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DISPENSA DI STORIA II A

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Academic year: 2021

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CAPITOLO I

IL CRISTIANESIMO, L’IMPERO ROMANO E I BARBARI

Il Cristianesimo

L’imperatore Augusto governava Roma da circa trent’anni, quando in Palestina, che allora era una provincia romana, nacque Gesù. Egli fu detto il Cristo, cioè il consacrato da Dio, e Cristianesimo fu definita la dottrina da lui predicata.

Affascinati dalle sue parole e meravigliati dai suoi “miracoli”, molti Ebrei lo seguirono, vedendo in lui il Messia tanto atteso. Ma Gesù, pur proclamandosi Messia, predicava pace e amore e affermava che il suo regno non era di questo mondo.

Come certamente sai, egli fu arrestato, condannato a morte e crocifisso, ma il suo insegnamento, predicato dagli Apostoli (= Inviati), si diffuse rapidamente nell’Impero, sia fra le persone più umili sia tra i ricchi. In particolare, colui che diede il maggior contributo alla diffusione del Cristianesimo fu Paolo di Tarso, denominato Apostolo delle genti, il quale fondò numerose comunità di fedeli (chiese). Coloro che ne facevano parte mettevano in comune i loro beni e si raccoglievano insieme per pregare e partecipare e partecipare alle funzioni sacre. Il Cristianesimo e l’Impero

I cristiani, pur rispettando le leggi dello Stato, si rifiutavano di venerare l’imperatore, il quale veniva ormai presentato come una divinità, allo scopo di mantenere unite le numerose popolazioni che venivano entro i confini dell’Impero. Il Cristianesimo, inoltre, affermava l’uguaglianza fra tutti gli esseri umani, perché tutti figli di Dio, e respingeva nettamente la distinzione, allora comune, tra liberi e schiavi, tra padroni e servi. I cristiani, che parlavano di amore anche verso i nemici e si impegnavano a soccorrere i poveri e gli oppressi, proclamavano, insomma, un ideale di vita

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Per tutte queste ragioni, gli operatori considerarono i cristiani come veri e propri nemici dello Stato e ordinarono contro di loro atroci persecuzioni: venivano arrestati, torturati, fatti sbranare dai leoni negli spettacoli dell’anfiteatro. La prima persecuzione fu quella di Nerone, nel 64 d.C.; la più lunga e terribile fu quella voluta da Diocleziano nel III secolo.

Le persecuzioni, però, rafforzarono il Cristianesimo e gli imperatori finirono per rendersi conto che, combattendolo, riuscivano solo a indebolire l’impero, sottraendogli sudditi obbedienti e validi soldati.

Così, l’imperatore Costantino pose fine alle persecuzioni e, nel 313, emanò da Milano l’Editto di tolleranza, col quale riconosceva ai cristiani il diritto di professare liberamente la loro religione. Poi, nel 380, l’imperatore Teodosio, con l’Editto di

Tessalonica, dichiarò il Cristianesimo unica religione dello Stato, proibendo tutte le

altre.

La crisi dell’Impero romano

L’impero romano, nel I e nel II secolo d.C., visse un periodo di grande prosperità e, con le conquiste dell’imperatore Traiano, raggiunse la sua massima espansione territoriale. Nel III secolo, però, incominciarono a sorgere gravi problemi.

L’amministrazione e la difesa di un territorio tanto vasto comportavano spesse ingenti. Lo Stato romano aveva quindi bisogno di forti entrate e per reperirle aumentava continuamente le imposte. Molti piccoli proprietari terrieri, non riuscendo a pagare quanto richiesto, si vedevano costretti ad abbandonare i loro campi o a cederli ai latifondisti (=grandi proprietari), impegnandosi a coltivarli in cambio di una parte dei prodotti e della protezione del padrone. Perciò molte terre restavano incolte e tanti liberi agricoltori si trasformavano in servi della gleba (=servi della

zolla, cioè della terra).

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città. Inoltre, per imporre i loro comandanti come imperatori e ottenere ricche ricompense, le legioni che componevano l’esercito romano si combattevano spesso tra loro, provocando distruzioni e saccheggi che ostacolavano lo svolgimento delle diverse attività economiche.

L’impero, dunque, diventava sempre più un “gigante malato” e riusciva a fronteggiare con crescente difficoltà i tentativi di invasione dei Barbari (=stranieri), cioè delle popolazioni che vivevano al di fuori dei suoi confini.

L’ Impero si divide

Per risolvere i gravi problemi che affliggevano l’Impero, gli imperatori tentarono di attuare diverse soluzioni.

Per superare la crisi economica, cercarono di “frenare”, con una legge, il continuo aumento dei prezzi dei prodotti; per evitare l’abbandono delle attività produttive e rendere più ordinata la riscossione delle imposte, divisero la popolazione in caste chiuse (coloni, soldati, artigiani…): così i figli dei pescatori restavano pescatori, i figli dei contadini continuavano a fare i contadini… Ma tutte queste soluzioni si rivelarono inefficaci. Per difendere i loro territori. Gli imperatori fecero costruire imponenti fortificazioni lungo i confini, arruolarono nell’esercito anche mercenari barbari e concessero a diversi gruppi di popolazioni sstraniere di stabilirsi all’inteno dell’Impero. Inoltre, sempre per migliorare la difesa e l’amministrazione dell’Impero, alcuni imperatori pensarono di dividerlo in varie parti, affidando ciascuna di esse a un particolare responsabile. Così, alla fine del IV secolo, per volontà dell’Imperatore Teodosio, l’Impero si divise stabilmente e nacquero l’Impero romano d’Oriente, con capitale Costantinopoli (l’antica Bisanzio, che oggi si chiama Istanbul), e l’Impero romano d’Occidente, con capitale Milano e poi Ravenna. L’Impero d’Occidente dopo pochi decenni venne invaso dai Barbari; quello d’Oriente, invece, grazie all’opera di alcuni abili imperatori, resistette per altri mille anni (fino al 1453).

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Le invasioni barbariche

Come già sappiamo, diverse popolazioni barbariche, attratte dalla ricchezza e dalla civiltà dei Roman, avevano tentato più volte di entrare nei territori dell’Impero. Alcune tribù, con il permesso degli imperatori, vi si erano stabilite da tempo. Inoltre, nell’esercito romano vi erano molti mercenari barbari e alcuni di essi erano anche diventati validi ufficiali. Ma nel V secolo a questa lenta penetrazione si sostituì una serie di violente invasioni, che colpirono ripetutamente l’Impero d’Occidente. Perché?

Anzitutto, l’Impero d’Occidente era ormai troppo debole per poter difendere validamente i propri territori. Inoltre, in questo periodo, lo spostamento di numerosi popoli asiatici e dell’Europa orientale costrinse quelli stanziati più a Occidente a oltrepassare i confini dell’Impero.

Queste imponenti migrazioni furono causate da calamità naturali, come inondazioni e pestilenze, ma anche da un eccezionale aumento delle nascite, che costrinse diverse tribù ad abbandonare le loro sedi abituali per cercare terre più ricche in cui stabilirsi.

Vocabolario

I Barbari hanno lasciato un drammatico ricordo nella Storia. Ecco il significato che hanno oggi, per noi, alcune parole:

Barbaro: incivile, crudele.

Vandalo: devastatore, chi sciupa e rovina per malvagità e stupidità. Approfondimento: I Barbari

I Barbari non erano dei “selvaggi”: avevano una loro civiltà, una loro religione, una loro arte. Certe invenzioni, come il carro a quattro ruote, i Romani le appresero da queste popolazioni. Alcune di esse, inoltre, conoscevano i metalli e li sapevano lavorare con grande abilità.

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I Barbari provenivano, per lo più, dall’Europa centro-settentrionale e orientale. Si trattava di popolazioni indioeuropee, come i Germani (Visigoti, ostrogoti, Vandali, Franchi…) e gli Slavi, e mongoliche, come gli Unni.

Ecco come alcuni storici latini hanno descritto gli usi e i costumi di questi differenti gruppi barbarici. Leggi attentamente i due documenti e confronta le informazioni che essi contengono.

I GERMANI

I Germani hanno occhi azzurri, sguardo minaccioso, capelli rossicci, corpi grandi e forti.

Si nutrono semplicemente, con frutti selvatici, con cacciagione appena uccisa e con latte cagliato.

Si coprono di pelli o i corte pellicce e lasciano nuda gran parte del corpo.

Non costruiscono città e non sopportano nemmeno che le case stiano raggruppate. Per ogni tipo di costruzione si servono di legname grezzo, senza ornamenti né abbellimenti. (Tacito e Giulio Cesare)

GLI UNNI

Hanno corpo tozzo, membra robuste e testa molto grossa. Inoltre, hanno l’abitudine di incidere con il coltello le guance dei bambini, in modo che la barba non cresca. Perciò, da adulti hanno un aspetto mostruoso.

Non sanno cuocere gli alimenti. Si cibano di carne cruda, che ammorbidiscono tenendola sotto la sella, quando cavalcano.

Si coprono con tessuti di lino o con pelli di topo selvatico cucite assieme.

Non costruiscono case e passano la vita a cavallo: mangiano, bevono, comprano, vendono sempre stando a cavallo e dormono piegati sul collo dell’animale. (Ammiano Marcellino)

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