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IL CROWDFUNDING IN ITALIA: EVOLUZIONE NORMATIVA E PROFILI QUALI-QUANTITATIVI

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1 Introduzione

«Inizia una nuova era di fare impresa», è con queste parole che StarsUp, primo gestore in Italia e nel mondo autorizzato alla gestione di piattaforme per la raccolta online di capitale di rischio, definisce la portata innovatrice dello strumento che secondo molti rivoluzionerà il modo di fare impresa: il crowdfunding.

A sei anni dallo scoppio della crisi finanziaria, i suoi effetti sono ancora oggi visibili e la ripresa dell’economia mondiale tarda ad iniziare, soprattutto a causa dei meccanismi di credit crunch innescati dalla crisi stessa. Infatti, la stretta creditizia messa in atto dalle banche e dagli altri attori del sistema finanziario, non permette alle imprese di reperire i fondi necessari per realizzare nuovi investimenti.

Se da un lato le imprese non riescono più ad accedere ai cosiddetti “finanziamenti dall’alto”, dall’altro un nuovo e potente strumento, il crowdfunding, letteralmente “finanziamento dalla folla”, offre una soluzione speculare, ossia il “finanziamento dal basso”: le imprese possono reperire i mezzi necessari a realizzare i propri progetti e gli investimenti pianificati grazie ai piccoli contributi di una moltitudine di persone, le quali, con un semplice click, possono finanziare tramite internet i progetti e le imprese ritenute più valide e meritevoli.

In Italia il fenomeno del crowdfunding è diventato oggetto di grande attenzione in seguito all’emanazione del Decreto Crescita Bis nell’ottobre 2012 e del successivo Regolamento Consob: il nostro Paese, infatti, è stato il primo al mondo ad aver introdotto una specifica regolamentazione in merito al fenomeno, in particolare per quanto riguarda la fattispecie dell’equity crowdfunding.

Sulla base delle considerazioni appena fatte, nel corso del presente lavoro ci si propone di condurre un’analisi del fenomeno del crowdfunding, con particolare riguardo al suo sviluppo in Italia, al fine di delineare le peculiarità e i tratti distintivi di quello che può essere considerato uno strumento potenzialmente capace di gettare le basi per la ripresa economica nel nostro Paese e non solo.

L’analisi in questione verterà anzitutto sulla descrizione generale del fenomeno del crowdfunding, delle sue origini e della sua evoluzione nel tempo, evoluzione che ha condotto allo sviluppo di quattro diversi modelli di: donation, reward, lending ed

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Al fine di comprendere se il crowdfunding possa essere effettivamente un valido strumento per favorire la ripresa economica, si cercherà altresì di individuare i benefici dello stesso per il sistema economico, per le imprese e per gli investitori, nonché i risultati e le cifre raccolte fino ad oggi dall’industria mondiale del crowdfunding. A seguito di questa parte introduttiva e descrittiva, come anticipato in precedenza, con la presente trattazione ci si prefigge l’obiettivo di approfondire lo studio del fenomeno del crowdfunding relativamente al suo sviluppo in Italia, primo Paese al mondo ad aver introdotto una specifica disciplina regolamentare, seppur in merito solo ad uno specifico modello di crowdfunding, l’equity model. L’intervento del legislatore italiano si inserisce in un contesto caratterizzato da diverse criticità, quali l’elevato tasso di disoccupazione, la contrazione dei consumi, le difficoltà delle imprese ad accedere al credito bancario e agli altri canali di funding (mercati borsistici, fondi di venture capital, ecc.), per cui il 18 ottobre 2012 è stato emanato il Decreto Legge n. 179, contenente una serie di interventi volti a favorire la ripresa economica, l’occupazione e l’innovazione. Tra le misure previste dal Decreto, particolare attenzione è stata data ad un particolare tipo di imprese, le cosiddette start-up

innovative, le quali, se in possesso dei requisiti necessari stabiliti dal Decreto stesso

per potersi definire tali, godono di una disciplina di favore con agevolazioni fiscali, deroghe la diritto societario, al diritto fallimentare, ecc., ma soprattutto possono raccogliere capitale di rischio, offrendo proprie quote o azioni tramite apposite piattaforme on-line, pertanto tramite l’equity crowdfunding. Il Decreto ha quindi delegato la Consob a produrre l’apposita regolamentazione secondaria al fine di disciplinare questo tipo di attività, la quale viene riservata a banche e a imprese di investimento, nonché ai soggetti iscritti in una apposito registro tenuto dalla Consob (cosiddetti “gestori ordinari”). Analizzati i contenuti dell’apposito Regolamento introdotto dalla Consob il 26 giugno 2013, si cercherà di individuare le principali ed eventuali criticità emerse dalla disamina della disciplina sull’equity crowdfunding e di condurre un’analisi comparativa con soluzioni normative adottate dai principali Paesi europei, quali Inghilterra, Germania, Francia, e dagli USA.

Nonostante il crowdfunding sia diventato in Italia argomento di grandi dibattiti a seguito dell’introduzione della specifica regolamentazione, esso non è comunque un

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fenomeno del tutto nuovo nel nostro Paese. Ai fini del presente lavoro, pertanto, si ritiene doveroso sondare quali siano i principali modelli di crowdfunding affermatisi in Italia ed esaminare lo stato dell’arte dei portali on-line che ad oggi sono presenti sul mercato italiano.

Sulla base dell’analisi delle piattaforme italiane, per una corretta comprensione del crowdfunding in Italia non si può prescindere dallo studio di un caso specifico, ossia quello relativo a StarsUp S.r.l., primo gestore ad aver ottenuto in Italia l’autorizzazione da parte della Consob per la gestione di un portale di equity crowdfunding. Oltre ad un primato italiano, StarsUp vanta anche un primato a livello mondiale, infatti, come ripetuto più volte, l’Italia è il primo Paese al mondo ad aver regolamentato l’equity crowdfunding. Ci si propone, dunque, di analizzare le peculiarità e le modalità operative di StarsUp, con particolare attenzione all’iter che le start-up innovative devono seguire per pubblicare un progetto e alle fasi che invece caratterizzano il percorso dell’investitore per aderire ad offerta pubblicata sul portale. Infine, si ritiene importante completare lo studio di StarsUp attraverso il confronto con le caratteristiche e le modalità operative di un altro portale, Unicaseed, il quale, sebbene nasca dopo, è il primo portale italiano ad esser stato lanciato da un intermediario finanziario, Unicasim S.p.A., e soprattutto il primo sul quale è stata avviata e conclusa con successo una campagna di equity crowdfunding.

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5 Capitolo I

ASPETTI DEFINITORI ED EVOLUZIONE

1.1. Definizione e pilastri del crowdfunding

«Il crowdfunding può essere definito come lo sforzo collettivo di molti individui che creano una rete e uniscono le proprie risorse per sostenere i progetti avviati da altre persone o organizzazioni, solitamente attraverso o comunque con l’aiuto di internet. I singoli progetti o le imprese sono finanziati con piccoli contributi da un gran numero di individui, permettendo ad innovatori, imprenditori e titolari di aziende di utilizzare

le loro reti sociali per raccogliere capitali»1.

Partendo da tale definizione, emergono subito quali sono i tre pilastri fondamentali su cui si regge il fenomeno del crowdfunding:

 La folla (chi);  Il funding (cosa);  Internet (dove).

La folla (crowd) è il soggetto principale dell’attività di crowdfunding: un insieme di molti individui unisce i propri sforzi, energie e le proprie risorse a sostegno di un’iniziativa altrui. Questo aspetto distintivo inserisce in crowdfunding all’interno di un fenomeno più ampio, ossia il crowdsourcing.

Il crowdsourcing è «la raccolta di contributi da parte di molti individui per

raggiungere un obiettivo»2. Il termine è stato usato per la prima volta da Jeff Howe in

un articolo del giugno 2006 per la rivista Wired, dal titolo The Rise of Crowdsourcing ed è l’unione di:

1 «Crowdfunding can be defined as a collective effort of many individuals who network and pool their resources

to support efforts initiated by other people or organizations. This is usually done via or with the help of the Internet. Individual projects and businesses are financed with small contributions from a large number of individuals, allowing innovators, entrepreneurs and business owners to utilise their social networks to raise capital». De Buysere K., Gajda O., Kleverlaan R., Marom D., A Framework for European Crowdfunding, 29

Ottobre 2012, disponibile sul sito www.europecrowdfunding.org.

2

«Collecting contributions from many individuals to achieve a goal». Rosenberg T., Crowdsourcing a Better

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 Crowd;

 Source (fonte/sorgente);

 Outsourcing (esternalizzare un’attività al di fuori della propria

impresa/organizzazione/gruppo).

Il crowdsourcing è quindi una sorta un modello di business nel quale un’impresa o un’istituzione affida la progettazione, la realizzazione o lo sviluppo di un progetto, oggetto o idea ad un insieme non definito di persone non organizzate precedentemente, tramite una open-call, ovvero una chiamata aperta a cui chiunque può rispondere. Questo processo viene favorito dagli strumenti che mette a disposizione il web.

Wikipedia è probabilmente il più famoso esempio di crowdsourcing: un intera

enciclopedia costituita e alimentata costantemente dagli articoli e dai lavori del pubblico in generale. Anche Linux, il famoso sistema operativo open-source, è stato sviluppato tramite crowdsourcing, infatti il software viene distribuito ad ogni utente insieme al “codice sorgente” permettendo a chiunque di poterlo leggere e modificare. Altro noto esempio di crowdsourcing è eBay, una piattaforma web che offre ai propri utenti la possibilità di vendere e comprare oggetti sia nuovi che usati, in qualsiasi momento, da qualunque postazione internet e con diverse modalità, oppure Google, il più famoso motore di ricerca per internet, il cui algoritmo riesce a catturare i siti a cui ognuno si sta collegando e sta visitando.

Rispetto ad una normale esternalizzazione di un’attività aziendale (outsorcing), nel crowdsourcing internet riduce significativamente i costi di transazione e gli utenti che hanno contribuito a sviluppare nuove tecnologie, portare avanti un’attività di progettazione, definire o sviluppare un algoritmo, o aiutare a registrare, sistematizzare o analizzare grandi quantità di dati, ecc., in alcuni casi vengono ricompensati in denaro o con premi o riconoscimenti, in altri con la semplice soddisfazione intellettuale, anche perché il crowdsourcing spesso si basa sul lavoro di volontari ed appassionati, che dedicano il loro tempo libero a sviluppare, creare contenuti e risolvere problemi. Se il soggetto, la folla, inserisce il crowdfunding nella più ampia cornice del crowdsourcing, il secondo pilastro, ossia il funding, il finanziamento di singoli progetti o imprese, deriva dalla microfinance. Per microfinanza si intende l’offerta di prodotti e servizi finanziari a clienti che per la loro condizione economico-sociale hanno

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difficoltà di accesso al settore finanziario tradizionale. In altre parole, la microfinanza aiuta le persone che vivono in povertà ad aumentare il loro reddito, creare imprese sostenibili e migliorare le loro condizioni di vita.

La microfinanza, e più specificatamente il microcredito, agisce nei paesi in via di sviluppo dove milioni di famiglie hanno difficoltà di accedere al prestito bancario a causa dell'inadeguatezza o della mancanza di garanzie reali e delle esigue dimensioni imprenditoriali, ritenute troppo piccole dalle banche tradizionali, situazione, questa, che non consente a tali attività produttive di avviarsi e svilupparsi libere dall'usura. Storicamente si può far risalire all’Ottocento le origini del microcredito come strumento finanziario a sostegno delle classi sociali più deboli, con le prime esperienze delle banche di villaggio fondate da Raiffeisen in Germania, le Lending Charities in Inghilterra (già attive alla fine del 1700), i Loan Funds in Irlanda, le esperienze mutualistiche in Portogallo e Belgio, il modello mutualistico cooperativo delle Casse Rurali in Italia e in Spagna. Il microcredito si afferma però a livello internazionale a

metà anni Settanta grazie all’iniziativa in Bangladesh di Muhammad Yunus3, chiamato

il “banchiere dei poveri”, che nel 1977 fondò la Grameen Bank. La Grameen Bank viene considerata il primo istituto di microcredito moderno: Yunus ha iniziato il progetto in una piccola città chiamata Jobra utilizzando il proprio denaro per fornire piccoli prestiti a bassi tassi d’interesse per i poveri delle campagne.

Relativamente a primi due tratti essenziali del crowdfunding, possiamo sicuramente dire che il microcredito si caratterizza soprattutto per il destinatario, ossia iniziative imprenditoriali molto piccole, il crowdsourcing si basa invece sugli sforzi e i piccoli

contributi di un elevato numero di persone per realizzare il medesimo obiettivo. «Il

crowdfunding è proprio la combinazione di queste due idee: piccoli contributi provenienti da un elevato numero di persone per finanziare piccole iniziative

imprenditoriali».4

3

Muhammad Yunus (Chittagong, 28 giugno 1940), premio Nobel per la pace 2006, è un economista e banchiere bengalese, in passato docente nelle università di Boulder in Colorado (USA), Vanderbilt a Nashville nel Tennessee (USA) e Chittagong in Bangladesh suo paese natale.

4

«Crowdfunding is just a combination of those two ideas: small contributions from a large number of people to

fund small entrepreneurial ventures». Bradford C.S., Crowdfunding and the Federal Securities Laws, in

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Il terzo pilastro su cui si regge il crowdfunding è internet, ossia quell’habitat che permette a questo nuovo fenomeno di svilupparsi e consolidarsi: «l'ascesa del crowdfunding negli ultimi dieci anni deriva dal proliferare e dall’affermarsi di applicazioni web e di servizi mobile, condizioni che consentono a imprenditori, imprese e creativi di ogni genere di poter dialogare con la “crowd” per ottenere idee, raccogliere soldi e sollecitare input sul prodotto o servizio che hanno intenzione di

proporre»5.

Vi è quindi uno strettissimo legame tra il crowdfunding e lo sviluppo dei social media nell’ambito del cosiddetto web 2.0. Proprio quest’ultimo si è reso protagonista di un profondo processo di trasformazione di internet ed è definito come «l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono un elevato livello di interazione tra un sito web e l'utente come i blog, i forum, le chat, le piattaforme di condivisione di media

come (YouTube, Vimeo), i social network»6. In altre parole internet si trasforma «da

ambiente nel quale gli utenti fruiscono dei contenuti ad ambiente nel quale gli utenti

possono interagire e offrire contenuti»7. Il crowdfunding si basa sul concetto che

piccoli contributi provenienti da una moltitudine di persone, se messi insieme possono diventare rilevanti e i social media permettono di raggiungere proprio questo esito. Da un lato, un’iniziativa per la quale si richiede questo tipo di raccolta di fondi deve essere promossa nei confronti della folla, ossia della comunità e di persone che vanno al di là della cerchia delle conoscenze personali, persone che, pur non conoscendosi, condividono uno stesso interesse, una passione, un desiderio di dar vita ad un investimento economico insieme ad altri. Dall’altro lato, dato che con il crowdfunding un’iniziativa è promossa esclusivamente tramite la rete, tale iniziativa deve essere

5

«The rise of the crowdfunding industry over the past decade comes from the advancement in web and

mobile-based web applications and services. Entrepreneurs and businesses can utilise the crowd to obtain ideas, collect money, and solicit input on the product, overall fostering an environment of collective decision-making and allowing businesses to connect with potential customers». De Buysere K., Gajda O., Kleverlaan R., Marom D., A Framework for European Crowdfunding, 2012, disponibile sul sito www.europecrowdfunding.org.

6

http://it.wikipedia.org/wiki/Web_2.0.

7

Piattelli U., Il crowdfunding in Italia. Una regolamentazione all’avanguardia o un’occasione mancata?, Giappichelli Editore, Torino, 2013.

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presentata con un elevato dettaglio informativo, soprattutto relativamente al soggetto promotore, alle finalità, alle modalità ecc..

I social media quali Facebook, Twitter, Linkedin permettono di realizzare proprio questo scopo grazie alla rapida diffusione e condivisione di informazioni in merito ad un progetto, un’attività economica, un evento culturale ecc., nonché in merito al promotore di tali iniziative. In questo modo quella che è stata definita come la

“saggezza della folla”8 decreta, tramite la rete e in modo democratico, il successo o il

fallimento di un progetto.

1.2. Origine storica ed evoluzione del fenomeno

Spesso si fa riferimento al fenomeno del crowdfunding come una novità, quasi come una tendenza passeggera di internet. Tuttavia, non è un fenomeno così nuovo come si potrebbe credere, bensì un concetto che esiste già da alcuni secoli. La novità consiste nelle nuove tecnologie “social” e nella mentalità che ne deriva, aspetti, questi, che stanno offrendo al fenomeno la popolarità di cui gode negli ultimi anni. Il termine «crowdfunding» fu utilizzato per la prima volta da Michael Sullivan nel 2006 quando lanciò “Fundavlog”, un tentativo fallito di creare un incubatore per progetti ed eventi legati ai videoblog, che prevedeva la possibilità di effettuare donazioni online. Molto probabilmente a causa di questo tentativo fallito, il termine iniziò però ad essere utilizzato in modo frequente solo qualche anno dopo con l’avvento della piattaforma

americana Kickstarter9.

Tuttavia il primo evento di cui sia ha notizia come raccolta di fondi realizzata attraverso il finanziamento collettivo, e quindi come precursore del crowdfunding, è quello relativo ai lavori di innalzamento della Statua della Libertà: nel 1885 arrivò a New York la statua che era stata inviata e fatta costruire dai francesi per commemorare la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America del 1776. La mancanza di fondi impedì però l’inizio dei lavori necessari alla costruzione del piedistallo che

8

Castrataro D., Wright T., Bahr I., Frinolli C., Crowdfuture - The Future of Crowdfunding, 2013, disponibile sul sito http://www.slideshare.net/crowdfuture/ebook-crowdfuture.

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avrebbe sorretto la statua, sino a quando Joseph Pulitzer, famoso giornalista ed editore del quotidiano New York World, annunciò l’intenzione di raccogliere 100.000,00 dollari dichiarando che avrebbe pubblicato sul giornale il nome di tutti coloro che avessero contribuito alla raccolta, indipendentemente dall’importo donato. Dopo solo cinque mesi erano stati raccolti 102.000,00 dollari grazie al contributo di 120.000 donatori differenti. In questa esperienza di fine Ottocento si possono ritrovare tutte le linee essenziali che definiscono il crowdfunding, ad eccezione del fatto che la promozione del progetto e la raccolta dei fondi non è avvenuta tramite il web, per cui i primi veri esempi possono essere osservati a partire dalla seconda metà degli anni ‘90, quando cominciarono a comparire alcuni progetti finanziati tramite campagne di beneficenza online.

Nello stesso periodo anche gli artisti, con un ricco seguito di fan e tra loro connessi grazie allo sviluppo della rete, iniziarono a chiedere alle proprie crowds di finanziare nuovi album o tour. Uno dei primi esempi in tal senso è rappresentato dal gruppo rock inglese Marillion che nel 1997 riuscì a raccogliere 60.000 dollari per finanziare un tour negli Stati Uniti, il tutto tramite una raccolta fondi online.

In modo analogo, le associazioni di beneficenza cominciarono a scoprire le

potenzialità del web e nel 2000 nacque JustGiving10, sito di raccolta di beneficenza

online. Aspetti comuni a questi e ad altri numerosi esempi di quel periodo erano l’utilizzo del web, la passione e l’innata generosità di molte persone.

A partire dalla seconda metà degli anni 2000, il crowdfunding conosce una nuova fase

di sviluppo: nel 2005 fu lanciata Kiva11, prima piattaforma a permettere agli investitori

di prestare denaro ad imprenditori nei paesi in via di sviluppo. Kiva è ora una delle piattaforme di microprestiti di maggior successo, con oltre 165 milioni di dollari raccolti attraverso il crowdfunding, e con un eccellente tasso di ripagamento del

98.83%12. 10 www.justgiving.com. 11 www.kiva.org. 12

Castrataro D., Wright T., Bahr I., Frinolli C., Crowdfuture - The Future of Crowdfunding, 2013, disponibile sul sito http://www.slideshare.net/crowdfuture/ebook-crowdfuture.

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Questo tipo di impostazione si è evoluta ulteriormente in ciò che oggi viene definito come «prestito peer to peer» (P2P), un’alternativa al tradizionale prestito bancario, sviluppato per consentire il prestito di denaro tra privati anche al di fuori dei Paesi in

via di sviluppo. Uno dei primi siti di prestito P2P è stato Zopa13, una società londinese

che permette lo scambio di denaro online e che oggi opera in Italia con una nuova

ragione sociale: Smartika Spa14. Nel 2006 negli USA viene poi lanciato Prosper15

seguendo lo stesso modello, mentre nel 2007 nasce LendingClub16.

Se da un lato queste piattaforme non hanno riscosso un immediato successo a causa di diverse limitazioni regolamentari, e forse perché la società non era ancora abbastanza pronta, dall’altro lato le social network in quegli anni stavano vivendo un intenso sviluppo, trasformandosi in piattaforme capaci di supportare una vasta gamma di applicazioni sociali e funzionalità interattive.

E proprio sulla base di questo sviluppo, negli USA nel 2008 nasce IndieGoGo17 e nel

2009 Kickstarter; sempre negli stessi anni nasce anche Kapipal18, dell’italiano Alberto

Falossi. Queste piattaforme sono oggi tra le più popolari al mondo, in particolare Kickstarter ha assunto il ruolo di leader. Rispetto alle precedenti piattaforme, da un lato il principio è lo stesso, ossia un numeroso insieme di persone contribuisce con il proprio denaro per finanziare un’idea, dall’altro lato emerge una grande novità: chiunque contribuisca a finanziare a questi progetti, non si aspetta denaro in cambio. Infatti, a seconda dell’ammontare offerto, si possono ottenere in cambio premi e ricompense di diverso genere, ma mai in denaro. Anche il modello P2P avviato da Prosper e LendingClub ha conosciuto una rinascita in questi anni. Sempre più prestatori e beneficiari stavano iniziando a connettersi direttamente via internet e ad evitare le banche, infatti come descrive l’autore del bestseller Wikinomics Don Tapscott: «Ciò che queste reti di P2P consentono di fare che le banche non possono (o

13 www.zopa.com. 14 www.smartika.it. 15 www.prosper.com. 16 www.lendingclub.com. 17 www.indiegogo.com. 18 www.kapipal.com.

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non vogliono) fare è lasciare che le persone associno i propri investimenti ad individui o cause in cui credono».

L’importante crescita del crowdfunding degli ultimi anni è testimoniata dalle straordinarie cifre raggiunte da Kickstarter: il 9 febbraio 2012, un docking station creata per l'iPhone da Casey Hopkins divenne il primo progetto Kickstarter a superare il milione di dollari raccolti (1.464.706 dollari). Il 18 maggio 2012, il Pebble E-Paper

Watch raccolse 10.266.845 dollari, divenendo così il progetto più finanziato nella

storia di Kickstarter.

Nonostante i notevoli risultati che il crowdfunding aveva già ottenuto, soprattutto con Kickstarter, c’era ancora spazio per un nuovo importante sviluppo: nel 2010, da

un’idea dei finlandesi Jouko Ahvenainen e Valto Loikkanen, nasce Grow VC19, la

piattaforma globale dedicata agli imprenditori ed ai loro bisogni che ha dato l’avvio a ciò che va sotto il nome di equity-based crowdfunding. Il modello Grow VC si distingue per essere stato il primo creato a favore alle start-up ad alto potenziale di

innovazione tecnologica. Nel 2011 è stata seguita dalla britannica Crowdcube20 e nel

novembre dello stesso anno, il gruppo Rushmore si è assicurato un milione di dollari di investimento da parte di 143 investitori per finanziare lo sviluppo di una nuova iniziativa imprenditoriale a Londra (espansione del gruppo londinese di bar e club); l’investimento è stato raccolto su Crowdcube in sole quattro settimane.

Entrambe queste piattaforme hanno inaugurato un modello che è stato ripreso in varie

parti d’Europa, come la piattaforma olandese Symbid21. Tuttavia, limitazioni

legislative ne hanno limitato lo sviluppo, sia a livello europeo, sia a livello statunitense.

1.3. I modelli di crowdfunding

Sulla base dell’evoluzione che si è registrata nel corso degli anni e sulla base delle caratteristiche e delle peculiarità che via via sono emerse, ad oggi possiamo 19 www.growvc.com 20 www.crowdcube.com 21 www.symbid.nl

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individuare quattro modelli diversi di crowdfunding secondo una classificazione che tiene conto del diverso tipo di ritorno che viene attribuito ai finanziatori di ogni progetto:

 Donation-based;  Reward-based;  Lending-based;  Equity-based.

Al di là di questa distinzione, molte volte puramente formale dato che nella realtà spesso risulta difficile inquadrare in modo assoluto le piattaforme di crowdfunding in una delle precedenti categorie, possiamo rinvenire alcuni elementi comuni a tutti i tipi di piattaforme, ossia i metodi di pagamento e le «fee» o commissioni dovute alle piattaforme. I pagamenti avvengono attraverso vari tipi di sistemi: la soluzione più comune è quella riferita ai pagamenti tramite soggetti autorizzati ad operare come istituti di moneta elettronica quali Payal, Amazon Payments ecc.; alcuni siti accettano anche i tradizionali bonifici bancari o pagamenti con carte di credito, con deposito dei

fondi in un escrow account22.

Per quanto riguarda la fee alle piattaforme, essa è determinata come una percentuale ottenuta sull’ammontare dei fondi raccolti dai progettisti, e può variare dal 2% al 25%

del totale23; a volte le commissioni prevedono anche una quota fissa, seppur di

modesta entità.

Secondo il Massolution Report24, le commissioni corrisposte alle piattaforme di

crowdfunding sono generalmente più basse in Nord America e in Europa (in media 7%) che in altre nazioni (in media 8%), molto probabilmente a causa di una maggior competizione.

22

Il termine anglosassone escrow individua un accordo scritto fra due soggetti in forza del quale somme di denaro o titoli di proprietà oggetto del contratto vengono depositate presso una terza parte a titolo di garanzia, e rilasciate poi all’avveramento di determinate condizioni espressamente stabilite dalle parti.

23

Castrataro D., Wright T., Bahr I., Frinolli C., Crowdfuture - The Future of Crowdfunding, 2013, disponibile sul sito http://www.slideshare.net/crowdfuture/ebook-crowdfuture.

24

Massolution, 2013 CF - The Crowdfunding Industry Report, 2013, disponibile sul sito www.slideshare.net/SGBmedia/start-uphive-massolution2013cffullreport0408.

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14 1.3.1. Il modello donation-based

Questo modello è molto probabilmente quello che ha dato origine al fenomeno del crowdfunding, permettendo il sostegno a iniziative di beneficenza e a valenza sociale. Nelle piattaforme che operano secondo il modello del donation-based crowdfunding, i contributi della crowd sono delle donazioni destinate per lo più a iniziative di beneficenza, per cui gli investitori non ricevono alcun tipo di ritorno, né economico né in beni e servizi, ma un semplice riconoscimento morale. Ora, nonostante il motivo che spinge i donatori ad apportare un contributo sia di tipo caritatevole, ciò non vuol dire che anche il progetto del destinatario lo sia pure. In alcuni casi, infatti, le piattaforme donation-based indirizzano le donazioni della folla non a campagne di beneficenza, bensì a progetti e iniziative di tipo profit. Le piattaforme donation-based «pure» sono rare, mentre è più frequente vedere delle piattaforme reward-based che finanziano progetti e imprese tramite donazioni per le quali non è previsto alcun tipo di ritorno.

GlobalGiving25 è un esempio di piattaforma donation-based pura, limitata quindi alla

raccolta a favore di organizzazioni no-profit, la quale permette ai potenziali donatori di scegliere all’interno di un’ampia offerta di progetti organizzati geograficamente o basati su temi quali l’ambiente, l’istruzione, l’assistenza sanitaria. La GlobalGiving Foundation, che gestisce la piattaforma, percepisce una commissione del 15% e garantisce che il resto della donazione raggiungerà il progetto entro sei giorni.

1.3.2. Il modello reward-based

Secondo il Massolution Report più dei 2/3 di tutte le piattaforme di crowdfunding al mondo seguono il modello reward-based, che è quindi il più noto e popolare.

Questo modello si distingue dagli altri per il fatto che le donazioni fatte dalle persone per un progetto, prevedono in cambio una ricompensa o un premio sia di natura materiale, come ad esempio il pre-ordine di un prodotto, o più intangibile, come un ringraziamento sul sito web. I premi in questione hanno più che altro un valore

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simbolico e sono forniti dal crowdfunder, inoltre tale valore spesso risulta molto inferiore rispetto alla donazione, in modo da assicurare un livello di raccolta tale da permettere la realizzazione del progetto. In genere, ogni piattaforma reward-based lascia scegliere tra diversi livelli di ricompense, che salgono di valore al salire della donazione. Recentemente si è diffuso anche il cosiddetto modello pre-purchase, secondo il quale si può mettere online un nuovo prodotto o servizio prima della produzione, chiedendo ai backers, ovvero coloro che supportano il progetto, di finanziarlo pagando in anticipo, ottenendo in cambio uno sconto rispetto al prezzo futuro di vendita. Kickstarter e IndieGoGo sono i leader tra le piattaforme reward-based crowdfunding.

Le varie piattaforme reward-based presentano spesso caratteristiche diverse individuando in tal modo vari sotto-modelli. Tuttavia si possono ritrovare caratteristiche comuni, quali:

 I cosiddetti video-pitch del progetto, ossia veri e propri video in cui il progettista spiega in cosa consiste la sua attività, le modalità di realizzazione del progetto e di utilizzo dei fondi, le tempistiche e il team che si occuperà dell’implementazione del progetto. La finalità di questo strumento è quella di condividere più informazioni possibili per conquistare la fiducia dei backers e renderli partecipi del progetto; nonostante il video non sia obbligatorio la maggior parte delle piattaforme lo consigliano e secondo Kickstarter, i progetti con un video hanno il 20% di chance in più di vedere il proprio progetto

concludersi con successo rispetto alle campagne senza video26;

 Ricompense, previste da ogni piattaforma secondo vari livelli che salgono di valore al salire dell’offerta. Di solito si parte da un’offerta minima di qualche euro che non prevede alcuna ricompensa, per poi passare a importi e ricompense di più alto valore. Diverse piattaforme prevedono poi anche offerte libere e la possibilità quindi di donare senza ottenere in cambio alcuna ricompensa.

26 Castrataro D., Wright T., Bahr I., Frinolli C., Crowdfuture - The Future of Crowdfunding, 2013, disponibile

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La maggior parte delle piattaforme di reward-based crowdfunding hanno anche uno spazio riservato per gli aggiornamenti, i messaggi e i feedback, una sorta di social network, attiva e aggiornata, che favorisce la trasparenza del progetto e la responsabilità del progettista.

Il modello reward-based può inoltre essere ulteriormente diviso in due sotto-modelli principali: il modello all-or-nothing («tutto o niente»), di gran lunga il più utilizzato, e il modello take-it-all («prendi tutto»).

Il modello all-or-nothing prevede che per il finanziamento di un determinato progetto si debba raggiungere un somma target, raccolta tramite le donazioni in un periodo di tempo predeterminato, prima di effettuare qualsiasi transazione finanziaria e trasferimento di denaro a favore del progettista.

Qualora la somma determinata come target per il buon esito della raccolta non venisse raggiunta, il finanziamento si considera fallito, le transazioni non avranno luogo e il denaro verrà ritrasferito immediatamente ai donatori. In alcuni modelli, le somme versate vengono trasferite in un altro conto che è gestito dalla piattaforma e possono essere stanziate su un altro progetto. Kickstarter è sicuramente uno dei più celebri esempi di piattaforma reward-based con un modello di raccolta all-or-nothing, e in Italia, seguono questo modello la maggioranza delle piattaforme reward-based.

Il modello cosiddetto take-it-all prevede invece che la raccolta tramite il portale giunga al progetto a prescindere dal fatto che essa raggiunga o meno il proprio target entro la scadenza prefissata. L’altra celebre paiattaforma reward-based IndieGoGo offre entrambe le soluzioni («fixed funding» vs «flexible funding»). Inoltre negli ultimi anni si sono osservati anche modelli alternativi, come quello creato dalla

piattaforma americana RocketHub27, detto all and more («tutto o di più»): funziona

come un normale modello «prendi tutto» anche se il target non viene raggiunto, tuttavia se la raccolta dovesse raggiungere o addirittura eccedere il proprio target, il progetto è esentato dal pagamento di parte delle commissioni (es. la tariffa di iscrizione alla piattaforma, la percentuale dovuta alla piattaforma sul finanziamento raccolto, ecc).

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17 1.3.3. Il modello lending-based

Il lending-based crowdfunding è un modello nel quale il soggetto conferisce denaro con l’aspettativa della restituzione della somma. La formula base del lending-based crowdfunding prevede che una persona, un’impresa, una società riceva in prestito denaro da un gruppo di persone invece che da una banca, tuttavia la corresponsione di interessi è eventuale e varia a seconda delle modalità scelte e dalla relazione con cause socialmente rilevanti o meno. A tal proposito si possono distinguere due ulteriori sotto-modelli: il modello micro-lending (o social lending) e il modello peer-to-peer ( o

prestito tra privati).

Il modello micro-lending consiste nella fornitura di servizi finanziari a clienti con bassi redditi, inclusi semplici consumatori e lavoratori in proprio che tradizionalmente non hanno accesso a servizi bancari e finanziari. Il denaro è raccolto da un gruppo di persone ed è gestito da un intermediario locale. Questo è il modello seguito dalla popolare piattaforma Kiva. Questa piattaforma collabora con i cosiddetti Field

Partners, degli istituti di microcredito operanti in 61 Paesi, che incontrano,

selezionano ed erogano prestiti agli imprenditori locali. I progetti selezionati dai Field Partners vengono quindi pubblicati da Kiva sul proprio portale e gli utenti che accedono al sito possono selezionare le richieste di finanziamento di maggiore interesse e decidere quale finanziare erogando prestiti con taglio minimo di 25 dollari. Kiva, non applicando alcuna fee ne trattenendo alcuna parte dei tassi richiesti dagli istituti di microcredito, invia il 100% delle somme periodicamente raccolte ai Field Partner richiedenti che, a loro volta, rientrano nei prestiti erogati agli imprenditori bisognosi. Kiva, contestualmente alla conferma del taglio di prestito da effettuare, propone una donazione addizionale e del tutto facoltativa del 15% necessaria a coprire gli alti costi di gestione e funzionamento.

Entro la scadenza contrattuale, l’imprenditore è tenuto a concludere la restituzione del prestito e del relativo tasso d’interesse applicato e trattenuto dal Field Partner; questi a loro volta restituiscono la somma a Kiva che provvederà ad accreditarla sul conto degli utenti finanziatori, ai quali quindi viene rimborsato solo il capitale senza la corresponsione di alcun interesse.

(18)

18

Il modello peer-to-peer lending (P2P) si basa invece sulla creazione di una community dove coloro che necessitano un prestito e coloro che investono le proprie disponibilità prestandolo ad altri possono interagire direttamente tra loro, senza ricorrere ad intermediari, ottenendo così condizioni migliori per entrambi: tassi più bassi per i richiedenti e interessi più alti per i prestatori. «All’interno della comunità si crea in questo modo un mercato, nel quale i tassi correnti sono determinati solo e soltanto

dall’incontro diretto tra domanda e offerta»28.

Le piattaforme di lending-based crowdfunding che adottano questo modello hanno quindi l’importante funzione di favorire il contatto tra prestatori e richiedenti. Fondata nel 2005 a Londra, Zopa è stata la prima società di prestito peer-to-peer e agisce come un’intermediaria che facilita il processo appena descritto.

A questi due modelli se ne affianca un terzo, il cosiddetto modello peer-to-business (P2B), micro-prestito a piccole imprese, che ritroviamo nell’esempio di

FundingCircle29, piattaforma che permette a piccoli risparmiatori di prestare denaro a

piccole e medie imprese o start-up. Le piattaforme P2B lavorano in modo simile alle piattaforme P2P, eccetto il fatto che connettono imprese a individui. Sono mercati che aiutano imprese a trovare prestiti a basso costo in modo veloce e investitori a ottenere ritorni migliori, eliminando il costo e la complessità del mondo bancario. Attraverso questi portali, gli individui prestano a molte imprese spalmando così il rischio. Le imprese prendono in prestito da molte persone diverse con i più bassi tassi di interesse e le persone ottengono buoni ritorni netti. A causa delle regolamentazioni ristrette in molti Paesi, le piattaforme di P2P non sono molte nel mondo. La più grande è in

Regno Unito, la già citata FundingCircle, dove abbiamo anche Rebuilding Society30.

In Italia non sono ammesse per legge.

28 http://www.smartika.it/Web/esplora-smartika_scopri-il-social-lending.html. 29 www.fundingcircle.com. 30 www.rebuildingsociety.com.

(19)

19 1.3.4. Il modello equity-based

Al momento, uno dei dibattiti più accesi nel mondo del crowdfunding concerne proprio il suo utilizzo per la formazione di capitale attraverso l’acquisto di azioni di una società da parte della «folla», processo che viene definito equity-based crowdfunding, modello sviluppatosi solo recentemente. L’equity-based crowdfunding consiste in «una raccolta di fondi destinati a consentire all’investitore di diventare socio della società che promuove il proprio progetto attraverso la piattaforma

online»31. L’obiettivo è quello raccogliere offerte fino al momento in cui non si

raggiunge il target richiesto, per poi iniziare la fase vera e propria di sottoscrizione dell’investimento. Quelli di equity-crowdfunding, sono portali che, per l’attività svolta, devono necessariamente avviare in via preliminare un’attenta analisi della normativa applicabile, soprattutto per quanto riguarda la disciplina della sollecitazione dell’investimento in strumenti finanziari oppure dello svolgimento di attività riservata. Tra i modelli operativi maggiormente sviluppati, negli ultimi anni sono emersi il

modello veicolo e il modello club.

Nel modello club, le piattaforme di equity-based crowdfunding selezionano potenziali investitori come membri di un club di investimento chiuso, in modo tale che l’offerta non venga destinata direttamente al pubblico. Questo modello è stato adottato dalla piattaforma britannica Crowdcube: l’investitore preliminarmente diventa socio della società Crowdcube Ventures Limited, senza diritto di voto e con l’obbligo di versare un contributo pari ad un pence in caso di liquidazione. Divenuto socio, l’investitore potrà liberamente scegliere quale investimento effettuare tra quelli pubblicati sulla piattaforma e il suo denaro non verrà versato alla società target fino a quando non sarà sottoscritto l’intero ammontare della raccolta; raggiunto tale obiettivo e predisposta tutta la documentazione legale e societaria da parte di Crowdcube, ogni socio riceverà il certificato azionario rappresentativo dell’investimento e il suo denaro sarà trasferito alla società target.

31 Piattelli U., Il crowdfunding in Italia. Una regolamentazione all’avanguardia o un’occasione mancata?,

(20)

20

Il modello veicolo è stato invece adottato dalla piattaforma israeliana OurCrowd32,

divenuta famosa in quanto recentemente, il 28 aprile 2014, ha registrato l’ultimo record di raccolta di equity con un ammontare totale pari a ben 25 milioni di dollari. Per ogni società da finanziare viene costituito un apposito veicolo societario, gestito direttamente da OurCrowd, dotato di particolari diritti di prelazione e anti-diluizione. Gli investitori interessati acquisiscono una partecipazione in questa società veicolo e non direttamente nella società da finanziare. OurCrowd cura dapprima l’operazione di raccolta del capitale di rischio e poi la gestione del progetto imprenditoriale, assicurandosi una presenza anche nel board della società target. Proprio questa capacità non solo di apportare capitale, ma anche di generare valore, è sicuramente uno dei punti di forza della piattaforma di Gerusalemme.

A causa delle legislazioni differenti e i vari modi di andare incontro ai requisiti richiesti, le piattaforme di equity-based crowdfunding spesso sono molto diverse nella loro presentazione, nel processo di coinvolgimento della folla e nei metodi di operare. Nonostante le differenze, sono diversi gli aspetti comuni che si ritrovano su quasi tutte le piattaforme equity-based:

 Presentazione del progetto alla piattaforma.

Le piattaforme analizzano le proposte che arrivano e decidono quali selezionare e pubblicare sul sito. Generalmente queste piattaforme dispongono di un team esperto in capitali di investimento o esperienze similari che ha la funzione di selezionare i progetti da pubblicare. Il processo di accettazione o rifiuto è molto più rigoroso di quello delle altri tipologie di piattaforme.

 Raccolta di capitali.

Le piattaforme creano un pitch con informazioni per la raccolta di capitali; il pitch prende generalmente la forma di un video e/o un testo che spiega il modello di business della società, l’origine e le informazioni sull’offerta e sugli imprenditori, il capitale richiesto, il progetto da finanziare e quante azioni sono offerte. La piattaforma promuove quindi la campagna attraverso le proprie reti e interagisce direttamente con potenziali investitori per qualsiasi questione o

32

(21)

21

richiesta di informazione. In merito agli investitori alcune piattaforme (o legislazioni) richiedono che uno o più investitori istituzionali sottoscrivano una certa percentuale di azioni offerte dalla società perché la raccolta sia valida (è il caso dell’Italia, per esempio).

 Chiusura del processo di raccolta di capitale.

Le piattaforme equity-based di solito operano secondo il modello “all or nothing”: se il target viene raggiunto entro la fine del periodo specificato, le società ricevono i fondi, dopo controlli aggiuntivi operati dalla piattaforma. Se la somma target non viene raggiunta, il denaro torna agli investitori. In quanto alla scadenza, è decisa in anticipo con la piattaforma, che spesso impone un limite massimo per ogni round di investimento. Con riguardo alla gestione di denaro, la maggior parte delle volte esso confluisce in un conto “escrow”, ovvero un conto di garanzia, indipendente da quello dell’investitore o dell’imprenditore, finché il target non viene raggiunto.

 Fase di post-investimento.

Conclusosi il round di investimento, in generale, gli investitori continuano ad avere la possibilità di interagire con i progettisti anche dopo la chiusura dell’investimento, e questo processo è facilitato proprio dalla piattaforma. Questa è una caratteristica molto importante per due motivi: l’informazione continua a circolare anche dopo la chiusura dell’offerta e gli investitori possono rappresentare una fonte di supporto, motivazione e consigli per gli imprenditori. Inoltre, in alcuni casi, gli investitori ricevono anche diritti di voto; in altri ottengono solo lo stato di “silent partner” (socio non attivo).

Il modello equity-based è sicuramente la forma di crowdfunding più complessa e problematica in quanto sottoposta a una regolamentazione pesante e non è permessa in molti Paesi, per cui suscita perplessità e spesso incontra anche barriere innalzate da parte degli investitori tradizionali e di gruppi di interesse radicati che popolano il mercato dei capitali. Gli ostacoli incontrati dall’equity crowdfunding molto probabilmente sono dovuti «al fatto che, come tutti i prodotti scaturiti dalla diffusione e uso di strumenti e tecnologie sociali, questo tipo di crowdfunding rompe barriere, aggira gatekeeper e permette a individui, che altrimenti non avrebbero mai pensato di

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22

poter essere investitori, di re-immaginarsi in questo ruolo. Facendo ciò minano l’esclusività gelosamente conservata dal mondo dell’investimento tradizionalmente

inteso»33. Nonostante queste difficoltà, l’equity crowdfunding è un settore fortemente

in crescita e destinato ad accrescere la sua fama ulteriormente in quanto in molti Paesi sono iniziati i lavori finalizzati a trovare una struttura legale che consenta e faciliti l’utilizzo di questo strumento.

1.4. I benefici sul sistema, le cifre e i risultati del crowdfunding

Dopo una fase iniziale partita in sordina, il fenomeno del crowdfunding ad oggi è una realtà sempre più pervasiva e in crescita, sia nell’ambito sociale che in quello economico. Al di là dei vari modelli sviluppatisi sino ad oggi e della sperimentazione continua di soluzioni innovative e alternative, i benefici e i vantaggi del crowdfunding sono molteplici. In una presentazione alla Commissione Europea nel giugno 2013, Christian Saublens, direttore dell’EURADA (European Association of Development Agencies), fa una lista dei principali vantaggi del crowdfunding di cui possono

beneficiare, anzitutto, le imprese34 :

- Favorevoli condizioni di finanziamento grazie ad una valutazione dei propri progetti condotta secondo una logica aperta e di mercato, piuttosto che la tradizionale negoziazione degli investimenti caratterizzata da esclusività e da asimmetrie informative;

- Minori costi di transazione dovuti alle piattaforme che utilizzano un business model basato su guadagni derivanti da un elevato numero di transazioni, rispetto ai tradizionali investitori che vanno in cerca solo di un esiguo numero di investimenti potenzialmente profittevoli;

33

Castrataro D., Wright T., Crowdfunding - Come finanziarsi online. Introduzione al finanziamento

collaborativo sul web, Greenbooks Editore, 2014.

34

Gajda O., Mason N., Crowdfunding for impact in Europe and the USA, 2013, disponibile sul sito http://www.europecrowdfunding.org/2013/12/crowdfunding-for-impact-in-europe-and-the-usa/.

(23)

23

- Approvazione del prodotto, prezzo e mercato tramite i feedback dei clienti e tramite sistemi di analisi e valutazione che promuovono lo scambio interattivo di pareri e conoscenze;

- Una politica di marketing del “passaparola” e orientata al consumatore ottenuta grazie alla concentrazione degli sforzi, sin da subito, verso i potenziali clienti e sostenitori del progetto.

Oltre che per le imprese, anche per gli investitori privati esistono diversi vantaggi quali:

- Una forte identificazione con l’impresa, il suo team e i suoi obiettivi, sia prima che durante l’investimento;

- Una diversificazione “low cost” del portafoglio investimenti, sia per settori che per piattaforme;

- Due diligence del progetto facendo leva su dati disponibili pubblicamente tramite i social media, nonché commenti e feedback sulla piattaforma di crowdfunding;

- Opportunità di essere un investitore attivo fornendo e analizzando commenti e altri input durante tutte le fasi del processo di funding.

Vantaggi e benefici del crowdfunding si riscontrano però anche a livello macro e di sistema. A tal proposito il Framework for European Crowdfunding elenca i vantaggi

del crowdfunding sul mercato interno35:

 Resilienza del sistema.

Il crowdfunding rappresenta una concreta possibilità di ridurre la concentrazione del potere nel sistema finanziario; le statistiche rivelano infatti come l’industria finanziaria sia guidata da poche organizzazioni che dominano ampiamente l’intero mercato. «Questa situazione spinge verso il modello

35

De Buysere K., Gajda O., Kleverlaan R., Marom D., A Framework for European Crowdfunding, 29 Ottobre 2012.

(24)

24

cosiddetto “too big to fail” dove le più grandi istituzioni sopportano il rischio

di portare al collasso l’intero sistema»36.

 Determinazione di migliori tassi di mercato.

Poiché i tassi di interesse sono determinati dalla domanda della folla, le piattaforme di crowdfunding permettono di generare prezzi di mercato e tassi di interesse reali, procurando, tra l’altro, continue opportunità di liquidità. Si sa infatti che i tassi di interesse determinati all’interno dell’industria finanziaria globale sono ad oggigiorno controllati da poche istituzioni finanziarie.

 Diversificazione del finanziamento.

Oltre che offrire nuove opportunità di investimento a privati e investitori aziendali, il crowdfunding prevede anche per i beneficiari dei finanziamenti la possibilità di diversificare le loro fonti di finanziamento. Questo riduce il loro rischio di approvvigionamento di risorse e crea valore per il sistema nel suo insieme, rendendo il business meno vulnerabile a eventuali carenze di fondi. Un fatto che, consolidato su larga scala, porterebbe e aiuterebbe l’industria del crowdfunding a essere competitiva a livello globale.

 La stabilità finanziaria.

Storicamente, la crisi è stata spesso causata da un improvviso calo dei finanziamenti e da un successivo incremento della spesa pubblica effettuato per il riequilibrio, con deficit insostenibili nei momenti di contrazione. Se il crowdfunding non può annientare il rischio di calo dei finanziamenti, crea però la possibilità di investire i fondi esistenti in progetti concreti che portino un ritorno tangibile agli investitori sulla base di parametri visibili e rappresenta un’alternativa alle crisi inflattive.

 Canali di finanziamento alternativi.

Secondo gli autori del Framework, l'intrinseca capacità del crowdfundig di generare dati e descrivere con precisione i progetti, permette ai governi di

36

Claveri C., Esposito R., Crowdfunding World 2013: report, analisi e trend, 2013, disponibile sul sito www.derev.com

(25)

25

migliorare l’individuazione degli obiettivi e delle aree di destinazione dei fondi pubblici. Grazie infatti a una rete altamente interconnessa di canali di finanziamento, vi sarà una migliore trasparenza del fabbisogno di finanziamento di cui necessita effettivamente l’economia

I benefici e i vantaggi del crowdfunding appena visti, sono sostenuti dalle cifre straordinarie raggiunte negli ultimi anni da questo fenomeno. Per misurare la portata complessiva del movimento e dei flussi finanziari legati al crowdfunding nel mondo, è di fondamentale importanza il Massolution Report stilato dal gruppo di

Crowdsourcing.org, composto dai ricercatori di Massolution, una società di

consulenza specializzata nelle industrie del crowdsourcing e crowdfunding. Questo report contiene tutti i dati disponibili (al 2012) sulle cifre e i numeri del crowdfunding a livello globale e fornisce un indicatore utile per desumere i trend del settore.

Nel 2012 il crowdfunding è cresciuto nel mondo di una quota pari all’81%, raggiungendo la cifra di 2,7 miliardi di dollari, con un milione di campagne finanziate con successo. Per il 2013 il report prevede un aumento dei volumi globali raddoppiato, con il raggiungimento della quota di 5,1 miliardi di dollari.

Un’analisi più approfondita, a livello di mercati regionali, evidenzia come nel Nord America i volumi del crowdfunding sono cresciuti del 105% rispetto al 2011, raggiungendo 1,6 miliardi dollari; nel 2011 la crescita era stata invece dell’86%. Per quanto riguarda l’Europa si è registrata una crescita del 65% rispetto al 2011, con un risultato di 945 milioni di dollari; nel 2011 l’incremento si era fermato ad un + 42% rispetto al 2010. In totale tutti gli altri mercati sono cresciuti del 125%.

Se si vanno invece ad analizzare i tassi di crescita dei singoli modelli, la situazione descritta dal Massolution Report è la seguente:

 Without financial return (reward e donation)37: crescita dell'85% a 1,4 miliardi

dollari;

 Lending-based: crescita del 111% a 1,2 miliardi dollari;  Equity-based: crescita del 30% a 116 milioni dollari.

37

La crescita dei modelli reward e donation vengono costituisce un unico aggregato poiché molte piattaforme offrono spesso entrambe le soluzioni.

(26)

26

Grafico 1: Growth by crowdfunding model

Fonte: Elaborazione personale (dati tratti da 2013 CF - The Crowdfunding Industry Report, 2013)

Nord America ed Europa producono oltre il 95% del movimento complessivo del crowdfunding, facendo da leader del mercato globale, secondo i risultati dello studio che ha preso in considerazione ben 308 piattaforme attive in tutto il mondo. Anche in Asia e Oceania, comunque, il fenomeno sta crescendo rapidamente con volumi rispettivamente di 50 e 100 milioni di dollari.

Gli Stati Uniti, in particolare, vantano il più alto numero di piattaforme di crowdfunding, e il dato più sorprendente è che la maggior parte delle 191 piattaforme attive contate hanno raggiunto una operatività a livello internazionale. L’esempio più importante è quello di Indiegogo, che lavora su una prospettiva internazionale con roadshow mirati ad ampliare la portata delle sua attività in ogni paese del mondo. Altro esempio degno di nota è quello di Kickstarter, che dopo aver raggiunto i record di fatturato mondiale operando solo negli USA, da circa un anno ha intrapreso la strada della conquista dei mercati esteri, aprendo una divisione in Gran Bretagna che

0 500 1000 1500 2000 2500 3000 2010 2011 2012 M ill io n s o f U SD $ Mixed Others Reward Lending Equity Donation

(27)

27

mira a creare una posizione di forza in Europa e in generale in tutto il mondo anglosassone.

Per quanto riguarda l’Europa, il Massolution Report chiarisce che la maggior parte dei volumi di crowdfunding è sostenuta dall’Europa occidentale, con alcuni Paesi che vantano il tasso di attività e raccolta maggiore. Infatti, la quota di mercato europeo in termini di volume di denaro raccolto è dominata dal Regno Unito (63%), seguita da

Germania, Polonia, Francia, Italia e Spagna38.

38

Claveri C., Esposito R., Crowdfunding World 2013: report, analisi e trend, 2013, disponibile sul sito www.derev.com

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(29)

29 Capitolo II

EVOLUZIONE NORMATIVA IN ITALIA

2.1. Il contesto di riferimento

Nonostante qualche debole segnale di ripresa, l’economia italiana, nei primi sei mesi del 2014, si trova ancora in una situazione di profonda difficoltà dovuta alla congiuntura negativa che ha preso avvio negli USA nel 2007 con la crisi finanziaria dei mutui sub prime e che poi si è aggravata ed estesa con l’esplodere delle tensioni sui debiti sovrani nell’estate del 2011.

Soprattutto in seguito al fallimento, nel settembre 2008, di uno dei colossi della finanza americana e mondiale, la Lehman Brothers, il crollo della fiducia sui mercati e nel sistema interbancario ha comportato una crisi di liquidità dell’intero sistema creditizio. Ciò ha avuto irrimediabilmente conseguenze sull’economia reale, con un vero e proprio congelamento dei mercati delle obbligazioni societarie, che ha portato le imprese in una situazione di difficoltà, in particolare per il reperimento dei capitali necessari al proprio funzionamento, con il conseguente, inevitabile, calo della produzione e dei salari, l’aumento della disoccupazione e la contrazione dei consumi. Principale e tipico meccanismo di trasmissione degli effetti della crisi finanziaria sull’economia reale è stato il credit crunch, ossia un sensibile calo dell’offerta di credito da parte delle banche, di solito in seguito ad un periodo di forte espansione. Nonostante la crisi affondi le sue radici nell’estate del 2007, in Italia il credit crunch proseguirà anche nel 2014. Il peggioramento delle condizioni generali del credito e il protrarsi della stretta creditizia sono confermati dalla riduzione dei finanziamenti ai settori produttivi e alle famiglie per 62 miliardi tra settembre 2012 e settembre 2013

rilevata da Banca d'Italia39.

Ma il giro d vite più evidente riguarda le imprese: i prestiti bancari alle imprese italiane hanno iniziato a ridursi dagli ultimi mesi del 2011; la caduta del credito

39

L'allarme di Confcommercio: credito solo a 26 imprese su mille, in “Il Sole 24 Ore”, 5 Aprile 2014, disponibile sul sito http://24o.it/BzQTe.

(30)

30

erogato è stata finora del 10,5% rispetto al picco del settembre 2011, pari a -96 miliardi di euro. Il credit crunch si è sviluppato a un ritmo di -0,4% al mese, con una forte accelerazione a novembre 2013 (-1,2%). Ciò è quanto segnalato dal Centro studi di Confindustria, il quale stima che la stretta creditizia proseguirà anche quest'anno:

-1% (-8 miliardi)40.

Grafico 2: Prestiti bancari ai residenti in Italia (variazioni percentuali sui 12 mesi)

Fonte: Supplementi al Bollettino statistico, Moneta e banche, Banca d’Italia, 10 Gennaio 2014

Il permanere in Italia di questa situazione di credit crunch è dovuta, anzitutto, al peggioramento del merito creditizio dei debitori, peggioramento dovuto a sua volta alla congiuntura economica negativa, per cui le banche, aumentando la probabilità di insolvenza e il rischio di perdita sugli impieghi creditizi, riducono i prestiti a famiglie e imprese. In Italia le sofferenze sui prestiti alle imprese sono salite a 103 miliardi nel novembre 2013 (12,6% del totale dei prestiti), da 25 miliardi nel 2008. Anche quelle sui crediti alle famiglie crescono (32 miliardi, da 10) e quelle sui prestiti alle famiglie

40

Rapacciuolo C., Italia: il credit crunch prosegue nel 2014, 11 Gennaio 2014, disponibile sul sito www.confindustria.it.

(31)

31

produttrici sono salite a 13 miliardi (da 6). Ciò rende più prudenti le banche

nell’erogazione di nuovi finanziamenti41. In secondo luogo, le nuove disposizioni di

vigilanza di Basilea 3 entrate in vigore il 1° gennaio 2014, impongono alle banche una maggiore capitalizzazione e innalzano i requisiti patrimoniali a fronte dei rischi assunti dalla banca. È salita così la quota degli asset con più bassa ponderazione per il rischio e quindi minore assorbimento di capitale, in base ai criteri di Basilea 3. In tal modo si è ridotto l’attivo ponderato per il rischio (RWA), a parità di valore nominale dell’attivo. Ciò è confermato dal fatto che la quota dei prestiti alle imprese sul totale dell’attivo è scesa dal 22,0% nel 2011 al 19,9% nel 2013, un punto all’anno. I titoli di stato italiani, invece, sono saliti dal 5,2% al 9,8%, oltre due punti all’anno.

Se il credit crunch è un problema che riguarda l’intera economia mondiale, in Italia l’uscita da questa situazione presenta molte più difficoltà: a differenza di molti altri Paesi, la ricerca di soluzioni di finanziamento alternative al canale bancario risulta essere complicata e difficile poiché il tessuto produttivo italiano è stato da sempre caratterizzato dalla presenza predominante di piccole e medie imprese, che a causa delle loro caratteristiche incontrano maggiori ostacoli nella diversificazione delle forme di raccolta di capitale.

Secondo quanto riporta la Scheda Informativa SBA 201342, le microimprese43

rappresentano oltre il 94% del totale delle imprese italiane.

41

Rapacciuolo C., Italia: il credit crunch prosegue nel 2014, in “Nota dal C.S.C.”, 11 Gennaio 2014, disponibile sul sito www.confindustria.it.

42

Lo Small Business Act for Europe (SBA) è l’iniziativa faro dell’UE a sostegno delle piccole e delle medie imprese (PMI), che comprende un insieme di misure strategiche organizzate attorno a dieci principi che vanno dall'"imprenditorialità" e l'"amministrazione recettiva" all'"internazionalizzazione". Le schede informative SBA vengono pubblicate annualmente con l'obiettivo di migliorare la comprensione delle tendenze recenti e delle politiche nazionali in materia di PMI.

43

Le microimprese, le piccole o medie imprese vengono definite in funzione del loro organico e del loro fatturato ovvero del loro bilancio totale annuale. Una media impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 250 persone e il cui fatturato non superi 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuale non sia superiore a 43 milioni di euro. Una piccola impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 50 persone e il cui fatturato o il totale del bilancio annuale non superi 10 milioni di euro. Una microimpresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 10 persone e il cui fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro.

(32)

32

Tabella 1: Le PMI in Italia

Fonte: Scheda Informativa SBA 2013 Italia

Nonostante il fenomeno delle PMI riguardi in modo consistente anche gli altri Paesi europei, un elemento caratterizzante delle imprese italiane è sempre stato la forte sottocapitalizzazione e dipendenza dal canale bancario, aspetto, questo, che complica notevolmente il superamento delle difficoltà legate al credit crunch.

Grafico 3: Composizione delle passività finanziarie delle imprese nel 2012

Fonte: Barbagallo C., L’internazionalizzazione dei servizi bancari a sostegno delle imprese all’estero

nella prospettiva dell’Unione Bancaria, in “Intervento di Carmelo Barbagallo Direttore Centrale per la Vigilanza

Bancaria e Finanziaria”, XLV Giornata del Credito, Roma, 4 Dicembre 2013

UE UE UE

Numero Percentuale Percentuale Numero Percentuale Percentuale Miliardi € Percentuale Percentuale Micro 3.491.826 94,40% 92,10% 6.930.947 46,10% 28,70% 185 29,80% 21,00% Piccole 183.198 5% 6,60% 3.236.764 21,50% 20,40% 136 21,90% 18,30% Medie 19.265 0,50% 1,10% 1.861.089 12,40% 17,40% 101 16,30% 18,30% PMI 3.694.289 99,90% 99,80% 12.028.800 80,00% 66,50% 422 68,00% 57,60% Grandi 3.196 0,10% 0,20% 3.013.012 20,00% 33,50% 198 32,00% 42,40% Totale 3.697.485 100,00% 100,00% 15.041.812 100,00% 100,00% 620 100,00% 100,00%

Italia Italia Italia

(33)

33

Non a caso negli ultimi 8 anni il saldo tra imprese costituite e imprese cessate si è ridotto sensibilmente.

Tabella 2: Iscrizioni, cessazioni, saldi e stock delle imprese per anno nel periodo 2005-2013

ANNO Imprese

registrate

Iscrizioni Cessazioni Saldo Tasso di crescita Totale imprese 2005 6.073.024 421.291 324.603 96.688 1,61% 2006 6.125.514 423.571 350.238 73.333 1,21% 2007 6.123.272 436.025 390.209 45.816 0,75% 2008 6.104.067 410.666 374.262 36.404 0,59% 2009 6.085.105 385.512 368.127 17.385 0,28% 2010 6.109.217 410.736 338.206 72.530 1,19% 2011 6.110.074 391.310 341.081 50.229 0,82% 2012 6.093.158 383.883 364.972 18.911 0,31% 2013 6.061.960 384.483 371.802 12.681 0,21%

Fonte: Movimprese, 22 gennaio 2014

La struttura finanziaria delle imprese italiane è caratterizzata da ridotti mezzi propri e da una forte dipendenza dall’indebitamento verso terzi, per lo più banche. «Appare semplicistica la spiegazione, da alcuni addotta, secondo cui la struttura di finanziamento delle PMI italiane sia da attribuire unicamente alla scarsa cultura finanziaria dei piccoli imprenditori. In realtà essa si fonda su motivazioni ben più profonde e razionali, essendo da una parte la conseguenza di precise scelte di governance e dall’altra di arbitraggi di convenienza influenzati dalla normativa fiscale e tributaria, la quale ha sempre favorito l’indebitamento piuttosto che la

capitalizzazione delle imprese»44.

Il bancocentrismo di cui si discute ha fortemente penalizzato le altre forme di raccolta di capitali disponibili per le imprese, prime fra tutti i mercati finanziari. Il

44

Pagliacci M., Il capitale di rischio delle PMI italiane, in “Finanziamenti su misura News”, Ipsoa, Maggio 2007.

Figura

Tabella 1: Le PMI in Italia
Tabella 2: Iscrizioni, cessazioni, saldi e stock delle imprese per anno nel periodo 2005-2013
Tabella 3: Le cifre del crowdfunding in Italia (dati aggiornati al 10 Maggio 2014)

Riferimenti

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