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Studio degli equilibri nel sistema uranile-perossido d'idrogeno-acido glicolico

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale

in collaborazione con l’Università degli Studi di Salerno

Classe LM – 54 (Scienze chimiche)

Tesi di Laurea Magistrale in Chimica Analitica

Studio degli equilibri nel sistema

uranile-perossido d’idrogeno-acido glicolico

Relatore interno

Prof.sa Giannarelli Stefania

Relatore esterno Candidata

Prof.re Vasca Ermanno Laura Lombardi

Controrelatore matr. 498372

Prof.sa Domenici Valentina

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Alla mia famiglia

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La chimica è, tecnicamente... la chimica è lo studio delle sostanze, ma io preferisco vederla come lo studio dei cambiamenti. Ad esempio, pensate a questo: elettroni… loro cambiano i loro livelli di energia; molecole...le molecole cambiano i loro legami; elementi... si combinano e cambiano in composti. Be', questa... questa è la vita, giusto? Cioè è solo... è la costante, è il ciclo: creazione e dissoluzione, poi di nuovo creazione poi ancora dissoluzione, è crescita poi decadimento, poi trasformazione!

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Indice

Legenda pag. 1

Scopo del lavoro di tesi pag. 2

I. Introduzione pag. 5

II. Uranio e le sue proprietà

2.1. Uranio: proprietà, tossicità, smaltimento pag. 12

2.2. Aspetti della chimica dell’uranile in soluzione acquosa pag. 17

2.3. Radiolisi dell’acqua pag. 20

2.4. Idrolisi dell’uranile pag. 22

2.5. Complessi dell’uranile con carbonato e perossido pag. 28

2.6. Il sistema binario uranile  perossido d’idrogeno pag. 31

III. Analisi sperimentale

3.1. Soluzioni stock pag. 33

3.2. Determinazione del prodotto di solubilità di UO2O2(s) pag. 49

3.3. Studio degli equilibri protolitici dell’acido glicolico pag. 57

3.4. Studio del sistema binario U(IV)  acido glicolico pag. 67

3.5. Sistema ternario U(IV)  perossido d’idrogeno  acido glicolico pag. 73

IV. Conclusioni pag. 75

V. Appendice pag. 77

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Legenda

h : Σ[H(H2O)n+], concentrazione di ioni idrogeno all’equilibrio

H : Ca – Cb, eccesso analitico di ioni idrogeno nelle soluzioni

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Scopo della tesi

È difficile trovare una scoperta scientifica che abbia avuto un impatto più grande sulla popolazione e sulla politica mondiale di quello dell’energia nucleare.

L’umanità ha preso coscienza di questa nuova forma di energia il 6 agosto 1945, quando si diffuse nel mondo la drammatica notizia dell’esplosione di una bomba nucleare sulla città giapponese di Hiroshima.

Ad oggi, la fonte energetica primaria utile al funzionamento delle centrali termo-elettronucleari è ricavata dall'uranio.

L'uranio (U), appartenente alla serie degli attinidi, è l'elemento chimico con massa atomica 238.029, con numero atomico 92 e stati di ossidazione +2, +3, +4, +5, e +6. In natura l'uranio non si trova allo stato libero, ma solo sotto forma di ossido o sale complesso in minerali come la pechblenda, la carnotite, l’uranite, autunite, uranofane e trovato in rocce fosfatiche, lignite, sabbie monazite e può essere recuperato da queste sorgenti.

Figura 1  Esempio di minerale contenente uranio

Tracce di uranio sono presenti ovunque: nelle rocce, nel suolo, nelle acque, e possono persino essere trasportate tramite la catena alimentare negli organismi viventi.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto, con lo scopo di trattare lo studio degli equilibri nel sistema uranile perossido d’idrogeno e un legante.

I leganti presenti nei sistemi naturali che possono determinare la speciazione dello ione metallico sono numerosi.

Occorre quindi avere ben chiare le interazioni in tutti i possibili sistemi binari ione metallico-legante, prima di affrontare lo studio di quelli più complessi.

Il legante preso in considerazione è l’acido glicolico.

La descrizione dei fenomeni chimici, che hanno luogo nei sistemi naturali complessi, è il risultato di studi condotti scomponendo ogni sistema in sottosistemi più semplici.

In una prima fase, il lavoro di tesi è consistito nel verificare la qualità dei dati a

disposizione sui sistemi binari UO22+OH-, UO22+H2O2, H+glicolato, UO22+glicolato.

A questa fase ha fatto seguito lo studio del sistema ternario.

Le costanti relative all’idrolisi dell’uranile1 agli equilibri protolitici del perossido2 sono

ben note.

Invece, per il sistema binario uranileacido glicolico non risultano informazioni utili sulle costanti alla forza ionica d’interesse del lavoro di tesi.

L’acido glicolico (HOCH2COOH), la cui formula di struttura è presentata in Figura 2

Figura 2 – Formula di struttura dell’acido glicolico.

è stato scelto come legante modello dei residui α-idrosso-carbossilici chelanti presenti in molecole biologicamente attive.

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L’attività biologica degli α-idrossiacidi dipende dalla loro struttura chimica, che ne favorisce l’intercalazione tra le pareti proteiche.

Il glicolico è l’α-idrossiacido a più basso peso molecolare.3

L’acido glicolico può coordinare lo ione UO22+ sul piano equatoriale formando anelli

chelati, come riportato in Figura 3.

Figura 3 – Possibile modello di chelazione tra l’acido glicolico e uno ione metallico.

Lo si può considerare come frammento dell’acido citrico (C6H8O7), molecola anch’essa

relativamente abbondante nell’organismo umano.

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I. Introduzione

Elementi metallici sono distribuiti in un ampio spettro di concentrazioni nei differenti comparti ambientali e nei sistemi biologici 4 essendovi però anche introdotti (e in tal caso

sono da ritenersi contaminanti) attraverso molte fonti di origine antropica 5.

In Figura 5 sono rappresentate le quantità medie di piombo, arsenico, cadmio e mercurio estratte annualmente dalle miniere di tutto il mondo.

Pb As Cd Hg

0 50 100

Migliaia di tonnellate

Figura 5 – Quantità medie di piombo, arsenico, cadmio e mercurio estratte annualmente da miniere in tutto il mondo.

Estrazione e utilizzo favoriscono la diffusione dei metalli nella biosfera, 6 determinandone

la ridistribuzione in terreni, acqua e atmosfera. L’inevitabile trasferimento alla catena alimentare comporta potenziali rischi per la salute umana.7

L’esposizione a elementi metallici è, infatti, associata a un’ampia gamma di effetti tossici. È noto che elementi come piombo, arsenico, cadmio, mercurio, sono responsabili di malformazioni nell’uomo sia a livello embrionale, sia nello sviluppo fetale.8

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L’attenzione, da tempo è alta per gli elementi coinvolti nei processi di produzione di energia da centrali nucleari.

In un mondo che, dal secondo dopoguerra del XX secolo, vedeva una crescita esponenziale del fabbisogno energetico, la scoperta della fissione nucleare a catena da parte di Enrico Fermi (1942) e la possibilità di controllare il processo, hanno spalancato le porte allo sfruttamento di una forma di energia che sembrò la panacea per le crescenti esigenze delle società industriali. [9]

Negli ultimi 80 anni, si è sopperito al fabbisogno energetico mondiale attingendo in misura sempre maggiore all’energia prodotta da centrali nucleari.

In Figura 6 è presentata l’evoluzione del fabbisogno energetico mondiale tra il 1974 e il 2014.

Figura 6 Evoluzione del fabbisogno energetico mondiale tra il 1974 e il 2014.(Fonte: International Atomic Energy Agency).

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Attualmente, in molti Paesi l’energia nucleare rappresenta un’importante fonte di energia, come evidente dal grafico presentato in Figura 7.

Figura 7  Fabbisogno energetico mondiale suddiviso per tipo di fonte. Dati relativi al 2014. (Fonte: International Atomic Energy Agency).

La sicurezza è una priorità nella progettazione, nello sviluppo, nella disattivazione e nell’esercizio delle installazioni nucleari.

Gli obiettivi di sicurezza per i reattori nucleari, consistono nell’assicurare condizioni tali da soddisfare principi di protezione multipli, diversi e ridondanti, in modo che la popolazione e i lavoratori esposti non ricevano radiazioni in dosi superiori ai limiti stabiliti e si evitino conseguenze negative per la salute delle persone e per l’ambiente. Nel tempo, sono state organizzate reti internazionali per lo scambio d’informazioni ed esperienze sul tema della sicurezza nucleare.

In molti Paesi è stata istituita un’Autorità di Sicurezza Nazionale (ASN), agenzia statale indipendente che svolge funzioni di regolamentazione e controllo delle attività connesse con l’uso pacifico dell’energia nucleare.

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In Italia, a svolgere le funzioni di ASN è l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT).

La possibilità che avvengano incidenti incentrali nucleari va tenuta sempre in debito conto, anche se negli ultimi 40 anni si sono verificati solo tre incidenti particolarmente gravi:9

 Three Mile Island, Stati Uniti (28 marzo 1979)

Le cause principali dell’incidente furono il guasto di una valvola, il cattivo stato di manutenzione e alcuni errori umani.

La dose massima misurata all’esterno della centrale fu di 0.8 mSv (Sv: sievert, unità di misura della dose equivalente di radiazione nel Sistema Internazionale. 1 Sv = 1 J kg-1).

Per confronto si consideri che la dose annuale media causata dal fondo naturale, per un italiano, oscilla tra 0.5 e 2.4 mSv. Per fronteggiare l’emergenza furono distribuite alla popolazione, fiale di ioduro di potassio. Lo ioduro stabile satura la tiroide e impedisce l’assorbimento dei radionuclidi 123I (γ-emettitore) e 131I (β-emettitore).

 Chernobyl, Ucraina (26 aprile 1986)

La centrale ucraina subì il più grave disastro dell’era dell’utilizzazione pacifica dell’energia nucleare, ciò a causa di carenze tecnologiche e di inammissibili errori umani. Il particolato pesante dispersosi nell’aria dopo l’incidente, si depositò entro un raggio di 100 km dalla centrale, mentre quello più leggero fu trasportato per tutto l’emisfero settentrionale. I paesi più contaminati furono la Scandinavia, l’Austria, la Svizzera e la Germania meridionale, dove il passaggio della nube radioattiva coincise con precipitazioni atmosferiche. Il reattore doveva essere isolato il più presto possibile assieme ai detriti dell’esplosione, per cui fu progettata la realizzazione di un sarcofago di

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contenimento (Figura 8) per far fronte all’emergenza (metodo di decomissioning mediante incapsulamento).

Figura 8  Immagine dei lavori d’isolamento dello scheletro del reattore nucleare esploso a Chernobyl.

Alla popolazione fu somministrato iodio stabile, fu concesso un compenso in denaro e assicurato controllo medico periodico gratuito, però gli effetti dell’intervento sanitario tardivo persistono ancora oggi.

 Fukushima, Giappone (11 marzo 2011)

Il disastro di Fukushima [10] è il risultato di quattro distinti incidenti occorsi presso la

centrale nucleare omonima a seguito di un terremoto e del conseguente maremoto. Le maggiori preoccupazioni hanno riguardato quattro dei sei reattori dell’impianto. Il danno maggiore alla centrale è stato inflitto dallo tsunami che si è verificato in conseguenza del terremoto. La centrale non rientrerà più in funzione. L’incidente di Fukushima ha sollevato discussioni in vari Stati del mondo circa il proseguimento dell’utilizzo dell’energia nucleare in Giappone.

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L’analisi dettagliata degli incidenti avvenuti in centrali nucleari ha permesso di individuare criteri costruttivi ottimali e modalità operative sempre più sicure.

Specie dopo il disastro di Chernobyl è divenuto ben chiaro a tutti come l’incidente in un singolo impianto, per quanto remoto, possa avere notevoli effetti anche a grandi distanze.

Questioni economiche e di sicurezza

A differenza di quelli termoelettrici tradizionali, gli impianti nucleari hanno un costo di produzione molto dipendente dalle spese d’investimento.

Ciò si deve evidentemente alla grande dimensione degli impianti, agli alti costi delle tecnologie coinvolte e alla maggior durata del periodo di costruzione.

I costi del nucleare tuttavia, sono facilmente controbilanciati da una minore incidenza del prezzo del combustibile, proveniente da aree geopolitiche molto stabili; inoltre, bisogna considerare che le centrali nucleari permettono di generare scorte per diversi anni. Di contro, per il settore elettronucleare, va aggiunto un elemento penalizzante rappresentato dalla maggior attenzione per la sicurezza: quest’aspetto da un punto di vista puramente economico, contribuisce all’aumento dei costi d’investimento a causa dell’allungamento degli iter autorizzativi, dei tempi di costruzione e del rischio di rallentamenti nella gestione dell’impianto rispetto a quanto preventivato.

Particolare attenzione va rivolta alla gestione delle scorie nucleari.

A livello internazionale c’è unanimità circa il fatto che i massimi livelli di sicurezza sono oggi ottenibili ricorrendo a depositi geologici di stoccaggio dei rifiuti radioattivi.

Tali depositi hanno però costi ingenti, oltre che tempi di realizzazione molto lunghi: un esempio citato spesso dai critici del nucleare è il deposito previsto a Yucca Mountain, negli Stati Uniti, che non è stato ancora terminato.

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In Italia, la produzione di energia elettrica è molto dipendente dai combustibili fossili 10

con tutti gli svantaggi che ne derivano in termini di sicurezza, approvvigionamenti e volatilità dei prezzi.

Nel nostro Paese la produzione di energia elettrica da carbone, che a livello mondiale ne costituisce la fonte più importante, è molto scarsa; la produzione di energia nucleare, da cui nel mondo si attinge per ricavare il 17% di tutto il fabbisogno di elettricità, è assente. Il nostro è tra quei Paesi che, nel mondo, importano la maggiore quantità di energia elettrica, fornita prevalentemente dalla Francia e in parte anche dalla Svizzera e dalla Slovenia.

Paradossalmente, quasi tutta l’energia da noi importata proviene da centrali nucleari: sono, infatti, 27 i reattori esteri distanti meno di 200 km dal confine italiano.

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II. Uranio e le sue proprietà

2.1. Uranio: proprietà, tossicità, smaltimento

L'uranio (U), elemento chimico 92 della tavola periodica, possiede in natura tre isotopi

234U, 235U e 238U, nelle proporzioni mostrate in Figura 9 11 e tutti e tre sono emettitori di

particelle α. 12

Figura 9 Distribuzione isotopica nell’uranio naturale, esausto e arricchito.

238U: abbondanza 99.2745% con tempo di dimezzamento (emivita) di 4.50 × 109 anni. 235U: abbondanza 0.720% con tempo di dimezzamento di 7.13× 108 anni.

234U: abbondanza 0.0055 % con tempo di dimezzamento di 2.35 × 105 anni.

I primi due isotopi sono gli iniziatori di famiglie radioattive naturali mentre il terzo si forma durante il decadimento del 238U.

Le proprietà nucleari del 235U e del 238U sono di estrema importanza dal momento che il

primo è fissile, ovvero è in grado di sviluppare una reazione a catena di fissione nucleare, mentre il secondo è fertile, ovvero è un nuclide che, a seguito dell’assorbimento di un

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neutrone si trasmuta in un radionuclide che decade in un nuclide che può fornire energia da fissione o da fusione nucleare.

L'isotopo 235U è importante sia per i reattori come combustibile, che per la realizzazione

di armi nucleari perché è l'unico isotopo fissile esistente in natura in quantità apprezzabili. Anche 238U può trovare impiego nei reattori nucleari, dove viene convertito in 239U per

assorbimento di neutroni termici, il quale decade in 239Pu, fissile.

Il commercio globale annuo di uranio, principale fonte di combustibile per centrali nucleari, consiste in oltre 50000 tonnellate.13

L’estrazione e la lavorazione dell’uranio per armi nucleari (fabbricazione di bombe atomiche con uranio arricchito e il suo uso in produzione di plutonio) è iniziata in modo intensivo all’inizio della II Guerra Mondiale.

Le sue alte densità e durezza hanno reso l’elemento molto richiesto per la fabbricazione di munizioni perforanti.

Dal 1950, la costruzione di centrali nucleari per la produzione di elettricità ha ulteriormente aumentato l’interesse minerario e l’estrazione di uranio.

Il crescente utilizzo nel settore nucleare ha portato a un aumento dell’esposizione a composti contenenti uranio, cosa che comporta, ovviamente un aumento del rischio chimico per fasce sempre più ampie di popolazione.

L’elemento può essere inalato, oppure ingerito attraverso gli alimenti, o anche introdotto nelle condotte di acqua a seguito dell’estrazione e della macinazione di minerali che lo contengono14-15

La Figura 10 illustra i diversi metodi di entrata dei composti contenenti uranio nel corpo umano e i corrispondenti organi-bersaglio.[18-20]16-17-18

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Pagina | 14 Figura 60  Illustrazione dei vari percorsi di esposizione e gli organi-bersaglio di composti contenenti uranio.

L’argomento è particolarmente sentito nel settore della sicurezza dei depositi di scorie nucleari.19

Va ricordato, infatti, che i paesi industrializzati producono, per le attività industriali, medico-sanitarie e di ricerca, quantità rilevanti di rifiuti radioattivi.

La gestione di tali rifiuti richiede procedure elaborate e tecnologie innovative, che garantiscano la massima sicurezza per l’uomo e per l’ambiente.

I rifiuti radioattivi sono classificati in tre categorie, secondo il grado di pericolosità radiologica:

 I Categoria: rifiuti la cui radioattività decade fino al livello del fondo naturale in tempi dell’ordine di mesi o al massimo di qualche anno.

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 II Categoria: rifiuti a bassa/media attività o a vita breve, che perdono quasi completamente la radioattività in un tempo dell’ordine di qualche secolo.

 III Categoria: rifiuti ad alta attività o a vita lunga, per il cui decadimento sono necessari tempi dell’ordine di migliaia o centinaia di migliaia di anni.

In Italia, Sogin S. p. A. è la società istituita per la bonifica dei siti nucleari nazionali e la messa in sicurezza di tutti i rifiuti radioattivi.

La Sogin è responsabile della gestione delle quattro centrali nucleari di Trino (VC), Caorso (PC), Latina (LT) e Garigliano (CE), di quattro impianti di ricerca sul ciclo del combustibile nucleare – Eurex di Saluggia (VC), Itrec di Rotondella (MT) e Ipu e Opec nel centro della Casaccia (RM) – e dell’impianto FN di Bosco Marengo (AL).

Tra le competenze della Sogin rientra anche la realizzazione di un deposito nazionale unico per lo stoccaggio di circa 90000 m3 di rifiuti radioattivi. 20

Infatti, secondo un protocollo riconosciuto in campo internazionale, i rifiuti radioattivi vanno confinati in una struttura protetta da barriere che ne garantiscano il perfetto isolamento dall’ambiente esterno:

o Prima barriera: i rifiuti radioattivi, condizionati con matrice cementizia in contenitori metallici

o Seconda barriera: i manufatti sono inseriti e cementati in moduli di calcestruzzo speciale progettati per resistere non meno di 350 anni.

o Terza barriera: i moduli sono inseriti in celle di cemento armato.

o Quarta barriera: una volta riempite, le celle sono sigillate e ricoperte con più strati di materiale, allo scopo di proteggerle da eventuali infiltrazioni d’acqua.

In Figura 11 sono rappresentati i sistemi di inertizzazione e stoccaggio di scorie nucleari a bassa radioattività.

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Pagina | 16 A B

C D

Figura 11  Schema dei sistemi di inertizzazione e stoccaggio di scorie nucleari a bassa radioattività. Le lettere A, B, C e D indicano nell’ordine le successive barriere.

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2.2 Aspetti della chimica dell’uranile in soluzione acquosa

L’identificazione e la caratterizzazione dei complessi degli attinidi in soluzione sono importanti per comprenderne la distribuzione e prevederne la diffusione nell’ambiente. Sebbene l’uranio sia stabile in più stati di ossidazione (0, +3, +4, +5, +6), in soluzione e negli organismi viventi esso è presente essenzialmente come U(VI), nella forma UO22+,

il diossocatione uranile. 21-22

L’indagine sulla chimica dell’uranile riceve sempre maggiore attenzione, sia in relazione alla sua importanza nella produzione di energia nucleare e nella gestione dei rifiuti radioattivi che per l’interessante chimica del cationeUO22+.23-24

In Figura 12 è rappresentata la struttura dell’uranile, che ha simmetria D∞h (struttura

lineare con centro d’inversione), e distanze U–O di circa 180 pm, che indicano l’esistenza di un legame multiplo tra gli atomi di uranio e ossigeno.

Nello stato di ossidazione +6 l’uranio ha configurazione elettronica [Rn], per cui gli elettroni usati per formare i legami provengono dagli atomi di ossigeno.25

Figura 12  Schema di struttura dello ione uranile, che ha ordine di legame 3.

Informazioni strutturali circa la coordinazione in acqua dello ione uranile sono state ottenute da misure diffrattometriche (Raggi X ed EXAFS).

Si è dimostrato che UO2(H2O)52+ è l’aquoione predominante, pur essendo presente anche

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Va detto che l’interpretazione dei dati diffrattometrici dipende dal modello adottato per descrivere il trasferimento di carica degli elettroni dall’acqua all’uranile.26

In Figura 13, è illustrata la coordinazione delle molecole di H2O attorno al

diossocatione.27

Figura 13 – Coordinazione dell’acqua attorno allo ione uranile.[27]

Lo ione UO22+è trasportato nel flusso sanguigno in modo efficiente principalmente perché

legato a H2O, CO32-, molecole organiche a basso peso molecolare e proteine.28

L’uranio esavalente esercita azione genotossica in maniera simile al cromo esavalente. Esso è in grado di danneggiare l’informazione genetica all’interno di una cellula, causando mutazioni e inducendo modificazioni all’interno della sequenza nucleotidica o della struttura a doppia elica del DNA.

Sembra accertato che il catione uranile, agendo come acido hard di Lewis, provochi l’idrolisi del DNA.29

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Molte sono le ricerche indirizzate verso il recupero di radionuclidi dai comparti ambientali, il riprocessamento delle scorie radioattive per la produzione di energia 30] e lo

sviluppo di trattamenti terapeutici utili a eliminare radionuclidi dagli organismi nei casi di avvelenamento dei tessuti dovuto al loro accumulo.

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2.3. Radiolisi dell’acqua

Con il termine di scorie nucleari si indica il combustibile esausto originatosi all’interno dei reattori nucleari,31costituito da:

 94% 238U

 1% 235U

 1% Plutonio

 0.1% attinidi minori

 3-4% altri prodotti di fissione

È importante capire quali siano gli effetti sui comparti ambientali dell’entrata in contatto con il combustibile esaurito, ad esempio in caso d’incidenti o di attacchi terroristici. Il contatto con l’acqua determina la lisciviazione delle scorie.

La solubilizzazione del combustibile può essere ritardata o accelerata dal fatto che l’emissione radioattiva provochi la formazione di specie chimiche molto più reattive dell’acqua stessa.

La valutazione dell’impatto ambientale nello smaltimento del combustibile nucleare esaurito richiede una previsione dei tassi di rilascio dell’uranio, in caso di eventuale contatto tra combustibile esaurito e acque sotterranee.

Una tipologia molto comune di combustibile esaurito (UOX) è composta da UO2 e

tipicamente dal 5% in peso di prodotti di fissione ed elementi transuranici.

Il tasso di dissoluzione di UO2 in soluzioni acquose dipende dal grado di ossidazione

superficiale, che è regolato dal potenziale redox locale.32-33

La solubilità del biossido di uranio può aumentare di molti ordini di grandezza in presenza di ossidanti.34

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Il combustibile esausto è un materiale γ-, β- e α-radioattivo. Pertanto un fattore importante, in grado di influire sulla dissoluzione del combustibile, può essere la produzione di specie che provengono dalla decomposizione radiolitica dell’acqua. Dalla radiolisi dell’acqua si originano sia specie molecolari (H2O2, H2) che radicaliche (e -(aq), H∙), in quantità dipendenti sia dall’energia che dalla dose delle radiazioni ionizzanti

trasferite all’acqua.35-36

La forte attività γ e β del combustibile esaurito diminuisce di più di tre ordini di grandezza nei primi 100 anni dopo lo smaltimento; la radiazione α, invece, anche se inizialmente molto più debole, persiste per un periodo di tempo molto più lungo e, di conseguenza, domina dopo qualche centinaio di anni di stoccaggio.

Dopo mille anni, la composizione dell’acqua entrata in contatto con il combustibile esaurito può essere modificata dai prodotti della radiolisi provocata dalle particelle α emergenti.37

In Figura 14 è rappresentatala schematizzazione delle specie redox e ossidanti che si formano durante la radiolisi.

Figura 7 – Rappresentazione schematica di ossidanti e riducenti prodotti durante la radiolisi e le loro interrelazioni. [37]

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2.4. Idrolisi dell’uranile

La chimica dello ione UO22+ in acqua è caratterizzata da un’ampia varietà di reazioni,

acido-base, di complessazione, redox e di precipitazione.

Soluzioni 10 mM di uranile a pH> 2.5 sono già idrolizzate[38-39], con formazione di specie

polinucleari.

L’idrolisi dell’uranile quindi va descritta attraverso la reazione generale

pUO22+ + qH2O = (UO2)p(OH)q(2p-q)+ + qH+ (1)

La costante di equilibrio della reazione (1)

*βpq = {(UO

2)p(OH)q(2p-q)+} × {H+}q × {UO22+}-p (2)

è scritta ponendo in apice prima del simbolo un asterisco.

A questo simbolismo si ricorre ogni volta che il legante che coordina uno ione centrale si trova in una forma chimicamente differente da quella in cui esso compare tra i reagenti. I coefficienti stechiometrici (p,q) sono utilizzati spesso in alternativa alla formula estesa per individuare una singola specie.

Le costanti di equilibrio dipendono da temperatura, solvente, mezzo ionico, forza ionica.40]

È quindi comprensibile che la letteratura presenti un gran numero di dati di equilibrio, relativi a una pluralità di condizioni sperimentali.

L’idrolisi dell’uranile è stata estesamente studiata, sia mediante potenziometria e spettrofotometria che con tecniche ancillari (misure di solubilità, estrazione in solventi organici, EXAFS, Raggi X di soluzioni, crioscopia, misure cinetiche, ultracentrifugazione, determinazione della massa molecolare delle specie predominanti in soluzione).[41-53]41-42-43-44-45-46-47-48-49-50-51-52-53

(27)

Pagina | 23

È stato dimostrato che i complessi (2,2) e (3,5) sono le specie predominanti, mentre quelli (1,1), (2,1), e (3,4) sono presenti in percentuali minori, a prescindere dall’intorno chimico considerato.54

Tabella 1 Principali reazioni d’idrolisi dello ione UO22+.

UO22+ + H2O = UO2OH+ + H+

2UO22+ + H2O = (UO2)2OH3+ + H+

2UO22+ + 2H2O = (UO2)2(OH)22+ + 2H+

3UO22+ + 4H2O = (UO2)3(OH)42+ + 4H+

3UO22+ + 5H2O = (UO2)3(OH)5+ + 5H+

Non ci sono dati certi, invece, circa i complessi prevalenti a pH alcalino, per concentrazioni di uranile sufficientemente basse da evitare la formazione di fasi solide.55

È stata suggerita l’esistenza delle specie (UO2)3(OH)7-, (UO2)3(OH)82-, (UO2)3(OH)104-,

(UO2)3(OH)115-, UO2(OH)42-,[54] ma non vi è unanimità sul modello prevalente.

In Figura 15 sono rappresentate le possibili strutture per i complessi (UO2)3(OH)82-,

(28)

Pagina | 24 Figura 15 – Ipotetiche strutture di complessi idrolitici dell’uranile. (a1) e (a2) : (UO2)3(OH)104-; (b) :

(UO2)3(OH)82-; (c) : (UO2)2(OH)115-.

Il diagramma di distribuzione di una soluzione di uranile 10-5 M ha l’andamento mostrato

in Figura 16.57

Figura 16 – Diagramma di distribuzione dei complessi d’idrolisi dello ione UO22+. Il grafico è stato

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2.5. Complessi dell’uranile con carbonato e perossido d’idrogeno

Carbonati e carbonati acidi si trovano in concentrazioni rilevanti nelle acque sotterranee naturali,[58-59] come effetto della continua lisciviazione di rocce carbonatiche (la dolomite,

(Mg,Ca)CO3, ne è un esempio) e dell’equilibrio eterogeneo60

(Mg,Ca)CO3(s) + CO2(g) + H2O = (Mg2+, Ca2+) + 2HCO3- (3)

Questi anioni giocano un ruolo importante nel trasporto di radionuclidi a causa della loro capacità di formare con essi complessi solubili di elevata stabilità termodinamica.6161

Gli equilibri chimici nel sistema UO22+  H2O  CO32- sono tra i più studiati.[54-59]

L’esistenza di fasi solide UO2CO3∙nH2O è ampiamente documentata.[54]

Al pH del sangue, il sistema uranilecarbonato è particolarmente importante.

In Figura 17 sono mostrati i complessi dell’uranile predominanti in condizioni fisiologiche, ovvero il tricarbonato e il dicarbonato.

Va tenuto presente, tuttavia, che leganti organici come proteine e peptidi possono legarsi facilmente ai complessi uranilecarbonato, producendo specie ternarie più o meno facilmente trasportabili verso il rene.[30]

(30)

Pagina | 26

Il biossido di uranio, a contatto con soluzioni contenenti carbonato non protette dall’ossigeno atmosferico, può essere ossidato a U(VI) tricarbonato.62

Numerosi sono stati gli studi condotti nel tentativo di comprendere la chimica dell’U(VI) in soluzioni contenenti perossido e carbonato.

Per aggiunta di perossido d’idrogeno a soluzioni alcaline di carbonato ha luogo la formazione di complessi uranilecarbonatoperossido.63

Le prime osservazioni sperimentali hanno evidenziato il netto cambiamento di colore (da giallo ad arancione) che avviene per aggiunta di H2O2 a soluzioni di uranile contenenti

un eccesso di carbonato.64

Figura 18 – Effetto dell’aggiunta (da sinistra a destra) di quantità crescenti di H2O2 a soluzioni

contenenti il complesso UO2(CO)34-. Il cambiamento di colore da giallo ad arancione scuro, indica

una reazione di complessazione con il perossido d’idrogeno.[64]

È risultato che nel complesso UO2(CO3)34- il perossido si sostituisce a un carbonato per

formare l’anione UO2(OOH)(CO3)23-, la cui struttura non è nota. [63-64]

È stata suggerita l’esistenza di perosso-complessi che si formerebbero in presenza di differenti rapporti UO22+:CO32-:H2O2, ma mancano evidenze strutturali in merito.65

Il perossido d’idrogeno funge quindi sia da ossidante, favorendo la dissoluzione di UO2,

(31)

Pagina | 27

La Figura 19 mostra le variazioni delle concentrazioni di perossido in funzione del tempo a quattro diverse temperature iniziali, in soluzioni preparate sciogliendo UO2 in polvere

in 0.5 M Na2CO3 contenente 1.0 M H2O2.

La concentrazione di perossido d’idrogeno diminuisce più rapidamente con un aumento della temperatura della soluzione.

Figura 19  Diminuzione della concentrazione di H2O2 nel tempo in una soluzione di carbonato e

perossido d’idrogeno in equilibrio con UO2 a diverse temperature.

Esiste solo un numero limitato di studi sulla stabilità e la speciazione di uranile perosso-carbonati e uranile tri-carbonato in soluzioni di carbonato ad alti valori di pH.

Nel sistema UO22+-H2O2-CO32- è accertata la formazione di complessi misti, specie

mono e polinucleari.

Quando l’uranileperossocarbonato si trasforma in altre specie, l’individuazione di singole specie chimiche mediante spettrofotometria UV-Vis è molto difficile perché le bande di assorbimento dei complessi sono larghe e intense.

Ciò determina una notevole interferenza con l’assorbimento di altre specie, come l’uranile tricarbonato.

(32)

Pagina | 28

La stabilità dei complessi uranile-perossido-carbonato in funzione del pH è stata studiata anche mediante spettroscopia Raman.[60]

Da un esame della Figura 20 si osserva nell’intervallo 9 <pH< 12 un segnale a 770 cm-1

attribuibile al complesso UO2(O2)(CO3)24-.

Figura 20 – Spettri Raman di soluzioni contenenti uranile, carbonato e perossido, a vari pH.

In composti di uranile contenenti grandi cluster, perossido e ponti idrossido giocano un ruolo chiave.66

Mediante spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (17O-NMR e 13C-NMR) sono

state ottenute altre informazioni sul numero e la stechiometria dei complessi derivanti da reazioni del tipo

pUO22+ + qH2O + rH2O2 + sLx- = (UO2)p(OH)q(O2)r(L)s(2p-q-2r-xs)++ (s+r)H+ (4)

Sono stati identificati più complessi (p,q,r,s), ne è stata determinata la costante di equilibrio e suggerita la struttura.

(33)

Pagina | 29

Le costanti di equilibrio consentono di calcolare la speciazione e quindi di preparare in modo mirato soluzioni in cui siano predominanti, tra quelli possibili, i complessi di una data stechiometria (p,q,r,s).

Le costanti di equilibrio dei complessi (1,1,0,0), (2,2,0,0), (1,1,1,0), (2,1,2,0) sono state studiate combinando spettrofotometria e potenziometria a 25°C anche in tetrametilammonio nitrato (TMANO3).67

I dati sull’idrolisi dell’uranile sono in buon accordo con studi precedenti. Nel sistema ternario sono stati identificati i due complessi UO2(OH)(O2)- e (UO2)2(OH)(O2)2-.

L’attenzione sui poliperossometallati è stata rivolta ai composti degli attinidi, con studi su metodi di sintesi e determinazione della struttura tramite raggi X.68

È importante capire come questi cluster si formino, e se presentino le stesse architetture delle fasi solide stabili dal punto di vista termodinamico.

La caratteristica comune riscontrata nei cluster individuati finora è che essi contengono dei perossogruppi a ponte e, in aggiunta, eventuali altri leganti, come idrossido, ossalato e gruppi pirofosfato.69

È ben noto che in molti solidi l’idrossido può essere sostituito dal fluoruro senza che ciò determini un cambiamento radicale della struttura; tuttavia ciò non si verifica in soluzione, dove non sono stati identificati complessi con il fluoruro a ponte.

Questo fatto può consentire di confermare se i cluster si formano in soluzione o quando si struttura la fase solida.[69]

Gli ioni Li+, Na+ e K+ determinano la stechiometria dei complessi UO

22+H2O2OH-,

presumibilmente a causa di un effetto templante.70

Lo studio del sistema UO22+H2O2OH-F- dimostra che nei due mezzi ionici TMANO3

(34)

Pagina | 30

(UO2)(O2)OH-, mentre complessi del tipo [(UO2)(O2)]4-5, con anelli a 4-5 termini, sono

predominanti in NaNO3.[70]

È stato proposto che questa differenza sia dovuta al fatto che il catione Na+ facilita la

formazione degli anelli a 4-5 termini come nella sintesi degli eteri-corona, cosa che non si verifica nel mezzo ionico TMANO3, forse a causa delle maggiori dimensioni

dell’anione.

L’aggiunta di ioni alcalini in soluzioni acquose contenenti UO2(O2)(OH)- comporta

profondi cambiamenti nella speciazione. Si ha la formazione di due nuovi complessi, M[(UO2)(O2)(OH)]32– e M[(UO2)(O2)(OH)]43– (M : Li, Na, K).

(35)

Pagina | 31

2.6. Il sistema binario UO

22+

-H

2

O

2

La mobilità dell’uranio nell’ambiente, sia esso localizzato in giacimenti naturali o in depositi di scorie nucleari come combustibile nucleare esaurito (Spent Nuclear Fuel, in seguito SNF)71 è controllata dalla dissoluzione di UO

2 in condizioni ossidanti.

Tra le specie ossidanti che si formano in acqua a contatto con SNF come prodotti della radiolisi di H2O per irradiazione α, β e γ, va considerato in particolare H2O2, che è in

grado di ossidare U(IV) a U(VI), portando alla formazione di complessi solubili, specialmente in presenza di carbonato. [72-74]72-73-74

Si osserva un aumento della velocità di dissoluzione di UO2 in presenza di H2O2, in un

ampio intervallo di pH. [75-77]75-76-77

Questi risultati indicano che il rilascio dell’uranio da scorie nucleari potrebbe essere

fortemente influenzato dall’interazione UO2H2O2 in virtù della formazione di fasi solide

e/o di perosso complessi di uranile solubili.

Gli unici perosso-minerali contenenti uranio presenti in natura, studtite (UO2O2∙4H2O) e

metasudtite (UO2O2∙2H2O), sono da tempo oggetto di studio.78

Queste fasi solide si formano nel corso della dissoluzione ossidativa di UO2 in presenza

di acqua.79-80

La formazione dei perossidi di uranile sulla superficie del combustibile nucleare esaurito potrebbe produrre una barriera efficace, in grado di ritardare il processo di corrosione.81

Il crescente interesse verso lo studio del sistema uranile-perossido principalmente per due motivi principali:

la scoperta della probabile formazione, nelle acque alcaline, di cluster a gabbia solubili,82 che contengono fino a 60 atomi di uranio,83 insieme con complessi

(36)

Pagina | 32

presenza di ioni alcalini o rimanere in soluzione per mesi anche in assenza di una fonte di perossido d’idrogeno.84

 nell’incidente di Fukushima Daiichi in Giappone, combustibile irradiato è entrato in contatto con grandi quantità di acqua di mare. L’intenso campo d’irradiazione ha determinato la formazione di prodotti di radiolisi dell’acqua.

In presenza di concentrazioni sufficientemente alte di U(VI) e di H2O2 si possono formare

semplici complessi in soluzione, fasi solide e cluster.[81]

Studtite e metastudtite sono entrambe facilmente sintetizzate85

Lo ione uranile precipita come UO2O2 in soluzioni acide per aggiunta di H2O2[86-89] ]86-87-88-89UO

22+ + H2O2 + nH2O = UO2O2∙nH2O + 2H+ (n: 2 o 4) (5)

tuttavia i meccanismi che presiedono alla formazione di queste fasi solide non sono ancora del tutto chiariti. Sono stati valutati gli effetti di diverse condizioni di pH, mezzo ionico e temperatura sulla reazione (5) mediante microscopia a scansione elettronica (SEM).90

È stata esaminata anche la morfologia delle fasi solide, di cui è stato anche determinato il prodotto di solubilità.91

(37)

Pagina | 33

III. Analisi sperimentale

3.1. Soluzioni utilizzate

3.1.a. Preparazione e standardizzazione di NaOH

Sono state preparate varie soluzioni di NaOH lavando e pesando per eccesso le pasticche di NaOH.

Preparate le soluzioni di NaOH con concentrazione C, si procedeva con la determinazione del titolo delle varie soluzioni effettuando delle titolazioni.

Si impiegava come standard primario l’idrazina solfato N2H5HSO4 (130.132 ± 0.005) g

mol-1).

Il sale dopo esser stato posto in stufa a 150° C per 2 ore, è stato raffreddato in essiccatore e in seguito è stata preparata una soluzione S.

S: (0.1004 ± 0.0001) mol dm-3

La titolazione si basava sulla seguente reazione

HSO4 + OH = SO42 + H2O

utilizzando come indicatore il rosso metile 0.1 %.

Una quantità nota di NaOH veniva pesata, in un pesafiltro, e trasferita quantitativamente in una beuta con 3 gocce di indicatore.

A tal punto si procedeva con la titolazione utilizzando una buretta semi-automatica contenente la soluzione S.

(38)

Pagina | 34 Tabella 2  esempio di una determinazione del titolo di una soluzione stock di NaOH

Campione 1 2 3 Pesafiltro (g) 10.9561 10.1160 10.5631 Pesafiltro + w s.s.NaOH (g) 11.9938 11.1290 11.6840 w s.s NaOH (g) 1.0377 1.0130 1.1209 Veq (cm3) 9.768 9.536 10.556 Titolo (mmol g-1) 0.9451 0.9451 0.9455

(39)

Pagina | 35

3.1.b. Preparazione e standardizzazione di HClO

4

Varie soluzioni di acido perclorico, con concentrazione C, dopo esser state preparate sono state standardizzate.

Le titolazioni, impiegando come standard primario KHCO3 (100.115 ± 0.001) g mol-1 e

rosso metile 0.1 % come indicatore, si basavano sulla seguente reazione

HCO3 + H+ = CO2 + H2O

Lo standard primario veniva pesato, trasferito quantitativamente in una beuta e sciolto con acqua bidistillata.

In seguito si aggiungevano 3 gocce di indicatore e si procedeva con la titolazione tramite una buretta semi  automatica.

Tabella 3  esempio di una titolazione di una soluzione di HClO4

Campione 1 2 3 Pesafiltro (g) 11.0446 11.1956 11.3417 Pesafiltro + w sale (g) 11.1563 11.2960 11.4621 w sale (g) 0.1117 0.1004 0.1204 Veq (cm3) 11.390 10.240 12.272 Titolo (mmol cm-3) 0.09796 0.09793 0.09800 Titolo (mmol g-1) 0.09585 0.09582 0.09589

(40)

Pagina | 36

3.1.c. Preparazione e standardizzazione di H

2

O

2

Per standardizzare la soluzione stock di H2O2 è stato necessario preparare e titolare una

soluzione di KMnO4  0.02 mol dm-3

KMnO4 (158.04 g mol-1)

Per la standardizzazione è stato adoperato come standard primario: Na2C2O4 (133.999 ±

0.001) g mol-1

e si basa sulla seguente reazione

5 H2C2O4 + 2 MnO4 + 6 H+ = 10 CO2 + 2Mn2+ 8 H2O

Tabella 4  esempio della determinazione del titolo di una soluzione di KMnO4 con Na2C2O4

Campione 1 2 3 Pesafiltro (g) 11.1824 11.0536 11.1822 Pesafiltro + w Na2C2O4 (g) 11.3893 11.2943 11.3495 w s.s Na2C2O4 (g) 0.2069 0.2407 0.1673 Veq (cm3) 30.500 35.500 24.700 Titolo (mol dm-3) 0.02025 0.02024 0.02022 Titolo (mmol g-1) 0.01990 0.01990 0.01988

Titolo medio (0.01989 ± 0.00001) mmol g-1

Determinato il titolo di KMnO4 è stato possibile determinare la soluzione di H2O2 che si

basa sulla seguente reazione

2 MnO4 + 5 H2O2 + 6 H+ = 2 Mn2+ + 5 O

2 + 8 H2O

Reattivi utilizzati: 5 cm3 H

(41)

Pagina | 37 Tabella 5  esempio della determinazione del titolo di una soluzione di H2O2 con KMnO4

Campione 1 2 3

Veq (cm3) 7.546 7.350 7.552

Titolo (mol dm-3) 0.1527 0.1524 0.1528

Titolo (mmol g-1) 0.1511 0.1509 0.1513

(42)

Pagina | 38

3.1.d. Preparazione e standardizzazione delle soluzioni NaClO

4

Le soluzioni stock di Sodio Perclorato sono state preparate da Na2CO3 al 99% (Carlo

Erba) e HClO4 70-72% (Sigma-Aldrich) secondo la seguente reazione:

2 HClO4 + Na2CO3  2 NaClO4 + CO2(aq) + H2O

Na2CO3 veniva aggiunto lentamente ad HClO4, questo perché vi era una forte

effervescenza causata dall’anidride carbonica.

La soluzione ottenuta era riscaldata e bollita per mezz’ora per esser sicuri che la CO2

fosse stata allontanata tutta.

Una volta raffreddata veniva regolato il pH portando la soluzione a circa 8 con NaOH 5.00 M e lasciata decantare per 7 giorni, in modo da favorire la precipitazione quantitativa di silicati e idrossidi di Fe(III) e Al(III) eventualmente presenti come impurezze.

Trascorsi 7 giorni la sospensione era filtrata su un filtro porosità G3.

La soluzione veniva portata nuovamente a pH acido, circa 3, con l’aggiunta di qualche goccia di HClO4 e nuovamente tenuta all’ebollizione per 1 ora per eliminare ogni traccia

di CO2 disciolta.

Il titolo era quindi determinato mediante gravimetria, per trattamento in stufa a 120°C per 24 ore.

Circa 3 grammi erano prelevati dalla soluzione di NaClO4 appena preparato.

Si lasciavano i pesafiltri in stufa per 24 ore e si ripesano per determinare il contenuto di acqua presente nella soluzione stock di NaClO4.

(43)

Pagina | 39 Tabella 6  esempio di una delle determinazioni del titolo della soluzione stock di NaClO4 mediante

gravimetria

Campione 1 2 3

Pesafiltro vuoto(g) 32.2904 29.0005 32.2035

Pesafiltro + ss NaClO4 × H2O 35.7995 32.3392 36.2269

Massa ss NaClO4 3.5091 3.3387 4.0234

Massa ss NaClO4 (dopo 24 ore) 1.6952 1.6124 1.9433

Titolo mmol g-1 3.9455 3.9443 3.9448

Titolo mmol g-1 (3.944

(44)

Pagina | 40

3.1.e. Determinazione dell’acidità della soluzione stock di NaClO

4

Se nella soluzione stock, che è stata preparata a partire dalla reazione (I), è presente un eccesso di H+ o se la CO

2 non è stata allontanata del tutto, il titolo (espresso come mmol/g)

è falsato.

2 HClO4 + Na2CO3  2 NaClO4 + CO2(aq) + H2O (I)

Pertanto, si è ritenuto opportuno determinare l’acidità di NaClO4 e questo lo si poteva

effettuare tramite 2 metodi:  titolazione volumetrica  titolazione coulombometrica.

È stata scelta la seconda opzione, essendo il metodo molto più accurato, in quanto il titolante è generato per via elettrochimica, per cui si tratta di una tecnica coulombometrica a corrente costante.

Figura 21  Schema del circuito coulombometrico a corrente costante.

Le prove sono state condotte in una cella termostatata a (25.00 ± 0.03) °C, in mezzo ionico NaClO4 3.00 M con flusso di azoto purificato. Si è partiti da un volume noto, V0 (50 cm3)

(45)

Pagina | 41

S1: 250 cm3 NaClO4 3.000 M

ottenuta partendo dalla soluzione stock di NaClO4

Le coppie di dati sperimentali (μF, E) raccolte nell’esperimento sono state utilizzate per la determinazione delle micromoli equivalenti, μx, attraverso il metodo di Gran.

0 20 40 60 80 100 120 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 F Gx = 2.44844

Figura 8  Esempio di diagramma di Gran per la determinazione delle micromoli equivalenti

Livello zero H3O+ H2O OH-

A b

a B

Dal livello zero e dal seguente bilancio [H+] + C

B = CA+ [OH-]

è possibile determinare H (l’eccesso analitico di ioni idrogeno)

(46)

Pagina | 42

In ambiente acido si ha che H  0 e [OH-]  10 M quindi

h  H  ( )

μ0 = μmol di acido in NaClO4 3.0002 M

μ = μmol di acido aggiunte

per determinare, quindi, la quantità in eccesso di ioni idrogeno nella soluzione stock iniziale

H = ×

In conclusione, la soluzione stock mostra la seguente composizione per quanto riguarda la quantità di HClO4

Tabella 7  quantità di HClO4 presenti in NaClO4

(47)

Pagina | 43

3.1.f. Standardizzazione della soluzione di UO

2

(ClO

4

)

2

Per determinare il titolo della soluzione stock sono state eseguite 2 metodiche: ► Determinazione gravimetrica

► Determinazione volumetrica

in modo tale da poter decidere quale impiegare, perché la conoscenza precisa del titolo è un fattore molto importante per la riuscita con precisione delle titolazioni successive. Teoricamente la determinazione gravimetrica è di per sé più precisa ed accurata di quella volumetrica.

Per quanto riguarda la determinazione gravimetrica si basa sulla reazione tra UO22++ e

NH3 che porta alla formazione di idrossidi di uranio e uranati di ammonio.

UO22+ NH3 + H2O = UO2(OH)2(s) + 2NH4+

La determinazione del titolo della soluzione stock prevedeva l’utilizzo di crogioli filtranti con porosità G4 che venivano posti in muffola affinché avessero il peso costante. Si seguiva la seguente rampa:

- 3 ore per passare dalla temperatura iniziale (Temperatura ambiente) alla temperatura finale (900°C)

- la temperatura rimaneva costante a 900°C per 12 ore - infine seguiva un tempo t di raffreddamento ( 8 ore).

(48)

Pagina | 44 Figura 23  illustrazione della muffola utilizzata

I crogioli erano posti in essiccatore contenente perclorato di magnesio anidro (Mg(ClO4)2). Campione 1 2 3 Massa (g) crogiolo I trattamento 28.47208 29.17604 27.82786 II trattamento 28.47224 29.17622 27.82802

In seguito, quantità note (23 g) di soluzione stock di UO2(ClO4)2 erano pesate e

trasferite, con acqua bidistillata, quantitativamente nei rispettivi becker.

Campioni

I II III

Pesafiltro vuoto (g) 15.34504 11.62900 14.94567

Pesafiltro vuoto +s.s. (g) 17.85704 13.65390 17.90641

(49)

Pagina | 45 Figura 9  Esempio di trasferimento quantitativo con acqua bidistillata in un becker di una

quantità nota di UO2(ClO4)2

Goccia a goccia veniva aggiunta NH3 concentrata fino alla completa precipitazione.

Figura 25  Esempio di aggiunta di NH3 concentrata fino alla completa precipitazione.

Si lasciava decantare per una notte; in foto è evidente la formazione del solido, detto “yellow cake”

(50)

Pagina | 46 Figura 2610  Esempio della formazione del solido detto “yellow cake”.

La soluzione era posta sul crogiolo per effettuare la filtrazione. In seguito, si disponeva il tutto nuovamente in muffola a 900°C per 12 ore per la calcificazione, in modo tale da ottenere l’octaossido di triuranio U3O8.( UO22UO3), un solido con colorazione verde

oliva. Campione 1 2 3 Massa (g) crogiolo + s.s I trattamento 28.77915 29.36631 28.14547 II trattamento

Ottenuto il peso del crogiolo costante, dopo i trattamenti in muffola è possibile determinare il titolo della soluzione stock di UO2(ClO4)2

massa di U3O8 = massa (g) crogiolo + s.s  massa (g) crogiolo

(51)

Pagina | 47

mol UO2(ClO4)2 = 3 mol U3O8

Questa procedura per la determinazione del titolo della soluzione stock non ha prodotto i risultati sperati, in quanto la filtrazione non è stata efficace e di conseguenza è stata presa in considerazione la titolazione volumetrica, che nonostante mostri, a priori, un errore maggiore rispetto alla titolazione gravimetrica, ha rivelato una grande accuratezza. Per la titolazione volumetrica è stata effettuata una titolazione con H2O2, utilizzando come

indicatore il rosso metile 0.1%, secondo la seguente reazione UO22+ + H2O2 + H2O = UO2O2 × 4H2O(s) + 2H+

Figura 27  Illustrazione della buretta automatica Metrohm Dosimat 750 utilizzata per la determinazione volumetrica del titolo della soluzione stock di UO2(ClO4)2

(52)

Pagina | 48 Tabella 8  Determinazione del titolo espresso in mmol g-1 della soluzione stock di UO2(ClO4)2

Campione 1 2 3 Pesafiltro vuoto(g) 11.2789 10.9567 12.4924 Pesafiltro + ss UO22+ 12.2977 11.9727 13.5096 Massa ss UO22+ 1.0188 1.0160 1.0172 Veq (cm3) NaOH 7.860 7.830 7.836 Titolo mmol g-1 0.4077 0.4073 0.4071 Titolo mmol g-1 (0.4074 ± 0.0003)

(53)

Pagina | 49

3.2. Determinazione del prodotto di solubilità di UO

2

O

2(s)

La determinazione della costante di equilibrio della reazione

UO2O2 × 4H2O(s)+ 2H+ = UO22+ + H2O2 + 4H2O (6)

espressa come

K = ×[ ]

[ ] (7)

è stata definita con una metodologia innovativa, ovvero per via potenziometrica – amperometrica.

In una cella di titolazione, termostatata a 25°C, era trasferito un volume noto, V0, di una

soluzione di composizione generale

S1: B0 M UO2(ClO4)2, H0 M HClO4, (3.000 – 2B0 – H0) M NaClO4

la cui acidità totale, H0, era sufficiente a reprimere l’idrolisi dell’uranile.

La soluzione, attraversata da un flusso costante di N2 purificato e pre-saturato alla

tensione di vapore dell’H2O su NaClO4 3.00 M, era quindi titolata con volumi noti (VT1)

della soluzione

T1: NaOHHT1 M, NaClO4 3.000 M

Dopo ogni aggiunta era misurato il potenziale (E, in mV) della cella

RE │ TS │ GE (I)

dove

GE: elettrodo a membrana di vetro

TS (Test Solution): soluzione oggetto di esame

RE: Ag, AgCl │ 0.010 M NaCl, 2.990 M NaClO4 │ 3.000 M NaClO4

elettrodo di riferimento ad Ag, AgCl esterno alla cella, ma in contatto elettrico con essa attraverso un ponte salino.

(54)

Pagina | 50

A 25°C l’equazione di Nernst per la cella (I) si può scrivere nella forma

E = E0 + 59.16logh (8)

Nell’eq.(8) si è posto h : [H+];il termine E0, costante di cella, contiene anche il coefficiente

di attività degli ioni idrogeno e il potenziale dell’elettrodo di riferimento.

Gli equilibri protolitici che si instaurano nel corso della titolazione possono essere interpretati quantitativamente definendo un livello zero, dal quale ricavare il bilancio di massa degli ioni idrogeno, o Condizione Protonica

Livello zero H3O+ H2O OH -HClO4 ClO4 -Na+ NaOH UO22+ (UO2)p(OH)q(2p-q)+ espressa come

h + Cb = [OH-] + Ca + ∑∑q[(UO2)p(OH)q(2p-q)+] (9)

Nell’eq.(9) si è posto [H3O+] : h

CNaOH : Cb

CHClO4 : Ca

Durante la titolazione l’acidità totale della soluzione, H, è data da

= − = (10)

Fino a valori di pH tali per cui l’uranile non è idrolizzato, l’acidità totale coincide con la concentrazione di ioni idrogeno all’equilibrio. Pertanto

(55)

Pagina | 51

h = H (11)

I dati (VT1, E) raccolti in una prima parte dell’esperimento erano utilizzati per determinare

la costante di cella con il metodo di Gran.

L’equazione di Nernst era linearizzata nella forma

0 0 T1 T1

16 . 59 0 E 16 . 59 E 1 T 0 V ) 10 10 H V H V V ( G       (12)

Riportando il primo membro dell’eq.(12) in funzione del volume di titolante aggiunto si ricava il grafico riportato in Figura 28

0 5 10 15 0.0 0.1 0.2 0.3

G

VT1

,cm

3

Figura 11 – Esempio di diagramma di Gran per la determinazione di H0 ed E0.

Dall’intercetta della funzione di Gran a ordinata zero si ottiene

= ( ) (13)

(56)

Pagina | 52

Una volta determinata la costante di cella era possibile ottenere dalla misura del potenziale, attraverso l’eq.(14)

= − ℎ =

. (14)

l’acidità all’equilibrio h, anche quando non coincideva con quella analitica, ad esempio in presenza di idrolisi dell’uranile.

Interrotto il mescolamento forzato della soluzione, in essa era quindi introdotto un volume noto della soluzione

T2 : A M H2O2, 3.000 M NaClO4

in modo tale da ottenere la formazione di una fase solida, rilevabile sia dalla torbidità della soluzione, sia dalla deriva del potenziale verso valori più positivi.

Entrambi gli effetti erano conseguenza della reazione

UO22+ + H2O2 + 4H2O = UO2O2·4H2O(s) + 2H+ (15)

Il potenziale misurato al momento dell’incipiente precipitazione di UO2O2 permetteva di

determinare h; si assumeva inoltre che la concentrazione di uranile all’equilibrio, essendo minima la quantità di U(VI) sottratta dalla formazione della fase solida, coincidesse con quella analitica al momento dell’introduzione di H2O2 nella soluzione.

Per ottenere il valore di Ks restava da determinare la concentrazione di perossido

d’idrogeno in equilibrio con il solido.

A tale scopo un’aliquota della sospensione era prelevata e filtrata. La concentrazione di H2O2 in un volume noto del filtrato era determinata per titolazione biamperometrica con

bromo prodotto mediante coulombometria a corrente costante.

La scelta di Br2 come agente ossidante è motivata dal potenziale standard della coppia

Br2/Br- (1065 mV) sufficientemente alto da permettere l’ossidazione quantitativa del

(57)

Pagina | 53

La titolazione di H2O2 era condotta in una cella contenente KBr 1M, nella quale erano

immersi elettrodi che costituivano un sistema biamperometrico e un circuito coulombometrico.

Il sistema biamperometrico era costituito da una coppia di lamine parallele di platino (1 cm2 di superficie) tra le quali era applicata una differenza di potenziale nota (50 mV).

Il circuito coulombometrico

(-) C (grafite) │ KBr 1 M ││ Soluzione da analizzare │ Pt (+)

era costituito da un filo di Pt che fungeva a da anodo e da un contro-elettrodo di grafite immerso in KBr 1 M, in contatto elettrico con la soluzione attraverso un setto poroso in vetro sinterizzato.

La separazione fisica tra contro-elettrodo e soluzione da analizzare si rendeva necessaria per evitare che prodotti di riduzione catodica interferissero con la reazione anodica

2Br- → Br

2(aq) + 2e- (16)

La reazione elettrochimica (16) era controllata misurando il tempo (t, in secondi) di erogazione di una corrente d’intensità accuratamente nota (0.300 mA).

La quantità di Br2 prodotto mediante la reazione (16) era determinata con l’equazione di

Faraday

mmolBr = × . × (17)

Nell’eq.(17)

F = 96487 Cmol-1 : costante di Faraday

Nel corso dell’elettrolisi era misurata anche la corrente (i, in µA) nel circuito biamperometrico.

(58)

Pagina | 54 Figura 29 – Schematizzazione dei circuiti biamperometrico (in blu) e coulombometrico (in rosso e

nero) utilizzati per la determinazione biamperometrica di H2O2 con Br2 prodotto mediante

coulombometria a corrente costante.

Figura 30 – Immagine del dispositivo utilizzato nella titolazione biamperometrica di H2O2 con Br2

prodotto mediante coulombometria a corrente costante.

La determinazione era condotta in due fasi.

All’inizio della titolazione la corrente misurata nel circuito biamperometrico si manteneva al di sotto dei nA per alcuni secondi.

In questa prima fase il bromo prodotto in KBr ossidava eventuali impurezze riducenti presenti in soluzione (Imp(Red) e Imp(Ox), rispettivamente)

(59)

Pagina | 55

Una volta titolate le impurezze riducenti, la presenza di un eccesso di Br2 era segnalata

dall’aumento della corrente rilevata nel circuito biamperometrico, depolarizzato a causa delle concomitanti reazioni, catodica

Br2(aq) + 2e- → 2Br- (19)

e anodica

2Br- → Br

2(aq) + 2e- (20)

Dati (t, i)1 erano raccolti fino a produrre in KBr un eccesso di alcune micromoli di Br2(aq).

La generazione coulombometrica di bromo era quindi interrotta, e iniziava la seconda fase della titolazione.

Nella soluzione era introdotto un volume noto (Vx, in cm3) della sospensione filtrata,

tramite micropipetta.

Nel momento in cui il campione era aggiunto alla cella, la corrente registrata si riduceva a zero, a causa della reazione

Br2(aq) + H2O2 = 2Br- + O2(g) + 2H+ (21)

che consumava tutto il bromo presente in cella.

Quantità note di Br2(aq) erano quindi prodotte in aliquote successive mediante il circuito

coulombometrico.

Dati (t, i)2 erano raccolti fino a ottenere nuovamente alcune micromoli di bromo in

eccesso.

Le due serie di coppie di dati, (t, i)1e (t, i)2, riportate in grafico, si allineavano in modo da

ottenere due rette.

Le intercette a ordinata nulla fornivano i tempi di elettrolisi occorrenti per titolare le impurezze riducenti (t1) e la somma di queste più il perossido d’idrogeno (t2).

La differenza (t2 - t1) corrispondeva al tempo di elettrolisi occorrente a produrre la

(60)

Pagina | 56 0 20 40 60 80 100 0.0 0.1 0.2 0.3 0.4

t

1 t, s i,

A

t

2

Figura 31 – Esempio di titolazione biamperometrica di H2O2 con Br2 prodotto mediante

coulombometria a corrente costante.

La differenza tra le intercette delle due rette forniva il tempo in secondi necessario per calcolare la concentrazione incognita di H2O2 mediante l’equazione di Faraday.

x O H F V t t C      0.300 2 1 2 1 2 2 (22)

Il valore del prodotto di solubilità determinato in sette esperimenti distinti è risultato logKs =  2.79 ± 0.02

dove l’incertezza corrisponde a tre volte la deviazione standard.

Il valore ottenuto con questo metodo che si è dimostrato essere economico, veloce ed accurato è risultato in buon accordo con quelli riportati in letteratura (10-2.7±0.2 e 10 -2.8±0.1).[94]

(61)

Pagina | 57

3.3. Studio degli equilibri protolitici dell’acido glicolico

L’acido glicolico a temperatura ambiente si presenta come solido, incolore, inodore e altamente solubile in acqua.

Anche se lo si può ottenere per via sintetica,92 lo si classifica come prodotto naturale

perché è estratto da:  canna da zucchero  ananas

 barbabietola da zucchero  uva acerba

 melone

Si utilizza per una vasta gamma di processi chimici, nella cosmesi 93 e come precursore

per i biopolimeri; ad esempio può essere polimerizzato per sintetizzare l’acido poliglicolico (PGA), molecola le cui ottime proprietà di resistenza meccanica e di barriera ai gas la rendono un materiale ideale per gli imballaggi.94

Il copolimero ottenuto dagli acidi lattico e glicolico, il poli (acido latticocoglicolico) (PLGA), approvato dalla Food and Drug Administration statunitense (FDA),è utilizzato per una miriade di applicazioni mediche, in ragione delle sue biodegradabilità e biocompatibilità.95

(62)

Pagina | 58

L’acido glicolico, è oggi principalmente prodotto per via chimica, da risorse petrolchimiche in un processo che però richiede l’uso di formaldeide.

La tossicità di quest’ultima ha suggerito la ricerca di vie sintetiche alternative, come la produzione biotecnologica, particolarmente vantaggiosa.

La produzione di acido glicolico da materie prime come la biomassa lignocellulosica rappresenta la strada più sostenibile ed anche economicamente percorribile.

L’acido glicolico è prodotto in natura da una varietà di microrganismi per ossidazione del

glicole etilenico 96 e per idrolisi del glicole  nitrile.97

Un percorso meno esplorato è il ciclo del gliossilato, dove composti come l’etanolo sono naturalmente convertiti in gliossilato; quest’ultimo può essere ulteriormente convertito in acido glicolico per vie metaboliche.

Il ciclo del gliossilato è noto per diverse specie di batteri, funghi e piante. Sono descritti alcuni approcci sintetici che prevedono l’uso di Escherichia coli, ma le condizioni di fermentazione sono limitate perché deve essere mantenuto un pH prossimo alla neutralità. Con molte specie fungine il vantaggio è la loro tolleranza verso condizioni di pH basso, il che riduce i costi di produzione e l’accumulo di prodotti di scarto.

Recentemente è stato dimostrato che l’acido glicolico può essere prodotto dal ciclo del gliossilato tramite una riduzione con un opportuno enzima reduttasi.

(63)

Pagina | 59 Figura 33 – Ingegnerizzazione del ciclo gliossilato per la produzione di acido glicolico in

SaccharomycesCerevisiae. La modificazione genetica è indicata da frecce in grassetto e tratteggiate.

L’acido glicolico può dar luogo alla formazione simultanea di legami a idrogeno intra- e intermolecolari, e alla formazione d’interazioni deboli C-H····O. 98

Studi di spettroscopia Raman e infrarossa suggeriscono che l’acido glicolico esista come monomero in soluzioni acquose diluite.99

Poiché le costanti delle reazioni

HL = H+ + L (23)

HL + H+ = H

2L+ (24)

in seguito, indicate con X1 e X2, a 25°C in NaClO4 3.00 M non sono riportate in letteratura,

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