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El Greco tra arte e letteratura: un precursore della modernità.

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El Greco e la pittura moderna

La figura di El Greco –Domenico Theotocopoulos- occupò una posizione peculiare tra gli artisti spagnoli e stranieri dei secoli XIX e XX. La sua straordinaria tecnica e diversità sono indice rilevante di complessità e fascino che assieme alla sua condizione di artista quasi sconosciuta aveva esercitato una nota influenza nel panorama artistico europeo e mondiale. La Spagna, soprattutto Toledo, richiamò l’attenzione di numerosi stranieri, i quali, riscoprirono un tesoro occulto. Il fascino e il passato storico-artistico che conservava Toledo e la pittura di El Greco, nascosta in chiese e conventi, stimolò un’aura di mistero intorno alla sua figura che avvalorò la sua scoperta.

Fino al XIX secolo fu poco apprezzato, ma a partire dai primi del Novecento, El Greco, cominciò ad essere un modello di riferimento per molti artisti moderni. La stretta relazione con la pittura veneziana spiegava la sua rivalutazione che fu incrementata dapprima dalla cultura francese dalla costituzione della Galería Española de Luis Felipe de Orleans nel Museo del Louvre di Parigi, che includeva non solo nuove opere di El Greco, ma riuscì a diffondere internazionalmente tra 1838-49 la sua pittura. Fu però il Museo del Prado a conservare i quadri più importanti e ad essere il punto di riferimento per migliaia di artisti. Nel 1902 venne organizzata la sua prima mostra monografica, ed è a partire da questa data che i collezionisti e i musei nordamericani comprarono e sanzionarono l’universalità delle sue opere. El Greco fu stimato ed apprezzato da importanti artisti spagnoli come Mariano Fortuny, Santiago Rusiñol, Joaquin Sorolla e Ignacio Zuloaga. La influenza di El Greco fu decisiva soprattutto nel rinnovamento della pittura, a partire da Édouard Manet che viaggiò a Madrid e a Toledo nel 1865, Paul Cézanne e Pablo Picasso, il quale fu il maestro più influente e di maggior rilievo a partire dalle sue prime opere. Durante la nascita del Cubismo, tenendo presente La visión de San Juan dipinse Las señoritas de Aviñon, quadro che aveva acquistato Zuloaga nel 1905. Nell’orbita picassiana El Greco influenzò anche André Derain, Amedeo Modigliani, Robert Delauny, i cubisti cechi e Diego Rivera.

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Contemporaneamente il Laooconte e la versione del Expolio nella Pinacoteca di Monaco, furono da riferimento per gli espressionisti centroeuropei ed austriaci come Oskar Kokoschka ed Egon Schiele, i tedeschi Max Beckmann, August Macke, Karl Hofer, Jacob Steinhardt e l’olandese Adriaien Korteweg, i quali trovarono ispirazione in El Greco esprimendo la loro profonda inquietudine spirituale negli anni precedenti alla prima guerra mondiale.

Altri artisti di origine ebrea come Marc Chagall, Chaïm Soutine e David Bomberg e pittori surrealisti come André Masson ed Oscar Domínguez seguirono le sue tracce e videro nelle sue opere uno stimolo per liberare la energia dalla sua arte. Anche gli artisti americani apprezzarono la sua pittura suggestiva trovando un fondamento nella sua modernità. Nel caso dei muralisti messicani come José Clemente Orozco, il cileno Roberto Matta ed i nordamericani Thomas Hart Benton e Jackson Pollock furono interessati al suo astrattismo.

El Greco nacque a Candia nell’isola di Creta nel 1541. I dati sono confermati dallo stessa artista: della sua famiglia ci sono pochissime fonti e quasi nulla sappiamo dei suoi anni trascorsi in patria; lavorò in bottega presso qualche pittore attivo nell’isola, acquisendo rapidamente una elevata qualificazione professionale. Nel 1567 si imbarcò per Venezia. La sua partenza da Creta a quanto pare non fu determinata da un’improvvisa decisione ma fu garantita da una raccomandazione procuratagli da pittori cretesi attivi nella capitale o più verosimilmente dal fratello Manusso che aveva una posizione privilegiata nella burocrazia. Il suo soggiorno lagunare in ogni caso non fu molto lungo dato che nel 1570 appare a Roma, dove ha modo di farsi apprezzare dal miniaturista croato Giulio Clovio. Nel 1577 si dirige verso la Spagna stabilendosi a Toledo, dove risiederà stabilmente fino alla sua morte.

Nelle sue prime opere il Theotocopoulos rivela una “sintassi” formale occidentale, atta ad esprimere ciò che di più tradizionale ed intimo raffiorava nel suo spirito; cioè attraverso un esercizio continuo e libero, mescola e interpola soluzioni particolari caratterizzate da inclinazioni alla deformazione e stilizzazioni nettamente antinaturalistiche. Le sue tipiche impalcature a volte sono irriconoscibili evidenziate e costituite da un amore aperto per l’allungamento delle

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figure, per gli sprezzanti scarti prospettici, per l’illusionismo ed, infine, da un gusto coloristico antitonale.

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El Greco e la costruzione moderna dello spazio e della figura: da

Manet al Cubismo

El Greco affascinò artisti stranieri che viaggiarono a Madrid, tra i quali Éduard Manet -1832-1883- il quale visitò ed apprezzò la Trinidad a Madrid nel 1865. Il suo naturalismo elegante e fluido pittoricismo interessarono anche ai nordamericani, le quali erano considerate le basi fondamentali del suo stile. Ma fu Paul Cézanne -1839-1906- e più tardi Pablo Picasso, l’artista che apprese ed influenzò in maniera rilevante la pittura moderna: il suo nome venne associato frequentemente ed assiduamente a El Greco.

Cézanne non viaggiò in Spagna e neanche vide molte opere dell’artista ma realizzò una copia della La dama del armiño la quale denota fascino e sarà poi semplificata attraverso la tecnica della xilografia. Le interpretazioni critiche -dopo la sua morte- di Maurice Denis, Rainer Maria Rilke, Hugo von Tschudi e soprattutto di Julius Meier-Graefe e di Roger Fry, videro attraverso questa rappresentazione un certo vigore e la nascita della modernità artistica. Opere come Bañistas, si relazionano con la plasticità del cretese, oltre che ad essere le basi del Cubismo: manifestano da un lato la primazia del colore e la monumentale espressività deformante dei corpi, dall’altro il reale non finito di El Greco e gli apparenti bozzetti e schizzi delle sue ultime opere, ci inducono a credere a dei possibili prototipi di Cézanne.

Ossessionato dalle opere di El Greco fu Ignacio Zuloaga, -1870-1945- il quale collezionò e copiò alla fine del 1880, alcune opere dell’artista, durante la sua permanenza a Madrid. Realizzò alla maniera grequiana sfondi e paesaggi spagnoli sotto un cielo tormentoso.

Numerosi quadri presentano la città del Tajo e di Toledo. Nel 1920 esegue Mis amigos (fig. 1) dove riunisce tutti gli scrittori spagnoli che ammiravano il cretese: è il gruppo intellettuale della Generación del ’98, alcuni membri della ’14 e lo stesso Zuloaga. La sua ispirazione per El Greco raggiungerà il suo momento climax durante la Guerra Civile Spagnola, dove ritornerà ai modelli cretesi, tanto nelle rappresentazioni paesaggistiche toledane incendiate, quanto negli avvenimenti bellici.

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Contemporaneamente a Zuloaga, appare il suo rivale Joaquín Sorolla -1863-1923-, il quale fu un grande ammiratore di El Greco.

Fece parte del patronato della Casa Museo del Greco, che rappresentò in una sua composizione, la quale mostra influenze grequianas specialmente per il carattere e la disposizione delle teste.

Dipinse in diverse occasioni, due dei più importanti animatori della scoperta di El Greco in Spagna, i suoi amici Manuel Bartolomé Cossío e Benigno de la Vega Inclán, fondatore tre anni prima della Casa di El Greco a Toledo. Nel caso del dipinto di Sorolla, include nello sfondo una immagine del El caballero de la mano en el pecho, in quello di Vega Inclán, l’artista memorizzò la composizione di Fray Hortensio Félix de Paravicino.

Gli echi della pittura cubista ebbero un episodio importante anche in ambito ceco: la figura di El Greco era conosciuta attraverso i viaggi dei pittori specialmente da Antonín Procházka; mentre in ambito parigino da Amedeo Modigliani.

In concomitanza con la diffusione del Cubismo di Picasso, l’Orfismo di Robert Delaunay raggiunse con maggior enfasi, rispetto ad altri artisti francesi, una interpretazione originale di El Greco.

Inoltre fece da mediatore tra la pittura francese e quella tedesca, ossia tra il Cubismo e l’Espressionismo. La sua tecnica ad acquarello, gli permise di stabilire un vincolo tra un delicatissimo cromatismo ed una sottile struttura pittorica innovativa. In relazione con la pittura di Delaunay e con quella di Picasso, emerge il pittore messicano Diego Rivera -1886-1957-. Durante la sua permanenza in Spagna conobbe il Theotocopoulous e la città di Toledo, la quale, risulta dipinta in varie occasioni nelle sue tele. Altri artisti influenzati dal Cubismo ma con una inclinazione verso un linguaggio espressionista furono Marc Chagall -1887-1985- e Chaïm Soutine -1893-1943-, di origine bielorussa-ebrea; entrambi erano conoscitori della pittura di El Greco per la loro permanenza a Parigi. Soprattutto Chagall ammirò da una parte il lato interiore dell’artista e dall’altra il sostrato bizantino; in questo modo quando trattava temi religiosi come il rabbino o il profeta, li associava a immagini relazionate a iconografie affini al Cubismo, come per esempio Judío en rojo, inoltre eseguì tre versioni del Rabino de Vitebsk. Al

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contrario, Soutine rappresentava paesaggi di influenza cubista nella località di Céret, nel sud della Francia. Le tele mostrano un movimento drammatico, come nella realizzazione di Las casas, e anche in figure come in Hombre rezando, trovano ispirazione in El Greco attraverso verticalità, stilizzazione ed espressività in lunghe pennellate.

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El Greco e la modernità espressionista.

Tra l’interiorità e l’astrazione

Lo scrittore e critico d’arte Julius Meier-Graefe fu il grande scopritore di El Greco e risvegliò nei circoli artistici di lingua tedesca un grande interesse per questo artista semi-sconosciuto attraverso la pubblicazione di Spanische Reise, -Viaggio in Spagna-.

Graefe inizialmente viaggiò in Spagna per ammirare nel Prado i quadri di Velázquez; egli stesso espresse così l’obiettivo del suo viaggio “In viaggio verso Velázquez!”1. In realtà, durante il suo pellegrinaggio verso Velázquez, rimase impressionato dai quadri suggestivi di El Greco, i quali si rivelarono istantaneamente come l’anticipazione di tutte le “invenzioni della modernità”, quando egli stesso in passato le rifiutò considerandole come delle “folli fantasie”. Per Meier-Graefe, El Greco non solo diventò la più importante scoperta all’interno di un sistema chiuso della storia dell’arte, ma divenne un precursore di Cézanne e Picasso.

Prima che Meier-Graefe viaggiasse in Spagna, El Greco era solo un referente, conosceva i suoi quadri che poteva vedere nel Louvre, nel mercato dell’arte e nelle collezioni private, palesemente rivelato nelle righe del Spanische Reise. Nel 1907 nella sua opera Impressionisten, aveva già presentato El Greco come un artista dello stesso rango artistico di Cézanne. Qui parla della sua forma di espressione: “gli esseri viventi scaturiscono dalle relazioni cromatiche e dalle superfici, ed entrambe sapevano dominare l’oggetto mediante l’allungamento, la semplificazione dei volumi, la schematizzazione e stilizzazione.”2 La Spagna contemporanea considerava il binomio Graefe-El Greco un “ingrediente esplosivo” di entusiasmo, un entusiasmo che contagiò non soltanto la Spagna ma

1Cit., di M. Graefe, in Spanische Reise in El Greco y la pintura moderna, p. 200

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anche tutta la Germania Il tema di Meier-Graefe sulla modernità di El Greco ebbe successo e convinse perché la argomentò nel suo diario di viaggio; un diario travolgente ed avvincente che interessò non solo agli appassionati di arte ma anche a qualsiasi lettore, mescolando esperienze -appunti sulla corsa dei tori e del ballo flamenco nelle grotte di Granada- di profonde emozioni come divertenti e satiriche note e riflessioni riguardo alla forma ed al significato dell’arte moderna. Tutte le tappe e impressioni del viaggio sono selezionate e divise, coinvolgendo l’imprevista “attrazione” di Meier-Graefe per el Greco nel Prado: “El Greco appare come un raggio. […] Arriva ed esplode come una bomba”.3 Attraverso la metafora del raggio, Meier-Graefe definisce l’incontro come una sorta di conversione quasi religiosa. Descrive il suo totale abbandono e bagliore verso la visione naturalistica per ritornare alla visione autentica: El Greco dietro le apparenze illusionistiche mostra il suo vero essere dando risposta a tutte le domande ed esigenze artistiche contemporanee. Questo significa che nel Spanische Reise, Meier-Graefe non solo confronta El Greco con Velázquez, ma anche la nostra arte con il Naturalismo, trasformando il cretese in un mito del naturalismo visionario.

Meier-Graefe riuscì a presentarlo nel 1910 al pubblico tedesco, ancora sconosciuto per la maggior parte delle persone; nel 1909 il Aus einem spanischen Tagebuch -da un diario spagnolo- si poteva leggere: “A Meier-Graefe, all’assassino di Velázquez ed apostolo di El Greco, a Berlino lo chiamano già Meier-Greco”. Nel 1912, El Greco era già conosciuto come il precursore della modernità e fu parodiato nella rivista Der Sturm di Herwarth Walden con il titolo di Cafe Gröβenwahn -café Megalomanía-:

E mentre spudorate contorsioni amorose ricoprono tovaglioli da pranzo e da bevuta, giornali quotidiani, settimanali e mensili, pareti e tavole di marmo, si vedono nelle scale pittori secessionisti, che registrano ai calcagni fatti anatomicamente verificati. […] Oskar Kokoschka ha portato polvere dalla strada che ha bisogno di una pittura colossale […]. Tuona selvaggia la cantata di Tschudi. Ospiti affamati reclamano il menú […]. Ma, invece di mangiare, gridano incessantemente “Greco, Greco; abbasso Velázquez!”. Degli adolescenti urlano evviva Munch e

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Meier-Graefe. E quindi, la pazzia della modernità estende i suoi tentacoli: dei tentacoli che si estendono molto più in là dell’anatomicamente immaginabile e verosimile, tentacoli con mani da saccheggio, così inesistenti come la propria parola, e le neo-grinfie: il posseduto rigetta dalla la bocca una schiuma verde e biancastra e i suoi occhi diventano verde “van gogh”, quello che, comunque, può essere dovuto ai riflessi delle luci.”4

Dopo il grandioso successo del Spanische Reise che ha avvalorato la figura mitica di El Greco, diversi artisti di lingua tedesca hanno incominciato a seguire le sue tracce, a partire da August Macke -1887-1914-, interprete emergente tra la simbiosi cubista –versante orfica di Delauny- ed espressionista. A Macke interessò molto El Greco, come rivela il suo disegno Apocalipsis e il quadro Mujeres ante una sombrería, il quale manifesta una precisa sintesi tra tutti gli elementi attraverso la stilizzazione delle figure, i suoi contorni curvilinei e la sua costruzione alveolare che assieme al colore diafano e vivo evocano la pittura. L’artista rappresentava un versante del movimento espressionista centroeuropeo più vicino a quello francese e l’influenza è più visibile. A Monaco, gli artisti centroeuropei ebbero occasione di vedere l’Expolio (fig.2) di El Greco, comprato dal direttore delle collezioni reali di Monaco, Hugo von Tschudi, nel 1909 per la pinacoteca, così come il Laooconte, (fig.3) esposto lì. La grande influenza di questo noto quadro nell’ambito germanico, indusse alcuni artisti a realizzare delle copie, interpretata con massima libertà. La più moderna è quella che realizzò l’olandese Kortweg, che ricrea un colore fluido in un ambiente allucinante.

I pittori tedeschi che viaggiarono in Spagna furono interessati soprattutto al Bautismo de Cristo, (fig.4) tela che rappresenta verticalità compositiva, allungamento delle figure, intensità ed espressività cromatica.

Un altro artista che fu maggiormente influenzato da El Greco fu il tedesco Max Beckmann -1884-1950-. Si rivelano tracce del cretese nella sua riproduzione della Resurreción, (fig.5) e altre versioni del tema Alegoría de la Liga Santa, composizione esposta e conosciuta attraverso varie copie di minor dimensione nella Galleria Spagnola di Luis Felipe de Orleans ed in seguito acquisita da

4 Caricatura satiro-burlesca di H. Walden nella rivista Der Sturm con titolo Cafe Gröβenwahn in

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Stirling-Maxwell. Le sue posteriori composizioni rivelano una espressività più sintetica e schematica con figure angolose molto marcate, le quali riecheggiano le tele di El Greco come il Descendimiento e Cristo y la mujer adultera.

Tra i maggior interpreti del mondo artistico austriaco, spicca la figura di Oskar Kokoschka -1886-1980-. La influenza di El Greco è patente in opere religiose come in La Anunciación. Il suo quadro La novia del viento rivela il grande fascino che il Laooconte ha esercitato specialmente nella pulsione distruttiva delle figure isolate in un paesaggio tormentoso che fa da riferimento al cosmo.

Dopo gli espressionisti, anche i surrealisti rimasero permeabili allo stile di El Greco specialmente per quanto riguarda la sua “bellezza agitata” e per le sue figure distorte, rilevate nelle sue ultime opere. Inoltre, la nozione del “modello interiore” di Breton concordava con la orientazione estetica di molti artisti della fine degli anni venti ed inizi dei trenta.

André Masson, -1896-1987- fu l’artista più influenzabile dall’artista cretese. Viaggiò in Spagna nel 1934-35 e realizzò diverse opere che denotano la sua influenza. Una di queste, Toledo con crisálidas, presenta insetti su uno fondo del paesaggio della città con toni vivi, ed entrambe le risorse deformano la visione rinnovando i modi in cui si era presentato anteriormente.

La visibile influenza del cretese è nota anche in Óscar Domínguez -1966-1957-, durante la Guerra Civile, come si può notare nelle sue opere realizzate nel 1937, ispirate alla Visitación, una delle quali intitolò precisamente Homenaje al Greco, dove affronta due figure stilizzate che occupano tutta l’altezza della composizione.

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El Greco, modello per i pittori nordamericani del secolo XX

I pittori nordamericani del XX secolo, chiamati “hombres de fuego”, furono profondamente influenzati da El Greco. Tra questi pittori emerge la figura di Benton e di Jackson Pollock; quest’ultimo avrebbe sviluppato il più importante movimento del Nord America durante la seconda metà del secolo, ossia l’Espressionismo astratto.

L’interesse di El Greco suscitato nel Nord America risulta significativo per quei pittori carenti di una vera tradizione propria, che hanno dovuto costruirsi una propria personalità artistica. Si trattava di quei pittori “emarginati” per il loro interesse incline alle approssimazioni immediate e spontanee; il loro status da emarginato fece guadagnare le simpatie con gli artisti della loro stessa posizione artistica, o che vedevano se stessi come “outsiders” dalla società nordamericana. Già a partire dal XIX secolo, pittori come Chase, Blum, Sargent e l’impressionista Mary Cassatt, ammiravano l’artista, ma dalla esposizione del 1902 nel Prado ci fu l’acquisto di molte opere di El Greco per collezionisti e musei americani, i quali furono più interessati all’artista che ai collezionisti francesi e tedeschi. La mostra del Prado fu il miglior modo di diffusione della conoscenza artistica nel Nord America.

Un artista che studiò sistematicamente El Greco fu Hart Benton. Anche se Benton era al Chicago Art Institute nel 1906, anno in cui arrivò al museo La Asunción de la Virgen, egli stesso disse che il suo studio su El greco cominciò a Parigi nel 1909. Una esposizione di Zuloaga gli svegliò l’interesse per quel maestro. Nelle sue scene artistiche, come La balada del amante celoso de Lone Green Valley ed altre ambientate in America, con personaggi americani, appare una stilizzazione figurativa relazionata all’artista cretese. È significativo l’utilizzo degli elementi stilistici provenienti da un pittore che si formò già quando era adulto, nella tradizione veneziana e romana e gli stessi paesaggi di Benton, uno di questi che dipinse a Chilmark, nell’isola di Martha’s Vneyard, riflettono questo interesse.

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Benton realizzava le sue copie a matita: si trattava di disegni che in modo sintetico arrivavano a geometrizzare le figure; era un modo di apprendere con maggior profondità alcune composizioni dell’artista cretese. Tra quelle che Benton copiò vi fu La Resurreción,dove riuscì a comprendere la manifesta geometrica espressività delle figure.

Benton fu il grande maestro di Jackson Pollock -1912-1956-, il quale assorbì il metodo di copiare in maniera rigorosa i maestri del passato. Egli stesso prima di tutto realizzò copie di El Greco e anche di Michelangelo e Rembrandt. Pollock copiava a partire dalle immagini del libro. Nelle sue copie l’artista sembra che apprenda la prima fase artistica di El Greco; contemporaneamente Pollock fu interessato all’opera murale del messicano José Clemente Orozco -1883-1949- che realizzò nel 1930 per il Pomona College di Claremont: questa composizione rappresentava Prometeo, il quale venne interpretato come uno sforzo titanico. Poco dopo, nel 1932, Orozco avrebbe visto “los grecos” di Parigi, di Madrid e di Toledo. Già si era menzionato l’interesse di Diego Rivera per El Greco ed anche il terzo dei grandi muralisti messicani come David Alfaro Siqueiros, che fu molto attratto dalla sua figura. Il Messico, con la emigrazione repubblicana della post-guerra spagnola, comprendeva artisti che conoscevano molto bene la figura di El Greco, come José Moreno Villa, Ramón Gaya, Remedios Varo. Anche il cileno Roberto Matta -1911-2002- conosceva bene il cretese dato che visse in terra spagnola; la sua fonte di ispirazione è visibile nelle opere che realizzò durante la fine degli anni 30 e agli inizi di quelli seguenti, in particolare Morfologías psicológicas, dove è ben nota la stretta relazione tra surrealismo ed espressionismo astratto: rivela toni verdi e gialli attraverso una fluidità cromatica “a macchie”.

Intanto Pollock continuava il suo percorso artistico con opere di grande intensità dominate da toni rossi accesi, come La llama, la quale evidenzia il suo vero spirito “de fuego”. La composizione Hombre desnudo con cuchillo, intensamente violenta, ci induce a pensare ad una stretta relazione non solo con muralisti messicani ed a El greco ma anche con Picasso, un altro artista fortemente influenzato dal cretese. In seguito, cambiando il suo percorso artistico, arrivò ad utilizzare una nuova tecnica, il dripping: una pittura astratta, la quale

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rivela maggiormente la sua attrazione e il fascino spirituale per El Greco come nell’opera Gótico,

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El Greco e le figure europee

Al termine della Guerra Civile Spagnola e più tardi della Seconda Guerra Mondiale, vi furono nuovi avvicinamenti alla pittura di El Greco; la distruzione e la violenza dei conflitti produsse una perturbazione spirituale all’interno del panorama artistico: la Spagna da un lato non avendo a disposizione riferimenti e modelli –dopo il successo con coloro che erano impegnati con le avanguardie- ritornò ad analizzare e copiare i miti del passato, tra i quali quella di El Greco. Non poteva essere Velázquez il centro dell’attenzione degli artisti, poiché cercavano di rappresentare la loro inquietudine spirituale e non una rappresentazione realistica. El Greco inoltre era legato a Toledo, la quale rivendicava un glorioso passato e l’origine di una grande scuola pittorica spagnola.

Tra i nuovi artisti, spicca la figura di Antonio Saura 1930-1998-, il quale fu permeabile alla pittura del cretese. Assieme a quella di Goya, contribuì alla formazione del ritratto partendo dagli archetipi del busto grequiano. La sobrietà del cretese, nelle opere di Saura, si trasforma in violento contrasto tra il bianco e il nero, evidenziato dall’espressività dei tratti

Alberto Giacometti -1901-1966- apprezzava la stilizzazione delle figure, sia in pittura che in scultura, dato che era l’unico modo quasi incorporeo per rappresentare l’essere umano; specialmente nei suoi ritratti, come Cabeza de hombre III (Diego), rivela una profonda affinità con El Greco attraverso una ripetuta frontalità degli stessi modelli. Il desiderio di Giacometti di copiare le opere del passato tramite dei disegni lo portò a trovare equilibrio e immediatezza, come nel suo ritratto Cardenal Quiroga [san Jerónimo]. In altre occasioni copiò disegni più sintetici attraverso degli schizzi, uno di questi rappresenta La dama del armiño, dove nel retro disegnò la presunta versione di Cézanne. Questo esempio mostra come Giacometti era interessato a copiare quadri, non solo di El Greco, ma anche di artisti moderni ispirati a lui. Oltre all’opera di Cézanne copiò il Retrato de Iturrino di André Derain, del suo periodo “gotico” o “bizantino”. Giacometti aveva riprodotto la pittura di El Greco e di Cézanne in un libro, dove

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sono confrontate entrambe immagini; questo ci rivela la sua ammirazione per Pollock per copiare le immagini, partendo dalle riproduzioni: le copie avevano una grande importanza e già dalla sua infanzia sentiva il desiderio di riprodurre le immagini artistiche del passato che vedeva nei libri. Ogni artista vedeva la realtà attraverso le opere del passato, in modo tale che potesse inserire le figure allungate: tradizione che proveniva dall’arte bizantina, e che tramite El Greco e Tintoretto arrivava a Cézanne.

Anche Picasso, nei suoi ultimi anni, ritornò alle acqueforti, analizzando in maniera macroscopica la prima composizione in assoluto di El Greco, El entierro del Señor de Orgaz, ed alle immagini dei cavalieri, tema predominante in El caballero de la mano en el pecho.

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Picasso

Picasso, artista del Cubismo, fu uno di quei pittori che assorbì maggiormente l’influenza di El Greco, partendo dalla prima visita al Prado nell’estate del 1895, assieme a suo padre, il pittore José Ruiz Blasco. Insieme ebbero l’occasione di assistere alla mostra del cretese e di altri grandi maestri del museo; ma fu soltanto tra l’ottobre del 1897 e il giugno 1898 che Picasso colse l’opportunità di studiare approfonditamente i pittori del Prado, tra cui Velázquez e le “teste magnifiche” di El Greco.

L’artista realizzò alcune copie, così come rivela una testimonianza del suo amico Francisco Bernareggi, pittore argentino che era stato un discepolo di Picasso a Barcellona. La scelta di El Greco non piacque al padre di Pablo, il quale lo rimproverò dicendogli: “ Stai sbagliando strada!”.5

Copiò e parodiò il primo ed il più famoso quadro di El Greco: El entierro del señor de Orgaz. Il suo maestro José Moreno Carbonero, lo spinse a realizzare una parodia sostituendo le facce delle figure con quella dei maestri. Questo episodio ci dimostra che Picasso esegue le sue copie con spigliatezza, libertà e disinibizione davanti a un’opera di grande valore spirituale e ci permette di intuire come l’artista era molto più svincolato, rispetto ai suoi contemporanei, dalle influenze delle avanguardie. Il suo lato ironico e spesso burlesco lo portò ad eseguire altre opere come El caballero de la mano en el pecho, Retrato de un desconocido, Retrato de un desconocido al estilo del Greeco e Retrato de Ángel Fernández de Soto, mostrano con chiarezza la profonda influenza dell’artista. Importanti sono anche i disegni dove appare Santiago Rusiñol, disegnato e stilizzato alla maniera del Caballero de la mano en el pecho; lo stesso modello è presente anche in Personajes estilizados al estilo del Greco y otros croquis ,(fig. 6) interpretando mani e teste secondo lo stile di El Greco. La figura di El Greco non era solo importante nei disegni ma anche negli autoritratti come per esempio in Yo, El Greco, (fig. 7) il quale ci fa

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ricordare una sua dichiarazione del 1898, iscritta in un altro disegno: “Greco, Velázquez, ispirami!”.6

Più tardi, durante il suo periodo azzurro, –fase artisticamente più vicina a El Greco- testimonia la reale ed approfondita influenza di El Greco, così come dichiarò lo stesso Picasso in un suo commento:” Se le mie figure dell’epoca azzurra si allungano, probabilmente è grazie alla sua influenza”.7

La influenza del cretese è nota nella sua opera: Evocación. El entierro de Casagemas, dove l’artista rielabora “pittoricamente” i suoi sentimenti per la morte del suo amico; la scelta del soggetto ci induce a pensare al celebre quadro del Entierro del señor de Orgaz. La composizione è divisa in due parti: la parte superiore è occupata da nubi ed è considerata come la parte “vaporosa” e spirituale, mentre la parte inferiore esalta l’atmosfera mortuaria attraverso toni bianchi ed azzurri. Anche se l’opera di Pablo non è allo stesso livello artistico di El Greco, nonostante ciò era considerata oggetto di analisi critico-scientifica, comparandola alla Adoración del Nombre de Jesús, la quale divideva anch’essa il registro della composizione in due parti tramite nubi.

Dietro uno sfondo religioso, in realtà Picasso nasconde un significato sessuale, il quale ha il potere di trasformare nell’origine della morte di Casagemas, la frustrazione in liberazione. Il titolo originario Evocación, sembra che alluda ad uno specifico paradiso, dove attraverso figure nude si arriva alla rinnovazione della vita attraverso la maternità e la sublimazione, presente nel simbolismo del cavallo, il quale è vicino ad una donna che nasconde in parte il suo cavaliere. L’artista, realizzò la parte inferiore, attraverso uno studio preparatorio, il quale evoca scene di sofferenza del Cristo morto, come normalmente usava dipingerle nel secolo XVI e XIX.

Le varie tematiche grequiane portarono Picasso ad eseguire altre composizioni ed autoritratti come Mateu Fernández de Soto (fig.8) e il El viejo judío (fig.9).. In questi autoritratti attira maggiormente l’attenzione la monocromia e la sobrietà del fondo: le figure all’interno dell’opera sono isolate nello spazio monocromo azzurro, specialmente nel primo quadro lo sguardo diretto, frontale ed asimmetrico del noto personaggio, gli attribuiscono una intensità spirituale

6 Cit., di Picasso in El Greco y la pintura moderna, p. 148. 7 Ibidem, p. 155.

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straordinaria; mentre nel secondo le stilizzazioni delle figure diventano più malleabili grazie allo stesso sfondo monocromo. Anche nella scena delle Las dos hermanas, (fig.10) manifesta una versione spirituale speciale, forse dovuto all’origine di queste figure negli stabilimenti, tra ospedale e prigione di accoglienza delle prostitute di Saint Lazare, che visitò nel 1901 o 1902.

Lo scrittore Félicien Fagus, menzionava alcuni artisti spagnoli dotati di “temperamento” “individualità” e “discendenza”, i quali avrebbero potuto portare un vero rinnovo nel campo dell’arte; Fagus non citò Picasso ma aggiunse che quegli artisti ricordavano molto Goya, Zurbarán e Herrera e si chiedeva: “chi si trasformerà nel suo Greco?”8

; la risposta dei critici e scrittori appassionati di arte tra cui lo stesso Fagus è che consideravano El Greco il vero rinnovatore, capace di rompere i vecchi schemi e creare un nuovo stile. Più tardi, vennero segnalate le interpretazioni, concretizzate già da Cossío, che El Greco aveva trovato a Toledo la sua cultura, nonostante il suo passato da ebreo e da orientale, il quale assecondò la nascita di un nuovo stile. La sua condizione da “straniero” e la sua apertura mentale lo portarono ad essere favorevole agli scambi internazionali, così come Picasso: esiliato nel centro di Parigi, e nel quartiere cosmopolita di Montmartre, anch’egli era incline alla conoscenza di nuove tendenze e culture.

La raffinatezza ed la elegante gestualità nelle figure spirituali di Picasso, ci permette compararle con alcuni santi di El Greco; come le mani espressive della protagonista di La comida frugal,(fig.11) potrebbero relazionarsi con quelle di San Pedro y San Pablo ed il disegno di El Loco (fig.12) del 1904, con le distinte versioni di San Juan Bautista. Queste ultime opere appartengono già al periodo rosa, dove la influenza del cretese non era più così determinante come in quello azzurro. Una opera come La familia de acróbatas con un mono (fig.13) può essere rapportata con le diverse versioni della Sagrada familia (fig.14) di El Greco. Nel 1905 viene pubblicato il libricino di Miguel Utrillo, con cinquanta incisioni di Picasso, il quale utilizzò come punto di riferimento una tela di El Greco, San Martín y el mendigo, (fig.15) - ancora nella cappella di San José a Toledo-. La citata tela è stata comparata a El muchacho conducicendo un caballo, opera studiata da Picasso attraverso una fase preparatoria ad acquarello, Caballo y

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muchacho vestido de azul, (fig.16) copia del Abrevedero, soprattutto del Muchacho desnudo a caballo, (fig.17) ad olio, i quali indicano sintesi plastica. Un altro quadro della cappella di San José è San José y el Niño, (fig.18) dell’altare centrale, punto di riferimento del Estudio para los campesinos (fig.19).

Picasso, nel 1907, con l’opera Las señoritas de Aviñón, (fig. 20) ispirandosi al quadro del Greco, La visión de San Juan, (fig. 21) introdusse un modo di pitturare totalmente nuovo: entrambe le opere presentano figure femminili nude e monumentali, rappresentate con le braccia piegate sulla testa o rivolte verso l’alto, le quali occupano gran parte dell’altezza delle tele. Il parallelismo delle due composizioni, inoltre, consiste nella presenza di una figura inginocchiata di schiena rivolta verso destra con stilizzazioni anatomiche rigide e “spezzate” ma soprattutto mostrano una concezione di spazio sottomessa ad una forte illuminazione autonoma.

Lo sviluppo del Cubismo di Picasso, riguarda principalmente la divisione dello spazio ed il senso di costruzione in grandi piani, propri del Greco. Nel 1908, durante la sua prima tappa, il quadro Desnudo recostado con personaje, (fig. 22) le figure evocano anche esse quelle della Visión de San Juan. Nel 1909 Picasso volle viaggiare nuovamente a Toledo per ammirare una sua opera e in una lettera ai fratelli Stein scriveva: “mi piacerebbe molto andare lì, è già da tanto tempo che voglio vedere di nuovo El Greco a Toledo e a Madrid”.9 Nella primavera del 1910, durante il passaggio al Cubismo analitico, -cioè procedendo ad una moltiplicazione di piani- di Picasso, dipinse Mujer en un sillón (fig. 23) e Mujer sentada en un sillón (fig. 24). Il primo deriva dalla collezione di Vincenc Kramář, che lo comprò da Vollard nel 1911: questo importante collezionista ceco fu ammiratore del cretese e dell’arte manierista, visse a Parigi e fu alunno di Franz Wickhoff a Vienna ed assistente di Max Dvorak. Viaggiò in Spagna nel 1912 per conoscere più da vicino la sua pittura, vedendo in lui “un’armonia immensamente aristocratica” ed acquisì più tardi una sua opera, La cabeza de Cristo, la quale la relazionò con quella di Picasso. La suddetta composizione ha fatto molto pensare all’ Expolio, per la propagazione interna della luce e per la sua monumentalità, ed

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è stata comparata con la Mujer sentada en un sillón che rivela una severa frontalità alla maniera di Cézanne ma soprattutto con quella di El Greco.

Picasso nel quadro Retrato de Jaume Sabartés con gorguera y sombrero, (fig. 25) manifesta note sarcastiche dove il procedimento cubista presenta la distorsione del viso senza schiacciare nessun angolo della gorgiera e del cappello. Verso gli anni Venti, il suo interesse per El Greco era diminuito ed anche se gli piaceva molto la sua pittura incominciò a preoccuparsi di più per Velázquez. Nonostante questa diminuzione, chiese a Otero: “Cosa vedono tutti in Velázquez oggi giorno?” e rispose: “Preferisco mille volte El Greco”.10

Nel 1947, incise venti poemi di un testo di Góngora: Al sepulcro de Dominico Greco. Illustrò incisioni indipendenti, dove tra queste, spicca una inedita, la quale viene considerata il ritratto di El Greco. Conosceva molto bene la sua tecnica, così come aveva rivelato a Françoise Gilot, dopo aver visitato Matisse e per comunicare la sua differenza stilistica con quella dell’artista francese: “Uso il linguaggio della costruzione alla maniera tradizionale che usavano pittori come Tintoretto o El Greco, i quali dipingevano a camaïeu, e dopo una volta che il quadro era quasi terminato, gli aggiungevano velature rosse o azzurre, in modo tale che si notasse meglio e che a sua volta fosse più splendente”.11

Nel 1950, Picasso realizzò una opera, molto vicina tematicamente a El Greco, così come ci conferma il titolo dell’opera: Retrato de un pintor, según El Greco, (fig. 26) basato nel Retrato de un pintor (Jorge Manuel Theotocopoulos), (fig. 27) qui l’artista accentuò i toni scuri per evidenziare il nero, il colore spagnolo per eccellenza, così come il bianco, risalta dal suo contrasto, lo sfondo ed il vestito scuro.

Tra il 1957-59, Picasso aveva prodotto attraverso una sua fantasia artistica, -che avrebbe pubblicato più tardi nel 1969- una satira letteraria intitolata El entierro del conde de Orgaz, con un prologo poematico di Rafael Alberti. La citata opera presenta tredici incisioni, tra queste El entierro del conde de Orgaz, según Picasso, (fig.28) la quale rende patente la ironia e la burla del pittore: il corpo del conte defunto è rappresentato tramite la figura di un pollo arrosto e l’autoritratto di El Greco è diventato un grandissimo volto dagli occhi estasiati che assomiglia o

10 Cit., di Picasso, in El Greco y la pintura moderna, p. 169. 11 Ibidem p. 169.

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a Dio Padre o a Zeus, o addirittura allo stesso Picasso, mentre la figura femminile dietro che offre una coppa, sembra alludere alla Vergine Maria. Nel Retrato-bufo de uno de los personajes del Entierro del señor de Orgaz que llora, (fig. 29) vuole manifestare una duplice concezione della incisione, cioè, una visione sarcastica e contemporaneamente malinconica, distintivo che appare frequentemente nei suoi mosqueteros dell’ultimo periodo. Il modello di riferimento iconografico dei mosqueteros è il celeberrimo quadro El caballero de la mano en el pecho, dove l’artista lo ripropone in chiave malinconico-burlesca.

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El entierro del Conde de Orgaz:

la situazione artistica e come fu commissionato

El Greco, il 18 marzo 1586, stipulò il contratto per eseguire El entierro del Conde de Orgaz, (fig. 30) ed era già una decina di anni che viveva in Spagna dopo un breve soggiorno in Italia. Nonostante il suo eccentrico ed arrogante temperamento che lo portò a raggiungere un elevato virtuosismo, raggiunse a Toledo la piena maturità compositiva ed artistica.

La commissione del dipinto dalla chiesa toledana di Santo Tomé, fu concomitante con altri importanti episodi della sua vita. Uno dei più importanti fu nel 1567 quando lasciò Creta per trasferirsi a Venezia, città significativa per i suoi cambiamenti personali ed artistici; arrivò in Spagna nel 1577 dove la sua permanenza si distingue per due fondamentali periodi: il primo riguarda la sua posizione guadagnata a Corte, mentre la seconda denota il mancato approva mento reale per il Martirio de San Mauricio, commissionato da Filippo II e completato nel 1582 per il monastero dell’ Escorial. Ebbe una rilevante reputazione a Toledo e ricevette diverse commissioni tra cui una serie di opere per la chiesa di Santo Domingo el Antiguo.

Il parroco della chiesa di Santo Tomé, Andrés Núñez di Madrid, decise di decorare la cappella accogliente la tomba di Don Gonzalo Ruiz di Toledo, Conte di Orgaz, mecenate della chiesa, con una ampia tela, commemorando il leggendario miracolo ed immortalando le esequie funerarie del magnate castigliano. Diversi avvenimenti ci portano alla commissione del noto quadro ma il più importante è la scoperta di una causa civile comprata nel 1564 dal noto parroco di Santo Tomé, dove dichiara che gli abitanti di Orgaz si sarebbero dovuti impegnare, secondo la volontà di Don Gonzalo, a pagare una certa indennità di danaro al parroco, ai ministri ed ai poveri della chiesa. In realtà, tale premessa non fu mai mantenuta dai cittadini, e la chiesa toledana fu finanziata nel 1569, dalla

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Cancelleria di Valladolid. Queste condizioni sono registrate in un epitaffio in latino ai piedi del quadro El entierro del Conde de Orgaz. La scritta di indiscutibile interesse riporta le seguenti parole:12

Dedicato ai santi benefattori ed alla fede. Anche se sei di fretta, fermati un momento, oh viaggiatore, e ascolta in poche parole un vecchio racconto della nostra città. Don Gonzalo Ruiz di Toledo, Conte della villa di Orgaz, protonotario di Castiglia, tra le tante testimonianze della sua fede ha fatto sì che il suo affare per quanto concerne questa chiesa di Tommaso Apostolo, dove desiderò essere sepolto, ma che un tempo era impoverita e magra, fosse restaurata e ingrandita a sue spese; e fece diverse offerte, sia in argento che in oro. Quando i sacerdoti stavano preparando la sua sepoltura –magnifica e straordinaria da contemplare!- S. Stefano e S. Agostino discesero dal paradiso e lo seppellirono qui con le loro stesse mani. Il perché questi santi intrapresero questo gesto richiederebbe un pò di tempo per spiegarlo, se i santi fratelli dell’ordine di S. Agostino hanno tempo. Il procedimento è breve. Il Nostro Signore morì nell’anno 1312. Hai ascoltato la gratitudine di questi che dimorano il paradiso. Adesso presta ascolto alla incostanza dei mortali. Si dice che Gonzalo lasciò una causa civile prima della sua morte, dove gli abitanti di Orgaz avrebbero dovuto corrispondere ogni anno le seguenti quantità stabilite, al parroco e ai ministri della chiesa ed ai poveri della parrocchia 2 montoni, 16 galline, 2 otri di vino, 2 carichi di legna e 800 monete chiamate maravedis. Per due anni rifiutarono di pagare tale caritatevole contribuzione, sperando che col tempo questa obbligazione fosse stata dimenticata. Nell’anno 1570, la Cancelleria di Valladolid rafforzò l’atto esecutorio, il caso fu vigorosamente riconosciuto da André Núñez di Madrid, parroco della chiesa, e dal suo assistente Pedro Ruiz Durón.

Questo testo infatti riporta le più considerevoli informazioni riguardo al miracolo e agli eventi della causa civile, commemorati nel dipinto. Assieme all’entusiasmo ed alla audacia richiesta per portare a buon esito la cosiddetta querela -¡Dios te dé pleitos y lo ganes! [Il mio Dio che ti invii la causa civile e che la vinca!], Andrés Núñez parroco della chiesa, tentò di migliorare le condizioni storico-artistche della chiesa ad honorem di Don Gonzalo Ruiz, commissionando l’evento miracoloso “soprannaturale” ad El Greco, ed ottenne l’approvazione episcopale di

12 Traduzione del epitaffio in latino del Entierro del Conde de Orgaz, in F. Calvo Serraler, El

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questo misterioso prodigio concretizzandolo in tela. Prima di esaminare dettagliatamente il quadro, prendiamo in considerazione per un momento Don Gonzalo Ruiz di Toledo, Signore di Orgaz. La chiesa di S. Tomé dipende ancora da questo testamento. La data riportata nell’epitaffio deve essere corretta: il Signore di Orgaz morì nel 1323, ma l’evento miracoloso avvenne in realtà nel 1327, quando fu trasferito dal monastero di S. Agostino alla chiesa di S. Tomé. Manuel Bartolomé Cossío pubblicò nel 1908 una trascrizione del celebre benefattore nobile e del suo evento che lo hanno reso famoso. Cossío seguì le informazioni estratte in un manoscritto del 1612, Apuntamientos, di Francesco da Pisa, il quale a sua volta ricavò tali fonti da una edizione toledana del 1588 di Alonso de Villegas Extravagancias, ed unì queste importanti risorse, come la storia di Toledo e le Crónicas de la Orden de San Agustín. Siamo informati che Don Gonzalo de Ruiz fu discendente di Don Esteban Illán, il quale discende da Don Pedro Paleólogo, terzo figlio dell’ Imperatore di Costantinopoli -questi discendenti includono i duchi di Alba ed i conti di Oropesa e di Orgaz-, era nativo di Toledo, Signore della città di Orgaz e Pronotario o Cancelliere di Castiglia. Comunque, nonostante le illustrazioni del suo nobile lignaggio e la sua elevata posizione, il Signore era un grande benefattore e lasciò come testimonianza della sua fede e della sua grazia, delle opere per la chiesa: nel 1300 ordinò che fosse restaurata e ingrandita la chiesa di S. Tomé a sue spese:13

Nel 1312 [I resoconti di Cossío continuano] alcuni monaci dell’ordine di S. Agostino un tempo erano residenti, grazie al favore del Re Alfonso il Saggio, nella chiesa di S. Stefano sulle rive del Tago fuori dalle mura della città, dove non erano in grado di lasciare questo luogo, che era diventato insalubre. Ma grazie all’influenza benefica di Don Gonzalo, della Regina María de Molina, moglie di Sancho il Coraggioso, gli lasciarono case ed il palazzo reale di cui la regina era proprietaria a Toledo. E questa fu la volontà del Signore di Orgaz, dove la nuova chiesa, come quella che i monaci lasciarono, dovrebbe essere stata chiamata S. Stefano, per la semplice ragione che il glorioso protomartire e S. Agostino onorarono lui e la sua sepoltura nel 1323, nella seguente maniera: il servo di Dio, durante la sua vita si occupò ed adempì lui stesso alle attività ecclesiastiche, in conseguenza alla sua santa morte. Il suo corpo fu preso e sepolto nella chiesa di

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S. Tomé, realizzata da lui stesso, e fu collocato nella parte centrale della chiesa con i suoi oneri in presenza di tutti i nobili della città, i sacerdoti affermarono che quando trasportarono il corpo fino alla tomba, videro due gloriosi santi, S. Stefano il primo martire e S. Agostino, evidentemente e naturalmente discesero dall’alto, con volti e vestiti che ognuno potrebbe riconoscere, e raggiunsero il corpo, lo trasportarono alla tomba, dove in presenza di tutti gli astanti dissero: “Ecco questa è la ricompensa di coloro che servono Dio e i suoi santi”, e poi scomparvero, lasciando la chiesa intensa di fragranza e di aromi celestiali…

Inoltre Don Gonzalo chiese di essere sepolto in una posizione umile a destra dell’entrata, accanto alla porta occidentale. Questo è il luogo della cappella restaurata e ingrandita secoli dopo dal parroco di S. Tomé, Andrés Núñez, il quale commissionò il quadro a El Greco. Continua la descrizione di Cossío:14

Il dipinto eseguito è una delle eccellenti opere in tutta la Spagna ed il suo costo è di 1,200 ducati, e non include la incorniciatura. È particolarmente ammirata dagli stranieri i quali sono venuti per visitarla, mentre gli abitanti della città non si stancarono mai della opera ma scoprirono sempre nuovi oggetti da contemplare nel quadro, perché possiede veramente dei realistici ritratti di nobili famosi dei nostri tempi. Questo fu il lavoro del pittore Dominico de Theotocapuli, nativo di Grecia.

Questa è la storia del Signore di Orgaz e della sua miracolosa sepoltura di cui Alvar Gómez de Castro descrisse e spiegò nell’epitaffio. Prima di passare alle prossime disposizioni spieghiamo il tema della rappresentazione di El Greco partendo dalla stipulazione del contratto, datato 18 marzo 1586, di particolare interesse, sopratutto per quanto riguarda il contenuto:15

14 Cit., di Cossío, in F. Calvo Serraler, El Greco: The burial of Count of Orgaz, p. 9.

15 Descrizione della cerimonia funeraria del Signore di Orgaz nella stipulazione del contratto di El Greco in F. Calvo Serraler, El Greco: The burial of Count of Orgaz, p. 9.

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Una processione mostra un sacerdote ed altre divintà e spiega le mansioni per la sepoltura di Don Gonzalo…e S. Agostino e S. Stefano discesero dal cielo per seppellire il corpo del cavaliere, un santo tenendogli la testa e l’altro i piedi, posizionandolo nella tomba, circondato da una miriade di persone che guardano e al disopra di lui il cielo lo accoglie in gloria.

Nonostante queste ripetitive annotazioni, è essenziale ricordare l’abbondanza dei dettagli iconografici, i quali specificano non solo le figure rappresentate, ma anche come dovrebbero essere dipinte. L’ultima nota, riguardo alle immagini sacre, è di fondamentale importanza, ed è stata oggetto di discussione all’interno del Concilio di Trento, spirito della dottrina della Contro-Riforma. Le seguenti figure del quadro composte da El Greco seguono le vigenti regole artistico-compositive. Chiaramente la tela in seguito presenterà anche un significato visuale della storia stipulata; destinata ad essere posizionata al di sopra della tomba, il dipinto lascia uno spazio sotto per un epigrafe dove è presente il popolare epitaffio in latino. Le difficoltà nel dipinto sono considerevoli: le misure della tela non sono di piccole dimensioni –all’incirca cinque metri di altezza e tre e mezzo di larghezza-, la parte superiore è modellata da un arco semicircolare.

Con questi fattori legati assieme alla sua difficoltà, si guadagna il rispetto degli artisti così come una brillante reputazione tra i mecenati, spiegando e negoziando l’alto valore della sua opera. Due artisti, Luis de Velasco e un certo Hernando, valutarono l’opera una elevata somma di 1,200 ducati. Inizialmente furono sconcertati da tale valutazione ma l’uomo d’affari, sacerdote di S. Tomé, senza avere idea di che fosse precisamente, cercò di contrattarlo ad una somma più bassa. In seguito dovette far fronte ad una seconda stima, questa volta da parte di Hernando de Ávila e Blas del Prado, i quali valutarono la tela ad un prezzo molto più alto, ossia, di 1,600 ducati; incominciò una disputa da ambedue le parti ed il risultato finale fu l’approvazione della prima cifra. La querelle ci porta qualcosa di veramente interessante riguardo alla personalità di El Greco e ad una osservazione macroscopica dello status sociale degli artisti spagnoli di questo

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ultimo periodo. Il cretese vendeva le sue opere ad un alto prezzo ed era un grande difensore dei propri diritti, cioè desiderava che l’artista spagnolo guadagnasse un elevato riconoscimento di valore delle sue opere. Certamente i suoi contemporanei non rifiutarono questa congettura ed il ruolo che doveva ricoprire l’artista. Riferito a ciò, lo scrittore e pittore di corte, Antonio Palomino, discusse questa massima nel primo volume del solenne saggio Museo pictórico y Escala Óptica:16

Nel secondo rango della nobiltà, i titoli sanzionati dal tribunale, e lo status del Dipinto erano decisamente riconosciuti. La prima occasione (come ho potuto constatare) che portò fortuna, e richiese giustizia, fu quando la tassa ufficiale di Illescas reclamò che Dominico Greco, il famoso pittore, avrebbe dovuto pagare una imposta [alcabala] sul dipinto e sulle sculture per l’altare della cappella della Nostra Signora della Carità della suddetta parrocchia (perfino il dipinto dell’altare e e la chiesa realizzate da lui), ed essendosi difeso realizzò e assolse la richiesta dal Consiglio del Tesoro e delle Finanze ( Real Consejo de Hacienda). Il dipinto fu dichiarato esente dalle tasse, dalla virtù della sua eccellenza, e perpetuità. Questo successe intorno al 1600. E questa sentenza fu citata nei procedimenti del prossimo saggio; e questo è stato menzionato da Carduchi, come registra Butrón, e l’avvocato Ríos nella sue Noticias de Artes

Cause civili, dissensi e confronti esorbitavano nella vita di El Greco –persino il caso descritto da Palomino quando si scontrò contro il Consiglio del Tesoro e delle Finanze-. Il suo forte e combattivo temperamento fu punto di riferimento di migliaia di artisti spagnoli, i quali riconobbero lo status liberale dell’artista: le implicazioni di questo stato andavano oltre la rigida gerarchia della società feudale spagnola. Per potere comprendere questo, dovremmo considerare le varie conseguenze degli obblighi dello Stato, e di ogni legale riconoscimento del liberale status della professione: erano esenti sia le imposte conosciute come alcabala e la quinta -tassa militare-, così come le obbligazioni che fecero parte nelle consuete e numerose attività pubbliche di corporazioni di arte di quel

16 Cit., di A. Palomino, nel suo saggio artistico, Museo Pictórico y Escala Óptica,, in F. Calvo Serraler, El Greco: The burial of Count of Orgaz, p. 10.

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periodo. Lo status di El Greco non lo possiamo spiegare in termini di personalità, ma fu essenziale la sua educazione umanistica appresa dai maestri italiani che lo portarono a rifiutare atteggiamenti anacronistici prevalenti in Spagna. La pubblicazione dei documenti di Zarco del Valle riferiti alle cause civili menzionate dal cretese contro la cattedrale di Toledo sono molto più informativi e rivelano in particolare la dichiarazione di esperti artisti:17

Dichiarano secondo la loro opinione, della ragione della misura dell’arte delle Sacre Scritture di tale dipinto e della storia che racchiude, che il merito è talmente grande che va oltre il prezzo e la stima, ma in vista della miseria dei nostri tempi e il valore di queste opere oggigiorno, per il lavoro e la occupazione e la industria ed il costo ed il tempo speso, 900 ducati…[dovrebbero essere pagati] al suddetto Dominico.

Ritornando alla valutazione del Entierro del Conde de Orgaz, El Greco fece appello alle autorità, ed inoltre, quando finalmente accettò il pagamento della prima valutazione, cioè quello più basso di 1,200 ducati, disse di essere d’accordo “di aver fatto questo e di aver evitato le cause civili, e di aver diviso se stesso con ulteriori costi e spese”.18

Mantenne con costanza e tenacia la sua convinzione che l’artista poteva soltanto diventare ricco accumulando le sue opere e mai venderle ad un prezzo basso.

17 Dichiarazione iscritta nei documenti pubblicati da Zarco del Valle, in F. Calvo Serraler, El

Greco: The burial of Count of Orgaz, p. 11.

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La struttura artistica

El Greco eseguì il quadro tra il 1586-88: inizialmente lo divise in due sezioni ereditando e seguendo fedelmente le varie clausole del contratto. La dottrina della Contro-Riforma, in effetti, prevedeva e pretendeva che fossero rispettati certi dogmi sulle immagini sacre riguardo alla esaltazione degli atti della carità specificando il ruolo fondamentale di ogni Santo ed intercessore, considerati il tema centrale del entierro.

In realtà questo dipinto, fu oggetto di critica e disputa da parte di moralisti e critici di arte della Contro-Riforma i quali tacciarono il quadro di anacronismo. Il cretese difendendosi affermò che l’unico anacronismo presente all’interno della composizione consisteva nella presenza di figure che indossavano accessori contemporanei in un evento che successe nel passato. Comunque più tardi nel 1633, i fedeli di tale dottrina, mostrarono che queste obiezioni non furono prese seriamente in considerazione.

Secondo le condizioni del contratto, El Greco divise il dipinto in due parti distinte. La parte bassa rappresenta l’evento terreno con tutta la disposizione di umanisti e sacerdoti, mentre la parte alta ci mostra una scena disegnata nella più assoluta libertà, dove angeli e santi con gli sguardi rivolti verso il Cielo, lasciano libera interpretazione all’osservatore. Il contrasto tra queste due parti costituisce l’asse fondamentale di questa struttura artistica che lo ha reso una opera d’arte. Un primo elemento è stato analizzato ma ci sono altri indizi che ci portano ad osservare in maniera più dettagliata le fonti di ispirazione dell’artista e quali cambi artistici apportò all’interno della Spagna manierista, partendo dallo sfondo bizantino. Lo sfondo “alla maniera bizantina” oltre all’influenza di artisti italiani richiamò l’attenzione di molti pittori ed intellettuali europei. Secondo Gómez

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Moreno l’originalità di questo quadro non si basa solo su un ritorno al realismo di Giotto o di Frà Angelico ma è anche comparabile ai temi dei suoi contemporanei come Raffaello, Tiziano o Tintoretto. Ogni elemento ha lo scopo di intensificare e di innalzare la mistica spiritualità. Wethey dichiarò che i vari elementi della composizione appartengono alla stessa tradizione del revivalismo medievale che ispirò certi artisti del tardo Manierismo, in particolare Zuccaro. Le osservazioni di El Greco, nelle Vite del Vasari, confermano queste ipotesi e vengono rafforzate da Moreno nella sua descrizione riguardo alla normalità della parte terrena e a quella celeste:19

Ha composto la scena con un apparente normalità che sembra includere il miracolo, arrivando alla soluzione che il soprannaturale era dovuto dal contatto dell’umano col l’umano, e dal contrasto, col celestiale, liberamente esaltato.

Questi contemporanei parallelismi sono difficili da trovare nella straordinaria struttura assomigliante ad un arco ogivale, il quale è formato da figure e da un Cristo trionfante fiancheggiato dalla Madonna e da S. Giovanni Battista. All’interno dell’ arco, le nuvole si aprono come un padiglione, proteggendo la fila dei personaggi di sotto. Nonostante la diversità del periodo e del luogo, le due sezioni, in realtà, evocano armonia e sintesi, aspetti che ci ricordano la Madonna della Misericordia di Piero della Francesca. In questo famoso capolavoro, la Vergine tende le braccia e all’interno del suo manto accoglie otto figure disposte in due gruppi simmetrici. Qui possiamo vedere la stessa mescolanza di intensità e riservatezza di cada figura che testimonia l’evento e rende unici e compatti i due gruppi.

El entierro del Conde de Orgaz, raccoglie l’aspetto irrazionale del Manierismo spagnolo come Wethey ci ha ricordato ed El Greco mostra i suoi personaggi

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solitari, riservati e semplicemente avvicinati, rompendo, dove è possibile, con i modelli italiani.

Cossío, fu il primo a scoprirlo ed a mettere in luce l’originalità della composizione:20

Trenta figure sono completamente autosufficienti nella scena: queste nello sfondo sono raggruppate in maniera compatta, e quelle in primo piano sono disposte con un certo metodo, non possono essere ammirate nel loro minimo dettaglio perché deve essere identificato il luogo dove avvenne il miracolo. Queste figure sono infatti trenta ritratti senza sfondo, una disposizione nuova di questo periodo ed allo stesso tempo è una delle più inevitabili e rare da incontrare nelle opere odierne. Tale schema focalizza la sua attenzione soltanto sull’essere umano il quale raggiunge il suo apogeo in questo quadro, indicando persino il piccolo globo della terra sotto i piedi di Gesù nell’ Espolio scomparso nel Entierro, La immagine non solo non è stata visualizzata chiaramente, ma inoltre, e fortunatamente, è stata considerata e composta. Questo accordo di tersa semplicità, di nuda sincerità e di armonico equilibrio potrebbe essere conseguito solo da un lungo periodo di gestazione nella mente dell’artista. Mentre le figure sono integralmente naturalistiche e contemporanee, non c’è nella composizione segno di formule classiche e neanche di accorgimenti ridondanti. Lo studioso desidera avere una chiara comprensione del contrasto estremo tra el

entierro e i dipinti di questo periodo, e le importanti innovazioni che ha apportato, comparato solo

con le grandi opere di questo secolo. Specialmente appropriato per i propositi di questa analisi dovrebbe essere un lavoro simile in valore e soggetto-materia per le tele Toledane, come il

Miracolo di San Marco di Tintoretto per esempio, che ha esercitato una certa influenza su El

Greco durante la sua formazione…C’è qualcosa in questa composizione [Cossío si riferisce alla parte bassa del dipinto] che assomiglia alla incessante mobilità, violenza, e teatralità dei dipinti italiani dopo Perugino e Bellini? Con le opere dei primi artisti, comunque, le similarità possono essere trovate –più notevolmente nella sua chiara presentazione, calma dignità, distribuzione simmetrica dei volumi, sincerità realistica e calcolata monotonia-. Un tempo senza arte e naturalezza, ora più intenzionale, queste qualità sono inseparabili dalla completa resa degli artisti alla spontanea diffusione del naturale.

Dopo un centinaio di anni, nonostante le numerose ricerche dedicate al entierro, gli elementi analizzati da Cossío sembrano oggi discussi. Gli esperti hanno esaminato, in particolare, le influenze e connessioni specifiche tra posture e personaggi. Un esempio potrebbe essere dimostrato dalle figure in primo piano

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formate da S. Stefano, S. Agostino e dal Signore di Orgaz il quale è stato associato alla Sepoltura del Cristo di Tiziano. Comunque certi accorgimenti richiedono meno interesse, come le varie pennellate eseguite leggermente al centro del quadro e nel gruppo di figure in primo piano a sinistra, le quali formano una diagonale, dinamicamente collegata a elementi romboidali, modellati dalle figure di Cristo, della Vergine, Giovanni Battista e dall’ angelo che reggono l’anima del conte.

Questa ellittica configurazione, nella parte celeste, crea uno straordinario senso di movimento con un’atmosfera di calma e allo stesso tempo solenne la quale comprime e separa le figure della parte terrestre dove avviene il miracolo. Inoltre è stato osservato che il semicerchio delle figure terrestri danno vita a una specie di solida barriera attorno all’evento soprannaturale.

El Greco ha voluto separare e differenziare le due sezioni del dipinto, cercando contemporaneamente di sintetizzarle ed armonizzarle, ed è proprio questo che rende il quadro unico ed originale. Sebbene la parte terrena sia stata molto criticata, le è stata prestata poca attenzione, nonostante la metodica disposizione delle figure e la loro straordinaria esecuzione della teste – la testa era una caratteristica efficace di El Greco-.

Le forze dinamiche di cui abbiamo parlato prima, sono progressive e frenetiche diventando sempre più convulse e caotiche verso la parte sovrastante del dipinto. Tale natura è stata menzionata da Manuel Gómez Moreno, interpretando el entierro come una specie di poema melodico in tre movimenti. Qui vengono riportate le sue parole:21

El entierro è stato tradotto come un tipo di poema sinfonico in tre movimenti…: Primo la

cerimonia funebre con la sua solennità, ritmo equilibrato; cantando doveri, preghiere. Improvvisamente l’intervento miracoloso, silenzioso, come in un sogno; cadiamo in un meditativo trance; una apparente normalità porta in contatto entrambe le fasi. Ma nel mondo degli spiriti le melodie della resurrezione possono essere ascoltate; il tribunale di Dio riceverà l’anima virtuosa del Signore di Orgaz, libera dal suo vestiario materiale. Tra questo e le sue prime scene configura

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gli abissi del soprannaturale. Il tono dominante raggiunge la sua più grande intensità e una emozione permea all’interno dove può essere solo espressa in puro contrasto col terrenale: luci, colori, forme, sebbene confidino necessariamente sul materiale, devono essere estreme in modo tale da trasportarci di fronte all’immateriale.. El Greco, pensatore e maestro di una tavolozza straordinariamente virtuosa, sente la sua idea in tutta la sua magnificenza, e mentre la sezione bassa è controllata da un perfetto bilancio, la parte alta chiama irresistibili disaccordi, risvegliando le più grandi emozioni. Questo intese e questo fece. Invece di accarezzare melodie andò incontro a stonate melodie; non rimane molto da dire.

Questa bellissima descrizione poetica della successione dei ritmi di Gómez Moreno ed il cambio della progressione musicale a partire dalla parte celeste, spiega la analogia tra colore e musica. Moreno seguiva la linea di interpretazione suggerita da Cossío basandosi sulle due parti contrastanti del dipinto. Analizzò l’equilibrio concettuale che regolava ogni sezione assieme a vari usi e contrasti del colore. Le sue conclusioni riguardo al colore non possono essere disputate, il quale era ritenuto per El Greco l’aspetto fondamentale della pittura.

Non furono le combinazioni dei colori esotici e la loro freddezza ad attrarre i contemporanei ma la sintesi e l’unità tra le due parti del entierro. Questo fattore ebbe un significato particolare durante la metà del 1580: El Greco andava già oltre le preoccupazioni degli aspetti volumetrici del dipinto: fiero, stravagante e totalmente avvolto nella sua profonda crisi personale, rispondeva alla sua crisi con vigore e talento originale ed allo stesso tempo da una posizione di isolamento e stravaganza. Con molta probabilità la radice della sua incomprensione pittorico-linguistica è dovuta alla sua sofferenza e sensibilità; era un neoplatonico, permeabile alla religione della Contro-Riforma, ammirava il rigore manierista e i capolavori di Michelangelo, mescolando l’arcaico col futuristico.

Riassumendo, l’unità o sintesi stabilita tra le due parti contrastanti del entierro corrisponde alla dicotomia tra naturale (terrena-materiale) e soprannaturale (celestiale-soprannaturale). La parte in basso è orizzontale con un grande schieramento di figure convenienti alla cerimonia funebre dell’importante nobile; in alto, l’enfasi della scena paradisiaca è padroneggiata da un “triangolo” con la immagine di Cristo trionfante. Altri effetti pittorici meritano analisi: per esempio,

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