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Controllo e identificazione di un modello dinamico di mano robotica con giunti elastici attuata da tendini

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Academic year: 2021

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(1)

Il mare è sopravvalutato.

Disturbance Observer:

Studio sull’implementazione e il

miglioramento delle prestazioni nei

sistemi di controllo, con particolare

riferimento ai sistemi robotici

Studente: Ilaria Strazzulla

Docente: Lorenzo Pollini

(2)

Indice

Indice delle figure ... 3

1 - Panoramica sui Disturbance Observer ... 5

2 - Applicazioni del Disturbance Observer... 9

3 - Esempi pratici di applicazione dei DO ... 11

3.1 – Disturbance Observer lineare ... 11

Conclusioni... 28

3.2 – Disturbance Observer non lineare ... 29

Conclusioni... 37

3.3 – Applicazione del DO lineare al controllo di un manipolatore robotico ... 38

Conclusioni... 46

(3)

Indice delle figure

Figura 1.1: Evoluzione degli stimatori negli ultimi quaranta anni con la differenziazione dell’oggetto stimato (lo stato o il disturbo) ... 5 Figura 1.2 – Tipico esempio di Disturbance Observer impiegato nel controllo di un sistema robotico: il DO prende in ingresso i wrench noti applicati sul robot e le uscite misurate e stima i wrench non noti esercitati sul robot ... 6 Figura 2.1 – Schematizzazione di un anello di controllo in retroazione con Disturbance

Observer per il controllo dell’inseguimento di una traiettoria da parte di un manipolatore robotico generico ... 9 Figura 3.1.1 – Schema di principio di un Disturbance Observer lineare applicato a un generico sistema meccanico a 2 GdL, SISO ... 11 Figura 3.1.2: Forma equivalente per l’analisi di sensitivit{ del DO ... 14 Figura 3.1.3: Schema di principio di un Disturbance Observer lineare con la presenza di un controllore C(s) ... 15 Figura 3.1.4 – Schema in retroazione del Disturbance Observer adottato per

l’implementazione pratica ... 16 Figura 3.1.5 (pag. successiva): (a) Schema del controllo in posizione di un sistema meccanico rigido con l’utilizzo di DO per reiettare il rumore di misura, i disturbi esogeni e quelli generati dalle incertezze di modello. (b) Schema del controllo in posizione di un sistema meccanico rigido con PID ... 19 Figura 3.1.6: Confronto delle risposte a riferimento costante fra il sistema con PID e quello con PID-DO ... 20 Figura 3.1.7: Confronto delle risposte a riferimento costante fra il sistema con PID e quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco ... 20 Figura 3.1.8: Confronto delle risposte a riferimento costante fra il sistema con PID e quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno a gradino 21 Figura 3.1.9 (pag. precedente): Confronto delle risposte a riferimento costante fra il sistema con PID e quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno composto da gradino e rampa ... 22 Figura 3.1.10: Confronto delle risposte a riferimento a gradino fra il sistema con PID e quello con PID-DO ... 23 Figura 3.1.11: Confronto delle risposte a riferimento a gradino fra il sistema con PID e quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco ... 23

(4)

Figura 3.1.12: Confronto delle risposte a riferimento a gradino fra il sistema con PID e quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno a gradino 24 Figura 3.1.13: Confronto delle risposte a riferimento a gradino fra il sistema con PID e quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno composto

da gradino e rampa ... 25

Figura 3.1.14: Confronto delle risposte a riferimento sinusoidale fra il sistema con PID e quello con PID-DO ... 26

Figura 3.1.15: Confronto delle risposte a riferimento sinusoidale fra il sistema con PID e quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco ... 26

Figura 3.1.16: Confronto delle risposte a riferimento sinusoidale fra il sistema con PID e quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno a gradino ... 27

Figura 3.1.17: Confronto delle risposte a riferimento sinusoidale fra il sistema con PID e quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno composto da gradino e rampa ... 28

Figura 3.2.1: Schema generale del controllo a Computed Torque del manipolatore seriale RR planare completamente attuato. Viene mostrato il confronto fra i due schemi di controllo implementati (con NLDO e senza NLDO) ... 33

Figura 3.2.2: Schema generale del controllo a Computed torque del manipolatore seriale RR planare completamente attuato con l’aggiunta del NLDO ... 33

Figura 3.2.3: Blocco utilizzati per la stima della coppia di disturbo ... 34

Figura 3.2.4: Errori di posizione delle variabili ai giunti per il caso (a) e (b) ... 34

Figura 3.2.5: Evoluzione del primo giunto per il caso (a) e (b) ... 35

Figura 3.2.6: Confronto degli errori di inseguimento dei giunti per i casi (a), (b) e (c) ... 36

Figura 3.2.7: Evoluzione del primo giunto per i casi (a), (b) e (c) ... 37

Figura 3.3.1: Disturbance Observer realizzato per la reiezione dei disturbi di un generico manipolatore robotico ... 39

Figura 3.3.2: Disturbance Observer rappresentato in feedback form ... 40

Figura 3.3.3: Confronto degli errori di inseguimento dei giunti per i casi con DO e NLDO ... 41

(5)

Panoramica sui Disturbance Observer

L’utilizzo degli osservatori è sempre stato di fondamentale importanza nel campo del controllo di sistemi. Un osservatore è un sistema dinamico che ha lo scopo di stimare l'evoluzione di stato di un sistema, partendo dalla conoscenza degli ingressi e delle uscite del sistema. Gli osservatori sono impiegati in numerose applicazioni, dal semplice controllo in feedback, alla monitoraggio dello stato di funzionamento di un sistema, fino alla determinazione di eventuali guasti presenti nel sistema [1].

In Figura 1.1 è possibile osservare l'evoluzione temporale degli osservatori. Si è vista la nascita in principio degli stimatori dello stato o dei parametri strutturali del sistema, che prevedevano l'utilizzo di segnali di output, come nel caso dei Plant Output Based Estimator (OBE) o l’utilizzo di segnali di input, come nel caso dei Plant Input Based Estimator (IBE). Dopo di essi si giunse all'osservato di Luenberger lineare e non lineare, che prevedeva l'utilizzo di segnali sia input che output, come indicato in letteratura. Tra i moderni stimatori di stato si possono individuare la famiglia dei filtri di Kalman (KF, EKF, UKF), che hanno lo scopo di minimizzare lo scarto quadratico sulla stima dello stato. La stessa cosa si è voluta ottenere con l’implementazione dello stimatore H-infinito, con cui si cerca di minimizzare l'errore di stima in presenza di disturbi, nel peggior caso possibile. Infine è nata l'idea di stimare il disturbo che influenza la stima dello stato, considerando la dinamica del disturbo insieme alla dinamica dello stato (stato allargato).

Figura 1.1: Evoluzione degli stimatori negli ultimi quaranta anni con la differenziazione

dell’oggetto stimato (lo stato o il disturbo)

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Il Disturbance Observer (DO) è stato introdotto verso la fine del 1980, pensato specificatamente per il controllo di sistemi meccatronici [2, 3], esso viene utilizzato per stimare gli ingressi e le uscite sconosciute del sistema, a differenza del classico osservatore dello stato. I DO infatti stimano e cancellano le azioni di controllo “non note” del sistema, che per la struttura stessa con cui viene modellizzato, sono i disturbi da reiettare, aumentando molto la stabilità e le performance del controllo. In questo modo si può utilizzare un DO per ridurre il numero di sensori in un sistema [1], abbattendo i costi relativi al loro utilizzo.

Fin dalla loro introduzione i DO sono stati impiegati in numerosi tipi di controllo, come ad esempio per i Direct Drive Motors [4], Active Car Steering [5], per il controllo dei DC Servomotors [6], nel controllo in corrente degli Induction Motors [7] e nel controllo in teleoperazione dei robot [14].

Le potenzialità dei disturbance observer vengono quindi sfruttate in una vasta gamma di applicazioni meccatroniche, anche nel campo della robotica. In quest’ultimo settore i DO sono impiegati ad esempio per stimare le forze generalizzate non note che agiscono su un manipolatore, come mostrato in Figura 1.2.

Figura 1.2 – Tipico esempio di Disturbance Observer impiegato nel controllo di un sistema

robotico: il DO prende in ingresso i wrench noti applicati sul robot e le uscite misurate e stima i wrench non noti esercitati sul robot

In letteratura, la maggiorparte dei sistemi di controllo che utilizzano i DO per applicazioni robotiche, si avvale di modelli linearizzati del sistema robotico da controllare e di tecniche di controllo per sistemi lineari [8, 9, 10, 11]. Bisogna però tenere in considerazione che i manipolatori robotici sono sistemi composti da link accoppiati fra loro, intrinsecamente non lineari, e che non esiste ancora alcuna dimostrazione riguardo alla stabilità e al miglioramento delle performance nel controllo di sistemi robotici che utilizzano DO lineari [12, 13] piuttosto che DO non lineari. D’altra parte c’è da considerare che le tipologie proposte in letteratura di DO non lineari assumono certe restrizioni nella configurazione dei manipolatori robotici.

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Per superare i problemi dovuti alle limitazioni nell’utilizzo del DO lineare per il controllo di manipolatori robotici, Chen et al. hanno proposto un DO non lineare per il controllo non lineare di un manipolatore, implementandolo in modo che non richiedesse in ingresso il valore dell’accelerazione misurata ai giunti [12], sempre difficile da misurare e affetta da forte rumore. La soluzione proposta in [12] risolve il problema di ampliare lo spazio delle possibili configurazioni del manipolatore nel caso in cui si abbia un RR-planare, cioè un braccio formato da 2 link interconnessi tra loro e al telatio per mezzo di 2 giunti di accoppiamento rotoidale.

In un altro articolo, Nikoobin et al. hanno risolto il problema della configurazione di un manipolatore -planare, cioè per un numero n di link di un braccio seriale planare con giunti rotoidali [13].

Nonostante questi miglioramenti introdotti, essi riguardano solo una specifica classe di manipolatori, inoltre le soluzioni proposte non possono garantire la convergenza esponenziale del disturbo da reiettare e nemmeno la convergenza asintotica del disturbo. Nella pratica invece sarebbe auspicabile che la traiettoria dell’errore di inseguimento del disturbo a un certo punto convergesse a zero. Per garantire questo sono stati fatti ulteriori studi incentrati sull’implementazione di un particolare caso di DO, che garantisce la convergenza esponenziale, partendo dalla supposizione che il disturbo vari lentamente nel tempo, oppure garantisce che l’errore rimanga all’interno di una palla limitata, nel caso in cui l’errore vari velocemente nel tempo [39]. Tale caso sarà ripreso e ampliato nel seguito.

Il problema della generalizzazione del modello di un DO è stata quindi affrontata gradualmente, in [12] infatti è stato risolto il problema dell’aumento delle configurazioni per un manipolatore RR-planare, in [13] tale problema è stato affrontato e risolto nel caso più generico di un manipolatore seriale planare a n link. Queste soluzioni appartengono ancora a una classe troppo ristretta di manipolatori, poiché non comprendono i casi di giunti prismatici, i casi non-planari e quelli dei manipolatori paralleli. I robot comunemente utilizzati nell’industria sono infatti bracci articolati che si muovono nello spazio, con giunti sia rotoidali che prismatici, come ad esempio lo EPSON C3, il PUMA 560 e lo SCARA.

Più di recente un nuovo tipo di DO non lineare che risolve il problema dei giunti prismatici è stato proposto in [15], la restrizione che però rimane, sia in questo articolo che in tutti i precedenti, è quella di dover utilizzare la dinamica esatta, sebbene i parametri meccanici di un sistema robotico siano spesso incerti. Il metodo introdotto in [33] inoltre non risolve uno dei problemi pratici che si incontrano in fase di progettazione del DO: il trade-off tra la sensitività relativa al rumore di misura e la velocit{ di convergenza dell’errore di inseguimento del disturbo. Infatti nel tentativo di reiettare il rumore di misura si rischia che l’errore non converga mai, viceversa se si vuole una rapida convergenza dell’errore si rischia di amplificare eccessivamente il rumore di misura.

Per questo motivo sono stati fatti ulteriori studi [39] per implementare una tipologia di DO adatta ancora di più ai sistemi robotici generalizzati, che impone ancor meno restrizioni sulle

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possibili configurazioni del manipolatore e che non richiede la conoscenza della dinamica esatta.

(9)

Applicazioni del Disturbance Observer

Nel campo dei sistemi robotici i Disturbance Observer possono essere classificati in due grandi categorie:

1. Disturbance Rejection : I manipolatori robotici sono soggetti a differenti tipi di disturbi, che vanno dall’attrito ai giunti ai carichi applicati non noti, che influenzano negativamente le performance di posizionamento, accuratezza e ripetibilità delle operazioni compiute dal robot. Grazie all’utilizzo del DO nell’anello di controllo si riesce a reiettare tali disturbi e a migliorare notevolmente le performance. L’idea nell’implementazione del DO è quella di raggruppare tutti i disturbi, di processo e di misura (interni ed esterni), in un unico termine di disturbo ∑, quindi stimarlo e introdurre all’interno dell’anello di feedforward una compensazione per reiettarlo. In Figura 2.1 si può vedere la schematizzazione di un anello di controllo che gestisce l’inseguimento di una traiettoria da parte di un manipolatore robotico generico.

Figura 2.1 – Schematizzazione di un anello di controllo in retroazione con Disturbance

Observer per il controllo dell’inseguimento di una traiettoria da parte di un manipolatore robotico generico

Il sistema in Figura 2.1 prevede un disturbance observer per reiettare a ciclo chiuso i disturbi di sistema e di misura, facendo assumere al sottosistema Robot-DO un comportamento senza disturbi, che permette quindi l’implementazione di un controllore molto più semplice per gestire la dinamica. Inoltre, grazie ai noti vantaggi di compensazione dell’errore tipici del controllo a ciclo chiuso, il DO riesce a far ottenere ottime prestazioni nell’inseguimento della traiettoria desiderata con un’azione di controllo smooth, che non necessita quindi di alti valori per il guadagno d’anello [16].

(10)

Nel caso dei manipolatori il DO può essere utilizzato nel controllo dei giunti come se fossero tra di loro indipendenti, cioè disaccoppiandoli e reiettando le forze generate dal loro reale accoppiamento, le inerzie e le incertezze della dinamica, trattando tutti questi termini come un unico termine di disturbo ∑ [17, 18, 19, 20]. L’azione di controllo infine gestirà ogni grado di libertà in maniera indipendente, riducendo quindi la matrice di controllo a una semplice matrice diagonale.

Un’altra interessante applicazione del DO è quella di migliorare le prestazioni nell’inseguimento di traiettorie, in questo caso i disturbi non modellizzabili, come l’attrito, possono essere stimati e compensati dall’azione del disturbance observer [21, 22]. Un aspetto molto importante nell’utilizzo del DO per la compensazione dell’attrito è che non c’è bisogno di fare alcuna ipotesi sulla natura dell’attrito né sulla tipologia del modello che lo approssima [21].

2. Force Sensing : Poiché l’end-effector del manipolatore entra in contatto con le superfici degli oggetti da manipolare, comprimendole più o meno in base alla loro cedevolezza, normalmente esso è dotato di sensori di forza che misurano l’intensità e la direzione delle forze di contatto [23, 24]. L’utilizzo del DO permette di abbattere notevolmente i costi per la sensoristica del manipolatore, non essendo più necessaria la presenza di sensori di forza estremamente precisi. E’ importante tenere in considerazione il fatto che il DO è stato anche impiegato con successo in applicazioni in cui i sensori di forza non erano presenti [25, 26, 27].

In [26] è mostrato come in un sistema meccanico in cui è presente un forte errore di misura, l’utilizzo di un DO al posto di un sensore di forza migliora le prestazioni del robot nell’interazione con l’ambiente esterno. Questo è spiegato dal fatto che la parte meccanica a struttura cedevole del sensore di forza subisce un eccesso di disturbo nel misurare le componenti del vettore di forza, che invece il DO tende naturalmente a reiettare.

In [28] è illustrato l’esempio dell’applicazione di un DO, che migliora le prestazioni nel caso di un task di manipolazione, in cui un micro-iniettore deve introdurre del materiale all’interno di cellule biologiche.

Infine sistemi di controllo in cui vengono implementati i DO sono anche quelli che riguardano il campo dei robot industriali, per applicazioni di fault detection [29, 30, 31], come ad esempio nel caso in cui sia necessario verificare se è avvenuto o meno un impatto con un oggetto esterno (collision detection), in cui le forze di reazione misurate hanno un’incremento improvviso e anomalo rispetto alle previsioni.

(11)

Esempi pratici di applicazione dei DO

Dopo aver introdotto una vasta gamma di applicazioni dei disturbance observer, vengono mostrati adesso alcuni esempi pratici di applicazione, sia nel caso di DO lineare sia nel caso di DO non lineare. Verranno inoltre confrontate le performance relative al caso lineare e non lineare, mettendo in rilievo se una tipologia di DO è migliore di un’altra per una determinata classe di sistemi.

3.1 – Disturbance Observer lineare

Si mostra adesso il caso, presentato in [32], di un DO lineare applicato a un generico sistema meccanico a 2 gradi di libertà (GdL).

Lo schema di principio del DO lineare è mostrato in Figura 3.1.1.

Figura 3.1.1 – Schema di principio di un Disturbance Observer lineare applicato a un

generico sistema meccanico SISO a 2 GdL

In Figura 3.1.1 non appare il controllore, sebbene l’ingresso di controllo sia visibile e identificato con la variabile .

La struttura del filtro di reiezione del disturbo Q(s), mostrato in Figura 3.1.1, rappresenta il DO realizzato per il caso in esame. Esso necessita dell’inversa del modello nominale del processo da controllare (s), necessaria per la stima del segnale d’ingresso al processo ̂ . Dalla

(12)

differenza fra i due segnali e ̂ si ottiene una stima ̂ del disturbo da reiettare, tale azione è realizzata per mezzo del filtro .

Poiché la funzione di trasferimento (s) è impropria, scritta in questa forma essa è

fisicamente non realizzabile, in quanto il numero dei poli è inferiore al numero degli zeri, inoltre un feedback implementato nel modo mostrato creerebbe dei problemi di loop algebrici. L’implementazione del DO segue perciò lo schema mostrato in Figura 3.1.2 e in pratica si riconduce alla realizzazione del filtro .

Dallo studio del sistema SISO in Figura 3.1.1 si ricavano le seguenti funzioni di trasferimento del sistema:

Dove è il disturbo in ingresso al processo, è il rumore di misura e è l’effettivo input di controllo in ingresso al processo.

Se si assume la perfetta conoscenza del modello nominale, , le equazioni (1), (2) e (3) diventano:

Dalla (4) si deduce che l’azione del controllore in retroazione non risente della presenza del DO, quindi la sintesi del controllore può essere fatta in maniera indipendente rispetto a l’implementazione del disturbance observer (proprietà di separazione) a patto che si abbia una conoscenza corretta del modello nominale.

Per l’implementazione del filtro vengono elencati i requisiti che esso deve soddisfare: 1. Relative degree: per risolvere i problemi pratici di implementazione del filtro ,

esso deve avere grado relativo , dove è il grado relativo del processo nominale .

2. Global shape: allo scopo di reiettare completamente i disturbi di processo, dalla (5) si deduce che deve assumere valore unitario. Questo però deve avvenire in un certo intervallo di frequenze, per rispettare anche il primo requisito del grado relativo. (1) (2) (3) (4) (5) (6)

(13)

Inoltre dalla (6) si deduce che deve essere nullo alle alte frequenze, quindi dev’essere un filtro passa basso, in modo da poter reiettare il rumore di misura.

3. Peaking: dal confronto della (5) e della (6) si deduce che bisogna arrivare a un compromesso nella realizzazione del filtro : dalla (5) il valore deve essere piccolo per tutto il range frequenziale e dalla (6) deve essere piccolo, queste due condizioni sono in conflitto tra loro e andranno gestite in maniera appropriata al singolo caso trattato, scegliendo accuratamente i parametri implementativi del filtro .

Nella (4), (5) e (6) è stato esposto il caso ideale in cui , in realtà questa eguaglianza non è mai verificata. Nell’ipotesi realistica di aver scelto come un filtro passa-basso, alle alte frequenze e le equazioni sopra citate diventano:

Perciò alle alte frequenze il sistema si comporta come se non ci fossero disturbi, né fosse implementato il DO.

Alle basse frequenze, quando , le equazioni (4), (5) e (6) diventano:

Quindi alle basse frequenze il sistema si comporta come il modello nominale . La robustezza sull’incertezza dei parametri è garantita in [33, 34], infatti il DO si dimostra avere una dinamica robusta e stabile.

Analisi di Sensitività

Per un’analisi più strutturata, viene presentata la schematizzazione del DO nella forma mostrata in Figura 3.1.2. (10) (11) (12) (7) (8) (9)

(14)

Figura 3.1.2: Forma equivalente per l’analisi di sensitività del DO

Assumendo sempre che il sistema sia un SISO, le funzioni di sensitività S(s) e sensitività complementare T(s), assumendo L(s) funzione d’anello aperto, sono le seguenti:

Nel caso in cui si hanno i valori:

da cui si deduce l’importanza della scelta del filtro Q nell’implementazione del DO. Utilizzando le espressioni (13) e (14) il requisito di Peaking discusso in precedenza può essere ristabilito, imponendo che ‖ ‖ e ‖ ‖ siano piccole.

Questo significa imporre un guadagno piccolo per entrambe le funzioni di trasferimento S(s) e

T(s) (Small Gain Theorem [35]), requisito anch’esso in conflitto con la realizzabilit{ ideale del

sistema di controllo.

In Figura 3.1.3 viene mostrato uno schema di principio del DO con la presenza di un generico controllore C(s):

(13) (14)

(15)

Figura 3.1.3: Schema di principio di un Disturbance Observer lineare con la presenza di

un controllore C(s)

In presenza di un controllore C(s) le funzioni di trasferimento del sistema (1), (2) e (3) diventano:

Dove e sono le funzioni di sensitività e sensitività complementare del sistema controllato, senza la presenza del DO:

Dalle (16) e (17) è evidente che limitare il peaking in e non equivale a limitarlo nelle funzioni e , che sono state ricavate non tenendo in considerazione la presenza del DO nel sistema di controllo. Questo significa pertanto che, in un generico caso reale, controllore e DO non sono indipendenti e che non è possibile sintetizzare un controllore senza tenere in considerazione l’azione del DO.

(15) (16) (17)

(16)

Esempio applicativo del Disturbance Observer

Si consideri il modello nominale di un sistema meccanico che schematizza il moto rigido di una massa, dove l’input è la forza esercitata e l’output è la velocità della massa. Il modello lineare nominale del processo è rappresentato dalla funzione di trasferimento:

Per la maggiorparte dei sistemi meccanici è necessaria almeno un’azione integrale per ridurre gli effetti dell’attrito sul sistema, essa viene generata dal DO. Seguendo lo schema mostrato in

Figura 3.1.2, si ha che il blocco che schematizza l’azione del disturbance observer, 1/(1 - Q),

deve contenere l’azione integrale 1/s. La più semplice realizzazione per tale filtro è nella forma:

in cui è l’unico parametro di modello da scegliere.

Sempre con riferimento alla Figura 3.1.2, calcolando il blocco , si ottiene:

in cui si nota la presenza del fattore s nel numeratore che, ad anello chiuso, si cancellerà con l’azione integrale del blocco 1/(1 - Q). Per evitare questa ridondanza, e nell’ipotesi necessaria che il filtro Q abbia lo stesso grado relativo di , lo schema di Figura 3.1.2 può essere riscritto nella forma di Figura 3.1.4 :

Figura 3.1.4 – Schema in retroazione del Disturbance Observer adattato per

l’implementazione pratica

Per tale sistema, il blocco di controllo assume la forma: ( ) (18) (19) (20) (21)

(17)

Questa è la forma di un semplice controllore proporzionale, che in questo caso è sufficiente per garantire la stabilità del controllo.

Rimane da sintetizzare il pre-filtro , la cui funzione diventa evidente dopo aver

analizzato la struttura della funzione di trasferimento ad anello chiuso del sistema di controllo di Figura 3.1.4, nell’ipotesi in cui :

Da qui si nota che il pre-filtro cancella la dinamica a ciclo chiuso della (22) e la rende

uguale a quella del modello nominale . Tale pre-filtro è necessario poiché è quello che garantisce l’azione di reiezione dei disturbi, propria della natura del DO, essendo l’anello interno di controllo la parte che contiene la dinamica di generazione del disturbo (Internal

Model Principle [36]).

Un risultato simile a quello sopra descritto si ha nel caso in cui l’uscita del sistema meccanico rigido da controllare sia la posizione e non la velocità. In questo caso si avrà un modello nominale del tipo:

e il DO dovr{ essere anch’esso del II ordine, per poter utilizzare lo schema di controllo di

Figura 3.1.4.

Il filtro Q(s) e il blocco di controllo hanno qui la forma:

Si è implementato questo secondo caso, partendo dalla conoscenza del modello nominale , come da equazione (23), e scrivendo il pre-filtro nella forma:

Seguendo ancora lo schema mostrato in Figura 3.1.4, quindi mantenendo vera la condizione per cui il grado relativo di Q(s) è uguale al grado relativo di , è stato implementato lo schema di controllo mostrato in Figura 3.1.5 (a):

(22)

(23)

(26) (24) (25)

(18)
(19)

Figura 3.1.5 (pag. precedente): (a) Schema del controllo in posizione di un sistema

meccanico rigido con l’utilizzo di DO per reiettare il rumore di misura, i disturbi esogeni e quelli generati dalle incertezze di modello. (b) Schema del controllo in posizione di un

sistema meccanico rigido con PID

La sintesi del PID è stata effettuata in maniera separata, non tenendo conto della presenza del DO nel sistema di controllo. Entrambi i sistemi di controllo hanno quindi lo stesso controllore e differiscono unicamente per la presenza del Disturbance Observer (Figura 3.1.5 (a)). E’ stato possibile verificare dai risultati sperimentali che questa scelta si rivela corretta, poiché nonostante ci siano dei parametri incerti nel processo P(s) (la massa m_sys del sistema), il DO riesce a reiettare bene i disturbi generati da tali incertezze, insieme a quelli puramente esogeni e al rumore di misura.

Sono stati quindi messi a confronto i due sistemi di controllo, il primo prevede la presenza del DO (Figura 3.1.5 (a)), il secondo prevede la sola presenza del controllore PID (Figura 3.1.5

(b)). Sono stati quindi messi a confronto vari casi sperimentali, differenziati in base alla

presenza o meno dei disturbi e del rumore in ingresso al sistema e alla loro complessità. Con riferimento allo schema (a) di Figura 3.1.5, l’incertezza parametrica nello specifico caso è dovuta alla non esatta conosenza del valore della massa m_sys del sistema meccanico, assegnatole un valore arbitrario m_sys = 22 g, si suppone di doverla stimare. Considerando un caso sfavorevole, in cui la stima della massa sia sbagliata, si sceglie come valore della massa stimata m = 210 g.

Nell’ipotesi di avere un riferimento costante in ingresso al sistema di controllo, si confrontano i seguenti 3 casi:

1. Caso senza disturbi esogeni né rumore di misura : nel caso in cui i disturbi esogeni e il rumore di misura siano nulli, d = 0 e E = 0, con riferimento ai sistemi di controllo in

(20)

Figura 3.1.6: Confronto delle risposte a riferimento costante fra il sistema con PID e

quello con PID-DO

2. Caso senza disturbi esogeni e con rumore di misura : nel caso in cui i disturbi esogeni non siano presenti, d = 0, e il rumore di misura sia presente ̅ come rumore bianco gaussiano, vengono confrontate in Figura 3.1.7 le risposte dei sistemi (a) e (b):

Figura 3.1.7: Confronto delle risposte a riferimento costante fra il sistema con PID e

(21)

3. Caso con disturbi esogeni e rumore di misura : nel caso in cui i disturbi esogeni siano presenti insieme al rumore di misura, ̅ ( è un gradino di ampiezza 7 che si attiva dopo ̅ secondi di simulazione) e ̅ , rumore bianco gaussiano, vengono confrontate in Figura 3.1.8 le risposte dei sistemi (a) e (b):

Figura 3.1.8: Confronto delle risposte a riferimento costante fra il sistema con PID e

quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esog eno a gradino

Un altro caso di interesse è quello in cui il disturbo esogeno è composto dalla somma di un gradino e una rampa, ̅ ̅ , mantenendo il rumore di misura ̅ . In Figura 3.1.9 vengono confrontate le risposte dei sistemi (a) e (b), si nota come in questo caso il PID non riesca più a garantire la convergenza dell’errore, mentre il sistema PID-DO continui sempre a ritornare sull’inseguimento del riferimento, nonostante la somma di più disturbi di varia natura:

(22)

Figura 3.1.9: Confronto delle risposte a riferimento costante fra il sistema con PID e

quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno composto da gradino e rampa

In quest’ultimo caso è da sottolineare che se l’azione della rampa si interrompe, l’azione di inseguimento del PID ritorna simile a quella del sistema con PID e DO.

Nell’ipotesi di avere in ingresso al sistema di controllo (Figura 3.1.5) un riferimento a gradino, , di ampiezza 4 e con tempo di inizio a secondi di simulazione, si confrontano i seguenti 3 casi:

1. Caso senza disturbi esogeni né rumore di misura : nel caso in cui i disturbi esogeni e il rumore di misura siano nulli, d = 0 e E = 0, con riferimento ai sistemi di controllo in

(23)

Figura 3.1.10: Confronto delle risposte a riferimento a gradino fra il sistema con PID e

quello con PID-DO

2. Caso senza disturbi esogeni e con rumore di misura : nel caso in cui i disturbi esogeni non siano presenti, d = 0, e il rumore di misura sia presente ̅ come rumore bianco gaussiano, vengono confrontate in Figura 3.1.11 le risposte dei sistemi (a) e (b):

Figura 3.1.11: Confronto delle risposte a riferimento a gradino fra il sistema con PID e

(24)

3. Caso con disturbi esogeni e rumore di misura : nel caso in cui i disturbi esogeni siano presenti insieme al rumore di misura, ̅ ( è un gradino di ampiezza 7 che si attiva dopo ̅ secondi di simulazione) e ̅ , rumore bianco gaussiano, vengono confrontate in Figura 3.1.12 le risposte dei sistemi (a) e (b):

Figura 3.1.12: Confronto delle risposte a riferimento a gradino fra il sistema con PID e

quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno a gradino

Un altro caso di interesse è quello in cui il disturbo esogeno è composto dalla somma di un gradino e una rampa, ̅ ̅ , mantenendo il rumore di misura ̅ . In Figura 3.1.13 vengono confrontate le risposte dei sistemi (a) e (b), si nota come in questo caso il PID non riesca più a garantire la convergenza dell’errore, mentre il sistema PID-DO continui sempre a ritornare sull’inseguimento del riferimento, nonostante la somma di più disturbi di varia natura:

(25)

Figura 3.1.13: Confronto delle risposte a riferimento a gradino fra il sistema con PID e

quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno composto da gradino e rampa

In quest’ultimo caso è da sottolineare che se l’azione della rampa si interrompe, l’azione di inseguimento del PID ritorna simile a quella del sistema con PID e DO.

Nell’ipotesi di avere in ingresso al sistema di controllo (Figura 3.1.5) un riferimento sinusoidale, , di ampiezza 4 e frequenza rad/sec, si confrontano i seguenti 3 casi:

1. Caso senza disturbi esogeni né rumore di misura : nel caso in cui i disturbi esogeni e il rumore di misura siano nulli, d = 0 e E = 0, con riferimento ai sistemi di controllo in

(26)

Figura 3.1.14: Confronto delle risposte a riferimento sinusoidale fra il sistema con PID e

quello con PID-DO

2. Caso senza disturbi esogeni e con rumore di misura : nel caso in cui i disturbi esogeni non siano presenti, d = 0, e il rumore di misura sia presente ̅ come rumore bianco gaussiano, vengono confrontate in Figura 3.1.15 le risposte dei sistemi (a) e (b):

Figura 3.1.15: Confronto delle risposte a riferimento sinusoidale fra il sistema con PID e

(27)

3. Caso con disturbi esogeni e rumore di misura : nel caso in cui i disturbi esogeni siano presenti insieme al rumore di misura, ̅ ( è un gradino di ampiezza 7 che si attiva dopo ̅ secondi di simulazione) e ̅ , rumore bianco gaussiano, vengono confrontate in Figura 3.1.16 le risposte dei sistemi (a) e (b):

Figura 3.1.16: Confronto delle risposte a riferimento sinusoidale fra il sistema con PID e

quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno a gradino

Un altro caso di interesse è quello in cui il disturbo esogeno è composto dalla somma di un gradino e una rampa, ̅ ̅ , mantenendo il rumore di misura ̅ . In Figura 3.1.17 vengono confrontate le risposte dei sistemi (a) e (b), si nota come in questo caso il PID non riesca più a garantire la convergenza dell’errore, mentre il sistema PID-DO continui sempre a ritornare sull’inseguimento del riferimento, nonostante la somma di più disturbi di varia natura:

(28)

Figura 3.1.17: Confronto delle risposte a riferimento sinusoidale fra il sistema con PID e

quello con PID-DO in presenza di rumore di misura gaussiano bianco e disturbo esogeno composto da gradino e rampa

In quest’ultimo caso è da sottolineare che se l’azione della rampa si interrompe, l’azione di inseguimento del PID ritorna simile a quella del sistema con PID e DO.

Conclusioni

Si è notato dallo studio degli esperimenti, che in fase di simulazione il PID ha prestazioni migliori del PID-DO, considerando il caso ideale in cui nessun rumore di misura né disturbo sia presente (Figura 3.1.6, Figura 3.1.10, Figura 3.1.14). In presenza di disturbi anche complessi in ingresso al sistema, come accade in tutte le applicazioni pratiche, le prestazioni del controllo con il solo PID vengono irrimediabilmente corrotte e l’introduzione del DO diventa indispensabile al corretto funzionamento del sistema di controllo.

(29)

3.2 – Disturbance Observer non lineare

Viene trattato adesso il caso di una classica strategia di controllo a Computed Torque per un manipolatore seriale RR planare, completamente attuato, descritto da un modello che prevede la presenza di vincoli strutturali (lo spazio delle possibili configurazioni delle variabili di giunto è limitato), coppie di attrito e coppie resistenti dovute alla presenza di molle torsionali ai giunti (molle di richiamo). In questo caso la Computed Torque da sola non garantisce il raggiungimento delle prestazioni desiderate, pertanto tale strategia di controllo viene affiancata da un Disturbance Observer non lineare (NLDO). Esso si dimostra in grado di semplificare la dinamica del sistema da controllare e quindi di migliorare notevolmente le prestazioni.

Una famiglia non lineare di Disturbance Observer viene utilizzata per stimare i disturbi esogeni sconosciuti in ingresso al sistema, quali le forze di reazione e le forze d'attrito. In questo caso si espone e si riadatta la dinamica di un NLDO, come mostrato in [39], in cui è presente la stima del disturbo:

̂̇ ̂ { ̂ ̈ ̂ ̇) ̂ ̈ ̂ ̇

Dove ̂ è la coppia di disturbo stimata, la coppia reale e è la matrice di guadagno dell’osservatore (NLDO). E’ possibile osservare come per la stima del disturbo sia necessario avere le misure delle accelerazioni ai giunti, che solitamente sono difficili da ottenere e spesso anche affette da forte rumore. Per eliminare tale difficoltà viene fatto un cambio di variabili che elimini il contributo ̂ ̈ , relativo alle accelerazioni:

̂ ̇

Per una corretta scelta del vettore ̇ , si definisce la dinamica che esso deve avere: ̇ ̇ ̂ ̈

La dinamica della variabile z assume quindi la forma:

̇ ̇ ̇ ̂ ̇ ̇

dove ̇ è la matrice del guadagno del NLDO dopo il cambio di variabili, definita come segue:

̇ ̂

e è una matrice costante invertibile. In [39] si dimostra che, per un’opportuna scelta dei parametri strutturali del sistema, è possibile ottenere una matrice di guadagno ̇ tale (27) (28) (29) (30) (31) (32)

(30)

che, per disturbi lentamente variabili, è assicurata la convergenza esponenziale a zero dell’errore relativo al NLDO rispetto alla stima del disturbo.

Gli enunciati dei teoremi che dimostrano le precedenti affermazioni sono riportati di seguito, per le dimostrazioni si riporta agli articoli [15, 39].

Teorema 1

Considerando la dinamica di un manipolatore:

̂ ̈ ̂ ̇ il NLDO ha dinamica:

̇ ̇ ̇ ̂ ̇ ̇ L’errore sulla stima del disturbo è:

̂ Sono date le seguenti condizioni:

1. La matrice è invertibile.

2. Esiste , matrice simmetrica e definita positiva, tale che ̂̇ 3. Il disturbo è lentamente variabile ̇

Nell’ipotesi in cui tali condizioni siano tutte verificate, allora l’errore di stima converge esponenzialmente a zero per ogni .

Con le medesime condizioni e con l’assunzione che la derivata del disturbo ̇ sia superiormente limitata, si può assicurare la convergenza esponenziale dell’errore di stima in un intorno dello zero.

La scelta della matrice X viene esposta di seguito nel Teorema 2.

Teorema 2

Definita la matrice e fatta l’assunzione che esista un limite superiore tale che

| ̂̇ | , allora la seguente disuguaglianza matriciale risulta vera: [ ]

(33)

(34)

(35)

(31)

Dove è una matrice simmetrica e definita positiva, il cui autovalore minimo influenza la velocità di convergenza del NLDO.

La scelta della matrice X influenza sia la velocità di convergenza del NLDO sia la sua sensibilità al rumore di misura:

1. La velocità di convergenza del NLDO è proporzionale a

2. Nel caso di disturbi ad alta frequenza l’errore di stima del disturbo non converge a zero ma rimane limitato nell’intorno di una palla centrata in zero e di raggio proporzionale a

Un piccolo valore di aumenta la velocit{ di convergenza e l’accuratezza del NLDO, ma

di conseguenza aumenta la sensibilità del sistema al rumore di misura che viene amplificato. Si assume quindi che:

, dove La disequazione matriciale diviene:

[

] dove si ottiene come limite superiore della matrice di inerzia:

La soluzione analitica risulta quindi:

da cui si ottiene il valore di e quindi di ̇ .

Applicazione pratica del NLDO con controllo a Computed Torque

Viene presentata l’applicazione pratica del NLDO al caso di un manipolatore seriale RR planare, introdotto inizialmente, che presenta 2 link e 2 giunti rotoidali, molle torsionali ai giunti, vincoli meccanici ed è modellato tenendo in considerazione la forza di attrito.

La dinamica di tale manipolatore è descritta dalle equazioni (38):

(32)

* ( ) ( ) + ̇ [ ̇ ̇ ̇ ̇ ] [ ]

Le molle torsionali ai giunti hanno un precarico e una costante di rigidezza indicata con , la loro dinamica è descritta di seguito:

I vincoli meccanici sono stati modellizzati per mezzo di ulteriori molle torsionali ai giunti unite a smorzatori. Tali vincoli generano una coppia resistente, che blocca la rotazione del giunto e che si attiva solamente nell’intorno del vincolo stesso:

{ ̇ e sono la costante di rigidezza della molla e il coefficiente di smorzamento. La forma classica della dinamica è quindi descritta da:

̈ ̇ ̇ La coppia di attrito è stata modellizzata come segue:

̇

- Caso con molle torsionali ai giunti del manipolatore

Si considera inizialmente un modello semplificato della dinamica da controllare, che prevede la sola presenza delle molle torsionali ai giunti. Applicando il classico controllo a coppia calcolata (Figura 3.2.1), viene ora descritto il caso in cui nella dinamica del controllo non si tiene conto della presenza delle molle.

Il disturbo generato dalle molle viene stimato e reiettato utilizzando il NLDO (Figura 3. 2.2). (38)

(39)

(41) (40)

(33)

Figura 3.2.1: Schema generale del controllo a Computed Torque del manipolatore seriale

RR planare completamente attuato. Viene mostrato il confronto fra i due schemi di controllo implementati (con NLDO e senza NLDO)

Come mostrato in Figura 3.2.1, vengono messi a confronto i due tipi di controllo: a) il primo prevede la Computed Torque e il NLDO;

b) il secondo prevede solo la Computed Torque.

Il blocco relativo al caso (a) è mostrato in dettaglio in Figura 3.2.2 e Figura 3.2.3.

Figura 3.2.2: Schema generale del controllo a Computed torque del manipolatore seriale

(34)

Figura 3.2.3: Blocco utilizzati per la stima della coppia di disturbo

In Figura 3.2.4 e Figura 3.2.5 sono riportati i risultati degli errori di inseguimento del riferimento per il caso (a) e (b).

(35)

Figura 3.2.5: Evoluzione del primo giunto per il caso (a) e (b)

Si può facilmente notare come la presenza del DO nell’anello di controllo riesca perfettamente a gestire ogni tipo di incertezza di modello e di disturbo presente nella dinamica del manipolatore.

- Caso con molle torsionali e attrito

Con riferimento ancora ai casi in esame (a) e (b), il primo viene modificato aggiungendo alla dinamica del manipolatore (41) l’espressione dell’attrito (42) applicato ai giunti.

Si prende inoltre in esame un terzo caso, caso (c), in cui nella dinamica del NLDO si effettua una linearizzazione della matrice d’inerzia M(q). Essa viene infatti approssimata con una matrice diagonale, che contiene soltanto le componenti costanti della dinamica (masse):

(36)

dove vengono considerate nulle tutte le altre componenti non lineari della dinamica. La matrice ̇ , essendo totalmente non lineare, viene introdotta nella dinamica di evoluzione della variabile z.

In Figura 3.2.6 e Figura 3.2.7 vengono mostrati i risultati del confronto fra i casi (a), (b) e (c), da cui si comprende come il NLDO riesca ottimamente a gestire la presenza di molle e attrito, considerati come disturbo.

(37)

Figura 3.2.7: Evoluzione del primo giunto per i casi (a), (b) e (c)

Si nota quindi che il sistema di controllo con NLDO dà prestazioni ottimali, il sistema con NLDO linearizzato dà comunque delle buone prestazioni, mentre quello senza DO non è in grado di gestire i disturbi introdotti dalla presenza di molle e attrito.

Conclusioni

Sono stati messi a confronto 2 casi di controllo a Computed Torque su un manipolatore seriale RR planare completamente attuato, la cui dinamica prevedeva la presenza delle forze di attrito, dei vincoli meccanici e delle molle torsionali ai giunti.

Nel primo caso la dinamica del manipolatore prevedeva la sola presenza delle coppie generate dalle molle torsionali, mentre la dinamica utilizzata nel controllo e nel NLDO rimane sempre

(38)

senza tali contributi. Le coppie resistenti delle molle sono quindi considerate come un disturbo del sistema, che deve essere annullato dall’azione del controllo. Sono stati messi a confronto il sistema di controllo con NLDO e quello con la sola Computed Torque, concludendo che il primo dà prestazioni notevolmente migliori rispetto al secondo. In Figura 3.2.4 e Figura

3.2.5 è mostrata la differenza tra i due casi, essi hanno la stessa legge di controllo (con gli

stessi valori dei guadagni e ) ma la presenza del NLDO garantisce un inseguimento corretto della traiettoria di riferimento.

Nel secondo caso la dinamica del manipolatore prevedeva la presenza delle coppie generate dalle molle torsionali e della coppia di attrito, mentre la dinamica utilizzata nel controllo e nel NLDO rimane sempre senza tali contributi. Le coppie resistenti delle molle e l’attrito sono quindi considerati come un disturbo del sistema, che deve essere annullato dall’azione del controllo. Sono stati messi a confronto il sistema di controllo con NLDO (a), quello con la sola

Computed Torque (b) e un terzo caso che prevedeva una linearizzazione della dinamica

interna al NLDO (c). Si è concluso che il caso (a) dà prestazioni notevolmente migliori rispetto al caso (b) e che il caso (c) garantisce delle prestazioni comunque accettabili rispetto a quelle relative al caso (b). In Figura 3.2.6 e Figura 3.2.7 è mostrata la differenza fra i tre casi, essi hanno la stessa legge di controllo (con gli stessi valori dei guadagni e ) ma la presenza del NLDO, anche nella sua versione linearizzata, garantisce un inseguimento corretto della traiettoria di riferimento.

3.3 – Applicazione del DO lineare al controllo di un manipolatore robotico

In [32] viene presentato il caso di un sistema di controllo con Disturbance Observer per l’inseguimento di una traiettoria di riferimento da parte di un manipolatore rigido. Viene inoltre dimostrato come il controllore sintetizzato, più semplice e intuitivo, risulti praticamente uguale a quello più complesso che in letteratura si utilizzerebbe per un controllo simile (passivity based approach, Sadegh e Horowitz [37] e Slotine e Li [38]).

La realizzazione del sistema di controllo sopra enunciato si compone di più fasi: inizialmente viene implementato un feedforward non lineare che compensi la maggiorparte delle non linearità della dinamica del manipolatore; successivamente viene introdotto un DO lineare che reietta i disturbi esogeni e quelli generati dalle incertezze di modello (dinamica non modellata e discrepanze tra modello stimato e sistema reale); infine viene sintetizzato un controllore lineare per l’inseguimento di traiettoria, poiché il sistema è stato gi{ linearizzato dall’azione del feedforward e del DO.

(39)

Partendo dalla dinamica (41) e definendo:

̇ ̇ ̇

dove q è il vettore delle posizioni angolari dei giunti di dimensione , ̇ è la matrice delle forze centrifughe e di Coriolis, è il vettore dei contributi della forza di gravità, d è il vettore dei disturbi esogeni (non modellati) e u è il vettore del controllo in ingresso al sistema. Si divide la (41) in due parti, la parte lineare (formata dai contributi costanti) e quella non lineare:

̅ ̈

̅ ̈ ̇ ̇

La matrice diagonale ̅ ̅ ̅ è definita positiva e contiene tutti i contributi costanti della matrice di inerzia , mentre il vettore contiene tutti i termini non lineari ed è quello che viene compensato dall’azione del feedforward non lineare:

̂ ( ̂ ̅) ̈ ̂ ̇ ̇ ̂

I termini con il cappello ( ̂ ) indicano i valori stimati, è un riferimento generico e l’errore relativo ̂ sarà quello reiettato dal DO.

In Figura 3.3.1 viene mostrato come il Disturbance Observer sia realizzato allo scopo di reiettare non solo i disturbi generati dall’errore di stima , ma anche quelli esogeni d in ingresso al sistema.

Figura 3.3.1: Disturbance Observer realizzato per la reiezione dei disturbi di un generico

manipolatore robotico

(44)

(45) (46)

(40)

Il modello nominale utilizzato è:

̅

Il filtro Q(s) è stato realizzato seguendo le nozioni precedentemente introdotte in [32]: (

)

Supponendo che il DO agisca in maniera ottimale, e quindi che ̂ ̂ , la dinamica del manipolatore fra l’ingresso e l’uscita q del manipolatore (Figura 3.3.1) è data dall’espressione ̈ . Da questi risultati si intuisce che il sistema è stato linearizzato seguendo una metodologia simile a quella della feedback linearization.

Si nota infine che tutte le matrici coinvolte nel sistema di controllo sono matrici diagonali, ciò significa che la dinamica di ogni giunto è disaccoppiata e può essere trattata in maniera indipendente.

Per poter studiare un controllore da implementare su questo sistema, il DO viene rappresentato in feedback form, come mostrato in Figura 3.3.2.

Figura 3.3.2: Disturbance Observer rappresentato in feedback form

̅ ( )

( ) (̅ ̅ )

Dalle equazioni (50) e (51) si calcola immediatamente il controllore necessario per l’inseguimento di una traiettoria di riferimento da parte del manipolatore robotico:

̈ ̇ (48) (50) (51) (52) (49)

(41)

dove , definita positiva, definita positiva e è la traiettoria di riferimento.

Questo controllo genera la seguente dinamica d’errore:

selezionando accuratamente i parametri (larghezza di banda) e (smorzamento) la dinamica dell’errore diventa stabile e convergente con una velocit{ che può essere scelta. In Figura 3.3.3 vengono mostrati i risultati del confronto fra i casi con DO, NLDO e Computed

Torque, mentre in Figura 3.3.4 viene mostrato il solo confronto fra i primi due casi con

Disturbance Observer.

In Figura 3.3.6 viene infine mostrato, come esempio, l’inseguimento di traiettoria del primo giunto.

Figura 3.3.3: Confronto degli errori di inseguimento dei giunti per i casi con NLDO, DO e

Computed Torque

(42)

Figura 3.3.4: Confronto degli errori di inseguimento dei giunti per i casi con NLDO e DO

(43)

Si può notare come entrambi i sistemi riescano ottimamente a gestire la presenza di molle e attrito considerati come disturbo, garantendo prestazioni ottimali. Il caso con NLDO appare migliore di quello con DO per quanto riguarda l’inseguimento dell’errore di posizione ai giunti.

Le simulazioni di quest’ultimo caso di manipolatore robotico sono state ripetute, a partire ancora dalla (41), utilizzando l’espressione dell’attrito nella seguente forma:

̇ ( ̇

) ̇ ( ̇ ) ̇

dove è l’attrito statico, l’attrito dinamico e è il coefficiente di attrito coulombiano che tiene conto anche dell’effetto Stribeck [15]. In Figura 3.3.6 è mostrato l’andamento della funzione espressa nella (54).

Figura 3.3.6: Caratteristica dell’attrito introdotto nella (54) con parametri:

, , ,

(44)

Tale modellizzazione risulta essere molto più precisa, ma genera eccessivi rallentamenti nella simulazione. Per questo si preferisce in generale utilizzare per l’attrito la forma semplificata che tiene conto solo dell’attrito viscoso.

In Figura 3.3.7 vengono mostrati i risultati del confronto fra i casi con DO, NLDO e Computed

Torque, mentre in Figura 3.3.8 viene mostrato il solo confronto fra i primi due casi con

Disturbance Observer.

In Figura 3.3.9 viene infine mostrato, come esempio, l’inseguimento di traiettoria del primo giunto.

Figura 3.3.7: Confronto degli errori di inseguimento dei giunti per i casi con NLDO, DO e

(45)

Figura 3.3.8: Confronto degli errori di inseguimento dei giunti per i casi con NLDO e DO

(46)

Conclusioni

E’ stato proposto un esempio di DO lineare, trattato in [15], in cui viene approfondito lo studio di un manipolatore seriale a 2 gradi di libertà, sulla cui dinamica non lineare vengono implementati un controllo con DO e uno con NLDO. Sono quindi messi a confronto i risultati e si conclude che il caso non lineare dà prestazioni migliori rispetto a quello lineare, infatti in

Figura 3.3.3 si nota che l’errore di inseguimento delle variabili di giunto e è più smooth nel caso con DO lineare. E’ da sottolienare che il DO lineare è una buona approssimazione del NLDO, poiché dà errori comunque limitati e garantisce una certa robustezza del sistema. Bisogna notare che la dinamica della legge convergente dell’errore è la stessa nel caso del NLDO e nel caso del DO, pertanto a parità di guadagni presenti in tale legge le prestazioni del NLDO sono migliori di quelle del DO. E’ stato notato che aumentando i guadagni e della (52) le prestazioni del DO risultano com’parabili con quelle del NLDO.

Nonostante in letteratura sia difficile trovare confronti diretti tra DO e NLDO, lo studio descritto in [15] ha permesso di verificare come le prestazioni del NLDO siano migliori di quelle del DO, nel caso specifico del controllo di un sistema non lineare.

(47)

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[39] A. Mohammadi, Horacio J. Marquez, and Mahdi Tavakoli. "Disturbance observer-based trajectory following control of nonlinear robotic manipulators."Proceedings of the 23rd

Figura

Figura 3.1.1 – Schema di principio di un Disturbance Observer lineare applicato a un  generico sistema meccanico SISO a 2 GdL
Figura 3.1.3: Schema di principio di un Disturbance Observer lineare con la presenza di  un controllore C(s)
Figura 3.1.4 – Schema in retroazione del Disturbance Observer adattato per  l’implementazione pratica
Figura 3.1.6: Confronto delle risposte a riferimento costante fra il sistema con PID e  quello con PID-DO
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Riferimenti

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