• Non ci sono risultati.

Agostino Scilla. Percorso artistico e contesti

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Agostino Scilla. Percorso artistico e contesti"

Copied!
741
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE UMANISTICHE

DOTTORATO DI RICERCA IN STUDI SUL PATRIMONIO

CULTURALE

XXX CICLO

Salvatore Pistone Nascone

Agostino Scilla.

Percorso artistico e contesti

TESI DI DOTTORATO

Coordinatore: Chiar.mo Prof.ssa Grazia Pulvirenti

Tutor: Chiar.mo Prof.ssa Barbara Mancuso

(2)
(3)

2

SOMMARIO

TOMO I

I. Premessa

4

II. Ringraziamenti

7

III. Agostino Scilla tra letteratura artistica e storiografia

8

IV. 1 Spigolature erudite nella Messina del Settecento: Susinno per la biografia del «pittore, filosofo messinese» 89

V. La formazione presso Barbalonga e la ricerca di un equilibrio tra disegno e colore in Agostino Scilla

95

VI. La formazione presso la bottega di Sacchi

143

VII. 1654 ovvero una committenza gesuitica

173

VIII. Scilla a Siracusa: una “particolare” committenza

178

VIII.1 L’Immacolata siracusana

192

IX. Per il gusto collezionistico di una quadreria: Agostino Scilla e don Antonio Ruffo

196

X. Alla ricerca di un percorso di genere

229

X.1 Su due piccole tele di Bucarest attribuite a Scilla

235

XI. Sui due dipinti in collezione Gallo e alcune considerazioni sul riberismo in Agostino Scilla

237

XII. Alcune considerazioni su dipinti inediti palermitani

251

XIII. «Aver’occhio a proposito per giudicare le cose»: naturalismo e classicismo a confronto

254

XIV. Gli anni Settanta tra scienza, arte ed un’attività inedita di Agostino Scilla

267

XV. «fu stimato da vari principi, così secolari com’ecclesiastici»: per una committenza di Agostino Scilla

279

XVI. Alcuni spunti sul collezionismo messinese

308

TOMO II

SCHEDE DI CATALOGO

TAVOLE

APPENDICE I

APPENDICE II

SITOGRAFIA

(4)
(5)

4

I. Premessa

«Uno studio complessivo sullo Scilla manca».

1

Così Stefano Bottari nel 1934 concludeva la brevissima postilla dedicata all’artista per la nuova edizione

delle Memorie de’ pittori messinesi di Gaetano Grano, pubblicate già nel 1792 a Napoli da Jacob Hackert.

Neppure la pubblicazione nel 1960 di Valentino Martinelli del manoscritto de Le vite de’ pittori messinesi

2

di

Francesco Susinno, oggi a Basilea, servì a scuotere gli studi dall’incredibile silenzio e torpore del

dopoguerra. Già Roma Currò però nel 1958 pubblicava un interessantissimo e ben fatto saggio su

Barbalonga, maestro di Scilla, basandosi solamente su quanto riferito da Hackert

3

e da Grosso

Cacopardo.

4

Bisognerà attendere quasi vent’anni affinché lo stesso Valentino Martinelli pubblichi il primo contributo

riguardante il «pittore, filosofo messinese».

5

Il piccolo saggio, pionierisitco ma quanto mai incompleto,

iniziava a dare, però, i primi frutti: nei due anni successivi Elvira Natoli pubblicava, seppur con qualche

imprecisione, due saggi che iniziavano a far luce sull’attività artistica e scientifica di Agostino.

Lentamente, grazie a vari contributi e al tentativo più che coraggioso di Luigi Hyerace, ad oggi lo studioso

più eminente di Scilla, di una prima catalogazione dell’opera pittorica dell’artista messinese,

6

la produzione

artistica e scientifica del Maestro ha iniziato ad essere ampiamente studiata, grazie anche al ritrovamento

di tele, documenti e notizie inedite: dagli studi sulle incisioni di Piero Santi Bartoli delle tavole de La vana

speculazione disingannata dal senso da parte di Veronica Carpita,

7

alle nature morte rintracciate da Miriam Di

Penta;

8

dai contributi ancora di Luigi Hyerace

9

ai quattro ovati (ri)scoperti da Arabella Cifani e Franco

Monetti a Torino.

10

Senza dimenticare le recentissime ricerche riguardanti lo Scilla scienziato e

1 Stefano Bottari, Memorie dei pittori messinesi di F. Hackert e G. Grano, in «Archivio storico messinese», 28-35, 1934, p. 52. 2 Cfr. Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960.

3 Cfr. Jakob Philipp Hackert, Gaetano Grano, Memorie dei pittori messinesi, edizione a cura di Giovanni Molonia, Edizioni Di

Nicolò, Messina 2000.

4 Cfr. Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821],

Forni Editore, Bologna 1972. Cfr. anche Roma Currò, Antonino Alberti, detto il Barbalonga, pittore messinese del '600, in «Siculorum Gymnasium», 1, 1958, pp. 1-66.

5 Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. 234; Valentino

Martinelli, Agostino Scilla, pittore e scrittore messinese, esule a Roma, in Scritti in onore di Salvatore Pugliatti, V, A. Giuffrè Editore, Milano 1978, pp. 596-612.

6 Cfr. Luigi Hyerace, Agostino Scilla: per un catalogo delle opere, Società messinese di storia patria, Messina 2001 e bibliografia

precedente.

7 Cfr. Agostino Scilla, La vana speculazione disingannata dal senso. Lettera risponsiva circa i corpi marini, che petrificati si trovano in varij

luoghi terrestri. Di Agostino Scilla pittore accademico della Fucina, detto lo Scolorito, presso Andrea Colicchia, Napoli 1670; Veronica Carpita, Agostino Scilla (1629-1700) e Pietro Santi Bartoli (1635-1700): il metodo scientifico applicato allo studio dei fossili e la sua trasmissione ai siti e monumenti antichi, in «Rendiconti / Accademia Nazionale dei Lincei, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche», 17, 2006, 3, pp. 307-384.

8 Cfr. Miriam Di Penta, Agostino Scilla pittore di natura morta: appunti per un catalogo, in «Paragone», 59, 2008, 81, pp. 62-71. 9 Cfr. Luigi Hyerace, Ancora su Agostino Scilla, in «Prospettiva», 126-127, 2007, pp. 156-168; Luigi Hyerace, Un nuovo “filosofo di

Agostino Scilla, in «Archivio storico messinese», 91-92, 2010/2011, pp. 451-455.

10 Cfr. Arabella Cifani, Franco Monetti, Quattro dipinti inediti di Agostino Scilla a palazzo Graneri a Torino, in «Paragone», LXVI,

(6)

5

paleontologo di Italo Di Geronimo

11

e Floriana Giallombardo

12

la quale, finalmente, renderà noto il

manoscritto, rintracciato già nel 2001 da Luigi Hyerace e Sebastiano Di Bella ma mai pubblicato,

13

dell’opera inedita sulle «cento città di Sicilia antiche coll’autorità delle medaglie»

14

dell’artista messinese.

Nonostante i vari e recenti contributi tanto ancora vi è da comprendere del percorso artistico e filosofico

del «pittore, filosofo messinese».

Oltre la pubblicazione di un’aggiornata e possente monografia, si rende sempre più necessaria una mostra

monografica su Agostino, possibilmente organizzata nell’ex Filanda del Museo regionale di Messina.

Quest’ultimo, aprendo finalmente le porte della nuova sede nel 2017, dopo svariati decenni, mostra,

seppur con qualche giustificata assenza, quanti tesori di arte messinese esso contenga, permettendo così

di comprendere cosa abbia significato a livello artistico e più generalmente culturale Messina tra XV e

XVII secolo.

La monografica sull’artista permetterebbe anche di far ancor più chiarezza su certi anni tutt’oggi bui di

Agostino, rivedendo finalmente insieme le scene bibliche dei depositi del Museo, le tele provenienti da

Santa Chiara e quella di Basicò e accostarle a quanto di meglio la produzione pittorica del periodo sullo

Stretto offrisse, da Quagliata a Suppa, da Fulco a Rossi, da Marolì a Onofrio Gabrieli. E gioverebbe non

poco ammirare in presenza le tele, tutte gravitate sul mercato antiquariale, dei filosofi e «teste di

vecchioni»,

15

nonché le opere giovanili (e in parte di bottega), quali le due Storie di Agar, e degli ultimi

anni, come Il Sacrificio di Polissena oggi in collezione privata americana.

Il presente lavoro, assolutamente non conclusivo, ha preso le mosse dalla tesi magistrale in Storia della

critica d’arte di cui è state relatrice la professoressa Barbara Mancuso su La vita di «Agostino Scilla pittore,

filosofo messinese» ne «Le vite de’ pittori messinesi» di Francesco Susinno, riprendendo da quest’ultimo lavoro

proprio la volontà di comprendere chi fosse l’artista messinese per l’autore delle biografie del 1724, cosa

rappresentasse e soprattutto da dove ricavasse le notizie, a volte così dettagliate, su Scilla.

Si è anzitutto proposta una lettura comparata dei testi di letteratura e storiografia artistica tra Settecento

e Ottocento, cercando di comprendere quanto di originale vi fosse nelle biografie e nelle notizie fornite

da ciascun autore e quale sia stata la fonte o le fonti da ciascuno utilizzata.

11 Cfr. Italo Di Geronimo, Agostino Scilla paleontologo. Fossi e Filosofie tra ‘600 e ‘700, edizioni della Società Messinese di Storia

Patria, Messina 2014.

12 Cfr. Floriana Giallombardo, La collezione Scilla presso il Sedgwick Museum of Earth Sciences. Pratiche di visualizzazione dal XVII al

XXI secolo, in «Carte Semiotiche», 2014, pp. 86-103; Floriana Giallombardo, Agostino Scilla (1629-1700) e la cultura visuale della historia, fra antiquaria e storia naturale, Tesi di dottorato in Studi Culturali Europei/ Europäische Kulturstudien, Dipartimento Cultura e Società, XXV ciclo, Università degli Studi di Palermo, tutor: prof. Michele Cometa, 2016.

13 Cfr. Sebastiano Di Bella, Agostino Scilla collezionista: la raccolta di fossili, in Wunderkammern siciliana: alle origini del museo perduto,

catalogo della mostra, Palermo, Galleria regionale di Palazzo Abatellis, 04-11-2001 – 31-03-2002, Electa, Napoli 2001, pp. 61-66; Luigi Hyerace, Agostino Scilla collezionista: le raccolte di monete, medaglie, disegni e anticaglie, in Wunderkammern siciliana: alle origini del museo perduto, catalogo della mostra, Palermo, Galleria regionale di Palazzo Abatellis, 04-11-2001 – 31-03-2002, Electa, Napoli 2001, pp. 55-60.

14 Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. 241. 15 Ivi, p. 236.

(7)

6

Si è cercato poi di offrire una lettura della carriera artistica di Scilla, insieme cronologica e tematica. I

capitoli sulla formazione presso Antonino Barbalonga e Andrea Sacchi sono stati anche il pretesto per

inquadrare la produzione artistica di Agostino per gran parte della sua vita, rintracciando elementi e stilemi

comuni che Scilla, «vero Proteo della pittura»,

16

ha costantemente riutilizzato e reinterpretato da vero

maestro del Seicento. Il capitolo sulla collezione Gallo è servito così anche per una meditazione sul

problema del tanto elogiato riberismo in Scilla: si è tentato di offrire una lettura altra, che rendesse conto

il più possibile di una cultura classicista ma anche naturalista-meridionale, siciliana e romana, capace di

guardare alla novità artistiche messinesi, isolane e più generalmente continentali dell’epoca.

Tra dipinti ritrovati (e tuttora in fase di studio), alcuni di non sicura autografia e altri di impossibile

attribuzione all’artista messinese, si sono gettate le basi per continuare il percorso di ricerca, spingendosi

oltre, prendendo spunto anche dalla ancora non completamente studiata galleria di don Antonio Ruffo,

centro nevralgico di cultura artistica e produzione attiva della Messina del Seicento. Si è tentato di far

coincidere anzitutto un momento storico con la ricerca di un preciso gusto collezionistico,

incredibilmente aperto a novità assolute e di straordinaria originalità, come gli acquisti delle tele di

Rembrandt, o la commissione di opere afferenti la corrente classicista bolognese-romana tra gli anni

Sessanta e Settanta del secolo XVII.

Tramite un’attenta analisi storiografica si è tentato di risolvere alcuni problemi inerenti la lettura e

l’interpretazione dell’artista Scilla da parte dei suoi biografi messinesi, isolani e romani. Inoltre, grazie ad

alcune opere ritrovate, si è cercato di offrire un ulteriore spaccato storico, artistico e culturale della figura

di Scilla, inserendo il «pittore, filosofo messinese» nel contesto in cui è vissuto e in cui ha operato.

Non si è mai però cercato di distogliere lo sguardo dal vero obiettivo della ricerca, Agostino Scilla,

inquadrando l’artista in un contesto estremamente variegato e composito che fa veramente fatica ad

essere del tutto padroneggiato, rischiando spesso di perdersi nei meandri più oscuri di una ricerca infinita

e nella preoccupazione costante di non raggiungere e centrare l’obiettivo.

Forse è proprio questo ciò che Susinno voleva trasmettere al suo lettore sul «pittore, filosofo messinese»:

«cinico e cagnesco a bastanza, quando l’opportunità lo richiedea, a far sentire del suo nome i latrati, non

lasciossi giammai addentare».

17

La bellezza e, al contempo, la maledizione di ogni ricerca.

16 Ivi, p. 234.

(8)

7

II. Ringraziamenti

A Barbara Mancuso, Maestro da cui ho imparato tanto, sempre pronta a ricondurmi nella vera Storia

dell’arte quando sogno dietro a frasi di canzoni, dietro a libri e ad aquiloni.

A Valter Pinto, per avermi insegnato la semplicità di Ockham, il libeccio di una domanda e il dubbio eterno.

Al dott. Agostino Giuliano per l’immensa disponibilità, gentilezza e professionalità.

Alla dott.ssa Donatella Spagnolo, al direttore, ai funzionari e a tutto il personale del Museo regionale di

Messina; alla dott.ssa Evelina De Castro, al dott. Salvatore Pagano e al direttore del Museo regionale di

Palazzo Abatellis: competenti e pazienti anche di fronte a richieste tanto urgenti quanto asfissianti.

Al dott. Gioacchino Barbera, entusiasta e disponibile verso i giovani ricercatori.

Al dott.ssa Cosmin Ungureanu del Museo nazionale di Bucarest, alla dott.ssa Sandra Ravituso e ai

funzionari del Museo archeologico Salinas di Palermo perché ancora oggi è possibile conciliare curiosità

e preparazione.

Al prof. Luigi Hyerace, per la sua disponbilità, cortesia e discussioni stimolanti sul «pittore, filosofo

messinese».

Alla prof.ssa Claudia Guastella per la gentilezza dimostrata, a don Domenico Massimino della chiesa di

Santa Maria di Randazzo e a Giovanni Minuto della biblioteca di Storia dell’arte dell’Università di Catania.

A Enrico Gullo per le stimolanti discussioni (e relativi spunti) sull’amico Scilla e a Tommaso Pasquali per

preziose segnalazioni e consigli.

A Giuseppe Fiaccola e a Teresa Russo, per i preziosi aiuti durante i tre anni di ricerca.

A quegli entusiasti storici dell’arte “lombardi” Lorenzo, Federico ed Elisa: per le nostre gite fuori porta,

consigli, segnalazioni e ripetute ed immediate risposte ad infinite domande d’aiuto.

A Francesco e Daniele, fratelli più che amici.

Ai pazienti amici di Agira perché sempre presenti nei momenti in cui era necessario.

A mia zia che ha reso e continua a rendere possibile la mia attività di ricerca e a mia nonna che ha smesso

di esistere ma non di essere.

A mia sorella affinché non smetta mai di ricercare i suoi sogni, le sue volontà, le sue mete.

Ai miei genitori per la forza, il coraggio, la rabbia, il dolore e per i loro immancabili sacrifici. A loro, come

sempre, devo tutto e troppo.

(9)

8

«Per ciò, forse – poiché anche il sentimento in arte è affare di educazione e di intelletto – è meglio condurre alla spontaneità di questo riconoscimento, attraverso preparazioni mediate; attraverso nessi storici secondari, pure esistenti e che meglio servano a specificare, a controllare, a guidare»

Roberto Longhi, 1916

III. Agostino Scilla tra letteratura artistica e storiografia

Il 1960 può essere annoverato a buon diritto come lo spartiacque per l’arte e la storiografia messinesi. In

tale data Valentino Martinelli pubblica, per la prima volta, le ormai note Vite de’ pittori messinesi di

Francesco Susinno,

18

delle quali, ormai da poco meno di due secoli si erano perse quasi totalmente le

tracce. Chiunque, prima di allora, avesse voluto intraprendere uno studio sull’arte dello Stretto, si sarebbe

servito di due opere memorialistiche successive:

19

le Memorie de’ pittori messinesi che Jakob Philipp Hackert

stampò nel 1792 con il permesso di «un amico dotto e intelligente nelle belle Arti, e naturale di quella

città», Gaetano Grano, vero ideatore delle biografie, il quale non vuol «far palese il suo nome»,

20

e quelle

pubblicate nel 1821, presso la tipografia di Giuseppe Pappalardo, da Giuseppe Grosso Cacopardo, il

quale aggiunge al titolo di Hackert e Grano gli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII sino al secolo XIX.

21

Le biografie di Cacopardo devono molto a quelle di Grano:

22

lo stesso storiografo ottocentesco nelle sue

note al testo inserisce costantemente il riferimento ai due scritti dai quali ha ripreso gran parte delle notizie

sui pittori messinesi:

23

le Memorie, appunto, del 1792 e gli Annali della città di Messina di Caio Domenico

18 Cfr. Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960.

19 Cfr. Francesca Campagna Cicala nella presentazione all’edizione delle Memorie di Hackert-Grano del 2000. Cfr. Jacob Philipp

Hackert, Gaetano Grano, Memorie dei pittori messinesi, edizione a cura di Giovanni Molonia, Edizioni Di Nicolò, Messina 2000, p. 5.

20 Ivi, pp. 33-34.

21 Grosso Cacopardo, il quale, non menzionando mai il nome di Grano, riconduce al dotto amico messinese le notizie riportate

da Hackert, evidenziando i «molti errori» di attribuzione compiuti da quest’ultimo e, «quel che più importa», dimenticando numerosi artisti anche «de’ più classici». Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821], Forni Editore, Bologna 1972, p. XXXIV.

22 «Altro non ho fatto relativamente ad alcuni, che trascrivere le sue parole, non essendovi né che supplire, né che correggervi».

Ibidem. Cfr. anche Francesca Campagna Cicala, Presentazione, in Filippo Hackert, Gaetano Grano, Memorie de’ pittori messinesi, edizione a cura di Giovanni Molonia, Edizioni Di Nicolò, Messina 2000, p. 5.

Tra il 1994 e il 2007 Giovanni Molonia ha curato una riedizione, a cura della Società messinese di storia patria, di tutti gli scritti di Cacopardo, suddivisi in due volumi, Scritti minori e Scritti maggiori. In quest’ultimo si ritrovano le Memorie de’ pittori messinesi del 1821. Cfr. Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821], riedito in Giuseppe Grosso Cacopardo, Opere, II, Scritti maggiori (1821-1841), a cura di Giovanni Molonia, Società messinese di storia patria, Messina 2007, pp.

Per una mera questione di comodità qui si farà riferimento all’edizione anastatica Forni del 1978.

Sui rapporti tra Grosso Cacopardo e Gaetano Grano, testimoniatici da alcune lettere manoscritte del palermitano Lazzaro Di Giovanni, conservate presso la Biblioteca regionale di Messina cfr. Giovanni Molonia, Premessa, in Filippo Hackert, Gaetano Grano, Memorie de’ pittori messinesi, edizione a cura di Giovanni Molonia, Edizioni Di Nicolò, Messina 2000, p. 27.

23 Denunciando molto presto il suo intento di volersi occupare di pittura, «quella che fra le arti sorelle più parla agli occhi, ed

al cuore e che per mezzo di contorni e di tinte, non solo gli oggetti, ma può renderci eziandio palesi gli interni sentimenti dell’animo». Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821], Forni Editore, Bologna 1972, p. XXIII.

(10)

9

Gallo, altro testo di straordinaria importanza per comprendere ed indagare la storia (ed in questo caso

non solamente artistica) della città sullo Stretto.

Nessuno, o quasi,

24

si domandava che fine avesse fatto il manoscritto, già ricordato, di Francesco Susinno

sulle vite dei pittori messinesi, consultato e ripreso abbondantemente da Caio Domenico.

Il biografo settecentesco, ricordato anche da Grosso Cacopardo come «pittore, ed assai intelligente»,

aveva lasciato manoscritta una storia (così la definisce già l’erudito ottocentesco)

25

che nessuno «si prese

la cura di pubblicarla», aggiungendo di non sapere «se più oggi esiste». A scanso di equivoci, Cacopardo

aggiunge che Caio Domenico Gallo «avendolo sotto gli occhi ne fece spessissimo uso».

26

Le poche notizie fornite da Gallo verranno riportate da Valentino Martinelli nell’introduzione a Le vite de’

pittori messinesi: ricordando le varie tracce, non così malcelate in realtà, del manoscritto di Susinno,

disseminate negli Annali della città di Messina, lo studioso pubblica la prima, e sinora unica, edizione delle

biografie di Francesco Susinno ritrovate a Basilea, dove tutt’oggi si conservano presso il

Kupferstichkabinett del Kunstmuseum.

27

Se Grosso Cacopardo, come da lui stesso affermato, non ha mai consultato il manoscritto di Susinno, ad

esso si è sicuramente ispirato, molto probabilmente tramite le notizie fornite da Gallo e da monsignor

Grano:

28

non soltanto per la preferenza, nella trattazione delle biografie, per la pittura e i pittori,

24 Ancora nel 1836 l’abate Bertini ricordava il manoscritto di Francesco Susinno, «bravo pittore» e «scrittore messinese».

Giuseppe Bertini, Estratti di varii autori intorno alla storia letteraria, e delle belle arti della Sicilia, III, ms. conservato presso la Biblioteca Comunale di Palermo, ff. 119, 346.

25 In realtà già Susinno nell’antiporta del manoscritto riporta la parola «Istoria», già notata da Valentino Martinelli, il quale però

afferma che il biografo settecentesco, per «atto di modestia» e di omologazione ad «una sicura tradizione storiografica», abbia abbandonato la dicitura di più ampio respiro, qualche decennio dopo utilizzata da Luigi Lanzi. Cfr. Valentino Martinelli, Introduzione, in Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. XXXV. Grosso Cacopardo

26 Ivi, p. XXXIII. Risulta abbastanza problematico quanto riportato sull’opera di Susinno da Grosso Cacopardo, il quale

afferma: «quel che di essa ci è noto è appoggiato a quanto riferisce il Gallo ne’ suoi Annali». Il corsivo è di chi scrive.

27 In realtà non sono pochi gli errori riportati da Valentino Martinelli, nella sua introduzione, sulle vicende collezionistiche del

manoscritto, oggi a Basilea, del biografo messinese. Cfr. Sandra Condorelli, “Spiritoso pittore”. Gli “Antonelli” messinesi di Francesco Susinno, tesi di laure magistrale in Storia dell’arte moderna, tutor: Valter Pinto, Università degli studi di Catania, Dipartimento di Scienze Umanistiche, Corso di laurea magistrale in Storia dell’arte e beni culturali, Anno Accademico 2016-2017.

Sull’esistenza di un secondo manoscritto si rinvia alla già ricordata introduzione alle Vite di Susinno a cura di Martinelli, in Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, pp. XV-XXI. Nel 2010, nell’introduzione alla biografia di Caravaggio di Francesco Susinno, Francesca Valdinoci segnala la presenza di un altro, seppur frammentario, manoscritto del biografo settecentesco nella biblioteca di San Gennaro a Napoli, riferendosi con molta probabilità alla biblioteca dell’archivio di San Gennaro. Cfr. Francesca Valdinoci, Francesco Susinno, in Vite di Caravaggio, a cura di Francesca Valdinoci, Casadeilibri editore, Padova 2010, p. 148.

Sulla reale esistenza di un ipotetico manoscritto del biografo settecentesco, diverso da quello conservato a Basilea, recentemente Barbara Mancuso ha preferito, per motivi legati all’assenza del manoscritto stesso, evitare supposizioni, insistendo però sulla presenza, in quello conservato nel museo svizzero, dell’approvazione per la stampa, la quale «farebbe dubitare che il manoscritto Foti fosse cosa diversa da quello di Basilea, come ha proposto, alla luce di una serie di corrette osservazioni, Valentino Martinelli, che conclude ritenendo il volume di Basilea il testo definitivo proprio per la presenza dell’imprimatur». Barbara Mancuso, Scrivere di marmi. La scultura del Rinascimento nelle fonti siciliane, Magika, Messina 2017, pp. 57-58, note 210-211 e relativa bibliografia.

28 Bertini, nella seconda parte della sua recensione alla Memorie di Cacopardo, afferma che, nonostante lo storico ottocentesco

«gli dia lode di accurato scrittore [al Gallo], ha però la buona fede di confutarlo quantunque volta per pregiudizio, o per inavvertenza lo trovi lontano dal vero». Giuseppe Bertini, Memorie de’ pittori messinesi. Sei lettere mss. di Grosso Cacopardo, in «Giornale di scienze, letteratura ed arti per la Sicilia», IV, 10, 1823, p. 94. Il corsivo è di chi scrive.

Cacopardo suddivide la pittura messinese tramite una precisa periodizzazione, la quale deve molto a Gaetano Grano, il quale già asseriva che la pittura messinese poteva dividersi in tre classi: «ne’ Pittori anteriori a Polidoro; nella scuola di questo Pittore;

(11)

10

nonostante Caio Domenico riferisse di «vita dei Pittori, Scultori ed Architetti Messinesi» e realmente

presenti nelle biografie di Susinno (si pensi ad Antonello Gagini, Rinaldo Bonanno e Andrea Calamech,

Simone Gullì, Vincenzo Tudisco, tutti architetti e scultori,

29

a cui vanno ad aggiungersi esimi pittori

messinesi come Giovanni Quagliata e Andrea Suppa, questi ultimi ricordati anche come architetti), ma

soprattutto per il ritorno ai medaglioni biografici degli artisti, dei quali Susinno inserisce i ritratti di alcuni

pittori, molto probabilmente quelli più funzionali alla sua idea di storia pittorica messinese, a differenza

di Grosso Cacopardo che, a fronte dei venti ritratti presenti nella sue Memorie, ne presenta ben otto in

più. Ciò che colpisce nelle Memorie dell’erudito ottocentesco non è tanto il numero, giustificabile in parte

con un ventaglio maggiore di artisti, includendo i pittori settecenteschi che in Susinno non apparivano

per ovvi motivi cronologici (ossia Paolo Filocamo, Litterio e Giuseppe Paladino), ma chi venga ad essere

insignito dall’onore di avere un ritratto. Dei venti disegnati da Susinno dodici sono riproposti anche da

Grosso Cacopardo. Ovviamente si tratta di disegni o, nel caso del biografo ottocentesco, sarebbe meglio

parlare anche di incisioni e stampe,

30

completamente diverse tra loro, non solo nello stile ma anche

nell’iconografia. Sintomo anzitutto di una fonte diversa utilizzata dai due storiografi: basti confrontare i

due ritratti di Antonello da Messina o, almeno apparentemente, quello di Agostino Scilla per comprendere

come i due biografi, a distanza di circa un secolo, non solo presentano gli artisti in un periodo diverso

della loro vita, come ben ravvisabile dall’iconografia, ma concepiscono l’impostazione dei disegni in

maniera diversa, appurando che quelli ottocenteschi rappresentano più mezze figure che veri e propri

ritratti.

L’oggettiva qualità dei disegni del biografo Susinno, i quali meriterebbero uno studio più approfondito

vista la poca omogeneità a livello stilistico dei vari medaglioni, elemento che insospettisce non poco e

che pone qualche interrogativo sull’attività pittorica del sacerdote messinese, si contrappone alla poca

qualità di quelli inseriti nelle Memorie del 1821, disegnati dagli artisti Subba e Beaumont e incise da

Antonino e Marcellino Minasi e da Luigi Guerrera,

31

di cui venne già notata la poca qualità, sin dalla loro

prima edizione, da Marianna Candidi Dionigi, figlia di Maddalena Scilla, a sua volta nipote di Agostino,

con cui Cacopardo intratteneva scambi epistolari con il fine di avere qualche notizia in più rispetto alla

ne’ Pittori posteriori a questa scuola». Grosso Cacopardo, invece, divide l’arte sullo Stretto in quattro epoche: «Epoca I: Gli Antichi»; «Epoca II: Polidoro Caldara da Caravaggio. Suoi discepoli, ed imitatori»; «Epoca III: Comandé, Catalamo, Rodriguez, Barbalonga, Scilla, loro allievi, ed altri insigni pittori di quest’epoca»; «Epoca IV: Gli scolari dello Scilla, di Maratta, di Conca ed altri illustri pittori di quest’epoca». Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821], Forni Editore, Bologna 1972, pp. 1, 39, 91, 187.

29 Sugli scultori del Rinascimento messinese trattati da Susinno cfr. Barbara Mancuso, Scrivere di marmi. La scultura del Rinascimento

nelle fonti siciliane, Magika, Messina 1017, pp. 57-65.

30 Gli incisori non poco hanno rovinato i ritratti eseguiti da Beaumont e Letterio Subba, come già notato nel 1822 da Marianna

Candidi Dionigi in una lettera allo stesso Grosso Cacopardo e, ribadito, anche da La Corte Cailler. Cfr. note successive.

31 Già segnalati da Gaetano La Corte Cailler in Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla,

(12)

11

biografie di Grano, edite da Hackert.

32

E, in verità, se la biografia di Scilla del 1821 mantiene pressoché

intatta la struttura e impostazione della vita pubblicata da Hackert, non si può dire che Cacopardo non

abbia aggiunto elementi volti a fornirci qualche notizia in più sulla vita e opere di Agostino. Se Grosso

Cacopardo, come da lui stesso fatto intendere, non ha avuto modo di consultare il manoscritto di

Francesco Susinno, nonostante lo ricordi come perduto,

33

nell’impostazione delle sue Memorie ricalca il

modello di Grano ma, come avviene nella biografia dedicata a Scilla, sembra soffermarsi e dilungarsi su

alcuni passi della vita del «pittore, filosofo messinese» proprio come fa l’autore del manoscritto del 1724.

Si confronti l’attenzione posta sul Sant’Ilarione di Agostino in Susinno: «il volere a sufficienza ridire di

questa pittura l’eminenza, mancherebbe la lena a chiunque il pretendesse».

34

A tale affermazione fa da

contraltare quella di Grosso Cacopardo: «conobbe egli colla sua penetrazione l’eccellenza di tal quadro

dipinto più colla filosofia, che colla mano».

35

L’attenzione allo Scilla filosofo, non solo da un punto di vista scientifico-paleontologico, seguace delle

teorie borelliane e malpighiane, ma anche «del suo filosofico ed erudito pennello» è un concetto già

esternato da Susinno e che pare essersi sedimentato nella ormai dilaniata città sullo Stretto.

36

Così come

32 Marianna si lamentava dell’incisore il quale, nei medaglioni di Grosso Cacopardo, adoperava «il chiaroscuro» nei contorni

rovinando «i ritratti della sua belle ed interessantissima opera». Ibidem. Sulle notizie fornite dalla discendente di Agostino a Grosso Cacopardo, sulla vita del suo avo, si confronti la lettera del 9 giugno 1822 in Ivi, p. 21.

Nel 1825 Agostino Gallo, in una lettera allo «stimatissimo amico» Grosso Cacopardo, ringraziandolo «per li graziosi ritrattini di cotesti Maestri dipintori Messinesi», precisa «che se fossero stati incisi esattamente, e con bono bulino, avrebbero decorato l’opera vostra». Anna Maria Sgrò, a cura di, Lettere a Giuseppe Grosso Cacopardo, Soprintendenza beni culturali e ambientali, Messina 2001, p. 182.

Nel 1823 Giuseppe Bertini definiva i ritratti all’interno dei medaglioni delle Memorie come «brutti ceffi, […] visi storti e disperate fisionomie, atte soltanto a far paura ai bamboli». Giuseppe Bertini, Estratti di opere di autori siciliani, in «Giornale di scienze, letteratura ed arti per la Sicilia», II, 1823, pp. 191-192. Cfr. anche Maria Pia Pavone Alajmo, Storiografia artistica a Messina nell’Ottocento: Carmelo La Farina, Giuseppe Grosso Cacopardo, Carlo Falconieri e Giuseppe La Farina, in «Archivio storico messinese», 52, 1988, p. 45. 23-60.

33 Cfr. Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821],

Forni Editore, Bologna 1972, p. XXXIV.

34 Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. 238. 35 Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821],

Forni Editore, Bologna 1972, p. 140.

36 Come già ricordato nella sua introduzione alle Memorie del 1821, Grosso Cacopardo riconduceva il motivo della decadenza

messinese a cinque cause fondamentali: la dimora dei francesi dal 1674 al 1678; il ritorno degli Spagnoli, i quali, tornati vittoriosi dalla rivolta messinese nel 1678, punirono la città sullo Stretto per la sua infedeltà portando in Spagna non poche opere (tra le quali alcune tele di Barbalonga e Scilla); la peste del 1743, la quale comportò l’arrivo di «avidi incettatori i quali a vilissimo prezzo comprarono de’ capi d’opera ormai caduti in mano di persone ignoranti»; il terremoto del 1783, con conseguente e ulteriore presenza di «rivenditori» approfittatori»; la guerra e la presenza delle truppe inglesi che comportarono l’ulteriore alienazione «a vile prezzo» di «non pochi superbi quadri». Ivi, pp. XXXI-XXXII; cfr. anche Sebastiano Di Bella, Ancora sul collezionismo a Messina, in «Archivio storico messinese», 91/92, 2010-2011, p. 67 e bibliografia precedente.

Già Gaetano Grano segnalava gli stessi motivi della decadenza mamertina nelle sue Memorie edite da Hackert. Cfr. Jakob Philipp Hackert, Gaetano Grano, Memorie dei pittori messinesi, edizione a cura di G. Molonia, Edizioni Di Nicolò, Messina 2000, pp. 36-37.

Anche Rosario Gregorio rileva le «tante disgrazie» patite dai messinesi e dalla loro arte, la quale «fu tenuta in altissima stima». Rosario Gregorio, Discorsi intorno alla Sicilia di Rosario Gregorio, II, Presso la Reale Stamperia, Palermo 1831, p. 137.

Interessante, pur nella consapevolezza della sua faziosità e campanilismo, il giudizio di Vincenzo Emanuele Sergio, palermitano, il quale riporta lo stato di decadenza della città sullo Stretto ancor prima del terremoto del 1783: «le Arti tutte, e le fabbriche della Seta specialmente, primario sostegno di quella Popolazione, languivano per mancanza di consumo, e di spaccio. Il suo Commercio già decaduto, e negletto minacciava una estrema miseria a tutto il Regno». Vincenzo Emanuele Sergio, Memoria per la reedificazione della città di Messina pel ristabilimento del suo Commercio, scritta da Vincenzo Emmanuele Sergio Palermitano professore di Economia Politica, Commerci, ed Agricoltura nell’Accademia de’ regj Studj di Palermo; Segretario, ed archivista del

(13)

12

sedimentate erano sia la notizia della collezione di monete e medaglie di Agostino, che quest’ultimo portò

con sé a Roma, allestendo uno dei più interessanti gabinetti numismatici del Seicento,

37

sia la memoria di

un’attività antiquaria del pittore messinese. Infatti già Hackert, nelle note alle notizie di Grano, segnala

che il quadro di «Capodopera» di Agostino, il Sant’Ilarione, «fu la ricompensa che diede lo Scilla al Prete

Rettore di S. Orsola per due rare Medaglie d’oro avute da lui in dono», ricordando lo studio, rimasto

inedito, sulle Cento città della Sicilia descritte colle Medaglie.

38

La notizia di Hackert si trova già in Susinno, il

quale racconta «ch’essendo egli [Scilla] vago di medaglie antiche ed avendo il cappellano della chiesa

sudetta di S. Orsola due antiche medaglie in oro e rarissime […] non trascurò farne l’acquisto, ma invano».

Finché l’ecclesiastico «gliene fe’ libero dono» e Agostino, «per corrispondere […] ad una liberalità così

obbligante» gli donò il dipinto.

39

Appena qualche foglio dopo, Susinno ricorderà che «coll’occasione della guerra di Messina non venne

alla luce un’opera sua eruditissima», ossia le Cento città, a cui seguiranno due affermazioni, dello stesso

Susinno, che appaiono abbastanza contrastanti. Riferendosi al manoscritto prima afferma «che in que’

tempi [ossia alla fine della rivolta antispagnola del 1678, n. d. a.] per la sua fuga smarrironsi», a cui segue

la notizia che lo scritto «è appresso degli eredi suoi in Roma».

40

Grosso Cacopardo nel 1821 riporta che

lo studio inedito sulle medaglie di Scilla, «ove si vedeano una quantità di medaglie da lui medesimo

disegnate», a causa della rivolta antispagnola «andò a male», insieme alla «sua raccolta di preziosi disegni».

41

Ma ancora più interessante, risulta la nota apposta dallo stesso Cacopardo a quanto sinora affermato: «il

libro sopracennato io ò il piacere di annunziarlo esistente: esso si possiede dalla Signora D. Marianna

Candidi Dionigi romana, discendente di Agostino».

42

Lo scambio epistolare, già accennato precedentemente, tra Grosso Cacopardo e Marianna Candidi

Dionigi, pronipote, da parte di madre, del pittore messinese, è stato reso noto tra il 1899 e il 1900 da

Gaetano La Corte Cailler.

43

Molto interessante, a tal proposito, è quanto affermato dalla discendente di

Agostino sul figlio gesuita del pittore mamertino, Giuseppe, «valente letterato», il quale aveva stimolato

la madre e lo zio (Alessandro) a recarsi a Napoli per «ricuperare le molte terre perdute ed un Palazzo della

Palazzata delle quali si era impadronito il Fisco», a seguito del ritorno degli spagnoli nella città dello Stretto

Supremo Magistrato del Commercio di Sicilia; Socio Nazionale della Reale Accademia delle Scienze, e Belle Lettere di Napoli; Socio Onorario corrispondente della Reale Accademia Agraria di Firenze, ec…, con note, ed osservazioni, Palermo 1789, p. 65.

37 Cfr. Luigi Hyerace, Agostino Scilla collezionista: le raccolte di monete, medaglie, disegni e anticaglie, in Wunderkammern siciliana: alle origini

del museo perduto, catalogo della mostra, Palermo, Galleria regionale di Palazzo Abatellis, 04-11-2001 – 31-03-2002, Electa, Napoli 2001, pp. 55-60.

38 Cfr. Jakob Philipp Hackert, Gaetano Grano, Memorie dei pittori messinesi, edizione a cura di G. Molonia, Edizioni Di Nicolò,

Messina 2000, p. 126, nota 94.

39 Cfr. Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. 238. 40 Ivi, p. 241.

41 Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821],

Forni Editore, Bologna 1972, p. 144.

42 Ibidem, nota 1.

43 Cfr. Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana»,

(14)

13

nel 1678. La madre e lo zio di Marianna non poterono andare ma diedero i documenti originali – proprio

di questo si lamenta Candidi Dionigi, che «era troppo giovine per impedire che mandassero gli Originali

stessi» – ad un Vescovo e al suo segretario, i quali si recavano a Messina ma che furono sepolti dal terribile

terremoto del 1783.

44

Giuseppe, unico figlio di Agostino ad esser rimasto in territorio messinese e, come ricordato da La Corte

Cailler, «morto forse di peste in Messina nel 1743»,

45

è menzionato da Ragusa come «lectore philosophiae»

del collegio gesuitico messinese.

46

Sarà Grosso Cacopardo, nella vita di Scilla, a fornire una notizia non

poco interessante: nella fuga da Messina nel marzo del 1678, a causa del fallimento della rivolta

antispagnola, il pittore mamertino lasciò al figlio gesuita «ciò che seco trasportar non ebbe campo, e

immezzo a tanti varj oggetti vi furono delle squisite pitture fra quali il suo ritratto, e molte sue opere mm: ss,

che restarono nella libreria sino all’epoca de’ tremuoti del 1783 quando furono probabilmente in quel

disordine involate o distrutte».

47

Le parole di Cacopardo, ripetute anche da Gaetano La Corte Cailler,

48

fanno luce non solo sulla presenza

di almeno un autoritratto (o ritratto) di Agostino a Messina ma anche sulle opere manoscritte che Scilla

lasciò nella sua città nativa: già Susinno ricorda, oltre l’unica opera che il «pittore filosofo» mandò in

stampa nel 1670, La vana speculazione disingannata dal senso, anche il già citato manoscritto sulle medaglie,

ritrovato da Luigi Hyerace e Sebastiano Di Bella nel 2001, mai pubblicato e ultimamente rintracciato, in

collezione privata, anche da Floriana Giallombardo

49

ed in corso di pubblicazione.

Altro manoscritto di Scilla, stranamente non ricordato dal biografo settecentesco nel 1724 - e di

conseguenza nemmeno da Cajo Domenico Gallo nei suoi Annali, né da Hackert-Grano nel 1792 - è

menzionato da Grosso Cacopardo all’interno delle sue Memorie del 1821, le quali ricordano un

manoscritto inerente la geometria «con infinite figure tratte coll’autorità di Euclide, già in casa di Marianna

Candidi Dionigi, come affermerà lei stessa nella lettera al biografo messinese dell’agosto del 1820».

50

Il

manoscritto è stato rintracciato anch’esso da Hyerace e Di Bella nel 2001 ma ancora attende uno studio

accurato.

44 Cfr. Ivi, pp. 7-8.

45 Lo stesso studioso messinese ricorda Giuseppe come morto di peste «con altri 72 compagni nel 1743 in Messina. Ivi, pp. 7,

21, note 2, 1.

46 Cfr. Girolamo Renda Ragusa, Siciliae biblioteca recens, continens elogia siculorum ab anno 1500 ad annum 1700, distributa in centurias

XX, I, ms. conservato presso la Biblioteca Centrale Regionale di Palermo. Cfr. anche Sebastiano Di Bella, Le collezioni romane di Saverio Scilla, in «Archivio storico messinese», 76, 1998, p. 35, nota 17.

47 Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821],

Forni Editore, Bologna 1972, p. 145. Il corsivo è di chi scrive.

48 Cfr. Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana»,

XIV, 1889-1900, Messina 1900, p. 7 nota 2.

49 Cfr. Floriana Giallombardo, Agostino Scilla (1629-1700) e la cultura visuale della historia, fra antiquaria e storia naturale, Tesi di

dottorato in Studi Culturali Europei/ Europäische Kulturstudien, Dipartimento Cultura e Società, XXV ciclo, Università degli Studi di Palermo, tutor: prof. Michele Cometa, 2016.

50 Lettera dell’agosto 1820. Cfr. Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti

(15)

14

Un ulteriore manoscritto di Scilla, il De insectis, in due volumi, con cui lavorerà a quattro mani con l’amico

Pietro Castelli,

51

«contenea […] per classi divisi gli insetti tutti che vivono nelle campagne di Messina,

quali furono disegnati, e coloriti colla più gran diligenza dallo Scilla».

52

Se, nella vita di Agostino, Francesco

Susinno non menziona il manoscritto, nella vita di Giovanni Quagliata, ricordando il ritratto che

quest’ultimo fece dello stesso Castelli, e menzionando Giovanni Baglione, il quale nelle sue Vite del 1642

traccia una biografia di Francesco, padre pittore di Pietro, lo ricorda lettore prima nell’Università di

Palermo e poi in quella messinese, concludendo che «disegnava graziosamente e di un’opera sua

degl’insetti, ne disegnò tutte quelle figurine dal naturale».

53

Susinno attribuisce l’opera zoologica a Pietro

Castelli, riferendogli anche l’intera opera grafica.

54

Abbastanza insolito appare che il biografo messinese

non sia a conoscenza dell’opera illustrata insieme al pittore Scilla e non pubblicata a causa della morte

improvvisa dello scienziato e probabilmente per la mancanza di fondi, anche da parte dell’Accademia

della Fucina che, proprio l’anno di morte del Castelli, si farà carico della stampa del volume De’ poeti antichi

di Leone Allacci o che due anni dopo finanzierà quello sui poeti siciliani di Giovanni Ventimiglia. Non è

possibile, però, allo stato degli studi, stabilire con certezza la ragione della mancata pubblicazione del De

Insectis, ma la superficialità con cui Susinno, nella biografia di Giovanni Quagliata, ricorda il manoscritto,

molto probabilmente è dovuta alla mancata conoscenza da parte del biografo settecentesco, essendo

l’opera già presso la biblioteca dei Padri gesuiti. Cajo Domenico Gallo, a tal proposito, segnalava

all’interno della «Biblioteca del Collegio Primario de’ Gesuiti di Messina» il trattato sugli insetti,

ricordando le «infinite figure in delicatissima miniatura a colore naturale del famoso Pittore, e Filosofo

Agostino Scilla», concludendo con «altre [opere] sono presso di noi».

55

Sulla scorta di Gallo, Gaetano La Corte Cailler ricorderà i «disegni a colori» che il pittore messinese eseguì

«nei due volumi in foglio dell’opera De Insectis di Pietro Castelli […] rimasta inedita, aggiungendo che il

manoscritto si conservava nella biblioteca dei Gesuiti da dove scomparve».

56

Ulteriore traccia sul

manoscritto è offerta da Jacob Hackert, il quale, in una delle sue note al lavoro di Grano

57

che lo stesso

51 Morto nel 1661 lo scienziato galileiano, ci permette di stabilirne una datazione ante quem per il manoscritto. Per una

biografia su Castelli cfr. Augusto De Ferrari, Castelli, Pietro, in Dizionario biografico degli italiani, XXI, Treccani, Roma 1978, ad vocem.

52 Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821],

Forni Editore, Bologna 1972, p. 144.

53 Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. 196. 54 Sull’attività di disegnatore di cose naturali di Pietro Castelli è lo stesso scienziato che, in una lettera inviata da Messina nel

1638 a Cassiano dal Pozzo, in merito ai sui suoi studi sull’Etna, afferma di andare «disegnando spesso li siti, e le figure del Monte», descrivendo le diverse piante. Cfr. Giacomo Lumbroso, Notizie sulla vita di Cassiano dal Pozzo protettore delle Belle Arti, fautore della scienza dell’antichità nel secolo decimosettimo con alcuni suoi ricordi e una centuria di lettere per Giacomo Lumbroso, Stamperia Reale di G. B. Paravia e C., Torino 1875, pp. 144-145.

55 Caio Domenico Gallo, Annali della Città di Messina, vol. IV, Arnaldo Forni Editore, Bologna 1980, p. 54.

56 Cfr. Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana»,

XIV, 1889-1900, Messina 1900, p. 12, nota 1.

57 Già Luigi Lanzi, in merito alle Memorie de’ pittori messinesi, ricordate in nota sin dall’introduzione della Storia pittorica della Italia

inferiore, riguardante la Scuola Napolitana, riferisce che esse sono «ben distese da un anonimo, e dal sig. Hackert pubblicate con qualche sua riflessione». Probabilmente le riflessioni di Hackert si ritrovano all’interno delle note, nelle quali, ad esempio nella biografia di Scilla, ve ne sono alcune che riferiscono anche di dipinti in collezione napoletana (famiglia Cardillo) e proprio nella città partenopea Hackert visse a lungo. Cfr. Jakob Philipp Hackert, Gaetano Grano, Memorie dei pittori messinesi, edizione

(16)

15

pittore pubblicò come anonimo, per volere dell’ecclesiastico messinese, ricorda che «i disegni [degli

insetti, n. d. a.] si conservano sino a quest’ultimi tempi, erano eccellentissimi». L’opera stampata nel 1792

da Hackert testimonia la presenza dei disegni, probabilmente in casa dei discendenti Scilla a Roma.

Apparentemente pare che il ritratto posto nel medaglione biografico delle Memorie di Grosso Cacopardo

non sia l’autoritratto posto nel manoscritto delle medaglie di Agostino (e ciò troverebbe conferma anche

da quant riportato da Marianna Candidi Dionigi nella sua lettera del 9 agosto 1822 al biografo

ottocentesco).

58

Alcuna notizia, però, possediamo del ritratto di Scilla conservato nella biblioteca dei gesuiti dopo l’esilio

del 1678. Un ritratto che Susinno non ricorda nelle sue Vite, così come non ricorda alcuna biblioteca

dell’ordine di Sant’Ignazio di Loyola, menzionando solo alcune opere conservate nella chiesa di San

Nicola dei Gentiluomini: ciò porterebbe ad ipotizzare una limitata conoscenza dell’ordine gesuitico (e dei

suoi beni) da parte del biografo settecentesco.

È però certo che nel 1890 all’interno della pinacoteca dell’antico Museo civico si conservasse un ritratto

del pittore Agostino Scilla, il quale, insieme a quello di «Antonino jaci […] e di altri insigni», doveva

trovare posto nelle pareti in alto di una delle sale.

59

Anche l’artista Di Bartolo aveva realizzato una copia dal disegno che Aloisio Juvara aveva eseguito sul

dipinto raffigurante Agostino presso l’Accademia di San Luca (

TAV. I

), quest’ultimo oggi unanimemente

attribuito al figlio Saverio.

60

Il ritratto del Di Bartolo era stato donato dallo stesso artista alla Reale

Accademia Peloritana, dove ai tempi di La Corte Cailler si conservava.

61

Il fotografo Regis «ne fece due

grandi fotografie, una delle quali ha posto nella sala dei professori al R. Liceo Maurolico».

62

Ma una traccia sul ritratto di Agostino che Cacopardo inserisce come medaglione biografico delle sue

Memorie è forse rintracciabile in una lettera inviata da Agostino Gallo a Grosso Cacopardo il 18 marzo

1826, in cui l’erudito palermitano chiede se a Messina «esista ritratto certo del Barbalonga, del Rodriguez

e dello Scilla /Agostino»/» e qualora vi fossero avrebbe incaricato Subba (lo stesso artista, tra l’altro, che

disegnò il ritratto di Scilla che introduce la vita di Agostino del 1821 di Cacopardo) «di farne fare copia

[…] della grandezza della sola testa al naturale senza mani come sono tutti gli altri della mia ricca collezione d’uomini

a cura di Giovanni Molonia, Edizioni Di Nicolò, Messina 2000, p. 124, nota 91; Luigi Lanzi, Storia pittorica dell’Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII secolo, a cura di Martino Capucci, I, Sansoni editore, Firenze 1968, p. 435.

58 La discendente scriverà di non aver spedito il ritratto di Agostino «fatta da sé stesso nel frontespizio della sua Opera

manoscritta intitolata = Memorie sopra varie Medaglie delle Siciliane Città» anche perché Grosso Cacopardo «già lo ha fatto incidere […] sebbene non sia molto somigliante». Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana», XIV, 1889-1900, Messina 1900, p. 23.

59 Cfr. Giuseppe Arenaprimo, Sull’ordinamento del Museo Comunale di Messina: relazione prima. Pinacoteca, Tipografia Filomena,

Messina 1890, p. 9.

60 Cfr. Luigi Hyerace, Ancora su Agostino Scilla, in «Prospettiva», 126-127, 2007, p. 160 e bibliografia precedente. 61 Non è stato possibile verificare la presenza del ritratto nella sede odierna dei Pericolanti di Messina.

62 Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana», XIV,

(17)

16

illustri siciliani».

63

Paolo Sansone nel 1872 ricordava l’intento degli eredi di Agostino Gallo «di attuare il

desidero del trapassato, cioè di far collocare tutti i quadri inclusi i tratti del’Illustri Siciliani nel R. Museo

di Palermo».

64

Il ritratto di Agostino Scilla è presente nell’elenco stilato da Raymondo Granata: nella

quinta stanza di casa Gallo era ricordato il ritratto di «Agostino Scilla da Messina nato il 10 Agostino

1629, m. di anni 71 nel 1700».

65

I ritratti degli uomini illustri del collezionista sono successivamente passati, per volontà testamentaria,

nella biblioteca comunale di Palermo, dove ancora oggi il ritratto di Scilla si trova (

TAV. II

). L’iconografia

è molto simile a quella proposta da Susinno e del ritratto di Saverio in Accademia di San Luca. Ciò

significa che alla richiesta di Agostino Gallo, Grosso Cacopardo abbia inviato un disegno diverso da

quello utilizzato nel ritratto che apre la biografia del 1821 sull’artista messinese.

Sarà, in verità, lo stesso biografo a precisare «che i tre ritratti di Gio: Bernardino Rodriguez, di Agostino

Scilla, ed il presente di Niccolò Vanhoubracken, originalmente esistenti in Napoli, in Roma, e Firenze,

furono disegnati sopra luogo dal nostro messinese Sig. Litterio Subba, allorché trovavasi in quelle città a

spese pubbliche per apprendervi la pittura».

66

La diversità del medaglione biografico del 1821 da quello

presente nelle Vite di Susinno del 1724, in definitiva, non è addebitale ad una diversa fonte iconografica,

ma soltanto alla scarsa qualità di un artista messinese (Subba) passato dall’accademia romana di San Luca

a ricopiare il ritratto (di Saverio) di Agostino Scilla (

TAV. III

).

Il testo sulla vita di Agostino Scilla, inserito da Marianna Candidi Dionigi nella lettera inviata nell’agosto

del 1820 a Grosso Cacopardo,

67

a noi nota grazie a La Corte Cailler,

68

dimostra tutta la sua importanza se

rapportata con la biografia di Francesco Susinno.

In una lettera inviata ancora da Agostino Gallo allo storiografo ottocentesco messinese nel 1825, l’erudito

palermitano comunicava che «in un manoscritto della biblioteca del Senato di Palermo trovo segnato su

un certo abate Susinno avea scritto le vite de’ pittori messinesi da Antonello fino a Tancredi; e che forse tali vite erano

estratte da un mss.o dello Scilla. Quello si possedeva da un certo sig.r Luciano, se non fatta la mia memoria».

69

La notizia, passata in sordina nella critica passata e moderna, è stata recentemente avvalorata da uno

stralcio dell’articolo contenuto all’interno del Giornale de’ letterati per l’anno MDCCLV. Dedicato all’e.mo, e

63 Anna Maria Sgrò, a cura di, Lettere a Giuseppe Grosso Cacopardo, Soprintendenza beni culturali e ambientali, Messina 2001, p.

185. Il corsivo è di chi scrive.

64 Paolo Sansone, Biografia di Agostino Gallo per Paolo Sansone suo amico, Tipografia Barcellona, Palermo 1872, p. 65.

65 Gregorio Raymondo Granata, Duecento sessanta giorni in Palermo nel 1861 Ovvero Biografia e Gabinetto scientifico-artistico dell’archeologo

Agostino Gallo, Stamperia del Commercio, Messina 1863, p. 96.

66 Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821],

Forni Editore, Bologna 1972, p. 201, nota 4.

67 L’erudito, nella biografia di Scilla, ringraziando Marianna Candidi Dionigi «pelle molte, ed interessanti notizia da lei

cortesemente comunicatemi, e che io vado inserendo nella vita di Agostino, e di Saverio Scilla», menzionerà proprio questa lettera «quale rendo di pubblica ragione, perché piena di curiose notizie». Giuseppe Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII, sino al XIX [1821], Forni Editore, Bologna 1972, p. 144, nota 1.

68 Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana», XIV,

1889-1900, Messina 1900, pp. 10-17.

69 Anna Maria Sgrò, a cura di, Lettere a Giuseppe Grosso Cacopardo, Soprintendenza beni culturali e ambientali, Messina 2001, pp.

(18)

17

r.mo principe il signor cardinale Nerio Corsini, pubblicato da Barbara Mancuso, in cui l’autore, soffermandosi

sul manoscritto di Susinno, afferma: «Mi fu detto, che per la maggior parte di questa sua Storia siasi

servito di vari MSS. di Agostino Scilla, cui avrebbe fatto gran torto in non menzionarli mai».

70

La biografia del pittore messinese che Marianna Candidi Dionigi inserisce nella lettera inviata a Grosso

Cacopardo nell’estate del 1820, e che lei stessa afferma di aver «trovate nel libro manoscritto di Agostino il quale

ha illustrato varie medaglie sicule»,

71

è per buona parte sovrapponibile a quella di Francesco Susinno del

1724.

72

La perfetta corrispondenza tra i due testi è particolarmente evidente nell’ultima parte della

biografia di Agostino, quella riguardante l’ultimo e definitivo soggiorno romano.

Già però qualche notizia riguardante il soggiorno messinese è presente, in maniera quasi identica, in

entrambe le biografie. Susinno riporta, infatti, che Scilla

fu arrollato tra gl’accademici della Fucina nella sua patria, col nome di Scolorito: ed avea per corpo della sua impresa un

pane di biacca. Recitovvi molti eloquenti discorsi e composizioni poetiche.

73

Si confronti con quanto riportato nella lettera da Marianna:

fu annumerato fra gli Accademici della Fucina sotto il nome di Scolorito, ed ebbe per impresa un Pan di Biacca; vi fece molti

discorsi Accademici e Composizioni Poetiche.

74

I due testi diventano quasi interscambiabili, però, già quando trattano dell’esilio di Agostino e la sua fuga

verso Tolone:

70 Lettere famigliari di un Religioso Domenicano toccanti varie singolari Antichità, Fenomeni naturali, Vite, ed Opere di alcuni Uomini illustri

del regno di Sicilia, e Malta, in «Giornale de’ letterati per l’anno MDCCLV. Dedicato all’e.mo, e r.mo principe il signor cardinale Nerio Corsini», gennaio, 1755, pp. 1-18. Cfr. anche Barbara Mancuso, Scrivere di marmi. La scultura del Rinascimento nelle fonti siciliane, Magika, Messina 2017, p. 57, nota 210.

L’autore dell’articolo è il domenicano padre Domenico Allegranza, autore tra l’altro degli Opuscoli eruditi latini e italiani, nei quali, nella sezione Physico Medica, inserisce un piccolo commento alla lettera che lo scienziato Buonamici invia ad Agostino Scilla e alla quale quest’ultimo risponde con il testo poi sviluppato e pubblicato ne La vana speculazione disingannata dal senso, edita da Colicchia in Napoli nel 1670. Ringrazio per la segnalazione dell’autore del Giornale de’ letterati la dott.ssa Sandra Condorelli. Cfr. Giuseppe Allegranza, Opuscoli eruditi latini ed italiani del P. M. Giuseppe Allegranza dell’ordine de’ predicatori, bibliotecario della Regia Biblioteca di Milano, raccolti e pubblicati dal P. D. Isidoro Bianchi benedettino-camaldolense, Regio Professore di Etica nel Real Ginnasio di Cremona, colla aggiunta dell’Elogio storico del P. D. Claudio Fromond, pubbl. Professore nella Università di Pisa, scritto dal medesimo P. Bianchi, Per Lorenzo Manini Regio Stampatore, Cremona 1781, p. 87.

71 Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana», XIV,

1889-1900, Messina 1900, p. 7. Il corsivo è di chi scrive.

72 Si ricordi che il 1724 è l’anno in cui il manoscritto è pronto per la stampa e non la data di compimento delle singole biografie,

molte delle quali sono state ultimate, con molta probabilità, gli anni precedenti, compresa quella di Agostino, come si dimostrerà nei capitoli successivi.

Nel 1962 Waterhouse ricorda, forse un po’ troppo velocemente che «the only one of these of any considerable note is Agostino Scilla», sottolineando le non poche informazioni che Susinno fornisce del pittore messinese. Cfr. Ellis Waterhouse, Recensione a Le Vite de’ Pittori Messinesi di Francesco Susinno, in «The Burlington magazine», 706, 1962, p. 39.

73 Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. 236. Il

corsivo, d’ora innanzi, è di chi scrive.

74 Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana», XIV,

(19)

18

Nel mese di marzo del 1678, per le sciagure della guerra […] giunto in Tolone fu richiesto da que’ regi ministri a colà

fermarsi con grosse esibizioni di riconoscimento.

75

E la biografia di Marianna:

in tempo della guerra in occasione della quale l’anno 1678 partitosi da Messina al 15 Marzo, andò a Tolone, da

dove ancorché istantemente richiesto da quelli Regii Ministri di fermarsi con grosse esibizioni di riconoscimento.

76

Sull’arrivo a Roma, nonostante la precisione di Susinno nell’indicare persino il giorno in cui Agostino fu

nominato Accademico di San Lucam presente anche nella lettera a Grosso Cacopardo inviata dalla

Candidi Dionigi,

77

il biografo settecentesco riporta la «meza figura di S. Andrea apostolo, che egli regalò

alla stessa accademia», oltre al suo ritratto, notizia invece non riportata da Marianna. È noto ormai come

la mezza figura di cui fa dono Agostino all’Accademia di San Luca quando ne fu dichiarato accademico

è in realtà un san Girolamo e il ritratto, per Susinno autoritratto, è opera di Saverio Scilla e, cosa ancora

più importante, venne esposto in Galleria solo nel 1702, per volere del Cardinale Imperiali.

78

L’entrata in

Galleria del ritratto di Saverio del padre, per Susinno «ritratto di propria mano» di Agostino, potrebbe

fornire una qualche indicazione sull’effettivo soggiorno nell’Urbe da parte del biografo settecentesco. Già

Martinelli aveva avanzato l’ipotesi di un soggiorno romano del sacerdote messinese nel 1700, grazie anche

all’elenco che lo stesso Susinno inserisce alla fine della biografia di Scilla degli accademici di San Luca che

parteciperanno ai funerali del pittore messinese, facendo «encomi de’ meriti singolari d’un tal virtuoso».

79

Ma tale elenco è anche presente nella lettera inviata da Marianna Candidi Dionigi a Grosso Cacopardo:

Dopo lunghissima infermità munito de’ SS.

mi

Sagramenti passò a miglior vita l’ultimo di Maggio l’anno 1700 in età d’anni

71 circa, e fu seppellito in S. Maria in Aquiro. Fu onorato il suo funerale dall’intervento dei qui notati Sigg. Accademici.

80

75 Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. 240. 76 Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana», XIV,

1889-1900, Messina 1900, p. 14.

77 «ne fu dichiarato accademico di S. Luca, nel primo ottobre 1679». Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura

di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. 240.

«passò in Roma e fu dichiarato Accademico di S. Luca nel 1° di Ottobre 1679». Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana», XIV, 1889-1900, Messina 1900, p. 14.

78 Cfr. Sebastiano Di Bella, Le collezioni romane di Saverio Scilla, in «Archivio storico messinese», 76, 1998, p. 23. Cfr. anche

Luigi Hyerace, Ancora su Agostino Scilla, in «Prospettiva», 126-127, 2007, pp. 160, 167, nota 32 e bibliografia precedente. In realtà il documento dell’Archivio dell’Accademia di San Luca era stato già pubblicato da Giovanni Incisa della Rocchetta nel 1979, riportando anche l’attribuzione del ritratto, avanzata da Clark, a Saverio Scilla. Cfr. Giovanni Incisa della Rocchetta, La collezione dei ritratti dell’Accademia di San Luca, Tipografia Di Lauro, Roma 1979, p. 45.

79 Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. 243. Cfr.

anche Valentino Martinelli, Introduzione, in Ivi, pp. XXIII-XXIV.

80 Gaetano La Corte Cailler, a cura di, Lettere inedite su Agostino e Saverio Scilla, estratto da «Atti dell’Accademia Peloritana», XIV,

(20)

19

Si confronti con quanto riportato, se non pedissequamente copia, da Susinno:

Dopo lunghissima malattia, munito de’ sagramenti […] accade il suo transito felice nell’ultimo giorno di maggio dell’anno

santo 1700; in età d’anni 71 in circa e fu decentemente esposto nella Chiesa di S. Maria in Aquiro detta altrimenti

Santa Elisabetta nella piazza Capranica per le esequie e vi concorsero molti signori […]; furono spezialmente

onorate l’esequie coll’intervento degl’infrascritti accademici.

81

Inoltre, l’elenco degli accademici di San Luca che parteciparono al funerale di Scilla, è riportato anche da

Caio Domenico Gallo, il quale, nonostante avesse avuto modo di visionare il manoscritto di Susinno,

all’epoca presso Luciano Foti,

82

riporta nei suoi Annali qualche imprecisione, dovuta con molta

probabilità ad una confusione di Caio Domenico nel ricopiare il manoscritto di Susinno:

83

infatti Carlo e

Francesco Fontana, in Susinno presenti come consiglieri, si menzionano come rettori insieme a Lazzaro

Baldi (per Gallo «Gaspare Baldi»); Giovambattista Lenardi, Giuseppe Chiari, Giuseppe Ghezzi per Caio

Domenico consiglieri, da Susinno non presenti come semplici accademici, a differenza dell’ultimo,

definito «secretario», ruolo che Gallo attribuisce a Lorenzo Ottoni, in Susinno invece «camerlengo» e così

via.

Si confronti quanto riportato da Marianna Candidi Dionigi nell’estratto dal manoscritto che ha in casa e

che invia a Grosso Cacopardo:

«Il Sig. Cav.

e

Carlo Maratti Principe dell’Accademia.

Cav. Carlo Fontana

Cav. Francesco Fontana

Lazzaro Baldi Rettore.

Giuseppe Ghessi [Ghezzi] Segretario.

Sig. Lorenzo Ottoni Camerlengo.

Pietro Lucatelli deputato della Festa di S. Martino.

Sig. Gio: Amerano.

Domenico Roberti Stimatore.

Pier Fran.

co

Garoli Custode.

Monsiuer Fran.

co

Bonavilla Stimatore.

81 Francesco Susinno, Le vite de’ pittori messinesi [1724], a cura di Valentino Martinelli, Le Monnier, Firenze 1960, p. 243. 82 Valentino Martinelli, Introduzione, in Ivi, p. V e bibliografia precedente.

83 Sul grande peso avuto dalla Vite di Susinno in Gallo si parlerà meglio successivamente. Qui si noti la quasi perfetta

consonanza tra quanto affermato da Susinno: «Dopo lunghissima malattia, munito de’ sagramenti […] mostrando cristiana intrepidezza […], accadde il suo transito felice nell’ultimo giorno di maggio dell’anno santo 1700 […]; e fu decentemente esposto nella Chiesa di S. Maria in Aquiro detta altrimenti Santa Elisabetta nella piazza Capranica»; e quanto riferisce Caio Domenico: «Finalmente dopo lunghissima abituale malattia, che soffrì con intrepidezza cristiana, finì di vivere ai 31 maggio 1700. Furono i suoi funerali celebrati nella chiesa di Santa Maria in Aquiro detta Santa Elisabetta nella piazza Capranica». Ivi, p. 243; Caio Domenico Gallo, Annali della Città di Messina, vol. IV, Arnaldo Forni Editore, Bologna 1980, pp. 59-60.

Riferimenti

Documenti correlati

Podemos concluir que, assim como a biodiversidade marcante no gigantesco estado, a diversidade também se reflete na temática da poesia produzida em Mato Grosso,

il livello di QoS `e critico all’interno di una rete di questo tipo, dal mo- mento che determina il tipo di servizi che vi possono essere integrati; come conseguenza, le funzionalit`

Liaison interpreting (Chinese-Italian) to support the Chinese and Italian teams within the framework of the project.. "JNBY Headquarters" by

dell’associazione Sostegno economico delle comunità permanenti operanti in Brasile, Bolivia, Ecuador, Perù attraverso lavori in Italia (traslochi, sgomberi, campi

Il progetto di ricerca sulle opere di Giuseppe Capogrossi è nato dalla collaborazione fra l’Università degli studi di Urbino e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna

Il patto di “non belligeranza” e di condivisa indifferenza del Governo non si limita alla disattivazione del Dipartimento antidroga, allo stallo della riforma

La strada educativa è più lunga e faticosa, e richiede la costruzione della collaborazione di tutti gli attori in campo: gli insegnanti che necessitano di essere

Non ho potuto assistere alla cacciata degli Austriaci da Trieste e a tutti gli avvenimenti che ne seguirono in quei giorni nella nostra città, ma in compenso ho potuto assistere