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Uso della SPECT-CT nella valutazione e localizzazione del tessuto tiroideo residuo in pazienti trattati con tiroidectomia totale per carcinoma differenziato della tiroide

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Academic year: 2021

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INDICE

RIASSUNTO pag. 3

INTRODUZIONE pag. 8

Il carcinoma tiroideo differenziato pag. 8

Epidemiologia pag. 8

Comportamento biologico pag. 12

Trattamento pag. 13

Terapia chirurgica pag. 13

Ablazione post-chiurgica del residuo tiroideo con

iodio radioattivo pag. 16

Fattori prognostici pag. 19

Stadiazione pag. 20

Utilizzo della SPECT-CT nella gestione del

carcinoma tiroideo differenziato pag. 22

SCOPO DELLO STUDIO pag. 24

PAZIENTI E METODI pag. 26

Pazienti pag. 26

Metodi pag. 28

Localizzazione anatomica dei siti di captazione del

radioiodio alla SPECT-CT pag. 29

Revisione dei referti relativi all’intervento chirurgico pag. 30

RISULTATI pag. 31

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Valutazione del tessuto tiroideo residuo pag. 33 DISCUSSIONE pag. 35 CONCLUSIONI pag. 39 BIBLIOGRAFIA pag. 40 RINGRAZIAMENTI pag. 51 TABELLE pag. 52

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Riassunto

Introduzione: il trattamento di scelta del carcinoma tiroideo differenziato prevede la tiroidectomia totale associata alla dissezione linfonodale terapeutica nei casi di coinvolgimento linfonodale; l’asportazione chirurgica completa e radicale del tumore è infatti uno dei fattori prognostici più importanti nel ridurre il rischio di recidiva, di progressione e anche di mortalità legata alla malattia stessa. Nel tentativo di ridurre il rischio di danno ad importanti strutture neurovascolari, il chirurgo può lasciare, anche senza volerlo, piccoli residui di tessuto tiroideo soprattutto in zone critiche come nella regione del ligamento del Berry e nel polo superiore del lobo tiroideo. Il residuo tiroideo viene solitamente distrutto mediante la radioablazione con 131I; tuttavia, negli ultimi anni, in accordo con le recenti linee guida americane, si è assistito ad un utilizzo più selettivo e personalizzato della terapia ablativa con 131I. La conseguente riduzione nel numero dei pazienti sottoposti a terapia ablativa con 131I ha aumentato l’interesse nei confronti di una chirurgia capace di ottenere da sola valori indosabili di tireoglobulina sierica mediante l’asportazione il più possibile completa e radicale di tutto il tessuto tiroideo associata

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eventualmente alla dissezione profilattica dei linfonodi del compartimento centrale. Vari studi hanno dimostrato che nella maggior parte dei pazienti sottoposti a tiroidectomia totale è presente una piccola quota di tessuto tiroideo residuo, nonostante l’intervento chirurgico sia stato effettuato in centri di massima esperienza. L’utilizzo della SPECT-CT, mediante l’acquisizione di immagini di fusione anatomo-funzionali, ha migliorato notevolmente la capacità di localizzare precisamente il sito di captazione del radioiodio contribuendo anche alla distinzione tra residuo tiroideo e metastasi linfonodale.

Scopo della tesi: scopo del presente lavoro è stato quello di definire, attraverso l’utilizzo della SPECT-CT, l’entità e la sede del residuo tiroideo post-chirurgico in pazienti trattati con tiroidectomia totale per carcinoma differenziato della tiroide, valutando anche la correlazione tra questi siti e le aree anatomiche di maggiore criticità per la vicinanza a importanti strutture neurovascolari.

Pazienti e metodi: abbiamo esaminato retrospettivamente i dati epidemiologici, clinici ed anatomo-patologici di 141 pazienti affetti da CDT trattati con tiroidectomia totale (in alcuni casi associata a linfoadenectomia terapeutica) e successiva terapia radiometabolica con 131I presso il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center (New

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York, USA). In tutti i pazienti, la terapia radiometabolica con 131I è stata effettuata previo stimolo con rhTSH e, dopo circa 4-7 giorni dalla terapia, è stata ottenuta una scintigrafia totale corporea planare associata a immagini SPECT-CT del collo e del torace. Tutti i siti di localizzazione del radioiodio sono stati individualizzati ma, per lo scopo di questo studio, sono stati descritti e valutati solo i foci di captazione del radioiodio a livello della loggia tiroidea.

Risultati: la scintigrafia totale corporea planare ha evidenziato la presenza di captazione a livello della loggia tiroidea nel 92,9% dei pazienti con una captazione mediana del radioiodio dopo 24 ore di 0,32%; le immagini ottenute con la SPECT-CT hanno invece evidenziato la presenza di residuo tiroideo nel 98,6% dei pazienti. Attraverso la capacità della SPECT-CT di localizzare precisamente ogni sito di captazione del radioiodio è stata evidenziata la seguente distribuzione anatomica dei siti di captazione: regione del legamento del Berry nell’87% dei casi, poli tiroidei superiori nel 79% dei casi, regioni lobari paratracheali nel 67% dei casi, regione dell’istmo (anteriormente alla trachea e sulla linea mediana) nel 54% dei casi e lobo piramidale nel 46% dei casi. Questi dati rispecchiano il fatto che le aree anatomiche di più frequente captazione (regione del legamento del Berry e poli tiroidei superiori) sono le zone di maggiore criticità durante l’intervento

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chirurgico per la vicinanza con il nervo laringeo ricorrente da una parte e con la paratiroide superiore e la branca esterna del nervo laringeo superiore dall’altra. Inaspettatamente invece, nel 67% circa dei casi è stata riscontrata la presenza di residuo tiroideo a livello delle regioni lobari, non solo in sede paratracheale ma anche posteriormente alla trachea. Quest’ultimo dato è in accordo con l’evidenza che la tiroide non possiede una capsula fibrosa ben definita ma solo una fine pseudocapsula di tessuto connettivo che permette al parenchima tiroideo di migrare durante l’embriogenesi anche oltre i normali confini anatomici estendendosi probabilmente anche posteriormente alla trachea. Andando invece a valutare la distribuzione della tireoglobulina (Tg) basale al momento dell’ablazione, in terapia soppressiva con levotiroxina, è stato evidenziato che nel 53% dei pazienti la Tg è inferiore a 0,6 ng/ml e nel 73% dei casi è inferiore a 1 ng/ml.

Conclusioni: in base al nostro studio possiamo concludere che effettuare un vero intervento di tiroidectomia “totale” con l’asportazione di tutto il tessuto tiroideo è quasi impossibile anche per chirurghi di grande esperienza. Infatti, nel tentativo del chirurgo di minimizzare il rischio di complicanze chirurgiche, piccoli residui di tessuto tiroideo vengono lasciati a livello delle aree anatomiche

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ben definita capsula fibrosa permette la migrazione del parenchima tiroideo a livello dei tessuti molli vicini e dietro la trachea, rendendo impossibile una sua completa asportazione al momento dell’intervento. Tuttavia è importante sottolineare che nonostante la SPECT-CT abbia evidenziato la presenza di tessuto tiroideo residuo in circa il 99% dei pazienti, la Tg basale al momento dell’ablazione è risultata comunque indosabile (<1 ng/ml) in circa il 73% dei casi. Questo dato apre nuove ipotesi circa la reale necessità di ablare tale tessuto residuo.

Pertanto il tentativo di effettuare una resezione chirurgica completa e radicale di tutto il tessuto tiroideo dovrebbe essere valutato con molta cautela perché non solo è destinato probabilmente a fallire ma potrebbe anche determinare un maggior rischio di complicanze neurovascolari. Questa osservazione rende conto del motivo per cui una tiroidectomia definita totale è comunque sempre accompagnata dalla persistenza di tessuto tiroideo residuo.

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Introduzione

Il carcinoma tiroideo differenziato

Epidemiologia

Il carcinoma della tiroide rappresenta circa l’1% di tutte le neoplasie maligne dell’adulto con un picco di incidenza tra la terza e la quarta decade di vita. La sua incidenza è andata aumentando dal 2,4 per 100.000 abitanti riportata negli anni 40-50 fino al 10,2 per 100.000 delle più recenti casistiche (1,2,3). Tuttavia la mortalità annua per cancro della tiroide è relativamente bassa, pari a 0,5 per 100.000 persone per anno sia negli uomini che nelle donne, ed è rimasta costante nonostante l’aumento della sua incidenza. Studi epidemiologici negli Stati Uniti hanno dimostrato che negli ultimi anni l’incidenza di carcinoma tiroideo è aumentata più velocemente di qualsiasi altro tumore (1). Sebbene questo sia dovuto probabilmente al miglioramento delle tecniche diagnostiche (in particolare all’ecografia del collo) con un conseguente aumento dei piccoli carcinomi papillari della tiroide (microcarcinomi), un’analisi del National Cancer Institute (SEER) ha evidenziato un’aumentata

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incidenza di carcinoma differenziato della tiroide di ogni dimensione compresi quelli superiori a 4 cm (4,5).

Il carcinoma tiroideo si riscontra in circa il 3-4% dei noduli tiroidei la cui incidenza clinica nella popolazione generale è del 5-10% (6,7,8). Nelle casistiche chirurgiche, non selezionate sulla base della citologia pre-operatoria, la percentuale di malignità varia tra l’8 e il 20% mentre, nelle casistiche autoptiche, varia tra il 5 e il 45% (9,10,11). L’esposizione a radiazioni ionizzanti, particolarmente durante l’infanzia e l’adolescenza, rappresenta ad oggi il maggior fattore di rischio. Infatti studi su soggetti esposti in età pediatrica a terapia radiante esterna per la terapia delle affezioni benigne della testa e del collo, come tinea capitis, acne, tonsillite cronica, angiomi cutanei, iperplasia timica, hanno dimostrato che questi soggetti hanno sviluppato il cancro della tiroide in percentuali significativamente più elevate rispetto a soggetti non radioesposti (“irradiazione esterna”) (12). A conferma di quanto detto, un drammatico e progressivo aumento dell’incidenza dei carcinomi tiroidei di tipo papillare è stato riscontrato nei bambini e adolescenti delle regioni della Bielorussia e dell’Ucraina e del sud della Russia colpite dal fall-out radioattivo successivo al disastro nucleare di Chernobyl del 1986 (10,13,14).

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Tra i tumori maligni della tiroide circa l’80-85% sono carcinomi ben differenziati mentre gli altri tipi di cancro sono meno frequenti e sono rappresentati dai carcinomi anaplastici (5%), dai carcinomi midollari (10%) e dai linfomi primitivi della tiroide (1-2%). I carcinomi tiroidei differenziati (CTD) indicano le neoplasie maligne che derivano dall'epitelio follicolare della tiroide a morfologia papillare (PTC) e/o follicolare (FTC) che mantengono le caratteristiche di differenziazione tipiche del tessuto tiroideo normale come la dipendenza dal TSH, la capacità di produrre tireoglobulina e di captare lo iodio. I carcinomi papillare e follicolare rappresentano circa l’80% e il 20% rispettivamente delle forme ben differenziate, colpiscono tutte le fasce di età, con un picco di incidenza tra la terza e la sesta decade di vita ed hanno una netta prevalenza per il sesso femminile nell’adulto (F:M=4:1), mentre nei bambini il rapporto femmine/maschi è quasi uguale all’unità. Nell’ambito dei carcinomi papillari si distingue una variante istologica classica che rappresenta circa il 70% dei casi diagnosticati (15); essa è caratterizzata microscopicamente da papille formate da un asse connettivo-vascolare rivestito di cellule i cui nuclei hanno un aspetto tipico.

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diagnosi è resa possibile dalle caratteristiche peculiari dei nuclei cellulari. I nuclei infatti sono più voluminosi della norma, hanno un aspetto “a vetro smerigliato” e una forma “a chicco di caffè”; inoltre presentano spesso una invaginazione intranucleare del citoplasma (16). La variante follicolare interessa soprattutto soggetti giovani e rappresenta il 20% circa dei carcinomi papillari diagnosticati nell’infanzia in Bielorussia dopo l’incidente di Chernobyl (17,18).

Si riconoscono poi le forme diffuse sclerosanti che colpiscono soprattutto bambini e giovani adulti e le varianti a cellule alte o cilindriche, tipiche dei soggetti anziani (19).

Anche nel carcinoma follicolare della tiroide che rappresenta il 20% circa dei CTD si distinguono alcune varianti istologiche: una variante istologica classica che si presenta abitualmente come un nodulo tiroideo unico e che, in funzione del grado di invasione dei vasi e della capsula, è stata suddivisa dall’Organizzazione Mondiale della Sanita (OMS) in una forma minimamente invasiva e in una forma ampiamente invasiva (20); si riconosce anche una variante a cellule chiare, una a cellule ossifile (o a cellule di Hürthle) e infine i carcinomi insulari.

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Comportamento biologico

Il carcinoma papillare ha la tendenza a rimanere localizzato nella ghiandola tiroidea e, quando metastatizza, si diffonde localmente alle stazioni linfoghiandolari cervicali e del mediastino superiore. Talora i linfonodi sede di metastasi sono di dimensioni molto superiori rispetto al tumore primitivo, che può non essere rilevato alla palpazione. Soprattutto nei giovani i carcinomi papillari si manifestano spesso clinicamente con una tumefazione linfonodale cervicale. Da un punto di vista prognostico, ancora più grave della diffusione linfatica, è il superamento della capsula tiroidea con l’invasione di importanti strutture adiacenti quali esofago, trachea e nervo laringeo ricorrente. Per via ematogena il tumore può diffondere più frequentemente ai polmoni e alle ossa. Nel 40-50% dei casi circa il carcinoma papillare presenta focolai multipli in uno o entrambi i lobi tiroidei (21,22,23,24). Il carcinoma papillare è un tumore che cresce assai lentamente ed è certamente uno dei carcinomi a prognosi più favorevole (sopravvivenza a 5, 10, 20 anni del 95, 90, 83% rispettivamente) (25); non va comunque trascurata la possibilità che questo tumore si trasformi nel tempo in una neoplasia a grado di malignità più elevato, perdendo le sue caratteristiche di differenziazione (26,27).

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L’istotipo follicolare rappresenta circa il 10% dei carcinomi tiroidei e predilige la fascia di età tra i 30 e i 50 anni. Anch’esso è un tumore a lenta crescita e con prognosi relativamente favorevole; è comunque più aggressivo e pericoloso del carcinoma papillare soprattutto per quanto riguarda la forma ampiamente invasiva ed il carcinoma a cellule di Hürthle. La diffusione del tumore avviene prevalentemente per via ematogena localizzandosi preferibilmente a livello di polmoni e ossa dove provoca lesioni osteolitiche soprattutto a carico del cingolo scapolo-omerale, dello sterno e del cranio. Sebbene più raramente anche il parenchima cerebrale e il fegato possono essere sede di lesioni secondarie.

Trattamento

Terapia chirurgica

Benché il CTD abbia una lenta evoluzione con una prognosi generalmente buona, non va dimenticato che resta una neoplasia potenzialmente letale, soprattutto in quel 20% dei casi che si dedifferenziano nel tempo, perdendo sia la capacità di produrre tireoglobulina ma soprattutto quella di captare il radioiodio. Pertanto il trattamento iniziale deve essere il più radicale possibile e deve tendere ad ottenere una guarigione definitiva, una bassa

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incidenza di recidive locali e di metastasi a distanza, ed un’ottima qualità della vita, evitando complicanze iatrogene (28,29).

Benché vi siano ancora delle controversie, la terapia iniziale del CTD prevede l’intervento chirurgico di tiroidectomia totale o “quasi totale”; la tiroidectomia totale prevede la rimozione di tutto il tessuto tiroideo mente la tiroidectomia quasi totale ha un approccio piu’ conservativo preservando la la capsula tiroidea posteriore del lobo controlaterale al tumore.

Una chirurgia con asportazione completa e radicale del tumore è infatti uno dei fattori prognostici più importanti nel ridurre non solo il rischio di recidiva e di progressione ma anche quello di mortalità legata alla malattia stessa (30,31,32,33). In presenza di metastasi linfonodali accertate la necessità che l’intervento chirurgico vada esteso alle sedi coinvolte è universalmente condivisa; ancora controversa rimane invece l’eventuale opportunità di effettuare l’asportazione chirurgica profilattica dei linfonodi del comparto centrale. In un recente studio effettuato a Houston al MD Anderson Cancer Center è stata ribadita l’importanza dell’ecografia preoperatoria a livello del collo; l’ecografia pre-operatoria del comparto centrale infatti rappresenta un fattore predittivo indipendente dall’età sia per la sopravvivenza globale che per

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quella libera da recidiva di metastasi linfonodali. In assenza di evidente coinvolgimento linfonodale all’ecografia preoperatoria è consigliabile pertanto un atteggiamento conservativo del comparto centrale (34). La presenza di micrometastasi a livello linfonodale (non evidenziate all’ecografia) non sembra infatti avere un impatto sulla sopravvivenza e può essere adeguatamente trattata con la terapia radiometabolica con 131I (35). Durante l’intervento è importante identificare e preservare l'integrita del nervo laringeo ricorrente, del nervo laringeo superiore e delle paratiroidi (compresa la loro vascolarizzazione); infatti le due più importanti complicanze chirurgiche, fortunatamente rare se l'intervento è eseguito da un chirurgo esperto (36), sono la paralisi permanente del nervo laringeo e l'ipoparatiroidismo transitorio o permanente nel caso in cui l’ipocalcemia persista dopo 6 mesi dalla chirurgia. L’ipoparatiroidismo è la complicanza più frequente e, nella sua forma transitoria, interessa fino al 20% dei pazienti sottoposti a tiroidectomia per carcinoma tiroideo; nella forma permanente la sua incidenza è dallo 0.8% al 3% dei pazienti (37,38,39,40). La paralisi permanente del nervo laringeo ricorrente interessa circa 1% dei pazienti mentre una paresi transitoria si ha fino al 6% dei casi (37,38). La paralisi permanente di uno dei due nervi laringei ricorrenti determina la paralisi della corda vocale omolaterale,

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tipicamente in posizione mediana con conseguente disfonia e riduzione dello spazio respiratorio. Quando invece la paralisi interessa bilateralmente i nervi laringei ricorrenti, la dispnea può essere così importante da richiedere la reintubazione e una tracheostomia. Le lesioni dei nervi laringei superiori sono meno gravi ma possono essere responsabili di alterazioni del timbro della voce con impossibilità ad emettere suoni acuti.

Ablazione post-chirurgica del residuo tiroideo con iodio

radioattivo

In molti centri, la tiroidectomia totale è seguita dall'ablazione del tessuto tiroideo residuo mediante 131I, che emette essenzialmente radiazioni β (90%) ma anche radiazioni γ (10%). L’ablazione post-chirurgica del residuo tiroideo con iodio radioattivo si basa sulla capacità delle cellule tiroidee (neoplastiche e non) di captare e organificare lo iodio per la sintesi ormonale. La somministrazione della terapia con 131I dopo tiroidectomia totale permette infatti di distruggere (ablare) il tessuto tiroideo residuo ; questo aumenta la specificità e la sensibilità della tireoglobulina (Tg) come marcatore tumorale facilitando il follow-up e permettendo la scoperta precoce di recidive mediante il suo dosaggio e l’esecuzione della

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scintigrafia totale corporea con 131I, grazie all’eliminazione dell’interferenza del residuo tiroideo normale; consente inoltre di eliminare la presenza di possibili ulteriori foci di tessuto tumorale e dunque di diminuire la frequenza di recidive, dato che il carcinoma papillare della tiroide è multifocale circa nel 50% dei casi; infine, attraverso l’esecuzione della scintigrafia totale corporea post-trattamento, consente di completare la stadiazione iniziale della malattia rivelando eventuali focolai tumorali extracervicali (scopo diagnostico). Molti autori hanno dimostrato che l'ablazione del residuo tiroideo postchirurgico diminuisce la frequenza di recidive e, secondo alcuni, anche la mortalità (41,42). Tuttavia tali benefici non sono stati evidenziati nei pazienti con PTC unifocali di diametro inferiore al centimetro (microPTC) e pertanto, nelle linee di consenso europee per il trattamento del carcinoma tiroideo (31), l'ablazione del residuo post-chirurgico non è indicata nei casi a basso rischio (microPTC unifocali) che alla diagnosi non presentano metastasi linfonodali e infiltrazione oltre la capsula tiroidea. Le linee guida americane dell’ATA (30) hanno un atteggiamento ancora più selettivo nei confronti della terapia con

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I; quest’ultima infatti viene raccomandata nei pazienti con grossa estensione extratiroidea, con metastasi a distanza e nei casi di carcinoma superiore a 4 cm mentre non è indicata nei pazienti a

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basso rischio con microPTC confinati alla tiroide (unifocale o multifocale). Un uso selettivo ed individualizzato viene inoltre consigliato per gli altri pazienti in cui è importante valutare complessivamente l’età, la dimensione del tumore, le caratteristiche istologiche con eventuale coinvolgimento linfonodale (numero e dimensione dei linfonodi metastatici con eventuale presenza di estensione extralinfonodale) al fine di decidere l’opportunità di eseguire la terapia ablativa con 131I.

Poiché la cellula follicolare tiroidea dipende dall'ormone tireotropo (TSH) sia per la sua crescita che per la sua funzione (compresa la captazione dello iodio), per avere un’ottimale captazione del radioisotopo, sono necessari livelli elevati di TSH (almeno >25 mU/L). In passato pertanto la terapia radiometabolica con 131I veniva eseguita dopo sospensione della terapia con LT4 per 4 o piu settimane con conseguente ipotiroidismo e ridotta qualità di vita. Negli anni novanta studi di ingegneria genetica hanno portato alla produzione del TSH umano ricombinante (rhTSH) che rappresenta una valida alternativa alla sospensione della terapia ormonale con LT4 per l’ablazione del residuo tiroideo chirurgico. A lungo si è dibattuto sulla efficacia ablativa dei due metodi di preparazione al trattamento radiometabolico (rhTSH e sospensione della terapia con

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studi randomizzati (43,44) hanno evidenziato la stessa efficacia ablativa sia utilizzando i due diversi metodi di preparazione sia utilizzando una bassa o un’alta attività di 131I (30 mCi e 100 mCi).

Fattori prognostici

I pazienti con carcinoma tiroideo differenziato hanno un’alta probabilità di guarigione completa e la mortalita’ correlata alla malattia e’ molto bassa. Infatti in una serie di pazienti con un follow-up medio di 16 anni, la mortalita’ correlata al carcinoma tiroideo, in assenza di metastasi alla diagnosi, era del 6% (41). Sono già stati identificati alcuni fattori prognostici che permettono di identificare i pazienti a più alto rischio di recidiva e di morte (41,45). Tra questi, i più importanti sono l’età avanzata del paziente all’insorgenza del tumore, la dimensione del tumore, la presenza di invasione extratiroidea e di metastasi a distanza. Le metastasi linfonodali presenti all’esame iniziale invece non aumentano il rischio di mortalità per CTD ma aumentano il rischio di recidiva locale e regionale (41,46,47). Recentemente e’ stata evidenziata anche l’importanza di specifiche alterazioni molecolari, in particolare la mutazione BRAF V600E. Negli ultimi anni numerosi studi hanno correlato la presenza di BRAF V600E nel tumore

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primitivo con caratteristiche anatomo-patologiche e cliniche più “aggressive” (maggiori dimensioni, varianti “aggressive”, assenza di capsula tumorale, multifocalità, invasione extratiroidea, metastasi linfonodali e a distanza e con uno stadio di malattia più avanzato secondo TNM) (48,49,50); tale mutazione rappresenta un fattore predittivo indipendente di persistenza di malattia ed è associata ad una ridotta sopravvivenza dei pazienti portatori della mutazione nel tessuto primitivo (50).

Stadiazione

Sono stati sviluppati numerosi sistemi di stadiazione che attraverso la valutazione delle caratteristiche cliniche e istopatologiche del carcinoma hanno lo scopo di predire la prognosi del paziente. Il più utilizzato (consigliato anche dall’American Joint Committee on Cancer e utilizzato dal National Thyroid Cancer Treatment Cooperative Study Registry) è il sistema di stadiazione TNM (51) che ha un alto valore predittivo del rischio di morte correlata alla malattia ma non è altrettanto utile nel predire l’outcome generale ed in particolare il rischio di recidiva. Questo è soprattutto legato al fatto che i pazienti giovani hanno un un bassissimo rischio di morte correlata alla malattia associato ad un significativo rischio di

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recidiva mentre i pazienti con età più avanzata hanno un aumentato rischio sia di recidiva che di mortalità. Pertanto un sistema di stadiazione capace di predire il rischio di morte è capace anche di predire il rischio di recidiva nei pazienti ad età più avanzata ma sottostima significativamente il rischio di recidiva nei pazienti giovani.

Per tale motivo, sia nel consenso europeo per il trattamento del carcinoma differenziato (31) sia nelle linee guida dell’American Thyroid Association (30), sono stati proposti due nuovi sistemi di stadiazione molto simili che attraverso dati clinico-patologico permettono di valutare il rischio di recidiva. In particolare, nelle linee guida americane, i pazienti sono suddivisi in basso (carcinoma papillare confinato alla tiroide), intermedio (presenza di metastasi linfonodali, istologia sfavorevole, estensione extratiroidea o invasione vasculare) ed alto (grossa estensione extratiroidea o metastasi a distanza) rischio di recidiva.

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Utilizzo della SPECT-CT nella gestione del carcinoma

differenziato della tiroide

La scintigrafia totale corporea effettuata dopo una terapia radiometabolica con 131I ha un importante valore diagnostico nell’individuazione di metastasi loco-regionali o a distanza. La SPECT-CT, mediante l’utilizzo di una gamma camera a doppia testa abbinata ad un tomografo TC con tubo Rx a bassa dose, permette l’acquisizione contemporanea di immagini di fusione con abbinamento dei dati metabolici ed anatomici portando ad una migliore e precisa localizzazione anatomica dei foci di captazione del radioiodio (52). Rispetto alla scintigrafia planare, lo studio con SPECT-CT permette un’accurata localizzazione anatomica e caratterizzazione dei foci di captazione del radioiodio distinguendo le forme benigne (come il tessuto tiroideo residuo o la fisiologica captazione di 131I) da quelle maligne (metastasi linfonodali o a distanza). Molti studi hanno evidenziato l’utilità della SPECT-CT nel chiarire la natura di quei foci di captazione di radioiodio che non risultavano caratterizzabili dalla scintigrafia planare, portando ad una modificazione dello stadiazione N ed M del paziente con conseguente modifica della successiva gestione clinica (53,54,55). In uno studio di Grewal et al è stata valutata la capacità della

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SPECT-CT di modificare sia l’appartenenza ad una classe di rischio dell’ATA sia la necessità di ulteriori indagini strumentali: in un 20% dei pazienti (29 su 148) la SPECT-CT ha permesso di evitare ulteriori indagini strumentali che sarebbero state necessarie effettuando solo una scintigrafia post-terapeutica planare; inoltre nel 6,4% dei pazienti che sono stati sottoposti al primo trattamento radiometabolico con 131I dopo la chirurgia (7 su 109) la SPECT-CT ha modificato l’appartenenza alla classe di rischio dell’ATA (56). In uno studio di Aide et al. è stato evidenziato che in 55 pazienti sottoposti a terapia ablativa con 131I la scintigrafia post-terapeutica planare forniva risultati indeterminati nel 29% dei casi che scendevano al 7% utilizzando la SPECT-CT. Nei pazienti con risultati indeterminati alla scintigrafia planare, la riclassificazione con SPECT-CT dei foci di captazione (positivi o negativi per malattia) correlava con il fallimento o il successo del trattamento radiometabolico al follow-up (57).

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Scopo dello studio

Poiché la SPECT-CT permette la precisa localizzazione anatomica della captazione di 131I essa può essere utilizzata anche per valutare i diversi siti anatomici di captazione a livello della loggia tiroidea in pazienti sottoposti a terapia ablativa con 131I dopo intervento chirurgico di tiroidectomia totale. Infatti numerosi studi hanno evidenziato che nella maggioranza dei pazienti sottoposti ad una tiroidectomia definita “totale” è comunque presente una quota di tessuto tiroideo residuo ben dimostrata dalla captazione di 131I a livello delle logge tiroidee (58,59). In particolare mediante l’utilizzo di scintigrafie planari con scanner rettilineo è stato dimostrato che dopo tiroidectomia totale la captazione di 131I si localizza soprattutto a livello delle estremità superiori dei lobi tiroidei e a livello del lobo piramidale (58); altri studi hanno invece dimostrato che la captazione di 131I è variamente distribuita all’interno del letto tiroideo e nel lobo piramidale (59,57).

Scopo del presente lavoro è stato quello di definire l’entità e la sede del residuo post-chirurgico in pazienti trattati con tiroidectomia totale per CDT da chirurghi esperti del MSKCC; in particolare sono stati valutati gli specifici siti di captazione del radioiodio al livello

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delle logge tiroidee attraverso l’utilizzo delle capacità di localizzazione anatomica della SPECT-CT post-terapia ablativa con

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I. Oltre all’attesa captazione a livello del lobo piramidale ci aspettiamo ulteriori specifiche aree di captazione sia a livello dei siti anatomici vicini ad importanti strutture neurovascolari (regione del ligamento del Berry e poli tiroidei superiori) sia in corrispondenza delle zone dove la capsula tiroidea è spesso incompleta (poli superiori e superficie posteriore dell’istmo).

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Pazienti e metodi

Pazienti

Dopo aver ottenuto l’approvazione dell’Institutional Review Board, abbiamo identificato retrospettivamente 141 pazienti consecutivi con CDT di cui erano state ottenute acquisizioni di immagini SPECT-CT presso il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center nell’ambito della terapia ablativa con 131I eseguita dopo l’intervento di tiroidectomia totale. Sono stati inclusi i pazienti che avevano effettuato l’intervento di tiroidectomia totale sia in un unico tempo sia in due tempi, come completamento. Sono stati esclusi i pazienti in cui la descrizione dell’intervento evidenziava una incompleta resezione del tumore. I pazienti sono stati stratificati usando sia il sistema di stadiazione AJCC/TNM (7th edizione) (51) sia il sistema di classificazione secondo il rischio di recidiva dell’ATA (30). I pazienti erano stati sottoposti a terapia radiometabolica ablativa con 131I tra Agosto 2009 e Dicembre 2010 (dopo circa 1-3 mesi dall’intervento chirurgico) previa stimolazione con TSH umano ricombinante (rhTSH). Dopo aver seguito una dieta a basso contenuto iodico per circa 1-2 settimane, il paziente veniva trattato con un’iniezione intramuscolo di 0.9 mg di rhTSH per due giorni

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consecutivi; dopo alcune ore dalla somministrazione della seconda fiala di rhTSH, il paziente assmeva, per via orale, una dose tracciante di 74-148 MBq (2-4 mCi) di 123I. Nella mattina del giorno 3 veniva eseguita una scintigrafia totale corporea diagnostica planare e successivamente il paziente veniva trattato con una dose terapeutica di 131I. L’attivita’ di 131I somministrata e’ stata decisa individualmente per ogni paziente sulla base del rischio di recidiva. Nel giorno 1, prima della somministrazione del rhTSH ed in terapia soppressiva con levotiroxina, e’ stato effettuato un prelievo ematico per TSH, tireoglobulina (Tg) e anticorpi anti-tireoglobulina (TgAb). Il dosaggio della Tg sierica e’ stato ottenuto con un metodo immunoradiometrico (Brahms Inc., Berlin, Germany, con sensibilita’ funzionale di 0.6 ng/mL normalizzata con CRM 457). Da quattro a sette giorni dopo la somministrazione di 131I veniva eseguita una scintigrafia totale corporea planare associata a immagini SPECT-CT del collo e del torace. Tutti i siti di localizzazione del radioiodio sono stati individualizzati ma, per lo scopo di questo studio, sono stati descritti e valutati solo i foci di captazione del radioiodio a livello della loggia tiroidea

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Metodi

SPECT-CT

Le acquisizioni delle immagini scintigrafiche sono state effettuate da 4 a 7 giorni dopo la terapia radiometabolica con 131I; tutti i pazienti hanno effettuato una scintigrafia totale corporea planare associata a scansioni CT del collo. Le immagini SPECT-CT del collo sono state acquisite attraverso una gamma-camera a doppia testa (Philips Precedence system) (dual-detector g-camera) con doppi detettori e collimatori ad alta energia integrata ad un tomografo CT elicale a 16 strati. Le scansioni CT sono state acquisite con un tubo di voltaggio da 120 kV, calibrato secondo il peso corporeo (per esempio 37.5 mAs per un peso corporeo di 70 Kg). I dati SPECT sono stati ottenuti utilizzando la suddetta gamma camera rotante a doppia testa con la modalità step and shoot con una matrice 128x128x16 e 32 angoli di rotazione fino ad un totale di 180 (per detettore). Il tempo di acquisizione variava tra 30 e 60 secondi per stop; la ricostruzione delle immagini è stata effettuata con il sistema Philips JETStream utilizzando l’algoritmo Astonish (Philips).

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Localizzazione anatomica dei siti di captazione del

radioiodio alla SPECT-CT

Le regioni anatomiche del letto tiroideo sono state suddivise in un compartimento superiore ed in uno inferiore sulla base di una linea immaginaria orizzontale disegnata lungo il bordo inferiore della cartilagine tiroidea; questa infatti rappresenta un chiaro punto di riferimento che permette la valutazione e la comparazione dei diversi siti di captazione tra i vari pazienti.

Inoltre il compartimento superiore e’ stato a sua volta suddiviso in 3 siti anatomici: 1) la regione del lobo piramidale con captazione vicino alla linea mediana anteriormente alla trachea; 2) la regione polare (superiore) anteriore con captazione lateralmente alla trachea (su entrambi i lati, sia a destra che a sinistra) e anteriormente rispetto alla cartilagine tiroidea; 3) la regione polare (superiore) posteriore con captazione posteriore alla cartilagine tiroidea, di solito estesa anche posteriormente alla trachea stessa.

Anche il compartimento inferiore e’ stato suddiviso in 3 siti anatomici: 1) la regione dell’istmo, anteriormente alla trachea; 2) la regione del legamento del Berry con captazione anterolaterale alla trachea (sia a destra che a sinistra) corrispondente all’area

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anatomica del legamento del Berry costituito da una banda di tessuto fibroso che unisce la ghiandola tiroidea alle pareti anterolaterali della trachea; 3) la regione lobare (destra e sinistra) con captazione sia posterolaterale che posteriore alla trachea nello spazio tracheo-esofageo.

Foci di captazione chiaramente al di fuori del letto tiroideo o corrispondenti ad evidenza strutturale di metastasi non sono stati inclusi nello studio.

Revisione dei referti relativi all’intervento chirurgico

Al fine di valutare se i referti relativi alla descrizione dell’intervento potevano fornire informazioni utili a spiegare la presenza di persistente captazione di 131I nel letto tiroideo, il referto dell’intervento chirurgico di ogni paziente è stato valutato indipendentemente da un endocrinologo e da un chirurgo i quali non avevano alcuna informazione riguardo ai risultati della SPECT-CT. E’ stata valutata ogni informazione nel referto dell’intervento che poteva spiegare la presenza, in specifici siti, di tessuto tiroideo residuo intenzionalmente non asportato al momento della tiroidectomia. Questi dati sono stati confrontati con i risultati della

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Risultati

Dati epidemiologici dei pazienti studiati

Le caratteristiche demografiche, cliniche e anatomo-patologiche dei 141 pazienti inclusi nello studio sono illustrate nella Tabella 1. In particolare dei 141 pazienti, 92 erano femmine (65,2%) e 49 erano maschi (34,8%).

L’età media dei pazienti alla diagnosi era di 47,26±14,11 anni con un range di 21-85 anni e una mediana di 47 anni.

La tiroidectomia totale è stata effettuata in un unico tempo nel 91,5% dei casi ed in due tempi nell’8,5% dei casi.

Dal punto di vista isto-patologico, il carcinoma papillare variante classica interessava il 48,9% dei pazienti, la variante a cellule alte il 19,1% e la variante follicolare il 12,1%; sia il carcinoma follicolare della tiroide che il carcinoma poco differenziato erano presenti in circa il 4% dei pazienti.

I pazienti sono stati suddivisi in 4 classi secondo la stadiazione del sistema AJCC/TNM: 68 pazienti (48,2%) nello stadio I, 4 pazienti (2,8%) nello stadio II, 34 pazienti (24,2%) nello stadio III, 30

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pazienti (21,3%) nello stadio IVa e 5 pazienti (3,5%) nello stadio IVc.

Per quanto riguarda la suddivisione dei pazienti secondo le classi di rischio dell’ATA invece, 119 pazienti (84,4%) appartenevano alla classe di rischio intermedio, 13 pazienti (9,2%) alla classe ad alto rischio e 9 pazienti (6,4%) alla classe a basso rischio.

Nei 4 pazienti (2,8%) in cui era stata evidenziata un’ampia estensione extratiroidea, il tumore aveva invaso la sovrastante fascia muscolare che è stata resecata al momento dell’intervento senza evidenza di malattia residua.

La Tg sierica in terapia soppressiva, appena prima dell’iniezione con rhTSH del giorno 1, era inferiore a 0,6 ng/mL nel 53% dei casi ed inferiore a 1 ng/mL nel 73% dei casi con un TSH mediano di 0,36 mIU/L.

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Valutazione del tessuto tiroideo residuo

Il referto con la descrizione dell’intervento era disponibile per la revisione nel 95% dei casi; sulla base del suddetto referto lo specialista endocrinologo aveva previsto che il 2,8% dei pazienti avrebbe avuto tessuto tiroideo residuo evidenziabile alla SPECT-CT mentre per il chirurgo tessuto tiroideo residuo era atteso nell’1,4% dei casi.

La scintigrafia totale corporea planare “diagnostica” mostrava la presenza di captazione a livello della regione del letto tiroideo nel 92,9% dei pazienti, con una percentuale mediana di captazione di 0,32% (range da 0,01% a 8,24%). Secondo i risultati ottenuti con la SPECT-CT post-terapia, invece, la presenza di captazione a livello del letto tiroideo era presente nel 98,6% dei pazienti. (Tabella 2). La sede anatomica in cui più frequentemente la SPECT-CT ha evidenziato la presenza di captazione del radioiodio è la regione del legamento del Berry (87%). Inoltre, nel 79% dei pazienti era presente una captazione a livello delle regioni superiori ed anteriori e nel 67% dei casi nelle regioni lobari (Tabella 3).

Le informazioni fornite dalla descrizione dell’intervento chirurgico revisionate sia dallo specialista endocrinologo sia dal chirurgo non correlavano con i risultati forniti dalla SPECT-CT ed in particolare

(34)

nè con la presenza o assenza di tessuto tiroideo residuo captante nè con la localizzazione anatomica di tale captazione.

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Discussione

Come dimostrato da vari studi (55,57,59), l’intervento chirurgico di tiroidectomia totale, anche quando eseguito da chirurghi di grande esperienza, raramente permette l’asportazione di tutto il tessuto tiroideo. Nonostante ciò, molto si discute sul fatto che una tiroidectomia possa essere definita totale se comunque rimane tessuto tiroideo residuo. Il presente studio conferma proprio questo dato, infatti, in questa serie consecutiva di 141 pazienti con CDT trattati con tiroidectomia definita totale e successiva terapia radiometabolica con 131I, la scintigrafia planare diagnostica pre-terapia ha evidenziato la presenza di captazione a livello del letto tiroideo nel 93% dei pazienti e tale percentuale addirittura saliva al 99% dei pazienti quando la valutazione della presenza di captazione è stata effettuata con la SPECT-CT post-terapia radiometabolica. Tale captazione è stata evidenziata a livello della regione del lobo piramidale nel 46% dei pazienti; questo dato è in accordo anche con le casistiche autoptiche in cui il lobo piramidale è identificabile in circa il 55% dei casi (60). Inaspettatamente invece, nell’87% dei casi la captazione è stata identificata a livello della regione del

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legamento del Berry; tale legamento, detto anche legamento sospensore della tiroide, è una banda di tessuto fibroso che unisce strettamente la tiroide stessa alla parete anterolaterale della trachea; in realtà tale dato è in accordo con studi autoptici che hanno evidenziato la frequente presenza di normale tessuto tiroideo all’interno del legamento stesso (61). Inoltre, la vicinanza anatomica tra il legamento del Berry ed nervo laringeo ricorrente può essere alla base di un approccio chirurgico meno aggressivo (con conseguente presenza di tessuto tiroideo residuo dopo l’intervento) al fine di evitare un possible danno al nervo stesso. L’altra regione anatomica dove la presenza di tessuto tiroideo captante il radioiodio è stata riscontrata con alta frequenza è quella dei poli superiori della tiroide; questo può essere spiegato considerando che, per l’assenza di una capsula continua e definita, in questa regione il tessuto tiroideo può migrare nei tessuti circostanti (62); oltre a ciò, la vicinanza anatomica con il nervo laringeo superiore può portare ad una asportazione chirurgica meno aggressiva in questa area. E’ interessante notare che il 67% dei pazienti hanno presentato una captazione del radioiodio nelle regioni lobari che spesso si estende posteriormente alla trachea; non è chiaro se la presenza di questo tessuto tiroideo residuo è legata

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alla natura incompleta della capsula o ad un approccio chirurgico meno aggressivo al fine di evitare possibili complicanze.

I risultati del presente studio sono in accordo con i dati di Salvatori et al (59); infatti, utilizzando una scintigrafia planare, essi hanno evidenziato che nel 93% dei pazienti trattati con tiroidectomia totale è presente una quota di tessuto tiroideo residuo captante il radioiodio così distribuito nelle varie zone anatomiche: 16% nella regione lobare superiore destra, 18% nella regione lobare inferiore destra, 13% nella regione lobare superiore sinistra, 15% nella regione inferiore sinistra, 20% nel lobo piramidale e/o nel dotto tireoglosso e 18% nei poli superiori. E’ stato inoltre molto interessante notare che al momento dell’ablazione la Tg in terapia soppressiva con levotiroxina rsultava indosabile nella maggior parte dei pazienti, essendo inferiore a 0,6 ng/ml nel 53% dei pazienti ed inferiore ad 1 ng/ml nel 73% dei casi. Pertanto, nonostante il tessuto tiroideo non sia stato asportato completamente, la Tg in soppressione è solitamente indosabile dopo l’intervento chirurgico. Poiché oggi il follow-up dei pazienti con CDT si basa essenzialmente sulla Tg e sull’ecografia del collo, questi risultati pongono il dubbio sulla reale necessità di ablare tale tessuto.

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Non è ancora chiaro se un approccio chirurgico più aggressivo che rimuova quel tessuto tiroideo residuo che di solito rimane dopo “tiroidectomia totale”, possa avere un impatto significativo sul valore della Tg in soppressione. Bisogna infatti anche considerare che valori dosabili di Tg dopo l’intervento, potrebbero derivare anche da tumore tiroideo persistente al di fuori del letto tiroideo ed in tal caso una chirurgia più aggressiva a carico della tiroide stessa avrebbe ben poco impatto sul follow-up della Tg in soppressione. Sebbene i pazienti oggetto del presente studio siano stati sottoposti a terapia radiometabolica ablativa con 131I previo stimolo con rhTSH, il presente studio non fornisce alcuna informazione riguardo ai valori di Tg dopo lo stimolo che non sono noti.

(39)

Conclusioni

In conclusione, il presente studio ha evidenziato che dopo un intervento di tiroidectomia totale eseguito da chirurghi esperti, la grande maggioranza dei pazienti ha comunque piccole quote di tessuto tiroideo residuo captante il radioiodio che può essere evidenziato con una scintigrafia diagnostica e/o post-terapeutica. Inoltre le specifiche aree di captazione che più frequentemente sono visibili corrispondono sia alle regioni anatomiche vicine ad importanti strutture neurovascolari sia a quelle in cui la capsula tiroidea non risulta ben definita e completa. Poiché nonostante la presenza di tessuto tiroideo residuo, la Tg in terapia soppressiva con levotiroxina è solitamente inferiore ad 1 ng/ml, si pone il dubbio se davvero questi pazienti devono fare o no la terapia radiometabolica ablativa con 131I. E’ probabile che un approccio chirurgico più aggressivo al fine di effettuare una “tiroidectomia totale” più completa possa causare più danno che beneficio; infatti ciò richiederebbe una asportazione chirurgica più radicale a livello del legamento del Berry, dei poli tiroidei superiori e dello spazio tracheo-esofageo con conseguente aumentato rischio di danno al nervo laringeo ricorrente, al nervo laringeo superiore e alle paratiroidi.

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Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare la Prof.ssa Rossella Elisei per l’indispensabile aiuto fornito nella realizzazione di questo lavoro e per il supporto che mi ha costantemente offerto.

Ringrazio inoltre il Prof. Aldo Pinchera ed il Prof. Vitti per la fiducia, l’incoraggiamento e gli insegnamenti che mi hanno dato in questi anni.

Ringrazio inoltre tutti i medici ed i biologi del “gruppo oncologico”, in particolare la Dr.ssa Molinaro per l’aiuto, la disponibilà ed il sostegno costante in tutti questi anni.

Un ringraziamento particolare anche al Prof. Tuttle e a tutto il fantastico team che mi ha accolto e mi ha aiutato nella mia esperienza al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center.

Desidero ringraziare tutta la mia famiglia, mia sorella Veronica, i miei genitori grazie ai quali sono potuta arrivare fino a questo traguardo. Grazie per la comprensione, l’aiuto e l’affetto che mi avete dimostrato quotidianamente in tutti questi anni.

(52)

Tabella 1: caratteristiche dei pazienti

N= 141

Età alla diagnosi (anni) Media + SD 47.26 + 14.12

Mediana 47.00

Range 21-85

Sesso Maschile 49 (34.8%)

Femminile 92 (65.2%)

Tiroidectomia totale Procedura unica 129 (91.5%)

Due tempi 12 (8.5%) TNM classificazione T1a 11 (7.8%) T1b 20 (14.1%) T2 18 (12.8%) T3 84 (59.6%) T4a 7 (5.0%) T4b 1 (0.7%) N0 47 (33.4%) N1a 37 (26.2%) N1b 57 (40.4%) M0 135 (95.7%) M1 6 (4.3%)

Macroscopica estensione extratiroidea Si 4 (2.8%)

No 137 (97.2%)

Istotipo PTC variante classica 69 (48.9%) PTC variante a cellule alte 27 (19.1%) PTC variante follicolare 17 (12.1%) Carcinoma follicolare 6 (4.3%) Scarsamente differenziato 6 (4.3%) Altri 16 (11.3%) Stadiazione AJCC I 68 (48.2%) II 4 (2.8%) III 34 (24.2%) Iva 30 (21.3%) IVc 5 (3.5%)

Stadiazione classi di rischio dell’ATA Alta 13 (9.2%)

Intermedia 119 (84.4%)

Bassa 9 (6.4%)

TSH (IU/L) prima della terapia con 131I Media + SD 1.77 + 3.34

Mediana 0.36

Range 0.0-23.5

Tg in terapia soppressiva prima dell’ablazione

< 0.6 ng/ml 53%

< 1.0 ng/ml 73%

Descrizione dell’intervento chirurgico Si 134 (95.0%)

No 7 (5.0%)

Presenza di tessuto residuo dopo l’intervento(valutato

dall’endocrinologo)

Si 4 (2.8%)

No 130 (92.2%)

Indeterminato 7 (5.0%)

Presenza di tessuto residuo dopo l’intervento(valutato dal chirurgo)

Si 2 (1.4%)

No 132 (93.6%)

(53)

Tabella 2: captazione del radioiodio nella loggia tiroidea alla scintigrafia diagnostica e post-terapeutica

Captazione presente alla scintigrafia diagnostica (123I) Si 93% No 7% Captazione (%) Media + SD 0.77 + 0.11 Mediana 0.32 Range 0.01-8.24

Attività di 131I somministrata (mCi) Media + SD 123 + 35

Mediana 144

Range 49-214

Captazione presente alla SPECT-CT Si 98.6%

No 1.4%

Tabella 3: localizzazione delle regioni di captazione del radioiodio a livello della loggia tirodiea

Regioni anatomiche Captazione di 131I alla SPECT/CT

Poli superiori

Anteriori 79.4%

Posteriori 34.8%

Lobo piramidale 46.1%

Istmo 53.9%

Regione del legamento del Berry 87.2%

Figura

Tabella 1: caratteristiche dei pazienti
Tabella 2: captazione del radioiodio nella loggia tiroidea alla scintigrafia  diagnostica e post-terapeutica

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