GIURISPRUDENZA Antonio Padoa-Schioppa
Emerito di Storia del diritto medioevale e moderno antonio.padoaschioppa@unimi.it
Un recente convegno organizzato nell’Università di Roma Tre a cura di Emanuele Conte, Luca Loschiavo e Beatrice Pasciuta (19-20 gennaio 2017) ha visto la partecipazione di numerosi e qualificati professori di giurispru-denza che si sono interrogati sulle possibili e auspicabili riforme nei modi e nei contenuti dell’insegnamento universitario per i futuri giuristi, entro una realtà del diritto in profonda e rapida trasformazione a livello globale.
Le note che seguono sintetizzano alcune linee che a chi scrive sono par-se condivipar-se e trasversali in molti interventi del Convegno.
I. Laurea triennale e lauree magistrali di impianto giuridico.
A fronte di una vistosa contrazione quantitativa degli immatricolati alla laurea giuridica triennale, che risulta scarsamente professionalizzante ed è in misura cospicua frequentata da studenti lavoratori, vi è consenso sull’ipotesi di istituire alcune lauree magistrali di impianto giuridico ma aperte a versanti complementari (dall’economia alla statistica, dalla crimi-nologia alla sociologia del lavoro e della famiglia ed altro ancora), nell’in-tento di offrire una formazione superiore efficace a chi non intende, sin dall’inizio degli studi, avviarsi alle professioni legali classiche. Ai singoli ate-nei andrebbe lasciato il compito di scegliere il “taglio” da dare alle singole lauree triennali in modo che queste intercettino più facilmente le esigenze del particolare territorio su cui insistono.
II. Formazione entro il ciclo quinquennale della laurea magistrale in giu-risprudenza.
È stato questo il tema centrale del Convegno. La base comune è costitui-ta dalla convinzione che compito dell’università è di formare il giuriscostitui-ta. Sia la specializzazione che la professionalizzazione vengono dopo. Una più
effi-cace formazione del giurista entro il quinquennio degli studi di diritto ren-derebbe molto più semplice ed anche molto più rapida sia la formazione specialistica che la formazione professionalizzante.
L’eccessiva lunghezza del ciclo di studi che porta all’effettivo esercizio
delle professioni – ci vogliono, tra laurea e postlaurea, circa dieci anni e an-che di più – costituisce una vera patologia an-che va corretta, anzitutto inter-venendo sulla formazione universitaria: meno esami, più corsi collegati tra loro, frequenza interattiva, tempi certi, percorsi post-laurea, inclusivi degli esami e dei concorsi, di non più di due anni; ed altro ancora.
Un difetto fondamentale dell’attuale formazione universitaria, larga-mente riconosciuto come tale ma sinora non adeguatalarga-mente corretto, sta nell’eccesso di impegno didattico sulle normative, tra l’altro non di rado de-stinate a divenire presto obsolete. Fermo restando peraltro – diversi rela-tori lo hanno sottolineato – che una solida formazione di base, criticamen-te impartita a livello universitario, rimane fondamentale e come tale è ri-chiesta anche da recenti ricognizioni sulla formazione giuridica delle miglio-ri Law Schools amemiglio-ricane e della dottmiglio-rina tedesca (dove una buona prepa-razione culturale è ritenuta elemento idoneo a costruire giuristi duttili e meglio capaci di affrontare le multiformi sfide delle società contempora-nee).
Più specificamente, i relatori hanno sottolineato una serie di carenze gravi e diffuse, tra le quali il difetto di addestramento *al ragionamento giuridico, *alle tecniche di argomentazione, * all’uso intelligente delle ri-sorse informatiche e digitali e delle banche dati, *al ruolo e ai modi dell’interpretazione, *al collegamento tra norme, *all’impostazione dei casi in cui si incrociano più rami del diritto, *ai collegamenti con gli ordinamenti infra e sovra-statuali nell’ottica della globalizzazione, *alle tecniche della contrattualistica internazionale, *al dominio sicuro dell’inglese scritto par-lato, *all’esercizio di una scrittura precisa e concisa, *a un’efficace esposi-zione orale, *all’etica legale.
Come intervenire per migliorare l’offerta didattica?
- Riforme normative in itinere: diminuzione dei crediti obbligatori e
maggiore flessibilità, pur senza sacrificare i comparti di base.
A normativa immutata, tuttavia, già molto si può fare, forse il più. Tra le
proposte emerse: *coordinamento tra i corsi, *accorpamento di esercita-zioni su versanti complementari del diritto (ad es. diritto civile e procedura
civile; diritto e procedura penale); *addestramento al rapporto tra norme regolamentari, norme ordinarie, principi costituzionali, normative europee, normative internazionali e planetarie; *addestramento alle tecniche nego-ziali e alla dimensione consuetudinaria del diritto; *specificità dell’attività giuridica nelle amministrazioni pubbliche; *incremento delle cd. cliniche legali; *addestramento all’impiego dei precedenti giurisprudenziali; *educazione alla comprensione dell’autonomia del diritto, nel rapporto tra principio di legalità e spazio dell’interpretazione; *alternative al contenzio-so; *educazione informatica e digitale e addestramento alle tecniche in-formatiche e alle continue innovazioni tecnologiche.
Anche il ruolo delle discipline storiche, filosofiche, economiche e com-paratistiche – fondamentali in un’età di trasformazione profonda del diritto quale è la nostra – deve essere collegato con questi approcci, in un rappor-to di mutua correlazione, incluse le nuove dimensioni della ricerca (analisi economica del diritto, law and literature ed altre).
- Metodo didattico: criticamente espositivo nella formazione di base, più interattivo nella fase della formazione del biennio avanzato.
In altre parole: insegnare ad imparare, insegnare più abilità e meno
no-zioni, in un panorama che impone ormai una formazione ma anche
un’informazione permanenti.
Possibile e auspicabile è inoltre una differenziazione di offerta formativa tra le diverse Facoltà: a seconda delle sedi e delle competenze presenti, può prevalere – in particolare nel biennio finale della laurea magistrale – una formazione con prevalente taglio comparatistico (anche inclusivo di approfondimenti estesi e puntuali sull’uno o all’altro di singoli ordinamenti contemporanei quali lo statunitense o l’islamico o il cinese), un’altra più ri-volta all’esercizio “tradizionale” della professione a livello individuale, un’altra con un solido impianto penalistico, un’altra con baricentro sul di-ritto degli affari, un’altra focalizzata sulla contrattualistica di common law, un’altra sui profili internazionalistici; ed altre ancora.
Vi è infine la delicata questione della possibile anticipazione di
un’attivi-tà di tirocinio nell’ultimo anno della formazione universitaria. La presente
normativa la prevede, ma i modi della sua attuazione sono ancora inde-terminati e presentano non pochi elementi problematici, che alcune rela-zioni hanno affrontato, specie circa la compatibilità con la contemporanea
fase avanzata della formazione universitaria, improntata alle finalità sopra richiamate.
Occorre infine dare un maggior peso alla capacità didattica nella
carrie-ra universitaria, pur sulla solida base della qualificazione scientifica (si veda
su ciò il modello francese).
III. Formazione post-laurea
Diverse relazioni hanno preso in esame le vie previste dall’ordinamento vigente per l’accesso alle professioni legali classiche: le Scuole di specializ-zazione del 1997, le Scuole degli Ordini, la Scuola superiore dell’Avvocatu-ra, la Scuola superiore della Magistratudell’Avvocatu-ra, i tirocini presso gli uffici giudizia-ri, le Scuole di dottorato.
Ne risulta un panorama molto variegato, differenziato e anche fram-mentato, nel quale ognuna delle vie possibili presenta vantaggi e criticità, chiaramente emerse nelle relazioni. Formazione comune ad avvocatura e magistratura (modello tedesco e statunitense) o formazione differenziata (modello francese)? Accento posto sull’addestramento alle prove scritte per i concorsi od anche pratica di tirocinio? Cosa pensare dell’ipotesi di un corso-concorso per la magistratura, in rapporto problematico con il precet-to costituzionale? Ed altro ancora.
Sia per le Scuole degli Ordini che per le Scuole per le professioni legali è stata evidenziata la grande disparità qualitativa e la vistosa discrepanza quanto all’effettiva attivazione dei tirocini tra le diverse Scuole, anche se in tutte risultano attivi, pur se in misura diversa da luogo a luogo, sia profes-sori sia avvocati, magistrati e notai.
Forse il mantenimento di questa pluralità di approcci dovrebbe essere conservato, ma occorre un più efficace controllo sulle procedure e sui risul-tati, che preveda anche la disattivazione delle Scuole non adeguatamente strutturate.
IV. Alcuni temi non trattati
- Ristrutturazione della didattica con provvedimenti di integrazione for-mativa sui versanti: a) della fascia di studenti più dotati; b) della fascia di studenti con difficoltà e carenze;
- Miglioramento delle procedure di selezione dei futuri magistrati, a complemento delle prove scritte, con riferimento alle attitudini e alle capa-cità non soltanto tecniche; possibili modelli (Svezia a altri);
- Potenziali funzioni dell’Università nel compito urgente e difficile di semplificare l’esorbitante tessuto normativo: nulla è più complesso della semplificazione vera.
NOTA BIBLIOGRAFICA
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Vincenzo Zeno Zencovich, Una diversa idea del corso di laurea in
giuri-sprudenza (aprile 2016) http://www.roars.it/online/una-diversa-idea-del-corso-di-laurea-in-giurisprudenza/Roars