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L'EQUILIBRIO DI GENERE NELLE SOCIETà A "CONTROLLO PUBBLICO": FIGLIE DI UN DIO MINORE?

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Eva Desana

L’equilibrio di genere nelle società a “controllo pubblico”: figlie di un dio minore?

L’articolo si sofferma sulle scarne regole dettate dalla l. 120 del 2011 per le società a controllo pubblico e le confronta con le ben più efficaci disposizioni approntate per le società con azioni quotate

La legge Golfo-Mosca e le società a controllo pubblico

Il principio del necessario equilibrio tra i generi negli organi di amministrazione e di controllo è stato esteso dall’art. 3 della legge n. 120 del 2011 alle società “a controllo pubblico”; come si è già rilevato, la scelta di annoverare tali imprese tra i soggetti economici tenuti al rispetto delle nuove disposizioni sembra più il frutto di una “variante in corso d’opera” nelle more dell’iter di approvazione della legge, che oggetto di una approfondita riflessione sugli ambiti e sulle regole da introdurre per queste società. La previsione di una riserva delle poltrone a favore del sesso meno rappresentato, infatti, non è stata operata con l’adozione di disposizioni ad hoc, ma è avvenuta con la tecnica del rinvio: l’art. 3 della legge Golfo-Mosca, infatti, dopo aver dedicato due articoli alle società “quotate” (rectius società con azioni quotate) dichiara applicabili le norme della stessa legge 120 del 2011 anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche

amministrazioni ai sensi dell’art. 2359, commi primo e secondo, non quotate in mercati regolamentati1, demandando per la disciplina di dettaglio ad un successivo regolamento da adottarsi ex art. 17, comma 1° della legge 400 del 1988. Il regolamento è stato varato in ritardo ed è racchiuso nel DPR 30 novembre 2012 n. 251, entrato in vigore il 12 febbraio 2013, con uno scollamento temporale rispetto alle parallele previsioni dettate per le società con azioni quotate, vincolanti a decorrere dal primo rinnovo degli organi 1 Pertanto, laddove si tratti di società a controllo pubblico con azioni quotate troveranno applicazione gli artt. 1 e

2 della l. 120 del 2011 e non l’art. 3 e la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni sarà rimessa alla Consob e si suoi poteri di intervento, indubbiamente più penetranti e persuasivi di quelli rimessi alla Presidenza del Consiglio dal regolamento n. 251 del 30 novembre 2012.

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successivo ad un anno dall’entrata in vigore della l. 120 del 2011, avvenuta il 12 agosto 2011 e dunque operative a far data dalle nuove nomine successive al 12 agosto 2012. La disposizione in esame appare quindi, anche per la sua collocazione, in qualche misura ancillare rispetto alla regolamentazione dettata per le società con azioni quotate, vero obiettivo della legge, all’altare del quale – a quanto consta – le firmatarie della legge sarebbero state disponibili a sacrificare la “sorella minore” rappresentata dall’imposizione dell’equilibrio di genere anche nelle società a controllo pubblico2.

Il testo di legge è invece stato approvato senza eliminare la previsione dedicata alle società controllate da pubbliche amministrazioni, cosicché il risultato ottenuto è stato superiore alle aspettative, anche se sarebbe stato opportuno un maggior grado di dettaglio della legge, che lascia invece sostanzialmente carta bianca al Governo, chiamato appunto a varare un regolamento volto a stabilire termini e modalità di attuazione della normativa primaria, al fine di disciplinare in maniera uniforme per tutte le società interessate la vigilanza sull’applicazione della legge, nonché le forme e i termini dei provvedimenti previsti e le modalità di sostituzione dei componenti decaduti. La genesi un po’ in sordina della disposizione si è riflessa nella laconicità dell’unico articolo della legge dedicato alle società a controllo pubblico, che si innesta nel quadro piuttosto frammentario delle disposizioni dedicate a tali società, oggetto di recenti interventi di corporate governance e di contenimento della spesa pubblica3.

2 L’onorevole Mosca nella giornata di apertura del convegno tenutosi a Torino il 31 gennaio 2014 Più donne per

i cda e le posizioni apicali ha ammesso che l’introduzione delle quote di genere nelle settore pubblico avrebbe

potuto essere sacrificata a fronte di un compromesso che conducesse all’approvazione delle suddette disposizioni con riferimento alle società con azioni quotate.

3 Senza pretesa di completezza si citano le principali disposizioni che sono intervenute sulla composizione degli

organi amministrativi nel settore pubblico anche a contenimento della spesa pubblica: art. 6 l. 145/2002 (c.d. spoil system) che regola le nomine degli organi di vertice e dei componenti dei Cda o di organi equiparati di enti pubblici o società controllate o partecipate dallo Stato; l’art. 4, commi 4 e 5 del d.l. 95/2012 relativo alla composizione dei consigli di amministrazione di società controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazioni di servizi a favore di amministrazioni pubbliche superiore al 90% dell’intero fatturato; le regole per la determinazione dei compensi degli amministratori delle società non quotate, direttamente controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), contenute nell’art. 23 bis del d.l. 201/2011; il comma 5-bis del medesimo articolo in forza del quale il compenso stabilito ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile, dai consigli di amministrazione delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del dlgs. 30 marzo

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L’ambito di applicazione.

L’ambito di applicazione delle nuove regole per le società a controllo pubblico è individuato in modo sufficientemente chiaro dall’art. 3 l. 120/2011, che indica quali destinatarie delle previsioni in questione le «società, costituite in Italia, controllate da

pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 2359, commi primo e secondo c.c., non quotate in mercati regolamentati»

L’ art. 1 del DPR 30 novembre 2012 n. 251 precisa che si tratta delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni indicate all’art. 1, comma 2 del d.lgs. 165 del 2001; la legge in questione a sua volta qualifica amministrazioni pubbliche “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI”. La scelta operata esclude

2001, n. 165, non può comunque essere superiore al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione e il comma 5-quater in forza del quale nelle società direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni (art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 che emettono esclusivamente strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati nei mercati regolamentati nonché nelle società dalle stesse controllate il compenso di cui all'articolo 2389, terzo comma, del codice civile per l'amministratore delegato e il presidente del consiglio d'amministrazione non può essere stabilito e corrisposto in misura superiore al 75 per cento del trattamento economico complessivo a qualsiasi titolo determinato, compreso quello per eventuali rapporti di lavoro con la medesima società, nel corso del mandato antecedente al rinnovo. Sulla disciplina degli organi di amministrazione e controllo nelle società pubbliche v. anche per ulteriori riferimenti, Ibba, Tramonto delle partecipazioni pubbliche?, cit., 353; sulle regole introdotte dal d.l. 95 del 2012 e dal d.lgs. 39 del 2013 v. Baudino, L’amministrazione delle società a capitale pubblico di gestione dei servizi pubblici

locali dopo le novità introdotte dal d.l. 95/12 in tema di contenimento della spesa pubblica e dal d.lgs 39/2013 in tea di incompatibilità degli incarichi, in Il nuovo diritto delle società, 7, 2014.

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dall’ambito di applicazione della legge alcune amministrazioni, tra cui le università e tutte le autorità amministrative indipendenti che ne saranno interessate soltanto qualora controllino delle società4.

La relativa disciplina ha dunque come destinatarie le società (e non direttamente agli enti e agenzie pubbliche che le controllano) e presuppone semplicemente la ricorrenza di un dato formale, non rilevando la natura della società o il suo oggetto, ma la mera circostanza che essa sia soggetta al controllo delle pubbliche amministrazioni.

Quanto alla nozione di controllo, il richiamo all’art. 2359, commi 1 e 2 consente di annoverare fra le società interessate della normativa non solo quelle controllate di diritto, ma anche quelle oggetto di un controllo di fatto nonché quelle su cui le pubbliche amministrazioni esercitano un controllo in forza di particolari vincoli contrattuali (1° comma dell’art. 2359 c.c.); il controllo inoltre può essere diretto o indiretto, stante l’espresso richiamo effettuato al 2° comma dell’art. 2359 c.c. secondo cui «…si

computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta …»).

La disciplina

L’innesto delle regole della l. 120 nelle società a controllo pubblico è volto ad assicurare parità di accesso del genere meno rappresentato agli organi di amministrazione e di controllo, così come avviene per le società con azioni quotate.

Anche in questo caso il rispetto delle quote di genere deve essere assicurato da previsioni statutarie, lasciandosi così spazio all’autonomia privata. Analogamente alla disciplina delle società quotate anche per il settore pubblico le regole in questione hanno natura temporanea e graduale, dal momento che le relative clausole devono assicurare l’equilibrio nella composizione degli organi di amministrazione e di controllo per tre

4 Benedetti, Le quote nei consigli di amministrazione delle imprese a partecipazione pubblica, in Giornale di

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mandati consecutivi e, mentre la quota riservata al genere meno rappresentato a regime è di un terzo dei componenti, per il primo mandato è sufficiente assegnare allo stesso un quinto delle poltrone. Le disposizioni in questo caso non sono però dettate direttamente dalla legge ma sono introdotte dal regolamento n. 251 del 2012 anche se probabilmente l’attuazione in questi termini era vincolata stante l’inciso contenuto nel rinvio ad un regolamento che disciplinasse la materia “in coerenza con quanto previsto dalla presente legge”.

L’art. 3 della l. 120 non stabilisce direttamente la data di decorrenza delle prescrizioni in esame, a differenza di quanto disposto per le società con azioni quotate; la lacuna è stata però colmata anche in questo caso dall’art. 3 del D.P.R. 251 del 2012, che impone l’osservanza delle relative disposizioni a partire dal primo rinnovo degli organi amministrativi e di controllo successivo all’entrata in vigore del decreto stesso che come si è detto è avvenuto il 12 febbraio 2013 (in quanto il DPR è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 28 gennaio 2013).

Il Decreto n. 251 del 2012, sulla falsariga di quanto disposto dalla Delibera Consob 18098 del 2012 per le società con azioni quotate, stabilisce anche con riferimento alle società controllate da pubbliche amministrazioni che gli statuti non possono imporre il rispetto delle disposizioni sull’equilibrio di genere nel caso di liste che presentino un numero di candidati inferiore a tre; per contro statuisce che ove dall’applicazione dei criteri stabiliti dalla legge non risulti eletto un numero intero di amministratori e sindaci appartenenti al genere meno rappresentato tale numero è arrotondato per eccesso all’unità superiore.

La mappatura delle società pubbliche e la vigilanza sul rispetto delle disposizioni

Le principali criticità delle previsioni dedicate alle società a controllo pubblico risiedono nella difficoltà di individuare tutte le entità soggette a tali disposizioni e nella vigilanza sul rispetto delle relative disposizioni.

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Sotto il primo profilo va rilevato che a differenza delle società con azoni quotate, la cui identità e il cui numero è noto, non esiste un elenco delle società a controllo pubblico. Attualmente è in corso un mappatura delle società che rientrano nel perimetro dell’art. 3 della l. 120 del 2011 a cura della Presidenza del Consiglio, ma il lavoro non è certo facile.

Sotto il secondo, la l. 120 del 2011 demanda al regolamento il compito di disciplinare in maniera uniforme per tutte le società interessate e in coerenza con le prescrizioni della stessa legge la vigilanza sulla sua applicazione, oltre alle forme e ai termini dei provvedimenti e alle modalità di sostituzione dei componenti decaduti. La scelta operata in sede regolamentare dall’art. 4 del DPR 251 del 2012 è stata di assegnare la vigilanza ad un organo politico, ovvero al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato per le pari opportunità, chiamati anche a riferire al Parlamento ogni tre anni sullo stato di applicazione della disciplina nonché sull’attività di controllo svolta5.

A tal fine l’art. 4 prevede in capo alle società a controllo pubblico l’obbligo di comunicare al Presidente del Consiglio dei ministri o al ministro delegato per le pari opportunità la composizione degli organi sociali entro 15 giorni dalla loro nomina o dalla loro sostituzione, in caso di modificazione della composizione in corso di mandato; inoltre è fatto obbligo all’organo di amministrazione e all’organo di controllo di comunicare al Presidente del Consiglio dei ministri o al ministro delegato per le pari opportunità la mancanza di equilibrio tra i generi, anche quando questa si verifichi in corso di mandato. Il mancato rispetto delle disposizioni può essere segnalato da chiunque vi abbia interesse, tra cui le associazioni che promuovono la cultura di genere6.

5 Il Presidente del Consiglio dei ministri o il ministro delegato per le pari opportunità vigilano sul rispetto della

normativa e presentano al Parlamento una relazione triennale sullo stato di applicazione della stessa (art. 4 D.P.R. 251 del 2012).

6 Tra le altre la Fondazione Bellisario ha già annunciato l’istituzione di una Commissione per sostenere e

accompagnare l’applicazione della legge sulle quote di genere negli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate e delle controllate dalle pubbliche amministrazioni secondo il meccanismo del naming and

shaming. La Fondazione Bellisario nell’edizione del 2014 della cerimonia di assegnazione dei relativi premi ha

organizzato l’evento Donne ad alta quota, invitando le donne che sedevano nei consigli e nei collegi di società con azioni quotate e a controllo pubblico.

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E’ evidente come l’attribuzione di un potere diffuso di segnalazione costituisca una forma di controllo democratico e sia volta a bilanciare le carenze di un sistema sanzionatorio che è indubbiamente meno efficace di quello predisposto per le società con azioni quotate.

Ed infatti, il DPR 251 si limita a prevedere che nel caso in cui accerti il mancato rispetto della quota stabilita a favore del genere meno rappresentato il Presidente del Consiglio dei ministri (o il Ministro delegato per le pari opportunità) diffidi la società a ripristinare l’equilibrio fra i generi entro sessanta giorni; in caso di inottemperanza deve essere fissato un nuovo termine di sessanta giorni ad adempiere, con l’avvertimento che, una volta decorso invano, i componenti dell’organo interessato decadono e si debba provvedere alla ricostituzione dell’organo nel rispetto delle quote di genere. Parallelamente il 4 e il 5 comma dell’art. 2 del regolamento impongono alle società di prevedere altresì le modalità di sostituzione dei componenti dell’organo di amministrazione venuti a cessare in corso di mandato, in modo da garantire il rispetto dell’equilibrio di genere e stabiliscono che la quota riservata al genere meno rappresentato si applica anche ai sindaci supplenti, chiamati a subentrare nell’ordine atto a garantire il rispetto della quota nel caso in cui vengano a mancare uno o più sindaci effettivi.

Costituisce indubbiamente un punto debole della disciplina l’assenza di strumenti coercitivi dell’obbligo di comunicazione e la mancata previsione di sanzioni pecuniarie, previste invece per la violazione delle analoghe disposizioni dettate per le società con azioni quotate.

Società a controllo pubblico versus società con azioni quotate

Il sintetico quadro che si è tentato di tracciare con riferimento al principio dell’equilibrio di genere nelle società a controllo pubblico mette a nudo le disarmonie tra la relativa discipline e le regole dettate per le società con azioni quotate, rendendo impellente un

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ripensamento delle (scarne) previsioni dedicate alle seconde; tale riflessione, anche sulla scorta delle esperienze di altri Paesi europei e alla luce dell’attuale proposta di direttiva sull’equilibrio di genere negli organi di amministrazione dovrebbe però partire da una più approfondita riflessione sullo stesso ambito di applicazione delle regole, che risulta inopportunamente ampio. Se è vero, come è stato persuasivamente osservato, che “gli interventi riformatori in tema di equilibrio di genere nelle organizzazioni economiche non perseguono interessi privati ma l’interesse generale che consegue al miglioramento della qualità dei sistemi di governance delle imprese e pertanto obiettivi che potremmo definire di ordine pubblico economico, come tali rilevanti nelle realtà imprenditoriali a più elevato impatto sistemico”7 il novero delle società “pubbliche” assoggettate alle

nuove disposizioni andrebbe conseguentemente circoscritto; ci si potrebbe interrogare, infatti, sulla ragionevolezza di un vincolo all’autonomia privata imposto a società che, pur rientrando nelle maglie larghe dell’art. 3 della l. 241 del 2011, non sembrano coinvolgere interessi economici tali da giustificarli.

Al contempo, le nuove regole in tema di equilibrio tra i generi nelle società a controllo pubblico risultano nel complesso meno efficienti di quelle dettate per le società con azioni quotate, sulle quali la Consob esercita un penetrante e costante controllo. Come si è già avuto modo di rilevare, infatti, delle società a controllo pubblico, a differenza di quelle con azioni quotate, non esiste ad oggi una “mappatura”, con la conseguenza che risulta difficile individuare con precisione tutte le società assoggettate a tale obbligo. Inoltre, il controllo affidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri o al Ministro delegato per le pari opportunità si aggiunge ai molteplici compiti già loro assegnati, rendendo difficile lo svolgimento di una vigilanza capillare; a ciò si aggiunge la circostanza che il DPR 251 del 2012 ha escluso che dall’attuazione delle relative disposizioni potessero derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, cosicché è escluso l’impiego di ulteriori risorse. Tenendo conto di tali criticità si 7 Calvosa- S. Rossi, Gli equilibri di genere negli organi di amministrazione e controllo delle imprese, ODCC,

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potrebbe auspicare, de iure condendo, una scelta maggiormente rispettosa delle autonomie locali, che demandi alle Regioni, se non addirittura alle province e ai comuni l’individuazione delle società a controllo pubblico degli enti locali rientranti nel perimetro della legge e la stessa vigilanza.

Infine, mentre le regole dettate per le società quotate si innestano in una trama normativa che racchiude già alcune disposizioni che consentono una forma di controllo sulla professionalità dei candidati, disposizioni analoghe non sono previste nel settore pubblico, dove spesso la logica delle nomine è governata da criteri politici, che non sempre privilegiano i meriti e le competenze dei possibili candidati. Per le società con azioni quotate la selezione di candidati idonei alle cariche consiliari e sindacali è governata da alcune disposizioni qualificabili in termini di regole di corporate

governance che dovrebbero consentire di individuare professionalità adeguate. Tra

queste spicca l’art. 144-octies8 del Regolamento Emittenti Consob che impone la preventiva pubblicazione presso la sede sociale, la società di gestione del mercato e nel sito internet della società delle liste dei candidati alla carica di membri dell’organo di amministrazione e di controllo, richiedendo che le stesse siano corredate, tra l’altro da un’esauriente informativa sulle caratteristiche personali e professionali dei candidati e dall’indicazione dell’identità dei soci che hanno presentato le liste e della percentuale di

8 L’art. 144-octies, Pubblicità delle proposte di nomina dispone che “1. Le società italiane con azioni quotate in

mercati regolamentati italiani, almeno ventun giorni prima di quello previsto per l'assemblea chiamata a deliberare sulla nomina degli organi di amministrazione e controllo, mettono a disposizione del pubblico presso la sede sociale, la società di gestione del mercato e nel proprio sito internet, le liste dei candidati depositate dai soci e corredate:

a) per i candidati alla carica di sindaco, delle informazioni e della documentazione indicate nell'art. 144-sexies, comma 4;

b) per i candidati alla carica di amministratore:

b.1) di un'esauriente informativa sulle caratteristiche personali e professionali dei candidati;

b.2) della dichiarazione circa l'eventuale possesso dei requisiti di indipendenza previsti dall'art. 148, comma 3, del Testo unico e/o dei requisiti di indipendenza previsti da normative di settore eventualmente applicabili in ragione dell'attività svolta dalla società e/o, se lo statuto lo prevede, dei requisiti di indipendenza previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria; b.3) dell'indicazione dell'identità dei soci che hanno presentato le liste e della percentuale di partecipazione complessivamente detenuta […]”.

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partecipazione complessivamente detenuta. Va aggiunto che l’art. 1 del Codice di autodisciplina delle società con azioni quotate richiede che ciascun consiglio di amministrazione effettui, almeno una volta all’anno, una valutazione sul funzionamento del consiglio stesso e dei suoi comitati, tenendo anche conto di elementi quali le caratteristiche professionali, di esperienza, anche manageriale e di genere dei suoi componenti, nonché della loro anzianità in carica (Criterio 1.C.1. lett.).

Nella disciplina delle società a controllo pubblico, invece, non si rintracciano disposizioni di analogo contenuto, cosicché la selezione dei candidati appartenenti al genere meno rappresentato rischia, quando la norma è rispettata, di prestarsi a manovre politiche, neutralizzando così gli effetti positivi associati all’inclusione del genere femminile negli organi di governo delle imprese, che nelle intenzioni del legislatore avrebbe invece dovuto condurre ad un processo virtuoso di emersione delle professionalità più adeguate a ricoprire l’incarico di componente degli organi di amministrazione e di controllo.

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