M E ESIMI CITTADINI SALERNITANI
(FRANCESCO CONFORTI - MATTEO GALDI)
SALERNO
STAB. TIP. FRATELLI JOVANE
1904
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
S ALERNO BIBLIOTECA V f t
-ìll.se
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VOL.Avv. C A R M I N E Z O T T O L I
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DUE ESIMI CIETADINI SALE
(FRANCESCO CONFORTI-MATTEO
SALERNO
(D iscorso pronunziato la sera del dì 11 A prile 1 8 9 8 nella grande Sala del Casino Sociale di S alerno)
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eep eep o etrrjic®(§h,mo éProf. Giuseppe Taormina
Per la fastidiosissima infermità che ornai da tre per fetti mesi mi tien tappato in casa, io da non guari molti dì venni a sapere, che per il mese venturo una solenne civile festa qui preparatasi, volendosi porre nella città una lapida ( e ancora non sò dove ) che meglio che con le i- storie, che più non si leggono, tramandi con perpetuità ai posteri, la mercè di visibile marmoreccia epigrafe, il nome e la gloria di quel rinomatissimo nostro A b a t e F r a n c e s c o C o n f o r t i , che nel primordio del passato secolo, come tutti
qui sanno, per le politiche sue opinioni fu in Napoli sì ne- fariamente e ignobilmente martirizzato.
Bensì mi fu contemporaneamente riferito, che quella garrula marmaglia, che in ogni paese oggidì abbonda, e di cui qui certamente non è difetto, la quale, pur nulla sa pendo, di tutto e di tutti incessantemente e audacemente sparla e si fa beffe, non sì tosto quel divisamento fu divul
gato, subito, secondo suo uso, ne avea tolto argomento a vituperar questo paese, e tutti nostrali abitatori, che in tanti anni nessuna commemorazione avean fatta di quel sì illustre nostro compaesano, che fu certamente dottissimo, nonché esemplare in tutte virtù, che in sacerdote e cittadino possono desiderarsi.
Voi invece gentilmente ricordaste, che sotto il dì 11
Aprile dell’anno 1898, nel grande splendido salone del no nostro Casino Sociale fu fatta da me una Conferenza dal titolo: Di due esimi cittadini, che in su lo scorcio del de
cimo ottavo, e al cominciar di questo dechinante secolo, la città di Salerno sommamente illustrarono; — e che i
due grandi da vie commemorati ei precisamente furono il Matteo Galdi, e l’Abate Francesco Conforti: — nè vi parve, che quella mia conferenza potesse essere qui stata sì vicina mente obbliata, posciachè erano intervenute a udirla cen- toventisei Signore, che le furono esattamente numerate, e gentiluomini in proporzione, che vuol dire per lo meno il
doppio.
I l perchè voi, venutomi cortesememente a visitare, a- gevolmente mi faceste persuaso, che avrei ben fatto, se quella Conferenza l'avessi presentemente pubblicata nelle stampe, e spezialmente, se avessi lasciato, che il ricavo di tutte co pie, che ne venissero per avventura vendute, fosse speso per la lapide, cioè per accrescerne l'appariscenza e l’ornatezza.
Io, accettata la proposta a bocca baciata, non la m i feci ripetere: disortechè, trovato lestamente il manoscritto, non mutatane sillaba, e nemmen rilettolo, ora senza p iù a voi lo mando, dicendovi solamente, che pagherò le spese di stampa non sì tosto le mi avrete indicate.
Perchè io così intendo di contribuire, in qualchesia misura, moralmente e materialmente al maggior decoro della città, e dare a voi una pruova di mia amistà, nonché della grande stima, che sentitamente vi professa il
vostro dev.mo ed aff.m0 Ca r m i n e Z o t t o l i
(Retitifigline Sicjiiote
S i a n o t i o iu a h jò u m !
Alcuni, e molti ancora, lamentano, che il sapere de’ dotti si è piegato oggidì, e con soverchia forse docilità, a servire le fabbrili arti, ed a blandire la ec cessiva vog lia delle agiatezze, e il generale intento dell’ infinito tesaurizzare. Però come potrebbesi mai non plaudire allo effetto, che n ’ è uscito, cioè di v e dere le genti, dalle quali ci separa il grande oceano, e poste, per m o ’ di dire, ai confini del mondo, così ora a noi avvicinarsi, che tutte sembrano litorane del nostro mediterraneo, — e le merci, le armi, le lettere nostre, anzi le intere popolazioni, penetrare in mezzo ad esse più agevolmente, e assai più presto, che un dì non facevano le colonie doresi e le latine, quando
si traghettavano di Mileto ad Atene, o di Pompeja a R o m a ?
L a on d e gli affari, che si usa chiamare industriali, esaltano o gg id ì tutte fantasie, e gli animi tormentano, perchè vi ha dovunque, e financo io credo nell’ aria, una cupidità insaziabile di ricchezze, un amor febbrile di arrisicate imprese, di accomandite, di locomotive, di piroscafi e battelli, di tutto insomma che offra rischi e mezzi di rapida fortuna, affrontando i pericoli senza volerli misurare, e sfidando fin le catastrofi più sfor- tunevoli e subitane.
Indi è, che col crescere a dismisura la copia delle venali e usabili produzioni, e col permutarle e navigarle da un capo all’ altro del mondo, così get- tansi oggidì le fondamenta prime della emancipazion morale e vera delle moltitudini, — se lor contempo raneamente amministrisi quella porzion dello scibile, che più comunemente giova, ossia, non quella, che nell’ intelletto di pochissimi si aduna, e più o gn or si sublima, ma quell’ altra men sustanziosa e più sminuz zata, che affrancale di funesti errori, e lor somministra le nozioni, delle quali cotidiano e indispensabile han bisogno.
Ma di quanto non è uopo a ciò studio e lavoro? — Tuttavia il lavoro, diciamoci apertamente il vero, in queste meridionali provincie è quasi una violenza. Il carattere del popolo, le sue tradizioni, 1’ indole della
sua vita, la sobrietà, la parsimonia, cui è accostumato, la mitezza del clima, l ’ incanto del cielo, il fascino della natura, — tutto, tutto qui distoglie da un lavoro costante, intenso, seguitato, e sustanzialmente perciò profittevole.
E impertanto 1’ epoca nostra chiede altresì mani
e intelligenze pronte per la mischia, chè questo al certo non è il momento di respirare i profumi chè affievoliscono, bensì quello di fortificar le membra con 1’ olio degli atleti, perciocché tra la foga delle corrotte ambizioni, o delle ipocrite oltramontane tirannidi, onde siamo pur tanto oppressi, ognuno ignora quai pugne per 1’ avvenire ci si stien preparando.
Premesse queste idee, e come legittimo lor co rollario, io non mi perito di asseverar francamente, che di queste pubbliche Conferenze grandi benefizi in ogni luogo si possan trarre, se sieno ad uno d e ’ tre seguenti obbietti costantemente indirizzate. — i. A no- tiziare la moltiforme utilità del lavoro, e il progres sivo aggrandir d e ’ beni, che del sapere e dell’ industria incessantemente provengono. — 2. A propagar le in venzioni, cioè le nuove iscoperte, che fannosi tuttodì, popolarizzando quelle scientifiche conoscenze, che per la giovevole loro attuazione son necessarie, o che al successivo vantaggiar delle arti e delle industrie medesimamente conferiscano. — 3. A d elevar gli animi, perchè sotto il peso di tante gravezze e angustie non
si prostrino, nè anneghittiscano, ma og no ra si tengan desti e pronti all’ imitazione d e ’ grandi esempi, che da illustri maggiori in qualunque italica terra furono la sciati. Oltredichè il sacro culto ai martiri della libertà è necessario, che pur senza profani scopi, o ragioni di circostanza, ma per ischietta religione di patria, e per civile educamento di popolo, sia incessantemente mantenuto e alimentato.
Per le quali cose, essendomisi imposto da chi su di me aveane podestà, che una di tai Conferenze ancor io qui pronunziassi, avvegnaché nessuna in me fossene speciale attezza, io, perchè di commerci e in venzioni, o di naturali scienze non potreivi dir parola, senza muovervi alle risa, e volendo nondimeno altro pochin di tempo intertenervi, e non fallire al pro gramma, che testé ho divisato, brevemente dirò di due esimi cittadini, che in su lo scorcio del passato, e al cominciar di questo dechinante secolo la città nostra sommamente illustrarono.
Perchè, se più addietro io mi facessi a rivangar la istoria, e tutti quelli annoverar volessi, che grande nelle Lettere, e nelle scienze, e in pubblici uffizi ebber nominanza, o in Canoni e Regalie, breve al certo non sarebbene il catalogo: — però quegli esempi di tempi e costumi a gran lunga diversi, mal si attaglierebbero ai nostri, che son tempi di libertà, e di ben altri studi,
Invece nel leggendario del sapere, sì come nel martirologio della libertà, è, in rapporto alla vo lg en te nostra epoca, da assegnar principalità di posto allo
A b a t e F r a n c e s c o C o n fo rti.
Imperocché, quantunque ei non vedesse spuntar prima alba del secolo, nel qual tuttavia viviamo, pur va tra gli uomini della presente età annoverato, e può anzi ben dirsi, che la innovativa epoca nostra fosse da lui per queste provincie con suo martirio inaugurata.
Gli anni invero non sono, che q u e’ periodi, che si compiono e si rinnuovano, ne’ quali gli uomini per lor comodezza dividono il tempo. Ch é come viandanti indirizzati per lungo cammino ad una meta, di cui s’ ignora peranco la distanza e la giacitura, noi tro viamo su nostra via queste stazioni, dove riprendiamo lena, e computando la strada già percorsa ci studiamo di speculare su la durata e su la difficoltà di quella, che ci ri man da fare.
Ei non è però con tal misura, o con regole a- stronomiche, che le epoche van contraddistinte, e con ispezialità la nostra, in cui, lasciate le metafisiche e teologiche disquisizioni, e suscitato gran disio di libertà, nonché di civile ed economico progresso, 1’ ingegno e lo studio furono a tutt’ altre mire animosamente indirizzati.
Indi è, che lo scibile or compie, sì nelle arti, e sì nelle scienze, tutti più sorprendenti e inaspettati miracoli: — fa del cotone il salnitro; fa del vapore un cavallo; fa della pila di V o l t a un operaio, del fluido elettrico un messaggiero, del sole un pittore; — si bagna con 1’ acqua sotterranea, aspettando che la si scaldi col fuoco centrale; apre su i due infiniti quelle due finestre, il teloscopio su 1’ infinitamente grande, il microscopio su 1’ infinitamente piccolo, e nel primo abisso scruta gli astri più lontani, nel secondo g l ’ in setti ancor più esili, e che pur gli rivelano 1’ alta ed onnifattiva opra di Dio. A l presente lo scibile umano sopprime eziandio la durata, sopprime lo spazio, sop prime la sofferenza; — scrive una lettera di Parigi a Londra, e ne ha risposta in tre minuti; recide ad un uomo le guaste membra, e 1’ uom canta e sorride.
Ebbene, quest’ epoca di libere aspirazioni, e di nuovo scientifico indirizzo, egli è dall’ ultimo settennio del passato secolo, che incominciasi a computarla, perchè il Novantatre fu quel momento infernale e su blime, che sarà, al dire del Balzac, per tutti vegnenti secoli lo spettro d e ’ Re, e il rimorso della libertà.
M a nel 1 7 9 3 Francesco Conforti era in m a gg io r vigoria di sua età, nonché all’ a p oge o di sua gloria, e di suo gran nome, e, quantunque i tempi fossero sì allora mutabili e perigliosi, nessuno al certo, e ancor d e ’ più spietati sanfedisti, sarebbe stato si oso,
da presagirgli, che brevemente, e dopo soli sei anni, per le politiche sue opinioni lasciato avrebbe in sul patibolo la vita !
Laonde, perchè i tempi, che poi seguirono, fu rono a brevi periodi, o più tirannici, o più torbidi e procellosi, niuno ne’ primi ardì, o n e’ secondi curò accogliere notizie, che indubitate fossero e compiute, circa sua vita, e circa tutte opere da lui pubblicate. Il perchè avvenne, che quando in tempi e luoghi più tranquilli ed opportuni se ne volle dettar biografia, non se ne ebbero informazioni, che manchevoli ed ine satte, ed ove di alcuna, ove si tutte sue Opere non fu pur fatta menzione.
Invero nell’ Enciclopedia Popolare, che si comin ciò pubblicare in To ri n o l ’ anno 1842, e di cui furon fatte sino all’ anno 1858 ben cinque novelle edizioni, avvegnaché in queste fosse censurata una eccessiva prolissità di articoli, e segnatamente di Note biogra fiche, delle quali troppo visibile era lo scopo, ossia di renderne più voluminosa e durevole la pubblica zione, pur sole poche linee alla biografia di un tanto uomo vi si trovan dedicate, nè scevre d ’ inesattezze, e della mentovazion di sue Opere onninamente prive.
M a ciò, che più torna a meraviglia, egli è ap punto, che le istesse, e maggiori inesattezze si tro vino nel Supplemento al grande Dizionario Istorico, che solo dopo cinque lustri da sua morte fu pubbli
cato, cioè quando ancor vicina erane al certo la ri cordanza. Perchè quel Dizionario di tutti più illustri uomini del mondo, che consta di ben ventotto non piccoli volumi, fu incominciato a stampare in Napoli nel 1 7 9 1 , ed ei fu nel 1824, che i noti Tipografi Marotta e Vanspandoch ne pubblicarono la continua zione in altri nove simigiievoli volumi, compilata da
Gioacchino M . a Olivier-Poli, che fu terminata 1’ anno
1826. E impertanto in tal Supplemento pur si afferma, come nell’ Enciclopedia, che il Conforti venne alla luce l ’ anno 17 43 , e l ’ un dice nella Lucania, l ’ altra in Galvanico, benché risulti da inoppugnabili riscontri e documenti, eh’ ei nacque il dì 7 gennaio de ll’ anno 1 7 4 5 di civile e onestissima famiglia, della quale già un ramo, da prima eh’ ei nascesse, in questa città erasi trapiantato.
N ed è vero, che in nostro Seminario sol dopo il quindicesimo anno di sua età fosse alluogato, per ché al contrario ei vi entrò l ’anno 1 7 5 5 , quando cioè non a vev ane che dieci. Oltredichè dopo il dodicesimo ben era difficile c h ’ei fossevi ricevuto, chè questa sa viamente n ’era in q u e ’ tempi la regola; ned è sup ponibile, che la sua famiglia, essendo pur tanto agiata, volesse sì a lungo tardar l ’ ammaestramento d ’un g i o vanetto, che avea sortito di natura ing egno sorpren dentemente vivace e c o m p r e n s i v o , nonché ferrea la volontà, cioè impavida e costante.
Ma, per compirne in modo irrefragabile la di mostrazione, basti il far sapere, c h ’ ei vi entrò in tempo che Arcive sc ovo di questa Diocesi da non guari mol- t ’anni era il Sanchez de Luna, delle lettere gran cul tore e amantissimo, il quale avea fatto venire in grande reputazione il Chericale Educatorio di questa città, per avervi chiamato a insegnare i maestri, che più avevano alzato grido, sì nelle scienze, come nelle dotte lingue, cioè nell’ebraica, nella greca, e nella latina.
E d ei fu precisamente il Sanchez de Luna, che ammirati straordinarii profitti, che il Conforti dell’in- segnamento con trascendente alacrità ritraeva, e s o m mamente prediligendolo, volle che nello Stabilimento fossegli assegnato un particolar quartierino, acciò che di tutti libri della Biblioteca, che ivi era, potesse a libito valersi.
F u poi nel 177 0, che il Conforti, già ordinato Sacerdote, in Napoli si tramutò, e quivi nel seguente anno il primo volume nelle stampe pubblicò di quella filosofale scientifica Teo log ia, di cui tanto fu il rumore, che in tutte più colte Nazioni fu (1) tostamente ri stampato. D i che poi s e g u ì , che la S c u o l a , cui già in Napoli aveva instituita, di civile e canonico diritto, per il volgato insuperabile valore di tal Cattedrante
(1) In Theologiam et divinam secouomiam volumen parascevasticum de veritate christianac religionis et theologieis locis, sive universae theologiae dogmaticae institutiones, mathematicum fere in morem adornatae.
sì ebbe accorrimento, che brevemente non fu potuto trovare in quella sterminata Metropoli un locale, che tutto capir potesse l ’accorrente numero di studiosi.
M a perchè poi il C o n f o r t i , dando pruove di sì profondo e inarrivabile sapere, nonché di ben casti gati e integri costumi, porgevasi esempio di tutte virtù, che in benemerente cittadino e benfacente Sacerdote possono desiderarsi, e sì di tutti cattivavasi l ’amore, ei fu perciò che cattivossi ancor benevoglienza spe ciale e grande del Primo Segretario di Stato, c h ’era in q u e’ dì quell’eroico Marchese Bernardo Tanucci, di cui, e d e ’ tempi che furon suoi, or non è che a mezzo il quinto lustro, per la prima volta imparzialmente fu scritto da uno storico di lui degno, cioè da quel Pietro Ulloa, che fu in nostri tempi il più eloquente d e ’ M a gistrati, a niun secondo d e ’ più esimi Giuristi, e de gli studii storici e letterarii un d e ’ più robusti e in-
fatigabili cultori.
Bernardo Tanucci, posto c h ’ebbe tanto amore al Conforti, e sommamente pregiandolo, da principio il destinò Rettore e Catechista nel Convitto Ferdinan- diano deH’Annunziatella, e nel successivo anno il fe’ nominare Professor primario di Storia Sacra e P r o fana, nonché d e ’ Concilii, nella R e g ia Università, senza concorso, cioè senza esame in concorrenza d ’altri; ciò che fu nuovo, e di che nessun tuttavia lamentò; — tanto la precellenza del Conforti era da tutti cono sciuta e ammessa.
Bensì, conseguita una tanta e sì ambita onorifi- cazione, pur d ’altre cariche e sommi onori fu tosta mente insignito, poiché nel medesimo anno fu eletto T e o l o g o di Corte, e R e g i o Censore per la revisione d e ’ libri stranieri. E come T e o l o g o di Corte, ei fu di suoi lumi e di suo parere incessantemente richiesto in tutte controversie giurisdizionali, sì direttamente dalla Reai Camera, o d a ’ Ministri, e sì dal Cappel lano maggiore, o dal D ele ga to della R e g ia Giurisdi zione;— talché fra nuove instituzioni ebbesi allora per suoi consigli pur quella del Monte frumentario, per lo introito d e ’ così detti spogli, e per la percezione d e ’ frutti delle vacanti Chiese.
Impertanto, benché di tanti carichi fosse gravato, ei, che il pubblico suo ammaestramento un sol dì non intermise, pur trovò modo (sì era laborioso, e sì gran possa avea d ’intelletto) a comporre u n ’Opera, che ha fra tutte sue m ag gio r prestanza, e per la quale il nome di lui più sempre glorioso andrà nell’avvenire. E qui ognun comprende, ch’io più non alludo alla filosofale scientifica sua Teo log ia, cui sin dall’anno 1 7 7 1 avea compiuta, (1) bensì all’Anti-Grozio, Opera divisa in
(1) Hugo Grotius, de Imperio summarum potestatum circa sacra, cum scholiis criticis et chronologicis; ac David Blondellus, de jure plebis in re gimine ecclesiastico. In hac novissima editione adiicicitus Jo: Francisci Con forta Anti-Grotius, qui complectitur prolusionem et exercitationes criticas X II, totidem Grotianis capitibus oppositas. Sequitur una in Blondellum exercitatio. — Voi. 2.°
due V ol u m i, cui dettò per suggerimento e volontà del medesimo Bernardo Tanucci, la quale in Napoli fu stampata l ’anno 1780, e tosto voltata, tanto ne fu il grido, in tre lingue, la britanna, la gallica, l ’alemanna. Perchè di tale Opera tutta potrà comprendere l ’ im portanza chi di quelle sia informato, che nel prece dente secolo fur pubblicate dall'immortale U g o Grozio, Olandese, spezialmente di quella intitolata: D e iure
b elli et fia c is, per la quale il Grozio fu salutato l e g i
slatore del dritto internazionale, o delle genti, e che da nessuno era stata perancor confutata, — benché il Rousseau giustamente ne dicesse, che l ’A uto re aveva posto il diritto col fatto, ed aveva con sue massime favorito il dispotismo e la schiavitù. Onde, perchè detta Opera di U g o Grozio fino a ’ tempi del C o n forti era tuttavia il codice del dritto internazionale, g l ’ italiani perciò debbono allo stesso Grozio saperne buon grado, stantechè per essa il genio si risvegliò del nostro immenso Giovambattista V ico , quando nella solitudine di Vato ll a meditò la Scienza N u o v a intorno alla comune natura delle nazioni, stampata prima volta in Napoli l ’anno 172 6, e per essa ebbesi l ’Anti-Grozio, con cui ne fu abbattuto il sistema, cioè di congiun gere il dritto universale alla teologia, e alla filosofia, appoggiando quest’ultima su la storia d e ’ fatti e delle lingue, e furono, per così dire, estese al complesso delle nazioni, ed all’ intera umana specie, le
concili-sioni teoriche della Scienza N uov a, le quali si arre stano, come ognun sa, all’esistenza delle nazioni me desime, alla comune lor natura, ed ai lor cicli successivi.
Ma la più difficile e scabrosa delle occupazioni quella era per il Conforti di dover con sue allega zioni sostener le regalie, ossia difendere i dritti della Corona nelle incessanti controversie di q u e ’ dì con la Curia di Roma, perciocché di lui esclusi^H-ente^è^. Tanucci a ciò si valse. Disgraziatamente/Quelle alle gazioni furon poi distrutte o smarrite nel brevt^ctafar delle calamità dell’ anno 1799, insieme con m oke, a li* ^ ;' inedite sue produzioni, e con parecchi encomiati suoi manoscritti: ma, per giudizio d e ’ contemporanei, esse erano sì dialettiche e dottrinali, che la Romana Curia rimanevane confusa, e soventemente abbattuta, con van taggio delle regie prerogative, e delle riforme nello Stato, che dal Tanucci medesimo eran caldeggiate. I m perocché delle antiche aquile romane non altro era rimaso nella R o m a di q u e ’ dì, che l ’ artiglio rapace: ma qui invece, sol qui rimanevane il \olo sublime, e sol qui l ’ impavido sguardo, che nella luce del sole non teme affisarsi.
Or dopo ciò, circondato di gloria e tanti onori, che furon giusto premio del profondissimo suo sapere, d e g l ’integri suoi costumi, e di sua vita sì beneficente ed esemplare, chi detto non avrìa, che tranquilli e lieti ei gli anni passar dovesse di sua senettù, poscia che
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tanti e segnalati servigi alla stessa Corona di Napoli avea renduti? — Però, e mi si consenta questa e sola brevissima latina citazione per sentenza, cui l ’ animo ripugna ad esprimere in nostro lin gu ag gio (avvegna ché della regola, che n ’ è enunziata, l ’ Italia offra a v v e n turosamente nell’amatissimo suo R e la più ammirata splendida eccezione). — R e g iu m , merito d ix e r w it ve-
teres, in grati a n im i crim en , nani semper reges, et antiquo morey ingenti iniuria ingenita beneficia per-
sofonnt.
E questo solenne detto di A n n e o Seneca trova riscontro in quello, che la tradizion popolare ram menta di Cristofaro Co l o m b o : — « star la ingratitu- « dine d e ’ principi in rispondenza del ben che rice- « vono; ed a coloro, che ad essi m ag gio r copia di « beni largiscono, non trovando adeguato nemmen lo « estremo supplizio, la fama benanche, postumo do- « minio, insidiano e rapiscono ».
E ciò appunto al Conforti avvenne, perocché, essendo stato rappresentante del popolo nel fiorir corto della Repubblica Partenopea, tosto che quella fu ca duta, lo si fé spietatamente incarcerare, e ne’ segreti conciliaboli per le sole politiche sue opinioni a morte tirannicamente lo si dannò.
Purtuttafiata ancor di lui avevasi bisogno, per ciocché i suoi scritti in favore delle napolitane regalie, come già dissi, non più e s i s t e v a n o : — e gli si mandò
per tal fine lo Speciale, che il pregò di ricomporli, giurando, che d e ’ nuovi non meno che d e ’ precedenti suoi servigi gran conto sarebbeglisi tenuto. Indi fu che il Conforti dì e notte fatigò a rifarli, per difen dere contro le rinnovate pretensioni della Ro ma na Curia le oppugnate regie prerogative; e tosto eh’ ebbeli compiuti al suo giudice li consegnò, — il qual, quasi la fanciullesca sua credulità compatisse, schernevol
mente a lui sorrise.
Perciò, e più non dubbiando del crudel suo de stino, ei preparassi ad affrontare la morte, qual poi 1’ affrontò, impavido e sereno, quando dopo tre dì al patibolo fu tratto.
Ma la intrepidità del Conforti fu più ancora mi rabile di quella degli altri due della triade illustre, che insiem con lui pur furono martirizzati, perciocché più
vecchio era il Domenico Cirillo, nato l ’ anno 1739,
e più era sostenuto ed esaltato di quel medesimo co- raggio, che già aveva mostrato in respigner la grazia, eh’ eragli stata offerta, acciocché (e queste furono sue parole) 1’ immacolata sua vita d ’ un solo indegno som- messivo atto non rimanesse presso a ’ posteri contami nata. E se tre anni avea men di vita il Mario Pagano, eh’ era nato in Brienza nel 1748, pur desideroso di morte ei medesimo già erasi palesato, quando, inter rogato d a ’ suoi giudici, sdegnosamente rispose: — re putare inutile ogni difesa; essergli per continue
mal-vagita di uomini odiosa la vita, e sol nella tomba sperar pace.
Laonde, poiché il Botta, in parlando della morte del Mario Paga no scrisse: « Non si potrà dir peggio « dell’ età nostra di questo, che un Mario Pa ga no « sia morto in su le forche », ben io potetti per l ’au torità di un tanto scrittore, e per medesimità di ragione,
noverar 1’ A b a t e Conforti fra’ più preclari uomini della
presente età.
A l contrario però io dico, che come la religione morale del Divinissimo nostro Redentore col sangue d e ’ più eminenti martiri fu consecrata, così della reii- gion della patria nel sangue di q u e ’ tre sì insigni mar tiri fu glorioso il fondamento.
Imperocché s u ’ pinnacoli del Castello A ra g o n e s e tuttavia in q u e’ dì sventolava la bandiera di porpora e di oro, che nel quarto secolo fu data alla Città di Napoli dall’ Imperatore Costantino, il qual compiacen dosi d e ’ grandi omaggi, che gli furono con la più abbietta servilità fenduti, sì volle ricompensamela, cioè col darle il colore più bello e il metallo più ricco, però che fosse, c on i’ ei disse, la più bella e la più ricca delle città. Ondechè quella bandiera era ricordo e segnacolo di schiavitù: ma ciò nondimeno, perchè troppo smaglianti ne erano i colori, il popolo perciò rimanevane pur sempre abbagliato. Però ei fu allora, -che i colori di quella bandiera rimasero offuscati, perchè
al giallo splendentissimo dell’oro fu sostituito il color giallognolo del terrore, ed al rubro della porpora il san gu e delle vittime, che sì tirannescamente furono sg o z zate. Così adunque fu, che il popolo torsene lo sguardo, e presela ad abborrire: — talché, do p o lunghi palpiti e travagli, alfine si potè disiosamente e con generale esultazione sostituirla col Vessillo Nazionale, che ci fu recato da quel miracolo di Re, che fido fu sempre, nè ingrato mai, e del qual solo con verità può dirsi, che visse e morì galantuomo.
O r poi, perchè la via lunga già fatigami e so- spigne, alquanto più bevemente dirò di
M a tte o G a ld i,
del qual molti credono fra noi, che qui nel passato secolo sia nato, poscia che ad una delle superiori vie di nostra città, presso al Quartiere di S. Domenico, ne fu in questi nuovi tempi posto il nome. N è da taluni, che più sono istruiti, altramente è conosciuto, che qual primo Presidente, eh’ ei fu, del Napoletano Parlamento nell’ anno 1820, quando in queste terre, appo di un variato quadrilustre vassallaggio, furon nuo vamente respirate aure di libertà, e la prima volta fur date pruove di quel virile rivoltuoso ardimento, che, mistura anch’ esso di luce e di calore, è come il fuoco sacro, che acceso una volta, mai più non si spegne.
Tuttavia è falso, che Matteo Galdi in questa città nascesse, perchè al contrario ei nacque in Coperhia, piccol paese, che di qui dista tre incirca miglia, e che è il primo del prossimo contado di Sanseverino. M a nondimeno fra’ nostri concittadini ei pur va giusta mente annoverato, poi che sua famiglia, poco appresso eh’ ei fu nato, qui nella sopraindicata via effettivamente dimorò, e qui, dalla prima adolescenza sino alla
sua virilità, tutti studi ei compì di pienissimo suo
educamento; — talché, quando di questa città primie ramente uscì, già era venuto su in fama di valentis simo economista. Ma ben valga d ’ intendere, c h ’ egli era di q u e ’ politici economisti, che allor formavano le opinioni, e morali dottrine diffondevano circa il vero benessere d e ’ popoli, e delle nazioni, non di quei d ’ o g gidì, che han ridotta nostra società ad un gran corpo senza anima, nel qual circola 1’ aritmetica invece del sangue. Chè se in questi tempi, affogato dall’ egoismo, non è spento o g n ’ ardore per il pubblico bene, ciò è per cagione delle energiche tempre di nostri animi, però che in essi è la natura dell’ elettrico, e basta per ciò il più piccolo strofinamento a strappar la scintilla.
Ondechè, tornando al nostro eroe, di lui ho a dire eh’ ei di questi luoghi precisamente si allontanò, perchè qui era perseguitato a motivo delle politiche sue opinioni, però che 1’ amor del diritto mai non possa
trovarsi in contraddizione con l ’ amore della patria, e mai anzi non se ne scompagna.
Laonde in Francia si ricovrò, e d ’onde poi re cossi a Milano, ove, già preceduto di gran nomea in argomento di scienza, che da pochissimi in qu e’ dì era coltivata, tosto gli fu conferita Cattedra di Ec onomia in quella R e g ia Università, che molto era fiorente e frequentata. E sì eccelso fu il grido che di lui si levò per le insuperabili sue cognizioni in quella disciplina, cui professava, che, tolto allo insegnamento, fu inviato in Olanda qual Ministro della Repubblica Cisalpina; — posto, eh’ ei tenne sino all’ anno 1809, quando, ces sando di quell’ uffizio per cagion degli avvenimenti, che a tutti son già noti, nella dilettissima sospirata patria finalmente ritornò.
Erano giorni pur quelli di straniera belligera in vasione, ma non di tirannide, nè di sospetto, e la virtù al contrario sommamente era in q u e ’ dì onorata e favorita: perciò del ritorno di Matteo Galdi in sua terra tutti a un tempo gioirono e i cittadini e i fo restieri. Imperocché al sommo della gloria ei già era venuto con le fatte in Milano pubblicazioni di quattro Opere pregiatissime, la prima edita nel 1796, col ti to lo : — Necessità di stabilire una repubblica in Italia; — la seconda, edita nel 1 7 9 7 , in cui discorse e illustrò le vicende del Teatro Italiano; — la terza, edita nel 1798, nella quale trattò d e ’ rapporti politico-econo
mici fra le libere nazioni; — la quarta infine, che consta di due ben grandi volumi, cui intitolò: — Quadro po litico dell’Olanda, — stampata al cominciar dell’ anno 1809. Perciò, come appena in Napoli ei fu Venuto, e perchè altro gran posto non era allor v a c a n t e , ei fu primamente nominato Prefetto della Polizia G e n e rale; ma poco più tardi, e come ancor meglio gli si avveniva, fu creato Direttore della Pubblica Istruzione.
N è basterien le parole, se ancor molte e molte or volessi adoperarne, a riferir tutto eh ’ egli oprò e instituì per immegliare e ordinar l ’ insegnamento in quella guisa, che più veramente g io v a e concorre alla vera prosperità e al buono assetto, sì del popolo, e sì della nazione. Dirò soltanto, che di sì g io ve vo li sue opre e lucubrazioni ei lasciar volle un durevole mo numento in quell’aureo libro, cui pubblicò nell’ anno 1 8 1 5 , poscia che la salutevole efficacia di suoi metodi e precetti era già stata per più anni sperimentata. L a onde i « Pensieri su ll ’istruzione Pubblica » di Matteo Galdi son la quintessenza d ’ ogni miglior perfezione, che nell’insegnamento può bramarsi; epperò quel v o lume avrìa dovuto con diurna e notturna mano essere svolto e studiato, perchè i reggenti della pubblica i- struzione mai in qualunque tempo non ne tralignas sero. Invece quel libro fu obbliato, e noi ve g g ia m l ’ esizio, che n ’ è ve nuto; talché non si potrà altri menti uscirne, se a q u e’ savii ammaestramenti, dopo
tanto sbizzarrire, ornai non si ritorni. Imperocché ben è il vero, che secondo q u e ’ dettami molta parte avea pur nello addottrinamento il catechista: — ma oggidì con quella frase stereotipa « consacrazione del prin cipio di libertà e di civile progresso nelle scuole », non altro si fa, che alterare profondamente il senso di giustizia, e impedire il più a g ev o l e avviamento alla perfetta osservanza di quella L e g g e , che ha civilizzato il m o n d o , perturbando l ’ indole e l ’ organismo della Religione, che, al dir di Rousseau, creò le due grandi potenze dell’anima; la morale, cioè, e il rimorso, che son pure i più necessarii e indifettibili fondamenti di ogni ben governata e prospera società.
Matteo G a l d i , poi che tanto erasi occupato di pubblico diritto e di politica economia, e poi che da tutti amato era e ri ver it o, ben di ragione fu eletto primo Presidente del Napoletano Parlamento, quando già grave era di età. F u egli perciò, dinanti a cui R e Ferdinando prestò giuramento, — il qual p o i , fedi frago e vendicativo, benché di suo uffizio il dispo gliasse, pur tanto di sua virtù fu vinto, che l ’ animo
non gli bastò ad esiliarlo; — sì c h ’ egli nel seguente anno, cioè nel 1 8 2 1 , sfatto di cordo glio, in Napoli oscuramente trapassò.
Ec co qual fu Matteo Galdi, e può già ognuno aver veduto, che gran titolo ha questa città a inorgo
tadine e morali virtù ornato, fu pure e quant’altri mai benemerente della causa di nostra libertà, e del po litico nostro risorgimento.
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Signori!
L a Scienza della legislazione, in rapporto al be nessere e al buon g o v e rn o della presente civile so cietà, non dèe del codice civile e del penale, con le rispettive legali procedure, unicamente occuparsi, ma sì ancora del diritto ecclesiastico, del diritto interna zionale, della politica economia, nonché della educativa pubblica istruzione. Or io vi ho mostrato, che il C o n forti fu autore nella presente epoca e legislatore del nuovo dritto ecclesiastico, poiché, toltane parte dom- matica, c h ’è inconcussa e incombattibile, o g n ’ altra, che nel passato pur venia dommaticamente insegnata, fu al contrario da lui sommessa all’esame e alla critica d ’una razionale e al tutto libera filosofica discussione.
V i ho dimostrato, che il Conforti fu medesima mente autore del nuovo diritto internazionale, poi che quello ebbe combattuto, che per le opere di U g o n e Grozio era stato fino a ’ suoi dì universalmente ap plicato.
V i ho dimostrato, che delle nuove economiche dottrine, cui creava già sin dall’anno 1 7 6 9 un altro
e immortai nostro comprovinciale, l'A bate Ant onio Genovesi, nessun vi fu in presente secolo più strenuo cultore e insegnatore del nostro Matteo Galdi, il qual ci diè ancora un vero fcodice di savie leggi per la pubblica istruzione.
Questo doveva io fare, e, come poteva, io l ’ ho fatto. Ondechè, colligando, dopo ciò, le fiscelle, e poi ché già in lungo vi ho tenuti, consentitemi che da voi prenda commiato, i ringraziamenti addoppiando, poi che di plaudente e sì benevolo ascoltamento per tanto di tempo oltre a mia speranza mi onoraste. Ma se alquanto in region più alta e più serena i vostri a- nimi avrò levati, e se altri in sì laudabile aringo avrò incitato a proseguire, io di tal faticosa mia opera sarò lieto oltr’ogni dire e soddisfatto.
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