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L’indistricabile intreccio. Imprese, imprenditori e regime fascista. Premessa

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Academic year: 2021

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ISSN 0039-3037 © Carocci Editore S.p.A.

Studi Storici, 4/2020, pp. 821-827

PREMESSA

An Inextricable Intertwining. Companies, Entrepreneurs, and the Fascist Regime

The papers of this section analyse the relationships between the economic and business community and the fascist regime. Their aim is to refresh the interpretations that were established in the 1960s-1970s and remained undisputed in the decades thereafter, becoming a sort of mantra among Italian contemporary historians. The article presents the most relevant contributions of that historiographical season, explaining the reasons for a new approach and a new interpretation on the strength of the numerous public, business, and private archives that have become available over the past 20-30 years, extensive use of which has been made by the papers included in this section.

Keywords: Economy and politics during the fascist regime, Historiographical debates,

Busi-ness archives.

Parole chiave: Economia e politica durante il fascismo, Dibattiti storiografici, Archivi d’impresa.

Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta la storiografia italiana si occupò con grande impegno, talvolta con piglio militante, del regime fascista. Il clima politico-culturale, specie negli anni Settanta, spingeva con forza in quella direzione. Uno stimolo decisivo, come venne fatto notare all’epo-ca1, veniva sicuramente da quella sorta di battaglia politico-culturale

su-scitata dall’uscita dei primi volumi della monumentale biografia di Mus-solini scritta da Renzo De Felice2. Nei suoi volumi e anche in altri studi

1 E. Donati, Fascismo e crisi economica, in «Studi Storici», XVII, 1976, 3, pp. 223-245. 2 Tra il 1965 e il 1981 uscirono i primi quattro volumi: Mussolini il rivoluzionario,

1883-1920, Torino, Einaudi, 1965; Mussolini il fascista, vol. I, La conquista del potere, 1921-1925,

Torino, Einaudi, 1966; vol. II, L’organizzazione dello Stato fascista, 1925-1929, Torino, Ei-naudi, 1968; Mussolini il duce, vol. I, Gli anni del consenso, 1929-1936, Torino, EiEi-naudi, 1974 e vol. II, Lo Stato totalitario 1936-1940, Torino, Einaudi, 1981. Per un inquadramento del dibattito suscitato dall’opera di De Felice si rimanda a T. Baris, A. Gagliardi, Le

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coevi su temi piú particolari, ma sempre dedicati al regime fascista3, De

Felice non sottovalutò la dimensione economica, ma era evidente quanto non fosse nella sua formazione scientifico-culturale occuparsi a fondo di tali temi. Erano soprattutto alcuni importanti storici contemporaneisti-ci, sia italiani che stranieri, a cercare di riportare ordine nella complessa matassa delle relazioni tra il mondo economico e il regime fascista. Negli stessi anni in cui De Felice dava avvio alla sua opera pluridecennale, Pie-ro Melograni esplorò per primo i rapporti tra Confindustria e fascismo nel periodo tra il 1919 e il 1925. In un breve articolo del 1965 pose in rilievo soprattutto la posizione, che pareva condivisa da una buona parte del mondo industriale italiano, che puntava a «costituzionalizzare» i Fa-sci, escludendo pertanto una sovrapposizione, se non una fusione vera e propria tra i poteri dello Stato e quelli del partito.Qualche anno piú tardi ripropose quelle sue prime valutazioni in un volume di piú ampio respiro, che copriva un periodo piú esteso (fino alle crisi del 1929) e che non mo-dificava tuttavia le sue opinioni interpretative4. Lungo linee parallele si

muovevano le valutazioni di uno storico americano che si interessava so-prattutto alla storia italiana, Roland Sarti, e che si occupava in quegli anni di rapporti tra mondo economico e regime, individuando anche un caso di studio particolare – quello di Giuseppe Volpi – che poteva offrire ele-menti originali per una rivisitazione almeno parziale delle opinioni su cui si era a lungo basata la storiografia5. Del resto in quegli anni era apparsa

una biografia di Volpi che offriva valutazioni in parte innovative, basate su una prima ricerca nelle carte d’archivio della famiglia6. A conclusioni

non dissimili era arrivato negli stessi anni Valerio Castronovo, offrendo numerosi lavori7 che invitavano a combattere il «dilagante eclettismo sto-3 R. De Felice, I lineamenti politici della «quota novanta» attraverso i documenti di Mussolini

e Volpi, in «Il nuovo osservatore», VII, 1966, 50, pp. 370-420.

4 Id., Gli industriali e Mussolini. Rapporti tra Confindustria e fascismo dal 1919 al 1929,

Milano, Longanesi, 1972

5 R. Sarti, Fascism and the Industrial Leadership in Italy Before the March on Rome, in «Industrial

and Labor Relations Review», XXI, 1968, 3, pp. 400-417; Id., Mussolini and the Industrial

Leadership in the Battle of the Lira, 1925-27, in «Past & Present», 1970, 47, pp. 97-112; Id., Fascismo e grande industria, 1919-1940, Milano, Moizzi Editore, 1978; Id., Giuseppe Volpi, in Uomini e volti del fascismo, a cura di F. Cordova, Roma, Bulzoni, 1980, pp. 523-546.

6 S. Romano, Giuseppe Volpi. Industria e finanza tra Giolitti e Mussolini, Milano, Bompiani,

1979.

7 V. Castronovo, Potere economico e fascismo, in «Rivista di storia contemporanea», I, 1972,

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riografico» attraverso il consolidamento di alcuni «punti di riferimento essenziali e di valide ipotesi di lavoro», che non potevano che essere l’ap-proccio metodologico di nuove ricerche basate su fonti inedite8. Qualche

contributo importante in tal senso venne dagli storici economici. Giorgio Mori sviluppò alcune ricerche specifiche e mirate ad alcuni snodi critici del regime, come la nascita dell’Iri, e di conseguenza ai rapporti tra regime fascista e mondo economico9, mentre gli atti di un convegno sulla crisi

del 1929 e la fine della banca mista aprivano nuove piste, dissodando ter-reni di ricerca sui meccanismi finanziari che presiedettero allo smobilizzo della Banca commerciale e del Credito italiano e sulla nascita dello Stato imprenditore10; un tema, quest’ultimo, che fu del resto anche il titolo di

un fondamentale lavoro di Ernesto Cianci, apparso negli stessi anni11. Un

volume di Gianni Toniolo, apparso nel 1980, chiuse in un certo senso questa ricca stagione di studi sull’intreccio tra la dimensione politica e quella economica durante il regime fascista12. A conclusioni molto simili

a quelle qui esposte arriva Alessio Gagliardi in un ricco panorama critico sulla storiografia economica dell’Italia fascista13.

XVII, 1976, 3, pp. 25-39; Id., Fascismo e classi sociali, in Fascismo e capitalismo, a cura di N. Tranfaglia, Milano, Feltrinelli, 1976, pp. 91-136.

8 Le espressioni virgolettate sono riprese da una relazione che Castronovo presentò al

conve-gno L’Italia e l’Umbria dal Fascismo alla Resistenza, tenutosi a Perugia nel dicembre del 1975 riportate in Donati, Fascismo, cit., p. 224.

9 G. Mori, Nuovi documenti sulle origini dello «Stato industriale» in Italia. Di un episodio

ignorato (e forse non irrilevante) nello smobilizzo pubblico delle «banche miste» (1930-1931),

in Id., Il capitalismo industriale in Italia. Processo d’industrializzazione e storia d’Italia, Roma, Editori Riuniti, 1977, pp. 252-312; Id., Métamorphose ou réincarnation? Industrie, banque

et régime fasciste en Italie 1923-1933, in «Revue d’Histoire Moderne et Contemporaine»,

XXV, 1978, 2, pp. 235-274.

10 Industria e banca nella grande crisi 1929-1934, a cura di G. Toniolo, Milano, Etas, 1978.

Nel volume, tra l’altro, era anche incluso un contributo di Cesare Sartori, Un aspetto del

capitale finanziario durante la grande crisi: il caso del gruppo Volpi-Sade (ivi, pp. 131-184),

che, diversamente dal lavoro di Romano, Giuseppe Volpi, cit., rivolto ad un pubblico di let-tori di cultura medio-alta e non necessariamente attento alle esigenze metodologiche della storiografia, offriva una vasta ricostruzione delle vicende e degli interessi dell’imprenditore veneziano attraverso un accurato scavo nell’archivio Volpi, cosa che del resto l’autore ripro-pose l’anno dopo nell’articolo Giuseppe Volpi di Misurata e i rapporti finanziari del gruppo

Sade con gli Usa, in «Ricerche storiche», IX, 1979, 2-3, pp. 376-438.

11 E. Cianci, Nascita dello stato imprenditore, Milano, Etas, 1977. 12 G. Toniolo, L’economia dell’Italia fascista, Roma-Bari, Laterza, 1980.

13 A. Gagliardi, L’economia, l’intervento dello Stato e la «Terza via» fascista, in «Studi Storici»,

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Nel corso di un periodo che va dalla metà degli anni Sessanta alla fine degli anni Settanta si posero dunque delle basi molto solide per ulteriori appro-fondimenti per comprendere e articolare meglio la relazione tra regime e ambienti economici, tra Mussolini e il mondo dell’imprenditoria italiana. In realtà, quella serie di studi rimasero quasi esclusivamente la testimo-nianza di un’epoca e non furono rilanciati nemmeno dopo che negli anni Ottanta e Novanta il panorama storiografico economico si arricchí di fonti archivistiche che gli storici che avevano prodotto quegli studi pionieristici sui rapporti tra regime e mondo economico neppure potevano immagina-re: basti ricordare gli archivi della Banca d’Italia, dell’Ansaldo, della Edi-son, della Sip, della Breda e, poco dopo, quelli della Banca commerciale, del Credito italiano e del Banco di Roma e, piú tardi, dell’Iri, della Fiat e della Pirelli. Le scelte tematiche e storiografiche privilegiarono cosí la storia d’impresa, specie da parte di una nuova (e numericamente robusta) gene-razione di storici economici14. E tuttavia l’occasione costituita da alcune

grandi iniziative scientifiche e editoriali, come la storia dell’industria elet-trica o quella dell’Iri, offrí, specie agli storici economici, la possibilità di confrontarsi anche con questioni di ordine piú generale, concernenti i rap-porti tra governo e istituzioni politico-amministrative, fascisti e ambienti economici nazionali15. Nel mondo degli storici contemporaneistici, invece,

prevalsero progressivamente traiettorie di ricerca di carattere politico-istitu-zionale, sociale e culturale16.

Solamente negli ultimi anni si segnala un risveglio di interesse da parte di questi ultimi su temi che potrebbero essere catalogati in un’analisi dei rapporti tra potere politico, strutture politico-amministrative del regi-me e interessi economici. Tuttavia, l’approccio e il taglio sono profonda-mente diversi rispetto al passato, dato che tali interessi vengono associati all’affarismo, alla corruzione, agli arricchimenti da parte di ras locali, mi-nistri e, in generale, alte personalità del periodo fascista, e non al mondo

14 Per qualche considerazione piú estesa su questi temi ci permettiamo di rimandare al

no-stro Business History and Family Capitalism in Italy: New Challenges for Researchers, in «En-treprise et Histoire», LXIII, 2011, 2, pp. 66-74.

15 Senza citare per esteso i diversi contributi ci limitiamo a segnalare Storia dell’industria

elettrica in Italia, vol. III, Espansione e oligopolio, a cura di G. Galasso, Roma-Bari, Laterza,

1994; Storia dell’Iri, vol. I, Dalle origini al dopoguerra, a cura di V. Castronovo, Roma-Bari, Laterza, 2011 e i numerosi contributi apparsi nella collana di ricerche storiche della Banca d’Italia.

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dell’industria privata, ai grandi industriali e finanzieri, alle organizzazioni generali o di categoria del mondo economico italiano17. Frutto talvolta di

nuove ricerche in archivi locali o sulla stampa provinciale, tali contributi non hanno apportato alcun valore aggiunto rispetto alla questione dei rapporti tra ambienti economici e regime fascista, dando quasi l’impres-sione di riproporre, attraverso l’uso di fonti storiche e una metodologia storiografica, delle grandi indagini di impianto giornalistico, analoghe a quelle che hanno caratterizzato gli ultimi tre decenni di storia italiana, dall’inchiesta di Mani pulite in poi. Sono pertanto sí emerse interessanti vicende poco note, talvolta capaci di far cogliere meglio importanti ar-ticolazioni della macchina politico-amministrativa e dei meccanismi di funzionamento del Pnf; tuttavia, il significato attribuito a tali vicende è sembrato solo proporre una lettura di lungo periodo, che annacqua diffe-renze e cerca talvolta forzate similitudini, dei meccanismi di corruzione e di arricchimento di chi, anche nel regime che ha preceduto quello demo-cratico – spesso scivolato su questi stessi terreni – ha approfittato di una situazione consolidata, della posizione occupata o anche semplicemente dell’occasione per un arricchimento personale. Basta del resto osservare il modo in cui la stampa nazionale ha presentato tali lavori per avere qual-che conferma anqual-che solo superficiale di questa valutazione: quasi un’ete-rogenesi dei fini18.

I contributi che vengono presentati in questa sezione vogliono essere un vero e proprio ponte gettato dagli storici economici verso gli storici con-temporaneistici per avviare una nuova riflessione comune, come quella de-gli anni Settanta, sulle relazioni tra regime fascista e mondo economico. Non a caso quattro dei cinque interventi (quelli di Bertilorenzi, Giulianelli, Perugini e Segreto) furono illustrati e discussi all’Università di Modena nel corso dell’edizione 2019 dei Cantieri di Storia, il tradizionale appuntamen-to della Società italiana per lo studio della sappuntamen-toria contemporanea (Sissco) in cui vengono presentate nuove ricerche e si organizzano dibattiti che ser-vono a fare il punto su un determinato argomento. Se quello è l’obiettivo, l’approccio porta a privilegiare i modi spesso molto contraddittori

attraver-17 Il fascismo dalle mani sporche. Dittatura, corruzione, affarismo, a cura di P. Giovannini, M.

Palla, Roma-Bari, Laterza, 2019; M. Canali, C. Volpini, Mussolini e i ladri di regime. Gli

arricchimenti illeciti del fascismo, Milano, Mondadori, 2019.

18 Citiamo, solo a titolo d’esempio, P. Mieli, Le tangenti del Littorio, in «Corriere della Sera»,

4 marzo 2019 e R. Liucci, L’«Italietta» littoria tra pizzo, affari e corruzione dei giudici, in «il Fatto quotidiano», 22 febbraio 2019.

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so cui si svilupparono effettivamente i rapporti tra imprenditori, banchieri, manager e/o imprese (soprattutto italiane, ma anche straniere) e il regime. È un vero e proprio rovesciamento di prospettive e di consolidate letture quello che si è cercato di proporre, mettendo in rilievo come il governo, lungi dal saper effettivamente «affermare il primato della politica, per ren-dersi autonomo, nelle sue scelte e nelle sue decisioni, dalle forze economi-che e dalle istituzioni tradizionali economi-che lo avevano sostenuto nel suo conso-lidamento al potere»19, ebbe comportamenti ambigui, ambivalenti, incerti,

non di rado confusi. A portarlo in tali direzioni, talvolta prive di senso, furono l’incapacità di gestione di vicende spesso molto complesse sul pia-no ecopia-nomico e/o tecpia-nologico, sia quando gli interlocutori erapia-no imprese nazionali (Perugini) sia ancora di piú quando erano stranieri (Bertilorenzi); la necessità di scendere a compromessi in mancanza di soluzioni davve-ro autonome dagli interessi di parte (Giulianelli); l’impossibilità di fare a meno di competenze molto qualificate, concentrate spesso in personalità che si ponevano in contrasto (mai però politico, peraltro) con Mussolini (Telesca). In fondo, la prova provata dell’impossibilità di raggiungere l’o-biettivo di un’autonomia della sfera politica, anche in virtú della sua supe-riorità «gerarchica», è probabilmente fornito proprio dalla lunga «carriera» di mediatore sviluppata da Volpi (Segreto), capace di passare da un regime all’altro, svolgendo compiti progressivamente sempre piú importanti per cercare di tenere unito il piú possibile il mondo variegato e pieno di conflit-ti interni degli ambienconflit-ti economici con la dimensione policonflit-tica e burocra-tico-amministrativa in campo economico del regime. Tali conclusioni non consentono tuttavia di affermare che questi nuovi lavori confermino quella sorta di «autonomia dell’economia» – quasi a contraltare di quella della politica, evocata da Gentile – richiamata qualche anno fa come la tendenza prevalente nella storiografia economica a livello non solo italiano, ma an-che internazionale20. Al contrario, questi lavori insistono proprio nel voler

testardamente individuare i tanti collegamenti, in passato meno visibili o poco considerati, tra la dimensione economica e quella politica. Questi studi, tutti basati su ricerche originali e su fonti archivistiche spesso inedite, se da una parte offrono nuove interpretazioni sui rapporti tra mondo eco-nomico e regime, dall’altra ripropongono tuttavia anche un problema di fondo che rimanda ad alcune tra le questioni piú rilevanti attraverso cui si

19 Gentile, Fascismo, cit., p. 44. 20 Gagliardi, L’economia, cit., pp. 78-79.

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è guardato al fascismo: la solidità del regime, la sua capacità di resistere e di trasformarsi nelle fasi piú difficili sul piano politico ed economico e persino di crescere sul piano dei consensi «popolari» – molto meno tra gli ambienti economico-imprenditoriali – richiedono studi ancora piú estesi e appro-fonditi, che probabilmente solo una ricerca ad ampio respiro, coinvolgente un vasto e articolato numero di studiosi e di istituzioni scientifico-culturali, non tanto sul regime fascista in se stesso, ma sulla società italiana durante il ventennio, potrebbe consentire di sviluppare.

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