Capitolo 1 : La Scia edilizia
L’art 19 della legge sul procedimento amministrativo ( l.n.241/1990 ), rubricato,al suo esordio, come D.I.A per poi divenire, con una modifica intervenuta nel 2010, S.C.I.A, insieme ad altri meccanismi del silenzio assenso, silenziodiniego, sono il frutto più complesso che i meccanismi di semplificazione e liberalizzazione degli anni ‘90, potessero offrirci. Ancora oggi, nonostante più interventi giurisprudenziali e normativi, la struttura giuridica dell’istituto è di difficile collocazione nel nostro ordinamento per alcune antinomie e dissonanze. Particolarmente delicata è stata la questione relativa all’applicabilità della Scia alla materia edilizia. Nel prosieguo della trattazione, concentreremo la nostra attenzione su questo specifico problema interpretativo che da anni divide la dottrina e la giurisprudenza, in seguito anche ai più recenti interventi normativi che si sono avuti, e sui tentativi di dare alla materia una precisa collocazione all’interno del nostro ordinamento. Faremo infatti riferimento alla ultimissima modifica intervenuta con la legge n. 124 del 2015, con cui si è inciso nuovamente sull’art 19 della l. n.241/1990. Prima di esaminare dettagliatamente il contenuto della riforma, è imprescindibile un richiamo a quelli che sono stati i problemi relativi all’applicazione della Scia alla materia edilizia, alle incertezze che si sono avute con i più importanti interventi legislativi. Iniziamo innanzitutto a delineare la figura della Scia edilizia e le sue caratteristiche pregnanti. 1.1 : Dalla Dia alla Scia L’art. 19 della legge 241/1990 nella sua versione originaria andava a disciplinare l’istituto della D.I.A. ( Dichiarazione Inizio Attività). Questo acronimo,dall’apparente semplicità, ha fatto sorgere sin dalle sue origini non poche perplessità. In particolare, nel dettare le prime “regole generali” per l’esercizio dell’attività amministrativa, la legge n. 241/ 1990, oltre ad introdurre in via generale la possibilità di attribuire al silenzio serbato dall’amministrazione sulle istanze di autorizzazione , licenza, nullaosta o altri atti di assenso il valore di accoglimento implicito delle medesime ( c.d. silenzioassenso disciplinato dall’art. 20 della l.n. 241/ 1990 ) il legislatore ritenne di poter più radicalmente sostituire il controllo preventivo sulle istanze per l’ottenimento di atti lato sensu autorizzatori o permissivi non discrezionali e non contingentati o non interferenti con la tutela di interessi “sensibili” con
una mera denuncia ( o dichiarazione ) di inizio attività da parte dell’interessato, soggetta ad un mero controllo successivo. 1 L’art. 2 comma 10 della l. n.24 dicembre 1993 n. 537, sostituendo il testo originario dell’articolo, invertì la disposizione, stabilendo che, ad esclusione dei casi in cui i titoli devono essere rilasciati previa valutazione tecnica o previo apprezzamento puramente discrezionale , tutte le attività già soggette al rilascio di un titolo abilitativo diventavano esercitabili in assenza di quest’ultimo, con l’unico limite del decorso del termine , qualificato come perentorio, di sessanta giorni, entro il quale l’amministrazione poteva intervenire a inibire o reprimere l’abuso. 2 Il d.l. n.35 del 2005 ha ampliato il raggio di applicazione dell’istituto stabilendo che “ ogni atto di autorizzazione,licenza,concessione non costitutiva,permesso o nulla osta comunque denominato,comprese le iscrizioni in albi o ruoli richiesti per l’esercizio di attività imprenditoriale,artigianale e commerciale, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti o presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale, è sostituito da una dichiarazione dell’interessato,corredata anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste”. Dal deposito della dichiarazione iniziava a decorrere un termine di 30 giorni, trascorso il quale,il soggetto procedente poteva avviare la sua attività,dandone contestuale comunicazione all’amministrazione.Da quest’ultima comunicazione,iniziava a decorrere un’ulteriore termine, di 30 giorni, entro cui l’amministrazione, nel caso in cui accertava la carenza delle condizioni e dei requisiti abilitativi, poteva inibire la prosecuzione dei lavori o dell’attività, mediante l’emanazione di un provvedimento espresso. Restava comunque fermo il potere della P.A. di agire in autotutela ai sensi dell’art. 21 quinques e nonies l. n.241/1990. Estendendo anche alla nuova d.i.a generale una regola di dubbia coerenza fissata dalla normativa di settore per la d.i.a in materia edilizia , la riforma del 2005 ha poi espressamente riconosciuto anche in riferimento alla prima la valenza dei poteri di autotutela di cui agli artt. 21 quinquies e 21nonies della stessa legge n.241 , concernenti rispettivamente la revoca e l’annullamento d’ufficio di provvedimenti amministrativi precedentemente adottati . 3 L’art. 19 venne poi ulteriormente modificato nel 2009 ad opera della legge n.69 : venne introdotta una deroga al divieto di iniziare i lavori dopo i 30 1 M.A. Sandulli “ Dalla d.i.a alla s.c.i.a: una liberalizzazione a rischio” in Riv. Giur. Ed. 2010, fasc.6 2 M.A Sandulli in Riv.Giu.Ed. cit. 3 M.A.Sandulli in Riv. Giu. Ed cit.
giorni dalla presentazione della D.I.A ; si era infatti stabilito che le attività concernenti impianti produttivi di beni e di servizi di cui alla direttiva europea 2003/123/CE, potevano essere avviate già dalla data di presentazione della dichiarazione, residuando nelle mani della P.A. un potere di controllo, entro 30 giorni dalla dichiarazione. Entra a far parte degli istituti di liberalizzazione la superDia o Dia ad effetto immediato, che in fondo fu il primo passo verso l’introduzione della Scia. Ma il cambiamento più incisivo in materia si ebbe con l’art. 49 comma 4bis del decreto legge n. 78 del 2010 che ha completamente riscritto l’art 19 della l. n.241/1990 , rendendo la dichiarazione ad effetto immediato la figura dominante e generalizzata. Cambia nome ( Segnalazione Certificata di Inizio Attività ) ma non è altro che la continuazione del disegno avviato con l’introduzione della super D.I.A. appena un anno prima. La Scia si pone in linea di continuità con questo ultimo istituto e ne generalizza l’ambito applicativo. Sovvertendo il regime previgente che, di norma, subordinava l’avvio dell’attività denunciata al decorso del periodo di tempo nel quale l’amministrazione competente avrebbe dovuto esercitare il potere di controllo sulla sussistenza dei dei presupposti per l’esercizio della medesima in base alla semplice d.i.a , il secondo comma del nuovo art.19 stabilisce che “ l’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione all’amministrazione competente”. Il comma successivo è dedicato al controllo “postumo” da parte dell’amministrazione competente che, “ in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di 60 giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa,salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente suddetta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a 30 giorni”. Superato il termine, il potere di autotutela sussiste 4 ma con una restrizione: l’intervento potrà avvenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell’impossibilità di adeguamento dell’attività alla normativa vigente. Rispetto al testo precedente si riscontra una indicazione più puntuale dei documenti da presentare a corredo della segnalazione; al riguardo si precisa che la segnalazione deve essere accompagnata da determinate dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà, nonché dalle attestazioni
e asseverazioni di tecnici abilitati, dalle dichiarazioni di conformità attestanti il possesso dei requisiti , rilasciate dalle cc.dd. “Agenzie delle Imprese”; devono infine essere acclusi gli elaborati tecnici necessari a consentire le verifiche da parte delle P.A. L’applicazione della nuova disciplina è comunque subordinata ad alcune condizioni di accesso ovvero: a) che il rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o di atti amministrativi a contenuto generale ; b) che non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti imposti dalla normativa comunitaria; c) che non si versi nelle attività economiche a prevalente carattere finanziario , ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo n.58 del 1998. La segnalazione così come è stata delineata dovrà essere corredata da dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per i dati afferenti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000. La portata significativa di queste asseverazioni sta nel fatto che ogni autocertificazione,attestazione o certificazione sostituirà anche l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive; restano ovviamente salve le facoltà di verifiche successive da parte degli organi e delle amministrazioni competenti. Lo spazio operativo dell’amministrazione competente è soltanto quello di adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi, entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della segnalazione. La fattispecie è a formazione progressiva,e come abbiamo già sottolineato, l’attività può essere iniziata il giorno stesso della presentazione della segnalazione. L’amministrazione ha però la facoltà di fissare un termine, generalmente superiore a 30 giorni e mai inferiore, entro cui l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività e i suoi effetti, ovviamente se ciò sia possibile. A fronte del cambiamento di regime, è possibile effettuare una comparazione: con la D.I.A. ordinaria, il cittadino doveva attendere 30 giorni per l’attività ed ulteriori 30 per l’eventuale esercizio del potere inibitorio della P.A.; con la S.C.I.A nessun termine per avviare l’attività e 60 giorni per l’eventuale esercizio del potere inibitorio della P.A.
La S.C.I.A. è certamente più celere della D.I.A ordinaria ma più lenta rispetto alla D.I.A ad effetto immediato. Com’è facilmente intuibile la S.C.I.A rappresenta un compromesso del nostro sistema. Inoltre, aspetto non trascurabile, è che la semplificazione in questione non è sinonimo di rapidità: per la compilazione di una S.C.I.A è infatti necessario che il testo sia corredato di pareri certificati rilasciati da organismi abilitati, il che non esclude tempi prolungati. Su questo punto si coglie una netta differenza di disciplina tra S.C.I.A e D.I.A. L’attività oggetto della Scia infatti, può essere iniziata dalla data di presentazione allo Sportello Unico, senza dover attendere il decorso di nessun termine. Tuttavia il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale , nel caso in cui accerti la carenza dei requisiti e dei presupposti, nel termine di 30 giorni, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti dannosi di essa, salvo che,ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformarsi alla normativa,nel termine non inferiore a 30 giorni.Detto termine è stato fissato dal d.l.70/2011 in deroga al termine di 60 giorni previsto in via generale per la S.C.I.A ed è previsto nel comma 6bis dell’art. 19 della legge n. 241/1990 così come introdotto dal d.l. 70/2011 suddetto. Decorso il termine per l’adozione di tali provvedimenti, all’amministrazione è consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico,culturale,per l’ambiente, per la sicurezza pubblica e la difesa nazionale. Nel corso del 2011 e con gli interventi legislativi del 2012 sono state apportate ulteriori modifiche che brevemente esponiamo: ● è stato introdotto il “silenzio assenso” per il rilascio del permesso di costruire, ad eccezione dei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici e culturali; ● è stata estesa la S.C.I.A agli interventi edilizi precedentemente compiuti con D.I.A ; ● si è tipizzato nella prassi un nuovo schema contrattuale: la “cessione di cubatura”; ● per gli edifici adibiti a civile abitazione “l’autocertificazione “ asseverata da un tecnico abilitato sostituisce la cosiddetta “ relazione acustica”; ● sussiste l’obbligo per i Comuni di pubblicare sul proprio sito istituzionale gli allegati tecnici agli strumenti urbanistici; ● infine è indicata la necessità di approvare una legge nazionale quadro per la riqualificazione incentivata delle aree urbane ed un termine fisso per eventuali normative regionali.
Con l’introduzione generalizzata della S.C.I.A nell’edilizia e con la ( re) introduzione del silenzio assenso, se da un lato si svincola la parte privata dalla dipendenza provvedimentale pubblica, dall’altro lato sono posti in capo al privato notevoli oneri di attestazione autocertificazione. Si trasferisce cioè sulla parte privata e sul tecnico incaricato il compito di effettuare una vera e propria istruttoria. L’assolvimento di siffatto onere è peraltro accompagnato dalla previsione di una sanzione penale di particolare gravità a carico del tecnico, con una pena minima di reclusione da uno a tre anni per false attestazioni. L’art. 19 della legge n.241/1990 comma 1 è stato ancora modificato nel 2012 con decreto legge n.5, il quale ha precisato che le attestazioni dei tecnici abilitati devono essere allegati alla segnalazione nei soli casi previsti dalla legge,escludendo quindi la obbligatorietà di tali allegazioni nei casi in cui questa non è espressamente richiesta dalla normativa vigente. Il secondo comma precisa che l’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata sin dalla data di presentazione della segnalazione stessa all’Amministrazione competente. Si consente dunque al privato di iniziare qualsiasi attività soggetta a Scia sin dalla sua presentazione ; in un’ottica di velocizzazione e snellimento viene completamente eliminato il termine di trenta giorni che doveva attendere colui che volesse avviare una delle attività non ricomprese nella “Direttiva Servizi”. Il comma tre riporta a sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione il termine entro il quale l’Amministrazione competente può esercitare i suoi poteri di verifica e controllo e di inibizione degli effetti. Questo per la Scia in generale. Nei casi di Scia in materia edilizia il comma 6bis stabilisce che il termine di sessanta giorni è ridotto della metà, quindi è di trenta giorni Il comma 6ter così recita: “ La Segnalazione certificata di inizio attività,la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili . Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti alle Amministrazioni e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, comma 1, 2,e 3, del decreto legislativo n. 104 del 2010.
1. 1.1: Le incertezze nel passaggio dalla D.I.A alla S.C.I.A in edilizia
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Con l’introduzione del nuovo articolo 19 della legge n.241/ 1990 ad opera della legge n.122 del 2010, i primi dubbi che si sono posti hanno riguardato l’ambito di applicabilità della nuova S.c.i.a, in particolare per quanto riguarda la materia edilizia. La nuova formulazione dell’istituto prevede 5 5 Sara Di Cunzolo “D.I.A. e S.C.I.A in materia edilizia” in “La S.C.I.A” Officina del Diritto, Giuffrè Editore , 2012 pp. 5556che :” la segnalazione dell’interessato possa sostituire ogni atto di autorizzazione,licenza, concessione, permesso o nulla osta comunque denominato” a condizione che: il rilascio dell’atto dipenda solo dall’accertamento dei requisiti e presupposti previsti dalla legge o da atti amministrativi; non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio; non siano previsti vincoli paesaggistici o culturali. Dalla lettura dei lavori preparatori del d.l. 78 convertito nella l. n. 122 /2010 si desume che la S.c.i.a è stata approvata con finalità applicativa generale tale da incidere su tutti i regimi autorizzativi inerenti alle attività produttive, dal commercio all’edilizia. A sostegno di questa impostazione vi è il dato letterale di cui al comma 4ter dell’articolo in commento, il quale ha subito stabilito che l’espressione “ segnalazione certificata di inizio attività e S.c.i.a sostituiscono rispettivamente quelle di “ dichiarazioni certificate di inizio attività” e “D.i.a”. Logica conseguenza è che la disciplina della S.c.i.a, contenuta nella legge n.241 del 1990 trova attuazione piena anche in materia edilizia. Non è un caso che il legislatore, nello specificare le tipologie di documentazione richiesta dalla normativa di settore a corredo della segnalazione, abbia annoverato pure le “ asseverazioni di tecnici abilitati e gli elaborati tecnici”. La questione è stata definitivamente chiarita con il d.l. n.70 /2011, convertito in legge 12 luglio 2011 n.106. All’art. 5 si prevede che l’art.19 della l.n.241/1990 si applica anche alle denunce di inizio attività in materia edilizia, sostituendo il regime della D.i.a di cui agli articoli 22 co, 1 e 2, e 23 del D.P.R. n. 380/2001, con la sola esclusione dei casi contemplati al comma 3 dell’art. 22, rispetto ai quali è prevista la possibilità di alternare la D.I.A al permesso di costruire. I termini assegnati all’Amministrazione Comunale per intervenire sulla S.C.I.A sono ridotti da 60 a 30 giorni e tutte le disposizioni sulla vigilanza e sulla responsabilità del progettista sono estese a quest’ultima. 1.1.2. La circolare della Presidenza del Consiglio di chiarimento sulla S.c.i.a in edilizia. Fino a quando non è intervenuto il legislatore nel 2011, vi erano molti dubbi circa l’applicabilità del regime della S.c.i.a alla materia dell’edilizia. Intervenne l’Ufficio legislativo del Ministero per la Semplificazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che con la Circolare del 16 settembre 2010 prot. n.1340, precisò che la S.c.i.a. consentiva di iniziare
immediatamente l’esecuzione dei lavori senza la necessità di dover attendere alcun termine per la scadenza; questa, in sostanza, era la più grande differenza con il regime precedente della D.i.a. Quindi la S.c.i.a. doveva ritenersi applicabile anche alla materia edilizia. Le motivazioni di tale affermazione potevano essere riassunte in quattro punti fondamentali: 1) Il primo riferimento è il dato letterale dell’articolo 49, comma 4ter del d.l. n.78/2010, come convertito in l.n. 122/2010, il cui tenore non lascia spazio a dubbi interpretativi: “ il comma 4bis attiene alla tutela della concorrenza ai sensi dell’art.117 Costituzione e costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi della lettera m) del medesimo comma. Le espressioni “ segnalazione certificata di inizio attività e S.c.i.a. sostituiscono rispettivamente la dichiarazione certificata di inizio attività e la D.i.a., ovunque ricorrano, anche come parte di una espressione più ampia, e la disciplina di cui al comma 4bis sostituisce direttamente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, quella della dichiarazione di inizio attività recata da ogni normativa statale e regionale.” 2) Il secondo motivo inerisce alla circostanza che il nuovo testo dell’articolo 19 non contiene l’espressa esclusione della S.c.i.a. 3) In terzo luogo, si afferma che come la S.c.i.a. fonda la propria essenza sulle asseverazioni dei tecnici che dichiarano la conformità delle opere agli strumenti urbanistici così era anche per la precedente D.i.a. Pertanto, secondo la circolare, nulla avrebbe innovato la S.c.i.a. dal punto di vista dei contenuti. 4) La quarta ed ultima motivazione riguarda i lavori preparatori del d.l.78 da cui si evince la connotazione “abrogativa” del decreto rispetto alla normativa statale difforme.Nella circolare in esame si affermava già che la disciplina della S.c.i.a si applicasse anche alla materia edilizia rimanendo nella sostanza identico il campo applicativo della precedente D.i.a., ma senza interferire con l’ambito applicativo degli altri titoli abilitativi caratterizzati da una puntuale disciplina contenuta nel d.P.R. n. 380/2010 ( TUE) Il legislatore del 2010 ha omesso però di specificare se il riformato articolo 19 si possa estendere analogicamente al settore ediliziourbanistico nella parte in cui sottopone al regime della dichiarazione di inizio attività le opere di costruzione. La normativa che si occupa della materia è racchiusa nel d.P.R. n 380 del 2001 noto anche come “ Testo Unico in materia edilizia”. Alcune opere edili, in armonia con i principi di semplificazione e liberalizzazione del procedimento amministrativo, sono state pian piano
subordinate ad un sistema di autocertificazione e di denuncia privata di inizio delle attività, le quali hanno sostituito le c.d autorizzazioni concessorie. L’art. 22 del T.U di cui ci stiamo occupando con un criterio residuale, escludendo le opere sottoposte a permesso di costruire e quelle libere, subordina a D.i.a. le restanti attività edilizie. Con l’introduzione del nuovo istituto, i giuristi e ancor di più i tecnici, si sono chiesti se la sostituzione dell’articolo 19, con contestuale uscita di scena della denuncia di inizio attività dal contesto generale, potesse avere degli effetti anche sull’avvio di quelle opere edili vincolate ad una dichiarazione con effetto allo scadere dei 30 giorni successivi alla presentazione della dichiarazione. Molti sostennero l’assoluta diversità dei due istituti poiché, dall’ interpretazione del nuovo istituto della S.c.i.a. si doveva desumere l’esclusione dell’estensione dello stesso al settore dell’edilizia, in mancanza di una scelta espressa e in quanto l’espressione “Segnalazione certificata di inizio attività” sostituirebbe soltanto l’espressione “ Dichiarazione di inizio attività” e non “Denuncia di inizio attività” di cui al D.P.R n.380 del 2010. Questa ricostruzione però, a distanza di un anno, è stata via via smontata e chiarita dallo stesso legislatore il quale, in sede di conversione del c.d. Decreto Sviluppo ( d.l. 70/2011), all’art. 5 ha specificato che le disposizioni di cui all’art.19 della l. 241/1990 si applicano anche alle Denunce di Inizio Attività in materia edilizia. 1.1.3. :Il nuovo istituto della Scia in materia edilizia dopo il 2010 Il nuovo istituto della S.c.i.a introdotto nel 2010 presenta delle caratteristiche peculiari. 6 Innanzitutto permette di iniziare immediatamente l’attività segnalata senza bisogno di dover attendere alcun termine, fatta salva la possibilità per la P.A., in caso di accertata carenza dei requisiti richiesti, di adottare entro 60 giorni i provvedimenti di diniego della prosecuzione dell’attività illegittima. Per l’attività edilizia, allo scopo di fugare tutti i dubbi, è intervenuto il legislatore con l’art. 5 del d.l. n.70 del 2011 con cui si è stabilito in maniera espressa che : “ le disposizioni di cui all’art.19 della l.n. 241/1990 si applicano alle denunce di inizio attività in materia edilizia disciplinate dal D.P.R. n.380 del 2001,con esclusione dei casi in cui le denunce stesse, in base alla normativa statale o regionale, siano alternative o sostitutive al permesso di costruire. 6 Sara di Cunzolo “ La S.C.I.A e la D.I.A” in “La S.C.I.A “ Officina del Diritto, Giuffrè Editore, 2012 pp.5863
Devono dunque ritenersi assoggettati a S.c.i.a tutti gli interventi edilizi non assoggettati a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 del T.U.E, sempre che siano conformi agli strumenti urbanistici, alle previsioni dei regolamenti edilizi e alla disciplina urbanisticoedilizia. In questa categoria, che può essere vista come residuale, rientrano: gli interventi pertinenziali che comportino la realizzazione di un volume non superiore al 20% di quello dell’edificio principale; gli interventi diretti alla eliminazione delle barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio; gli interventi di manutenzione straordinaria e le opere interne, allorché comportino modifiche strutturali alle parti degli edifici; gli interventi di restauro e di risanamento conservativo; recinzioni, muri di cinta, cancellate allorquando siano realizzate con opere di entità limitata per natura e dimensione; le varianti ai permessi di costruire già rilasciate purché non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie e non modifichino la destinazione d’uso, categoria edilizia e sagoma dell’edificio e non violino le prescrizioni di cui ai permessi di costruire. L’articolo 22 comma 7 fa salva la possibilità per l’interessato di chiedere il rilascio del permesso di costruire anche per la realizzazione degli interventi soggetti a S.c.i.a. al fine di salvaguardare l’interesse del privato alla certezza della propria posizione giuridica. Le Regioni a Statuto ordinario possono con legge ampliare o ridurre l’ambito di applicazione della S.c.i.a. edilizia individuando le tipologie di intervento assoggettate a contributo di costruzione e definendo criteri e parametri per la loro determinazione. L’articolo 22 al comma 6 specifica che,qualora l’intervento edilizio riguardi immobili sottoposti a tutela storicoartistica o paesaggisticaambientale, l’effettuazione dello stesso è subordinato al previo rilascio da parte dell’ente preposto alla tutela del vincolo di apposito parere ovvero autorizzazione richiesti dalle normative in materia. Con riferimento alla posizione del privato, possiamo affermare che egli deve assumersi la responsabilità dell’intervento edilizio e lo deve attestare tramite
il professionista. La S.c.i.a. deve infatti essere corredata da attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati con in allegato, gli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. In sostanza il privato deve dichiarare che è in regola con la normativa urbanistica ed edilizia e con i parametri costruttivi, igienicosanitari ecc. Questo,da un lato vuol dire che il privato avrà maggiori responsabilità le quali ricadranno ovviamente anche sul professionista, e dall’altro lato che il costo del progetto e dell’assistenza dei professionisti risentirà di questo surplus di responsabilità. Deve, sul punto, ricordarsi che la falsa attestazione o dichiarazione circa l’esistenza dei requisiti e presupposti della S.c.i.a.è punito con la reclusione fino a tre anni. In questo caso vi sono, inoltre, degli strascichi penali e disciplinari, in quanto il responsabile dell’ufficio comunale deve denunciare il professionista all’autorità giudiziaria e al consiglio dell’ordine di appartenenza. L’ufficio comunale, dal canto suo, deve dedicarsi ad una pronta e rapida verifica dei presupposti della S.c.i.a. , organizzando la vigilanza sulle pratiche edilizie, secondo criteri di maggiore impatto degli interventi segnalati. Per quanto riguarda la questione dell’efficacia, la S.c.i.a edilizia ha efficacia limitata a tre anni dalla data della sua presentazione, anche se i lavori non ultimati possono essere completati presentando una nuova S.c.i.a. A ultimazione dei lavori, il privato deve presentare al Comune un certificato di collaudo finale che attesta la conformità del progetto. La realizzazione, in assenza o in difformità della S.c.i.a., espone alla sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro.
1.1.4: . Rimedi giurisdizionali avverso la S.c.i.a.
Con la conversione in legge n.111/ 2011 del d.l. per la stabilizzazione finanziaria (n.98/2011 ) si è deciso che S.c.i.a e D.i.a “non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’articolo 31,commi 1,2 e 3 del decreto legislativo 02.07.2010 n. 104. Ciò significa che i vicini lesi dall’attività edilizia o le associazioni ambientaliste possono chiedere al Comune di impedire lo svolgimento dell’attività e poi in caso di silenzio dell’Amministrazione competente e comunque non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento ricorrere al Tar contro il silenzio del comune sulla loro richiesta. Parrebbe, dunque, che la norma assegni al giudice in generale solo il potere di ordinare al Comune di provvedere sulla richiesta del privato rimasta inevasa. Il TAR infatti, ha la possibilità di riconoscere direttamente l’illegittimità dell’attività, disponendone la cessazione solo qualora si tratti di attività vincolata o quando risulti che non ci sono ulteriori margini di esercizio della discrezionalità amministrativa e non siano necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dal Comune. Condizioni che non sempre ricorrono in edilizia, sopratutto con riferimento agli interventi più complessi. La giurisprudenza amministrativa era recentemente approdata ad una soluzione molto più diretta sul tema dell’impugnabilità di D.i.a e S.c.i.a. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, infatti, con la sentenza n.15 del 29 luglio 2011 aveva statuito che l’inerzia del Comune sulla D.i.a/ S.c.i.a equivalesse ad “un atto tacito di diniego del provvedimento inibitorio” direttamente impugnabile al TAR, a cui era possibile richiedere non solo l’annullamento ma anche l’ordine all’amministrazione di inibire l’attività oggetto del ricorso. L’Adunanza Plenaria aveva stabilito che in caso di S.c.i.a ( per cui l’attività edilizia può iniziare contestualmente al deposito
della segnalazione e per cui il Comune può solo emettere sanzioni, non necessariamente inibitorie) il TAR potesse disporre subito la sospensione dei lavori appena avviati, nonostante in quel momento non esistesse alcun atto nemmeno sotto la forma del “tacito diniego di provvedimento inibitorio”. Con la nuova disciplina, l’articolata ricostruzione del giudice amministrativo viene in qualche modo disattesa. 1. 2. La procedura di S.c.i.a in materia edilizia. Con il novellato art. 19 della legge 241/1990 il proprietario dell’immobile o chiunque abbia titolo per avvalersene, deve presentare la S.c.i.a allo Sportello unico per l’edilizia , accompagnata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà relativamente a tutti gli stati,le qualità personali e i fatti previsti dagli artt. 46 e 47 del d.P.R 445/2000, dalle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti richiesti dalla legge e dagli elaborati tecnici e progettuali necessari per consentire le verifiche alla competente amministrazione. La Scia corredata dei documenti sopra indicati, può essere presentata anche a mezzo di posta raccomandata con avviso di ricevimento, e in tal caso essa si considera presentata al momento della ricezione del plico da parte del Comune. Lo Sportello Unico deve comunicare all’interessato il nominativo del responsabile del procedimento al fine di consentirgli la partecipazione alla procedura di verifica mediante accesso agli atti e, eventualmente, tramite il deposito di memorie e documenti cui l’amministrazione dovrà tenere conto. L’attività edilizia può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione, fatta salva l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica e di quella prevista dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche. Nel termine di trenta giorni dal ricevimento della Scia, l’amministrazione, in caso di accertata carenza dei requisiti previsti dalla legge ovvero dei presupposti della procedura o di non corretta qualificazione dell’intervento,
adotta motivato provvedimento di divieto della prosecuzione dei lavori e di rimozione degli effetti dannosi degli stessi salvo che, ove ciò sia possibile,l’interessato provveda a conformare detta attività ed i suoi effetti alla normativa entro il termine fissato dall’amministrazione , in ogni caso non inferiore a trenta giorni. All’amministrazione, in ogni caso, rimane riservato il potere di assumere determinazioni di divieto di prosecuzione dell’attività in autotutela ai sensi dell’art. 21 quinquies e 21nonies della l. 241/1990 anche allo scadere dei trenta giorni, a condizione però che tali provvedimenti siano giustificati dalla sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto, che non si identifichi con il mero ripristino della legalità violata. Decorso il termine di trenta giorni dal ricevimento della S.c.i.a può intervenire esercitando il suo potere sanzionatorio in caso di pericolo di un danno al patrimonio storico e culturale, per l’ambiente , per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale, e previo motivato accertamento dell’impossibilità di tutelare tali beni mediante la conformazione dell’attività del privato alla normativa vigente. La S.c.i.a. non è sottoposta ad un termine massimo di efficacia, di modo che il privato non ha l’obbligo di comunicare allo Sportello Unico la data di ultimazione dei lavori. La sussistenza dell’abilitazione all’esecuzione dei lavori è provata con la mera esibizione della copia della S.c.i.a da cui risulti la data del ricevimento della stessa da parte del Comune. 1.3 : natura giuridica della S.c.i.a La questione della natura giuridica della S.c.i.a ha destato da sempre l’interesse della dottrina e della giurisprudenza; si era infatti posto sin da subito il problema se esso nasca direttamente dalla legge, in conseguenza della presentazione della segnalazione e fermo naturalmente il possesso effettivo dei requisiti in presenza dei quali è ammesso l’utilizzo dello
strumento, secondo uno schema che vede sostanzialmente sostituire al 7 modello autoritativo quello della autoresponsabilità del amministrato che è legittimato ad agire in via autonoma, ovvero se il decorso del termine assegnato all’amministrazione per l’esercizio del potere di verifica senza che questa abbia rilevato difformità dal modello stabilito dalla legge produca un “ effetto tacito di assenso”di rilievo pubblicistico. Le posizioni assunte a riguardo sono state molteplici ma riconducibili a due filoni fondamentali : da un lato, un primo orientamento riconosce alla 8 segnalazione natura provvedimentale; dall’altro lato le attribuisce natura di atto privato. Partendo dal primo orientamento, coloro che sostengono la tesi della natura provvedimentale si basano sul presupposto che il decorso del termine per l’esercizio del potere di verifica determinerebbe la formazione di un provvedimento tacito di assenso, tesi che troverebbe un suo riscontro in 9 diverse pronunce del giudice amministrativo e che sarebbe rafforzata dall’art. 3 della l.n.80 del 2005: la figura juris in esame non sarebbe ascrivibile al novero dei meccanismi preordinati ad affrancare l’esercizio dell’attività privata dal regime autorizzatorio pubblicistico, ma rappresenterebbe un modulo di semplificazione procedimentale che consentirebbe al dichiarante di conseguire, per effetto di una segnalazione, un titolo abilitativo , costituito da un’autorizzazione implicita di natura provvedimentale che si perfeziona a seguito dell’infruttuoso decorso del termine previsto dalla legge per adottare il provvedimento di divieto. 10 Presupposto della S.C.I.A. è che essa non rappresenta uno strumento di liberalizzazione dell’attività ma una mera semplificazione procedimentale, 7 M.A.Sandulli in Riv. Giu.Ed cit e V.Cerulli Irelli , Lineamenti di diritto amministrativo , 2010. La posizione è stata poi sostenuta anche da L.Ferrara Diritti soggettivi ed accertamento amministrativo, autonomia ricognitiva, denuncia sostitutiva e modi di produzione degli effett i, Padova,1996 8 La natura giuridica della S.c.i.a e i diversi modelli di tutela giurisdizionale E. Zampetti “in “La S.C.I.A “ Officina del Diritto, Giuffrè Editore, 2012 pp.1322 9 V.Cerulli Irelli “Modelli procedimentali alternativi in tema di autorizzazione “ 10 G.Guzzardo “ Semplificazioni e complicazioni nei titoli edilizi” in Riv. Giur.Ed. 2015,
tale da consentire al privato il conseguimento di un titolo edilizio dopo il decorso di un certo lasso di tempo dalla data di presentazione della segnalazione. La giurisprudenza che attribuisce alla S.C.I.A natura lato sensu provvedimentale, individua nel dato normativo una conferma di quanto affermato. Un primo elemento a favore di tale tesi sarebbe riconducibile alla previsione, contenuta nell’art. 19 della legge n. 241/ 1990 come novellato dalla l.n. 80/ 2005, che attribuisce alla all’amministrazione il potere di adottare determinazioni in via di autotutela ai sensi degli art. 21quinquies e 21nonies. Il riconoscimento di tale potere rivelerebbe la natura provvedimentale dell’istituto in esame, dal momento che il potere di autotutela si esercita con riferimento ai soli provvedimenti amministrativi e non anche in relazione ai semplici atti privati. Un secondo elemento rivelatore viene individuato nell’art. 38 D.P.R n. 380/ 2001, recante la disciplina degli interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato. Poiché tale disciplina, in virtù del comma 2bis del citato art. 38 deve ritenersi applicabile anche agli interventi edilizi assentiti in base a S.C.I.A, ne deriverebbe l’assimilazione ad un titolo edilizio di natura provvedimentale, quale appunto il permesso di costruire. Un ulteriore indizio sarebbe poi ricavabile dall’art 22 D.P.R. n. 380/ 2001. Il comma 7 dell’art. 38 riconosce all’interessato la possibilità di chiedere il rilascio del permesso di costruire, in alternativa alla S.C.I.A, se ne dovrebbe inferire che la S.C.I.A e il permesso di costruire sono titoli abilitativi di analoga natura, diversificati unicamente per il procedimento da seguire. Da un punto di vista processuale, questa tesi che stiamo analizzando declina la tutela del terzo leso dall’attività intrapresa in base alla dichiarazione secondo le forme di un’ordinaria azione di annullamento. Più precisamente l’autorizzazione implicitamente formatasi in assenza del tempestivo esercizio del potere inibitorio sarebbe contestabile dal terzo entro il termine decadenziale di sessanta giorni, decorrenti dalla comunicazione al terzo del
perfezionamento della S.C. I.A . o dall’avvenuta conoscenza del consenso implicito all’intervento. Secondo un diverso orientamento la S.C.I.A non sarebbe assimilabile ad un titolo edilizio implicitamente formatosi. Il fondamento giuridico 11 dell’attività privata sarebbe rinvenibile direttamente nella legge e non anche nel consenso dell’amministrazione. Più precisamente, sarebbe la legge , nella sussistenza dei prescritti requisiti e presupposti, ad attribuire direttamente al privato “ il diritto soggettivo che lo abilita ad intraprendere alcune attività edilizie ritenute minori, per il loro medesimo impatto sul territorio “ . In questa ottica la S.C.I.A rivelerebbe quale mero atto di 12 comunicazione necessario al fine di rendere edotta l’amministrazione dell’attività edilizia che si intende intraprendere consentendole di esercitare le verifiche e i controlli previsti dalla legge. In altri termini, la S.C.I.A viene a qualificarsi come atto soggettivamente ed oggettivamente privato il cui destinatario è la pubblica amministrazione, con la conseguenza che la dichiarazione dell’interessato non può essere considerata esplicazione di un potere amministrativo. La denuncia/ segnalazione viene così ricostruita nei termini di un atto privato che si inserisce in un processo di liberalizzazione 13 dell’azione amministrativa ,determinando così la privatizzazione 14 sostanziale di attività per l’addietro sottoposte a regime giuridico autorizzatorio ora sostituito da un diverso sistema di controllo in itinere con poteri inibitori. La tesi muove dall’assunto secondo il quale , in presenza 15 di specifiche condizioni, è la legge a ricollegare ad un atto privato gli effetti 11 Tar Liguria, Sez, I , 22.1.2003 n.113 in “Urbanistica e Appalti “ 2003, 591 con nota di A.Travi 12 Tar Liguria, Sez. I , n. 113/2003 13 G. Greco “ La s.ci.a e la tutela dei terzi al vaglio dell’Adunanza Plenaria: ma perchè dopo il silenzio assenso e il silenzio inadempimento non si può prendere in considerazione il silenzio diniego ?” in www.giustamm.it , 2011, 7 14A.Paijno “ Gli artt. 19 e 20 della l.n.241 del 1990 prima e dopo la l.n.537 del 24 dicembre 1993 15 Cons.Stato Sez. VI 9 marzo 2009 n.717 in Foro Amm. C.d.S. 2009 con nota di E.Scotti
tipici degli atti amministrativi che esso sostituisce . La posizione 16 soggettiva del privato è ricondotta perfino alla categoria del diritto soggettivo “ a regime amministrativo” , oppure a quella di diritto 17 soggettivo “ ad accertamento amministrativo” Sotto altro profilo, 18 l’assimilazione della S.C.I.A ad un’autorizzazione formatasi implicitamente determinerebbe un ‘equiparazione tra S.C.I.A e silenzio assenso quando invece la stessa legge n. 241/1990 tiene i due istituti ben distinti attribuendo loro una diversa funzione. ( cfr. Cons.St. sez. VI , n. 717/2009 ). La tesi della natura privatistica non sarebbe in contrasto con la previsione contenuta nell’art. 19 l.n. 241 / 1990, come novellato dagli interventi legislativi del 2005, che consente all’amministrazione di adottare “determinazioni in via di autotutela” successivamente alla scadenza del termine per l’esercizio del potere inibitorio. Il riferimento all’autotutela non presupporrebbe la natura provvedimentale della S.C.I.A ma significherebbe unicamente che il potere esercitabile successivamente alla scadenza del termine di legge debba essere esercitato nell’osservanza dei presupposti dell’autotutela, secondo le previsioni degli artt. 21 quinquies e 21nonies l.n. 241/ 1990. 19 Accogliendo questa ricostruzione, si accolgono implicitamente delle precise conseguenze dal punto di vista processuale. Poiché difetta un provvedimento da impugnare, la tutela del terzo viene ricondotta nei binari del giudizio sul silenzio: si riconosce al terzo la titolarità di un’azione volta ad accertare in capo all’amministrazione che abbia omesso di attivare il potere inibitorio nel termine di legge l’obbligo di esercitare il generale potere repressivosanzionatorio. Secondo questa ricostruzione, l’azione avverso il silenzio non potrebbe avere ad oggetto anche il potere inibitorio, dal momento che la scadenza del termine di legge consumerebbe l’esercizio 16A.Travi “ Silenzio assenso ed esercizio della funzione amministrativa” 17 E.Boscolo “ I diritti soggettivi a regime amministrativo” L’art. 19 della l.n. 241/1990 e altri modelli di liberalizzazione, “ Padova, 2001 18 L. Ferrara, “ Diritti soggettivi ad accertamento amministrativo.Autorizzazione ricognitiva, dichiarazione sostitutiva e modi di produzione di effetti”, Padova,1996 19 cfr. Cons. Stato Sez. VI, n. 717/2009