CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA E CHIRURGIA
“Validazione della ‘Movement Disorder-Childhood Rating Scale’ in
pazienti con disturbi del movimento in età evolutiva”
RELATORE: CHIAR.MO
PROF. Giovanni Cioni
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CANDIDATA:
Carmela Loiacono
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Anno Accademico 2013/2014
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Mario PetriniDipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Direttore Prof. Paolo Miccoli
Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia
I
INDICE
RIASSUNTO pag. 1
PARTE GENERALE
Capitolo I
Disturbi del movimento
1.1 Generalità sui disturbi del movimento nel bambino pag. 4
1.1.1 Normale organizzazione funzionale dei gangli basali pag. 5
1.2 Distonia pag. 6
1.2.1 Definizione e caratteristiche cliniche pag. 6
1.2.2 Eziologia e classificazione pag. 8
1.2.3 Principali forme cliniche pag. 11
1.2.4 Diagnosi pag. 17
1.3 Corea e Ballismo pag. 18
1.3.1 Definizione e caratteristiche cliniche della corea pag. 18
1.3.2 Eziologia e classificazione della corea pag. 19
1.3.3 Principali forme cliniche di corea pag. 20
1.3.4 Ballismo pag. 24
1.3.5 Diagnosi pag. 24
1.4 Sindrome Ipocinetico-Rigida pag. 25
1.4.1 Definizione e caratteristiche cliniche pag. 25
1.4.2 Eziologia e classificazione pag. 26
1.4.3 Principali forme cliniche pag. 27
1.4.4 Diagnosi pag. 33
1.5 Tremore pag. 34
1.5.1 Definizione e caratteristiche cliniche pag. 34
1.5.2 Eziologia e classificazione pag. 35
1.5.3 Principali forme cliniche pag. 37
1.5.4 Diagnosi pag. 41
1.6 Mioclono pag. 42
1.6.1 Definizione e caratteristiche cliniche pag. 42
II
1.6.3 Principali forme cliniche pag. 44
1.6.4 Diagnosi pag. 46
1.7 Tic pag. 47
1.7.1 Definizione e caratteristiche cliniche pag. 47
1.7.2 Eziologia e classificazione pag. 48
1.7.3 Principali forme cliniche pag. 49
1.7.4 Diagnosi pag. 50
Capitolo II
Il trattamento dei disturbi del movimento
2.1 Trattamento della distonia pag. 51
2.2 Trattamento di corea e ballismo pag. 53
2.3 Trattamento delle sindromi ipocinetico-rigide pag. 54
2.4 Trattamento del tremore pag. 55
2.5 Trattamento del mioclono pag. 56
2.6 Trattamento dei tic pag. 57
Capitolo III
3.1 Misure di outcome pag. 60
3.2 Scale di valutazione pag. 61
3.2.1 Scale di valutazione funzionale delle abilità grosso-motorie pag. 61
3.2.2 Scale di valutazione della manipolazione pag. 63
3.2.3 Scale per le sindromi ipocinetico-rigide pag. 65
3.2.4 Scale per la distonia pag. 65
3.2.5 Scale per la corea pag. 68
3.2.6 Scale per il mioclono pag. 68
3.2.7 Scale per il tremore pag. 69
3.2.8 Scale per i tic pag. 69
3.2.9 Scale per la valutazione globale della disabilità pag. 70
III
PARTE SPERIMENTALE
Capitolo IV
4.1 Obiettivi dello studio pag. 78
4.2 Materiali e metodi pag. 79
4.2.1 Training formativo operatori per applicazione MD-CRS pag. 79
4.2.2 Studio di test-retest pag. 79
4.2.3 Studio di reliability tra tre operatori pag. 80
4.2.4 Descrizione del campione pag. 80
4.3 Analisi statistica pag. 87
4.4 Risultati pag. 88
4.4.1 Risultati per lo studio di variabilità intra-rater (test-retest) pag. 88
4.4.2 Risultati per lo studio di variabilità inter-rater (reliability tra tre operatori) pag. 91 4.5 Discussione pag. 96 4.6 Conclusioni pag. 101 APPENDICE 1 pag. 102 APPENDICE 2 pag. 106 BIBLIOGRAFIA pag. 109
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RIASSUNTO
Questo lavoro ha lo scopo di effettuare un’ulteriore verifica sull’affidabilità intra- ed inter- operatore della Movement Disorder-Childhood Rating Scale (MD-CRS), strumento già validato per la definizione della diagnosi e il riconoscimento dei cambiamenti clinici nel follow-up dei pazienti con disturbi del movimento, il quale si è rivelato di grande utilità per il lavoro quotidiano del medico e del terapista della neuropsicomotricità che si occupano di disturbi del movimento in età evolutiva.
La scala esiste in due versioni: una per il bambino da 0 a 3 anni (Ped Neurol, 2009), una per il bambino da 4 a 18 anni (Ped Neurol, 2008).
Questa trattazione si articola in due parti.
Nella prima parte si discutono i disturbi del movimento in età evolutiva, la loro classificazione, le principali caratteristiche cliniche, la loro patogenesi, il loro inquadramento diagnostico e le strategie terapeutiche correntemente utilizzate. Vengono poi illustrati gli strumenti usati in letteratura nell’iter diagnostico e prognostico, inclusa la MD-CRS.
Segue la seconda parte (Parte Sperimentale) in cui ci si propone di:
-ampliare il training formativo acquisito sulla MD-CRS attraverso lo studio di video di bambini affetti da disturbi del movimento realizzati secondo il videoprotocollo previsto dalla scala;
-approfondire la validità della MD-CRS studiando la variabilità di misura della scala tramite un test-retest da parte di un operatore non coinvolto nella sua creazione, per valutare l’affidabilità intra-operatore;
- approfondire l’affidabilità inter-operatore della MD-CRS tramite il confronto degli scores ottenuti sullo stesso materiale video, realizzato secondo il protocollo standardizzato previsto dalla scala, da tre diversi operatori non coinvolti nella elaborazione della stessa.
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Per conseguire gli obiettivi dello studio, sono state selezionate due popolazioni di pazienti, una per il test-retest e una per il test di reliability tra tre operatori, ciascuna delle quali costituita da 20 pazienti, per un totale di 40 pazienti arruolati. Ciascuna popolazione di pazienti è equamente suddivisa in soggetti di età compresa tra 0 e 3 anni e soggetti di età compresa tra 4 e 18 anni.
I punteggi ottenuti in seguito alla somministrazione al campione della MD-CRS sono stati sottoposti ad approfondita analisi statistica mediante ANOVA, con calcolo delle medie degli indici ± SD, dei valori p (livello di significatività), di ICC (Intraclass Correlation Coefficient) e del relativo C.I. (Confidence Interval).
In base ai nostri risultati, possiamo affermare che la MD-CRS è uno strumento di facile apprendimento anche per operatori non esperti in MD e che, come verificato dagli studi precedenti, presenta un’eccellente reliability intra-operatore anche quando somministrata da operatori non esperti della scala, ma preparati in maniera opportuna e approfondita. Lo studio di reliability inter-operatore ha dimostrato che anch’essa è molto buona, seppure si siano evidenziate alcune discordanze rispetto agli studi precedentemente eseguiti, verosimilmente correlate all’assegnazione dei punteggi effettuata da operatori con minore expertise nell’ambito dei disturbi del movimento in età evolutiva.
In conclusione, il nostro studio conferma i risultati degli studi precedentemente acquisiti e riafferma la validità del nuovo strumento nell’analisi diagnostica e prognostica dei disturbi del movimento in età evolutiva.
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CAPITOLO I
I DISTURBI DEL MOVIMENTO
1.1 Generalità sui disturbi del movimento nel bambino
I disturbi del movimento nel bambino costituiscono un argomento complicato e poliedrico, difficile da definire e chiarire. La presentazione delle diverse patologie differisce moltissimo non solo da quelle tradizionalmente incontrate nel paziente adulto, ma anche nelle diverse fasi dello sviluppo e tra i singoli bambini, in quanto la fenomenologia clinica non è sempre di univoca interpretazione (Alvarez, 2001).
I disturbi del movimento non sono un evento infrequente nel bambino, nel quale può essere osservata tutta la gamma di movimenti involontari usualmente descritta nei pazienti adulti quali distonia, tic, corea, tremore e mioclono (http://www.limpe.it/2009/relazioni/Relazion e_15.pdf). Questi sono spesso involontari ma coscienti e sono generalmente dovuti ad anomalie della funzione dei neurotrasmettitori a livello centrale, soprattutto a livello dei gangli basali. Spessissimo è coinvolto il tono muscolare.
Gli elementi fondamentali per compiere un movimento sono i muscoli, i suoi neuroni effettori e le sue connessioni (terminazioni nervose, recettori etc.), ma molte altre strutture hanno un ruolo, come il sistema piramidale, il sistema extrapiramidale e il cervelletto, la propriocezione e le afferenze sensoriali. Queste strutture controllano, coordinano e perfezionano l’atto motorio e il loro danneggiamento può portare a mancata funzionalità del movimento. Inoltre, l’attività motoria viene integrata col comportamento individuale ed è in gran parte determinata geneticamente, ma ha la capacità (in gran parte acquisita) di autoregolazione e automazione (Alvarez, 2001).
I movimenti anomali sono difficili da definire. Essi sono spesso involontari e non intenzionali, ma non includono i movimenti automatici (come ad esempio respirare). Una differenza essenziale tra i movimenti involontari e quelli automatici è che i primi non possono essere iniziati e interrotti volontariamente. Questa differenza in realtà non è assoluta e un certo grado di controllo volontario può essere esercitato su molti disturbi del movimento involontari, come tic o corea.
I movimenti involontari anormali sono sintomi e non malattie, sebbene in alcuni casi un particolare tipo di movimento è talmente predominante da designare una patologia (Alvarez, 2001). Rondot (1983) distingue i movimenti involontari in aritmici, che comprendono corea, ballismo, atetosi, mioclono aritmico e tic, e ritmici, come tremore e mioclono ritmico. La presenza di ritmicità implica la partecipazione di un meccanismo di
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sincronizzazione delle unità motorie e ciò può essere un importante elemento di significato fisiopatologico.
1.1.1 Normale organizzazione funzionale dei gangli basali
I disturbi del movimento possono essere divisi in tre principali categorie, le quali hanno in comune un difetto nella velocità e nell’accuratezza delle azioni volontarie in assenza di debolezza muscolare o in presenza di attività muscolare non volontaria. Queste categorie sono:
la sindrome ipocinetico-rigida (parkinsonismo)
le discinesie (distonia, corea-ballismo, tic, mioclono e tremore) l’atassia (Alvarez, 2001).
Per capire bene la patogenesi dei disturbi del movimento, è utile avere un’idea del funzionamento dei gangli basali, le cui lesioni rappresentano spesso il substrato sottostante ai disturbi del movimento. I gangli basali sono correntemente concepiti come parte di un sistema coinvolto in numerose funzioni. Studi condotti sulle scimmie hanno permesso di identificare e isolare molteplici circuiti coinvolgenti i gangli basali (Alexander et al., 1986). Una disfunzione di questi circuiti può portare diversi problemi, dalle più comuni sindromi parkinsoniane e discinetiche, a complessi disturbi neuropsicologici, come la sindrome di Tourette, disinibizioni, depressione e abulia (Bathia and Marsden, 1994).
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Figura 1.1.1: circuito motorio
La dopamina esercita un effetto eccitatorio sui neuroni GABA/SP/Dyn tramite i recettori D1 e un effetto inibitorio sui neuroni GABA/encefalinergici tramite i recettori D2 (Gerfen et al., 1990). L’inibizione fasica della scarica neuronale dei nuclei della base risulta in una facilitazione dei movimenti, mentre un aumento della trasmissione è associata ad inibizione dei movimenti (De Long, 1990).
1.2 Distonia
1.2.1 Definizione e caratteristiche cliniche
La distonia è classicamente definita come un disturbo del movimento caratterizzato dalla presenza di posture e movimenti anomali, ripetitivi e con caratteristiche di torsione (Fahn et al.,1987).
Secondo Alvarez, la distonia è il disturbo del movimento prevalente in età evolutiva dopo i tic. La prevalenza è comunque difficile da accertare e sembrerebbe variare a seconda delle aree geografiche (Albanese, 2007).
I movimenti distonici sono una serie di contrazioni sostenute e vigorose che forzano il corpo ad assumere una posizione anomala che è costantemente presente. Queste posizioni sono dovute alla co-contrazione di muscoli antagonisti, risultando quindi in un anomalo
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profilo di attivazione muscolare durante l’attività volontaria e/o nel mantenimento della postura. Le posture distoniche sono contrazioni più sostenute, talora persistenti e irriducibili (distonia fissa). La distonia può accentuarsi durante l’esecuzione di un movimento o comparire esclusivamente nella sua esecuzione (distonia d’azione) e, frequentemente, il movimento diffonde ai muscoli non primariamente coinvolti nel compito motorio. Il paziente non avverte un’urgenza nell’esecuzione di tale movimento e non c’è alcun sollievo temporaneo dopo la sua esecuzione (a differenza dei tic). La distonia non è un fenomeno statico, ma anzi cambia durante il corso della malattia (Albanese and Lalli, 2009).
I movimenti distonici possono essere alleviati da specifici movimenti volontari chiamati “gestes antagonistes” o da “sensory tricks”. Tali manovre vengono messe in atto dal paziente allo scopo di inibire il movimento distonico ad un livello centrale: attuando uno specifico movimento volontario si può interferire con il messaggio motorio inviato dai nuclei della base, inibendo quindi il movimento distonico tramite l’attivazione di gruppi muscolari differenti ma spesso contigui rispetto a quelli coinvolti nel movimento distonico (gestes antagonistes), mentre lo stimolo sensoriale afferente ha lo scopo inibire l’insorgenza del movimento distonico (sensory tricks) (Albanese, 2007).
La distribuzione delle distonie è molto eterogenea e differisce nelle forme ad esordio pediatrico rispetto a quelle ad esordio in età adulta (Uc and Rodnitzky, 2003). Le distonie ad esordio in età infantile, infatti, tendono a esordire con l’interessamento focale di un arto (distonia del cammino o della scrittura) e successivamente segue la generalizzazione, con conseguente grave disabilità motoria. Al contrario, le forme ad esordio in età adulta tendono a rimanere localizzate con un prevalente coinvolgimento dei muscoli craniali e/o cervicali (Nardocci, 2013).
I pazienti con distonia, sia primaria che secondaria, occasionalmente sviluppano severi episodi di distonia generalizzata e rigidità; tale condizione è chiamata stato distonico e può essere refrattaria ai trattamenti farmacologici standard. I casi più severi possono sviluppare complicanze bulbari e ventilatorie, con rischio di aspirazione e insufficienza respiratoria acuta, astenia severa e dolore. Come conseguenza dell’intensa attività muscolare, può sopraggiungere una complicanza metabolica come la rabdomiolisi, che può condurre a insufficienza renale acuta. Lo stato distonico può essere indotto da fattori precipitanti, per esempio la modificazione di una terapia farmacologica o infezioni. Tale sindrome clinica è comunque rara (Manji, 1998).
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1.2.2 Eziologia e classificazione
Le cause anatomiche della distonia sono per ora comprese solo in parte. Sebbene tradizionalmente la distonia sia vista come un disordine a partenza dai circuiti dei gangli basali, c’è un crescente riconoscimento che tale visione sia inadeguata a spiegare tutte le forme cliniche di distonia.
Il ruolo dei gangli basali ebbe origine con l’evidenza di difetti neuropatologici nei circuiti basali di soggetti affetti da distonia. I primi studi furono supportati dai risultati degli esami di neuroimaging come TC e RMN, che evidenziavano frequentemente lesioni focali nei gangli basali e specialmente nel putamen. Tuttavia, ci sono molti pazienti distonici che non presentano lesioni a livello dei gangli basali o delle loro connessioni. Ciò implica che altre regioni possono giocare un ruolo, per cui un modello in cui diverse regioni cerebrali sono coinvolte meglio si confà alle evidenze (Neychev, 2011).
Attualmente, la classificazione della distonia si basa su tre assi: eziologia;
età di comparsa della sintomatologia; distribuzioni delle aree corporee affette.
Per quanto riguarda l’eziologia, possiamo distinguere:
distonia primaria o idiopatica, in cui la distonia è l’unico quadro presente in assenza di una causa esogena o una patologia ereditaria o degenerativa identificabile; può essere a sua volta distinta in forme familiari e forme sporadiche (esempio: DYT-1 distonia);
distonia-plus, in cui la distonia è il segno predominante; il quadro clinico è caratterizzato da una combinazione di altri disturbi del movimento come mioclono o parkinsonismo in assenza di segni di neurodegenerazione. Si ritiene che la distonia primaria e la distonia-plus derivino da difetti genetici;
forma eredodegenerativa, in cui la distonia fa parte di un quadro clinico complesso a cui si associano altri segni e sintomi neurologici e sistemici, espressione di un processo neurodegenerativo (esempio: malattia di Wilson);
forma parossistica, in cui i movimenti distonici compaiono per brevi periodi intervallati da periodi di normalità;
forme non-primarie, in cui la distonia è secondaria a cause specifiche, come ad esempio lesioni cerebrali focali ed esposizione a farmaci o sostanze chimiche; la distonia fa parte di un quadro più articolato ed è solo uno dei segni clinici presenti
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(esempi: distonia conseguente a una neoformazione cerebrale o periodi “off” con movimenti distonici in un quadro di Parkinsonismo) (Albanese et al., 2011).
In base all’età di esordio, possiamo distinguere:
distonia ad esordio precoce (< 26 anni), che solitamente ha origine a livello di un arto con conseguente interessamento del tronco;
distonia ad esordio tardivo (> 26 anni), che interessa inizialmente il collo e i muscoli cranici o un arto superiore e tende poi a rimanere localizzato.
In base alla distribuzione delle aree corporee affette, distinguiamo invece la distonia in: focale: unica area corporea coinvolta (esempi: blefarospasmo, torcicollo);
segmentaria: due aree coinvolte che possono essere contigue, ad esempio area cervicale e craniale, o con interessamento multifocale, ad esempio di cingolo superiore e inferiore;
generalizzata: qualora coinvolga entrambi gli arti inferiori e almeno un’altra area corporea;
emidistonia: interessante una metà del corpo (Albanese et al., 2011).
Recentemente, Albanese et al. hanno proposto una modifica del sistema di classificazione della distonia basato sui tre assi, contestando principalmente la validità di una classificazione basata sull’eziologia e sull’insufficiente chiarezza di termini quali distonia “primaria” e “secondaria” (Albanese et al., 2013). La revisione della classificazione prevedrebbe una suddivisione non più in tre, bensì in due assi:
Asse I: caratteristiche cliniche.
Le caratteristiche cliniche prevedono una descrizione della fenomenologia della distonia prendendo in considerazione cinque aspetti:
1) età di esordio, importante dal punto di vista prognostico, diagnostico e della scelta terapeutica (Albanese et.al, 2013). Lo schema proposto è quello riportato nella tabella 1.2.2.1 :
Tabella 1.2.2.1: suddivisione per età secondo Albanese et al (2013).
Prima infanzia Nascita-2 anni
Seconda infanzia 3-12 anni
Adolescenza 13-20 anni
Età adulta precoce 21-40 anni
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2) distribuzione corporea: ciò che viene proposto è una mantenimento della suddivisione in distonia focale, segmentale, multifocale, generalizzata ed emidistonia, con una modifica del concetto di distonia generalizzata, intendendo con questo termine una distonia che coinvolge il tronco e almeno altre due regioni corporee, distinguendo le forme in base al coinvolgimento o meno degli arti inferiori (a differenza della corrente definizione che prevede l’interessamento degli arti inferiori più una differente regione corporea);
3) evoluzione temporale: la fenomenologia della distonia può variare in base all’esecuzione dei movimenti, alla messa in atto di gestes antagonistes, ma anche durante le diverse ore della giornata, oltre che nell’evoluzione della patologia.
La variabilità temporale può avere 4 diversi pattern:
persistente: distonia che persiste approssimativamente con la stessa entità durante il giorno;
azione specifica: distonia che si verifica solo nell’esecuzione di particolari azioni; con fluttuazioni diurne: la distonia fluttua durante il giorno con variazioni
circadiane identificabili;
parossistica: episodi improvvisi e auto-limitanti di distonia indotti usualmente da un trigger con ritorno al preesistente stato neurologico.
4) caratteristiche associate: la distonia può essere isolata o associata ad un altro disturbo del movimento (per esempio, mioclono, parkinsonismo ecc.). Come già specificato, il termine “distonia primaria” è un termine che può essere fuorviante per cui, secondo la revisione proposta, sarebbe più corretto parlare di:
distonia isolata: la distonia è l’unico disturbo motorio, ad eccezione del tremore; distonia combinata: la distonia è associata ad altri disturbi del movimento. 5) presenza di altre manifestazioni neurologiche o sistemiche.
Asse II: Eziologia
Questa è un’area in evoluzione: l’eziologia di molte forme di distonia è tutt’ora sconosciuta. Attualmente, due caratteristiche complementari possono essere utili per una classificazione: alterazioni anatomiche identificabili e tipo di ereditarietà, che comunque non sono mutualmente esclusive. Recentemente, gli studi di neuroimaging hanno individuato sottili anormalità in numerose regioni cerebrali in casi di distonia isolata. Le evidenze di alterazioni, sia a un livello macro che microscopico o persino molecolare, forniscono le ragioni per discriminare la distonia in sottogruppi, ossia in forme degenerative e non degenerative:
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degenerazione (progressive anomalie strutturali); lesioni statiche (lesioni non progressive);
nessuna evidenza di degenerazione o lesioni strutturali. Forme ereditarie o acquisite
Per quanto riguarda le forme ereditarie, le distinguiamo in:
autosomiche dominanti (esempi: DYT1, DYT5, DYT6, DYT11);
autosomiche recessive (esempi: simdrome di Wilson, morbo di Parkinson giovanile);
forme X-linked recessive (esempi: Lubag, sindrome di Lesch-Nyan); da mutazioni del DNA mitocondriale (esempi: sindrome di Leber). Per quanto riguarda le forme acquisite, distinguiamo:
distonia dovuta a lesioni cerebrali perinatali (Paralisi Cerebrale distonica);
distonia dovuta ad infezioni (encefalite virale, panencefalite sclerosante subacuta, HIV);
distonia dovuta a farmaci (L-dopa e agonisti della dopamina, neurolettici, anticonvulsivanti, calcio-antagonisti);
distonia dovuta a sostanze tossiche (manganese, cobalto, metanolo ecc.);
distonia dovuta a cause vascolari (ischemia, emorragia, distonia dovuta a malformazioni arterovenose);
distonia da cause neoplastiche (neoplasie cerebrali o encefaliti paraneoplastiche); distonia da lesioni cerebrali da trauma o da interventi chirurgici;
distonia psicogena (funzionale). Distonia idiopatica (da cause ignote)
Sporadica;
Familiare (Albanese et al., 2013).
1.2.3 Principali forme cliniche
Distonia idiopatica di torsione (IDT)
La causa più frequente della distonia primaria ad esordio precoce generalizzato è una delezione di 3 nucleotidi (GAG) in una regione codificante del gene DYT1, localizzato sul cromosoma 9q34. Il risultato di questa mutazione è la rimozione di un acido glutammico nella regione C-terminale della proteina torsinA. Questa proteina è una ATPasi Mg++
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dipendente ed è associata a varie funzioni, come ripiegamento e degradazione proteica, dinamica del citoscheletro, riciclo delle vescicole e funzioni di membrana. La mutazione interferisce quindi con tali funzioni cellulari, incluso il rilascio di dopamina (Ozelius and Bressman, 2011).
L’insorgenza di questa forma è nell’80% dei casi prima dei 15 anni. Generalmente inizia interessando un solo arto, successivamente si ha una generalizzazione e si passa infatti dall’arto inferiore a quello superiore omolaterale, con diffusione poi all’inferiore controlaterale e al superiore controlaterale (Alvarez, 2001). Nel restante 20% dei casi la distonia rimane localizzata come processo focale o segmentario o anche spontaneamente remittente, transitoriamente o permanentemente (Marsden and Harrison, 1974). Le forme che esordiscono con blefarospasmo o disfonia sono rare. Il decorso dell’IDT è variabile e impredicibile: in circa l’80% dei casi con insorgenza prima dei 15 anni la distonia aumenta nei primi 5-10 anni dall’esordio, per poi rimanere stazionaria. La distonia può diventare fissa e risultare in marcate deformità con retrazioni muscolari. L’esordio precoce e l’interessamento degli arti inferiori sono predittivi di un outcome sfavorevole.
La diagnosi si basa sulla presenza di movimenti e/o posture distoniche, sulla storia perinatale e dello sviluppo (che è normale), sull’assenza di anomalie cognitive, piramidali, cerebellari e del sensorio e sull’esclusione di cause note (es. farmaci, altri disordini noti per produrre distonia). I risultati di laboratorio e di imaging sono nella norma (Alvarez, 2001). Sono stati individuati altri 5 loci coinvolti nelle forme ad esordio precoce:
DP DYT2: è una forma autosomica recessiva con un fenotipo assimilabile alla distonia DYT1;
DP DYT4: questa forma, con ereditarietà autosomica dominante, si differenzia dal tipo DYT1 per la presenza di una prominente disfonia;
DP mista è associata a diversi loci: DYT6 e DYT13 si associano a una forma a trasmissione autosomica dominante e penetranza ridotta, DYT17 si associa invece ad una forma simile ma autosomica recessiva. La presentazione clinica di queste forme differisce in alcune caratteristiche dalla forma DYT1, per cui si parla di fenotipo misto: infatti come la distonia DYT1 c’è tendenza alla generalizzazione, ma c’è anche una tendenza all’interessamento dei muscoli cervicali, come nelle forme ad insorgenza in età avanzata;
DP DYT13: anch’essa ad insorgenza in età giovanile; PD DYT17: ad insorgenza in età adolescenziale;
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DP DYT6: autosomica dominante a penetranza ridotta (Ozelius and Bressman, 2011).
Distonia Dopa-Responsiva
La distonia dopa-responsiva designa una malattia caratterizzata da distonia, parkinsonismo, iperriflessia e una buona risposta alla L-dopa.
Solitamente la patologia si manifesta entro i primi 12 anni di vita e il rapporto femmine: maschi è di 2.5:1. L’esordio è insidioso con astenia, andatura goffa e posture distoniche spesso limitate a un piede, più spesso al sinistro. Molto caratteristici sono l’aumento di severità della distonia durante la giornata e il marcato decremento dopo il sonno. La malattia tende a coinvolgere tutte le quattro estremità, ma solitamente non interessa il tronco. Lievi segni di parkinsonismo, come rigidità degli arti, del tronco e mimica ridotta, sono comuni; dai 10 anni in poi si manifestano spesso tremori posturali delle mani. Le indagini di laboratorio nella maggior parte dei casi rivelano bassi livelli di acido omovanillico nel liquor, che ritornano nella norma in seguito alla terapia con L-dopa (Alvarez, 2001).
Distonia mioclonica
La distonia mioclonica è un disordine autosomico dominante con severità ed espressività variabili, ma penetranza incompleta. La mutazione coinvolta è DYT11 sul cromosoma 7, che codifica per un sarcoglicano che fa parte del complesso distrofina-glicoproteina (Zimprich, 2001). L’età di esordio è precedente ai 10 anni. I sintomi includono movimenti mioclonici prossimali e bilaterali indotti da azioni volontarie che solitamente coinvolgono le estremità. La distonia è generalmente lieve e comincia alle estremità superiori e al collo. È stata descritta una certa sensibilità ad alcuni stimoli, come rumori improvvisi o stimoli tattili. La risposta all’alcol (sia per la distonia che per il mioclono), al valproato di sodio (per il mioclono) e al triesilfenidile (per la distonia) è un importante criterio diagnostico. Inoltre, i pazienti spesso mostrano delle anormalità psichiatriche, come attacchi di panico e comportamenti ossessivo-compulsivi (Zimprich, 2001). La malattia ha un decorso relativamente benigno.
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Emidistonia idiopatica
Distonia idiopatica temporanea dell’infanzia
Questo disturbo è solitamente diagnosticato prima dei 5 anni. I bambini affetti presentano posture anomale solitamente limitate a un arto superiore, anche se occasionalmente può essere coinvolto il tronco (Deonna et al., 1991), entrambi gli arti superiori o un lato del corpo. Il braccio è abdotto e l’avambraccio iperpronato con flessione del polso quando il bambino è a riposo. I piedi possono essere in equino-varismo. In alcuni bambini tale posizione è quasi permanente, sebbene sia attenuata durante il sonno, in altri è evidente solo a riposo o in alcune posizioni. Un importante indizio diagnostico è che la postura distonica scompare quando il bambino compie movimenti finalizzati con l’estremità affetta. L’eziologia è ignota, ma i casi di familiarità suggeriscono un’origine genetica (Alvarez, 2001).
Distonia focale e segmentaria
La distonia focale o segmentaria può essere il primo passo verso una successiva generalizzazione, come accade per esempio nelle forme dovute a mutazione di DYT1 (Alvarez, 2001). Tuttavia, sono stati riportati casi di crampo dello scrivano familiare ad esordio giovanile con mutazione di DYT1 in cui non si è verificata una successiva generalizzazione (Gasser et al., 1998).
Distonia secondaria
Nelle forme secondarie, la distonia è un sintomo, a volte il primo di una lunga lista di malattie.
Distonia da danni cerebrali strutturali
La causa più frequente è un’occlusione vascolare acuta a carico dello striato e/o del caudato (Dusser, 1986). La prima manifestazione è generalmente un’emiparesi. L’emidistonia predomina agli arti superiori ed è spesso associata a segni di interessamento piramidale, può comparire contemporaneamente all’emiparesi, ma frequentemente si manifesta solo dopo molti mesi o anche anni (Factor et al., 1988). Nei casi ad eziologia vascolare, le tecniche di neuroimaging (TC e RMN) mostrano lesioni limitate che possono coinvolgere lo striato e specialmente il nucleo caudato. Altre cause possono essere quelle
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infettive, ad esempio una meningite tubercolare o un’encefalite post infettiva, e le neoplasie.
La distonia nei disordini metabolici
La distonia è un sintomo frequente nel corso di molti disordini genetici risultanti da errori ereditari del metabolismo. In alcune di queste malattie, il disturbo del movimento è una parte essenziale del quadro clinico, in altre solo un sintomo tardivo e incostante (Alvarez, 2001). Le distonie su base metabolica sono molto più frequenti in età infantile e tendono ad essere generalizzate (Nardocci, 2013).
Sindromi da deficit della creatina cerebrale
Le sindromi da deficit della creatina cerebrale sono un gruppo di patologie caratterizzate da un difetto del metabolismo della creatina: il deficit dell’arginina-glicina amino transferasi è un disturbo ereditario della biosintesi della creatinina recentemente riconosciuto, caratterizzato da ritardo mentale e da un severo handicap del linguaggio (Battini et al, 2006); nel deficit di guanidino-acetato-metiltransferasi, invece, i pazienti presentano ritardo mentale, disturbi del linguaggio, epilessia, oltre a importanti segni di interessamento extrapiramidale. I livelli di creatina sierici e urinari sono estremamente bassi (Braissant, 2014). Altri deficit possono riguardare il trasporto della creatina.
Nonostante la RMN cerebrale risulti normale, la Risonanza Magnetica Spettroscopica evidenza una deplezione di creatina, che viene quasi completamente normalizzata con supplementi di creatina monoidrato.
Glutaricoaciduria di tipo I
La GAI è una patologia con trasmissione autosomica recessiva dovuta a una severa riduzione o totale assenza di attività dell’enzima glutarilCoA deidrogenasi, un enzima mitocondriale che è coinvolto nel catabolismo dell’L-lisina, L-idrolisina e L-triptofano, portando a elevati livelli di acido glutarico, acido 3-idrossiglutarico, acido glutaconico e glutarilcarnitina (Kölker et al., 2011). L’età di insorgenza è tra i 5 e i 14 mesi, ma una sintomatologia lieve come un debole ritardo nel movimento e ipotonia può essere osservata a un’età più precoce. Nel 70% dei casi alla nascita o qualche tempo più tardi si può evidenziare una macrocefalia. In due terzi dei casi la malattia si manifesta con crisi convulsive focali o generalizzate, vomito, ottundimento o letargia, solitamente conseguenti a una malattia infettiva acuta. Il risultato di tali crisi è un danno striatale (Kölker et al.,
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2011). Successivamente appaiono la regressione psicomotoria, i movimenti coreoatetosici e distonici, la spasticità e l’anartria. La comprensione del linguaggio è decisamente migliore dell’espressione, suggerendo che la sfera cognitiva sia relativamente preservata. Nell’altro terzo dei pazienti, l’esordio è insidioso con ritardo dello sviluppo psicomotorio, ipotonia e posture distoniche (Alvarez, 2001).
La diagnosi può essere fatta facilmente basandosi sulla clinica, le indagini di laboratorio e di neuroimaging. È uno tra i disturbi metabolici trattabili e, se gestito adeguatamente, può avere una buona prognosi (Kamate et al., 2012). Il trattamento metabolico include una dieta a basso contenuto di lisina, supplementi di carnitina e trattamenti intensificati durante gli episodi acuti. Tuttavia, l’inizio del trattamento dopo la comparsa dei sintomi non è generalmente efficace nel prevenire i danni permanenti (Kölker et al., 2011).
Metilmalonico aciduria
La metilmalonico aciduria è una patologia derivante da un errore congenito del metabolismo risultante nell’accumulo di acilcarnitina nel sangue ed elevati livelli di escrezione urinaria di acido metilmalonico. Tale disturbo può manifestarsi con vari sintomi, come manifestazioni neurologiche e gastrointestinali, letargia e anoressia (Karimzadeh et al., 2013). Tra le manifestazioni neurologiche troviamo distonia, ritardo mentale, microcefalia e spasticità (Alvarez, 2001).
Sindrome di Lesch-Nyan
La sindrome di Lesch-Nyan è una patologia ad ereditarietà X-linked recessiva che è causata da un’ampia varietà di mutazioni del gene HPRT1. Il gene codifica per la ipoxantina-guanina fosforibosil transferasi, un enzima coinvolto nel metabolismo purinico. Sono note ben 615 mutazioni e la severità della malattia dipende da come la mutazione influisce sull’attività dell’enzima (Fu et al, 2014). L’alterazione biochimica risultante è l’iperuricemia. L’esordio avviene solitamente fra i 6 e i 18 mesi di età (Alvarez, 2001). Il quadro neurologico caratteristico associa ritardo intellettivo, spasticità, movimenti coreo-atetosici e tendenza compulsiva all’automutilazione (morsicatura di dita e labbra).
L’iperuricemia è responsabile anche di manifestazioni renali e articolari (Cambier, 2008).
Distonia dovuta a disordini “degenerativi”
I disordini degenerativi sono un gruppo molto eterogeneo di patologie, di cui un esempio importante è l’atassia-telangectasia, una patologia autosomica recessiva in cui la distonia
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o la corea sono presenti nel 50% dei casi. La distonia è solitamente tardiva, ma in alcuni casi può manifestarsi tra i primi sintomi, così come l’atetosi e la sindrome ipocinetico-rigida. La corea è spesso la prima manifestazione (Alvarez, 2001).
Altro esempio è la sindrome di Rett, un disordine genetico che rappresenta la più comune causa genetica di severa disabilità intellettuale nel sesso femminile. La maggior parte dei casi è dovuta a una mutazione nel gene MECP2 sul cromosoma X (Bedogni et al., 2014). In tale sindrome, dopo uno sviluppo inizialmente normale, compare, fra i 6 e i 18 mesi, un arresto del processo di acquisizione e della crescita della circonferenza cranica, seguito da fenomeni regressivi, in particolare da una perdita dell’uso delle mani e comparsa di stereotipie manuali. In seguito è possibile osservare una stabilizzazione con acquisizione di una marcia normale e recupero del contatto visivo (“sguardo penetrante”). La sindrome può comportare episodi di apnea, iperventilazione, spasticità, distonia e fenomeni parossistici di vario tipo (Cambier, 2008).
1.2.4 Diagnosi
Sebbene la distonia sia considerata rara, è probabilmente sottodiagnosticata o confusa con altri quadri a causa della mancanza di specifici criteri clinici. Un’attenta diagnosi è tuttavia essenziale per indirizzare il paziente verso un accurato counseling genetico, per stabilire un’appropriata prognosi e terapia.
Una volta individuato il sintomo distonico, si indagherà la storia clinica e le caratteristiche neurologiche che permettono di distinguere tra forme primarie e non; seguiranno poi le indagini strumentali e di laboratorio. Per quanto riguarda la storia clinica, sarà importante indagare bene la storia familiare, che può indirizzare verso il sospetto di forme di origine genetica, e l’andamento temporale del sintomo distonico, che può essere statico, come ad esempio nelle forme acquisite, o progressivo, come nelle distonie primarie o eredodegenerative. In particolare, una distonia parossistica è evocativa di forme geneticamente determinate, una distonia fluttuante, con peggioramento o comparsa dei sintomi nelle ore serali o in relazione alla stanchezza, suggerisce invece una distonia dopa-responsiva. Infine dovrà essere posta attenzione alle caratteristiche specifiche della distonia, poiché alcuni elementi particolari possono indirizzare in senso eziologico (Nardocci, 2013). Il quadro clinico indirizzerà successivamente verso le indagini di laboratorio e strumentali più appropriate. Dobbiamo in particolare distinguere la distonia primaria da quelle conseguenti a specifiche cause: per tale ragione, oltre all’osservazione clinica, è necessario eseguire una RMN cerebrale. Una RMN cervicale può essere utile qualora si sospettino
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una sublussazione atlanto-assiale, una siringomielia, una sindrome di Arnold-Chiari o una sindrome di Klippel-Fail.
PET e SPECT sono raramente utilizzate, così come la biopsia tissutale, mentre EMG e ENG (elettroneurografia)possono essere utilizzati come strumenti di conferma in seguito a una diagnosi clinica. La Risonanza Magnetica spettroscopica può invece essere utile qualora si sospetti una patologia metabolica. Molte patologie ereditarie possono presentarsi in associazione con la distonia (per esempio, morbo di Huntington e morbo di Parkinson): in questi casi, la diagnosi differenziale con la distonia primaria prevede l’esecuzione di test genetici. Qualora invece si sospetti una distonia secondaria ad una lesione cerebrale perinatale, deve essere indagata la storia clinica riguardante la gravidanza e la nascita. Test di laboratorio dovrebbero escludere la presenza di difetti metabolici (Albanese et al, 2007).
1.3 Corea e Ballismo
1.3.1 Definizione e caratteristiche cliniche della corea
Il termine corea definisce un disturbo del movimento caratterizzato da movimenti involontari, afinalistici, improvvisi e rapidi che possono interessare tutti i distretti corporei, ma che solitamente si verificano a carico delle estremità distali degli arti o al volto, e sono il risultato di un flusso continuo di contrazioni muscolari irregolari. Ciò che la distingue dagli altri disturbi del movimento come distonia, tremore e tic è principalmente l’irregolarità (Nardocci, 2013). Il sostantivo corea, oltre che per indicare un sintomo, viene utilizzato anche per caratterizzare molteplici condizioni sindromiche. La gravità della corea varia da una semplice irrequietezza ad ipercinesie violente ed inabilitanti che interferiscono con i movimenti volontari, la stazione eretta, la deambulazione e la parola (Barone, 2012). Le ipercinesie coreiche possono essere generalizzate, fluendo da un distretto corporeo all’altro, localizzate ad un emisoma, come nelle forme secondarie ad una lesione controlaterale dei nuclei della base, o prevalenti al distretto oro-buccale (come ad esempio nella discinesia tardiva, nella sindrome di Lesch-Nyan e nella degenerazione associata al deficit di pantotenatochinasi PKAN) (Barone, 2012).
I movimenti anomali sono esacerbati solitamente da azioni, concentrazione mentale o tensione e scompaiono o decrescono sensibilmente durante il sonno (Alvarez, 2001).
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1.3.2 Eziologia e classificazione della corea
I movimenti coreici sono considerati spesso come il risultato di una disfunzione con eccessiva attivazione del sistema dopaminergico. Le lesioni più comunemente coinvolte sono a livello dello striato, del nucleo talamico ventrale e del nucleo subtalamico (Alvarez, 2001).
Per quanto riguarda l’eziologia, le cause dei movimenti coreici sono molteplici: cause genetiche, infettive, immunologiche e da tossicità farmacologica. Sulla base dell’eziologia è possibile suddividere la corea in due gruppi: corea primaria e corea secondaria (Tabella 1.3.2.1)
Tabella 1.3.2.1: classificazione eziologica della Corea (Alvarez, 2001)
COREA PRIMARIA DA CAUSE GENETICHE
corea benigna familiare coreoatetosi familiare invertita corea di Huntington
COREA SECONDARIA
Cause infettive
corea reumatica e Corea di Sydenham, borrelia, echovirus, HIV
Cause metaboliche
iperfenilalaninemia biopterina-dipendente, gangliosidosi, glutarico-aciduria, malattia di Lesch-Nyan, fenilketonuria, malattia di Wilson, galattosiemia, deficienza di creatina Cause
sistemiche
malattia di Bechet, atrofia dentatorubro-pallidoluysiana, lupus eritematoso sistemico, ipoplasia pontocerebellare di tipo 2
Cause vascolari
malattie cardiache cianotiche, policitemia vera, ischemia cerebrale transitoria Intossicazioni da monossido di carbonio, alcol metilico,
manganese, toluene
Altre forme sindrome da anticorpi anticardiolipina, atassia-telangectasia, cardiopatie, trauma cranico, ipocalcemia,
iper/iponatriemia,ipomagnesemia, iperparatiroidismo,ipoparatiroidismo idiopatico
Iatrogena estrogeni, contraccettivi orali, levodopa e dopa-agonisti, idantoina, pemoline, litio, metilfenidato
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1.3.3 Principali forme cliniche di corea
Corea benigna familiare
La Corea benigna familiare è una condizione rara ad eredità autosomica dominante e legata alla mutazione del gene TTF-1 (thyroid transcription factor) (Nardocci, 2013). Tale gene si trova sul cromosoma 14q ed è un fattore di trascrizione essenziale per l’organogenesi di polmoni e tiroide, per lo sviluppo, la differenziazione e l’organizzazione dei nuclei della base. Poiché mutazioni simili di questo gene, o perfino medesime mutazioni, causano espressioni fenotipiche diverse, altre condizioni come i fattori ambientali, ormonali e/o i geni modificatori possono contribuire alla variabilità clinica (Fons et al., 2011).
La corea benigna familiare è una patologia rara caratterizzata da un esordio prima dei 5 anni di età (Gilbert, 2009). Il disturbo del movimento non è progressivo e diventa meno evidente nell’età adulta; si manifesta al momento dell’acquisizione della deambulazione autonoma, successivamente segue un peggioramento clinico e poi una “fase di stato”, in cui si ha una riduzione del deficit funzionale dovuta ai meccanismi di adattamento individuali. In questa patologia la corea è di tipo generalizzato, in caso di coinvolgimento oro-mandibolare si possono avere disartria e/o grimaces facciali, associate a lieve ipotonia generalizzata e impaccio motorio legato alla presenza di ipercinesie (Nardocci, 2013). Le manifestazioni “atipiche” sono comuni e vi è una sostanziale sovrapposizione con la fenomenologia della distonia mioclonica. È presente inoltre una sensibile variabilità intra- e inter-familiare nella severità delle manifestazioni cliniche della corea (Gilbert, 2009). La malattia può includere ritardo cognitivo, tremore intenzionale, disturbi dell’apprendimento, segni piramidali, anomalie della funzione tiroidea e polmonare, infatti, per sottolineare il coinvolgimento multiorgano della malattia, era stato suggerito il termine di Sindrome Cervello-Tiroide-Polmone (Nardocci, 2013).
Corea di Huntington
La malattia di Huntington è un’affezione ereditaria autosomica dominante con penetranza completa che deve la denominazione di corea di Huntington alla comparsa, nel corso della sua evoluzione, di movimenti coreici (Cambier, 2008). La prevalenza è di 3-7/100.000 abitanti in Nord America ed Europa, dove la malattia è maggiormente frequente (Cardoso, 2009).
Il gene coinvolto è localizzato sul braccio corto del cromosoma 4p16.3 e codifica per una proteina chiamata huntingtina. Nei soggetti affetti è presente l’espansione della tripletta
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CAG che codifica per la glutamina: nei soggetti sani si riscontrano da 9 a 35 ripetizioni, in quelli malati oltre 42. Un numero elevato di ripetizioni è correlato ad un esordio precoce e a un’evoluzione rapida. Aggregati di huntingtina mutata sono presenti nelle inclusioni intranucleari e intracitoplasmatiche. Le lesioni interessano la corteccia cerebrale, i nuclei della base e il cervelletto, determinando i disturbi cognitivo-comportamentali che caratterizzano la malattia. L’esordio avviene solitamente tra i 30 e i 50 anni, ma esistono forme giovanili (10% dei casi).
Dal punto di vista clinico la malattia si presenta con alterazioni del tono dell’umore, del comportamento e scadimento delle prestazioni, che diventano fonte di difficoltà sia in ambito professionale che familiare. Tali disturbi sono presenti assai prima che si manifestino i sintomi motori (Cambier, 2008). In generale, l’età di esordio è difficile da stabilire a causa dell’esordio insidioso (Ribaï et al., 2007). La sintomatologia motoria non si limita ai movimenti coreici, ma è possibile osservare anche un’incapacità a mantenere una contrazione sostenuta e disturbi di coordinazione. I movimenti coreici e i disturbi di coordinazione si sommano e compromettono la marcia, l’eloquio e l’alimentazione. Il tono muscolare, che inizialmente è solo lievemente modificato, può, nella fase avanzata, evolvere verso uno stato rigido acinetico. L’evoluzione dei disturbi neurologici e psichici avviene in parallelo, anche se in alcuni periodi è possibile che prevalga l’uno o l’altro aspetto (Cambier, 2008).
La forma giovanile è una rara entità clinica caratterizzata da un’età di esordio inferiore ai 20 anni, la cui trasmissione avviene abitualmente per via paterna a causa dell’espansione delle triplette. Si distinguono una forma con esordio prima dei 10 anni ed una con esordio entro i 20 anni. In passato le forme giovanili erano considerate forme separate, ma negli ultimi anni è stata presa in considerazione la possibilità che siano in continuum con l’età adulta (Nardocci, 2013). Tuttavia, a differenza della forma adulta, il cui fenotipo clinico è dominato dalla corea, la forma giovanile presenta un ampio spettro fenotipico che include rigidità, parkinsonismo, distonia ed epilessia (Ribaï et al., 2007), oltre a disturbi del comportamento e deterioramento delle funzioni cognitive. Le crisi epilettiche sono presenti tra il 30% e il 40% dei casi. Nel 30-50% è presente mioclono, poco frequente nella forma adulta, che può essere generalizzato o multifocale, talora evocato da uno stimolo motorio o sensitivo (Nardocci, 2013).
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Corea reumatica o corea di Sydenham
La corea reumatica, anche chiamata “ballo di San Vito” e chorea minor, è la forma di corea più rappresentata in età pediatrica e si verifica in circa il 26% dei pazienti con febbre reumatica (FR), un disturbo di origine infiammatoria non suppurativa conseguente all’infezione dello Streptococco β emolitico di gruppo A. L’età di maggiore incidenza è tra i 4 e i 9 anni (Nardocci, 2013), con rapporto femmine: maschi 2:1 (Cardoso et al. 1997). La patogenesi è di tipo immunitario: è presente infatti una cross-reazione di IgG dirette contro antigeni di membrana dello streptococco e contro antigeni neuronali (Barone, 2012). L’infezione si manifesta inizialmente con una faringite che precede di 2-4 settimane l’insorgenza dei sintomi della FR. La patologia si manifesta successivamente con un’ampia varietà di presentazioni, come cardite, artrite, corea, noduli sottocutanei e un caratteristico rash cutaneo noto come eritema marginatum (Burke and Chang, 2014). Il decorso clinico è autolimitante, ma il danno alle valvole cardiache può essere cronico e progressivo fino ad esitare in scompenso cardiaco (Nardocci, 2013).
Per porre diagnosi di malattia reumatica devono essere ottemperati i “criteri di Jones”, sviluppati nel 1994. Questi criteri sono stati in un secondo tempo aggiornati dall’American Heart Association (AHA) nel 1992. La revisione del 1992 includeva tre elementi: criteri maggiori, criteri minori ed evidenza di una pregressa infezione da Streptococco β emolitico di gruppo A. Nel 2002 c’è stata una nuova revisione effettuata dal Jones Criteria Working Group of the AHA (Tabella1.3.3.1). Se sono presenti due manifestazioni maggiori o una maggiore e due minori con i segni di una recente infezione streptococcica, è presente un’alta probabilità di trovarci di fronte a una febbre reumatica (Ferrieri, 2002).
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Tabella 1.3.3.1: tabella dei criteri di Jones e delle evidenze a supporto dell’infezione da streptococco emoltitico di gruppo A (Burke and Chang, 2014).
MANIFESTAZIONI MAGGIORI cardite
poliartrite corea
eritema marginatum noduli sottocutanei
MANIFESTAZIONI MINORI febbre
artralgia
aumento delle proteine della fase acuta (PCR, ESR)
intervallo PR prolungato EVIDENZE CHE SUPPORTANO
UN’INFEZIONE DA
STREPTOCOCCO EMOLITICO DI GRUPPO A
coltura faringea positiva
test rapido per gli antigeni streptococcici positivo
anticorpi antistreptococcici elevati o in aumento
La Corea di Sydenham esordisce tipicamente tra 1 e 3 mesi dopo l’infezione streptococcica (Nardocci, 2013). Il fenotipo clinico maggiormente rappresentato è quello della corea associata ad altri segni neurologici, soprattutto a sindrome ipotonica, più raramente a ipometria dei movimenti saccadici e nistagmo (Cardoso et al., 1997). La corea è presente in forma generalizzata nel 70% dei pazienti, mentre vi è una chiara lateralizzazione nel restante 30% (Nardocci, 2013). La corea si può poi definire “acuta” quando ha una durata inferiore ai 2 anni, “persistente” se i segni e i sintomi permangono per più di 2 anni. Si ha una “remissione” quando si ha completa assenza delle ipercinesie (Nardocci, 2013) e “ricorrenza” se si ha la ripresa della sintomatologia dopo un periodo libero di almeno 2 mesi da un precedente episodio, con una durata dell’episodio di almeno 24 ore. La presenza di interessamento cardiaco e di segni sistemici di malattia reumatica sono stati suggeriti come fattori predittivi della ricorrenza (Korn-Lubetzki et al., 2004).
Tipica è inoltre la sintomatologia psichica: irritabilità, disturbi del comportamento, alterazioni del tono dell’umore in senso depressivo, difficoltà di concentrazione, capacità mnemonica ridotta, incubi, insonnia, agitazione. Questi sintomi possono precedere anche di diversi mesi i disturbi del movimento (Nardocci, 2013).
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1.3.4 Ballismo
Il ballismo è un disordine ipercinetico caratterizzato da contrazioni involontarie, intermittenti, violente, ampie e incontrollabili che interessano i muscoli prossimali degli arti (Boukthir et al., 1991) e si differenzia dalla corea solo per l’intensità e l’ampiezza dei movimenti (Alvarez, 2001). Infatti, secondo Marsden (1986), il ballismo è probabilmente una forma severa di corea. È per lo più dovuto a lesioni vascolari del nucleo subtalamico di Luys o delle sue connessioni, ma può essere dovuto anche a lesioni dello striato, della substantia nigra, del talamo e delle relative connessioni (Barone, 2012). Altre cause identificate sono infezioni (batteriche, virali, da parassiti), tumori, sostanze tossiche e patologie sistemiche (lupus eritematoso sistemico) (Boukthir et al., 1991). Può presentarsi in forma generalizzata o interessare un solo lato; in questo caso si parla di emiballismo e la lesione si presenta controlateralmente rispetto al lato del corpo interessato.
Ballismo precipitato dalla febbre
Le malattie febbrili possono essere dei fattori precipitanti di severe forme di corea e ballismo, soprattutto in pazienti affetti da paralisi cerebrale discinetica (Erickson and Chun, 1987; Harbord and Kobayashi, 1991). Durante questi episodi, si può osservare un aumento sierico di transaminasi, creatina-chinasi e altri enzimi, con ritorno alla normalità una volta che il disturbo del movimento migliora. L’EEG non mostra invece anomalie. Questi pazienti vanno seguiti attentamente, in quanto la violenta attività muscolare a cui sono sottoposti può essere pericolosa (Alvarez, 2001).
1.3.5 Diagnosi
Per la diagnosi, va attentamente indagata la storia familiare e, se presente, bisogna cercare di capire la modalità di trasmissione. Tuttavia l’assenza di una storia familiare positiva non esclude cause genetiche. Vanno poi considerate la storia clinica del paziente e l’eventuale anamnesi farmacologica (per esempio, la corea si evidenza molto spesso in pazienti parkinsoniani trattai con L-dopa).
Come per altre malattie neurologiche, il decorso nel tempo della sintomatologia può essere di aiuto, ad esempio, un esordio improvviso può suggerire un’origine vascolare, un esordio subacuto un disturbo metabolico, un andamento progressivo suggerisce una patologia neurodegenerativa e un decorso stabile indirizza verso una corea benigna familiare. L’esame neurologico è indispensabile per evidenziare caratteristiche cliniche particolari dei movimenti coreici, per esempio l’asimmetria o altri segni neurologici associati.
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L’attività elettromiografia nella corea si presenta simile a quella dei normali movimenti volontari, sebbene sia spesso più frammentata e meno regolare (Rondot, 1983).
La diagnosi va poi completata con strumenti di neuroimaging, come SPECT o RMN al fine di evidenziare eventuali lesioni responsabili di movimenti coreici (Walker, 2011). Queste non sempre sono d’aiuto, ad esempio nel caso della corea benigna familiare solo uno studio ha dimostrato una diminuzione del metabolismo del F-18 glucosio a livello striatale (http://emedicine.medscape.com/article/1181993-overview#a1) .
Soffermandoci sulla corea di Sydenham, c’è da dire che la diagnosi è spesso difficile, in quanto non esiste un test diagnostico specifico. Aiutano quindi i già specificati criteri di Jones. I risultati dei test di neuroimaging sono spesso negativi, sebbene alla RMN possano esserci anomalie come aumento dell’intensità del segnale dei gangli basali o della sostanza bianca cerebrale nelle immagini pesate in T2.
Al contrario, nella corea di Huntington possiamo disporre di test genetici per verificare la presenza della mutazione sottostante, test che aiutano enormemente la diagnosi. La RMN e la TC possono inoltre evidenziare l’atrofia del caudato e la RMN anche l’aumento del segnale nel putamen nelle immagini pesate in T2. Infine, la F-18 PET può mostrare una marcata riduzione del metabolismo del glucosio nel caudato (http://emedicine.medscape. com/article/1181993-overview#a1).
1.4 Sindrome ipocinetico-rigida
1.4.1 Definizione e caratteristiche cliniche
I disordini espressi come sindrome ipocinetico-rigida o parkinsonismi sono rari nei bambini e, quando si presentano, sono spesso accompagnati da distonia. Si è pertanto ipotizzato che il deficit di trasmissione dopaminergica, responsabile delle sindromi ipocinetico-rigide in età adulta, venga espressa in età infantile come distonia (Alvarez, 2001).
Da un punto di vista clinico, è caratterizzata da un gruppo di segni tra cui l’ipocinesia (riduzione del numero di movimenti, sia automatici che volontari), la bradicinesia (lentezza nei movimenti), la rigidità (aumento uniforme della resistenza ai movimenti passivi; quando il muscolo stirato passivamente tende a mantenere la posizione assunta si parla di rigidità “a tubo di piombo”), che però non è costante e il tremore a riposo (Garcia-Cazorla et al., 2011). Altri segni frequenti sono il cosiddetto “fenomeno della ruota dentata” (percezione di piccole scosse di arresto, che ricordano il movimento di una ruota dentata,
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durante i movimenti passivi di flessoestensione di un arto su quello adiacente) e la perdita dei riflessi posturali. La diagnosi di parkinsonismo richiede che siano presenti almeno due tra questi segni, di cui uno deve essere la bradicinesia o il tremore a riposo (Hughes et al., 2001). In età prescolare, la sindrome può assumere aspetti fenomenologici particolari: fluttuazione del tono muscolare, acinesia e ritardo dello sviluppo posturo-motorio (Nardocci, 2013). Il tremore a riposo, quando presente, può avere un’occorrenza parossistica o caratteristiche “rubral-like”. Infine, alla fenomenologia descritta, si associa frequentemente distonia; essendo da un punto di vista semeiologico la sindrome ipocinetico-rigida nei bambini incompleta e/o associata ad altri segni clinici, i termini “parkinsonismo”, “parkinsonismo/distonia” o “parkinsonismo plus” sono in tal senso appropriati per definire questa condizione nell’infanzia (Garcia-Cazorla et al., 2011).
1.4.2 Eziologia e classificazione
Il meccanismo sottostante al parkinsonismo è stato relativamente ben capito: una riduzione dei neuroni dopaminergici della substantia nigra compatta riduce la normale inibizione sui neuroni GABA/encefalinergici della via nigrostriatale che quindi aumentano la loro attività iper-inibendo il globus pallidus laterale. La conseguenza è un’iperattività del nucleo subtalamico e ipereccitazione dei suoi target.
Possiamo considerare tre gruppi principali di cause: cause acquisite o secondarie a differenti agenti esogeni come asfissia, infezioni, disordini immunomediati, farmaci, tumori dei gangli basali, ipoparatiroidismo e pseudoipoparatiroidismo, idrocefalo; disordini geneticamente determinati come errori congeniti del metabolismo e altre malattie di origine genetica e, infine, dobbiamo considerare le cause ignote: c’è infatti una fetta significativa di casi in cui non viene evidenziata una causa definitiva di malattia (Garcia-Cazorla et al., 2011).
In base al fenotipo clinico, possiamo invece classificare il parkinsonismo in tre tipi, schematizzati dalla tabella 1.4.2.1:
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Tabella 1.4.2.1: classificazione clinica del parkinsonismo (Nardocci, 2013)
Tipi di parkinsonismo Caratteristiche cliniche
Parkinsonismo classico o puro Prevalenti o esclusive caratteristiche parkinsoniane
Sindromi distonia-parkinsonismo Associazione di parkinsonismo e distonia e/o segni di coinvolgimento
multisistemico
Parkinsonismo atipico Disordini caratterizzati da altri segni e sintomi che presentano anche tratti di
parkinsonismo
Per quanto riguarda le cause del parkinsonismo classico, esiste una notevole controversia, sebbene differenti studi evidenzino un’interazione tra fattori ambientali e suscettibilità genetica. Come regola generale, possiamo assumere che più giovane è il paziente, più è probabile che la patologia abbia una causa monogenica, come un errore congenito del metabolismo. D’altro canto, esiste anche una grande varietà di cause acquisite. Nei bambini, le cause più comuni sono gli effetti collaterali di farmaci e le encefaliti. Il morbo di Parkinson è causato da un progressivo deterioramento dei neuroni della substantia nigra e dalla consequenziale carenza di dopamina, che causa un decremento nella capacità di controllare i movimenti corporei. Sebbene la dopamina sia il neurotrasmettitore classicamente coinvolto nella fisiopatologia del morbo di Parkinson e nei parkinsonismi, altri neurotrasmettitori come GABA, glutammato e acetilcolina partecipano al funzionamento dei gangli basali (Garcia-Cazorla and Duarte, 2014).
1.4.3 Principali forme cliniche
Parkinsonismo classico o puro
Il parkinsonismo classico o puro è raro in età pediatrica; esempio di questa condizione è il parkinsonismo giovanile da mutazioni del gene PARK2 (Nardocci, 2013).
La mutazione del gene PARK2, che codifica per la proteina parkina, è il più comune fattore di rischio genetico per lo sviluppo del morbo di Parkinson ad esordio giovanile ed è trasmessa con ereditarietà di tipo autosomico recessivo (Chu et al., 2014). Tale mutazione è responsabile di circa il 70% dei pazienti con parkinsonismo ereditario o sporadico ad esordio entro i 20 anni (Schneider and Bhatia, 2010).
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Clinicamente, tale patologia è caratterizzata da bradicinesia, rigidità, tremore a riposo dopa-responsivo, ma con precoce occorrenza di discinesie e fluttuazioni motorie (Nardocci, 2013). Solitamente, il parkinsonismo correlato a mutazioni della parkina è L-dopa-responsivo e presenta un decorso benigno e lentamente progressivo. Tuttavia, può essere presente anche distonia, che solitamente colpisce gli arti inferiori e che, nel 40% dei casi, è il primo sintomo che viene manifestato (Schneider and Bhatia, 2010).
Sindromi distonia-parkinsonismo
Queste sindromi sono quelle più frequenti, con spettro eziologico che include sia condizioni patologiche inquadrate nell’ambito della distonia primaria (quindi legate a mutazioni di geni DYT), sia altre classificate nell’ambito dei geni associati a sindrome parkinsoniana (geni PARK) oltre a condizioni come le neurodegenerazioni con accumulo intracerebrale di ferro (NBIA) (Nardocci, 2013).
Neurodegenerazione con Accumulo Intracerebrale di Ferro (NBIA)
Questo termine definisce un gruppo di condizioni patologiche caratterizzate da un aumento dei depositi di ferro nei gangli basali che inducono allo sviluppo di complessi e progressivi sintomi neurologici (Schneider et al., 2013). Tali patologie presentano un’ereditarietà di tipo autosomico recessivo ed esordio in età pediatrica o adulta (Schneider and Bhatia, 2012). Le caratteristiche principali sono: un quadro clinico dominato da segni e sintomi di coinvolgimento del sistema extrapiramidale, l’evidenza alla RM encefalo di accumulo patologico di ferro nei nuclei della base e la presenza di distrofia neuroassonale.
Lo spettro clinico e genetico è molto eterogeneo e lo studio di correlazione genotipo-fenotipo ha delineato quadri clinici che vengono definiti “classici” ed altri definiti “atipici” (Nardocci, 2013). Nelle forme ad esordio giovanile la distonia è il segno clinico predominante.
Una forma di neuro degenerazione con accumulo di ferro a livello cerebrale è la neurodegenerazione associata a pantotenato-chinasi (pantothenate–kinase associated neurodegeneration, PKAN). Precedentemente conosciuta come Sindrome di Halloverden-Spatz (Gregory and Hayflick, 2011), tale disordine è stato rinominato dopo la scoperta del gene responsabile, il PANK2 (Kruer et al., 2011). Alla base di PKAN vi è un difetto ereditario recessivo del metabolismo del coenzima A. In media, l’esordio di PKAN si verifica tra i 3 e i 4 anni di età e, in circa il 90% dei casi, esordisce prima dei 6 anni (Hayflick et al., 2003; Antonini et al., 2006). Tuttavia, sono stati riportati anche casi ad
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esordio più tardivo (Hayflick et al., 2003; Aggrawal et al. 2010). I sintomi di esordio sono andatura difficoltosa e anomalie posturali. Il fenotipo predominante è caratterizzato da sintomi extrapiramidali, soprattutto distonia generalizzata con frequente coinvolgimento oro-mandibolare (Schneider et al., 2006). Possono essere inoltre presenti segni piramidali e alterazioni cognitive, come cambiamenti del comportamento e demenza (Schneider and Bhatia, 2010). Dal punto di vista diagnostico, l’elemento centrale, oltre alla clinica, è la presenza di accumulo patologico di ferro, evidenziabile come alterazioni di segnale alla RM encefalo. Questa può configurare un quadro classico di “occhio di tigre” patognomonico per PKAN, oppure un accumulo cerebrale aspecifico, comunque indicativo per questo gruppo di patologie (Nardocci, 2013).
La NBIA include anche le forme derivanti dalla mutazione del gene PLA2G6, che codifica per una fosfolipasi calcio-dipendente (Kurian et al., 2008). Tale enzima è coinvolto nell’omeostasi di membrana (Garcia-Cazorla et al., 2011). L’età media di comparsa della malattia è di 14 mesi. I bambini presentano una regressione delle abilità motorie e cognitive, con evidenza di ipotonia assiale, spasticità dei quattro arti, disfunzione bulbare e strabismo. Tutti i pazienti sviluppano atassia cerebellare e distonia e molti anche atrofia ottica. La RMN mostra atrofia cerebellare corticale e gliosi, derivanti dall’accumulo di ferro nel globus pallidus e nella substantia nigra (Kurian et al., 2008).
Disordini della sintesi delle amine biogene
Le condizioni patologiche incluse in questo ambito presentano grande variabilità in termini di età di esordio e fenotipo clinico, il quale risulta tuttavia dominato da sintomi distonico-parkinsoniani talvolta associati ad altri segni e sintomi neurologici. Tale variabilità è in relazione al tipo e alla severità delle alterazioni dei neurotrasmettitori (Nardocci, 2013). La patologia può esordire a qualunque età dall’infanzia in poi. La presentazione clinica dipende dal neurotrasmettitore coinvolto e dalla severità dell’anomalia. Il coinvolgimento neurologico è quello prominente, potendosi presentare con diverse manifestazioni come encefalopatia, epilessia e disordini motori sia a coinvolgimento piramidale che extrapiramidale, che sono primariamente attribuiti a deficienza cerebrale di dopamina, serotonina o entrambe (Kurian et al., 2011). Parkinsonismo, distonia e crisi oculogire sono i segni principali; altri segni sono la fluttuazione della sintomatologia, il disturbo della termoregolazione e il disturbo dello sviluppo somatico (Nardocci, 2013).
La diagnosi si basa principalmente sul dosaggio di metaboliti delle amine biogene (acido omovanilico HVA, acido 5-idossi-indolacetico 5-HIAA), delle proteine e dei folati a