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Gianluca D’Andrea, transito all’ombra, Marcos y Marcos, Milano, 2016. [Recensione]

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Sinestesieonline

PERIODICO QUADRIMESTRALE DI STUDI SULLA LETTERATURA E LE ARTI SUPPLEMENTO DELLA RIVISTA «SINESTESIE»

ISSN 2280-6849

Sinestesieonline - N. 19 - Anno 6 - Marzo 2017 www.rivistasinestesie.it

Domenico Cipriano

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2016,

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112,

€.

16,00.

Abstracts

Transito all’ombra (Marcos y Marcos, Milano 2016) è la nuova raccolta di poesie di Gian-luca D’Andrea. Un libro che presenta una scrittura rapida, capace di condensare gli eventi, sommarli, perché il lettore li possa aprire rapidamente come un ventaglio e poter rico-struire la memoria personale e collettiva.

A questa vertigine (Italic, Ancona 2016) is the Gianluca D’Andrea’s new poetry book. A book with a quick writing, able to condense the events, adding them together, so that the reader can quickly open them like a fan and be able to reconstruct the personal and col-lective memory.

Parole chiave

Gianluca D’Andrea, Transito all’ombra, Marcos y Marcos, memoria, poesia contemporanea.

Contatti

dcipriano@tiscali.it

Transito all’ombra (Marcos y Marcos, Milano 2016) è un libro che rievoca la nostra storia più recente, mescolandola alla memoria individuale e collettiva, cercando di far sì che il nostro microcosmo si riconosca come parte del tutto. Gianluca D’Andrea proietta un film dove l’intimità si sviluppa, prende corpo, mentre sullo sfondo continuano inesorabili i fotogrammi dell’epoca in cui viviamo. Eventi che accadono molto lontano dal nostro sguardo e che, a volte non influenzano le nostre scelte, altre volte condizionano la nostra piccola esistenza.

Nato nel 1976, l’autore è un quarantenne che ha vissuto l’infanzia negli anni ’80, anni di cambiamenti che egli materializza nella memoria, affidando alla prima sezione del libro, dal titolo La storia, i ricordi, la rievocazione di alcuni avvenimenti della società oc-cidentale, filtrati dalla TV imperante, e percepiti mentre la vita inizia impalpabile a rivelarsi, tra «pace familiare», «scuola elementare», «figurine / con cui sfidare i compagni» e altri «ricordi improvvisi». Così, nelle pagine successive, ritroviamo anche il decennio seguente che procede in parallelo alla crescita del poeta, adolescente, fiero come la sua giovinezza, mentre i miti crollano, nello sport come altrove, e il denaro diventa sempre più virtuale, primo segnale di un mondo a divenire, con le conseguenze già annunciate da Don De Lillo nel suo Cosmopolis (trad. S. Pareschi, Einaudi, Torino 2003): «Il denaro ha perso la sua qualità narrativa, come è accaduto alla pittura tanto tempo fa. Il denaro parla a se stesso».

Sfogliando le pagine, ci accorgiamo che una delle caratteristiche di questa scrittura è di rievocare il passato soprattutto attraverso gli odori – a volte presenti anche in funzione sinestetica («Nuvole sopra l’odore d’altezza») – perché il ricordo possa apparici netto per

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guidarci nel presente: «L’odore di terra bagnata – chi non lo ricorda? – s’infiltra in queste pareti»; e ancora: «il tempo marcisce sugli odori delle stesse tombe».

Come il ricordo, che appare improvviso, ugualmente l’autore alimenta questa prima parte del libro con una scrittura rapida, capace di condensare gli eventi, sommarli, perché il lettore li possa aprire rapidamente come un ventaglio per poter ricostruire la memoria personale e collettiva.

E poi la nostra epoca dove: «gli oggetti sono insieme all’uomo, / lo attraggano, lo sferzano, continuano / la loro funzione protesica», mentre ci si perde «nei display sempre accesi in cui gli occhi / dei ragazzi sono immersi / come radici in un campo», inconsapevoli che la vita si svolga anche attraverso questi oggetti-strumento: «è la vita nelle relazioni che i viventi / utilizzano con i loro strumenti». Un nuovo cambio generazionale dove: «l’orga-nismo / tenta un ciclo non pensando alla sua fine. / Alcuni frutti maturano, le generazioni / si manifestano in curve e pieghe», e difronte a questo cambiamento si “transita all’ombra” simulando «un’altra vita» e ci si adopera «per allontanare / la consapevolezza di morire».

«Lo spazio e il tempo della raccolta hanno nomi e confini» – ci ricorda nella nota al libro Fabio Pusterla – così ritroviamo luoghi, appartenenze e lontananze. La regione di origine, la Sicilia, è solo la casa da cui tutto ha inizio, il punto di partenza; altro era nel racconto (come titola la quarta sezione del libro) che sarebbe venuto di lì a poco, portando l’autore a svolgere il lavoro di insegnante in provincia di Bergamo, dove costruisce un’altra fase della storia personale: il concorso, la famiglia, la figlia Sofia, gli alunni. Un mondo adulto che non perde la speranza, riconoscendo alla forza inarrestabile della vita la conti-nuazione di questo unico e inesorabile itinerario.

Così, proprio da adulto e, oramai padre, Gianluca D’Andrea firma una delle più belle poesie del libro: Lettera a mia figlia. Il bambino degli anni ’80, dopo aver restituito alla memoria il bisogno di ritornare nei luoghi d’origine, dove la necessità lo riporterà di tanto in tanto, è pronto, ora, a parlare alla generazione già nata: «I tuoi giochi e la ricerca / di un consenso sono l’umanità / che è sola nell’individuo, corale / nella necessità».

Un viaggio, affrontato in questi versi, che si materializza anche attraverso brevi testi che narrano di varie località della penisola, ricche di arte e aneddoti dotti, che ci ricordano ancora l’importanza della storia e il nostro compito di non bistrattarla.

Ci si appresta al finale, dove «prima di un altro sguardo / alla bambina addormen-tata», si è pronti ad affrontare i pensieri notturni, consapevoli che «il passato non vivente / annienta la nostalgia».

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