Edizioni Quasar
Fortificazioni e società nel Mediterraneo occidentale
Fortifications and Societies in the Western Mediterranean
Sicilia e Italia
a cura di
Luigi M. Caliò, Gian Michele Gerogiannis
e Maria Kopsacheili
Atti del Convegno di Archeologia, organizzato dall’Università di
Catania, dal Politecnico di Bari e dalla University of Manchester
Catania-Siracusa 14-16 febbraio 2019
Cronache
Monografie
eISBN 978-88-5491-042-3 © Università di Catania
© Roma 2020, Edizioni Quasar di Severino Tognon s.r.l. via Ajaccio 41-43, 00198 Roma (Italia)
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Fortificazioni e sistemi difensivi in Etruria settentrionale tra VI e III sec. a.C.
Luca Cappuccini
La questione della nascita e dello sviluppo dei si-stemi difensivi in Etruria settentrionale è piuttosto complessa; ciò è determinato da una serie di fattori, quali ad esempio la difficoltà nel condurre ricerche in luoghi impervi e poco accessibili, come le vette delle montagne, o la natura stessa delle fortifica-zioni, costruite talvolta in modo approssimativo e quindi mal conservate o, in tanti casi, sovrastate da strutture di epoca successiva. Pertanto, tentare di sistematizzare le fortificazioni etrusche in base all’ampiezza, alla planimetria o alle tecniche co-struttive risulta complicato e spesso poco produt-tivo ai fini della ricerca. Allo stesso modo, appare assai problematico affrontare il tema in modo ge-nerale cercando risvolti in macroscopici mutamenti sociali e politici; tanto più che, se teniamo presente la lunga storia dell’Etruria, le ragioni e le modali-tà che portarono alla fortificazione delle citmodali-tà o di piccoli insediamenti sembrano legate, almeno per alcune aree o per determinati periodi, a motivi e si-tuazioni circoscritte.
Di certo c’è che, in Etruria, un notevole incremen-to delle opere difensive si registra durante l’epoca ellenistica, in risposta alla crescente instabilità de-terminata dalla pressione di agenti esterni – Roma a sud, Celti a nord – ma anche al progressivo sviluppo della poliorcetica1 che, sullo scorcio del IV sec. a.C.,
iniziò a contemplare l’utilizzo di macchine per l’as-sedio, sicuramente arieti o vinae, forse poco più tar-di catapulte e litoboli2. Prima di questo periodo, la
1 Fontaine 1990, p. 497.
2 Pulcinelli 2012, p. 197. Sulla presenza e sull’evoluzione delle tecniche ossidionali e delle macchine da guerra in Magna Grecia, v. E. Santagati in questo volume. Per un quadro dell’evoluzione delle
predisposizione dei sistemi difensivi sembra seguire dinamiche eterogenee, molto spesso determinate da situazioni locali, sia di ordine sociale che geo-morfologico. Se è vero che in Etruria meridionale è possibile osservare, in vari siti, resti di mura co-struite con tecniche raffinate e ancora ben leggibili, a nord la situazione è assai differente, con strutture spesso effimere e mal conservate. I motivi, più che ad un minore o maggiore progresso delle tecniche costruttive, sono imputabili innanzi tutto al mate-riale utilizzato nella costruzione quale conseguen-za delle caratteristiche geologiche del territorio3.
Così se a sud i grandi pianori tufacei, già difesi da ripidi pendii, offrivano non solo spazi adatti agli in-sediamenti ma rendevano ampiamente disponibile materiale facilmente lavorabile, al contrario, a nord, l’origine sedimentaria dei terreni condizionò la tec-nica costruttiva di queste come di altre strutture. Le mura si presentano solitamente più instabili, spes-so realizzate con l’impiego di calcare o di arenaria, materiali ben più impegnativi da regolarizzare e, parallelamente, più soggetti al deterioramento e allo sfaldamento nell’esposizione all’aperto. In secon-do luogo, tale disparità è un evidente frutto delle vicende successive al periodo etrusco. Se infatti in Etruria meridionale gran parte dei pianori tufacei che avevano ospitato grandi città o insediamenti minori vengono abbandonati o comunque frequen-tati in maniera ridotta e discontinua, in Etruria set-fortificazioni nella società ellenistica, Caliò 2012, pp. 169-221. 3 Ipotesi già prospettata da Lugli 1947, p. 300. Sulle problematiche relative alle tecniche costruttive, differenziabili sulla base di esigenze locali o legate alla tempistica della messa in opera, v. Morciano 1994, p. 174; E. Felici in questo volume.
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tentrionale la continuità abitativa ha determinato fenomeni di riutilizzo, rimaneggiamenti, sovrappo-sizioni o totali distruzioni che, in molti casi, com-plicano o impediscono qualsiasi lettura. Non è un caso che Roselle, l’unica città settentrionale priva di una fase moderna, abbia restituito le più antiche e monumentali testimonianze di una cinta muraria etrusca. Tutte queste difficoltà si sono poi tradotte in un’evidente differenza nell’analisi comparata4 e
nelle successive letture di ordine sociale e politico, risolte a favore di quella parte dell’Etruria in cui si concentrano maggiormente queste testimonianze. Ad un’attenta lettura dei dati più recenti, tale dispa-rità appare però da rivedere; basti pensare, ad esem-pio, alle ricerche più recenti a Volterra, Vetulonia o Populonia, di cui accennerò più avanti, o al ter-ritorio fiorentino5 o al Chianti6 dove varie
ricogni-zioni e ricerche condotte negli ultimi anni hanno consentito di individuare un numero consistente di insediamenti di altura talvolta organizzati in veri e propri sistemi difensivi, dotati di aggeri o difese in muratura in modo simile a quanto è testimoniato sia dalle fonti7 sia dai resti archeologici dell’Etruria
meridionale8.
A questa doverosa premessa segue la necessaria considerazione che l’evoluzione delle strutture di-fensive è in stretta relazione con il progresso della poliorcetica. In Etruria, nel Villanoviano, alcune tombe cominciano ad accogliere armi ed equi-paggiamenti che identificano guerrieri dotati di armamento di tipo ‘saliare’9. A ciò corrispondono,
in alcuni insediamenti, sistemi difensivi costituiti da aggeri talvolta provvisti di palizzate di rinforzo: tra i vari esempi spicca per monumentalità l’impo-nente agger di Felsina10, ma difese simili, se pur di
dimensioni più contenute, sono testimoniate anche 4 Fontaine 2008, p. 206, fig. 1.
5 Cappuccini, Turchetti 2016, pp. 247-251 con bibl.; Cappuccini 2017, pp. 197-198.
6 Tracchi 1978, a cui sono seguite le ricerche topografiche di Valenti 1995 e, più recentemente, di Cuccuini c.d.s.
7 Camporeale 2008, pp. 15-22; cherici 2008, pp. 37-60; Piras 2013, pp. 295-310.
8 Pulcinelli 2010; Pulcinelli 2016. 9 Torelli 2008, pp. 265-269.
10 Malnati, Sassatelli 2008, pp. 435-436; Ortalli 2008, pp. 493-503. Sulla questione relativa all’estensione della città e ai suoi limiti, vedi anche Sassatelli 2015, pp. 409-411.
in altre realtà come Vulci11 e Veio12.
Nell’Orientaliz-zante, con la nascita di forme di cooperazione, sia di pari livello, come le alleanze tra i principes, sia di livello diversificato, come le sodalitates13, il modo di
combattere si evolve adottando la falange oplitica. In Etruria questa modalità sembra non diventare mai espressione di un ceto di uomini liberi ma re-stare appannaggio di un ordinamento gentilizio che sopravvive ben oltre la nascita delle città. La falange oplitica viene adottata dagli eserciti gentilizi così come dalle sodalitates che la utilizzano ai propri fini svincolandola dalle sue origini più democratiche14.
L’ordinamento sociale delle città etrusche, infatti, non permise mai la c.d. “democratizzazione della guerra” e, conseguentemente, la partecipazione di una gran parte della popolazione alle vicende della propria città15. Si può forse supporre che ciò sia
suc-cesso solo in alcuni centri in epoca molto avanzata, come ad esempio a Chiusi16; in questo caso, ciò
av-venne quando il destino della città era ormai segna-to in senso romano e, pertansegna-to, la presa di coscienza si rivolse al nuovo e non al vecchio che venne velo-cemente dimenticato.
Ad ogni modo la falange oplitica rese comunque necessarie opere difensive più solide, con alzato in mattoni crudi su zoccolo in pietra o realizzate completamente con pietre commesse a secco. Se la notevole variabilità nell’aspetto di queste strutture è naturale conseguenza della morfologia del suolo e della reperibilità del materiale, la loro architettu-ra genearchitettu-rale risulta sostanzialmente simile e diret-tamente collegata alle tecniche di combattimento. L’assenza di torri, di postierle o di particolari appre-stamenti in corrispondenza delle porte può essere infatti letta come una testimonianza di tecniche di assalto che non prevedono ancora l’impiego di macchine o di strutture mobili. Possiamo inoltre ipotizzare che, ancora nel VI sec. a.C., nonostante 11 Moretti Sgubini 2006, p. 341; Moretti Sgubini 2008, p. 171, nota 6. Sui vari aggeri che difendevano l’insediamento protostorico, v. anche Moretti Sgubini 2006, pp. 326-334.
12 Boitani 2008.
13 Torelli 2011, p. 230; Maras 2018, pp. 91-108 con bibl. 14 Torelli 2011, p. 226.
15 Caliò 2013, p. 250.
16 L’acquisita possibilità nella partecipazione alle vicende belliche della città da parte di ceti non gentilizi potrebbe essere, tra le tante (v. ad es. Körte 1916, pp. 5-16; Cristofani 1978, p. 210), un’interpretazione per la nota scena dell’eroe nudo che respinge con l’aratro alcuni armati, replicata su varie urnette di terracotta realizzate a matrice e databili a partire dalla metà del II sec. a.C.
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l’avvenuta nascita delle città, la gestione politica di molti centri fosse rimasta appannaggio dei ceti do-minanti e che le difese fossero ancora affidate a eser-citi gentilizi, come sembra testimoniare la vicenda della gens Fabia17 o come lascia intuire il deposito
votivo dell’arce di Vetulonia, contenente oltre un centinaio di elmi volutamente defunzionalizzati re-canti il gentilizio haspnas18.
Il periodo arcaico e classico
L’esempio più compiuto di struttura difensiva arcai-ca, anche per il suo grado di conservazione, è sicu-ramente la cinta muraria di Roselle che cinge un’a-rea di circa 38 ha (fig. 1). Se è stata messa in discus-sione l’ipotesi sull’effettiva preesistenza di un muro difensivo in mattoni crudi di epoca orientalizzante sulla collina nord19, è indubitabile che l’erezione
della possente cinta muraria in opera poligonale avvenne nel corso del VI sec. a.C., probabilmente nei decenni centrali20. Grazie alle ricerche
condot-te parallelamencondot-te all’imponencondot-te opera di restauro degli ultimi anni, è oggi possibile individuare ben otto accessi, alcuni dei quali ad impostazione scea21
(fig. 1, nn. 2, 7). Proprio le mura di Roselle testimo-niano come le caratteristiche geologiche del suolo influenzino la scelta dei materiali da costruzione e, infatti, sono presenti vari fronti di cava aperti in cor-17 Torelli 2011, p. 232, con bibl.
18 Su questi, Maggiani 2012, con bibl.; Torelli 2011, p. 229. Cenni in Michetti 2013, pp. 348-349; v. inoltre Pompei 2018, pp.
227-229, figg. 72-77.
19 Cygielman, Poggesi 2008, pp. 245-249. Sull’ipotesi di una prima cinta difensiva intorno alla collina nord con basamento in pietra e alzato in mattoni crudi e alla quale sarebbero riferibili alcune tracce in prossimità della postierla posta all’estremità più settentrionale della conta, v. Naumann, Hiller 1959, accettata da Colonna 1964, p. 10 e Bianchi Bandinelli 1970, p. 143. Ancora Canocchi 1980, pp. 31-40 interpreta come resti della cinta orientalizzante le evidenze emerse nei saggi effettuati lungo tutto il tratto settentrionale delle mura arcaiche.
20 Per le mura di Roselle, Naumann, Hiller 1959; Hiller 1962; Canocchi 1971; Canocchi 1977, pp. 9-13; Canocchi 1980, pp. 31-41; Cygielman, Poggesi 2008; Agricoli et alii 2012; Poggesi,
Cygielman 2013.
21 Cygielman, Poggesi 2008, p. 246, fig. 1; Gasperini 2008, p. 84, fig. 1. Si tratta della porta ubicata sul lato ovest della città, sotto la spianata del foro e forse quella supposta nel settore nord-est della cerchia dove le mura hanno però subito pesanti restauri in epoca romana (Agricoli et alii 2012, p. 156). Sulle porte e sulla viabilità
antica in uscita dalla città, Poggesi, Cygielman 2013, pp. 143-147. Quanto alla supposta postierla nel settore nord della cinta, essa è verosimilmente lo sbocco di possenti opere per il drenaggio delle acque, Cygielman, Poggesi 2008, p. 248.
rispondenza di tratti di mura realizzati con pietre di natura differente22.
Nello stesso periodo anche Volterra si dota di un circuito difensivo che cinge la parte più alta del pianoro urbano23 (fig. 2). Le mura, realizzate
utiliz-zando pietre di origine sedimentaria (c.d. ‘panchi-na’) prevedono due o tre filari più bassi con massi di forma poligonale a cui si sovrappongono filari realizzati con blocchi pseudo-parallelepipedi, tec-nica che trova confronto in alcuni tratti delle mura rosellane. È molto probabile che, in un primo mo-mento, le mura della cinta urbica fossero costruite 22 Cygielman, Poggesi 2008, pp. 249-250, fig. 3.
23 Maggiani 2004 (2010), p. 47; Bonamici 2008, pp. 337-350; Esposito, Sabelli 2008, pp. 317-330. Numerose sono le ipotesi sulla ricostruzione e sulla datazione del più antico circuito murario di Volterra: per una disamina delle varie ricostruzioni e la relativa bibliografia si rimanda a Sabelli 2012, pp. 35-40. Oltre i contributi già citati, sulle mura di Volterra si ricordano Fiumi 1947, pp. 25-93; Iozzo 1997, pp. 36-37; Pasquinucci et alii 1998; Pasquinucci 1999;
Pasquinucci, Menchelli 2000; Pasquinucci, Menchelli 2001; Pasquinucci et alii 2002; Cateni, Furiesi 2005; Sorge, Baldini
2016, pp. 299-304.
Fig. 1. Roselle, planimetria ricostruttiva della cinta muraria: 1-9) porte (elaborazione dell’A. da Cygielman, Poggesi 2008 e Agricoli et alii 2012).
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Fig. 2. Volterra, planime-tria ricostruttiva della cin-ta muraria (elaborazione con integrazioni dell’A. da Esposito, Sabelli 2008; Sabelli 2012).
Fig. 3. Vetulonia, pla ni-metria ricostruttiva della cinta muraria (ela bo ra zio-ne dell’A. da Ra fa zio-nelli, Bai 2012).
425 fortificazioni e sistemi difensivi in etruria
solo nei tratti dove l’orografia del colle non offriva una naturale difesa e che l’edificazione del piano-ro sia ppiano-rogredita attraverso terrazzamenti con an-damento concentrico fino alla sommità24. Meno
chiara è la situazione di Vetulonia: oltre alle mura della c.d. ‘arce’, simili per opera a quelle di Roselle, sono presenti altri tratti giudicati di epoca etrusca, visibili in loc. Piantoni (fig. 3). Queste evidenze hanno portato ad ipotizzare un sistema difensivo 24 Sabelli 2012, p. 40.
limitato ad una parte dell’area poi compresa nella più ampia cinta muraria ellenistica, in modo ana-logo a quanto si riscontra a Volterra e Populonia25.
Tuttavia l’assenza di dati stratigrafici non permette di confermare la datazione all’età arcaica delle strut-ture e, secondo le ipotesi di alcuni studiosi, le mura dell’Arce sarebbero in realtà una potente opera di terrazzamento di periodo ellenistico riferibile alla 25 Cygielman 2002, pp. 168-171, fig. 2.
Fig. 4. Populonia, planimetria ricostruttiva delle difese: 1-2) porte ipotizzate; 3) diateichisma; 4-5) torrioni; 6) antemurale.
(Elaborazione dell’A. con integrazioni da Mascione, Salerno 2013).
426 luca cappuccini
monumentalizzazione di un’area sacra26. Sempre ad
opere di terrazzamento potrebbero riferirsi anche i resti sotto Poggiarello Renzetti e quelli ricordati in loc. Piantoni. Simili incertezze presentano le mura dell’acropoli di Populonia, a lungo tempo attribuite ad epoca arcaica o tardo arcaica ma che, sottoposte a recenti indagini27, sono riconducibili, per ampi
tratti, alla fine del IV-primi decenni del III sec. a.C., quindi in fase con l’ampia riorganizzazione del si-stema difensivo della città ellenistica (fig. 4). Ciò nonostante, esse rispettano, almeno in parte, un più antico circuito difensivo di cui resterebbero tracce in corrispondenza della Romanella28 e della sella
che separa i rilievi di Poggio del Telegrafo e Pog-gio del Castello29. Non è escluso che l’incursione
siracusana del 453 a.C. verso l’isola d’Elba e il suc-cessivo ‘protettorato’ di Populonia e dell’arcipelago toscano abbiano rappresentato il punto di partenza per una progressiva organizzazione del sistema di-fensivo e che la costruzione di un primo impianto delle mura dell’acrocoro risalga effettivamente alla 26 Maggiani 2003, p. 141 ss., fig. 2;
27 Da ultimo Mascione, Salerno 2013, pp. 411-424; v. anche Benvenuti 2006, pp. 429-435.
28 Romualdi 1993, p. 110, fig. 92 che sottolinea come l’uso della pietra ‘panchina’, utilizzata nei tratti di mura più antichi, sia limitato al periodo arcaico e classico, con cfrr. nelle tombe a edicola delle necropoli populoniesi. V. anche Romualdi 2012, pp. 128-129, figg. 17-18, 21.
29 Mascione, Salerno 2013, pp. 422-423.
metà o alla seconda metà del V sec. a.C.30, in
con-comitanza, quindi con l’inizio della frequentazio-ne dei siti di Castigliofrequentazio-ne San Martino e di Monte Castello di Procchio all’isola d’Elba31, ovvero con
la nascita di un sistema di avamposti a difesa delle incursioni dal mare32.
Più a nord, nel territorio di Fiesole, recenti ricerche dimostrano l’esistenza di insediamenti d’altura che, tra VI e V sec. a.C. sono provvisti di sistemi difensi-vi. È il caso di Pietramarina33 (Carmignano, Prato:
fig. 5, a) sul crinale di Monte Albano, dove alle pree-sistenze di periodo orientalizzante, si sovrappongo-no strutture di epoca arcaica legate probabilmente anche alla frequentazione di un luogo di culto. En-tro il V sec. a.C., a fronte dell’esigenza di presidiare il territorio con strutture difensive, l’area sommitale viene inclusa all’interno di un circuito murario di circa 3 m di spessore, con paramenti in opera po-ligonale con pietre di piccole e medie dimensioni. All’interno viene realizzato un grande edificio a due vani che resta in uso fino al periodo ellenistico, così come la cinta muraria. Probabilmente verso la fine del III sec. a.C. si assiste ad una generale risiste-30 Per la datazione delle mura al V sec. a.C., Romualdi 2012, pp. 123-130.
31 Maggiani 2008, pp. 360-365 con bibl. prec.
32 Sulle fortificazioni elbane e su queste problematiche, v. anche L. Pagliantini in Cambi et alii 2013, pp. 395-400.
33 Bettini 2008; Bettini 2016.
Fig. 5. Insediamenti d’altura fortificati dell’area fiorentina, schemi planimetrici delle mura: a) Pietramarina (Carmignano, PO) (rielaborazione dell’A. da Bettini 2016, fig. 11); c) Monte Giovi (Pontassieve, FI).
427 fortificazioni e sistemi difensivi in etruria
mazione dell’area, con nuove strutture di carattere monumentale poste in corrispondenza dell’antico accesso del circuito murario e la realizzazione di un nuovo edificio di culto esterno alle mura.
Allo stesso modo, l’insediamento di Monte Gio-vi34 (Pontassieve, Firenze, fig. 5, b), posto a 992 m
s.l.m. lungo il crinale che separa la piana fiorentina dal Mugello, mostra più fasi di frequentazione che, dal VII sec. a.C. proseguono fino all’epoca elleni-stica. Qui, in corrispondenza dei limiti di un breve pianoro sommitale, sono emersi i resti di una cinta muraria in mattoni crudi con fondazioni in pietra, spessa circa 2,5 m, costruita probabilmente tra VI e V sec. a.C. L’opera venne distrutta da un incen-dio tra la fine V e i primi anni del IV sec. a.C. per poi essere successivamente ricostruita nella secon-da metà del IV sec. a.C., utilizzando parzialmente le fondazioni precedenti. Come a Pietramarina, anche in questo caso la frequentazione di epoca ar-caica e classica sembra coniugare le esigenze di cul-to a quelle strategiche e di controllo del terricul-torio, quest’ultime poi recuperate in epoca ellenistica. La presenza in questo territorio di altri insediamenti dotati di sistemi difensivi riferibili ad epoca tardo arcaica sembra avvalorata dalle testimonianze di Poggio alla Sughera35 (Scandicci, FI) sul versante
meridionale della piana fiorentina, nonché da una serie di dati, provenienti per lo più da ricognizio-ni, che mostrano come vari siti posti in posizione strategica assumano in questo periodo un ruolo di difesa e controllo36.
Questi insediamenti sembrano dunque evidenzia-re quelle diffeevidenzia-renze tra i vari distevidenzia-retti dell’Etruria riguardo ai tempi e alle motivazioni dei fenomeni di ‘incastellamento’37. A differenza di altri territori,
negli insediamenti posti sui rilievi che circondano la piana fiorentina vari sistemi difensivi sono infat-ti documentainfat-ti già in epoca tardo-arcaica, quando certe preoccupazioni – ovvero Roma e i Celti – dovevano apparire ancora lontane. Qui, come in altre aree, la munizione degli insediamenti sembra dunque rispondere a necessità locali: nel territorio in questione, la prolungata assenza di un centro egemone almeno fino al V-IV sec. a.C. e l’esisten-34 Cappuccini 2017.
35 Cappuccini, Turchetti 2016, pp. 243-245. 36 Poggesi 2011, p. 47; Millemaci 2010. 37 Su questi aspetti, Cappuccini c.d.s.
za di un sistema ‘dipolare’ costituito da Fiesole e da Artimino porta a immaginare situazioni di crisi o, comunque, la mancanza di un potere centrale, po-tenziale deterrente verso possibili eserciti indipen-denti; tutte ipotesi che restano, comunque, difficili da provare anche in ragione dell’appartenenza delle due città allo stesso ambito culturale38.
Il periodo ellenistico
La decisa evoluzione nei sistemi difensivi di vari centri dell’Etruria tuttavia si registra solo a partire dagli ultimi decenni del IV sec. a.C. Come avviene anche in ambito italico39 e magnogreco (in
rela-zione alla progressiva espansione di Siracusa), è in questo periodo che si assiste ad una riorganizzazio-ne sistematica dei circuiti delle mura urbariorganizzazio-ne o alla costruzione di nuovi impianti, nonché alla realiz-zazione di particolari apprestamenti che, adesso, iniziano a comprendere architetture specifiche evi-dentemente finalizzate al contenimento delle nuo-ve tecniche ossidionali, come bastioni, torri e porte a corridoio o con camera interna40. Particolarmente
significativo in questo senso è il complesso sistema di strutture individuato nell’area di Ponte Rotto a Vulci, dove sembra sia esistita una seconda cinta di-fensiva posta a proteggere il lato est della città e il delicato passaggio sul Fiora41.
In Etruria settentrionale, Populonia adotta un im-pegnativa riorganizzazione delle difese. Le mura dell’acropoli vengono probabilmente ricostruite per buona parte del tracciato; anche il bastione po-sto a protezione della porta settentrionale potreb-be essere una sistemazione di epoca ellenistica42. Il
nuovo sistema difensivo prevede ora un possente muro che chiude il promontorio sul lato verso ter-38 Cappuccini, Turchetti 2016.
39 Fontaine 2013, pp. 269-276.
40 Tra i moltissimi esempi, per l’Etruria meridionale si ricordano quelle di Ghiaccio Forte, nel territorio vulcente, Rendini, Firmati 2008; Firmati 2012; Pulcinelli 2010, p. 36, fig. 13; Porta Romanelli a Tarquinia, Baratti et alii 2008, pp. 158-159, fig. 1, g; tav. I, a;
Cataldi et alii 2010-2011, pp. 18-19, fig. 11.
41 Moretti Sgubini 2008, pp. 177-179.
42 Per le recenti indagini della porta settentrionale, Mascione, Salerno 2013, pp. 415-418, fig. 2, a, posto a confronto con il bastione della porta orientale di Rofalco, nel territorio vulcente, per cui v. Cerasuolo et alii 2008, pp. 533-538; Pulcinelli 2010, pp. 36-37,
figg. 14-15 e con la porta Ninfina di Norba, Quilici, Quilici Gigli 2001, pp. 193-197; il sistema populoniese doveva sfruttava anche il ripido pendio antistante l’ingresso costringendo chi proveniva dal golfo di Baratti a rasentare le mura del bastione.
428 luca cappuccini
ra, e un diateichisma che, dall’altura di Poggio alla Guardiola, congiungeva la nuova struttura al circui-to dell’acropoli (fig. 4). Le nuove mura sono realiz-zate per alcuni tratti in opera isodoma in pietra pan-china mentre altri sono in tecnica poligonale, con bozze di arenaria e si presentano ben più sommarie nell’aspetto. Erano dotate di varie porte e almeno una torre, ancora localizzabile presso il Costone della Guardiola43, anche se le ricerche condotte
da De Agostino lasciano ipotizzare la presenza di un’altra torre in loc. Cala San Quirico44. Le
diffe-renze costruttive hanno portato a formulare varie ipotesi sulla datazione45: vale la pena osservare che
il torrione e le mura con paramento in panchina e tecnica isodoma prevedevano uno zoccolo costitu-ito da due assise con bozze lisciate nei contorni e sbozzate al centro, accorgimento che, come aveva già accennato Minto46, richiama le fortificazioni
ellenistiche della Magna Grecia tra la fine del IV e la prima metà del III sec. a.C.47. Il diateichisma si
configurava invece come un ampio camminamento delimitato lateralmente da muri e potrebbe quin-di richiamare i percorsi in galleria noti nello stes-so periodo nelle fortificazioni di Cuma, Siracusa e Selinunte48. A parte Populonia, che più di ogni
altra sembra dunque risentire delle innovazioni elaborate in ambito magnogreco, nelle altre città dell’Etruria settentrionale la presenza di particolari accorgimenti antiossidionali appare scarsa e limita-ta all’architettura delle porte. In questo senso sono da ricordare i numerosi accessi della nuova cinta di 43 Minto 1943, pp. 20-22, 334, n. 50, fig. 6, tav. IV, poi distrutta nel 1937. Nel 1997 sono state nuovamente individuate le fondazioni del torrione, Romualdi, Settesoldi 2008, pp. 308-309, fig. 4, tav. I. 44 De Agostino 1962, p. 278; Romualdi, Settesoldi 2008, p. 313, nota 3.
45 Per Romualdi, Settesoldi 2008, pp. 313-314 il tratto in opera isodoma in pietra panchina apparterrebbe ad una prima fase di epoca tardo arcaica-classica, a cui si sarebbe addossato in epoca ellenistica il tratto in ‘opera poligonale’ in arenaria; per De Agostino 1962, p. 281 e Fedeli 1983, p. 134 le mura sarebbero di epoca ellenistica (fine IV-III sec. a.C.) mentre Benvenuti 2006, pp. 431-432 ne abbassa la cronologia alla prima guerra punica.
46 Minto 1943, pp. 20-21, fig. 6, tav. IV.
47 Tra i molti esempi, v. il phrourion di Monte Turcisi, Jonasch,
Winterstein 2016, pp. 87-102, fig. 5; M. Jonasch in questo volume. 48 Il diateichisma, individuato da De Agostino negli anni Sessanta
del secolo scorso (De Agostino 1962, pp. 275-262), è stato messo in dubbio da Romualdi, Settesoldi 2008, p. 307 ma è stato poi nuovamente individuato e indagato, Chiaramonte Treré 2010, p. 223; Mascione, Salerno 2013, p. 412, nota 10 (si trattava di un camminamento con percorso centrale largo 1,85 m, mentre i muri laterali hanno uno spessore di 1,85 m a nord e di 2,30 m a sud).
Volterra che, verso la fine del IV sec. a.C., amplia il circuito dell’acropoli cingendo con mura un’ampia area non completamente abitata, con evidente fine strategico49 (fig. 2). Sia la Porta all’Arco che la Porta
Diana (o Portone) si situano in corrispondenza di un dente delle mura con disposizione scea e sono contraddistinte da una camera con doppia porta, originariamente coperta in legno e, nel caso di Por-ta all’Arco, poi doPor-taPor-ta di fornici50. Nonostante la
ne-cessità di studi più approfonditi, è comunque ipo-tizzabile che la difesa di vari accessi della cinta vol-terrana fosse garantita da particolari accorgimenti, come la collocazione delle porte alla convergenza di due lunghi tratti di mura (postierla di Doccio-la, Porta delle mulina) o attraverso la costruzione di un bastione (Porta Solis, Porta Penera)51. Non è
poi da escludere che altri bastioni particolarmente prominenti (Torricella52, Pescaia) consentissero
l’opportuno controllo di vari accessi. A Cortona, invece, la difesa delle porte sembra affidata a torri addossate all’esterno delle mura, documentate sia in corrispondenza della Porta Bifora che della Por-ta Castiglionese53. A Roselle, in corrispondenza di
uno degli accessi della cinta arcaica, viene realizzata una camera con doppia porta che testimonia come l’antico circuito sia stato aggiornato alle nuove ne-cessità difensive54. Meno chiara la situazione di
Fie-sole, anch’essa dotata di una cinta muraria riferibile all’epoca ellenistica55, periodo che vede la generale
risistemazione dell’area urbana (fig. 6); l’assenza di indagini stratigrafiche mirate non permette infatti di accertare l’eventuale presenza di un precedente circuito murario né le possibili fasi di realizzazione dell’opera56. Non resta alcuna testimonianza diretta
49 La cinta, che racchiude un’ampia superficie, potrebbe rap pre-sentare un caso di Geländemauer, che racchiude al suo interno l’in tero
perimetro del pianoro nel quale è compresa l’antica città (Pasqui-nucci, Menichelli 2001). Su questo concetto, Winter 1971, pp. 111-114; Garlain 1974, p. 82.
50 Sabelli 2012, pp. 41-42.
51 Per le porte di Volterra, v. anche Pasquinucci et alii 2002, pp. 55-74.
52 In particolare, in loc. Torricella, approfondite indagini hanno confermato la datazione ellenistica delle mura, Esposito et alii 2011,
pp. 3-9; Sorge, Baldini 2016, pp. 295-299.
53 Fabbri 2010, pp. 51-56; Torelli 2008, p. 274, fig. 4. Per le mura di Cortona, v. inoltre Neppi Modona 1977; Defosse 1980, p. 781. 54 Agricoli et alii 2012, pp. 157-158, figg. 5-7.
55 Sulle mura di Fiesole, da ultimo Morciano 1994, pp. 161-176 che ricostruisce il circuito murario offrendo interessanti dati sui materiali e sulle tecniche di costruzione utilizzate.
56 Per i confini della città, segnati da vari cippi, e su una possibile perimetrazione dell’area urbana precedente alla cerchia delle mura
429 fortificazioni e sistemi difensivi in etruria
delle porte urbiche, verosimilmente poste in corri-spondenza delle direttrici viarie ricostruibili57; in
prossimità della supposta porta nord è noto un trat-to murario parallelo alla cinta, forse interpretabile come antemurale connesso al possibile accesso, ma del quale non si hanno riferimenti cronologici sicuri58. Recenti ricognizioni hanno poi permesso
di ricostruire il tracciato della cinta muraria di Ve-tulonia, che cingeva un’area di circa 46 ha 59 (fig. 3).
Lo stato di degrado, la difficile accessibilità a vari tratti del circuito e l’assenza di indagini stratigrafi-che non permettono di determinare con precisione la cronologia né identificare con certezza gli accessi, ipotizzabili sulla base della viabilità antica e dal po-sizionamento delle necropoli. La tecnica costrutti-va lascia ipotizzare una datazione tra la fine del IV ellenistiche, v. Bruni 2002, pp. 299-300; Colonna 1988, pp. 17-19, nota 19, fig. 2.
57 Per alcune considerazioni sulla possibile ubicazione delle porte, v. Morciano 1994, pp. 170-172, 174-176, con bibl.
58 Morciano 1994, p. 170, nota 37. 59 Rafanelli, Bai 2012.
e il III sec. a.C., momento nel quale la città mostra una sensibile ripresa.
Parallelamente, la difesa delle città è affidata anche al controllo del territorio che ora si intensifica e si struttura maggiormente attraverso la munizione di alcuni insediamenti satellite; allo scopo vengono scelti quelli posti in posizione strategica e dotati del migliore potenziale visivo. In questo ambito le ricerche condotte dall’Università di Firenze su vari siti di altura nel distretto chiusino e in quello fiesolano hanno integrato il quadro sull’Etruria set-tentrionale presentato da Maggiani60. Nonostante
lo stato della ricerca sia ancora iniziale, soprattutto per quanto riguarda la verifica della consistenza di alcune di queste evidenze, è chiaro che i fortilizi sorti tra la seconda metà del IV e gli inizi del III sec. a.C. siano affiancati da un numero maggiore di in-sediamenti dove l’originaria funzione insediativa o cultuale scompare o viene relegata ad un ruolo di 60 Maggiani 2008, pp. 355-371.
Fig. 6. Fiesole, planimetria ricostruttiva della cinta muraria (elaborazione da Morciano 1994).
430 luca cappuccini
minore importanza61, e dove l’esigenza difensiva
del centro egemone o dei gruppi gentilizi locali si manifesta di solito nelle cinte murarie costruite con tecnica a sacco che racchiudono lo spazio dell’abi-tato.
Per quanto riguarda gli avamposti o i castella sorti ex-novo per il solo scopo difensivo, nel settore tirre-nico settentrionale è possibile individuare una serie di fortificazioni che presentano un impianto plani-metrico simile e che è possibile riferire ad un unico modello, forse derivato da esperienze magnogreche che, come detto in precedenza, nel corso del IV sec. a.C. avevano trovato fortuna nel comprensorio po-puloniese. L’evidenza principale di questi phrouria è un possente muro che cinge un’area rettangolare, solitamente compresa tra 1500 e 3000 mq situata nella parte sommitale di un rilievo strategico. All’in-terno, si ripete una sequenza di vani pressoché qua-drati, addossati all’interno di uno dei lati brevi. Il 61 Tra i molti esempi, v. Ghiaccio Forte nella valle dell’Albegna, Firmati 2012, p. 171 ss. con bibl.; Poggio Civitella nel territorio senese, Cappuccini 2014 con bibl.; Monte Giovi tra Medio Valdarno e Mugello, Cappuccini 2017, pp. 189 ss. Meno chiara la situazione a Pietramarina (Carmignano, PO), dove la funzione cultuale del sito continua dopo la costruzione della cinta muraria, Bettini 2008; Bettini 2011; Bettini 2016.
tipo, documentato all’isola d’Elba (Monte Castello di Procchio e Castiglione San Martino, fig. 7, a-b) sembra poi replicato nel distretto pisano (Monte Castellare di San Giuliano, fig. 7, c)62.
È inoltre possibile distinguere alcuni insediamenti fortificati muniti di cinte ad andamento circolare. Il caso di Poggio Civitella, presso Montalcino (Siena), costituisce un punto di riferimento grazie alle ricer-che estensive condotte per oltre un decennio da Lu-igi Donati63 (fig. 8). Anche in questo caso si tratta di
una fortificazione nata sui resti di un insediamento nato in epoca arcaica, poi abbandonato intorno alla metà del V sec. a.C. Le mura, spesse in media circa 2,5 m, sono costruite in tecnica a sacco con para-menti in opera poligonale con pietre di media e pic-cola pezzatura. L’accesso era garantito da una porta mentre, sul lato opposto, era presente una postierla; l’accesso agli spalti era garantito da una rampa posta 62 Maggiani 2008, pp. 357-358.Più difficile è stabilire se la pianta rettangolare delle mura di ultima fase individuate a Monte Giovi possa costituire un riflesso di simili esperienze, ma la sovrapposizione al muro difensivo di epoca precedente sembra supportare l’ipotesi di un semplice riutilizzo delle strutture esistenti, Cappuccini 2017, pp. 195-197.
63 L. Donati in Donati, Cappuccini 2008, pp. 221-232; Cap puc-ci ni 2014; Donati 2018, pp. 293-309.
Fig. 7. Fortezze d’altura modulari, planimetrie ricostruttive: a) Monte Castello di Procchio; b) Castiglione San Martino; c) Monte Castellare. (Elaborazione dell’A. da Maggiani 2008, figg. 3, 6, 7).
431 fortificazioni e sistemi difensivi in etruria
Fig. 8. Montalcino (Siena), planimetria della fortezza di Poggio Civitella (da Cappuccini 2014).
sul lato interno in prossimità della porta. Nello spa-zio circondato dalle mura venne realizzato un grande edificio composto da un lungo ambiente rettangolare probabilmente a due piani affiancato da una serie di
vani laterali più piccoli. La fortificazione era inoltre provvista di due aggeri ad andamento circolare con-centrici, distanziati tra loro di circa 50 m, distesi sul fianco meridionale del rilievo mentre un lungo muro,
432 luca cappuccini
probabilmente con funzioni assimilabili a quelle di un diateichisma, collegava la parte sommitale all’ag-ger più esterno, permettendo un migliore controllo del tracciato viario che passava ai piedi del rilievo e che metteva in collegamento il territorio chiusino con la Maremma. Al momento questo tipo di forti-ficazione, che può comprendere più circuiti difensivi concentrici, sembra documentata soprattutto nel ter-ritorio senese64. Alcuni confronti individuabili a nord
64 Casanova di San Fedele (Radda in Chianti), Mazzeschi 1976, pp. 49-55. Una fondazione etrusca delle mura è stata ipotizzata anche
delle Alpi65 portano a non escludere che, all’origine
dell’impianto ad anello, vi possano essere i contatti con le genti celtiche che, dagli inizi del IV sec. a.C. sono sempre più presenti nelle trame della società etrusca.
Un’ultima evoluzione sembra poi ravvisabile nel corso del III sec. a.C. in concomitanza con l’acqui-sizione delle nozioni di poliorcetica da parte dei per il cosiddetto “Tino” di Moscona, a Roselle, Donati 2012, pp. 331-338.
65 Cappuccini 2014, pp. 157-158, nota 26 con bibl.
Fig. 9. Perugia, planimetria ricostruttiva della cinta muraria (elaborazione dell’A. da Defosse 1980; Torelli 2008).
433 fortificazioni e sistemi difensivi in etruria
Romani, solitamente fissata tra la guerra contro Pirro e la prima guerra punica66. In questo periodo
vari centri dell’Etruria meridionale mostrano un sensibile avanzamento nella complessità dei sistemi difensivi, con innovazioni che, il alcuni casi, sem-brano anticipare questa quota cronologica portan-do ad ipotizzare sistemi ossidionali avanzati già agli inizi del III sec. a.C. È forse questo il caso di alcuni proteichismata come quello di Vulci, di forma trian-golare a difesa della porta Ovest67, o quello sul lato
occidentale di Musarna68. In Etruria settentrionale,
ancora a Populonia, le cui vicende rivestono un ca-pitolo a parte nella storia etrusca, un antemurale è stato recentemente riconosciuto sul lato meridio-nale delle mura dell’acropoli69 (fig. 4, n. 6), forse di
poco successivo al diateichisma posto a collegamen-to delle due cinte murarie. È molcollegamen-to probabile che l’antemurale fosse a protezione di un accesso me-ridionale non ancora individuato ma ipotizzabile anche dalla localizzazione della necropoli di Buca delle Fate e dalla necessità di raggiungere Cala San Quirico70. D’altra parte, un apprestamento analogo
era già stato individuato in prossimità della Roma-nella dove era stato ipotizzato un altro ingresso71.
Un caso particolare è poi la grande cinta di Perugia, verosimilmente realizzata in età avanzata72 (fig. 9).
Qui si possono distinguere varie soluzioni antiossi-dionali come la profondità del corridoio nell’Arco di Augusto, utile a impedire l’impiego di arieti, o l’affrontamento di coppie di porte per garantire la reciproca copertura difensiva degli accessi.
Le restanti città dell’Etruria settentrionale non mo-strano al momento simili adeguamenti: sicuramen-te le difficoltà della ricerca richiamasicuramen-te all’inizio di questo contributo impediscono di avere un quadro 66 Fontaine 1990, p. 47.
67 Moretti Sgubini, Ricciardi 2001, pp. 68-69, fig. 8; Moretti Sgubini 2008, p. 174, tav. IV, a-b; Fontaine 2008, p. 251, fig. 5; Pulcinelli 2010, pp. 29-30, fig. 3.
68 Berard et alii 2001, pp. 75-76; Fontaine 2008, p. 217, fig. 4;
Pulcinelli 2010, p. 35, fig. 12. 69 Mascione, Salerno 2013, p. 420.
70 Si può solo immaginare che l’accesso venisse a trovarsi al termine della strada che, dall’area dei templi, taglia in senso nord-sud Poggio del Telegrafo.
71 Romualdi 2012, pp. 125-126, figg. 9-13 datato dopo la prima metà del III sec. a.C.
72 Sul sistema difensivo di Perugia, Defosse 1980 con bibl. prec.; Roncalli 1989; Roncalli 1990 con una proposta di datazione alla fine del IV-inizi del III sec. a.C., poi rivista da Torelli 2008, p. 274 che considera le mura in fase con l’Arco di Augusto, riportandole al III - inizi II sec. a.C.
esaustivo ed è possibile che le tracce siano state completamente cancellate dall’urbanizzazione mo-derna. Ma non è escluso che una minor intrapren-denza rispetto alle città dell’Etruria meridionale possa essere giustificata dalle modalità con cui si verificò l’avanzata di Roma che, in breve tempo, rese inutili o inservibili le nuove difese, scolorendo, assieme ad altri ricordi, quello di una poliorcetica etrusca.
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RIASSUNTO: Lo studio delle fortificazioni etrusche in Etruria settentrionale è complicato da alcuni problemi, come ad esempio la continuità abitativa di molti insediamenti che ha portato alla sovrapposizione di strutture moderne a quelle antiche. Ciò ha determinato negli studi una maggiore attenzione alle fortificazioni dell’Etruria meridionale. Tuttavia, anche in Etruria settentrionale, già nel corso del VI secolo a.C., varie città si dotano di mura, come Roselle e Volterra. La difesa dei territori è affidata ad insediamenti periferici, di solito posti sulle vette di alture: la loro presenza si intensificherà nel corso del IV sec. a.C. Proprio in epoca ellenistica, in varie città dell’Etruria settentrionale, si assiste alla costruzione di nuove cinte murarie e al rifacimento di quelle preesistenti. In questo periodo le difese vengono implementate con particolari sistemi antiossidionali, concentrati soprattutto in prossimità delle porte. Alcune città, come Populonia, sviluppano sistemi difensivi complessi sulla scia delle coeve esperienze greche e magnogreche. Il progresso delle tecniche antiossidionali sembra però arrestarsi nel corso del III sec. a.C., forse in relazione alla progressiva avanzata di Roma. SUMMARY: The study of Etruscan fortifications in Northern Etruria has often been difficult due to continued settlement on the sites; in fact, in many cases modern structures have covered the oldest ones. For this reason, research has been concentrated on fortifications built in southern Etruria, that are therefore characterised by deeper knowledge. However, information could be obtained from northern contexts as well. In fact, even during the 6th century BC various cities, such as Roselle and Volterra, built defensive walls. The protection of territories was entrusted to peripheral settlements -usually located on the top of hills-, that became more numerous during the 4th century BC. In depth, the construction of the city walls or the reconstruction of previous ones took place in the Hellenistic period and involved various cities in northern Etruria and their territories. At the time, defence was implemented as a result of specific systems designed to prevent siege, especially near the doors. In some cases, cities such as Populonia developed complex protective devices inspired by contemporary Greek and Magno-Greek experiences. The flourishing stimulus of anti-siege techniques probably ended during the 3rd century BC, perhaps by reason of the progressive conquests of Rome in Etruria.
Parole chiave: Etruria, fortificazioni, città, mura, poliorcetica Keywords: Etruria, Fortifications, Cities, Walls, Polyorcetics
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Sommario
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Finito di stampare nel mese maggio 2020 presso GlobalPrint – Gorgonzola (MI)