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Commento agli artt. 1482 c.c. (Cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli), 1483 c.c. (Evizione totale), 1484 c.c. (Evizione parziale), 1485 c.c. (Chiamata in causa del venditore), 1486 c.c.(Responsabilità limitata del venditore), 1487 c.c. (Modifi

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Commento agli artt. 1482 c.c. (Cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli), 1483 c.c. (Evizione totale), 1484 c.c. (Evizione parziale), 1485 c.c. (Chiamata in causa del venditore), 1486 c.c.(Responsabilità limitata del venditore), 1487 c.c. (Modificazione o esclusione convenzionale

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Giuffré

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1482

Cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli.

Il compratore può altresì sospendere il pagamento del prezzo, se la cosa venduta risulta gravata da garanzie reali o da vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro, non dichiarati dal venditore e dal compratore stesso ignorati.

Egli può inoltre far fissare dal giudice un termine, alla scadenza del quale, se la cosa non è liberata, il contratto è risoluto con obbligo del venditore di risarcire il danno ai sensi dell'Art. 1479.

Se l'esistenza delle garanzie reali o dei vincoli sopra indicati era nota al compratore, questi non può chiedere la risoluzione del contratto, e il venditore è tenuto verso di lui solo per il caso di evizione.” IMPORTANZA ●● – La norma completa, insieme all’art. 1481 c.c., il novero dei rimedi a

disposizione del compratore

CONTENUTO - La norma in esame disciplina le ipotesi in cui il bene oggetto della compravendita

risulti gravato da garanzie reali o da altri vincoli, prescrivendo particolari rimedi a tutela dell’acquirente

FONTI E SISTEMA - La norma va letta congiuntamente alle disposizioni del Codice Civile di cui agli artt.: 1148, 1153, 1453, 1455, 1463, 1476, 1478, 1479, 1480, 1481, 1483, 1484, 1485, 1486, 1487, 1488, 1490, 1492, 1494, 1497, 2652

670 - 671 c.p.c.

QUESTIONI PRINCIPALI - Presupposti e ambito di applicazione dell’art. 1482 c.c.

APPLICAZIONI - Applicabilità della norma in esame al contratto preliminare

GIURISPRUDENZA ESSENZIALE

Cass. sez. II, 6 agosto 1999 n. 8481 (MGC, 1999, 1779) “La facoltà del compratore di sospendere il pagamento del prezzo, a norma dell'art. 1482 c.c., costituendo un’applicazione alla compravendita del principio generale inadimplenti non est adimplendum di cui all'art. 1460 c.c., postula non la sola esistenza del diritto reale di godimento in favore di terzi ma che la sospensione del pagamento non sia contrario alla buona fede e di conseguenza il compratore non può avvalersi di tale facoltà, per la carenza di tale estremo, quando l'inadempienza contestata al venditore non sia grave”

Cass. sez. II, 19 luglio 1986, n. 4667 (MGC 1986, 7) “La norma dell'art. 1482 c.c., in forza della quale se la cosa venduta risulta gravata da garanzie reali o da vincoli derivanti da pignoramento o sequestro, il compratore può sospendere il pagamento del prezzo, ovvero fare fissare dal giudice un termine alla cui scadenza se la cosa non è liberata il contratto è risoluto, presuppone che le garanzie e gli altri vincoli preesistano alla vendita, in quanto entrambi detti rimedi postulano la colpa del venditore, consistente nella violazione dell'obbligo di dichiarare la esistenza di tali garanzie e vincoli. Pertanto, con riguardo alla vendita immobiliare, detta norma non è applicabile quando il pignoramento dell'immobile è eseguito dopo la conclusione della vendita anche se la trascrizione di quest'ultima sia successiva a quella del pignoramento, rimanendo in potere dell'acquirente di invocare la garanzia prevista dall'art. 1483 c.c. ove la evizione si sia verificata a seguito dell'espropriazione immobiliare ad opera del creditore pignorante, nei cui confronti la vendita non ha efficacia à termini dell'art. 2914 c.c.”

Tribunale Messina, sez. I, 24 maggio 2006, n. 2345 (Juris Data - Giurisprudenza locale, Messina 2006) - “La tutela concessa dall’art. 1482 c.c., per l’ipotesi in cui la cosa venduta sia gravata da vincoli o garanzie reali, presuppone l’ignoranza degli stessi da parte del compratore e non opera nel caso in cui questi

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sia conscio dell’esistenza dei vincoli: in quest’ultimo caso il compratore, nonostante l’inesatto adempimento del venditore, dovrà attendere gli sviluppi della situazione con la conseguenza che, se il vincolo si estingue, il rapporto sarà regolarizzato, se invece sopravviene l’evizione, il compratore potrà avvalersi della relativa garanzia”.

Cass., sez. II, 28 aprile 2004, n. 8143 (MGC 2004, 4) “Il promittente venditore che abbia violato l'obbligo di mantenere il bene promesso in vendita libero da pesi ed oneri non può avvantaggiarsi di tale suo inadempimento negando il trasferimento dell'immobile, con la conseguenza che il giudice adito per l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto preliminare chiesta dal promissario acquirente, nello stabilire le modalità e i termini entro i quali l'attore deve adempiere l'obbligazione di pagare il residuo prezzo, può - per l'esigenza di salvaguardare l'equilibrio sinallagmatico dei contrapposti interessi - subordinare tale pagamento all'estinzione, da parte del promittente alienante, dell'ipoteca” .

Cass., sez. II, 23 settembre 2004, n. 19135 (MGC 2004, 9; RN 2005, 6, 1419; RGE 2005, 3 774) “In tema di contratto preliminare di vendita, la sopravvenienza o la mancata cancellazione da parte del venditore di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sull'immobile non osta a che il promissario acquirente possa chiedere l'esecuzione specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c. ma consente a questi, ove di tale facoltà intenda avvalersi, di sospendere il pagamento e/o di non effettuare la formale offerta del prezzo, potendo, invece, chiedere al giudice che con la sentenza sostitutiva del contratto non concluso siano fissate condizioni e modalità di versamento idoneo ad assicurare l'acquisto del bene libero da vicoli e tali da garantirlo da eventuale evizione”.

Cass., sez. II, 30 luglio 2004, n. 14583 (MGC 2004, 7-8) “In tema di vendita di cosa gravata da garanzie reali o da vincoli derivanti da pignoramenti o sequestri non dichiarati dal venditore, l'art. 1482 c.c., nel dare facoltà al compratore di sospendere il pagamento del prezzo, nonché di chiedere al giudice di fissare un termine per la liberazione dell'immobile, non esaurisce i rimedi a disposizione dell'acquirente in quanto gli concede soltanto un rimedio alternativo ad ulteriore rafforzamento della sua posizione contrattuale, senza precludergli la possibilità di esperire l'azione di risoluzione ove ne ricorrano gli estremi, ivi compreso quello della non scarsa importanza dell'inadempimento”.

Sommario - 1. Presupposti di applicabilità della norma - 2. Ambito di applicazione – 3 I rimedi: la sospensione de pagamento del prezzo e la risoluzione della vendita - 4. Il contratto preliminare

1. Presupposti di applicabilità della norma

LEGISLAZIONE 1148, 1153, 1453, 1455, 1463, 1476, 1478, 1479, 1480, 1481, 1483, 1484, 1485, 1486, 1487, 1488, 1490, 1492, 1494, 1497, 2652 c.c.

BIBLIOGRAFIA LUMINOSO 2003 - OBERTO 2005 – FERRERI 2006 – RUBINO 1971 – BIANCA 1993 –

GRECO E COTTINO 1981 – MIRABELLI 1988 – LUMINOSO 2003 – AMITRANO 2005 -

La facoltà del compratore di sospendere il pagamento del prezzo, a norma dell’art. 1482 c.c., rappresenta una applicazione alla compravendita del principio generale inadimplenti non est adimplendum di cui all’art. 1460 c.c.

La ratio di questa previsione è stata rinvenuta dalla dottrina nell’effetto del trasferimento del diritto e nella relativa esigenza di trasferirlo all’acquirente privo di vincoli, che possano successivamente comportarne la perdita (Luminoso 2003, 236). Al riguardo, un autore chiarisce che l’art. 1482 c.c. configura una speciale forma di garanzia dovuta per legge dal venditore che nel codice del 1865 era riconducibile alla garanzia per evizione intesa in senso lato. Nel testo del codice del 1942, le due forme di garanzia sono state distinte posto che l’evizione presuppone che il compratore sia minacciato dalla pretese di

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terzi sul bene acquistato, mentre nel caso in esame il diritto dominicale non è posto in discussione (Oberto 1995, 608).

L’art. 1482 c.c. riguarda le garanzie reali, il pignoramento, i sequestri convenzionali ai sensi dell’art. 1798 c.c., conservativi (art. 671 c.p.c.) e giudiziari (art. 670 c.p.c.), posto che, in tali ipotesi, il bene è oggetto di una azione esecutiva da parte di un terzo (Bianca 1993, 704; Oberto 2005, 253;in senso contrario, Rubino, 1971, 386, secondo il quale il sequestro giudiziario andrebbe ricondotto nell’alveo dell’art. 1481 c.c.; in relazione al 1481 c.c. si veda Ferreri 2006, 248-268). L’articolo in esame non distingue, inoltre, tra sequestro civile e penale: la dottrina maggioritaria ritiene che l’art. 1482 c.c. sia applicabile anche al sequestro penale (Bianca 1993, 704, Rubino 1971, 386, Greco e Cottino 1981, 150). Per un autore tali vincoli sono accomunati dal fatto che essi hanno una funzione cautelare e, dunque, un carattere provvisorio (Bianca 1993, 705).

Per quanto concerne i rapporti con altre figure, alcuni autori si sono soffermati sul fatto che la fattispecie qui in esame potrebbe essere assimilata alla vendita di cosa altrui nella quale insorga un pericolo di rivendica da parte del vero proprietario: in base a tale orientamento, l’art. 1482 c.c. si distingue da tale figura giacché, al momento della conclusione della vendita, il bene non appartiene ad altri, ma potrebbe divenire altrui a causa delle garanzie reali o degli altri vincoli dovuti a pignoramento o sequestro (così Rubino 1971, 383, Mirabelli, 1988, 63, Bianca 1993, 708, Oberto 2005, 252, Luminoso 2003, 237, Amitrano 2005, 456).

Sulla scorta di tali considerazioni, la dottrina conferma che la norma è applicabile anche quando il vincolo espropriativo o cautelare è costituito successivamente alla stipulazione della compravendita ma per una causa anteriore ad essa (Bianca 1993, 704, Oberto 2005, 267, Luminoso 203, 236). Su tale aspetto, si può ricordare, in particolare, che la Corte di cassazione ha ritenuto di chiarire che, in relazione alla vendita immobiliare, l’art. 1482 c.c. non è applicabile quando il pignoramento dell’immobile è eseguito dopo la conclusione della vendita, anche se la trascrizione di questa ultima sia successiva a quella del pignoramento, rimanendo in potere dell'acquirente di invocare la garanzia prevista dall'art. 1483 c.c. ove la evizione si sia verificata a seguito dell'espropriazione immobiliare ad opera del creditore pignorante, nei cui confronti la vendita non ha efficacia ai sensi dell'art. 2914 c.c. (Cass. sez. II, 19 luglio 1986, n. 4667, MGC, 1986, 7).

Ai fini dell’applicazione della norma in esame rileva, inoltre, lo stato psicologico dell’acquirente. La conoscenza dell’esistenza del vincolo sul bene esclude la responsabilità attuale del venditore ed opera una sorta di presunzione legale dell’accollo del vincolo da parte del venditore (Luminoso 2003, 237). Tale facoltà può, dunque, essere esercitata soltanto se la sospensione del pagamento del prezzo non sia contraria a buona fede e, pertanto, allorché l’inadempimento del venditore non sia grave, il compratore non può avvalersi di tale facoltà, dal momento che, in tale caso, il rifiuto di versare il prezzo non sarebbe conforme a buona fede (Luminoso 2003, 237; Bianca 1993, 710 e 727).

La facoltà del compratore di sospendere il pagamento del prezzo, a norma dell'art. 1482 c.c., costituendo un’applicazione alla compravendita del principio generale inadimplenti non est adimplendum di cui all’art. 1460 c.c., postula non la sola esistenza del diritto reale di godimento in favore di terzi ma che la sospensione del pagamento non sia contrario alla buona fede e di conseguenza il compratore non può avvalersi di tale facoltà, per la carenza di tale estremo, quando l’inadempienza contestata al venditore non sia grave (Cass. sez. II, 6 agosto 1999 n. 8481, MGC, 1999, 1779)

Ed inoltre,

La tutela concessa dall’art. 1482 c.c., per l’ipotesi in cui la cosa venduta sia gravata da vincoli o garanzie reali, presuppone l’ignoranza degli stessi da parte del compratore e non opera nel caso in cui questi sia conscio

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dell’esistenza dei vincoli: in quest’ultimo caso il compratore, nonostante l’inesatto adempimento del venditore, dovrà attendere gli sviluppi della situazione con la conseguenza che, se il vincolo si estingue, il rapporto sarà regolarizzato, se invece sopravviene l’evizione, il compratore potrà avvalersi della relativa garanzia” (Trib. Messina24 maggio 2006, n. 2345, Juris Data - Giurisprudenza locale, Messina 2006).

A tale proposito, la giurisprudenza di merito, anche con sentenze risalenti nel tempo, offre alcune delucidazioni rispetto a specifiche fattispecie. Così, qualora il bene sia gravato da garanzie reali o vincoli derivanti da pignoramento non dichiarato dal venditore, non rileva il fatto che l’acquirente potesse venirne a conoscenza attraverso i registri immobiliari (Corte di appello di Napoli, 1978, GM, 1981, 388). L’art. 1482 c.c. trova, invece, applicazione quando “i vincoli sono conoscibili dal compratore” (Corte di appello di Bologna, 4 novembre 1993, FR, 1994, 8).

2. Ambito di applicazione

LEGISLAZIONE 1148, 1153, 1453, 1455, 1463, 1476, 1478, 1479, 1480, 1481, 1483, 1484, 1485, 1486, 1487, 1488, 1490, 1492, 1494, 1497, 2652 c.c.

BIBLIOGRAFIA BIANCA 1993– OBERTO 2005– AMITRANO 2005

Vengo, ora, a considerare l’ambito di applicazione della norma così come delineato dalla giurisprudenza.

A riguardo, il Supremo Collegio ha rilevato che il rimedio della sospensione del prezzo che il compratore può utilizzare in caso di acquisto di un bene gravato da vincoli o garanzie reali, non dichiarati dal venditore e ignorati dall’acquirente, è suscettibile di applicazione anche in caso di promessa unilaterale di vendita (Cass. 26 novembre 1997 n. 11839, AC, 1998, 158).

La giurisprudenza esclude, poi, che la tutela di cui agli artt. 1482 c.c. (ed inoltre: 1460 e 1481 c.c.) sia applicabile alla vendita forzata: per i giudici di legittimità l’aggiudicatario non può invocare l’operatività di tali norme ed è pertanto soggetto alla decadenza dall’aggiudicazione e alla confisca della cauzione, ovvero solamente alla confisca della cauzione nel caso in cui egli non abbia provveduto a versare il prezzo nel termine pattuito (Cass. 19 giugno 10065 n. 6940, NGC, 1996, I, 460 e FALL, 1996, 58). Analoga risposta negativa riguarda l’applicabilità del 1482 c.c. agli oneri apparenti: non sono tali quegli oneri che il compratore può rilevare, nel bene, attraverso una ricerca accurata, ma che non sono riconoscibili in base al puro e semplice esame della cosa medesima (Cass. 23 febbraio 1994 n. 1781, FI, 1994, I, 1760 e RN 1994, 1156).

In dottrina vi è chi esclude che il generico assoggettamento del bene alla garanzia patrimoniale ai sensi dell’art. 2740 c.c. possa considerarsi come un caso di inesatta attribuzione: tale affermazione concerne anche i creditori privilegiati, salvo che si tratti di privilegi fiscali (Bianca 1993, 706 e 724). Anche i giudici di legittimità hanno seguito tale impostazione: in particolare, nel caso in cui il bene promesso in vendita è gravato da una ipoteca e tale garanzia si riferisce a un mutuo ipotecario (che il promissario acquirente si è accollato a titolo di parziale corrispettivo) non vi sono i presupposti per applicare l’art. 1482 c.c. in quanto in tal caso si tratta di una garanzia per un debito proprio del potenziale compratore accollatario e non un vincolo legato al debito del promittente venditore (Amitrano 2005, 458).

Meritano un cenno anche il fallimento e i vincoli di espropriazione per pubblica utilità. Il primo costituisce un vincolo specifico di assoggettamento del bene all’esecuzione: la dottrina rileva che l’alienazione da parte del fallito successivamente alla dichiarazione di fallimento non è opponibile alla massa e pertanto il compratore acquista un diritto verso i

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creditori del fallito. Sulla scorta di tale riflessione, la medesima dottrina esclude che l’art. 1482 c.c. sia applicabile in tal caso (Oberto 2005, 256). In relazione ai secondi, va sottolineato che, in base alla giurisprudenza, i vincoli imposti dai piani regolatori, che vengono conosciuti o che sono quanto meno conoscibili da chiunque, come tali non sono riconducibili alle ipotesi di cui all’art. 1482 c.c., con la conseguente tutela del compratore solo in caso di espropriazione del bene (e 1489 c.c., si veda il relativo commento). Una sentenza sottolinea che un semplice ostacolo di fatto alle possibilità edificatorie (i.e. il comportamento di un sindaco che differisce l’esame di un progetto di costruzione su un fondo privato) non costituisce un vincolo di inedificabilità, previsto dall’ordinamento, e pertanto l’acquirente non può invocare la tutela di cui all’art. 1482 c.c. (Cass. 20 giugno 1985 n. 3710, RGE, 1986, I, 108).

Da ultimo, si può ricordare che la presenza sul bene compravenduto di oneri o diritti di godimento implica l’applicazione della diversa disciplina di cui all’art. 1489 c.c., che consente al compratore la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo (mentre in relazione all’art. 1482 c.c. la risoluzione può essere chiesta solo dopo la scadenza fissata dal giudice perché il venditore provveda alla liberazione della cosa) (Cass. 17 marzo 1976 n. 990, AC, 1976, 1005).

3. I rimedi:

s

ospensione de pagamento del prezzo e risoluzione della

vendita

LEGISLAZIONE 1148, 1153, 1453, 1455, 1463, 1476, 1478, 1479, 1480, 1481, 1483, 1484, 1485, 1486, 1487, 1488, 1490, 1492, 1494, 1497, 2652 c.c.

BIBLIOGRAFIA BIANCA 1993– TERRANOVA 2007– GIUSTI 2007– AMITRANO 2005– OBERTO 2005– GRECO E COTTINO

1981– RUBINO 1971

Nei casi in cui il bene acquistato risulti gravato da garanzie reali o da vincoli derivanti da pignoramento o sequestro (da lui ignorati), il compratore ha a disposizione i seguenti rimedi: l’eccezione di inadempimento, la sospensione del pagamento del prezzo, l’azione per la fissazione di un termine da parte del giudice per la liberazione dello stesso e, sempre che ne ricorrano i presupposti (i.e. la non scarsa importanza dell’inadempimento), la risoluzione de contratto (Bianca 1993, 722; Terranova 2007, 1154; Giusti 2007, 101, Amitrano 2005, 61).

Al riguardo, il Supremo Collegio ha confermato che l’articolo 1482 c.c., nel dare facoltà al compratore di sospendere il pagamento del prezzo, nonché di chiedere al giudice di fissare un termine per la liberazione dell'immobile, non esaurisce i rimedi a disposizione dell'acquirente in quanto gli concede soltanto un rimedio alternativo ad ulteriore rafforzamento della sua posizione contrattuale, senza precludergli la possibilità di esperire l'azione di risoluzione ove ne ricorrano gli estremi, ivi compreso quello della non scarsa importanza dell'inadempimento (Cass., sez. II, 30 luglio 2004, n. 14583, MGC 2004, 7-8).

La sospensione del pagamento del prezzo costituisce una facoltà e non un obbligo e la richiesta di risoluzione non viene esclusa dal pagamento di una o più rate (così Trib. Bologna 4 novembre 1993, FR, 1994, 8; in senso contrario, Bianca 1993, 789 e Oberto 2005, 285).

Per quanto espressamente concerne la risoluzione del contratto, il secondo comma dell’art. 1482 c.c. prevede, appunto, la possibilità di richiedere all’autorità giudiziaria la fissazione di un termine entro il quale il venditore è tenuto a liberare il bene. La dottrina chiarisce che tale regola deriva dal carattere provvisorio della tutela cautelare (Bianca 993, 705). Il giudice può fissare tale termine anche senza una formale e specifica richiesta nel

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quadro di un giudizio di risoluzione instaurato dall’acquirente nel quale sia stato accertato l’inadempimento del venditore (Cass. 23 febbraio 1982 n. 1119, RGE, 1982, I, 852; Bianca 1993, 1993, 709).

Sotto il profilo processuale, i giudici di merito hanno stabilito che la domanda di fissazione del termine va presentata sotto forma di atto di citazione e non di ricorso in camera di consiglio (Trib. Monza, 11 luglio 1987, GM, 1989, 77 e FI, 1988, I, 619). Si deve, inoltre, precisare che, in tal caso, la risoluzione non deriva direttamente dalla sussistenza di vincoli o di garanzie sui beni, essendo una conseguenza automatica che scaturisce dall’inutile decorrenza del termine (Cass. 13 giugno 1969 n. 2118, FI, 1970, I, 301; Cass. 21 giugno 1976 n. 2330, AC, 1977, 445; in dottrina: Rubino 1971, 384; Greco e Cottino 1981, 152, Bianca 1993, 789, Oberto 2005, 296). Tale impostazione reca una conseguenza in quanto la domanda di risoluzione non produce, in questo specifico caso, l’effetto immediato di precludere al venditore l’adempimento della propria obbligazione consistente nella liberazione dai vincoli; e in tal caso, il promissario acquirente può domandare l’adempimento del preliminare anziché la risoluzione (Cass. 7 dicembre 1977 n. 5300, GI, 1979, I, 1, 367).

Il rimedio della risoluzione del contratto previsto dal legislatore è dunque fondato sull’inesattezza dell’attribuzione patrimoniale che consegue alla presenza dei vincoli. Tale meccanismo opera pertanto quando si verifica la mancata liberazione, da parte del venditore, del bene venduto. Su tale base, tale strumento si distingue dalla risoluzione per inadempimento (art. 1453 c.c.), in quanto, nel caso in esame, il giudice si limita a fissare il termine, nonché differisce dalla diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.), poiché nell’ipotesi qui considerata il termine è stabilito dal giudice e non dall’acquirente. Infine, detto meccanismo si distingue anche dalla clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.) in ragione della necessità dell’intervento del giudice e del compratore anche dopo la stipulazione del contratto (Rubino 1971, 384).

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Il contratto preliminare

LEGISLAZIONE 1148, 1153, 1453, 1455, 1463, 1476, 1478, 1479, 1480, 1481, 1483, 1484, 1485, 1486, 1487, 1488, 1490, 1492, 1494, 1497, 2652 c.c.

BIBLIOGRAFIA AMITRANO 2005– TERRANOVA 2007– GIUSTI 2007

La norma trova applicazione analogica in relazione al contratto preliminare di vendita: in particolare, il promittente compratore può legittimamente rifiutarsi di stipulare il contratto definitivo se alla data fissata per la stipulazione la cosa oggetto della vendita risulti sottoposta a pignoramento, non dichiarato dal venditore, e dal compratore stesso ignorato. La giurisprudenza si è espressa chiaramente in tal senso (Cass., sez. II, 28 aprile 2004, n. 8143, MGC 2004, 4 e Cass., sez. II, 23 settembre 2004, n. 19135,MGC 2004, 9; RN 2005, 6, 1419; RGE 2005, 3 774, relativa alla domanda di esecuzione specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c. avanzata dal promissario acquirente).

Esamino, ora, alcune sentenze relative all’applicazione dell’art. 1482 c.c. a singole fattispecie. In particolare, secondo i giudici di merito e di legittimità, la pattuizione secondo la quale il promittente venditore si impegna a liberare l’immobile oggetto del preliminare dai vincoli sullo stesso gravanti, entro un termine prefissato, non va intesa come una clausola di stile, perché essa deroga all’art. 1482 c.c. ed esprime un concreto interesse del compratore (Corte di appello di Milano, 2 giugno 1981, AC, 1981, 782 e Cass. 12 giugno 1997 n. 5266, FI, 1997, I, 2914 e RN, 1998, 274; in dottrina, Rubino 1971, 385). Nel caso in cui sia promesso il pieno e libero acquisto di un bene, il promissario acquirente di un

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immobile soggetto a procedura espropriativa può avvalersi della tutela offerta dall’art. 1482 c.c. (e 1481, 1489, secondo comma, c.c.) ed insieme può rifiutare il proprio consenso alla stipula del definitivo (Terranova 2007, 1154, Giusti 2007, 101, Amitrano 2005, 460).

Qualora la libertà da vincoli dell’immobile sia stata garantita e questo risulti essere gravato da ipoteca, già esistente al momento della stipula della compravendita, l’acquirente può esperire l’azione di cui all’art. 1482 c.c. (e 1483 e 1497 c.c., ove ne ricorrano i presupposti) (Trib. Torino, 10 gennaio 1983, RN, 1983, 961). Una risalente decisione della Corte di cassazione chiarisce che se l’immobile promesso in vendita è sottoposto a sequestro, poi convertito in pignoramento, il promissario acquirente può sospendere il pagamento per l’intero importo del prezzo convenuto e non solo per la parte di esso che corrisponde all’importo per cui è stato chiesto il sequestro (Cass. 13 gennaio 1977 n. 161,

FI, 1977, I, 59 e GI, 1978, I, 1, 354).

Amitrano M. (aggiornamento di Dore C.)

2005 Cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli, in Codice della Vendita, a cura di Luminoso e Buonocore, Giuffré, Milano, 455-463.

Bianca C.M.

1993 La vendita e la permuta, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da Francesco Vassalli, Utet, Torino

Ferreri S.

2006 La vendita, Ferreri S. e Musy A., Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco, I Singoli

Contratti, Torino, 248-268, 261 Giusti G.

2007 Garanzia per evizione, in Cendon P., Il diritto privato nella giurisprudenza, Compravendita e

figure collegate, VIII, Cedam, Padova, 101-102. Greco P., Cottino G.

1981 Della vendita, in Commentario al codice civile, a cura di Scialoja Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, artt. 1470-1547 c.c., Zanichelli, Bologna-Roma

Luminoso A.

2003 La compravendita, Utet, Torino Oberto G.

La vendita di cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli, in I contratti, 1995, 608 – 620 Rubino D.

1971 La compravendita, in Trattato di diritto civile e commerciale, XXIII, diretto da Cicu e Messineo, continuato da Mengoni, Giuffré, Milano

Terranova C.

2007 La garanzia per vizi e difetti di qualità della cosa venduta, Trattato dei contratti diretto da Rescigno P. e Gabrielli E., I contratti di vendita, Valentino D. cur, Utet, Torino, 1151-1154.

(9)

1483

Evizione totale della cosa.

“Se il compratore subisce l’evizione totale della cosa per effetto di diritti che un terzo ha fatti valere su di essa, il venditore è tenuto a risarcirlo del danno a norma dell’articolo 1479.

Egli deve inoltre corrispondere al compratore il valore dei frutti che questi sia tenuto a restituire a colui dal quale è evitto, le spese che egli abbia fatto per la denuncia della lite e quelle che abbia dovuto rimborsare all’attore”

IMPORTANZA ●●● - La norma in esame completa, insieme alla disciplina della garanzia per vizi

della cosa venduta (art. 1490 e ss. c.c.), il sistema delle garanzie a beneficio del compratore.

CONTENUTO - Mediante il rinvio all’art. 1479 c.c., la norma indica i rimedi a disposizione del

compratore in caso di evizione.

FONTI E SISTEMA - La norma va letta congiuntamente alle disposizioni del Codice Civile di cui agli artt.: 1148, 1153, 1453, 1455, 1463, 1476, 1478, 1479, 1480, 1481, 1482, 1484, 1485, 1486, 1489, 1490, 1492, 1494, 1497, 2652, 2914

QUESTIONI PRINCIPALI - I presupposti della garanzia per evizione - Il rapporto con la vendita di cosa altrui e con altre figure (es. doppia alienazione immobiliare)

APPLICAZIONI - La garanzia opera nelle seguenti ipotesi: - diritto del terzo accertato giudizialmente con sentenza passata in giudicato, - riconoscimento del diritto del terzo da parte del compratore, dotato delle caratteristiche di cui all’art. 1485, 2º comma, c.c.; - espropriazione per esecuzione forzata o - espropriazione per pubblico interesse”.

GIURISPRUDENZA ESSENZIALE

Cass. 13 maggio 2003, n. 7294 (Juris Data, voce Vendita, Evizione parziale) - “Nel diritto moderno, abbandonata la concezione propria del diritto romano della vendita come contratto che obbliga il venditore a consegnare la cosa al compratore ed a garantirne il pacifico possesso, con la conseguente configurazione della garanzia per evizione come tutela contro lo spossessamento, e posto in contrapposizione l’accento sul patto traslativo del diritto, cui si accompagna una disciplina generale sulla mancata attuazione dell’effetto traslativo, si tende a ravvisare la nota peculiare dell’evizione, nel c.d. evento evizionale della proprietà, individuato più genericamente nell’intervento rivendicativo o espropriativo da parte del terzo”

Tribunale di Milano, 6 luglio 1989 (GC, 1989, I, 2468) - “ La garanzia ex art. 1490 c.c., non può essere considerata effetto naturale della compravendita di titoli azionari; infatti, la sola garanzia operante ex lege in questa ipotesi è la garanzia per evizione ai sensi dell’art. 1483 c.c.”

Cass., sez. III, 13 maggio 2003, n. 7294, (RFI, 2003, Vendita [6990], n. 49) - “L’elemento caratterizzante la garanzia per evizione, sia in relazione a vendita volontaria che a vendita forzata, è dato dall’intervento rivendicativo o espropriativo da parte del terzo, pertanto, non si ha evizione, con conseguente sorgere del diritto alla garanzia, per la sola affermazione della esistenza del diritto di proprietà da parte del terzo, indipendentemente da ogni azione di quest’ultimo, ma occorre che il terzo si attivi per recuperare il diritto nella propria sfera patrimoniale, che il suo diritto sia accertato definitivamente; la suddetta situazione è ritenuta legalmente esistente nelle seguenti quattro ipotesi, al di fuori delle quali non può operare la garanzia per evizione: diritto accertato giudizialmente con sentenza passata in giudicato; riconoscimento del diritto del terzo da parte del compratore, dotato delle caratteristiche di cui all’art. 1485, 2º comma, c.c.; espropriazione per esecuzione forzata o espropriazione per pubblico interesse”.

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Cass., sez. II, 26 aprile 2005, n. 8574 (RFI, 2005, Vendita [6990], n. 58) - “In tema di compravendita, la garanzia per evizione postula che, a seguito dell’esito vittorioso dell’azione di rivendica da parte di un terzo, il compratore, dopo la stipula del contratto, sia stato privato, in tutto o in parte, della proprietà del bene acquistato; pertanto, l’esperimento, da parte di un terzo, dell’azione di regolamento di confini, non comportando la risoluzione di un contrasto sui titoli di proprietà ma solo sulla sua estensione, non consente di far valere la garanzia per evizione”.

Cass., sez. II, 19 dicembre 1991, n. 13681 (RFI, 1992, Vendita [6990], n. 41 - “Nel caso di vincolo espropriativo gravante su un terreno, e sempre che tale vincolo non si esaurisca in una previsione astratta e generica (quale quella derivante dalla inclusione del bene in un programma di fabbricazione), ma assuma consistenza specifica per effetto della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera programmata, una responsabilità per evizione è ravvisabile, in ipotesi di compravendita successiva al vincolo stesso, a carico del venditore, non anche, in ipotesi di preliminare di vendita, a carico del promittente venditore, atteso che detta responsabilità postula il trasferimento della proprietà, e, quindi, non può discendere da un contratto con effetti soltanto obbligatori, ferma restando la deducibilità dell’indicata situazione da parte del promissario acquirente, come ragione d’inadempimento dell’altro contraente”.

Cass., sez. III, 13 maggio 2003, n. 7294 (RFI, 2003, Vendita [6990], n. 49) - “L’elemento caratterizzante la garanzia per evizione, sia in relazione a vendita volontaria che a vendita forzata, è dato dall’intervento rivendicativo o espropriativo da parte del terzo, pertanto, non si ha evizione, con conseguente sorgere del diritto alla garanzia, per la sola affermazione della esistenza del diritto di proprietà da parte del terzo, indipendentemente da ogni azione di quest’ultimo, ma occorre che il terzo si attivi per recuperare il diritto nella propria sfera patrimoniale, che il suo diritto sia accertato definitivamente; la suddetta situazione è ritenuta legalmente esistente nelle seguenti quattro ipotesi, al di fuori delle quali non può operare la garanzia per evizione: diritto accertato giudizialmente con sentenza passata in giudicato; riconoscimento del diritto del terzo da parte del compratore, dotato delle caratteristiche di cui all’art. 1485, 2º comma, c.c.; espropriazione per esecuzione forzata o espropriazione per pubblico interesse”.

Cass., sez. III, 10 marzo 2006, n. 5243 (RFI, 2006, Vendita [6990], n. 60) - “Le norme che disciplinano l’evizione totale sono applicabili soltanto nel caso in cui la cosa compravenduta sia oggetto di confisca in sede penale, come misura comportante l’acquisto della proprietà della cosa stessa da parte dello stato e lo spossessamento del compratore, e non anche nel caso in cui essa sia oggetto di sequestro, costituendo tale provvedimento semplice minaccia di evizione, destinata a concretizzarsi soltanto qualora sopravvenga il definitivo provvedimento di confisca”.

Cass., sez. II, 18 ottobre 2005, n. 20165 (RFI, 2005, Vendita [6990], n. 57) – “L’evizione nel contratto di compravendita si verifica allorché l’acquisto del diritto sul bene ad opera dell’acquirente è impedito e reso inefficace dal diritto che il terzo vanti sullo stesso bene, senza che occorra anche, quale elemento necessario, che il compratore sia privato dell’effettivo possesso che si trovi eventualmente ad esercitare sulla cosa, tenuto conto che la causa del contratto sta nel trasferimento del diritto sul bene, mentre la consegna dello stesso è solo una sua conseguenza logica e giuridica (nella specie, la suprema corte ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto sussistente l’evizione in presenza di una sentenza di trasferimento del bene pronunciata, ai sensi dell’art. 2932 c.c., in favore del terzo, a nulla rilevando che il compratore aveva conservato il possesso del bene)”.

Cass., sez. II, 18 ottobre 2005, n. 20165 (RFI, 2005, Vendita [6990], n. 59) - “Gli effetti della garanzia per evizione, che sanziona l’inadempimento da parte del venditore dell’obbligazione di cui all’art. 1476 c.c., conseguono al mero fatto obiettivo della perdita del diritto acquistato e, quindi, indipendentemente dalla colpa del venditore e dalla stessa conoscenza da parte del compratore della possibile causa della futura evizione, in quanto detta perdita comporta l’alterazione del sinallagma contrattuale e la conseguente necessità di porvi rimedio con il ripristino della situazione economica del compratore quale era prima dell’acquisto”.

Cass., sez. II, 23 novembre 2007. n. 24448 (CED-Cassazione) “Anche il promettente venditore può essere chiamato a rispondere per evizione, sebbene non compaia nel contratto definitivo tra proprietario ed acquirente, purché abbia svolto una attività diretta alla conclusione del contratto definitivo”

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Cass., sez. II, 16 luglio 2001, n. 9642 (RFI, 2001, Vendita [6990], n. 48) - “Il compratore evitto ha diritto ad essere risarcito dal venditore dal danno subito sia per la lesione dell’interesse negativo che per la lesione dell’interesse positivo; nella prima ipotesi, poiché il diritto al risarcimento sorge in conseguenza del mero fatto della perdita del bene acquistato, che, facendo venir meno la ragione giustificatrice della controprestazione, altera l’equilibrio del sinallagma funzionale, occorre porvi rimedio mediante il ripristino della situazione economica dell’acquirente quale era prima dell’acquisto, in tal caso è irrilevante l’eventuale buona fede dell’alienante; nella seconda ipotesi, invece, in caso di lucro cessante, l’acquirente, per ottenere il risarcimento, deve provare non solo il danno subito ma anche la colpa di parte venditrice”.

Cass., sez. II, 22 giugno 2006, n. 1443, (RFI, 2006, Vendita [6990], n. 61) - “In tema di vendita, poiché la garanzia - sia quella per evizione che quella per vizi della cosa - ha la funzione di eliminare lo squilibrio delle prestazioni determinato dall’inadempimento del venditore, tale rimedio, essendo rafforzativo e non sostitutivo di quello generale previsto per i contratti, opera nei limiti del ripristino della situazione anteriore alla conclusione del contratto anche in mancanza di colpa del venditore; quest’ultimo requisito è, invece, necessario allorché il compratore chieda il risarcimento integrale dei danni (cioè comprensivo anche dell’interesse positivo), in relazione al quale opera la presunzione di carattere generale prevista dall’art. 1218 c.c. in tema di inadempimento contrattuale”.

Sommario - 1. La natura della garanzia per evizione - 2. La nozione di evizione - 3. Figure di evizione - 4. I presupposti della garanzia per evizione - 5. Preesistenza delle cause evizionali - 6. La doppia vendita immobiliare, gli acquisti a non domino e le figure affini - 7. Irrilevanza della conoscenza del compratore circa le cause di evizione - 8. I rimedi riconosciuti al compratore - 81. I frutti - 9. Il risarcimento dei danni

1. La natura della garanzia per evizione

LEGISLAZIONE c.c. 1476, 1478, 1482, 1484, 1489, 1497

BIBLIOGRAFIA FERRI 2000- RUBINO 1971- BIANCA 1993– RUSSO 1964- CABELLA PISU 1983– DE MARTINI 1964- BARBERO

1951- GRECO E COTTINO 1981- GORLA 1973

L’istituto dell’evizione è ricondotto dalla dottrina maggioritaria nell’alveo della responsabilità di natura contrattuale: alcuni autori, le cui opinioni divergono su taluni aspetti della questione, ritengono che il fondamento di questa garanzia sia costituito dall’inadempimento del venditore (Ferri 2000, 550 ss.). Un autore ritiene che l’evizione sia una forma di inadempimento consistente nella irregolarità dell’attribuzione traslativa (Rubino 1971, 647), mentre un altro (Bianca 1993, 836) sottolinea che l’evizione costituisce uno specifico fatto dannoso causato dalla violazione dell’impegno traslativo del venditore. Altra dottrina rileva come l’evizione sia uno degli schemi negoziali previsti dalla legge (artt. 1479-1489 c.c.) al fine di supplire alla volontà privata, stabilendo indirettamente in cosa deve consistere l’effetto del contratto e la relativa patologia (Russo 1964, 46 ss.), ovvero offre una soluzione analoga, richiamando quale fonte di integrazione del contratto la buona fede a cui sarebbe riconducibile la garanzia della vendita in genere ed anche quella per evizione (Cabella Pisu 1983, 280).

Inoltre, un autore inquadra l’evizione tra le anomalie dell’effetto traslativo derivanti da cause anteriori al contratto, protette dalla garanzia, intesa come forme di responsabilità speciale (Luminoso 2003, 217), mentre un altro sostiene che il presupposto della garanzia per evizione andrebbe rinvenuto nella mancata attuazione della causa del contratto (De Martini 1964, 1055).

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forma di responsabilità, si colloca in una posizione diversa rispetto alle opinioni precedenti. In particolare, una parte di tale dottrina qualifica tale garanzia come un rimedio per anomalie che attengono alla formazione del consenso contrattuale e perciò la riconduce nell’alveo della responsabilità precontrattuale (Barbero, 1951, II, 267 c.c.).

Alcuni studiosi hanno rilevato che le nozioni di garanzia e di responsabilità non sono incompatibili tra loro: in particolare, la garanzia per evizione ai sensi dell’art. 1476, n. 3 co. c.c. rappresenta il contenuto di una specifica obbligazione del venditore. Ne consegue che tale garanzia costituisce una ipotesi di responsabilità oggettiva dipendente da fatti anteriori al contratto (Greco e Cottino 1981, 128). Al contrario, un altro studioso, sottolineando la disomogeneità tra garanzia e responsabilità, ha visto in tale istituto una garanzia in senso tecnico (Gorla 1973, 94).

La giurisprudenza, non essendo particolarmente propensa a tale questione teorica, stabilisce che l’intervento di tale garanzia consegue alla mancata realizzazione del sinallagma contrattuale ed ha la finalità di consentirne il ripristino. A riguardo, si può rilevare la tendenza delle corti a considerare l’evizione una forma di responsabilità di natura contrattuale (Cass. 1 luglio 1988 n. 4389, FI, 1989, I, 2578).

La giurisprudenza ha individuato il fondamento di tale responsabilità ora nell’inadempimento totale o parziale dell’effetto traslativo ora nell’inadempimento del venditore dell’obbligazione di cui all’art. 1476, n. 2 cc. (Cass. 6 novembre 1986 n. 6491, GI, 1988, I, 1, 108) o nell’inosservanza dell’obbligo di cui all’art. 1476, n. 3 c.c. (Cass. 28 marzo 1988 n. 2615, VN, 1988, 264).

2. La nozione di evizione

LEGISLAZIONE c.c. 1476, 1478, 1482, 1484, 1489, 1497

BIBLIOGRAFIA GORLA 1973– UGAS 2005– BIANCA 1993– DE MARTINI 1964– RUBINO 1971– CHIANALE 1992– FERRI

2002- FERRERI E MUSY 2006– GIUSTI 2007

L’istituto della garanzia per evizione è stato oggetto di un processo evolutivo connesso temporalmente e logicamente all’affermazione del principio consensualistico quale meccanismo essenziale per integrare lo schema del contratto di compravendita (art. 1476 c.c.).

Nella vendita romana, volta ad assicurare al compratore il possesso della cosa (e con ciò anche il diritto di proprietà) la garanzia del venditore interveniva rispetto alle iniziative dei terzi dirette allo spossessamento dell’acquirente. Tale concezione che vede nello spossessamento un presupposto dell’evizione è stata inizialmente accolta nel nostro ordinamento nonostante l’affermazione del principio consensualistico in forza del quale la vendita realizza immediatamente l’effetto traslativo. Tale impostazione è emersa nella vigenza del codice del 1865 (art. 1481 c.c.: “la garanzia che il venditore deve al compratore ha due oggetti: il primo riguarda il pacifico possesso della cosa venduta; il secondo riguarda i vizi e i difetti occulti della medesima”, Gorla 1973, 94) ed è presente per un certo tempo anche successivamente all’emanazione del nuovo codice nel 1942 (Ugas 2005, 466-467, Chianale 1992, 162, De Martini 1964, 1049 ss.).

L’affermazione del principio consensualistico ha condotto tanto la dottrina (Bianca 1993, 829 ss., Rubino 1971, 651, De Martini 1964, 1052) quanto la giurisprudenza ad affermare costantemente che l’evizione deve incidere sul trasferimento del diritto (Cass. 24 maggio 1966 n. 1328, in FI 1967, I, 64, Cass. 6 novembre 1986 n. 6491, in GI, 1988, I, 1, 108).

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“Nel diritto moderno, abbandonata la concezione propria del diritto romano della vendita come contratto che obbliga il venditore a consegnare la cosa al compratore ed a garantirne il pacifico possesso, con la conseguente configurazione della garanzia per evizione come tutela contro lo spossessamento, e posto in contrapposizione l’accento sul patto traslativo del diritto, cui si accompagna una disciplina generale sulla mancata attuazione dell’effetto traslativo, si tende a ravvisare la nota peculiare dell’evizione, nel c.d. evento evizionale della proprietà, individuato più genericamente nell’intervento rivendicativo o espropriativo da parte del terzo”

(Cass. 13 maggio 2003, n. 7294, in Juris Data, voce Vendita, Evizione parziale).

Tale mutamento di prospettiva reca alcune conseguenze e, in particolare, esso comporta che la garanzia per evizione possa operare tanto a prescindere dalla consegna della cosa (Rubino 1971, 651) quanto rispetto alla vendita di qualunque situazione giuridica anche non reale e quindi non suscettibile di possesso (Rubino, 1971, 653). La giurisprudenza di merito si è soffermata sull’operatività della garanzia ai sensi dell’ art. 1483 c.c. in ordine alla compravendita di titoli azionari

“La garanzia ex art. 1490 c.c., non può essere considerata effetto naturale della compravendita di titoli azionari; infatti, la sola garanzia operante ex lege in questa ipotesi è la garanzia per evizione ai sensi dell’art. 1483 c.c.”

(Trib. Milano, 6 luglio 1989, GC, 1989, I, 2468)

Il codice civile distingue la figura dell’evizione da quella della vendita di cosa altrui prevista all’art. 1478 c.c. e, più in generale, da altre situazioni alle quali dedica una specifica regolamentazione, per esempio, la vendita di cosa gravata da garanzie reali ed altri vincoli (art. 1482 c.c.) e la vendita di cosa gravata da oneri e limiti al godimento (art. 1489 c.c.).

La dottrina collega i diversi articoli indicando che l’evizione è “un fenomeno proprio della vendita di cosa altrui” (Ferri 2002, 234, Ferreri e Musy 2006, 264, Giusti 2007, 93) in quanto si tratta di “due successive fasi di un’unica situazione: vendita di cosa altrui ecc., prima, fin quando gioca solo l’alienità della cosa, ecc.; garanzia per evizione poi, allorché in questa situazione interviene il fatto nuovo della evizione” (Rubino 1971, 647).

Scrive l’autore che la trattazione congiunta di garanzia per vizi ed evizione è giustificata da qualche studioso dalla “fondamentalmente uguale natura giuridica: si distinguono solo per i fatti di inadempimento cui reagiscono (evizione nell’una, vizi originari della cosa nell’altra) e per alcune minori differenze nella loro disciplina” (Rubino 1971, 629, Ferreri e Musy 2006, 264). Pertanto, per integrare l’evizione sarebbe necessario un accertamento del diritto del terzo idoneo a escludere con certezza e definitività la possibilità per il compratore di avvalersi del bene per il futuro (Rubino 1971, 650). Il fatto evizionale dovrebbe essere capace di una ricaduta sul piano pratico escludendo l’esercizio del diritto da parte del compratore. Di analogo avviso, un autore che ha inteso rilevare come la natura dell’evizione sia di ordine pratico e sia rinvenibile nell’esercizio del diritto da parte del terzo o, in alternativa, dal riconoscimento del diritto da parte del compratore (De Martini 1964, 1052).

Per configurare l’evizione la giurisprudenza ritiene necessaria l’esistenza di una situazione non solo astrattamente protetta dall’ordinamento giuridico, ma ascrivibile ad un soggetto terzo che la faccia valere. In tal senso si è espressa la Corte di cassazione in una motivazione che spicca per la sua chiarezza

“L’elemento caratterizzante la garanzia per evizione, sia in relazione a vendita volontaria che a vendita forzata, è dato dall’intervento rivendicativo o espropriativo da parte del terzo, pertanto, non si ha evizione, con conseguente sorgere del diritto alla garanzia, per la sola affermazione della esistenza del diritto di proprietà da parte del terzo, indipendentemente da ogni azione di quest’ultimo, ma occorre che il terzo si attivi per recuperare il diritto nella propria sfera patrimoniale, che il suo diritto sia accertato definitivamente; la suddetta

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situazione è ritenuta legalmente esistente nelle seguenti quattro ipotesi, al di fuori delle quali non può operare la garanzia per evizione: diritto accertato giudizialmente con sentenza passata in giudicato; riconoscimento del diritto del terzo da parte del compratore, dotato delle caratteristiche di cui all’art. 1485, 2º comma, c.c.; espropriazione per esecuzione forzata o espropriazione per pubblico interesse”.

(Cass., sez. III, 13 maggio 2003, n. 7294, RFI, 2003, Vendita [6990], n. 49)

Sotto il profilo pratico, la giurisprudenza ha precisato che, nella compravendita di area edificabile, nella quale il venditore abbia garantito la realizzabilità di una determinata volumetria, l’acquirente, che, a seguito di sopravvenuta modificazione delle norme urbanistiche, sia in grado di attuare un programma edificatorio solo di minore entità, non può invocare la garanzia del venditore per evizione, riguardante il diverso caso in cui un terzo faccia valere diritti reali sulla cosa venduta, ma può - ove ne ricorrano i presupposti - far valere soltanto la mancanza di una qualità promessa, ai sensi ed agli effetti dell’art. 1497 c.c. (Cass., 13 gennaio 1984, n. 276, RFI, 1984, Vendita [6990], n. 78). La medesima ratio vale per l’ipotesi in cui la costruzione alienata sia stata eretta in violazione delle norme sulle distanze (Cass. 11 marzo 1972 n. 705, GI, 1973, I, 1, 247).

Inoltre, le corti ritengono irrilevanti, per integrare il presupposto dell’evizione, le molestie di fatto compiute da un terzo nei riguardi del compratore (Cass. 5 giugno 1982 n. 3433, RFI, 1982, Vendita [6990], n. 47) o il pericolo di molestie fondate su ragioni giuridiche (Cass. 28 marzo 1988 n. 2615, VN, 1988, 264).

3. Figure di evizione

LEGISLAZIONE c.c. 1476, 1478, 1482, 1484, 1489, 1497, 2652, 2914

BIBLIOGRAFIA GORLA 1937-LUZZATTO 1961-DE MARTINI 1964-GRECO E COTTINO 1981-RUBINO 1971- BIANCA

1993– UGAS 2005– LUMINOSO 2003

La distinzione a suo tempo tracciata da un autore (Rubino 1971, 680) tra evizione rivendicatoria, espropriativa e risolutoria ha lasciato traccia nella dottrina successiva che cataloga separatamente i casi in cui il terzo intenti un’azione petitoria , eserciti l’esecuzione forzata (nei casi in cui il credito è opponibile all’acquirente, ai sensi dell’art. 2914 c.c.) o completi l’espropriazione per pubblica utilità, o, infine, opponga l’intervenuta dichiarazione della nullità del titolo del venditore, la sua risoluzione ecc.

Anche la giurisprudenza ha cercato di delimitare l’istituto in esame.

L’elemento caratterizzante la garanzia per evizione, sia in relazione a vendita volontaria che a vendita forzata, è dato dall’intervento rivendicativo o espropriativo da parte del terzo, pertanto, non si ha evizione, con conseguente sorgere del diritto alla garanzia, per la sola affermazione della esistenza del diritto di proprietà da parte del terzo, indipendentemente da ogni azione di quest’ultimo, ma occorre che il terzo si attivi per recuperare il diritto nella propria sfera patrimoniale, che il suo diritto sia accertato definitivamente; la suddetta situazione è ritenuta legalmente esistente nelle seguenti quattro ipotesi, al di fuori delle quali non può operare la garanzia per evizione: diritto accertato giudizialmente con sentenza passata in giudicato; riconoscimento del diritto del terzo da parte del compratore, dotato delle caratteristiche di cui all’art. 1485, 2º comma, c.c.; espropriazione per esecuzione forzata o espropriazione per pubblico interesse.

(Cass., sez. III, 13 maggio 2003, n. 7294, RFI, 2003, Vendita [6990], n. 49)

L’ipotesi tradizionale di evizione si caratterizza per l’iniziativa giudiziale del terzo per rivendicare il bene nei confronti del compratore (“evizione rivendicatoria”). Tale iniziativa può consistere nell’esercizio dell’azione di rivendica o di altra azione petitoria.

La giurisprudenza ritiene irrilevante il fatto che ad intentare l’azione di rivendica sia lo stesso compratore (Cass. 3 giugno 1991 n. 6255, RGE, 1992, I, 326). La dottrina (Gorla 1937, 99, Luzzatto 1961, 223, De Martini 1964, 1059, Greco e Cottino 1981, 191, Rubino

(15)

1971, 673; contra Bianca 1993, 843) e giurisprudenza concordano, poi, sul fatto che l’azione possessoria da parte di un terzo, sebbene vittoriosa, non può configurare l’ipotesi di evizione (Cass. 1 ottobre 1991 n. 10218, GI, 1992, I, 1, 1074 ss.). Le corti negano, inoltre, che l’esercizio dell’azione di regolamento dei confini possa dare luogo ad evizione.

“In tema di compravendita, la garanzia per evizione postula che, a seguito dell’esito vittorioso dell’azione di rivendica da parte di un terzo, il compratore, dopo la stipula del contratto, sia stato privato, in tutto o in parte, della proprietà del bene acquistato; pertanto, l’esperimento, da parte di un terzo, dell’azione di regolamento di confini, non comportando la risoluzione di un contrasto sui titoli di proprietà ma solo sulla sua estensione, non consente di far valere la garanzia per evizione”.

(Cass., sez. II, 26 aprile 2005, n. 8574, RFI, 2005, Vendita [6990], n. 58, Cass., sez. II, 22 novembre 1999, n. 12947, VN, 1999, 1459 e GC, 2000, I, 2024)

Autorevole dottrina ha criticato questo orientamento poiché l’azione confinaria può talvolta dare luogo ad un accertamento della non appartenenza di una parte del bene alienato al venditore originario e quindi al compratore (Bianca 1993, 842, nota 1).

Per quanto riguarda il “momento” in cui si perfeziona l’evizione rivendicatoria occorre fare riferimento al passaggio in giudicato della sentenza che accerta il diritto in capo al terzo (Rubino 1971, 654).

La dottrina (Ugas 2005, 471, Rubino 1971, 654, Luminoso 2003, 230) distingue l’evizione espropriatoria dalla forma tradizionale sopra brevemente considerata.

A riguardo occorre fare riferimento all’articolo 1482 c.c. (“Cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli”) il quale prevede che: “il compratore può altresì sospendere il pagamento del prezzo, se la cosa venduta risulta gravata da garanzie reali o da vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro, non dichiarati dal venditore e dal compratore stesso ignorati. Egli può inoltre far fissare dal giudice un termine, alla scadenza del quale, se la cosa non è liberata, il contratto è risoluto con obbligo del venditore di risarcire il danno ai sensi dell’art. 1479. Se l’esistenza delle garanzie reali o dei vincoli sopra indicati era nota al compratore, questi non può chiedere la risoluzione del contratto, e il venditore è tenuto verso

di lui solo per il caso di evizione”.

In tale categoria (“evizione espropriatoria”) la dottrina e la giurisprudenza collocano tanto l’evizione che deriva da vincoli di natura privatistica, quanto quelle ipotesi che discendono da vincoli di tipo pubblicistico (anche se non indicati nell’art. 1482 c.c.). Vi rientrano pertanto fattispecie assai diverse quali, per esempio, l’espropriazione giudiziale o quella derivante da una espropriazione amministrativa per pubblica utilità o da un altro procedimenti di natura amministrativa e l’espropriazione conseguente ad un provvedimento giudiziale di confisca).

Detta forma di evizione si perfeziona nel momento in cui ha origine la patologia dell’effetto traslativo essendo anche in questo caso irrilevante il profilo materiale. Così, per esempio, la dottrina ritiene che nel caso dell’espropriazione giudiziale forzata il decreto di vendita non sia sufficiente per perfezionare l’evizione (in tal senso: Rubino 1971, 668 secondo il quale “l’evizione non avviene con la vendita forzata, ma solo con il provvedimento ultimo che chiude il processo di espropriazione”, Luminoso 1961, 230 e Bianca 1993, 845 secondo cui: “il momento consumativo dell’evizione è quello in cui si perfeziona il trasferimento coattivo a favore dell’assegnatario / aggiudicatario, determinando la perdita del diritto della sfera del compratore). Dello stesso avviso la giurisprudenza secondo la quale per aversi evizione non è sufficiente la pendenza della procedura esecutiva, ma occorre che tale procedura abbia prodotto il decreto di trasferimento dell’immobile ipotecato (Trib. Torino 10 gennaio 1983, RN, 1983, 61 e Trib. Orvieto 21 novembre 1996, AC, 1997, 300).

(16)

“Nel caso di vincolo espropriativo gravante su un terreno, e sempre che tale vincolo non si esaurisca in una previsione astratta e generica (quale quella derivante dalla inclusione del bene in un programma di fabbricazione), ma assuma consistenza specifica per effetto della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera programmata, una responsabilità per evizione è ravvisabile, in ipotesi di compravendita successiva al vincolo stesso, a carico del venditore, non anche, in ipotesi di preliminare di vendita, a carico del promittente venditore, atteso che detta responsabilità postula il trasferimento della proprietà, e, quindi, non può discendere da un contratto con effetti soltanto obbligatori, ferma restando la deducibilità dell’indicata situazione da parte del promissario acquirente, come ragione d’inadempimento dell’altro contraente”. (Cass., sez. II, 19 dicembre 1991, n. 13681, RFI, 1992, Vendita [6990], n. 41)

Nei casi di irregolarità giuridica del bene venduto la giurisprudenza maggioritaria considera sufficiente per configurare l’evizione la pratica esecuzione (si veda ad esempio: Cass. 6 dicembre 1984 n. 6399, RG ED, 1985, 216, in dottrina: Luminoso 2003, 232, Bianca 1993, 847), mentre nei casi di espropriazione per pubblica utilità essa richiede a tal fine il decreto definitivo di esproprio del bene (Appello Cagliari, 10 agosto 1988, RG SA, 1990, 347; in dottrina: Luminoso 2003, 231, Bianca 1993, 846). E’ controverso se la totale inedificabilità del terreno alienato configuri una ipotesi di evizione (in senso contrario Bianca 1993, 846; si veda: Appello Cagliari, 10 agosto 1988, RG SA, 1990, 347; favorevole: Trib. Firenze 7 giugno 1968, GM, 1969, III, 269).

Nel caso di confisca penale l’evizione si perfeziona nel momento in cui il provvedimento che la dispone diviene esecutivo. Sul punto, la Corte di cassazione ha stabilito che il provvedimento di confisca penale configura una forma di evizione in quanto tale provvedimento comporta l’acquisto della proprietà della cosa da parte dello Stato e lo spossessamento del compratore.

“Le norme che disciplinano l’evizione totale sono applicabili soltanto nel caso in cui la cosa compravenduta sia oggetto di confisca in sede penale, come misura comportante l’acquisto della proprietà della cosa stessa da parte dello stato e lo spossessamento del compratore, e non anche nel caso in cui essa sia oggetto di sequestro, costituendo tale provvedimento semplice minaccia di evizione, destinata a concretizzarsi soltanto qualora sopravvenga il definitivo provvedimento di confisca”.

(Cass., sez. III, 10 marzo 2006, n. 5243, RFI, 2006, Vendita [6990], n. 60; Cass., sez. II, 27 gennaio 1998, n. 792, RFI, 1998, Vendita [6990], n. 50)

Il Supremo Collegio ha ribadito tale principio in una sentenza successiva che tuttavia esclude che integri evizione la sottoposizione di un bene a sequestro penale poiché tale misura non implica la perdita definitiva del diritto (Cass. 7 giugno 2001 n. 7678, RFI, 2001, Vendita [6990], n. 49).

Una parte della dottrina distingue, infine, una forma di evizione denominata “risolutoria” (Luminoso 2003, 238-239) che denota quelle ipotesi in cui la fattispecie evizionale deriva dalla “risoluzione o caducazione”, in senso ampio, del titolo di acquisto del venditore. Tale evento concernente il venditore si riflette, infatti, sulla posizione del compratore, successivo acquirente a titolo oneroso, in applicazione delle regole sulla circolazione dei beni. Il fatto evizionale può, ad esempio, consistente in una sentenza passata in giudicato: quando il titolo del venditore è affetto da una causa di nullità, oppure di annullamento o di risoluzione, il terzo può fare valere il proprio diritto riconosciuto nella sentenza ottenuta nei riguardi del venditore (primo acquirente) direttamente nei riguardi del compratore, sempreché la seconda alienazione sia intervenuta nel corso del giudizio (Bianca 1993, 849). Il terzo si avvantaggia della sentenza ottenuta verso il venditore anche in caso in cui l’acquisto del compratore sia trascritto successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale promossa dallo stesso terzo (art. 2652 c.c.).

(17)

4. I presupposti della garanzia per evizione

LEGISLAZIONE c.c. 1153, 1478, 1479, 1480, 1481, 1482, 1484, 1485, 1489, 1490, 1492, 1497

BIBLIOGRAFIA BIANCA 1993- GRECO E COTTINO 1981- RUBINO 1971-FERRI 2000-DE MARTINI 1964-LUMINOSO

2003– MENGONI 1953

L’articolo 1483 c.c. stabilisce che “Se il compratore subisce l’evizione totale della cosa per effetto di diritti che un terzo ha fatti valere su di essa, il venditore è tenuto a risarcirlo del danno a norma dell’articolo 1479”. L’elemento caratterizzante la garanzia per evizione, sia in relazione a vendita volontaria che a vendita forzata, è dato dall’intervento rivendicativo o espropriativo da parte del terzo.

Ne consegue che non si ha evizione, con conseguente sorgere del diritto alla garanzia, per la sola affermazione della esistenza del diritto di proprietà da parte del terzo, indipendentemente da ogni azione di quest’ultimo, ma occorre che il terzo si attivi per recuperare il diritto nella propria sfera patrimoniale, e che il suo diritto sia accertato definitivamente; la suddetta situazione è ritenuta legalmente esistente nelle seguenti quattro ipotesi, al di fuori delle quali non può operare la garanzia per evizione: diritto accertato giudizialmente con sentenza passata in giudicato; riconoscimento del diritto del terzo da parte del compratore (ai sensi dell’art. 1485, comma 2, c.c.), espropriazione per esecuzione forzata o espropriazione per pubblico interesse. In tal senso: Cass., sez. III, 13 maggio 2003, n. 7294, RFI, 2003, Vendita [6990], n. 49.

Il richiamo all’art. 1485 c.c., con riferimento al “compratore convenuto da un terzo”, potrebbe far pensare all’unica ipotesi del riconoscimento a seguito di azione giudiziaria, ma il secondo comma dell’articolo si può riferire anche a riconoscimenti stragiudiziali (sebbene la spontanea ammissione sia inserita dal legislatore nella speciale ipotesi del giudizio instaurato contro il compratore) (De Martini 1964, 1062).

La dottrina sottolinea che non è necessario che il compratore abbia perduto il possesso del bene essendo sufficiente che il diritto vantato sul bene sia apparso al compratore fondato e che tale fondatezza non sia stata smentita in seguito dalla prova da parte del venditore che esistessero fatti impeditivi che privavano di efficacia i fatti allegati dal terzo a sostegno della propria pretesa (Bianca 1993, 832, Greco e Cottino 1981, 194, Rubino 1971, 650, Ferri 2000 242, De Martini 1964, 1052, Luminoso 2003, 227).

In relazione al caso dell’esercizio giudiziale della pretesa del terzo, la dottrina considera necessario l’esperimento vittorioso dell’azione intentata dal vero titolare del bene (o dei diritti limitati sul bene, nel caso di evizione parziale), a condizione che la sentenza sia passata in giudicato. Detta opinione si fonda sul fatto che l’art. 1485 c.c. prevede la decadenza dalla garanzia quando, passata in giudicato la sentenza che condanna il compratore, il venditore (non chiamato in giudizio) provi che “esistevano ragioni sufficienti per respingere la domanda” (Bianca 1993, 832, Luminoso 2003, 230). Occorre precisare che se il compratore riconosce il fondamento della pretesa altrui, il rischio che corre è quello previsto dall’art. 1485, c. 2 c.c. (egli deve provare contro il venditore che non esistevano argomenti idonei a respingere l’azione del terzo).

Così per la giurisprudenza il compratore - che ha riconosciuto mediante transazione la pretesa del terzo sulla cosa acquistata - conserva la azione di rivalsa per garanzia da evizione nei confronti del venditore quando dimostri che il diritto del terzo risultava obiettivamente certo, ovvero quando il venditore non sollevi contestazioni sul buon diritto del terzo (Cass., sez. I, 10 gennaio 1997, n. 184, RFI, 1997, Vendita [6990], n. 53, Tribunale Bergamo, 12 giugno 2002, GM, 2002, 1249).

(18)

Una parte della dottrina limita la tutela del compratore al caso in cui l’attore pretenda la consegna del bene, oltre all’accertamento della propria titolarità (Bianca 1993, 835). Altra dottrina (Mengoni 1953, 24) esclude la tutela in esame per l’acquirente a non domino che sia diventato proprietario in forza dell’art. 1153 c.c. (“possesso vale titolo”). Il Supremo Collegio non si allinea completamente all’interpretazione della dottrina (Cass., sez. II, 25 luglio 1977, n. 3306, RDC, 1981, II, 93).

5. Preesistenza delle cause evizionali

LEGISLAZIONE c.c. 1476, 1478, 1482, 1484, 1485, 1489, 1497

BIBLIOGRAFIA RUBINO 1971-CARBONI E BALLORIANI,2007- GALGANO 1993

Un consolidato orientamento della giurisprudenza richiede che l’evento evizionale, anche se verificatosi in concreto in un momento successivo, sia riferibile necessariamente ad una “causa preesistente alla conclusione del contratto”.

“Per l’ipotizzabilità dell’evizione è necessario che l’evento che l’ha determinata, anche se verificatosi in concreto successivamente, debba attribuirsi ad una causa preesistente alla conclusione del contratto; non costituisce, pertanto, ipotesi di evizione il caso in cui l’appartenenza a terzi del bene in contestazione deriva da titolo (nella specie, usucapione) perfezionatosi in tempo successivo al contratto di compravendita del bene stesso”.

(Cass., sez. un., 26 gennaio 1995, n. 945, RFI, 1995, Vendita [6990], n. 38; Appello Lecce, 23 agosto 1989,

GM, 1991, 572 e RN, 1991, 521, nota di Colapietro)

In forza di tale orientamento non costituiscono ipotesi di evizione quelle in cui l’appartenenza a terzi del bene oggetto di contestazione deriva da un titolo originario o derivativo che si è perfezionato in un momento successivo alla contratto di compravendita. Per un autore (Rubino 1971, 534) tale orientamento dovrebbe operare solo per le ipotesi in cui il trasferimento del diritto avviene, o dovrebbe avvenire, all’atto della conclusione del contratto, mentre nella vendita obbligatoria l’evizione sarebbe configurabile anche quando la causa di questa si è determinata dopo la conclusione del contratto ma prima del successivo fatto che avrebbe dovuto fare acquistare il diritto al compratore.

A tale impostazione si può obiettare che la garanzia è funzionalmente e strutturalmente collegata al contratto immediatamente traslativo poiché essa costituisce una tutela alternativa a quella che il creditore riceve nell’ambito del rapporto obbligatorio (e che dovrebbe trovare applicazione in caso di evizione per causa antecedente al trasferimento nella vendita obbligatoria) (in tal senso, Carboni e Balloriani, 2007, 1063).

Un altro autore (Galgano 1993, 491) ritiene, per esempio, che sia riconducibile alla garanzia per evizione il caso di chi, avendo venduto una cosa mobile a Caio, la venda successivamente a Tizio che ne consegue il possesso e poiché in buona fede la proprietà (art. 1155 c.c.) oppure il caso di chi, avendo venduto un immobile a Caio, lo venda successivamente a Tizio che trascrive per primo. La giurisprudenza sottolinea che eventuali atti pregiudizievoli dal diritto del compratore, successivi al trasferimento del diritto, possono comunque assumere rilievo come violazione dell’impegno traslativo poiché quest’ultimo racchiude in sé l’impegno alla totale dismissione della situazione alienata (in tal senso, Cass. 21 marzo 1989, n. 1403, FI, 1990, I, 222).

6. La doppia vendita immobiliare, gli acquisti a non domino e le figure

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