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Paesaggio agrario: mezzo secolo di mutamenti dal “ritratto” di Emilio Sereni ad oggi

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18R Paesaggio agrario: mezzo secolo di mutamenti dal ritratto di Emilio Sereni a oggi.

Ri-Vista ricerche per la progettazione del paesaggio

Dottorato di Ricerca in Progettazione Paesistica IFacoltà di Architettura IUniversità degli Studi di Firenze

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Ri-Vista ricerche per la progettazione del paesaggio 18R

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18R redazione

Ri-Vista ricerche per la progettazione del paesaggio

Dottorato di Ricerca in Progettazione Paesistica I Facoltà di Architettura I Università degli Studi di Firenze

luglio-dicembre 2012 I ISSN1724-6768 IFirenze University Press I http://www.unifi.it/ri-vista

fondatore / founder Giulio G. Rizzo

direttore / director Gabriele Corsani

comitato scientifico / scientific committee

Paolo Bürgi, Vittoria Calzolari, Christine Dalnoky, Guido Ferrara, Roberto Gambino, Jean-Paul Métailié, Giulio G. Rizzo, Mariella Zoppi

comitato di redazione / editorial board

Debora Agostini, Laura Ferrari, Elisa Maino, Emanuela Morelli, Gabriele Paolinelli, Emma Salizzoni, Antonella Valentini

progetto grafico / graphic design / editing Laura Ferrari

scrivere alla redazione rivista.drpp@unifi.it

editore / publisher Firenze University Press Borgo degli Albizi 28 50122 Firenze e-press@unifi.it

Ri-Vista ricerche per la progettazione del paesaggio

rivista elettronica semestrale del Dottorato di Ricerca in Progettazione Paesistica Facoltà di Architettura – Università degli Studi di Firenze

registrazione presso il Tribunale di Firenze n. 5307 del 10 novembre 2003 ISSN 1724-6768

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Ri-Vista ricerche per la progettazione del paesaggio 18R

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sommario I

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luglio-dicembre 2012 I ISSN1724-6768 I Firenze University Press I http://www.unifi.it/ri-vista Paesaggio agrario: mezzo secolo di mutamenti dal ritratto di Emilio Sereni a oggi

1 Editoriale Emanuela Morelli

tra parole e saggi

7 L’irrinunciabile eredità scientifica di Emilio Sereni Massimo Quaini

13 Emilio Sereni e la cartografia. Un incontro mancato? Luisa Rossi, Carlo A. Gemignani

26 Paesaggio e Storia Paolo Nanni

34 Il paesaggio agrario come componente del giardino storico e il giardino storico come parte del paesaggio agrario: aspetti produttivi e caratteri costruttivi e percettivi da analizzare e valorizzare

Alberta Cazzani

45 La fortuna dei classici Francesco Pardi

50 Les campagnes urbaines: quels scénarios pour demain? Pierre Donadieu

58 L’ultimo capitolo della storia del paesaggio agrario italiano Fabio Lucchesi

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II indice

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lo (s)guardo estraneo

65 L’evoluzione del bel paesaggio agrario toscano fra lavoro individuale e governo del territorio. Il caso Val d’Orcia

Ugo Sani

72 Il progetto Cives, un ‘luogo’ d’incontro tra agricoltura, città e partecipazione Mario Sartori

paesaggi in gioco

84 L’inventario nazionale del paesaggio rurale storico. Nuovi indirizzi per la pianificazione delle aree rurali

Mauro Agnoletti

93 Quel che resta della piantata.

Trasformazioni del paesaggio agrario lungo il tracciato della via Postumia. Marco Cillis

103 Il territorio come accezione Cultuale, Culturale e Colturale Cecilia Maria Roberta Luschi

110 Il ruolo dei pattern agricoli nella creazione di paesaggi rurali identitari Daniele Torreggiani, Enrica Dall’Ara, Patrizia Tassinari

118 Le trasformazioni urbane nei luoghi della riforma agraria Anna Abate, Rosanna Argento

126 Paesaggi della memoria e dell’innovazione. Ri-abitare i paesaggi della riforma agraria foggiana

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sommario III

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Libri

136 Lo spazio rurale come risorsa strategica in Paesaggi coltivati, paesaggio da coltivare di Alessandra Cazzola

Elisabetta Maino

140 Paesaggi agrari. L'irrinunciabile eredità scientifica di Emilio Sereni a cura di Massimo

Quaini (2011), cinquanta anni dopo Storia del paesaggio agrario Gabriella Bonini

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editoriale 1

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Paesaggio agrario: mezzo secolo di mutamenti dal ritratto di Emilio Sereni a oggi. Editoriale

Emanuela Morelli*

Paesaggio agrario è “… quella forma che l’uomo, nel corso ed ai fini delle sue attività produttive e agricole,

coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale …”

Emilio Sereni, Storia del paesaggio agrario, 1961 Gli anni Sessanta del Novecento si presentano particolarmente interessanti per quanto riguarda la

produzione di testi, sia a livello nazionale che internazionale, incentrati sullo studio del paesaggio1 .

Si tratta di una produzione che sembra percepire l'urgenza di conoscere, rappresentare e testimoniare quegli assetti consolidati da secoli che a breve saranno investiti, grazie all’utilizzo di nuove tecnologie, da trasformazioni quantomeno repentine e radicali.

In Italia siamo agli inizi della crisi della mezzadria e dell’abbandono delle campagne, del grande inurbamento della popolazione a favore di un’economia non solo più incentrata sull’agricoltura e la manifattura ma anche sull’industria e sul turismo di massa che sempre più si ripercuote sulle coste italiane. Sono processi nuovi, mai visti prima, che comportano un forte sviluppo del sistema insediativo urbano nazionale con la realizzazione di più o meno grandi periferie urbane e di nuovi poli industriali, dislocati prevalentemente nelle aree di pianura, e che necessitano di una nuova rete infrastrutturale la quale ha inoltre il compito di unire i diversi territori italiani.

Ma è anche il periodo in cui la politica si sposta da una scala locale/nazionale ad una gestione comunitaria europea: di particolare rilievo la PAC, che proprio nel 2013 compie i suoi primi cinquant’anni, e che almeno nei primi decenni si pone come obiettivo l’incremento della produzione agricola.

In sintesi un’Italia da poco uscita dalla guerra investita dalla voglia di nuovi modi di vivere, abitare, produrre, trascorrere il tempo libero, lanciata verso un ipotetico benessere dato dalla modernità, che vede nel proprio passato un senso di arretratezza, di sofferenza e ingiustizia.

Questi nuovi modi di vivere inevitabilmente si riflettono nel paesaggio, comportando la trasformazione, l’abbandono, l’alterazione, la negazione e la distruzione di quegli assetti che dall’antichità si erano sviluppati e consolidati nel corso dei secoli.

Alcuni studiosi (storici, geografi, agronomi, pianificatori e urbanisti, …) avvertono questo cambiamento come una grave perdita per la cultura italiana e quindi attivano e promuovono nuovi studi verso non solo ciò che ha valore monumentale ma anche verso quelle realtà quotidiane, quali ad esempio quella contadina e rurale o quella urbana dei centri storici minori, al fine di farle nuovamente riconoscere dalla collettività e

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conseguentemente sottoporle da una parte a tutela e dall’altra proporle come le matrici, o se vogliamo come la struttura portante, dei nuovi paesaggi2.

È in questo contesto che, dopo anni di studio, Emilio Sereni pubblica nel 1961 Storia del paesaggio agrario, un testo molto innovativo nel panorama italiano, che si inserisce entro il filone storiografico inaugurato negli anni Trenta da Marc Bloch in Francia3.

Per la prima volta, le informazioni derivanti dalla comparazione di studi e testi specifici, dalla letteratura giuridica, da analisi condotte dallo stesso autore, dalla lettura di cartografie e immagini, sono sistematizzate al fine di dare una articolazione dei diversi tipi di paesaggio agrario italiano: un momento di sintesi della storia rurale italiana necessario, citando Bloch, “foss’anche in apparenza prematura” ma urgente, grazie ad un’impostazione metodologica che per ogni cambiamento cerca di capire “le ragioni e gli agenti”. Qui ogni fonte storiografica non si limita ad essere solo “un dato o un fatto storico ma bensì un fare, e un farsi di quelle genti vive”.

Cinquant’anni sono ormai passati dall’uscita di questo importante testo, che molti studiosi del paesaggio hanno incontrato nei propri percorsi di studio: questo numero della Ri-Vista, anche sullo spunto delle diverse attività dell’Istituto Alcide Cervi (Bonini), coglie l’occasione per rendere omaggio al lavoro di Emilio Sereni, e dare un ulteriore, seppur piccolo, contributo alla riflessione che ancora oggi molto attiva, si sta svolgendo sul paesaggio agrario.

I diversi contributi presenti quindi si concentrano sulla figura di Emilio Sereni, sull’approccio e il metodo utilizzato, sull’importanza e le conseguenze che a livello disciplinare e scientifico ha dato il testo, ma anche su quanto effettivamente rimane di quei paesaggi agrari indagati da Emilio Sereni, quali sono i nuovi paesaggi agrari, quale il ruolo del paesaggio agrario oggi.

Emilio Sereni, studioso appassionato e curioso, uomo politicamente attivo, idealista e attento alle condizioni di vita dei lavoratori (Quaini), vede nel paesaggio, secondo un approccio interdisciplinare, il convogliarsi delle diverse informazioni raccolte (la realtà tecnica, produttiva e sociale di quell’età), o più precisamente un complesso concorso di condizioni, non solo date dall’ambiente climatico e pedologico, ma da agenti naturali, tecnici, demografici nonché archeologici e toponomastici: “storici insomma”.

Confrontandosi con il lavoro di Marc Bloch, per la redazione del suo studio, Sereni deve fare i conti non solo con una ricerca delle fonti ancora non pienamente accessibili, censite e catalogate come in Francia, ma anche con altre problematiche quali quelle terminologiche.

Molteplici sembrano essere le ragioni che portano Emilio Sereni a redigere questo studio e a pubblicare il testo. Tra queste si potrebbero citare:

- studiare le condizioni economiche e politiche di chi lavora la terra;

- diffondere un metodo che abbia nella sua centralità il paesaggio quale riferimento di sintesi dei diversi processi che interagiscono nel corso della storia tra uomo e natura;

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editoriale 3

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luglio-dicembre 2012 I ISSN1724-6768 I Firenze University Press I http://www.unifi.it/ri-vista - diffondere una conoscenza (da cui il riconoscimento) dei diversi tipi di paesaggio che caratterizzano

l’Italia, e rendere tale conoscenza, derivante da uno studio posto su basi scientifiche, il più divulgativa e accessibile possibile: “In questo saggio di una storia del paesaggio agrario italiano, che qui presentiamo al lettore, abbiamo inteso raccogliere ed esporre in forma sommaria, non specialistica, e spoglia di ogni apparato erudito, i risultati delle ricerche che da lunghi anni, ormai, e sino al 1955, siamo venuti sviluppando”. Egli pertanto assegna alla cartografia e ancor più al dipinto, all’interno del testo, un ruolo di esemplificazione e illustrazione: il dipinto e le viste a volo di uccello in particolare permettono di percepire immediatamente le forme del paesaggio (Rossi e Gemignani), e ne documentano la loro storia (Nanni);

- registrare i cambiamenti, cosa questi comportano, e avvertire che è possibile orientare quelli futuri in modo coerente rispetto al passato: “gli sviluppi devono essere studiati in modo approfondito, previsti e orientati, per creare condizioni ambientali nuove, adeguate al più rapido sviluppo delle forze produttive agricole…. Quei ceti produttivi di tecnici e di lavoratori agricoli … dispongono senza dubbio di tutte le capacità e di tutte le forze necessarie per intraprendere, con una sempre più chiara prospettiva storica dei loro compiti, questa opera di adeguamento delle forme tradizionali del paesaggio, dell’organizzazione e delle dimensioni aziendali alle nuove esigenze tecniche, produttive e sociali”;

- promuovere un approccio disciplinare entro cui ogni specifica tematica ha una propria dimensione storica utile a individuare quei perché posti dallo studioso sulla realtà presente (Nanni e Pardi): dunque la storia, definita da Bloch la scienza del mutamento, o meglio la dimensione storica, diviene un fondamentale aiuto e un sostegno per orientare qualitativamente le trasformazioni future (Nanni).

Contemporaneamente all’inizio dei grandi processi di trasformazione territoriale e al rifiuto come abbiamo detto del passato da parte della popolazione, l’approccio disciplinare prevalente in Italia è stato invece quello di considerare quasi esclusivamente come paesaggio il paesaggio agrario, spesso però solo in termini estetici e quasi decorativi. Questo forse perché l’Italia agricola, che trova la sua massima idealizzazione nella composizione dei molti giardini/parco-villa, caratterizzata da una forte varietà culturale e fisica, poeticamente descritta dai viaggiatori del Gran tour, ha assunto una forte valenza estetica quale lavoro perfetto prodotto dall’uomo con la natura.

Il legame difatti tra giardino (storico) e paesaggio agrario è stato difatti sempre inscindibile: ma anche il giardino oltre che essere luogo ameno era però anche luogo funzionale, di ricerca, sperimentazione e produzione (Cazzani), tessera ben riconoscibile dal punto di vista formale, avente relazioni forti e intrinseche con il contesto agricolo e naturale così come scrive anche Emilio Sereni nel suo testo.

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4 Paesaggio agrario: mezzo secolo di mutamenti dal ritratto di Emilio Sereni a oggi.

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Di valore estetico o funzionale è certo però che quei grandi quadri, costituiti da strutture gerarchiche di insediamenti, trame viarie e scansione di campi, filari e siepi alberate (che sapientemente erano proporzionalmente dimensionati al ruolo della strada stessa), colture promiscue e piantate, immortalati nel volo GAI, oggi non esistono più (Pardi e Lucchesi). I motivi di questo cambiamento sono molteplici: processi di espansione urbana, l’utilizzo di tecniche agricole diverse, il mutamento e la semplificazione delle coltivazioni e delle differenti strutture sociali ad essi pertinenti, l’emanazione di politiche sovranazionali generate dal mercato e dalla globalizzazione, l’abbandono e la conseguente rinaturalizzazione delle aree coltivate più impervie, il rincorrere nostalgico del passato e una visione statica del concetto di tutela mentre nel frattempo si introducono interventi che si rifanno a immagini banali, stereotipate, “alla moda” e/o decontestualizzate (Nanni, Sani, Pardi, Donadieu, Lucchesi).

Ma forse molto più semplicemente la causa di questa disgregazione è stata proprio il rinnegare la complessità e la vita di quei paesaggi, che appunto Emilio Sereni cercava invece di raccontare.

L’agricoltura è stata la prima forma organizzata dell’uomo a partire dal 7000 – 5000 a.C. e il paesaggio, come è nella sua natura, si è sempre trasformato: spesso in continuità utilizzando e riutilizzando le strutture presenti conferendo loro nuovi significati4, talvolta ribaltando completamente gli assetti, più o meno naturali o antropizzati presenti, come nel caso delle bonifiche.

È quindi naturale che i paesaggi si trasformino e che quei paesaggi oggi non esistano più. Il problema fondamentale risiede nel fatto che, come scrive Lucchesi, non sempre tutte le trasformazioni sono state per il meglio.

È però pur vero che non tutti i paesaggi agrari sono stati così profondamente alterati e che l’Italia presenta ancora un grande patrimonio di assetti rurali indissolubilmente legati alle pratiche tradizionali (Agnoletti). Inoltre oggi il paesaggio agrario da luogo legato alla esclusiva produttività di prodotti alimentari e di delizia per le nobili famiglie si è caricato di numerosi altri ruoli (la multifunzionalità del paesaggio agrario), anche se sarebbe corretto osservare che non è necessario che ogni singolo paesaggio agrario debba svolgerli tutti:

- luogo di eccellenza per la salvaguardia della biodiversità (nel suo senso più ampio), laddove almeno il lavoro dell’uomo si innesta entro il flusso delle energie in modo da non portare squilibrio al funzionamento dei vari ecosistemi presenti, e perciò intimamente legato anche al concetto di sviluppo sostenibile;

- testimonianza storica e culturale di un passato ancora attivo e funzionante attraverso appunto la perpetuazione della struttura presente e reinterpretazione dei segni;

- luogo di bellezza collettivamente riconosciuto, archetipo, simbolo (nonché valore aggiunto nella promozione-vendita dei prodotti locali);

- strumento per il contenimento del consumo del suolo, tema oggi molto dibattuto (che qui non approfondiamo per ragioni di spazio), oggetto anche di testi normativi con i quali, cercando di rendere forte l’agricoltura disposta intorno al sistema insediativo urbano, si tenta di arginare i processi di urbanizzazione e in particolare lo sprawl;

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luglio-dicembre 2012 I ISSN1724-6768 I Firenze University Press I http://www.unifi.it/ri-vista - parchi, aree protette, aree ricreative, con scopi sociali, economici, ludici e didattici, nonché luogo di

scoperta e conoscenza. Ciò accade in particolare a quei paesaggi agrari disposti a cintura in prossimità degli insediamenti urbani, utili a ritrovare le relazioni tra città e campagna, in un rapporto forte, duale e di riconoscimento delle diversità che caratterizzano entrambi.

Nonostante gli effetti del mercato della globalizzazione e di tutti quegli accadimenti brevemente qui accennati, sono infinite le articolazioni dei paesaggi agrari italiani contemporanei, talvolta costituiti da frammenti residuali entro il tessuto urbano, talvolta marginali e lontani della grande scena, ancora a volte costituiti da vecchie strutture tradizionali, altre ancora altamente specializzati della produzione agricola, oppure convertiti in luoghi del turismo o di residenza più o meno elitaria.

Se pur modificati e diversi rispetto a quelli fotografati degli anni Cinquanta, si presentano nonostante tutto ancora più o meno ricchi di tracce del loro passato con una struttura storica che se pur intaccata esprime ancora una grande forza di resilienza. Nei contributi presenti, queste tracce, impronte, segni (più o meno funzionanti) assumono un ruolo fondamentale per poter attivare progetti di recupero delle identità, di valorizzazione dei luoghi, di riordino e di educazione ambientale e paesaggistica (Sartori, Luschi, Cillis, Daniele Torreggiani-Enrica Dall’Ara-Patrizia Tassinari, Abate-Argento, Marialuisa Cipriani, Elena Farnè, Maino-Cazzola).

Si tratta di guardare non solo al particolare ma anche a quella complessità prima citata, ovvero

all’insieme, ad esempio non solo alla campagna ma anche ai parchi e ai giardini e alla città, e di dare

una grande forza al disegno del paesaggio, visto come il sedimentarsi delle diverse regole di costruzione appunto di quel paesaggio: attraverso la conoscenza e quindi conseguentemente con forme di progettazione, di riattivazione, reinterpretazione, recupero, può essere raggiunta quella continuità tra passato, presente e futuro che Sereni ambiva come importante fattore di qualità.

* Università degli Studi di Firenze

Testo acquisito dalla redazione nel mese di aprile 2013

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1 In Italia si menziona ad esempio i primi scritti di Lucio Gambi e il testo Il paesaggio di Aldo Sestini (vedi L. Rombai in Ri_Vista n. 17), mentre a livello internazionale non possono non essere rammentati le opere di Kevin Lynch e di Ian McHarg.

2 I disastri della distruzione della seconda guerra mondiale e i piani di ricostruzione postbellica accentuano le problematiche relative alla tutela dei centri storici al punto tale da attivare numerosi convegni in materia. Tra questi è del 1960 il Convegno “Salvaguardia e risanamento dei centri storico-artistici” che porta alla promulgazione della Carta di Gubbio sulla tutela dei centri storici.

3 Marc Bloch nel 1929 pubblica i caratteri originali della storia rurale francese, in cui si applica il metodo comparativo e regressivo. Volentieri rimandiamo anche agli articoli dei Quaderni della Ri-Vista di Maristella Storti, Marc Bloch, 1866-1944. Il

viaggio verso la conoscenza dei caratteri originali del paesaggio e del mestiere di storico, n. 1, V 3., 2004, e di Sabrina Tozzini, Emilio Sereni. Dal lavoro dell’uomo il paesaggio, n. 3, V. 2, 2005, http://www.unifi.it/ri-vista/quaderni/.

4 Il paesaggio, come scrive Sereni, è sottoposto alla legge di inerzia, ovvero una volta assunta una determinata forma tende a perpetuarla nel tempo “anche quando siano scomparsi i rapporti tecnici, produttivi e sociali che ne han condizionato l’origine – finché nuovi e più decisivi sviluppi di tali rapporti non vengano a sconvolgerle”.

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