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Una Trasformata di Legendre su un modello non standard

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(1)

Dipartimento di Matematica

dell’Universit`

a di Bologna

Anno Accademico 2009-10

Martino Vittorio

Una Trasformata di Legendre su un modello

non standard

11 Febbraio 2010

(2)

Abstract

We consider an exotic contact form α on S3 and we establish explicitly the existence of

a non singular vector field v in ker(α) such that the non-singular one-differential form

β(·) := dα(v, ·) is a contact form on S3 with the same orientation than α. In particular

(3)

1. Introduzione

In questo seminario dimostreremo un risultato riguardante l’esistenza di un particolare campo vettoriale nel nucleo di una forma di contatto overtwisted su S3. Sia allora x =

(x1, x2, x3, x4) ∈ R4, e r1 = x12+ x22, r2 = x23+ x24. La sfera unitaria tridimensionale `e: S3 = {x ∈ R4 : r1+ r2 = 1}

Ricordiamo un risultato di J.Gonzalo e F.Varela ([7]): Teorema 1.1. La forma differenziale su S3

α = − ³ A(x2dx1− x1dx2) + B(x4dx3− x3dx4) ´ con A := cos θ, B := sin θ, θ := π 4 + πr2 `e overtwisted.

Enunciamo il nostro teorema ([9]): Teorema 1.2.

(i) ∃ v ∈ T S3, un campo non singolare, tale che v ∈ ker(α);

(ii) la forma differenziale β(·) := dα(v, ·) `e una forma di contatto su S3 con la stessa orientazione di α.

Il precedente risultato si inserisce naturalmente nella teoria variazionale sviluppata da A.Bahri in una serie di lavori (ad esempio [1],[2],[3]) riguardo la geometria delle forme di contatto. In particolare questa teoria prende spunto dal problema pi`u ampio che riguarda l’esistenza di soluzione periodiche di sistemi Hamiltoniani.

Si consideri un sistema dinamico descritto da una funzione Hamiltoniana (che supporremo sempre regolare quanto basta) che dipenda dalle posizioni e dai momenti

(4)

e si definisca il funzionale azione A(z) = Z t1 t0 ³ hp, ˙qi − H(q, p) ´ dt, z : [t0, t1] → R2n

Facendo la variazione prima di A su un opportuno spazio di curve (fissate le posizioni), si ottiene che i punti critici di A devono soddisfare il seguente sistema di equazioni (di Hamilton) (1)            ˙qk= ∂H ∂pk (q, p) ˙pk= −∂H ∂qk (q, p) k = 1, . . . , n

Il principio variazionale di Minima Azione stabilisce che le traiettorie del moto sono soluzioni di (1). A questo punto usando delle propriet`a di convessit`a di A `e possibile ottenere dei risultati di esistenza di soluzioni di (1). Ricordiamo anche che fissando una condizione iniziale z0 il Problema di Cauchy associato a (1) `e ben definito e autonomo (H

`e indipendente dal tempo) e quindi la soluzione `e definita per tutti i tempi.

Introduciamo alcune notazioni e definizioni. Chiamiamo forma differenziale di Liouville in R2n la seguente 1-forma: λ = 1 2 X k (pkdqk− qkdpk)

La forma simplettica canonica in R2n sar`a: ω0 := dλ = X k (dpk∧ dqk) Vale λ(v) = 1 2hJz, vi, ∀v ∈ R 2n e

ω0(v, Ju) = dλ(v, Ju) = hv, ui, ∀v, u ∈ R2n

dove J =   0 In −In 0  

(5)

`e la matrice simplettica canonica in R2n. La superficie isoenergetica di H `e la seguente

ipersuperficie in R2n:

M = {z ∈ R2n: H(z) = E}, dim(M) = 2n − 1

che supporremo essere sempre regolare (∇H 6= 0 su M). Il principio di conservazione dell’energia assicura che se z `e critico per A, allora z(t) ∈ M, ∀t ∈ [t0, t1]. Se inoltre

definiamo il campo Hamiltoniano come il seguente campo tangente ad M

XzH :=³∂H ∂p(q, p), − ∂H ∂q (q, p) ´ = J · ∇H(q, p) allora le equazioni di Hamilton (1) si riscrivono semplicemente

˙z = XH z

Infine introduciamo anche il flusso Hamiltoniano:          d dtϕ t(z) = XH ϕt(z) ϕ0(z) = z

A questo punto ci si pone il problema dell’esistenza di soluzioni periodiche di (1), in altre parole ci si chiede l’esistenza o meno di orbite chiuse del moto. La motivazione di questo problema (e in un certo senso la “ben posizione”) pu`o essere fatta risalire alla seguente propriet`a di ricorrenza delle traiettorie del moto:

Teorema - di ricorrenza (H.Poincar´e, 1890)

Sia M regolare e compatta. Allora per q.o. z ∈ M esiste {tn}n∈N > 0, % ∞, tale che

lim

n→∞ϕ

tn(z) = z

Quindi tutte le condizioni iniziali, tranne un insieme di misura nulla (rispetto alla misura di superficie), danno luogo a orbite asintoticamente periodiche. Un famoso risultato di C.Pugh e C.Robinson ([10]) che va sotto il nome di Closing Lemma dimostra che pertur-bando H nella classe delle funzioni C2, le orbite periodiche sono dense su una superficie

isoenergetica regolare e compatta: cio`e, partendo da una condizione iniziale di un’or-bita asintoticamente periodica, `e possibile perturbare M in maniera regolare, in modo

(6)

tale che l’orbita si “chiuda” in un tempo finito. Comunque, se ci si ferma a consider-are la Hamiltoniana di partenza (senza cio`e ammettere perturbazioni), allora il seguente problema

Sia M regolare e compatta. Esistono orbite periodiche di XH?

`e ancora aperto.

Vogliamo notare esplicitamente che il problema dipende solo da M e dalla struttura sim-plettica J, infatti se eH `e un’altra Hamiltoniana che definisce (come insieme di livello) M, allora i campi XH = J · ∇H e XHe = J · ∇ eH sono paralleli, quindi a meno di

ri-parametrizzazioni, le orbite coincidono. Notiamo inoltre che la compattezza `e essenziale per il problema, in quanto `e possibile trovare dei controesempi di ipersuperfici non com-patte in cui tutte le orbite di XH sono aperte.

A questo punto la formulazione variazionale, considerando l’azione A su un opportuno insieme di curve chiuse, possiede un principio di Minima Azione altamente degenere, cio`e: le traiettorie del moto sono ancora punti critici di A, ma questi sono tutti punti di sella, in particolare A non possiede massimi o minimi; inoltre l’indice di Morse di tutti i punti critici `e infinito e questo sembra escludere la possibilit`a di un calcolo omologico.

Diamo adesso una formulazione geometrica del problema. Restringendo ω0 su M, vale rank(ω0|T M) = 2n − 2 ker(ω0|T M) = 1

Definiamo il seguente sottospazio di T M , dei campi caratteristici:

Kz = {ξ ∈ TzM : ω0(v, ξ) = 0, ∀v ∈ TzM}

Una curva γ ⊆ M, tale che ˙γ ∈ Kγ si dir`a una (curva) caratteristica su M. Poich´e ω0(v, XH) = ω0(v, J · ∇H) = hv, ∇Hi = 0, ∀v ∈ T M

allora XH

z ∈ Kz, ∀z ∈ M e le orbite di XH sono delle caratteristiche su M. Quindi il

problema si pu`o riformulare cos`ı:

Sia M regolare e compatta. Esistono caratteristiche chiuse su M?

Inoltre, esiste anche una “versione complessa” del problema. Infatti, sia f : Cn → R

(7)

ipersuperficie

M = {z ∈ Cn: f (z) = 0}, dim(M) = 2n − 1

ha una naturale decomposizione dello spazio tangente in una parte orizzontale HM (la distribuzione massimale di Levi, di dimensione 2n − 2) e una restante direzione verticale (o caratteristica) T :

T M = HM ⊕ RT

La parte orizzontale si pu`o ottenere ad esempio restringendo ad M lo spazio dei campi olomorfi di Cn; quindi se J `e la struttura complessa canonica su Cn (J coincide con la

matrice simplettica definita precedentemente), allora HM `e invariante per l’azione di J. Cos`ı per individuare la direzione caratteristica T basta prendere l’immagine della direzione normale N mediante J:

N = ∇f T = J · N = J · ∇f

Notiamo anche in questo caso che T dipende solo da M e dalla struttura complessa J. Se adesso si pone (xk, yk) = (qk, pk) e f (z) = H(z) − E, allora le curve integrali di T

coincidono con le curve integrali di XH.

I primi due risultati rilevanti nello studio dell’esistenza di orbite chiuse del campo Hamil-toniano (entrambi del 1978) sono il teorema di A.Weinstein ([13])

Teorema 1.3. Sia M regolare, compatta e convessa (bordo di un dominio convesso in R2n). Allora XH ammette orbite periodiche

e il pi`u generale teorema di P.Rabinowitz ([11])

Teorema 1.4. Sia M regolare, compatta e stellata (bordo di un dominio stellato in R2n). Allora XH ammette orbite periodiche.

In particolare, il secondo risultato `e ottenuto utilizzando il principio variazionale (de-genere) mediante un argomento di tipo minimax. Una propriet`a fondamentale delle ipersuperfici stellate (ad esempio rispetto all’origine) `e la seguente:

(2) λ(XH z ) = 1 2hJ · z, J · ∇H(z)i = 1 2hz, ∇H(z)i 6= 0

(8)

Ricordiamo adesso che una 1-forma differenziale α su una variet`a M, con dim(M) = 2n−1, si dice di contatto se

α ∧ (dα)n−1 6= 0

Usando la propriet´a (2) `e facile ottenere il seguente

Lemma. Sia M ⊆ R2n una ipersuperficie regolare e compatta.

Se M `e stellata allora la forma λ|M `e di contatto su M

che unito al risultato di P.Rabinowitz dice in un certo senso che gli oggetti su cui cercare caratteristiche chiuse sono variet`a di contatto. Nel 1987, C.Viterbo ([12]) dimostra l’e-sistenza di caratteristiche chiuse per tutte le ipersuperfici M compatte di tipo contatto in R2n, cio`e ipersuperfici M per cui esiste una forma α tale che α(XH

z ) 6= 0 e dα = dλ = ω0

su M. Poich´e esistono variet`a di tipo contatto che non sono stellate vale

Viterbo Rabinowitz Weinstein

`

E possibile formulare il problema da un punto di vista intrinseco sulle variet`a di contatto introducendo la seguente definizione

Definizione. Sia M una variet`a dotata di una forma di contatto α. L’unico campo

ξ ∈ T M tale che

α(ξ) = 1 e dα(ξ, ·) = 0

si chiama campo di Reeb di α.

In questo modo considerando direttamente una variet`a di contatto non si richiede pi`u che la forma dα sia la restrizione di una qualche forma simplettica. Nel 1993, H.Hofer ([8]) dimostra l’esistenza di orbite periodiche del campo di Reeb per una qualsiasi forma di contatto sulla sfera tridimensionale. Ricordiamo che su una variet`a tridimensionale, le forme di contatto si dividono in due categorie: tight e overtwisted; le strutture di contatto delle prime si chiamano standard, quelle derivanti dalle seconde non-standard (o esotiche). Si vedano ad esempio ([5],[6],[4]) per definizioni e risultati.

La forma di contatto (tight) canonica

(9)

su S3 `e il pull-back della forma di Liouville sul fibrato cotangente unitario di S2. La

trasformata di Legendre per la forma di Liouville pu`o essere vista come il dato di un campo vettoriale v in ker(α0) tale che la forma differenziale duale β0(·) := dα0(v, ·) sia

una forma di contatto con la stessa orientazione di α0.

La trasformata di Legendre ovviamente permette di trasformare un problema Hamilto-niano sulla sfera cotangente di S2 in un problema Lagrangiano. Questa dualit`a `e stata

generalizzata da A.Bahri in ([1]) alla situazione pi`u generale delle forme di contatto α di qualsiasi tipo su variet`a orientabili tridimensionali M, compatte senza bordo; portando cos`ı allo studio di problemi variazionali su opportuni spazi di curve. Infatti, si assuma che:

(i) ∃ v ∈ T M, un campo non degenere, tale che v ∈ ker(α)

(ii) la forma differenziale non singolare β(·) := dα(v, ·) `e una forma di contatto su M con la stessa orientazione di α

e si definisca il funzionale azione

(3) A(γ) =

Z 1

0

α( ˙γ)dt

sul sottospazio degli H1-cappi di M:

= {γ ∈ H1(S1; M) : β( ˙γ) = 0; α( ˙γ) = cγ = costante positiva}

Se ξ ∈ T M denota il campo di Reeb di α, allora vale il seguente risultato di A.Bahri-D.Bennequin ([1]):

Teorema 1.5. A `e un funzionale di classe C2 su C

β i cui punti critici sono orbite periodiche di ξ, di indice di Morse finito.

`

E importante osservare che questa costruzione `e “stabile sotto perturbazione”, cio`e lo stesso v pu`o essere usato per costruire la dualit`a di Legendre per forme del tipo µα, con

µ ∈ C2 e |µ − 1| piccolo.

A questo punto, poich´e per qualsiasi forma di contatto tight, le ipotesi (i), (ii) sono facilmente soddisfatte, restava aperta la questione dell’esistenza di un tale v per forme di

(10)

contatto overtwisted. Nel lavoro ([9]) si stabilisce l’esistenza esplicita di un tale v, per la forma di contatto α su S3, introdotta da J.Gonzalo-F.Varela in ([7]), che definisce una

struttura di contatto non-standard (o esotica) su S3.

2. Verifica dell’ipotesi (i)

Da ora in poi considereremo S3come sottovariet`a immersa in R4. Sia allora x = (x

1, x2, x3, x4) ∈

R4, denotando

r1 = x21+ x22, r2 = x23+ x24

si ha

S3 = {x ∈ R4 : r1+ r2 = 1}

e su S3 consideriamo la forma di contatto non-standard (o esotica) α introdotta da

J.Gonzalo e F.Varela in ([7], caso n = 1):

α = −³A(x2dx1− x1dx2) + B(x4dx3− x3dx4) ´ dove θ = π 4 + πr2, A = cos θ, B = sin θ Ora, denotando e A = A + πr1B = ∂r1 (r1A) B = B + πre 2A = ∂r2 (r2B)

allora con un calcolo diretto si ottiene

(4) dα = 2 ³ e Adx1∧ dx2+ eBdx3∧ dx4 ´ Adesso, se ζ = − ³ e B(x2∂x1 − x1∂x2) + eA(x4∂x3 − x3∂x4) ´ allora ζ ∈ T (S3) e vale1 (5) α(ζ) = A eBr1+ B eAr2 > 0, dα(ζ, ·) = 0

Quindi il campo di Reeb di α `e

(6) ξ = ζ

α(ζ) 1Vedi Appendice A

(11)

Definiamo ora il seguente campo non singolare2 in T (S3) (7) T = − ³ A(x2∂x1 − x1∂x2) + B(x4∂x3 − x3∂x4) ´ In questo modo si ha (8) α(·) =< T, · >

dove < ·, · > `e l’usuale prodotto interno in R4. In altre parole, un campo `e nel nucleo di α se `e ortogonale a T .

Teorema 2.1. Sia R := |T |, dove

|T |2 =< T, T >= α(T ) = A2r

1 + B2r2 > 0 Ponendo C = A/R e D = B/R definiamo il seguente campo vettoriale

v = v1∂x1 + v2∂x2 + v3∂x3 + v4∂x4 con (9)                                        v1 = x3 (x2 1− Dx22) r1 +(x1x2x4) r1 (1 + D) v2 = x4 (x2 2− Dx21) r1 +(x1x2x3) r1 (1 + D) v3 = −x1 (x2 3+ Cx24) r2 (x2x3x4) r2 (1 − C) v4 = −x2 (x2 4+ Cx23) r2 (x1x3x4) r2 (1 − C)

Allora v ∈ T (S3), |v| = 1 e v ∈ ker(α), cos`ı la condizione (i) `e soddisfatta. Dimostrazione. Definiamo

(10) M = S3\ ({r

1 = 0} ∪ {r2 = 0}) 2Vedi Appendice A

(12)

e

(11) T2 = {r1 = c1, r2 = c2, c1+ c2 = 1, c1 6= 0, c2 6= 0}

Cos`ı T2 sono tori invarianti per ξ (cio`e ξ ∈ T (T2)) e M `e la sfera senza i due tori degeneri

(circonferenze). Inoltre, anche il campo T `e tangente a T2. Ora introduciamo i seguenti

campi tangenti a T (M) (12) X = 1 r1r2 ³ Dr2(x2∂x1 − x1∂x2) − Cr1(x4∂x3 − x3∂x4) ´ (13) Y = 1 r1r2 ³ r2(x1∂x1 + x2∂x2) − r1(x3∂x3 + x4∂x4) ´ Vale: |X| = |Y | = 1

quindi X, Y sono non degeneri su M. Inoltre X, Y ∈ ker(α), in particolare X ∈ T (T2) e Y ∈ N(T2) (lo spazio normale a T2). Con i seguenti coefficienti

(14) a = 1 r1r2 (x1x3+ x2x4), b = 1 r1r2 (x1x4− x2x3), a2+ b2 = 1 definiamo (15) v = aY + bX

In questo modo v ∈ ker(α), |v| = 1 e da un calcolo diretto si trovano i coefficienti in (9). Si noti che v `e definito solo su M. Poich´e

lim r2→0C = − limr1→0D = 1 su r1 = 0 si ha v = x3∂x1 + x4∂x2 mentre su r2 = 0 si ottiene v = −x1∂x3− x2∂x4

(13)

Corollario 2.1. Allo stesso modo se definiamo il campo w = w1∂x1 + w2∂x2 + w3∂x3 + w4∂x4 con (16)                                        w1 = −x4 (x2 1− Dx22) r1 +(x1x2x3) r1 (1 + D) w2 = x3 (x2 2− Dx21) r1 (x1x2x4) r1 (1 + D) w3 = −x2 (x2 3+ Cx24) r2 + (x1x3x4) r2 (1 − C) w4 = x1 (x2 4+ Cx23) r2 (x2x3x4) r2 (1 − C) Allora w ∈ T (S3), |w| = 1, w ∈ ker(α) e w ⊥ v.

Dimostrazione. La dimostrazione `e come in (2.1), con

(17) w = aX − bY

Cos`ı w ⊥ v, w ∈ ker(α), |w| = 1. Inoltre su r1 = 0 si ha

w = −x4∂x1 + x3∂x2

mentre su r2 = 0 si ottiene

w = −x2∂x3 + x1∂x4

¤

Osservazione 2.1. Vogliamo sottolineare che i (coefficienti dei) campi v, w sono per

(14)

3. Verifica dell’ipotesi (ii) Consideriamo adesso la 1-forma differenziale

(18) β(·) := dα(v, ·)

Sia h := α(ζ), allora

dα(v, w) = dα(aY + bX, aX − bY ) = (a2+ b2)dα(Y, X) = dα(Y, X) = − 2

|T |h < 0 e α ∧ dα(ζ, v, w) = hdα(v, w) < 0 Inoltre3 β ∧ dβ(ζ, v, w) = β(w)dβ(ζ, v) = −dα(v, w)dα(v, [ζ, v]) Cos`ı (19) β ∧ dβ(ζ, v, w) α ∧ dα(ζ, v, w) = −dα(v, [ζ, v]) h

Teorema 3.1. dα(v, [ζ, v]) < 0, e la condizione (ii) `e soddisfatta.

Dimostrazione. Da un calcolo diretto si trova che

[ζ, v] = ( eA− eB)w+2π(x1x3+x2x4){−(2A−πr2B)(x2∂x1−x1∂x2)+(2B−πr1A)(x4∂x3−x3∂x4)}

e (20) lim r1→0[ζ, v] = π 2(−x4∂x1 + x3∂x2), r2lim→0[ζ, v] = π 2(−x2∂x3 + x1∂x4) Definendo K := eA(πr2B − 2A) + eB(πr1A − 2B) allora si ottiene dα(v, [ζ, v]) = −2 n ( eA − eB)h R + 2πa 2r 1r2K o =: −2Q e Q > 04. ¤

3Il campo v `e C0quindi per calcolare [ζ, v] bisognerebbe regolarizzare v, vedi Appendice B 4Vedi Appendice A

(15)

4. Appendice A

Mostriamo qui l’andamento (in particolare la non-negativit`a) di alcune funzioni definite precedentemente. Si ponga x := r2.

Studiamo h : [0, 1] → R,

h(x) := α(ζ(x)) = A(x) eB(x)(1 − x) + B(x) eA(x)x = sin(2θ(x))

2 + π(x − x

2)

dove θ(x) = π(1

4 + x). poich´e h `e simmetrica rispetto a x = 1/2, possiamo considerarla

solo per x ∈ [0, 1/2]. Allora:

h0(x) = π(cos(2θ(x)) + 1 − 2x)

h00(x) = −2π(π sin(2θ(x)) + 1) = −2π(π cos(2πx) + 1)

quindi esiste c1, con 1/4 < c1 < 1/2 tale che h00 `e positiva su (c1, 1/2) e h0 `e crescente su

(c1, 1/2). Inoltre h0(1/2) = 0. Quindi esiste c2, con 0 < c2 < c1 < 1/2 tale che h0(c2) = 0 e h `e crescente su (0, c2). Infine, poich´e h(0) = 1/2, il minimo di h `e h(1/2) = −1/2+π/4 >

0 Vale anche R(x) := |T (x)| > 0. Infatti

0.2 0.4 0.6 0.8 1 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 (a) h 0.2 0.4 0.6 0.8 1 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 (b) R R2(x) = |T (x)|2 =< T (x), T (x) >= α(T (x)) = A2(x)(1 − x) + B2(x)x ≥ 0

e le quantit`a A2(x)(1−x) e B2(x)x non possono essere nulle contemporaneamente.

Prover-emo adesso che Q(x) = ( eA − eB)h

R + 2πa2r1r2K > 0 per x ∈ [0, 1] mostrando i grafici di

alcune funzioni (`e possibile un calcolo diretto, come per le funzioni h, R, per localizzare i punti critici). Se

H(x) := ( eA(x) − eB(x))h(x) R(x)

(16)

0.2 0.4 0.6 0.8 1 0.5 1 1.5 2 (c) eA − eB 0.2 0.4 0.6 0.8 1 0.5 1 1.5 2 2.5 (d) H

allora dove K `e positiva vale Q > 0. Altrimenti, se definiamo

G := 2πr1r2, G(x) = 2π(x − x2)

poich´e a2 ≤ 1, dove K `e negativa si ha

2πa2r1r2K ≥ GK

Quindi, dove K `e negativa, vale

Q(x) ≥ H(x) + G(x)K(x) =: W (x)

e quindi Q > 0, per ogni x ∈ [0, 1].

0.2 0.4 0.6 0.8 1 -3 -2 -1 1 2 (e) K 0.2 0.4 0.6 0.8 1 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 (f) W 5. Appendice B

In questa appendice vogliamo mostrare come regolarizzare il campo v. Gli unici problemi sono sulle circonferenze r1 = 0 e r2 = 0, altrimenti v `e un campo di classe C∞.

(17)

su U una base {v1, v2} di ker(α) con v1, v2 ∈ C∞ (non `e difficile trovare un campo locale

di classe C∞). Allora

(21) v = a1v1+ a2v2

con a1, a2 ∈ C0. Dopo avere effettuato una convoluzione con classici mollificatori si

trovano aε

1, aε2 ∈ C∞ su U, con ε > 0. A questo punto si definisce il campo di classe C∞

(22) vε= aε1v1+ aε2v2

Ora, dalle formule (20) `e gi`a noto che il campo [ζ, v] ∈ C0, allora usando |ζ(aε

1) − ζ(a1)| = o(1), |ζ(aε2) − ζ(a2)| = o(1), per ε → 0

si ottiene su U

[ζ, v] = lim

ε→0[ζ, v ε]

Infine,per calcolare β ∧ dβ, usiamo

dα(v, [ζ, v]) = lim ε→0dα(v

ε, [ζ, vε])

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