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Il Super8, il video analogico e i fantasmi della memoria

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Academic year: 2021

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Diego Cavallotti

Il Super8, il video analogico e i fantasmi della memoria

Nel settembre del 2015, durante il convegno Changing Platforms of Memory Practices organizzato dall’Università di Groninga, Roger Odin, uno dei più importanti studiosi di cinema amatoriale, riprendendo parzialmente quanto affermato nel saggio “The Home Movie and Space of Communication”, sostenne che ogni tecnologia negozia a modo suo il rapporto con la nostre sfere relazionali e la nostra memoria. Prendiamo come esempio il digitale: anche se non desideriamo prendere in considerazione i problemi di natura ontologica posti dal passaggio dai vecchi media ai nuovi media, le implicazioni sono molteplici. La prima è, ovviamente, la quantità di materiale che possiamo stoccare su un dispositivo. Quante ore di riprese che riguardano la nostra vita quotidiana, i nostri affetti e le cose che stimolano la nostra curiosità in maniera disinteressata possiamo “storare” in un singolo apparecchio? E – se ampliamo il nostro campo prospettico – di quanti oggetti ci dobbiamo dotare per fare fronte alla loro crescita esponenziale?

Secondo Odin, un simile tendenza è definibile come la “caccia al fantasma della memoria totale”. Esattamente come in Strange Days di Kathryn Bigelow, siamo spinti dal tentativo di superare un abbandono o un lutto a utilizzare i nostri SQUID per rivivere ciò che il tempo ha cancellato. Ridotti ormai a post-postmoderni Lenny Nero, scattiamo fotografie e giriamo video che possiamo immediatamente condividere attraverso i social network. Trasformiamo ogni cosa attraversi il nostro campo visivo in un oggetto degno di essere ricordato e accumuliamo immagini attraverso cui ci illudiamo di poter conservare un ricordo, senza chiederci quando i nostri laptop o i nostri smartphone non saranno più in grado di leggere i codec attraverso cui i file sono stati compressi. Ecco, dunque, la chimera di una memoria infallibile ed estesa ben oltre i nostri limiti psico-fisici. Ma è sempre stato così? No e sì.

No: la pervasività e la maneggevolezza delle nuove apparecchiature digitali rende tale fenomeno sostanzialmente nuovo. Sì: durante il corso del Novecento la rincorsa verso tecnologie filmiche e video che rendessero attuale il sogno (o l’incubo) di registrare porzioni sempre più ampie di vita quotidiana (e di farlo in maniera sempre più agevole) è stata sostanzialmente sempre presente, anche se, come tutte le pratiche culturali, ha conosciuto punti di discontinuità e vicoli ciechi. Insomma, la tendenza a creare tecnologie della memoria (Sturken 1997, 9-12) è stato uno degli snodi fondamentali anche dell’era analogica, grazie, per esempio, alle pellicole Super8 (e, prima all’9,5mm, 8mm e 16mm) e al video consumer (quell’ampia gamma di formati video che va dal VHS all’Hi8). Queste tecnologie incarnano e generano ricordi all’interno di dinamiche strategiche (rapporti di potere: dalle imposizioni da parte delle aziende costruttrici fino al potere esercitato da

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chi ha il privilegio di utilizzare una cinepresa o una videocamera) e tattiche (le appropriazioni del dispositivo lasciano, infatti, sempre dei margini di libertà al cine-videoamatore).

All’interno di un simile quadro teorico, tre linee di indagine appaiono di fondamentale importanza, come sostiene Alice Cati: “la memoria si concretizza attraverso il supporto [...]; attraverso la figuralità, la rappresentazione plastica e figurativa di un blocco o flusso temporale che è stato catturato; e infine attraverso il dispositivo, la riproduzione tecnica del tempo che passa e la sua relativa percezione da parte dello spettatore” (Cati 2013, 48). In questo senso, le tecnologie della memoria si configurano come quegli acchiappasogni che appendiamo sopra i nostri letti, strutture al contempo opache e trasparenti attraverso cui tentiamo, quasi sempre invano, di catturare ciò che sfugge dalle nostre mani: il ricordo di ciò che ci ha circondato e che ora non è più.

Bibliografia

Cati Alice, Immagini della memoria. Teorie e pratiche del ricordo tra testimonianza, genealogia, documentari, Mimesis, Milano-Udine 2013.

Odin Roger, “The Home Movie and Space of Communication”, in L. Rascaroli, B. Young, B. Monahan (a cura di), Amateur Filmmaking: The Home Movie, the Archive, the Web, Bloomsbury, New York-Londra-New Delhi-Sydney 2014, pp. 15-26.

Sturken Marita, Tangled Memories: The Vietnam War, the AIDS Epidemic, and The Politics of Remembering, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-London 1997.

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