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La crisi del “bipolarismo imperfetto”

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Academic year: 2021

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Giancarlo Minaldi e Claudio Riolo

La crisi del “bipolarismo imperfetto”

Premessa

L’esito, non del tutto imprevedibile, delle ultime elezioni politiche segnala che la lunga transizione del sistema politico italiano, iniziata circa venti anni fa, è lungi dall’essere approdata ad un assetto di relativa stabilità. Nonostante il succedersi dal ’94 al 2012 di cinque legislature e 11 governi, e nonostante la persistente frammentazione partitica, il principale elemento di discontinuità rispetto alla “prima repubblica” è stato indubbiamente l’avvio di una competizione partitica di tipo bipolare, che ha consentito, per la prima volta nel nostro Paese, l’alternanza al governo tra una coalizione di centro-destra e una di centro-sinistra. Ma i recenti risultati elettorali rimettono in discussione questo stesso assetto bipolare, che, pur con tutte le sue contraddizioni, sembrava ormai -anche secondo le più attente analisi politologiche - in via di consolidamento (Cotta, Verzichelli 2008; Guarnieri 2011).

Ciò ha indotto, nel dibattito politico e giornalistico italiano, la continua riproposizione dell’idea che i sistemi elettorali possano produrre meccanicamente effetti di grande e positivo cambiamento sull’efficacia e l’efficienza di un sistema politico o, al contrario, effetti nefasti, ma pur sempre di importanza cruciale. Si tratta di una tendenza di lunga lena, che risale alla stessa genesi della cosiddetta “seconda repubblica”, quando l’esito del referendum per la modifica in senso maggioritario della legge elettorale (21 aprile 1993) spinse il presidente del consiglio Giuliano Amato ad affermare nel suo discorso di dimissioni al parlamento che il voto referendario aveva chiaramente indicato la volontà di realizzare “un autentico cambiamento di regime” (Atti Parlamentari aprile-maggio ’93).

Senza voler sottovalutare la rilevanza dei sistemi elettorali nella dinamica di strutturazione e riproduzione della rappresentanza, bisogna però precisare che tra sistemi elettorali e sistemi partitici non sussiste una schematica relazione unilaterale di causa-effetto ma “un’interazione di reciproca indipendenza”, cioè “il sistema maggioritario non produce di per sé una meccanica bipolare del sistema partitico, così come il sistema proporzionale non produce di per sé una meccanica multipolare dello stesso. Sicuramente, il primo incentiva il bipolarismo e il secondo il non-bipolarismo, ma l’attivazione dell’uno e dell’altro dipende anche dalle caratteristiche del sistema partitico: cioè dalla predisposizione (favorevole all’uno o all’altro) che esso ha strutturato” (Fabbrini 1994, 63; Sartori 2000).

Per comprendere, dunque, l’esito elettorale del 2013 esamineremo i principali dati alla luce dell’evoluzione del complesso rapporto tra sistema partitico e sistema elettorale nelle ultime tre tornate di consultazioni svolte con la legge attualmente in vigore. Riteniamo infatti che questa prospettiva possa fornire alcuni elementi utili all’elaborazione di ipotesi interpretative da sottoporre poi ad ulteriori approfondimenti empirici.

La legge elettorale del 2005

Prima di passare ad illustrare i dati, è utile riassumere il sistema di vincoli e incentivi che caratterizza il sistema elettorale congegnato nel 2005 (legge 270) dalla coalizione di centrodestra, con una “tiepida opposizione” del centrosinistra (Calise 2010, 133), per provare a contenere o ribaltare quella che si annunciava come una probabile vittoria dello stesso centrosinistra alle successive elezioni del 2006.

Quattro sono i principali meccanismi che caratterizzano questo sistema proporzionale ad elevata distorsione rappresentativa:

1) basse soglie di sbarramento per le coalizioni alla Camera (10%) e per liste coalizzate (2% con clausola del “miglior perdente” alla Camera, 3% su base regionale al Senato), con effetto incentivante della frammentazione infracoalizionale;

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2) alte soglie di sbarramento per le coalizioni al Senato (20%) e per i partiti non coalizzati (4% alla Camera e 8% su base regionale al Senato), con effetto disincentivante della frammentazione intercoalizionale;

3) liste bloccate e possibilità di candidature multiple (in più di una circoscrizione e al limite anche in tutte) che favoriscono il rafforzamento dei vertici delle organizzazioni partitiche nei processi di selezione delle candidature e nella successiva attribuzione dei seggi (attraverso il gioco delle opzioni), indebolendo il ruolo delle strutture periferiche e, dunque, della rappresentanza territoriale;

4) attribuzione di un premio di maggioranza su base nazionale alla coalizione che ottiene più voti alla Camera e di premi di maggioranza alle coalizioni che ottengono più voti su base regionale al Senato, determinando la possibilità di maggioranze discordanti tra i due rami del parlamento.

A tal proposito, vale sin d’ora la pena di precisare come, pur potendo dar luogo ad esiti assai diversi fra le due camere (come effettivamente è avvenuto in occasione dell’ultima tornata elettorale), i risultati complessivi dei principali partiti e delle coalizioni non sono mai stati sensibilmente differenti tra le due camere. Nel 2006 la coalizione di centrosinistra ottenne al Senato lo 0,85% in meno rispetto alla Camera, mentre la coalizione di centrodestra lo 0,48% in più. Nel 2008, la percentuale fu al Senato appena più elevata sia per il centrosinistra che per il centrodestra, rispettivamente dello 0,46 e dello 0,51%. Infine, nel 2013, il centrosinistra e il centrodestra hanno fatto registrare al Senato migliori risultati per un ammontare, rispettivamente, del 2,08 e dell’1,54%, mentre il M5S ha registrato un saldo negativo dell’1,76%. Un segno piuttosto evidente di come l’incentivo al voto strategico sia stato più efficace al Senato, dove, soprattutto nelle regioni in bilico, i premi di maggioranza regionali favoriscono la convergenza sui due poli principali, mentre l’altissima soglia dell’8% disincentiva il voto alle singole liste che hanno minor probabilità di raggiungere quel traguardo.

Ciò detto, i dati a cui si farà prevalentemente (ma non esclusivamente) riferimento nel prosieguo di questo articolo saranno, per necessità di sintesi e per comodità di esposizione, quelli relativi alla Camera dei deputati (ma in coda sono incluse anche le tabelle e le mappe che si riferiscono al Senato).

Le elezioni del 2006

Il primo elemento a venire in rilievo esaminando i dati della tornata elettorale del 2006 è l’elevata compatibilità fra le strategie dei partiti e gli esiti della consultazione con il sistema di incentivi funzionali previsti dal nuovo sistema elettorale.

In particolare, le forze politiche assecondano fortemente il disincentivo alla frammentazione intercoalizionale e l’incentivo alla frammentazione infracoalizionale, realizzando un altissimo tasso di bipolarizzazione del sistema (il 99,54% dei voti per l’elezione della Camera dei deputati è attribuito alla somma delle due coalizioni), una elevatissima frammentazione interna (13 le liste presentate dalla coalizione di centrosinistra e 12 quelle presentate dalla coalizione di centrodestra) e una relativamente bassa quota di esclusione dalla rappresentanza: soltanto il 3,58% dei voti validi espressi alla Camera è attribuito a liste escluse dalla ripartizione dei seggi.

Il distacco fra le due coalizioni è estremamente ridotto. Appena 24.755 voti alla Camera, che consentono comunque al centrosinistra di ottenere la maggioranza di 340 seggi, mentre al Senato il distacco è di 201.854 voti a favore del centrodestra, ma grazie al collegio estero il centrosinistra ottiene due senatori di vantaggio (158 a 156). (Tab. I e II).

In particolare, all’interno della coalizione di centrosinistra al di là del buon risultato della lista unitaria dell’Ulivo, è significativo l’apporto delle liste della cosiddetta sinistra alternativa (Prc, Verdi e Pdci) che, insieme, superano il 10%, mentre di poco inferiore, poco oltre l’8%, è il contributo complessivo delle altre liste coalizzate.

Quanto alla coalizione di centrodestra, certamente significativo è il risultato dell’Udc che, rispetto al 2001 (quota proporzionale Camera), raddoppia la propria quota percentuale (era al 3,22%). Quasi sei punti (sempre rispetto alla quota proporzionale della Camera) perde, invece, Forza Italia (era al 29,76% nel 2001), mentre pressoché stabili rimangono Alleanza Nazionale e la Lega (rispettivamente al 12,02 e al 3,94% nel 2001).

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La distribuzione circoscrizionale dei consensi alla Camera conferma, per grandi linee, le tradizionali aree di influenza. Nel nord, il centrosinistra prevale soltanto in poche zone della parte occidentale (Liguria, provincia di Torino, Valle d’Aosta) e in Trentino; in centro mantiene in blocco le regioni “rosse” e la provincia di Roma; aggiudicandosi nel Mezzogiorno Abruzzo, Molise, provincia di Napoli, Basilicata, Calabria e Sardegna. Il centrodestra, invece, prevale nelle zone di tradizionale insediamento del nord, nelle circoscrizioni non metropolitane di Lazio e Campania, in Puglia e in Sicilia (Mappa I). Lievemente differente la distribuzione al Senato, dove il centrodestra riesce a prevalere in Piemonte e Lazio, ma non in Campania (Mappa II).

Le elezioni del 2008

L’elevatissima frammentazione interna al centrosinistra, unita alla risicatissima maggioranza ottenuta al Senato, favorisce la logorante instabilità che in meno di due anni determina la caduta del secondo governo Prodi (sfiduciato al Senato il 24 gennaio 2008).

E’ in conseguenza di quell’indimenticabile biennio che la successiva consultazione del 2008 viene affrontata dai partiti reinterpretando i meccanismi del sistema elettorale in modi apparentemente innovativi. Vocazione maggioritaria, riduzione della frammentazione, fine della politica come continua ricerca del compromesso fra alleati, bipartitismo, sono gli slogan che caratterizzano quella campagna elettorale e le strategie dei due principali competitors, Silvio Berlusconi e Walter Veltroni.

Dal punto di vista delle dinamiche partitico-elettorali, l’esito principale è rintracciabile, all’inverso del 2006, nella riduzione della frammentazione infracoalizionale e nell’aumento della frammentazione intercoalizionale, con effetti assai significativi.

Anzitutto, diminuisce drasticamente il numero di liste che ottiene accesso alla Camera, passando da 13 a 7, e l’unica lista nazionale non coalizzata che riesce a superare la soglia del 4% è l’Udc. La strategia escludente ha però anche l’effetto di ridurre sensibilmente (oltre quindici punti) il tasso di bipolarizzazione che si attesta all’84,36%. Ma tale riduzione non è solo l’effetto delle strategie escludenti delle due principali forze politiche, Pd e PdL, giacché la dispersione dei voti al di fuori delle due coalizioni non si agglomera esclusivamente sulle due liste “escluse” dalle coalizioni di centrodestra e centrosinistra, Udc e Sinistra arcobaleno, ma, per quasi il 7% si disperde su liste minori e in larga parte assenti nel 2006. Detto altrimenti, al di là della riduzione complessiva della frammentazione partitica, nel 2008 si palesano alcuni primi significativi segni di destrutturazione del bipolarismo italiano che vanno al di là degli effetti delle strategie elettorali dei due principali partiti. Ciò ha oltretutto l’ovvia conseguenza di elevare significativamente la quota di esclusione dalla rappresentanza che cresce dal 3,58% al 9,62% dei voti validi, pari ad oltre tre milioni e mezzo di cittadini. Ma altrettanto significativo e allarmante è l’aumento in soli due anni di quasi un milione e mezzo di astenuti, che superano la soglia dei nove milioni. (Tab. I)

Per quel che riguarda gli esiti complessivi della consultazione, si tratta certo di un risultato netto, con oltre nove punti di differenza fra le due coalizioni sia alla Camera che al Senato, mentre, per quel che riguarda i due principali partiti la strategia esclusiva ha un effetto premiante, giacché insieme raccolgono oltre il 70% dei voti, sebbene già nell’esito elettorale alcuni elementi suggeriscano cautela rispetto alla tenuta di questo quadro semplificato. (Tab. I e II)

Anzitutto, nel centrodestra il PdL, nonostante l’incremento complessivo dell’1,32% rispetto alla somma delle sue componenti fondanti nel 2006 (Fi e An), ottiene risultati inferiori in tutte le circoscrizioni del Nord ad eccezione della provincia di Torino (Piemonte I) e della Liguria, vale a dire in tutte le circoscrizioni in cui è fortemente radicata la Lega che, al contrario, in quelle stesse circoscrizioni passa complessivamente dal 10,53% al 21,30% (dati aggregati).

Nelle circoscrizioni del Mezzogiorno e delle Isole, invece, lì dove il secondo partito della coalizione è il debole Movimento per le Autonomie (dotato di una certa consistenza elettorale solo nelle due circoscrizioni siciliane), il PdL ottiene complessivamente oltre il 7% in più rispetto alla somma delle

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due componenti fondanti (Fi e An) nel 2006, passando dal 38,41% (quota percentuale complessiva di Fi e An nel Mezzogiorno e nelle Isole nel 2006) al 45,49%.1

Quanto al Pd, l’insistente appello all’esercizio di un voto strategico per evitare la vittoria del centrodestra produce un modesto incremento (meno di 165.000 voti) rispetto alla lista dell’Ulivo del 2006, mentre è più consistente l’incremento dell’unica lista coalizzata, Italia dei Valori (più di 700.000 voti). Tali incrementi, tuttavia, complessivamente non compensano la perdita di due terzi degli oltre sei milioni di voti ottenuti nel 2006 dalle altre liste di sinistra e di centrosinistra coalizzate (tab. I).

Per quel che concerne la distribuzione circoscrizionale, alla Camera rispetto al 2006 il Pd arretra in due circoscrizioni storicamente ostili, Veneto I (-0,55%) e Sicilia II (-1,22%), e in Molise, dove subisce la fortissima concorrenza dell’IdV (regione d’origine del leader, Antonio Di Pietro) che triplica la propria quota di consenso passando dall’8 ad oltre il 27%. E’ significativo, infine, che le due circoscrizioni in cui il Pd si rafforza maggiormente sono Lazio I (corrispondente alla provincia di Roma, dove l’incremento è del 6,44%) e Calabria (con un incremento del 6,30%), rispettivamente le due circoscrizioni nelle quali nel 2006 le liste di sinistra avevano fatto registrare il secondo miglior risultato (13,02% nella circoscrizione Lazio I, rispetto al miglior risultato del 13,39% registrato in Toscana) e le altre liste di centrosinistra il miglior risultato aggregato (16,79% in Calabria). Un segno evidente di come la crescita del Pd sia largamente riconducibile alla strategia escludente adottata nei confronti degli ex alleati del 2006. Ma il risultato territoriale di tale strategia per la coalizione di centrosinistra è la perdita di quattro circoscrizioni (Abruzzo, provincia di Napoli, Calabria e Sardegna) alla Camera (Mappa II) e di sei (Valle d’Aosta, Liguria, Abruzzo, Campania, Calabria e Sardegna) al Senato (Mappa V).

In conclusione, la tornata elettorale del 2008 segnala un indebolimento del bipolarismo e una crescita della concentrazione del voto sulle due principali forze politiche. Ma tale concentrazione è caratterizzata da alcuni elementi contraddittori, che appaiono quasi prodromici delle successive fibrillazioni che scomporranno nuovamente il quadro fino alla caduta del quarto governo Berlusconi: la polarizzazione del consenso sulla Lega a scapito del PdL nelle regioni del nord e l’incapacità del Pd di capitalizzare significativamente la scelta strategica escludente.

Ciò sembra già mettere in evidenza i tratti di irriducibilità di molte delle fratture che attraversano il sistema politico italiano. Non a caso, anziché seguire un processo di stabilizzazione, la vocazione maggioritaria dei due principali partiti si rivelerà un tentativo effimero, dimostrando che le fratture più profonde e risalenti non si cancellano, né si riducono inserendole in contenitori più ampi. E così, a pochi mesi dalla tornata elettorale del 2008, nel centrosinistra riemergono la frattura fra laici e cattolici del Pd, la distanza legalitaria fra lo stesso Pd e l’IdV e l’incompatibilità dei radicali. D’altra parte, nel centrodestra, crescono l’insofferenza della destra finiana rispetto all’egemonia berlusconiana e le difficoltà della componente meridionale rispetto ad una sorta di golden share esercitata dalla Lega sulle politiche del quarto governo Berlusconi. Alla fine, una nuova e imprevista instabilità e frammentazione, accompagnata da una vertiginosa delegittimazione del ceto politico produce, sull’onda dell’emergenza economica, la caduta dell’ultimo governo Berlusconi e il tempestoso subentro del governo tecnico guidato da Mario Monti.

Le elezioni del 2013

Se nel 2006 e nel 2008 l’interazione tra sistema elettorale e sistema partitico, pur mancando l’obiettivo di una governabilità stabile ed efficace, ha comunque consentito il mantenimento di una competizione bipolare, le elezioni del 2013 sembrano sancire il ritorno ad un assetto multipolare. Stavolta cresce contemporaneamente la frammentazione tra e dentro le coalizioni. Cambia l’offerta

1 Cionondimeno, questo exploit meridionale del PdL non sarà adeguatamente remunerato nella formazione del successivo quarto governo Berlusconi, giacché la componente meridionale rimarrà ancorata ad un residuale 25% (Minaldi 2012).

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politica con l’apparizione di due nuovi soggetti politici e si moltiplicano le liste all’interno del centrodestra e del centrosinistra.

L’esito più significativo è il crollo del tasso di bipolarizzazione, che diminuisce di oltre 25 punti percentuali, attestandosi sul 58,6%. Pd e PdL insieme non raggiungono il 47% dei voti validi, mentre le liste che ottengono accesso alla Camera passano da 7 a 10. Si riduce lievemente la quota di esclusione dalla rappresentanza che passa al 7,19%, pari a quasi due milioni e mezzo di cittadini, mentre gli astenuti (11.633.613) rappresentano ormai il primo partito degli italiani.

Crolla il consenso nei confronti delle principali formazioni politiche della cosiddetta “seconda repubblica”. Alla Camera il PdL perde 6.296.492 voti e il Pd 3.450.783. Le altre forze politiche di sinistra (Sel e Rivoluzione civile) rispetto alla somma dei voti ottenuti da IdV e Sinistra Arcobaleno nel 2008 ne perdono 863.725. La Lega, vera vincitrice delle elezioni politiche del 2008 con oltre 3 milioni di voti, ne perde più della metà (1.634.529). La coalizione dei tre partiti di centro, pur restando al di sotto delle aspettative, riesce a superare la soglia di sbarramento del 10%, guadagnando un milione e mezzo di voti in più rispetto a quelli presi nel 2008 dalla sola Udc. Ma stavolta il partito di Casini, svuotato dalla Lista civica di Monti, si ferma all’1,78%, eleggendo appena otto deputati e solo grazie alla formula del miglior perdente. L’unico, vero, vincitore è il Movimento Cinque Stelle, che ottiene il 25,55% (oltre otto milioni e mezzo di voti), sancendo la nascita di un sistema partitico multipolare. (Tab. I)

Alla Camera, il M5S risulta primo partito in ben 14 circoscrizioni su 27 (Mappa IX). Inoltre, mentre al Senato le due principali coalizioni riescono ad assicurarsi il primato in tutte le regioni (Mappa VI), alla Camera il M5S supera le due coalizioni in ben sei circoscrizioni: Liguria, Marche, Abruzzo, Sardegna, Sicilia occidentale e Sicilia orientale (Mappa VII). Territori molto diversi rispetto ai livelli di insediamento delle due coalizioni di centrodestra e centrosinistra nel corso della cosiddetta “seconda repubblica”. In particolare, se Liguria, Abruzzo e Sardegna sono state nell’ultimo ventennio circoscrizioni in qualche modo contendibili, le Marche hanno invece continuativamente rappresentato una roccaforte del centrosinistra, così come le due circoscrizioni siciliane lo sono state del centrodestra. Significativamente, la circoscrizione Marche è anche quella dove il Pd perde percentualmente di più rispetto al 2008, arretrando del 13,74%, mentre in Sicilia il PdL perde complessivamente circa venti punti percentuali. Inoltre, nella parte occidentale dell’isola (Sicilia I) anche la coalizione centrista fa registrare l’unico dato nazionale di arretramento rispetto al risultato della sola Udc nel 2008, fermandosi ad un modesto 8,44%, ben distante sia dalla soglia di sbarramento nazionale del 10%, sia da quell’11,40% che rappresentò il miglior dato circoscrizionale dell’Udc nelle precedenti elezioni. E proprio in Sicilia occidentale il Movimento Cinque Stelle ottiene il suo miglior risultato, arrivando a sfiorare il 35%.

Il trasversalismo del Movimento Cinque Stelle

I dati circoscrizionali della Camera sembrano dunque suggerire che la composizione dell’elettorato del M5S abbia un carattere trasversale rispetto alle provenienze dai due blocchi del precedente sistema bipolare. Ma se ciò è relativamente scontato per un movimento che ponendosi in alternativa al sistema bipolare ha ottenuto oltre il 25% dei voti, l’interrogativo su cui val la pena soffermarsi riguarda le proporzioni e la distribuzione territoriale di questo trasversalismo.

A tal proposito, alcune indagini campionarie svolte sugli elettori del M5S nei giorni immediatamente precedenti le elezioni segnalano che la quota di coloro che avevano votato per il centrosinistra nel 2008 sarebbe pressoché identica alla quota di coloro che avevano votato per il centrodestra, collocandosi attorno al 30%, mentre la restante parte proverrebbe soprattutto dall’astensione (Bordignon e Ceccherini 2013). Ma le analisi dei flussi elettorali sinora condotte dall’Istituto Cattaneo e dal Centro Italiano Studi Elettorali (Cise) in quindici città appartenenti a diverse aree geopolitiche del Paese evidenziano un quadro più complesso2.

2 Per “analisi dei flussi elettorali” si intende la stima statistica dei flussi elettorali, vale a dire gli interscambi di voti avvenuti fra due tornate elettorali (in questo caso le elezioni politiche del 2008 e del 2013), misurati a partire dal

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In particolare, alla luce delle diverse risultanze è possibile delineare sommariamente tre scenari in tre diverse aree geopolitiche: l’area del centro-nord di tradizionale insediamento del centrosinistra, l’area del nord di tradizionale insediamento del PdL e della Lega (sostanzialmente l’area lombardo-veneta) e l’area del centro-sud.

Nella prima, rappresentata dalle città di Ancona, Firenze, Bologna (i cui flussi sono stati esaminati dall’Istituto Cattaneo) e Torino (i cui flussi sono stati esaminati sia dall’Istituto Cattaneo che dal Cise) l’elettorato del M5S è composto per oltre il 60% da elettori che nel 2008 avevano votato per partiti di centrosinistra e sinistra. A Firenze, il 58% aveva votato Pd, ad Ancona e Bologna circa il 48%, a Torino il 37%, ma il 20% proviene da IdV, mentre gli ex elettori della sinistra alternativa compongono l’elettorato del M5S in percentuali che in queste città oscillano tra il 5 e il 7%. L’altra componente significativa è costituita dagli ex astensionisti che costituiscono il 25% dell’elettorato del M5S a Torino, il 24% a Bologna, il 22% a Firenze e il 13% ad Ancona. Il flusso dai partiti del centrodestra è invece pressoché residuale ovunque tranne che a Bologna, dove il 12% degli elettori del M5S proviene dalla destra radicale (La destra e Forza Nuova) e l’8% dalla Lega Nord.

Nelle città collocate nell’area del nord di tradizionale insediamento del centrodestra, vale a dire Monza, Varese, Pavia (esaminate dal Cise), Milano, Padova e Brescia (esaminate dall’Istituto Cattaneo) è invece l’elettorato in uscita dalla Lega a comporre in misura significativa l’elettorato del M5S, mentre - ed è questo complessivamente il dato più sorprendente – è praticamente nullo il flusso in arrivo dal PdL. A Monza, Varese, Padova e Milano l’elettorato in uscita dalla Lega costituisce la parte relativamente maggioritaria dell’elettorato del M5S, con un picco del 46% a Padova, 44% a Monza, 33% a Varese e 29% a Milano. A Padova segue il Pd, con il 15,4%, a Monza l’IdV e il Pd, che insieme costituiscono il 28% del consenso del M5S, a Varese ancora il Pd, con il 23%, e a Milano Pd e IdV al 27%, e l’astensione al 20%. A Pavia e Brescia, invece, è addirittura il flusso dal Pd a determinare in misura relativamente maggioritaria la composizione dell’elettorato del M5S, con percentuali rispettivamente del 47 e del 32,4%. In entrambe le città segue comunque la Lega, con il 31% a Pavia e il 30% a Brescia. In tutte queste città il voto in uscita dal PdL si concentra sull’astensione e sulla coalizione di centro.

Più composito e frammentato, infine, risulta il quadro del centro-sud. A Roma e Reggio Calabria è il flusso in arrivo dal PdL e dal centrodestra in generale a costituire la parte maggioritaria dell’elettorato del M5S. A Reggio (esaminata dall’istituto Cattaneo) sono ex elettori del PdL il 49% degli elettori del M5S, mentre il 9% proviene dalla destra radicale e il 17% dal Pd. A Roma, invece, il 31% proviene dal PdL, il 27% dall’astensione, il 10% dalla destra radicale e il 15% dal Pd (Cataldi e Paparo 2013). A Napoli (esaminata dall’istituto Cattaneo), al contrario, oltre il 60% dei voti ottenuti dal M5S proviene dal centrosinistra e, più precisamente, per il 44,3% dal Pd, per il 9% da IdV e per il 7,6% dalla sinistra radicale. Poco sopra il 25% è invece la quota proveniente dal PdL.

Ancora differente, infine, lo scenario nelle due principali città siciliane. A Catania (esaminata dall’Istituto Cattaneo), città d’origine e di più forte insediamento dell’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, e del suo partito, il Movimento per le Autonomie, che nel 2008 ha ottenuto in città oltre il 14% dei voti, l’elettorato del M5S si compone in prevalenza proprio di ex elettori dell’MpA (34,2%). Segue il bacino dell’astensione (27,7%), il Pd (17,6%) e l’Udc (10,5%). Come nel nord-est, i voti in uscita dal PdL vanno prevalentemente verso l’astensione. A Palermo “la penetrazione di Grillo è straordinariamente trasversale”, giacché tutti i partiti cedono in direzione del M5S percentuali di elettorato stabilmente comprese tra il 23 e il 30% (D’Alimonte e De Sio 2013). Ma ciò che appare davvero significativo è il destino del vasto consenso ottenuto nel 2008 dall’Udc a Palermo (9,16%), giacché la quota di chi decide di votare per un partito della coalizione centrista (10%) risulta persino più

confronto fra i risultati di tutte le sezioni elettorali di singole città, attraverso la stima dei coefficienti ignoti mediante il modello di Leo Goodman (1953). Il modello non è applicabile all’intero paese, né ad aggregati territoriali ampi, giacché si fonda sull’assunto che “i movimenti di voto fra i partiti siano regolati da un’unica logica che si ripete in tutte le unità” (Corbetta e Parisi 1993, 62-63). Deve infine precisarsi che la stima dei coefficienti ignoti stabilisce una tendenza soggetta a un errore statistico che cresce al crescere del ricambio elettorale fra le due tornate.

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bassa di quella di chi decide di votare per la coalizione di centrosinistra (11%), mentre il 30% si dirige verso il M5S e ben il 34% si rifugia nell’astensione.

A Palermo come a Catania, dunque, ciò che pare verificarsi è una brusca frantumazione delle “macchine clientelari”.

Seppur questa breve rassegna fornisca solo indicazioni di tendenza circa la portata e il segno del trasversalismo nel M5S, appare nondimeno possibile trarre degli spunti per alcune ipotesi interpretative. Anzitutto, il forte drenaggio a sinistra nelle città del centro-nord, ma anche, in parte, nel nord-est e nel centro-sud, lascia ipotizzare che si sia verificata non solo la diffusa manifestazione di un sentimento anti-establishment nelle città di storico insediamento della sinistra (Chiaramonte 2013), ma anche una diffusa capacità di attrazione genericamente esercitata dalla proposta politica “grillina” su un elettorato che, evidentemente, ne ha apprezzato una contiguità a sinistra. Quindi non solo un voto di protesta, ma anche di spinta alla partecipazione dal basso e di proposta.

Il drenaggio esercitato nei confronti della Lega, invece, sembrerebbe suggerire una marcata capacità attrattiva nei confronti di un elettorato tradizionalmente anti-establishment e che proprio nel 2008 era molto cresciuto attraendo anche significative quote di elettorato di sinistra scarsamente identificate e, dunque, prevedibilmente più propense alla volatilità.

Quanto, infine, al PdL, la netta differenziazione fra l’impermeabilità mostrata in tutte le città del nord e, invece, la propensione a cedere consistenti quote di elettori in molte città del centro-sud, sembrerebbe quasi suggerire una differenziazione dei profili dell’elettorato del PdL nel 2008. Tendenzialmente più ideologizzato e collocato a destra nel nord e, dunque, assai diffidente verso un messaggio politico anti-establishment prevalentemente percepito come di sinistra; tendenzialmente più clientelare e volatile al centro-sud e, dunque, assai più propenso a farsi attrarre da un messaggio politico anti-establishment in una fase di forte crisi economica che oggettivamente indebolisce il “voto di scambio”.

Ovviamente, allo stato attuale queste considerazioni non sono che ipotesi interpretative che, tuttavia, sarebbe interessante sottoporre a scrupolose verifiche empiriche. Resta però complessivamente verificato il profilo trasversale dell’elettorato del M5S rispetto all’elettorato delle due grandi coalizioni. Un profilo che implica una constatazione non priva di rilievo rispetto alle divisioni che continuano ad attraversare la società italiana. Se, infatti, le molteplici fratture che hanno caratterizzato il sistema politico italiano sono sempre, in un modo o nell’altro, riemerse nel corso della seconda fase della storia repubblicana, quest’ultima tornata elettorale sembra restituire un’immagine affatto diversa anche sotto questo aspetto. Il bipolarismo è venuto in gran parte a mancare anche nella funzione di strutturazione e rappresentanza delle diverse fratture che, in nome di un’ alternativa rispetto all’ultimo inconcludente ventennio sembrano essersi inabissate sotto un nuovo e accogliente mantello. E ciò lascia aperti molti interrogativi sui modi in cui processi di “scongelamento” delle vecchie fratture politico-sociali e di formazione delle nuove si rifletteranno sulla lunga transizione del sistema politico e partitico italiano, ed una sola conseguente certezza: ci vorrà ben altro che una, più o meno ben fatta, riforma elettorale per

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Tabella I. Elezioni politiche 2006, 2008 e 2013. Risultati aggregati Camera dei deputati esclusa Valle d’Aosta (v.a., percentuali di lista e di coalizione)

Nostre elaborazioni dati del Ministero degli Interni

* “Altri centrosinistra” comprende: nel 2006 La rosa nel pugno, Udeur, Partito pensionati, SVP, I socialisti, Lista consumatori, Alleanza lombarda autonoma, Liga fronte veneto; nel 2013 Centro democratico, SVP.

** “Altri centrodestra” comprende: nel 2006 Democrazia cristiana-Nuovo PSI, Alternativa sociale Mussolini, Fiamma tricolore, No Euro, Pensionati uniti, Ambienta-lista, Pli, SOS Italia; nel 2013 La destra, Grande sud - Mpa, Moderati in rivoluzione, Partito pensionati, Intesa popolare, Liberi per un’Italia equa.

*** “Altri” comprende: nel 2006 Destra nazionale, Sardigna Natzione, Dimensione christiana, Per il sud, Die Freiheitlichen, Mov. Triveneto, Noi siciliani, Progetto nordest, Solidarietà, Irs, Terzo polo, Lega sud; nel 2008 La destra, M.E.D.A., Die Freiheitlichen, SVP, Sardigna Natzione, Lega sud, Forza nuova, Pli, Ps d’Az., Partito socialista, Aborto? No grazie, Sinistra critica, Per il

ELETTORI 46.997.601 ELETTORI 47.041.814 ELETTORI 46.905.154

VOTANTI 39.298.497 83,62% VOTANTI 37.874.569 80,51% VOTANTI 35.271.541 75,19%

VOTI7VALIDI 38.153.343 81,17% VOTI7VALIDI 36.457.254 77,50% VOTI7VALIDI 34.002.524 72,48%

ASTENUTI 7.699.104 16,38% ASTENUTI 9.167.245 19,49% ASTENUTI 11.633.613 24.81%

SCHEDE7NULLE 705.868 1,49% SCHEDE7NULLE 931.445 1,97% SCHEDE7NULLE 873.732 1,85%

SCHEDE77BIANCHE 439.286 0,93% SCHEDE7BIANCHE 485.870 1,02% SCHEDE7BIANCHE 395.285 0,83%

IDV 877.052 2,30% IDV 1.594.024 4,37% SEL 1.089.409 3,20%

ULIVO 11.930.983 31,27% PD 12.095.306 33,18% PD 8.644.523 25,42%

ALTRI7CENTROSINISTRA* 2.296.169 6,02% ALTRI7CENTROSINISTRA* 313.876 0,93%

UDC 2.580.190 6,76% UDC 2.050.229 5,62% SCELTA7CIVICA@UDC@FLI 3.591.607 10,56% 10,56%

FI 9.048.976 23,72% PDL 13.629.464 37,38% PDL 7.332.972 21,56%

AN 4.707.126 12,34% MPA 410.499 1,13% FDI 665.830 1,95%

LEGA7NORD 1.747.730 4,58% LEGA7NORD 3.024.543 8,30% LEGA7NORD 1.390.014 4,08%

ALTRI7CENTRODESTRA** 893.821 2,33% ALTRI7CENTRODESTRA** 534.034 1,56%

M5S 8.689.458 25,55%

ALTRI*** 172.902 0,46% ALTRI*** 2.528.891 6,94% ALTRI*** 985.613 2,91%

QUOTA7ESCLUSIONE 1.369.932 3,58% 7 3.505.371 9,62% 2.444.167 7,19% TASSO7BIPOLARIZZAZIONE 99,54% 84,36% 58,73% 18.977.8437 49,73% 17.064.5067 46,81% 9.922.8507 29,18% 2006 2008 2013 PRC@PDCI@VERDI 3.898.394 10,22% 19.002.5987 49,81% SINISTRA7ARCOBALENO 1.124.298 3,08% RIVOLUZIONE7CIVILE777777777777777777777777777777777777 (PRC@PDCI@VERDI@IDV) 765.188 2,25% 13.689.3307 37,55% 10.047.808729,55%

(9)

bene comune, Il loto, L’intesa veneta, Partito di alternativa comunista, Partito comunista dei lavoratori, Union fur Sud Tirol, Lega per l’autonomia, Liga veneta-Repubblica, P.P.A., Grilli parlanti, Unione democratica per i consumatori; nel 2013 Fare per fermare il declino, Partito comunista dei lavoratori, Forza nuova, Amnistia, Giustizia e Libertà, Die Freiheitlichen, Casa Pound, Fiamma tricolore, Io amo l’Italia, Indipendenza veneta, Pli, Ps d’Az., Liga veneta-Repubblica, Voto di protesta, Veneto Stato, Riformisti, Pri, Meris, Alternativa comunista, Pirati, MID, Rifondazione missina italiani, Popolari uniti, Progetto nazionale, PPA, Unione popolare, Tutti insieme per l’Italia, Staminali Italia, Democrazia atea.

Tabella II. Elezioni politiche 2006, 2008 e 2013. Risultati aggregati Senato escluse Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige (v.a., percentuali di lista e di coalizione)

* “Altri centrosinistra” comprende: nel 2006 La rosa nel pugno, Udeur, Partito pensionati, I socialisti, Alleanza lombarda autonoma, Lista consumatori, Ulivo, Psdi, Repubblicani europei, Liga fronte veneto, Democrazia cristiani uniti; nel 2013 Centro democratico, Megafono, Psi, Moderati.

** “Altri centrodestra” comprende: nel 2006 Alternativa sociale Mussolini, Fiamma tricolore, Democrazia cristiana-Nuovo PSI, Pensionati uniti, Pri, Ambienta-lista, Nuova Sicilia, No euro, Patto per la Sicilia, Patto cristiano, Riformatori liberali, SOS Italia; nel 2013 La destra, Partito pensionati, Grande sud, MIR, MpA, Intesa popolare, Cantiere popolare, Basta tasse, Liberi per un’Italia equa.

ELETTORI 42.232.467 ELETTORI 42.358.775 ELETTORI 42.270.824

VOTANTI 35.262.679 83,50% VOTANTI 34.058.406 80,40% VOTANTI 31.751.350 75,11%

VOTI7VALIDI 34.162.615 81,13% VOTI7VALIDI 32.774.339 77,36% VOTI7VALIDI 30.617.545 72,42%

ASTENUTI 6.969.788 16,50% ASTENUTI 8.300.369 19,60% ASTENUTI 10.519.474 24,89%

SCHEDE7NULLE 637.709 1,51% SCHEDE7NULLE 835.560 1,96% SCHEDE7NULLE 764.504 1,81%

SCHEDE77BIANCHE 462.355 1,08% SCHEDE7BIANCHE 448.507 1,06% SCHEDE7BIANCHE 369.301 0,86%

IDV 986.191 2,89% IDV 1.414.730 4,32% SEL 912.308 2,97%

DS>MARGHERITA 9.642.250 28,23% PD 11.042.452 33,69% PD 8.400.161 27,43%

ALTRI7CENTROSINISTRA* 2.155.596 6,30% ALTRI7CENTROSINISTRA* 374.002 1,23%

UDC 2.309.442 6,76% UDC 1.866.356 5,69% CON7MONTI7PER7L'ITALIA 2.797.486 9,13%

FI 8.202.890 24,01% PDL 12.511.258 38,17% PDL 6.829.587 22,30%

AN 4.235.208 12,40% MPA 355.361 1,08% FDI 590.083 1,92%

LEGA7NORD 1.530.667 4,48% LEGA7NORD 2.642.280 8,06% LEGA7NORD 1.328.555 4,33%

ALTRI7CENTRODESTRA** 875.771 2,54% ALTRI7CENTRODESTRA** 657.669 2,17%

M5S 7.285.850 23,79%

ALTRI*** 283.236 0,85% ALTRI*** 1.858.674 5,67% ALTRI*** 891.849 2,94%

QUOTA7ESCLUSIONE 2.705.680 7,91% 7 2.911.902 8,86% 2.212.834 7,23% TASSO7BIPOLARIZZAZIONE 99,17% 85,33% 62,35% RIVOLUZIONE7CIVILE777777777777777777777777777777777777 (PRC>PDCI>VERDI>IDV) 549.995 1,79% 12.457.1827 38,01% 9.686.471731,63% 17.153.9787 50,21% 15.508.8997 47,32% 9.405.894730,72% 2006 2008 2013 PRC>INSIEME7CON7 L'UNIONE7(VERDI>PDCI) 3.941.364 11,54% 16.725.4017 48,96% SINISTRA7ARCOBALENO 1.053.228 3,21%

(10)

*** “Altri” comprende: nel 2006 Alleanza siciliana, Dimensione cristiana, Forza Roma, Irs, Italia moderata, Lega sud, Noi siciliani, Idea sociale Rauti, Mov. Triveneto, Pcml, Donne d’Europa, Pensioni e lavoro, Per il sud, Progetto nordest, Ps d’Az., Sardigna Natzione, Solidarietà, Terzo polo, Un. federalista meridionale; nel 2008 La destra, M.E.D.A, Pcml, Sardigna Natzione, Lega sud, Forza nuova, Pli, Ps d’Az., Partito socialista, Sinistra critica, Popolari uniti, Per il bene comune, L’intesa veneta, Partito comunista dei lavoratori, Lega per l’autonomia, Liga veneta-Repubblica, Partito del sud, Sud libero, PPA, Grilli parlanti, Unione democratica per i consumatori, Fronte ind. Lombardia; nel 2013 Fare per fermare il declino, Partito comunista dei lavoratori, Forza nuova, Amnistia, Giustizia e Libertà, Fiamma tricolore, Io amo l’Italia, Casa Pound, Indipendenza veneta, Liga veneta-Repubblica, Dimezziamo stipendio pol., No chiusura osp., Viva l’Italia, Ps d’Az., Civiltà rurale, Rialzati Abruzzo, Pcml, Veneto Stato, Pri, Donne per l’Italia, Indipendenza Sardegna, Unione padana, Popolari uniti, Pirati, Riformisti, Meris, Alternativa comunista, Fermiamo le banche, Progetto nazionale, Base, Tutti insieme per l’Italia, Rifondazione missina, Eudonna, Costruire democrazia, MID, Partito del sud, Movimento naturalista italiano, Comunità lucana.

(11)

Mappa I. Elezioni politiche 2006.

Distribuzione coalizioni prevalenti Camera

█ Centrosinistra █ Centrodestra

█ Movimento Cinque Stelle

Mappa II. Elezioni politiche 2008.

Distribuzione coalizioni prevalenti Camera

Mappa III. Elezioni politiche 2013. Distribuzione coalizioni prevalenti Camera

(12)

Mappa IV. Elezioni politiche 2006. Distribuzione coalizioni prevalenti Senato

█ Centrosinistra █ Centrodestra

Mappa V. Elezioni politiche 2008. Distribuzione coalizioni prevalenti Senato

Mappa VI. Elezioni politiche 2013. Distribuzione coalizioni prevalenti Senato

(13)

Mappa VII. Elezioni politiche 2006. Mappa VIII. Elezioni politiche 2008. Mappa IX. Elezioni politiche 2013. Distribuzione primo partito Camera Distribuzione primo partito Camera Distribuzione primo partito Camera

█ PD (nel 2006 Ulivo) █ PDL (nel 2006 FI-AN) █ M5S

█ SVP

(14)

Mappa X. Elezioni politiche 2006. Mappa XI. Elezioni politiche 2008. Mappa XII. Elezioni politiche 2013. Distribuzione primo partito Senato Distribuzione primo partito Senato Distribuzione primo partito Senato

█ PD (nel 2006 DS) █ PDL (nel 2006 FI) █ M5S

█ SVP

(15)

Riferimenti bibliografici

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Riferimenti

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