello di partenariato

pubblico-privato e il nuovo codice dei contratti, da Amministrazione in Cammino Luiss, 2017, p. 1 e sgg.

55 Considerando 18 della direttiva n. 23 del 2014. L’articolo 3 comma 1 lett. zz) del D. Lgs. n. 50 del 2016 riproduce il

concetto di rischio operativo, elencando, alle lettere successive, anche una serie di rischi in cui può incorrere l’operatore economico; questi rischi sono differenti in relazione alla tipologia di concessione stipulata. G.GRECO,Le concessioni di

lavori e di servizi (dalla Direttiva 2014/23/UE alla parte terza del D.Lgs. n. 50/2016), in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, fasc.3, anno 2018, pp. 508 e sgg. Sulla nozione di fallimenti del mercato, si veda M.CLARICH, Manuale di

diritto amministrativo, cit., pp. 43 e sgg., A.LA SPINA-G.MAJONE, Lo Stato regolatore, Bologna, 2010, pp. 117 e sgg. e G.

NAPOLITANO,Il nuovo Stato salvatore: strumenti di intervento e assetti istituzionali, in Giornale di diritto amministrativo, n. 11 del

2008, p. 1087. Le ipotesi di fallimento del mercato sono applicabili anche nei casi in cui l’impresa presenti natura pubblica, ad esempio, l’azzardo morale può verificarsi nell’eventualità cui il capitale dell’aggiudicatario a fisionomia pubblica debba essere rifinanziato mediante il ricorso alla fiscalità generale. La valutazione del trasferimento del rischio deve avvenire in concreto, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dalla stazione appaltante, come ricorda G.FIDONE,Le

concessioni di lavori e servizi alla vigilia del recepimento della direttiva 2014/23/UE, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario,

fascicolo 1, anno 2015, pp. 115 e sgg.; sul punto, cfr. anche la giurisprudenza, secondo cui “con riguardo all'ipotesi concernente

le concessioni di pubblico servizio la relativa nozione di origine europea incentrata sul trasferimento al privato concessionario del rischio operativo inerente all'esecuzione del contratto è - più precisamente: <<legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o di entrambi>>, ex art. 3, comma 1, lett. zz), d.lgs. n. 50 del 2016 - è ormai stata recepita sul piano normativo nazionale. Ad essa è pertanto inevitabile riferirsi per stabilire se il contratto sia qualificabile come concessione o appalto”.

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carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al quarantanove per cento del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari” 56.

Con riguardo al secondo aspetto distintivo rispetto agli appalti, ovvero la sostituzione da parte del concessionario alla pubblica amministrazione nell’esercizio delle sue funzioni, possiamo definire questa dinamica nei termini di una vera e propria formula organizzatoria in cui i pubblici poteri preservano un potere di sorveglianza, discendente dalla persistente, seppur tendenziale, supremazia rispetto a quelli privati57.

Le concessioni autostradali, tuttavia, presentano una fisionomia peculiare rispetto al modello concessorio canonico.

In primo luogo, le concessioni autostradali sembrerebbero essere attratte nella concessione di lavori, nella misura in cui il corrispettivo, nonché il rischio operativo per il concessionario, deriva esclusivamente dallo sfruttamento dell’opera e, quindi, dalla sua gestione58.

Parte della dottrina, tuttavia, esprime perplessità in merito a questa ricostruzione dogmatica, argomentando come “tali concessioni a ben vedere sono un ibrido: contengono tanto il profilo della costruzione di nuove

infrastrutture (in assoluto, di potenziamento, di sostituzione di quelle divenute obsolete, etc…), quanto il momento della gestione di un servizio (passivo) di trasporti (privati, pubblici, individuali, collettivi, etc..)”59.

In altri termini, la compresenza di due attività distinte, legata una alla costruzione dell’opera, l’altra alla sua gestione, determina per le concessioni autostradali la configurabilità di un regime giuridico sui generis che, verosimilmente, è stato alla base dell’enucleazione di specifiche disposizioni all’interno del Codice

56 Per un’analisi della nozione di concessione accolta dal Codice, cfr. A.GIANFLONE-G.GIOVANNINI-V.LOPILATO,

L’appalto di opere pubbliche, Milano, 2018, p. 1499. Per G. GRECO, Le concessioni di lavori e di servizi (dalla Direttiva

2014/23/UE alla parte terza del D.Lgs. n. 50/2016), cit., pp. 517 e sgg., la formulazione italiana si focalizza, più che sul

concetto di rischio operativo, su quello di equilibrio economico finanziario. Cfr. “In altri termini, in sede di attuazione il

baricentro dell'istituto pare spostarsi dall'attenzione pressoché ossessiva sul rischio operativo del concessionario, alla serietà economica dell'operazione, che garantisca anche la continuità del servizio nel tempo”.

57 M.CARABBA,Impresa pubblica, cit., pp. 4 e sgg., M.PALLOTTINO,Costruzione di opere pubbliche (concessione di), in Digesto,

Torino, 1989, pp. 8 e sgg. e F.TRIMARCHI BANFI, Lezioni di Diritto Pubblico dell’Economia, cit., pp. 52-53. Sulla sussistenza di un potere di vigilanza, espressione della persistente, seppur tendenziale, supremazia pubblica, si veda M.PALLOTTINO,

Costruzione di opere pubbliche (concessione di), cit., pp. 9 e sgg. Possiamo, inoltre, rammentare come, a differenza degli appalti,

non sia giuridicamente configurabile una concessione che abbia per oggetto forniture, come evidenziato in dottrina da U.REALFONZO,in Giustamm.it - Rivista di Diritto Pubblico, n. 4 del 2016, pp. 2-3.

58 Utilizzando la bipartizione elaborata dalla dottrina, accolta successivamente dalla giurisprudenza, tra opere “calde”,

ovvero in grado di produrre un’utile una volta esaurita la fase di costruzione, e “fredde”, insuscettibili di redditività economica, non sembrerebbero sussistere dubbi per la riconducibilità delle concessioni autostradali al regime di opere calde, dato che le società concessionarie esercitano un’attività imprenditoriale sulla base dei pedaggi riscossi dagli utenti. Per un inquadramento dogmatico della distinzione tra opere “calde” ed opere “fredde”, cfr. G.FIDONE,Le concessioni di

lavori e servizi alla vigilia del recepimento della direttiva 2014/23/UE, cit., pp. 120 e sgg.

59 L.SALTARI A.TONETTI, Origini e trasformazioni della disciplina delle autostrade in Italia, cit., p. 15. e G. PISANTI,Le

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dei Contratti Pubblici, le quali integrano o derogano quanto previsto ordinariamente in tema di concessioni60.

La disciplina speciale è fondata sull’articolo 177 ultimo periodo, in tema di affidamenti disposti dalle società concessionarie, e, soprattutto, sull’articolo 178, inerente alla spinosa questione della scadenza e della proroga delle concessioni autostradali, del Codice dei Contratti Pubblici.

Concentrandosi sul primo aspetto, l’affidamento promosso dai concessionari di lavori, il dettato normativo è ricavabile dal combinato disposto degli articoli 164 e 177 del D. Lgs. n. 50 del 2016.

L’articolo 164 del Codice dei Contratti Pubblici fornisce il quadro regolatorio ordinario applicabile ai futuri concessionari di lavori, da un lato se amministrazioni aggiudicatrici, dall’altro se non amministrazioni aggiudicatrici.

Infatti, il Codice all’articolo 164 comma 4 dispone che per gli appalti di lavori “affidati dai concessionari che

sono amministrazioni aggiudicatrici, si applicano, salvo che non siano derogate nella presente parte, le disposizioni del presente codice”, mentre all’articolo 164 comma 5 che “I concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, per gli appalti di lavori affidati a terzi sono tenuti all'osservanza della presente Parte nonché le disposizioni di cui alle parti I e II in materia di subappalto, progettazione, collaudo e piani di sicurezza, non derogate espressamente dalla presente parte”.

Assume, pertanto, centralità la nozione di amministrazione aggiudicatrice, a sua volta definita ai sensi dell’articolo 3 comma 1 lettera a) del Codice nei termini di “le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici

territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”.

Sulla base di questo impianto normativo, è lecito affermare come le amministrazioni aggiudicatrici, in quanto non designate tramite procedura ad evidenza pubblica, siano tenute a promuovere a loro volta gare per l’individuazione degli operatori chiamati a svolgere appalti di lavori ex articolo 164 comma 4 del

60 Potremmo, quindi, definire il settore autostradale come strutturato secondo un regime speciale di concessione,

mettendo in luce con questa locuzione da un lato la sua disciplina derogatoria rispetto a quella delle concessioni ordinarie di lavori o miste, dall’altro la sua estraneità rispetto ai settori propriamente speciali elencati all’interno del Codice dei Contratti Pubblici al Titolo VI Capo I. In effetti, come osservato in dottrina, il diritto europeo, per ragioni ancora non compiutamente chiarite, non ha mai avuto l’aspirazione ad armonizzare le concessioni autostradali, ma si è limitato a fornire un quadro regolatorio di alcuni aspetti, quali le concessioni o il divieto di aiuti di stato, al fine di tutelare i sottesi rapporti economici. L.SALTARI –A.TONETTI, op. cit., p. 14, M.MACCHIA,La disciplina delle concessioni market oriented dettata

dall’Unione Europea in L.SALTARI –A.TONETTI (a cura di), Il regime giuridico delle autostrade, in Italia, in Europa e nelle principali

esperienze straniere, cit., pp. 271 e sgg. C.ACOCELLA, Ancora sulla tensione tra pubblico e privato: il caso della realizzazione e gestione

delle opere infrastrutturali nel comparto autostradale, cit., p. 29. In termini affini, L.PERFETTI, Codice dei Contratti Pubblici

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