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Culti di eroi in Magna Grecia e Sicilia. Un'analisi storico-archeologica

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INDICE

INTRODUZIONE ………...……. p.3 CAPITOLO I:

L’EROE IN GRECIA ………..…….…….…p.4 1.1 Definire l’eroe: un’indagine analitica ………..………..…... p.6 1.2 Definire l’eroe: un’indagine storica ……….………...p.10 1.3 Definire l’eroe: un’indagine archeologica………..………..……..p.26 CAPITOLO II:

L’EROE NELL’EPOS OMERICO ED ESIODEO ………..……...…p.36 2.1 L’eroe nell’epos omerico ……….….….……...p.37 2.2 L’eroe in Esiodo ……….……….…………...p.48 CAPITOLO III:

TESEO, EROE GRECO PER ECCELLENZA ……….….….……p.51

CAPITOLO IV:

L’EROE E LE FONDAZIONI GRECHE D’OCCIDENTE ...…...p.56

4.1 Epeo e Filottete e le frequentazioni di età micenea….………...…p.61 4.2 Nasso e la figura di Teocle, il mitico fondatore ……….…...p.91 4.3 Megara Iblea e il presunto Heroon…….…..………...p.96 4.4 Lamis e la tradizione della fondazione di Megara Iblea ………….…...p.108 4.5 Selinunte …………..………..……….………...p.110 4.6 Metabo e Metaponto ……….………..…..…...p.121 4.7 Poseidonia e il sacello ipogeico ………..….…..p.126 4.8 Falanto e Taras eroi di Taranto ……….………...p. 141

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2 4.9 L’Eroe di Temesa ………...………...……...…….…p. 151 4.10 Eutimo di Locri Epizefiri ………..……...…………p.165 4.11 Antifemo ed Entimo fondatori di Gela ………..…………...p.179 4.12 Segesta e il culto di Filippo di Butacide……….………..……….p.184 CAPITOLO V:

PER UNA VISIONE D’INSIEME….……….…………..p. 191

FONTI………...p.198 BIBLIOGRAFIA………...…..p.200

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INTRODUZIONE

«Φίλιππος ὁ Βουτακίδεω Κροτωνιήτης ἀνήρ (…) ἐών τε Ὀλυμπιονίκης καὶ κάλλιστος Ἑλλήνων τῶν κατ᾽ ἑωυτόν. διὰ δὲ τὸ ἑωυτοῦ κάλλος ἠνείκατο παρὰ Ἐγεσταίων τὰ οὐδεὶς ἄλλος: ἐπὶ γὰρ τοῦ τάφου αὐτοῦ ἡρώιον ἱδρυσάμενοι θυσίῃσι αὐτὸν ἱλάσκονται.»1

Cosa vuol dire essere un eroe nelle colonie greche di Magna Grecia e Sicilia? Erodoto nel passo riportato parla di Filippo di Butacide, personaggio storico che intervenne al fianco di Dorieo contro i regimi tirannici a sostegno dell’oligarchia. Filippo di Butacide è annoverato tra i partecipanti alla guerra che portò alla storica distruzione di Sibari da parte di Crotone nel 510 a.C. È in un contesto bellico che emergono le caratteristiche da lui possedute e che fanno sì che egli venga assurto al ruolo di eroe. Il testo di Erodoto presenta Filippo di Crotone come atleta vincitore alle Olimpiadi, uomo dotato di una bellezza unica. Nel mondo greco l’ideale di eroe risponde ad un concetto ben più ampio e contempla valori quali il coraggio, la forza e la nobiltà d’animo.

La tesi in questione fornisce un quadro generale del culto degli eroi a partire dalle sue prime elaborazioni su un piano concettuale e archeologico nella Grecia vera e propria, per poi procedere allo studio dei casi meglio attestati in Magna Grecia e in Sicilia. Nei primi tre capitoli è introdotto il concetto di “eroe”, il quale subisce un’evoluzione a partire dalla prima attestazione su tavolette micenee rinvenute a Pilo, di cui però risulta difficile spiegarne il significato, fino alle più complete e manifeste forme di celebrazione, constatabili ad esempio nel caso dell’eroe Teseo. L’indagine del termine non mira soltanto ad evidenziare il contesto in cui è riscontrato, ma a fornire un quadro generale dell’evoluzione linguistica, su un piano etimologico e su un piano concettuale, così come era concepito dagli antichi, e seguendo l’evoluzione degli studi dei moderni.

Nel lasso di tempo che va da età micenea fino ad età classica, ho evidenziato il peso che le opere letterarie ebbero nel diffondere il concetto di eroe: all’Iliade, all’Odissea e alle Opere Esiodee ho dedicato un capitolo a sé. Mi sono avvalsa del ricorso ad alcuni casi esemplificativi, basti pensare all’anaktoron di Lefkandi, che precede con la sua datazione alta, fissata nella prima metà del X, la diffusione per

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4 iscritto dell’epos. In esso non si può con certezza affermare che si svolgessero dei riti destinati a celebrare una figura eroica, ma certamente doveva trattarsi di un personaggio eminente a tal punto da erigere un tumulo monumentale in suo onore. Le conclusioni raggiunte mostrano, nel caso di Lefkandi, l’indipendenza degli onori tributati dalla società ad un personaggio che godeva di un ruolo peculiare dalla diffusione dell’epos. Nel presentare i caratteri propri dell’ ”eroe tipo” nel mondo greco, mi sono avvalsa delle testimonianze dei tragediografi e di Aristotele e Platone, ma non solo, che sono di ausilio per una comprensione globale del fenomeno che avrà poi, in età ellenistica, con la progressiva disgregazione della polis, esiti totalmente differenti. Filo conduttore dell’indagine sugli eroi è l’evidenziare la costante che fa di ciascuno di loro uno strumento politico, tramite il quale la polis si arroga il diritto di avanzare delle pretese di tipo territoriale e sottolineare la presenza di un popolo in un dato territorio.

Per comprendere come venivano concepiti gli eroi nel mondo greco occidentale, e studiarne le evidenze archeologiche che attestano l’istaurarsi di culti loro indirizzati, nel presente lavoro mi sono avvalsa di fonti letterarie, epigrafiche ed in alcuni casi numismatiche. In ambito coloniale, la tipologia di eroe cui ho dato maggior spazio nella tesi, è quella dell’ecista. In molti casi, l’impresa coloniale è giustificata dall’oracolo di Delfi, piegato a supportare interessi politici anche nel caso dei responsi in ambito coloniale. Con l’istituzione di culti di eroi post mortem, si sperimentano processi ideologici di aggregazione attuati dalla polis in fieri: È la religione a rispondere all’esigenza primaria di fornire una base identitaria al nucleo sociale nascente ed il culto degli eroi è il mezzo di cui essa si serve. Seguendo questo orientamento, dunque, ho provveduto ad un’analisi dei culti degli eroi in Magna Grecia e Sicilia, attestati dalle fonti e dei quali è possibile riscontrare in ambito archeologico, l’effettiva presenza.

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L’EROE IN GRECIA

1.1 DEFINIRE L’EROE: UN’INDAGINE ANALITICA

Nel sistema religioso greco la figura dell’eroe riveste una posizione a sé. Quale definizione si debba attribuire al termine risulta difficoltoso. L’eroe è un soggetto

che si colloca a metà tra l’umano e il divino, è un hybride,2

che raccoglie in sé caratteristiche proprie dell’uno e dell’altro mondo. I Greci concepivano l’Olimpo come un mondo divino sì, ma in cui gli dei vivevano esattamente come gli uomini, provando i loro stessi sentimenti ed avendo gli stessi stili di vita; dunque, eccettuate le prerogative strettamente divine, la sfera di competenza di ciascuna divinità ed il principio dell’immortalità, differiscono in pochi particolari dagli eroi. Questi ultimi, con le dovute differenze da caso a caso, sono delle figure che si sono distinte in vita per una condotta eccezionale, e nel mito e nella realtà, e che

dopo la morte sono stati oggetto di culto.3 I tentativi di categorizzazione risalenti

nell’antichità sembrano orientati verso una differenziazione dei generi; ad

esempio Pindaro4 dice che intercorre una distinzione tra dei, eroi e uomini, i

tragediografi sono unanimi nel ritenere che esista una differenza tra divinità ctonie

e divinità olimpiche,5 mentre Platone distingue tra dei, demoni, eroi e uomini.6 Il

culto rivolto agli eroi talvolta veniva praticato nelle tombe appositamente costruite

per loro, talaltra in luoghi-simbolo della loro presenza.7 Il mondo greco

annoverava nella categoria degli eroi personalità eccezionali venerate dopo la morte, antenati, combattenti dell’epos, eroi fondatori di diverse comunità, come archegetai, oikistai, ktistai ed eponymoi, eroi specializzati in sfere particolari, come eroi salutari, eroi cultuali, divinità pre-greche decadute, eroi locali minori o

anche demoni cattivi.8 L’eterogeneità delle caratteristiche dell’eroe e la difficoltà

a inserirlo in una categoria, costituiscono un limite nello studio che mi accingo ad affrontare. Riguardo ai precedenti nel mondo miceneo, la prima attestazione del termine “eroe” si trova in due tavolette in lineare B da Pilo:

2 Così è definito da DELFONGE, SUAREZ DE LA TORRE 2000. 3

Basti pensare ad Erodoto che in VI, 38, riferendosi a Miltiades il vecchio, presuppone che l’oikistes sia destinato ad essere onorato come eroe.

4 Pindaro, Olimpiche 2.1.

5 Cfr. HENRICHS 2005, pp. 47 ss., per la bibliografia sulla ricorrenza delle differenze tra le due

entità divine, tra cui si cita Eschilo, Agamennone, v. 90, Sofocle, Antigone, 1070-1073, Euripide fr. 912.6-8 N, ed Eschilo, Supplici, vv. 24 ss.

6

Platone, Cratilo 397 C ss.

7 Cfr. BRELICH 1958, pp. 9 ss. 8

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7 Fr. 1204: Tiriseroe wodowe OLEUM [[CT]] CQ1;

Tn 316.5: Tiriseroe AURUM VASS 1.

Si tratta di due dativi che indicano il destinatario dei prodotti registrati, nel primo

caso una gran quantità di olio profumato, nel secondo, di un vaso d’oro.9 Non ci è

dato sapere con certezza se e come il concetto di eroe fosse concepito in età micenea, non disponendo di fonti che possano gettare luce su un argomento così delicato. In merito alle tavolette di Pilo, Gérard Rousseau ritiene che il termine “eroe” indichi una divinità di poca importanza, deducendo da questa e da altre evidenze che l’impiego del termine nel mondo miceneo sia simile all’uso di dominus nel latino cristiano: oltre ad essere un titolo attribuito agli uomini, può

designare “Dio”.10 Il termine è presente anche nell’epos omerico, perlopiù

attribuito agli autori di azioni belliche strabilianti e dunque non a figure considerate divine. In Esiodo, ne Le opere e i giorni, un’intera razza deriva il suo nome dal termine: prima dell’attuale età del Ferro vi era l’età degli Eroi, in cui si

stagliavano le imprese delle saghe tebana e troiana.11 Da età arcaica in poi il

termine è stato indistintamente attribuito non solo a soggetti del mito o dell’epica, che sono posti al di fuori di una sfera umana, o che si sono distinti per eccezionali virtù, ma anche a personalità divine che erano fatte oggetto di culto. Il caso di Eracle costituisce un esempio di come in una sola figura possano concentrarsi diversi status: è presentato ora come mortale, ora come eroe, ora come divinità ascesa all’Olimpo dopo la morte. Lo stesso Asclepio, divinità salutare, nelle diverse versioni del mito, presenta caratteristiche differenti che consentono di attribuire la sua figura ad una sfera ora umana, ora eroica, ora divina. In età

ellenistica l’etimologia del termine ἥρως è spiegata da Platone, nel Cratilo,12 in

riferimento all’Ἔρως, all’Amore. È collegato a tale concetto dal momento che l’eroe costituisce l’esito dell’unione amorosa tra un dio ed una donna mortale o viceversa, sottolineando la sfumatura che era condivisa anche da Esiodo, che evidenzia il carattere semidivino degli eroi della saga troiana e tebana. A detta di Rodriguez Moreno, non è del tutto trascurabile supporre una vena ironica

9 Cfr. GÉRARD-ROUSSEAU 1968, pp. 222 ss., in cui l’autrice analizza il riferimento ad

elementi, propri della religione greca, che si sono riscontrati nelle tavolette micenee.

10

Cfr. ivi, in cui si approfondisce la tesi già enunciata da Hošec.

11 Un approfondimento dell’argomento relativo alle manifestazioni di culti eroici nell’epos

omerico lo si trova nei successivi paragrafi, così come un rimando ad Esiodo e alla descrizione dell’età degli Eroi.

12

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nell’esposizione di tale argomento da parte di Platone.13

Lo status dell’eroe è comunque determinato dall’essere collocato a metà tra i due mondi, nato dall’unione di un mortale e di una divinità e dunque in posizione preminente rispetto agli altri esseri umani. Platone peraltro, nelle Leggi, fornisce un ulteriore chiarimento in merito alla natura dell’eroe rispetto alla genealogia divina, ed espone una lista dei destinatari di timai, sentimento di rispetto e venerazione che deve essere tributato in primo luogo alle divinità olimpiche, poliadi e ctonie, ed in

ordine discendente ai daimones, agli eroi, a divinità ancestrali, e ai parenti.14

Ekroth, in merito all’etimologia del termine heros, ipotizza una derivazione linguistica del termine da Era, divinità protettrice dell’unità coniugale, laddove

l’eroe risulta essere il suo giovane compagno.15

La storia della ricerca nel definire il termine “eroe” nel panorama religioso greco e nello studio dei riscontri archeologici attestanti la pratica di culti ad esso rivolti, vanta una tradizione secolare e valida. Verso la fine dell’Ottocento Usener ha, a

tal proposito, enunciato un’interessante teoria nel suo Götternamen,16 ritenendo

che i popoli Indo-Germanici, nel processo di genesi del politeismo, passarono attraverso una fase in cui l’oggetto di culto era il cosiddetto Augenblick-Götter (Divinità momentanea) e Sonder-Götter (Divinità particolare), figure divine legate a singole funzioni, le cui caratteristiche vennero poi assorbite dalle divinità olimpiche, che in certi casi hanno mantenuto aggettivi ed epiteti propri di questa

fase iniziale.17 Usener non parla chiaramente di divinità che abbiano una

personalità, un nome, né una fisicità definite e ciò avrebbe favorito, in una fase successiva, l’assorbimento nella formazione delle diverse entità del pantheon olimpico. Nella fase di genesi si è peraltro potuto assistere all’affermarsi di forme di teriomorfismo, la cui eco nel pantheon olimpico è confermata, per citare un esempio, dall’immagine di Demetra dal volto di cavallo. Anche il culto rivolto ai

13 Cfr. RODRÍGUEZ MORENO 2000, p. 93.

14 Platone, Leggi, 717 a-b; la timè costituisce un concetto basilare nel sistema religioso greco e,

sulla base degli onori che devono essere tributati alle entità divine, si determinano le differenziazioni nel fare loro le offerte.

15 Cfr. EKROTH 2007, pp. 100 ss.

16 Cfr. USENER 1896, che pur essendo un testo datato, costituisce un ottimo punto di riferimento

da cui partire per comprendere l’evoluzione degli studi condotti sulla figura mitica dell’eroe.

17

FARNELL 1921 contesta la posizione di Usener, ritenendo che l’esito di queste divinità non possa essere sempre rilevato dall’analisi dei termini indicanti attributi o epiteti. Adduce come esempio il caso dell’aggettivo Μειλίχιος, associato a diverse divinità tra cui lo stesso Zeus: ciò non basta a supporre che egli sia l’emanazione di un nume esistito in un momento precedente in una forma non conosciuta.

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9 feticci, il cosiddetto aniconismo proprio di popoli primitivi, ha costituito una

forma peculiare di questo periodo mitopoietico, ed in alcuni casi si è mantenuto:18

basti pensare alla venerazione di pietre, armi e oggetti in genere, e alla

collocazione di essi all’interno di santuari.19 Accennando un excursus riassuntivo

sulla storia degli studi intorno alla figura dell’eroe nel mondo greco, si evidenzia che già Rohde, la cui opera, Psyche, costituisce una delle basi per le speculazioni successive sul “culto delle anime” presso il mondo greco, era convinto sostenitore del fatto che gli eroi non erano divinità decadute che col tempo avevano ricevuto

una forma di devozione e di venerazione particolari.20Andando controcorrente

rispetto alle teorie vigenti al suo tempo, riteneva che fossero delle entità che dopo la morte erano diventate oggetto di culto per gli onori raggiunti in vita e che tale forma di culto fosse sorta come emanazione del culto degli antenati. Un altro tentativo di definizione del termine “eroe”, è stato compiuto da Farnell nella prima

metà del Novecento.21 Egli ha proposto una suddivisione formale in diverse

categorie che tengano conto di caratteristiche intrinseche e che servono più che altro ad un generale inquadramento, dal momento che il concetto di eroe è differente da caso a caso e che talvolta le diverse categorie si sovrappongono. Non si può univocamente ricercare una definizione standard che lo identifichi, ma di volta in volta lo si colloca ora come figura dalle caratteristiche ascrivibili maggiormente ad una sfera umana, ora ad una divina. Dunque, secondo la classificazione di Farnell, si può distinguere tra:

- Hero gods and heroine goddesses;

- sacral heroes or heroines, associate a una particolare divinità rispetto alla quale rivestono il ruolo di proselita, attendente al culto o suo compagno;

- heroes who are also gods, come Asclepio, Eracle e i Dioscuri; - culture and functional heroes;

18 Cfr. GAIFMAN 2012, in cui si fornisce un profilo dell’aniconismo nel mondo greco e ne viene

tracciato il profilo, tenendo conto dell’importanza che esso ebbe presso i popoli orientali ed in Egitto.

19 Basti pensare al culto rivolto allo scettro di Agamennone nella località di Cheroneia, attestato da

Pausania, IX, 40, 11-12.

20 Cfr. ROHDE 1928, il quale sostiene che l’enagismos, ovvero l’insieme di riti rivolti agli eroi,

non sia una forma decaduta e ridotta del culto rivolto agli dei, bensì si distacca completamente da esso, avendo regole, stilemi e principi completamente differenti.

21 Cfr. FARNELL 1921, la cui classificazione è ormai datata e non tiene conto delle

sovrapposizioni dei diversi caratteri e funzioni degli eroi che rendono un loro inquadramento univoco impossibile dal punto di vista metodologico, ma che riporto ugualmente per una globale comprensione dell’evoluzione degli studi in merito.

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10 - epic heroes;

- geographical, genealogical, and eponymous heroes and heroines; - historic and real personages.

Un’altra proposta di categorizzazione è stata compiuta da Kearns, che così li classifica:22

- Eroi oggetto di culto sorto per iniziativa individuale (gli eroi protettori); - Eroi difensori di una città;

- Eroi protettori di gruppi familiari, della regione, della tribù o del demos; - Eroi della mitologia eroica.

È importante studiare l’evoluzione che le diverse entità semi-divine hanno avuto nel panorama religioso greco e comprendere come abbiano progressivamente sviluppato i caratteri che sono loro propri in funzione di una loro più completa definizione nel sistema politeistico greco. Piuttosto che “politeismo”, alcuni studiosi preferiscono utilizzare il termine di “polidemonismo”, nella fase di genesi

della cultura e della religione greche.23 In essa il δαίμων, figura per certi versi

accostabile all’eroe, è inteso talvolta come divinità vera e propria, come essenza

divina o come destino ineluttabile.24

1.2 DEFINIRE L’EROE: UN’INDAGINE STORICA

Le diverse concezioni dell’eroe, teorizzate da Usener (1896), Farnell (1921), Rohde (1928), Kearns (1989), qui citate per completezza ed acribia nello studio, sono al giorno d’oggi sottoposte ad una revisione dettata soprattutto da numerose ricerche in campo archeologico. Si tenterà, pertanto, di fornire una panoramica

quanto più completa dello stato attuale degli studi, sia nel contesto della Grecia25

che in quello della Magna Grecia e della Sicilia, dopo aver presentato, in questo primo capitolo introduttivo, un inquadramento generale del problema nella sua

22 Cfr. KEARNS 1989. Egli si pronuncia a proposito degli eroi dell’Attica, ma tale classificazione

è valida per gli eroi in generale.

23 Cfr. FARNELL 1921. 24

Basti pensare ad Omero e ad Esiodo e alle diverse sfumature del concetto che il termine esprime nell’epos. Cfr. ivi.

25 Di cui fornirò un quadro generale supportato da qualche caso esemplificativo che mira

soprattutto a rendere evidenti le prime manifestazioni di forme di culto in onore di eroi, nel periodo compreso tra l’età del Ferro e l’età arcaica.

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11 genesi e, nei capitoli seguenti, i risvolti confermati e/o dettati dalle evidenze

archeologiche. Secondo le considerazioni di De Polignac,26 le classificazioni di

Farnell sono orientate più che altro ad un tentativo di categorizzazione delle figure mitiche in settori precisi, laddove invece, come precedentemente accennato, gli elementi che consentirebbero una eventuale settorializzazione sono spesso

ambigui e non ben definiti.27 Il lavoro del Brelich si è posto come scopo di

inquadrare gli eroi nelle sfere d’influenza loro pertinenti, dunque l’agonistica, la guerra, la morte, etc. Tale scelta è senza dubbio metodica, essendo svolta con precisione e attento uso delle fonti letterarie, ma comunque insoddisfacente

laddove gli eroi citati risultano esercitare la propria influenza in diversi settori.28

L’approccio del De Polignac29

al problema si presenta più orientato a fornire un supporto storico che inquadra il fenomeno della diffusione dei culti rivolti agli eroi: si tratta della stessa situazione di stallo, di cambiamenti e di crescita insieme, in cui si avvia la genesi della polis greca; le modalità di distribuzione del potere, vigenti fino ad allora, si mitigano fino a creare progressivamente le strutture politiche di cui il centro geografico è costituito dall’acropoli, intorno alla quale si dispongono concentricamente l’astu e la chóra. Ruolo predominante è rivestito dai basileiai, membri dell’aristocrazia oplitico-contadina, capi di oikoi, ovvero di quelle casate ben presenti nell’Odissea, non essendo mutate grandemente le forme di acquisizione delle risorse. Essi, che nel periodo miceneo erano degli ufficiali di secondo ordine, prendono nella gerarchia il posto del wanax. Si passa dunque da una società fortemente gerarchizzata ad una meno verticistica, in cui lo spazio è oggetto di spartizione fra le diverse tribù. La visione del processo di formazione della città, a seguito dell’indebolimento delle istituzioni di stampo clanico e tribale, è messa in discussione da De Polignac, che ritiene che i concetti di genos, di fratria e di tribù si esplicitino compiutamente nella polis già formata. In essa costituiscono un collante tra i cittadini. I miti e i culti indirizzati ad eroi ebbero dunque un’ampia diffusione in questo contesto di VIII sec. a.C., favoriti dalla diffusione dei testi di Omero ed Esiodo «as a response to political and social changes».30 Diversi culti derivano dall’attenzione rivolta a tombe di preesistenti

26 Cfr. DE POLIGNAC 1984 pp. 129 ss. 27

Mi riferisco al testo di Farnell cui ho fatto cenno supra. Cfr. FARNELL 1921.

28 Cfr. BRELICH 1968. 29

Cfr. DE POLIGNAC 1984 il quale esamina con acribia il contesto storico che sussiste alla genesi della polis greca.

30

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12 entità del mondo miceneo. Alcune di queste furono riscoperte e riutilizzate da famiglie eminenti, esponenti dell’aristocrazia, o da piccole comunità, le quali, appropriandosi del preesistente culto, lo perpetravano al fine di legittimare la loro presenza sul territorio. Della stessa opinione risulta essere anche Mazarakis Ainian. Egli ritiene che, soprattutto nel caso di eroi eponimi, si tratti di un

«conscious act of the rising polis»31 che reinterpreta culti “informali” fino a

trasformarli in culti pubblici, anziché trattarsi dell’iniziativa di cittadini privati. Vernant conferma un approccio storico all’indagine della concezione delle forme di culto rivolte agli eroi e ritiene che l’insieme dei fenomeni sopracitati, che si verificano contestualmente alla nascita della polis, sono orientati ad un’operazione ideologica che mira a “convertire” le prerogative e le caratteristiche del principe di età micenea in quelle dell’eroe. La formula da lui adottata e ripresa da Bérard è

appunto «du prince au héros»,32 e sta ad indicare un recupero di dati sociali,

culturali ed artistici di cui poter approfittare in un momento di stasi. I personaggi appartenenti al gruppo elitario della comunità, pur essendo defunti, continuano così ad esercitare il loro potere e la loro influenza, grazie ad una reinterpretazione del ruolo che essi svolgono nella nascente società: quello di eroi. Bérard mira ad inserire la questione contestualmente al momento storico della nascita della polis, la cui organizzazione si basa su un principio di uguaglianza dei membri che la compongono, definiti “homoioi” o “isoi”. In ambito militare si riscontra un atteggiamento analogo, che consiste nell’inquadramento dei combattenti nella falange oplitica, a discapito dell’emergere del singolo nei combattimenti corpo a

corpo. Ed è proprio «recuperando la morte del principe»33 che si riesce a

mantenere una forma di potere nelle mani dell’eroe, altrimenti impensabile nella logica attuale di uguaglianza sociale. I confini tra epoca micenea ed alto arcaismo sono segnati da vicende a cavallo tra il mito e la storia: ad esempio, fu l’eroe Teseo ad operare il sinecismo attico, rendendosi responsabile di un’unificazione

politica che grande eco ebbe nei risvolti stroico-politici successivi.34 I mythoi,

ovvero le narrazioni leggendarie tramite le quali si tenta di definire la personalità e

31 MAZARAKIS AINIAN 1999. 32 BÈRARD 1982, p. 89. 33 Ibid., p. 100.

34

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13 le sfere di influenza di dei ed eroi, sono fissati in calendari di festività e vedono la

propria diffusione in questi anni in cui le poleis sono ancora in fieri.35

Nel caso della sede di culto di un eroe, la terminologia può essere diversa e dipendere dalle differenti tipologie che le evidenze archeologiche ci restituiscono: trattandosi di norma della tomba di un eroe, si può avere a che fare con un heroon, ma si trovano anche sema, mnema, theke, taphos. Vengono anche impiegati nelle fonti letterarie, che riportano le informazioni su di essi, termini abitualmente attribuiti a edifici sacri, sede di culti divini: temenos, hieron, naos, alsos. La collocazione degli herôa in relazione agli spazi circostanti, consente di aprire una breve parentesi su alcuni aspetti della morte nell’antica Grecia, tematica che è chiaramente connessa con l’argomento cardine della tesi. La necessità di purificazione dal miasma, dovuto dalla presenza di un defunto, si riscontra a

partire da Esiodo.36 Il mondo miceneo, infatti, ha restituito in alcuni casi delle

tombe all’interno della città, laddove, invece, nel mondo greco, ciò non rappresenta la consuetudine, essendo le necropoli collocate di norma al di fuori delle mura. Il motivo di una tale prescrizione non deriva solo da un fattore di igiene, ma dal superstizioso terrore nei confronti dei fantasmi. In ambito preistorico è stato elaborato un concetto similare che ha fornito un’esemplificazione chiara del binomio contaminazione/purificazione nel contesto della deposizione dei defunti: i funerali rappresentano per eccellenza un momento di contaminazione per i vivi, i quali sono direttamente posti a contatto con il corpo in putrefazione. Da tale condizione di impurità, deriva la necessità di procedere a riti che consentano di ristabilire una condizione originaria di purificazione dal miasma, prescrizione condivisa da diversi popoli e comunità.37 L’onore di venire sepolti nell’ambiente civico è riservato ai mitici fondatori delle colonie, dal momento che la loro presenza, quantomeno in linea teorica, deve sempre essere

35

Il mito, nel mondo greco, ha un’importanza fondamentale dal momento che molte realtà esistenti, non solo inerenti all’uomo, ma anche alla natura, vengono spiegate attraverso narrazioni fantasiose. Inoltre, dalla sfera del mito si possono trarre informazioni sul contesto religioso in cui si innesta il culto degli eroi, le quali devono essere vagliate alla luce delle recenti scoperte archeologiche, come dimostrerò nel prosieguo del lavoro.

36 Basti pensare all’interdizione di procreare se si è appena tornati da un funerale; cfr. Esiodo, Le

opere e i giorni, vv. 735-736, in cui si dice esplicitamente che bisogna prima imbandire un festino

in onore degli dei.

37

Cfr. PARKER PEARSON 2003, pp. 24 ss., in cui sono riportati i riferimenti agli studi condotti da Okely in campo antropologico in merito al concetto di delimitazione di un’area non soggetta a contaminazione (da qui l’isolamento delle necropoli al di fuori del corpo civico), che ha fornito delle basi per i successivi sviluppi negli structuralists e post-processualists studies in ambito archeologico.

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14 mantenuta costante all’interno del territorio in cui risiede la comunità. Il culto degli antenati ha alcuni tratti peculiari: innanzitutto si ha a che fare con personaggi che hanno dato inizio a una discendenza in un gruppo familiare o a una

comunità.38 Il culto perpetrato in onore degli antenati ha, inoltre, di norma, un

carattere più ristretto in quanto il personaggio oggetto di devozione è conosciuto nell’ambito locale, ed è quindi la comunità che si fa carico di curarne l’aspetto

rituale per legame reale, piuttosto che per timore reverenziale.39 Tra cult of the

dead e ancestor cult intercorre una differenza, intendendo col primo non un culto vero e proprio, ma degli atti rituali inerenti al cordoglio funebre, al funerale, alle disposizioni di offerte e alle pratiche da svolgere nel periodo successivo alla morte del defunto; essi non si protraggono nel tempo e sono concentrati in un arco temporale ridotto. Gli atti rituali in onore degli antenati sono invece reiterati, e danno vita a un vero e proprio culto con riuso funzionale o sporadico di tombe di

età micenea, anche se non necessariamente hanno luogo presso una tomba.40

Tornando alle diverse forme di venerazione degli eroi rispetto a quelle rivolte agli antenati, i primi sono diventati oggetto di culto perché si sono distinti in vita, per virtù, personalità e gesta, o per aver avuto una morte eroica. Il loro spirito è quindi visto con devozione reverenziale ed è reso oggetto di adorazione presso la tomba. Ma la loro fama può anche oltrepassare i confini ed espandersi. Il culto degli antenati coincide, in alcuni casi, col culto dei fondatori di una città e non soltanto di una discendenza. Talvolta i loro nomi sono le proiezioni dei nomi delle famiglie, dei clan, delle tribù, dei demi, dei territori, delle città. I rinvenimenti archeologici di herôa in area coloniale risultano maggiori rispetto a quelli della Grecia continentale. Ma come De Polignac precisa, l’istallazione del culto in onore del fondatore non è necessariamente contestuale alla fondazione della città: in alcuni casi essa «poteva assumere anche la forma della “scoperta” della sepoltura dell’eroe, quando il suddetto spazio urbano in via di sistemazione utilizzava vecchie aree di seppellimento nelle città di antica fondazione nelle quali

38 Cfr. ANTONACCIO 1993, pp. 47 ss., in cui si fa presente che il ricorso al termine “antenati” è

raro nella tradizione scritta. Antonaccio utilizza il termine per indicare convenzionalmente gli antenati che sono coinvolti nel processo di creazione di un nucleo familiare, di cui si ha un riscontro in termini archeologici. D’altro canto, sulla base delle considerazioni di Humpreys, contesta il fatto che la definizione delle strutture politiche (aventi come base la polis), abbia come punto iniziale l’appartenenza alla stessa genealogia; ritiene invece che la definizione delle tribù, trittie e fratrie, dipenda dall’unione di famiglie (oikoi) differenti.

39 Sulla validità del sentimento di appartenenza ad un oikos, molto sentito in ambito greco, cfr. ivi. 40

(15)

15

la mansione di fondatore era affidata a un personaggio leggendario».41 La

localizzazione degli herôa dipende dal carattere e dalle prerogative del soggetto del culto: come nel caso degli dei, si colloca in aperta campagna, lungo le strade, o subito fuori l’abitato, e, come abbiamo visto nel caso di eroi fondatori, persino all’interno delle città, nell’agora.

Altra prerogativa che accomuna il culto degli dei a quello degli eroi è l’attuazione di pratiche rituali atte a sottolineare la forma di venerazione nei confronti di un essere ritenuto superiore. Il sacrificio e le offerte rituali costituiscono, nel sistema religioso greco, il fulcro del legame che l’uomo stabilisce con la divinità. Il principio della giusta ripartizione dell’onore, timè, da tributare a ciascun dio ed eroe, costituisce la base per l’istituzione del sacrificio con le regole che gli sono

proprie.42 Lo studio approfondito delle varie categorie di sacrifici attribuibili a

culti di eroi, è stato condotto con acribia da Ekroth,43 il quale si è avvalso

esclusivamente della comparazione tra fonti letterarie ed epigrafiche per trarre le informazioni pertinenti al suo lavoro. Il periodo preso in esame va dal 700 al 300 a.C., ossia da età arcaica a età ellenistica; le testimonianze in esso prodotte, riflettono una consapevolezza dell’eterogeneità delle figure eroiche. Esse vengono collocate in base alla loro maggiore o minore “vicinanza” ad una sfera umana o divina, riscontrabile anche nel sacrificio. Come Pirenne Delfonge chiaramente spiega, le scelte operate preliminarmente allo svolgimento del sacrificio, ovvero l’insieme delle regole ad esso sottese, consentono di ottenere delle informazioni sul destinatario del sacrificio: l’animale designato, la presenza di offerte complementari, la ripartizione delle parti, la struttura adottata per bruciare le

offerte, laddove questa sia prevista.44 Ed è sulla base di queste differenze,

piuttosto che nella volontà di inquadrare i sacrifici in categorie prestabilite, la cui classificazione risulta molto complessa, che si orientano gli studi degli ultimi anni, laddove le evidenze archeologiche, epigrafiche o letterarie, consentono di ampliare la discussione sui culti esaminati. Tali pratiche potevano comprendere il sacrificio animale ovvero la thysìa, atto che consta di diversi momenti durante i

41 DE POLIGNAC 1984, p. 134.

42 Cfr. PIRENNE DELFONGE 2011, pp. 118 ss. la quale riprende il concetto di timè nei termini

posti da Esiodo, cioè come l’insieme degli onori che devono essere tributati al dio o all’eroe da una parte e come le competenze e le prerogative che sono loro proprie.

43 Cfr. EKROTH 2002.

44 Cfr. PIRENNE DELFONGE 2011, in cui, partendo da queste considerazioni, viene mossa

l’ipotesi della differenza che intercorre tra sacrificio rivolto a divinità ctonie e sacrificio rivolto a divinità olimpiche.

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16 quali gradualmente si fa ascendere la vittima designata da uno stato profano a uno sacro per poi provvedere all’uccisione. Grazie alla mediazione della vittima i due

mondi entrano in contatto, pur restando nettamente differenziati l’uno dall’altro.45

Il mito di Prometeo, narrato nella Teogonia di Esiodo, spiega la parcellizzazione dell’animale sacrificato; essa prevede che grasso, ossa e interiora, vengano destinati agli dei, per il tramite del fumo prodotto dalla combustione degli stessi, mentre il restante quantitativo di carne spetta agli officianti del rito che lo

dividono e lo consumano nel pasto rituale.46 D’altro canto, la valutazione della

spartizione delle porzioni di carne destinate agli ufficianti a seguito dell’uccisione degli animali, non può essere esaminata in maniera univoca, ma in relazione a

ciascun culto.47 La forma di sacrificio comunemente usata nei confronti degli eroi

differisce da quella indirizzata agli dei (thysíai) per vari aspetti; atti rituali di questo tipo vengono chiamati ἐνάγισμοι o ἐναγίσματα. Essi, a differenza delle thysìai, non implicavano il pasto sacrificale, dal momento che gli animali impiegati (nello specifico tori, buoi, pecore, montoni, agnelli e capre) nella maggior parte dei casi venivano lasciati sul luogo o interamente bruciati.

Sulla base delle ricerche condotte da Ekroth, nelle fonti letterarie anteriori al 300 a.C. sono presenti in quattro casi sacrifici del tipo ἐναγίζειν come forme rituali indirizzate a eroi:

Term Recipient Source Date

ἐναγίζειν Killed Phokaians Hdt. 1. 167 5th century BC

ἐναγιζειν ὡς ἥρῳ Herakles Hdt. 2.44 5th century BC

ἐναγίζειν Atreidai, Tydeidai,

Aiakidai and Laertiadai

Mir. Ausc. 840a 4th century BC

ἐναγίσματα Harmodios and

Aristogeiton

Ath. Pol. 58.1 4th century BC

Tab. 1 da EKROTH 2002, p. 82.

45

Cfr. DÉTIENNE, VERNANT 1979, pp. 4 ss.

46 Esiodo, Teogonia, vv. 535 ss.

47 Cfr. EKROTH 2002, pp. 140 ss. in cui si apre una parentesi sulla spartizione delle carni tra gli

officianti sulla base di alcune iscrizioni, tra cui il decreto degli orgeones dell’eroe e delle eroine, datato al V sec a.C.

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17 Nel primo caso citato in tabella, Erodoto narra che chiunque passasse in prossimità del tumulo innalzato per i Focei lapidati dagli Agillei, avrebbe subito una menomazione nel fisico. Per ovviare a questa sorta di maledizione, l’oracolo di Delfi ordinò che venisse compiuto un sacrificio ”in maniera grandiosa” in

onore dei defunti Focei e che fossero indetti giochi atletici e gare di cavalli.48

Dunque si ricorre a una forma sacrificale di tutto rispetto sullo sfondo di un contesto festivo-rituale; l’oggetto del sacrificio non è esplicitamente indicato, ma di certo implicava l’offerta di animali presso il tumulo dei defunti eroicamente periti in guerra, consentendo così di ascrivere l’episodio nel ricorrente motivo

dell’uccisione sacrificale volta a placare e propiziarsi i destinatari.49

La seconda ricorrenza citata nella tabella è pertinente a un celeberrimo passo di Erodoto, in cui si fa riferimento alla duplice natura di Eracle, al quale si sacrifica e come eroe e come divinità: coloro che tra i Greci rispettano questo principio sono nella giusta interpretazione del mito e della corretta trasposizione dello stesso nel campo religioso: «τὰ μέν νυν ἱστορημένα δηλοῖ σαφέως παλαιὸν θεὸν Ἡρακλέα ἐόντα, καὶ δοκέουσι δέ μοι οὗτοι ὀρθότατα Ἑλλήνων ποιέειν, οἳ διξὰ Ἡράκλεια ἱδρυσάμενοι ἔκτηνται, καὶ τῷ μὲν ὡς ἀθανάτῳ Ὀλυμπίῳ δὲ ἐπωνυμίην θύουσι, τῷ δὲ ἑτέρῳ ὡς ἥρωι ἐναγίζουσι».50

Nel corso di uno dei suoi viaggi, Erodoto stesso dice di essersi trovato a Tiro e a Taso, dove ha potuto constatare la presenza di due templi dedicati ad Eracle, che era originariamente conosciuto, nella versione fenicia, come dio Melqart. D’altro canto, l’Eracle venerato nel mondo greco, figlio di Anfitrione, nacque almeno cinque generazioni dopo la costruzione del tempio di Taso, determinando due

48

Erodoto, I, 167: «ἡ δὲ Πυθίη σφέας ἐκέλευσε ποιέειν τὰ καὶ νῦν οἱ Ἀγυλλαῖοι ἔτι ἐπιτελέουσι: καὶ γὰρ ἐναγίζουσί σφι μεγάλως καὶ ἀγῶνα γυμνικὸν καὶ ἱππικὸν ἐπιστᾶσι.» «E la Pizia ordinò

loro di far compiere quelle cerimonie che gli Argillei compiono ancora oggi: esse infatti offrono sacrifici funerari grandiosi e celebrano in onore dei morti un agone ginnico ed equestre.»

49 L’istituzione di giochi funebri in concomitanza con lo svolgimento di mense sacrificali, ha luogo

nonostante nel caso citato la collocazione del tumulo non sia in area greca.

50 Erodoto II, 44 relativamente al culto istituito in Egitto e Pausania II,10,1 relativamente al culto

istituito a Sicione, in cui Eracle riceveva sia l’una che l’altra tipologia di sacrificio, a sottolineare la sua duplice natura di eroe da un lato e di divinità dall’altra cfr. per ulteriori dettagli sull’impiego della terminologia relativa al sacrificio anche PARKER 2005, pp. 40 ss., in cui si attribuisce l’adozione di una terminologia differenziata alla volontà di sancire una differenza che deve riflettersi anche nella modalità di esecuzione del sacrificio. In altri passi Erodoto invece adotta il verbo θύειν anche in relazione a culti indirizzati ad eroi.

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18 differenti riti a lui connessi: l’uno come divinità olimpica nel mondo fenicio,

l’altro come eroe in quello greco.51

Nel terzo caso presentato dalla tabella esemplificativa, si ha una più dettagliata spiegazione e settorializzazione nell’indirizzo del sacrificio: lo pseudo-Aristotele nei Racconti meravigliosi informa che in determinati momenti erano compiuti sacrifici, indicati col termine enagizein, agli Atridi, ai Tideidi, agli Aiacidi e ai Laerziadi, mentre in un giorno particolare agli Agamennonidi veniva indirizzata una thysìa, nel corso della quale alle donne non era permesso prendere parte al pasto rituale. Sulla base di questa precisazione, di altre evidenze e sul fatto che i rituali indicati con il termine thysìa prevedevano la suddivisione tra i partecipanti delle carni sacrificate, Ekroth ha supposto con molte riserve che, nel caso della

pratica indicata col termine ἐναγίζειν, non fosse compreso un pasto rituale.52

La quarta fonte citata in tabella, la Costituzione Ateniese di Aristotele, riporta le prerogative del polemarca in ambito sacro: egli compie i sacrifici ad Artemide Agrotera e ad Enialio, si occupa dell’arrangiamento dei funerali per i caduti in guerra e compie sacrifici ad Armodio ed Aristogitone. Nel primo caso Aristotele ricorre ai termini θύει θυσίας, trattandosi di divinità cui si compivano dei sacrifici al fine di commemorare la vittoria conseguita a Maratona. Nel secondo caso Aristotele ricorre alla formula ἐναγίσματα ποιεῖ, per la cui spiegazione è necessario aprire una parentesi di carattere filologico: il testo in esame è il seguente:

«ὁ δὲ πολέμαρχος θύει μὲν θυσίας τῇ τε Ἀρτέμιδι τῇ ἀγροτέρᾳ καὶ τῷ Ἐνυαλίῳ, διατίθησι δ᾽ ἀγῶνα τὸν ἐπιτάφιον, {καὶ} τοῖς τετελευτηκόσιν ἐν τῷ πολέμῳ καὶ

Ἁρμοδίῳ καὶ Ἀριστογείτονι ἐναγίσματα ποιεῖ.»53

La presenza di καὶ ha dato adito a diverse interpretazioni, secondo cui rispettivamente essa va espunta, emendata o mantenuta: nel caso dell’espunzione della congiunzione, i giochi funebri sarebbero indirizzati ai caduti in guerra; nel caso dell’emendazione di kai in epi, il culto di Armodio ed Aristogitone andrebbe inteso come distinto dalla commemorazione dei defunti in guerra, così come

51 Cfr. VERNBANCK-PIERARD 1989, pp. 43 ss.

52 Cfr. EKROTH 2002., pp. 84-85 che riprende testualmente Ps-Aristotele, Racconti meravigliosi,

840a.

53

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19 uguale interpretazione è data dai sostenitori di un mantenimento della congiunzione kai. Ciò porrebbe in correlazione le due proposizioni (sia…, sia) a sottolineare comunque la distinzione tra i culti perpetrati in onore dei mortali caduti in battaglia rispetto all’offerta dei sacrifici indirizzata ai due tirannicidi. Dunque la questione si pone nei seguenti termini: o il termine enagismata e i giochi funebri sono attribuiti ad entrambi i destinatari, ovvero ad Armodio ed Aristogitone insieme con i defunti in guerra, o sono attribuiti rispettivamente all’uno e all’altro. Sembra che gli studi attuali propendano per la prima tesi, e che il termine enagismata, insieme ai giochi funebri, siano attribuiti ad Armodio e ad Aristogitone, così come anche ai caduti in guerra, dal momento che entrambi gli atti rituali erano responsabilità del polemarco, entrambi erano svolti nel Demosion Sema e nell’area dell’Accademia ed entrambi erano connessi al benessere

comune.54

La distinzione tra θυσίαι ed ἐνάγισμοι non è presente in maniera esplicita in Pausania, il quale fa riferimento all’una e all’altra tipologia in proporzioni quasi

uguali.55 Tuttavia egli ricorre a termini relativi a sacrifici del tipo enagismos in

relazione a culti rivolti ad eroi ed in concomitanza con luoghi di sepoltura quali taphos, mnema, polyandrion, choma ges,56 consentendo di ritenere, con tale attribuzione, che fosse rilevante nel testo di Pausania la connessione tra la pratica rituale ed i suoi effettivi destinatari. Un altro termine ricorrente (sei volte) nei sacrifici agli eroi, implica il ricorso alle libagioni, tre in cui si trova il verbo spendein, e tre in cui è presente il verbo chein. In sostanza, l’interpretazione che Ekroth dà dell’impiego da parte di Pausania dei termini thyein ed enagizein nei culti rivolti ad eroi, è la seguente: il primo termine è usato in sacrifici regolari, alimentari, di eroi che sono più vicini ad una sfera divina e in rituali in genere che comprendono il pasto rituale; il secondo è praticato in situazioni estreme, in un contesto di morte e contaminazione, e prevede in molti casi la distruzione delle vittime. Si tratta dei cosiddetti sacrifici distruttivi, di solito impiegati in culti il cui carattere implicava una forma di impurità. Il ricorso al corrispettivo termine greco

54 Per le posizioni assunte dai diversi studiosi in merito alla questione filologica cfr. EKROTH

2002 p. 84.

55 Per lo studio sull’interpretazione dei sacrifici agli eroi dalla lettura di Pausania, cfr. EKROTH

1999, pp. 145 ss.

56 Eccetto un caso, Pausania VIII, 34, 3, in cui l’autore si rivolge alle Dee Nere. Nello specifico,

egli adotta il termine enagismos nei seguenti casi: connessione con eroi defunti e tombe in generale; per culti di eroi che implicano contaminazioni, anatemi, vendetta e morte violenta; per contrasti tra culti divini ed eroici e per rituali antichi nel tempo.

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20 holokautein ricorre rare volte nelle fonti letterarie ed epigrafiche, mentre è

preferibile l’indicazione del termine ἐνάγισμος e suoi derivati.57

Le evidenze archeologiche riscontrate a oggi nei siti in cui è presente un culto di tipo eroico, sebbene casi simili meritino di essere esaminati con le dovute cautele, hanno confermato le notizie derivanti dalle fonti epigrafiche e letterarie. Si tratta di una rilevanza difficilmente verificabile con certezza, dal momento che si tratta di un tipo di sacrificio a seguito del quale si presuppone che l’animale sia combusto in toto e che dunque l’unica evidenza archeologica sia costituita dai resti di ossa in uno stato avanzato di combustione; ma comunque, anche in questo ambito di studio, è emerso che la prevalenza dei riti si svolgeva nella forma del sacrificio del

tipo ἐνάγισμος.58 Un’altra interpretazione prevede che l’adozione di sacrifici in

cui l’intero corpo della vittima era destinato a essere distrutto, sono riconducibili a due tipologie: si tratterebbe o di vittime realmente esistite, vissute e morte, che dal sacrificio avrebbero tratto il nutrimento necessario; oppure, la distruzione totale della vittima sacrificale, non compiuta necessariamente col fuoco, renderebbe più

efficace il contatto con le forze divine e della natura,59 ma personalmente, sulla

base dei dati che ho raccolto dallo studio di contesti rituali rinvenuti in Magna Grecia e inSicilia, in cui si ipotizza che venissero praticati dei culti in onore di figure eroiche, ho potuto riscontrare il ricorso a sacrifici del tipo thysíai, piuttosto

che a sacrifici del tipo enagismos.60

Ulteriori studi condotti in merito a pratiche del tipo enaghizein, evidenziano che la distribuzione del termine nell’arco dei secoli, mostra un incremento del suo impiego nel periodo Ellenistico e Romano. Questo fenomeno è giustificato dalla tipologia delle fonti che attestano la sua presenza, in quanto sono state influenzate sicuramente dalle tendenze antiquarie e dalla volontà di distinguere gli antichi culti eroici dai più recenti. Inoltre, il fatto che sacrifici del tipo enagizein venissero attribuiti ad eroi caduti in battaglia, può essere interpretato come la volontà di valorizzare il passato alla luce di una realtà politica ormai differente, in cui

57 Cfr. EKROTH 2002, pp. 133 ss., in cui cita, tra gli esempi di testimonianze letterarie, delle

tipologie rituali presenti in due calendari dell’Attica.

58 Cfr. EKROTH 1998, pp.117 ss. 59 Cfr. NOCK 1972, pp. 590 ss.

60 Approfondirò la problematica nel IV capitolo, vagliando le informazioni fornite dai dati

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21 l’autonomia della polis e la sua celebrazione attraverso le istituzioni che le erano

proprie rappresentano solo un ricordo.61

Il luogo in cui vengono svolti i sacrifici è notoriamente l’altare, che presenta diverse forme e dimensioni a seconda del rito praticato e del suo destinatario. Le pratiche sacrificali sancite dal termine ἐναγίζειν vengono di norma compiute su un’eschára, altare che, con la sua struttura bassa marca il legame con l’ambiente ctonio, cui pervengono il sangue delle vittime sacrificali e le libagioni. Tale altare non è eccessivamente elaborato, si presenta di norma a forma di imbuto aperto nella parte bassa e scavato nel terreno, ma anche nella forma di tumulo. Differisce dal bomos, perlopiù impiegato nei riti rivolti agli dei e che presenta una struttura di norma più elaborata ed è realizzato in pietra. Esso può talvolta essere impiegato anche nel culto rivolto agli eroi, come nel caso del cippo con iscrizione rinvenuto in Attica a Porto Raphti, risalente al IV sec. a.C. e che riporta l’iscrizione: altare

degli Eraclidi.62 Carattere ancora più provvisorio ha il bothros, scavato al fine di

mettere in contatto il mondo terreno con l’ambiente ctonio e propiziarsi l’entità divina per cui è stato realizzato. Spesso attraverso la cavità perveniva il sangue libato al destinatario del culto, il quale era chiamato a presenziare alla

cerimonia.63 Altra pratica connessa al culto degli eroi è la theoxenia, per cui le

offerte vengono collocate su delle tavole, trapezomata,64 e presentate agli dei o

agli eroi, invitandoli letteralmente a prendere parte al rito sacro. Si tratta in questo

caso perlopiù di offerte non cruente, caratterizzate da torte,65 cereali, frutta e

verdure, ma possono anche comprendere interiora di animali cotte, splanchna e dunque costituire la fase successiva al sacrificio animale. La valutazione dei diversi cibi consumati nell’antica Grecia assume un significato particolare nel caso del sacrificio, dal momento che anche lo studio dei cibi offerti in tali

61 Tra i principali autori che valorizzano gli ideali e le istituzioni del passato si cita Pausania, al

quale farò riferimento in maniera puntuale nelle pagine successive, ma anche Plutarco, Filostrato ed Eliodoro.

62 Cfr. EKROTH 2002., pp. 29-30, in cui si trova anche un’immagine dell’horos che

probabilmente delimitava l’area sacra in cui si trovava l’altare.

63 In base agli studi sulla ricorrenza del termine nelle fonti letterarie ed epigrafiche è emerso che

l’associazione esclusiva a figure eroiche, è attestabile a partire da età romana in poi. Cfr. ibid., p. 72.

64 Il termine per sineddoche rappresenta non solo la tavola ma anche le offerte di tipo alimentare

che in essa sono poggiate e ricorre con frequenza maggiore rispetto a “theoxenia”. Cfr. JAMESON 1994, pp. 35 ss.

65 Anche nel caso dell’offerta della torta, sulla base degli ingredienti con cui è stata realizzata e

sulla forma, si possono trarre molte conclusioni relativamente ai caratteri del culto, ma chiaramente non ci si può avvalere che di fonti letterarie ed epigrafiche per la valutazione delle stesse; per ulteriori approfondimenti rimando a KEARNS 1994, pp. 65 ss.

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22 occasioni, può dare delle indicazioni sulla tipologia del culto e sulle caratteristiche del suo destinatario. Il banchetto rituale sancisce l’avvicinamento degli uomini agli dei tramite l’offerta di primizie ed eccellenze utile a ingraziarsi la divinità, la

quale è invitata a prendere parte al banchetto sacro.66 È testimoniato anche il

ricorso al termine Ἑροξείνια in un’iscrizione del tardo IV sec. a.C. che riporta una

festività religiosa celebrata a Taso.67 La libagione costituisce l’atto di versare del

liquido marcando una transizione che sancisce la protezione divina. Il vino, nel mondo greco, era bevuto diluito con acqua e le sue proprietà, se consumato con moderazione, erano benefiche. Era associato al momento del banchetto, di cui era bevanda gradita e simbolo di socialità. Il miele poi era un alimento accessibile ai bambini, poteva essere associato agli dei in quanto simile all’ambrosia, ma anche alle Ninfe, mentre l’acqua aveva proprietà calmanti ed una forte valenza

purificatrice.68 Categoria a sé era costituita dai rituali “sobri”, i νηφάλια: essi non

implicavano l’utilizzo del vino e secondo l’opinione di Pirenne-Delfonge, basata su evidenze letterarie ed epigrafiche, sono attribuibili a diverse categorie divine. L’assenza di vino potrebbe marcare la primitività del culto praticato; Porfirio a proposito di ciò, riferisce che la pratica del sacrificio del tipo nephalia era la prima ad essere svolta e che in essa si faceva ricorso a liquidi innocui, quali miele,

latte, olio ed acqua.69 Tale connessione in altri casi sarebbe da ascrivere al

carattere vitale e al legame con la fertilità, che rende offerte dolci più adatte a soddisfare le divinità cui vengono destinate; nel caso di Mnémosyne e delle Muse, il miele è metafora dell’ispirazione divina, e specificatamente a Delfi, l’acqua è

rappresentativa delle fonti sacre di cui sono le protettrici.70 Il sangue costituisce un

elemento distintivo nel sacrificio tributato agli eroi e in molti casi marca il legame con l’aspetto guerriero della figura venerata, la cui morte in battaglia funge da

66 Cfr. BRUIT 1989, pp. 13 ss., secondo cui si tratta piuttosto di un modo per ristabilire la

commensalità tra gli uomini, cittadini della stessa comunità. Tale rapporto è concepibile in relazione alla divinità soltanto nel mito, dal momento che la diversa natura dei due generi ne preluderebbe un rapporto di condivisione alla pari.

67 Cfr. JAMESON 1994, pp.36 ss. in cui si possono trovare altri esempi relativi a questo termine

(LSS 69,3; Salviat BCH 1958, 254-259, ma anche Schol. Pind. Nem. 7.68).

68 Cfr. PIRENNE-DELFONGE, PRESCENDI 2011, pp. 120 ss. 69

Porfirio, Astinenza dagli animali, II, 20.

70 Cfr. PIRENNE-DELFONGE, PRESCENDI 2011, p. 117 ss., in cui si fa riferimento ai casi degli

dei: «Hélios, Sélénè, Èos, les Vents, les Zeus météorologiques, le Zeus Cultivateur, le Poséidon proche du sol, Déméter et Korè, Despoinai, les Moires, les Tritopatreis, les Nymphes et Aphrodite Ourania.»

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23

tratto di unione con la sphagia compiuta.71 Talvolta esso veniva conservato e

consumato al pari delle carni, come dimostra il caso della thysìa indirizzata a Pelope nella città di Olimpia, in cui veniva svolta la preliminare raccolta del sangue delle vittime, l’haimakouria, versato direttamente sulla tomba dell’eroe o raccolto in un bothros; ciò è testimoniato anche da Pindaro, che sembra riportare i

dati del rituale così come si svolgeva ai suoi giorni.72 Altre volte, invece, l’uso del

sangue serviva a far sì che l’eroe prendesse parte attiva al banchetto, cui spesso seguivano attività agonali. Nel caso della Lex sacra di Selinunte, iscrizione della

metà del V sec. a.C.,73 il sacrificio votato ai Tritopatores, probabilmente degli

antenati divinizzati di un particolare gruppo sociale o famiglia che ne curava il culto, avveniva prima della celebrazione della festa annuale in onore della dea Kotyto, ed ogni quattro anni in occasione del primo giorno della tregua sancita dai Giochi Olimpici. Tale rituale era svolto in due momenti e con prerogative

differenti:74 inizialmente era rivolto ai Tritopatores μιαροῖς, ovvero impuri, i quali

erano i destinatari di sacrifici così come venivano tributati agli eroi, ossia versando una libagione di vino sul terreno, destinando loro la nona porzione di carne posta sulla pira sacrificale, e facendo un’aspersione ed una consacrazione. Diversamente si sacrificava ai Tritopatores καθαροῖς, ovvero puri, ai quali veniva destinata una vera e propria theoxenia: venivano loro offerti un agnello maturo,

vittima sacrificale precedentemente designata, ed una mistura a base di miele.75 Il

rito prevedeva la disposizione di una kline con accanto una trapeza su cui erano disposte una tovaglia pulita, delle corone di olive, delle coppe nuove con all’interno la mistura già citata, torte e carne; il sacrificio ancestrale si sarebbe concluso con la combustione delle offerte e la libagione del miele, così come era previsto per gli dei. Con molta probabilità la contaminazione cui si allude nel testo

71 Cfr. EKROTH 2007, p. 107, dove si rimanda al caso del generale spartano Brasida, caduto nella

battaglia di Amfipoli contro gli Ateniesi: egli fu seppellito nella città, proclamato nuovo fondatore e venerato come un eroe con giochi, sacrifici comprendenti anche libagioni di sangue, e banchetti di carne indetti per la comunità.

72 Cfr. BRELICH 1958, pp. 95 ss, in cui sono citate le fonti che rimandano al culto in questione: in

Schol. Pind.,Ol., 149 c, la tomba è collocata nello stadio; in Paus. VI, 22, 2 nel santuario di Artemis Kordaka; in Pind. Ol., 1.90, e Paus. V, 13, 1 nel Pelopion stesso.

73 Cfr. JAMESON, JORDAN, KOTANSKY 1993, che forniscono un’accurata analisi

dell’iscrizione incisa su una tavoletta di piombo di dimensioni di 59,7 cm di altezza e 23 cm di larghezza. Di essa si ignora il contesto preciso del rinvenimento, ma, su basi certe (alfabeto, dialetto, contenuto, onomastica), è attribuita a Selinunte.

74

L’opposizione delle due scelte linguistiche è sottolineata da ROBERTSON 2010, che ne evidenzia la collocazione:« hόςπερ τοῖς hερόεςι» ad incipit del discorso relativo alla prima tipologia di sacrificio, ed «hόςπερ τοῖς θεοῖς» collocato ad explicit del discorso relativo alla seconda tipologia, formando così un nucleo tematico suddiviso in uno schema dicotomico.

75

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24 deriva dal contatto con la morte, al quale sarebbero stati in qualche modo esposti gli officianti. A loro è dunque destinata la Lex sacra, che prescrive di compiere dei riti preliminari rivolti ai Tritopatores impuri, al fine di poter poi indirizzare una theoxenia ad un’altra categoria di Tritopatores, questa volta purificati dal miasma causato dagli uomini. Un’altra ipotesi alternativa prevede l’esistenza di

due categorie di Tritopatores,76 il che non stupirebbe se si pensasse alla duplice

natura di personaggi del mito di spiccata levatura, tra i quali ad esempio Eracle, con i relativi culti a lui tributati sia a Sicione che a Taso.77 Personalmente sono dell’idea che la Lex sacra preveda lo svolgimento di un rito in due fasi: il rituale preliminare è volto alla progressiva purificazione degli officianti che, in relazione alle figure cui il rito è rivolto, passano da uno stato “impuro” ad uno “puro”, e possono così accedere alla seconda fase dei rito.

Un’altra differenza nello svolgimento del rito in onore degli eroi o degli dei, è data dal momento nell’arco della giornata: nel caso si tratta del primo caso si sacrifica verso la sera o di notte, e comunque dopo mezzogiorno; nel caso si tratta del secondo, di giorno. Ma anche alcune caratteristiche degli animali differiscono dall’uno all’altro caso: agli dei dovevano essere indirizzate vittime bianche, mentre agli eroi vittime nere. Le vittime sacrificali destinate agli dei venivano sgozzate tendendo la testa verso l’alto; differentemente, nel caso di riti dedicati

agli eroi essa era rivolta verso il basso.78 Riportano tali informazioni autori della

tarda antichità, quali Apollonio Rodio o gli scoliasti ai testi di Euripide, per cui

non si può avere la certezza che esse siano attendibili o meno.79

La tematica del sacrificio ha dato adito a speculazioni di diverso respiro, con il denominatore comune che vede questa pratica come un modo per ingraziarsi la

76 Ho riportato le teorie più accreditate in merito all’identificazione dei Tritopatores citati nella

Lex sacra Selinuntina. Per ulteriori approfondimenti cfr. JAMESON, JORDAN, KOTANSKY

1993, pp. 14 ss., in cui vengono fornite diverse plausibili spiegazioni che possono giustificare la differente natura dei personaggi presentati, e dei riti a loro rivolti, sulla base dell’indagine di altri casi simili presenti nel mito. Cfr. anche ROBERTSON 2010, pp. 174 ss., che attribuisce ai

Tritopatores un carattere legato alla sfera della fertilità, e ritiene che siano divinità dei venti,

piuttosto che ctonie.

77

Erodoto II, 44 relativamente al culto istituito in Egitto, e cfr. Pausania II, 10, 1, relativamente al culto istituito a Sicione.

78 Cfr. BRELICH 1958, p. 9 ss., in cui si evidenziano alcune differenze pertinenti alle due

categorie divine, tenendo sempre presente che si tratta di informazioni tarde e dunque non attribuibili con certezza all’intera classicità. Cfr. anche PARKER 2005, p. 41, per una puntuale bibliografia in merito.

79 Il fatto che si tratti di autori tardi determina alcune problematiche aggiuntive, infatti le notizie

(25)

25

divinità e per renderla propizia, e non come forma di venerazione a priori.80

D’altro canto la celebrazione degli eroi rientra nell’ideologia, propria della religione greca, del do ut des, ovvero dell’utilitarismo di fondo che sta alla base dell’intero sistema religioso. L’eroe, essendo stato lui stesso un uomo, è ai suoi compagni più prossimo; portatore di benefici spirituali e fisici, è degno di essere venerato. Van Straten ritiene che sia “fisicamente” vicino agli uomini: sia da un punto di vista geografico, per l’ubicazione degli herôa all’interno dei centri abitati, sia dal punto di vista spirituale, dal momento che la natura più modesta dell’eroe lo rende predisposto a sopperire alle mancanze e ai bisogni di ogni giorno. D’altro canto, però, non bisogna pensare si tratti esclusivamente di entità benevole. Una caratteristica che deve parimenti essere attribuita agli eroi è la venatura negativa che in molti casi si manifesta in maniera palese: talvolta infatti, pur non essendoci un motivo reale, si dimostrano aggressivi e sono causa di grandi mali, anche perchè, essendo in qualche modo degli spettri, risulta palese il loro legame con la morte e dunque con ciò che costituisce da sempre per il mondo greco motivo di paura e terrore reverenziale. Una molteplicità di azioni disdicevoli è loro attribuita a causa del legame con la morte, e con ciò che ad essa compete, e non per una predisposizione naturale ad agire in maniera negativa

senza un’apparente motivazione morale.81

Ciononostante, il fenomeno dei culti rivolti agli eroi è grandemente attestato nel mondo greco, e l’alta percentuale di siti in cui si attesta un culto in onore di un eroe è testimoniata, nello specifico, dai dati che si traggono da quattro calendari delle festività in Attica, risalenti all’età classica. Dei 170 sacrifici citati, è emerso che il 40% è riferibile a eroi; relativamente a questi sacrifici, il 38% del budget è impiegato per il reperimento delle vittime. Dati che confermano l’importanza del culto degli eroi nel panorama

religioso greco.82

80 A tal proposito emerge con maggiore preponderanza la differenza con la religione cristiana, in

cui si proclama l’importanza ed il valore della preghiera a prescindere dall’esito ottenuto.

81 Cfr. BRELICH 1948, pp. 226 ss., in cui si motiva la predisposizione al male attribuita a molti

eroi non solo in relazione all’attuazione di una vendetta per un torto subito in vita o per l’abbandono del corpo, ma anche per la totale assenza di giustificazioni, basti pensare al caso dell’eroe di Temesa.

82 EKROTH 2002, pp. 155 ss., in cui si sviluppa un esame comparativo delle informazioni sui

rituali proprie dei calendari di quattro demi Attici: si tratta dei calendari sacri di Maratona, Salamina, Thorikos ed Erchia.

Figura

Tab. 1 da EKROTH 2002, p. 82.
Fig. 6 Teseo contro il Minotauro: particolare di un vaso attico a figure rosse, 390 a.C
Fig. 7 Insediamenti enotri in Calabria (da KLEIBRINK MAASCANT 2003).
Fig. 11 Ipotesi ricostruttiva dell’acropoli di Lagaria (da KLEIBRINK MAASKANT 1993).
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