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L'art. 69, comma 7, d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165 alla prova della CEDU: le sentenze Staibano e Mottola della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

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Academic year: 2021

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(1)UNIVERSITÀ DI NAPOLI FEDERICO II Dipartimento di Giurisprudenza. INCONTRO DI STUDIO. Il dialogo tra le giurisdizioni alla prova del caso Staibano. Martedì 15 maggio 2018, ore 14.30 Aula De Sanctis, Corso Umberto I, 40.

(2) Con ricorsi proposti davanti al TAR Campania alcuni medici – premesso che essi avevano svolto, dal 1983 al 1997, funzioni assistenziali presso il Policlinico dell’Università degli Studi di Napoli Federico II in qualità di «medici a gettone» e che successivamente erano stati assunti a tempo indeterminato – avevano chiesto il riconoscimento dell'esistenza ab origine di un rapporto di lavoro subordinato e, per l’effetto, il pagamento di alcune differenze retributive nonché la ricostruzione della posizione previdenziale. Dopo che il TAR aveva (parzialmente) accolto la domanda, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la dichiarava, invece, inammissibile perché tardiva, in applicazione dell’art. 69, comma 7, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165. Sennonché con le sentenze Staibano c. Italia e Mottola c. Italia del 2007, la Corte EDU dichiarava che tale pronuncia integrava violazione degli art. 6 § 1 CEDU, sub specie di diritto di accesso al giudice, e 1 Protocollo 1. Conseguentemente, veniva proposto ricorso per revocazione avverso la pronuncia di inammissibilità resa dal Consiglio di Stato. Nel 2015 l’Adunanza plenaria sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 106 c.p.a. e 395-396 c.p.c., in relazione agli artt. 117, 1° comma, 111 e 24 Cost., nella parte in cui essi «non prevedono un diverso caso di revocazione della sentenza quando ciò sia necessario, ai sensi dell’art. 46 § 1 CEDU, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo». La Corte costituzionale, con la sentenza n. 123 del 2017, dichiarava in parte inammissibile ed in parte infondata la questione, pur sembrando cautamente auspicare l’introduzione in via legislativa dello strumento revocatorio. Intanto, nell’ambito di un analogo contenzioso instaurato da un altro gruppo di «medici a gettone», anche una successiva pronuncia del Consiglio di Stato dichiarava inammissibile la domanda già parzialmente accolta dal (medesimo) TAR. Su ricorso «per motivi attinenti alla giurisdizione» ex artt. 362 c.p.c. e 110 c.p.a., la S.C. affermava che il «rifiuto di giurisdizione» opposto dal Consiglio di Stato doveva ritenersi in contrasto con l’art. 6 § 1 CEDU come interpretato nelle sentenze Staibano e Mottola; in conseguenza, sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 7, d.lgs. n. 165/2001, in relazione all’art. 117 Cost. La questione è stata, però, dichiarata inammissibile da Corte cost. n. 6/2018 «per difetto di rilevanza, in ragione della mancanza di legittimazione del giudice a quo», stante l’inammissibilità del ricorso per cassazione (per «rifiuto di giurisdizione» del giudice speciale) nel cui ambito la stessa era stata sollevata. L’articolata – e assai nota – vicenda sopra sinteticamente riassunta costituisce un’occasione preziosa per riflettere sui temi dell’effettività della tutela giurisdizionale e del dialogo tra le giurisdizioni, sotto almeno tre diversi profili, che saranno oggetto del presente incontro di studi: 1) l’interpretazione dell’art. 69, comma 7, d.lgs. n. 165/2001, e l’individuazione del relativo «diritto vivente», offerta dalle varie pronunce rese nei casi Staibano e Mottola, svela reciproche incomprensioni tra le Corti, che possono costituire indice di problemi di sistema?; 2) l’esigenza di dare un seguito effettivo alle sentenze della Corte EDU esige – o rende quanto meno opportuna – l’introduzione, sul modello di altri ordinamenti, di rimedi di tipo revocatorio avverso la sentenza passata in giudicato del giudice nazionale dichiarata in contrasto con la Convenzione?; 3) Il ricorso per cassazione «per motivi inerenti alla giurisdizione» contro le sentenze del Consiglio di Stato (e della Corte dei conti) può estendersi fino a ricomprendere censure relative al c.d. «rifiuto di giurisdizione» del giudice speciale, e così anche all’erronea declaratoria di inammissibilità della domanda per intervenuta decadenza (come sono oggi orientate a ritenere le Sezioni unite della S.C., nel dissenso peraltro della Corte costituzionale)?. Indirizzi di saluto. LUCIO DE GIOVANNI Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza. Presiede e conclude. ROMANO VACCARELLA Università di Roma La Sapienza Già Giudice della Corte costituzionale Introduzione. FERRUCCIO AULETTA Università di Napoli Federico II. L’art. 69, comma 7, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 alla prova della CEDU: le sentenze Staibano e Mottola della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. FRANCESCO DE SANTIS Università di Napoli Federico II. Esecuzione delle sentenze della Corte EDU e reopening dei processi interni. ELENA D’ALESSANDRO Università di Torino. FULVIO M. PALOMBINO Università di Napoli Federico II. «Rifiuto di giurisdizione» del giudice speciale e sindacato della Corte di cassazione. RAFFAELE SABATO Suprema Corte di cassazione. SALVATORE BOCCAGNA Università di Napoli Federico II.

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