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La tata ha trucidato i bambini eppure sembrava Mary Poppins

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Academic year: 2021

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Leila Slimani, Ninna nanna, Rizzoli, p. 204, euro 18,00. Traduzione di Elena Cappellini

Il bambino è morto… la bambina non ce la farà. Così comincia il romanzo che ha vinto il premio Goncourt 2016 lo scorso novembre – Ninna nanna nella traduzione italiana di Elena Cappellini, Chanson douce nell’originale francese – dell’autrice franco-marocchina Leila Slimani. Il primo capitolo contiene la descrizione dettagliata della scena del crimine, racconta dell’arrivo di Myriam, la mamma dei due piccoli selvaggiamente trucidati, della sua reazione di fronte allo scempio, l’urlo prolungato e straziante, del mancato suicidio della baby-sitter autrice della mattanza, la corsa verso l’ospedale nel tentativo vano di salvare almeno Mila, la sorellina. Da lì in poi, il romanzo consiste nella ricostruzione passo passo degli eventi che hanno portato al duplice infanticidio.

Due genitori, Myriam e Paul, decidono di cercare una tata che si occupi di Mila e Adam, quando la donna, sia pure a fatica e con forti sensi di colpa, matura il desiderio di mettersi a lavorare accettando la proposta di un suo ex-compagno di università che ha aperto uno studio legale. Il marito, tecnico del suono e discografico, inizialmente titubante, accetta poi di sostenerla. I colloqui per la scelta di una governante fidata sono severi, molte candidate vengono escluse. Quando si presenta Louise però, scatta il colpo di fulmine. E i due coniugi sembrano aver vinto un terno al lotto. Nel loro appartamento, situato nel decimo arrondissement parigino, tutto si mette a funzionare a meraviglia, i bambini si affezionano molto rapidamente alla tata, pulizia e ordine tornano a regnare nella vita di Myriam e Paul, la serenità e l’appagamento professionale favoriti dalla fiducia assoluta in quella specie di Mary Poppins caduta dal cielo fanno il resto.

Disgraziatamente, Louise non è come appare. O meglio, lo è fin troppo: la sua maniacalità nell’esercizio delle mansioni come baby-sitter e vice-mamma è il sintomo di un disturbo grave, destinato a sfociare nella tragedia di cui si è detto. In altre parole, ecco servito sotto forma di romanzo l’incubo che ossessiona molti genitori costretti ad affidare i propri bimbi ad altri quando la vita lavorativa li porta fuori casa e non consente loro di essere presenti a tempo pieno. I fatti di cronaca di cui si legge frequentemente nei giornali nutrono questo genere di ossessioni, e in effetti la vicenda raccontata in Ninna nanna si basa su un raccapricciante episodio realmente accaduto nel 2012 a New York, la duplice uccisione dei bambini di cui si occupava da parte di una governante dominicana.

Il primo romanzo di Leila Slimani, Nel giardino dell’orco, anch’esso edito in Italia da Rizzoli, era costruito sulla figura di una donna ninfomane, ed era liberamente ispirato ai noti misfatti per i quali è finito nei guai Dominique Strauss-Kahn. Si potrebbe dire che sono gli aspetti torbidi della personalità ad attirare l’autrice, le figure border line, la minaccia che rappresentano per il corpo sociale e per se stesse. Su queste figure, sui gesti che macchiano la loro vita e quella altrui, l’autrice intesse la sua scrittura. Una scrittura di grande resa, abile, diretta e implacabile.

Nata a Rabat nel 1981, figlia di un banchiere e di un’otorinolaringoiatra, Leila Slimani si è trasferita a Parigi nel 1999 per studi universitari in Scienze Politiche. Ma dopo un passaggio per il giornalismo praticato scrivendo principalmente per Jeune Afrique, ha imboccato la via del romanzo, e sin dal primo titolo i lettori le hanno dato ragione. Il prix Goncourt per Chanson douce ha confermato il suo talento: il connazionale Tahar Ben Jelloun, membro della giuria del premio, durante la cerimonia di consegna le ha fatto i complimenti per aver voluto e saputo uscire da tematiche strettamente magrebine. In occasione del primo romanzo (che peraltro ha ricevuto il Prix de La Mamounia, il principale riconoscimento letterario del Marocco), è stata evocata Madame Bovary, l’eroina ne sarebbe – è stato scritto – una versione postmoderna. E il riferimento all’immenso Flaubert non ha nulla di improprio. A sua volta Ninna nanna potrebbe essere visto come la versione rovesciata del racconto Un cuore semplice. Ma un altro autore francese fa concretamente capolino dalle pagine di Leila Slimani. Myriam, la mamma dei due poveri bambini, quando il lavoro fuori casa la travolge di impegni lasciandole poco tempo per tutto il resto, comincia a stilare liste di cose da non dimenticare su foglietti che abbandona in giro per casa e che

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vengono trovati e morbosamente studiati dalla tata. In una di queste liste, tra altri irrinunciabili promemoria, Myriam annota: “rileggere Maupassant”.

Certi racconti fantastici, horror, di Guy de Maupassant Leila Slimani deve in effetti averli letti per bene, prima di cominciare a scrivere. Molto efficace, chirurgica ed essenziale come l’originale, la sapiente traduzione di Elena Cappellini.

Gabriella Bosco

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