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Il reato di Tortura in Italia alla luce del diritto internazionale

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE ...3

CAPITOLO I: L’ADEMPIMENTO DA PARTE DELL’ITALIA DEGLI OBBLIGHI INTERNAZIONALI DI CRIMINALIZZAZIONE DELLA TORTURA 1- IL QUADRO GIURIDICO IN CUI L’ITALIA SI È TROVATA AD OPERARE: CENNI E RINVIO.. ... 6

2- LO STORICO RITARDO ITALIANO NELLA CRIMINALIZZAZIONE DELLA TORTURA ... 9

3- I DISEGNI DI LEGGE SUSSEGUITESI A PARTIRE DALLA X LEGISLATURA ... 12

4- LA PROPOSTA MANCONI ... 15

4.1- Dalla proposta all’approvazione ... 15

4.2- Il soggetto attivo ... 23

4.3- La condotta ... 24

4.4- L’evento... 25

4.5- L’elemento soggettivo ... 25

4.6- Le aggravanti ... 26

4.7- I dilemmi posti dal terzo comma dell’art. 613-bis c.p. ... 27

4.8- L’art 613-ter c.p. ... 28

5- LE CRITICHE MOSSE ALLA LEGGE A SEGUITO DELLA SUA APPROVAZIONE ... 29

CAPITOLO II: NATURA E DEFINIZIONE DEL CRIMINE DI TORTURA NEL DIRITTO INTERNAZIONALE 1- LA TORTURA COME NORMA DI JUS COGENS ... 33

2- IL REATO DI TORTURA NEGLI STRUMENTI ELABORATI A LIVELLO UNIVERSALE ... 35

2.1- La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo (1948) ... 35

2.2- Le Convenzioni di Ginevra (1949) ... 36

2.3- Il Patto dei diritti Civili e Politici (1966) ... 38

2.4- Gli ulteriori strumenti adottati per la condanna della tortura ... 39

2.5- La Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura e altri Trattamenti Crudeli, Inumani e Degradanti (1984) ... 44

2.6- (Segue) La definizione di Tortura ... 46

2.7- La giurisprudenza del Tribunale Penale Internazionale per l’Ex-Jugoslavia 50 2.8- Il crimine di tortura di fronte alla Corte Penale Internazionale ... 55

3- L’ART.3 DELLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO E LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO ... 57

3.1- Art. 3 CEDU: il contenuto di un divieto assoluto ... 57

3.2- La soglia minima di gravità quale criterio distintivo tra la Tortura e i Trattamenti Inumani e Degradanti ... 58

3.3- Ulteriori rilievi giurisprudenziali su espulsioni ed estradizioni ... 61

3.4- Trattamenti e pene vietati ... 63

3.5- Gli obblighi derivanti a carico degli Stati dall’art. 3 CEDU ... 64

4- LA CONVENZIONE EUROPEA PER LA PREVENZIONE DELLA TORTURA E DELLE PENE O TRATTAMENTI INUMANI O DEGRADANTI ... 65

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5- UNA PRIMA RIFLESSIONE SUI RISULTATI RICAVABILI DALL’ESAME DELLA

DEFINIZIONE DI TORTURA OFFERTA DAGLI STRUMENTI INTERNAZIONALI: LA TORTURA

QUALE REATO PROPRIO O REATO COMUNE?... 68

CAPITOLO III: IL REATO DI TORTURA IN ITALIA: LE CONDANNE DA PARTE DELLA CORTE DI STRASBURGO 1- PREMESSA ... 71

2- I FATTI DI GENOVA ... 71

2.1- I fatti avvenuti all’interno della scuola Diaz-Pertini ed il conseguente procedimento penale ... 73

2.2- I fatti avvenuti all’interno della caserma di Bolzaneto ed il conseguente procedimento penale ... 78

2.3- La magistratura italiana e le difficoltà d’incriminazione causate dall’assenza di un reato di tortura nel codice penale. ... 81

2.4-L’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ... 84

2.4.1- Il caso Cestaro ... 84

2.4.2- Le sentenze Bartesaghi e Gallo c. Italia, Azzolina e altri c. Italia, Blair e altri c. Italia ... 88

2.4.3- Le violazioni dell’art 3 CEDU accertate nelle sentenze esaminate ... 91

3- LE VIOLAZIONI COMMESSE DALL’ITALIA IN RELAZIONE ALLE CONDIZIONI CARCERARIE ... 93

3.1- Cenni al quadro internazionale ... 93

3.2- I rapporti del Comitato Europeo contro la Tortura ... 94

3.3- Le condanne ricevute dalla Corte di Strasburgo ... 99

4- LO STATO ITALIANO TRA IL RESPINGIMENTO DEI MIGRANTI E L’ART.3CEDU... 105

CAPITOLO IV: CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 1- PREMESSA: UNA “DISTRATTA” REAZIONE DEL LEGISLATORE ITALIANO? ... 108

2- LA LEGGE N.110 DEL 14LUGLIO 2017 ALLA LUCE DEL DIVIETO DI TORTURA NEL DIRITTO INTERNAZIONALE ... 109

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Introduzione

Una legge sulla persecuzione del reato di tortura viene approvata per la prima volta in Italia con la l. n 110 del 14 Luglio 2017, con la conseguente riforma del codice penale che prevede adesso due nuovi articoli: il 613-bis e il 613 ter, rispettivamente intitolati “Tortura” e “Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura”. La proposta di legge, presentata nel 2013 in Senato dall’Onorevole Luigi Manconi, è solo l’ultima di una lunga serie di proposte che hanno avuto l’obiettivo di adempiere agli obblighi esistenti a livello internazionale e che hanno spinto il legislatore italiano verso la criminalizzazione della pratica della Tortura. Infatti, nonostante lo Stato italiano abbia operato la ratifica di tutti i maggiori strumenti internazionali in materia, i tentativi posti in essere già dal finire degli anni ’80 diretti al raggiungimento di una nuova legge hanno visto numerosi arresti negli iter parlamentari, lasciando il nostro ordinamento lacunoso in tema di Tortura. Tuttavia, nonostante l’introduzione delle nuove disposizioni, sin dal giorno della sua stessa approvazione, la legge n. 110 si trova al centro di numerose questioni che vedono concentrarsi critiche consistenti su numerosi profili.

In ogni caso desta stupore che in Italia si sia pervenuti così in ritardo a tali adempimenti, non solo considerando la risalenza nel tempo delle prime condanne a livello internazionale del reato, ma anche e soprattutto alla luce di alcuni gravi episodi che hanno avuto negli ultimi anni riscontri mediatici consistenti, come quelli riguardanti la gestione dell’ordine pubblico nella città di di Genova nel 2001 in occasione dello svolgimento del G8; o ancora quelli che hanno visto l’Italia al centro di numerose controversie (sanzionate dalla Corte di Strasburgo), nelle quali si è avuta occasione di ravvisare la mancanza di particolari standard di trattamento all’interno delle strutture di detenzione che permettessero di escludere la perpetrazione di torture.

Obiettivo del presente elaborato è quello di procedere ad una valutazione critica della legge n. 110 del 2017 alla luce del quadro internazionale di riferimento. Per fare questo la trattazione si dipana attraverso quattro differenti capitoli che vedono dapprima un’analisi della legge stessa, una panoramica dell’evoluzione del reato di Tortura a livello internazionale, e in ultima analisi un’illustrazione degli eventi e delle condanne dirette verso il nostro paese che hanno operato una propulsione verso la formulazione della proposta Manconi.

Più specificatamente, all’interno del primo capitolo, intitolato “L’adempimento da parte dell’Italia degli obblighi internazionali di criminalizzazione della Tortura”, si vuole

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operare un’analisi oggettiva della legge n. 110, mettendone a nudo gli elementi che la costituiscono e come questi si siano evoluti nel corso dell’Iter parlamentare dalla proposta all’approvazione. Dovranno quindi essere prese in considerazione, seppur brevemente, le esperienze parlamentari precedenti alla legge stessa, al fine di operare un rapido confronto tra le proposte e disegni di legge che sono state avanzate in Italia sullo stesso argomento dalla X legislatura in avanti, anche se le discussioni camerali non sono mai giunte al termine. Volendo operare principalmente in tal sede un’analisi oggettiva del testo di legge, solo al termine del capitolo indicheremo quali siano le principali critiche dirette al testo, per iniziare a familiarizzare con le questioni che cercheremo di risolvere nel corso della successiva trattazione.

Nel secondo capitolo, intitolato “Il crimine di Tortura nel diritto internazionale”, si opera una disamina del percorso, a livello definitorio, dello stesso reato all’interno delle numerose Convenzioni e Dichiarazioni adottate a livello internazionale in materia. Per far questo ci avvarremo anche del prezioso contributo della giurisprudenza di corti e tribunali internazionali cercando quindi di individuare non solo quale siano gli elementi costitutivi del crimine (sia sul profilo teorico che su quello applicativo), ma anche i passaggi di quella che vedremo essere una continua evoluzione della fattispecie.

Nel terzo capitolo lasciamo invece spazio all’illustrazione delle vicende che vedono l’Italia protagonista di alcune sentenze di condanna della Corte di Strasburgo in relazione a condotte tenute dalle forze di polizie durante lo svolgimento del G8 nel 2001 (le cui ultime pronunce risalgono alla fine dell’anno 2017). L’esame di tale Giurisprudenza appare in questa sede particolarmente rilevante dal momento che, come avremo modo di osservare, l’iter di approvazione della legge n. 110/2017 ha senz’altro ricevuto una spinta propulsiva a seguito della sentenza Cestaro, pronunciata il 7 Aprile 2015. Ulteriori pronunce della Corte inoltre impongono la loro trattazione a causa della stretta correlazione degli eventi ivi esaminati con la materia di Tortura, e che vedono ancora una volta pesanti condanne a carico del Governo italiano (a cui vengono inoltre diretti numerosi e significativi reports delle visite del Comitato per la prevenzione della Tortura e dei Trattamenti Inumani e Degradanti).

In conclusione, nella quarta e ultima parte, quello che ci vogliamo chiedere è se alla luce della trattazione operata nei tre precedenti capitoli, la legge n. 110/2017 possa dirsi adeguata rispetto alle prescrizioni internazionali che vincolano lo Stato italiano e se può ritenersi rispettosa della prassi applicativa. Saremo allora in grado di poter dare la nostra

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opinione a proposito della critiche mosse alla legge all’indomani della sua approvazione, e forse di poter operare alcuni rilievi su di ulteriori profili che meritano di essere discussi.

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Capitolo I

L’adempimento da parte dell’Italia degli obblighi internazionali di criminalizzazione della Tortura

1- Il quadro giuridico in cui l’Italia si è trovata ad operare: cenni e rinvio

Sin dalla fine della seconda guerra mondiale, si è sempre più fatto forte il sentimento della comunità internazionale di creare restrizioni maggiori nei confronti delle pratiche di violazione dei diritti umani. La criminalizzazione degli strumenti lesivi della dignità dell’uomo ha inizio dunque con la nascita dell’organizzazione delle Nazioni Unite che, nel 1948, adotta la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Questa all’art 5 sancisce dunque il divieto di sottoporre qualsiasi individuo a tortura od altri trattamenti disumani e degradanti. Nonostante l’importanza storica del documento, si vede come l’Assemblea Generale non si sia preoccupata, all’epoca, di attribuire un valore definitorio alla tortura, limitandosi a dichiarare un divieto generale del reato in questione, e ad adoperare una distinzione tra questo e i “trattamenti o punizioni crudeli disumani e degradanti” all’interno del medesimo articolo.

Da questo momento in avanti una fornita serie di convenzioni protettive dei diritti umani fanno seguito, e già nel 1966 ancora in seno alle Nazioni Unite viene firmato il Patto dei diritti civili e politici, che all’articolo 7 vede riconfermarsi la condanna del reato di tortura come inteso dalla precedente Dichiarazione. I due strumenti, annoveranti sin da subito lo stato Italiano tra i primi firmatari, non contengono tuttavia particolari vincoli per quanto riguarda gli obblighi di criminalizzazione nei vari ordinamenti nazionali lasciando agli Stati Parte ampio spazio nella scelta dei mezzi di attuazione. Sempre nell’ambito della medesima organizzazione dobbiamo quindi aspettare il 1984, al momento dell’adozione della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani e

degradanti (CAT)1, perché siano sanzionati specifici obblighi di criminalizzazione,

costituendo esso il primo atto internazionale dedicato interamente ed esclusivamente alla tortura, e di cui si dà per la prima volta una espressa definizione2, e che istituisce uno strumento di monitoraggio ed attuazione della Convezione stessa da parte degli Stati

1 La Convenzione viene adottata a New York nel 1984 con la risoluzione 39/46.

2 In realtà troviamo già nel 1975 una definizione abbastanza precisa di tortura nella “Dichiarazione delle

Nazioni Unite sulla protezione di tutte le persone sottoposte a forme di tortura e altre pene o trattamenti inumani, crudeli e degradanti” adottata dall’assemblea generale con Risoluzione 3452 del 9 Dicembre

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membri quale il Comitato contro la tortura. Sarà poi questa la Convenzione che imporrà all’Italia, entrando in vigore nel 1987, quei vincoli che hanno portato, seppur con ingiustificato ritardo, all’approvazione della legge del 14 Luglio 2017 n. 110.

Se quindi vediamo che in ambito internazionale non sono mancate importanti censure del reato di tortura, non possiamo però tacere sulle numerose conferme provenienti dalle organizzazioni regionali che dal secondo dopoguerra vedono ancora una volta l’Italia coinvolta. Il 4 Novembre del 1950 viene adottata, in seno al Consiglio d’Europa, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), che con un combinato disposto tra l’art 1 e l’art 3, si fa garante della dignità umana come valore fondamentale sancendo una serie di obblighi positivi agli Stati e l’assoluta inderogabilità del divieto di tortura. Ancora, nel 1987 sempre in ambito europeo, viene ulteriormente firmata la Convenzione Europea per la Prevenzione della Tortura e delle Pene o Trattamenti Inumani o Degradanti che sancisce una nuova stagione per la repressione della tortura istituendo, inoltre, il Comitato per la Prevenzione della Tortura e delle Pene o Trattamenti Disumani e Degradanti (ulteriore rispetto a quello previsto dalla CAT), protagonista del controllo sulle violazioni della convenzione medesima.

Per esigenze di completezza, in questa seppur breve panoramica degli strumenti internazionali in materia – strumenti che verranno poi ripresi ed esaminati in modo più dettagliato nel Capitolo II - e per permettere di comprendere appieno la premura degli Stati di riuscire a creare congegni che permettessero l’arresto delle condotte in questione, non è permesso tacere sulle importanti iniziative, sebbene non vincolanti, che hanno permesso di approdare alle convenzioni sopra elencate. Ci riferiamo, in particolare, alla Dichiarazione sulla Protezione di tutte le Persone Sottoposte a forme di Tortura e altre

Pene o Trattamenti Inumani, Crudeli o Degradanti (1975) 3, dal contenuto non

obbligatorio ma certamente utile per aver segnalato la necessità di provvedere a programmi di formazione per le forze di polizia (art. 5); di inserire la tortura come reato penale nella legislazione nazionale (art. 7); investigare in modo imparziale e perseguire penalmente episodi di tortura (art. 9 e 10); di prevedere meccanismi di risarcimento per le vittime (art. 11). Da rilevare, tuttavia, come alcune disposizioni (art. 7 e 9) si riferiscono

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unicamente alla tortura e non agli altri trattamenti vietati oggetto della Dichiarazione4. Per quanto, come detto, l’attuazione delle misure sia lasciata alla volontà dei singoli Stati, non possiamo non menzionare l’importanza della dichiarazione per l’influenza che essa ha esercitato sulla successiva Convenzione del 1984. Sempre facenti parte di questa “congerie” di interventi si menzionano anche la creazione del The United Nations Voluntary Fund for Victims of Torture, un finanziamento per le organizzazioni di sostegno alle vittime di tortura; quella di un relatore speciale indipendente, da parte della Commissione dei diritti umani, con il compito di documentare lo stato della tortura nel mondo; e il Protocollo facoltativo alla convenzione contro la tortura del 2002 che permettere di superare alcune lacune del trattato di New York.

Prima di concludere – per il momento – con questo primo esame del quadro internazionale rilevante in materia di divieto di tortura, è utile accennare all’importante attività degli organi giurisdizionali che nel corso degli anni si sono potuti pronunciare sull’argomento come: la Corte Europea dei diritti dell’uomo (alcune pronunce della quale saranno argomento di trattazione di questa tesi); la Corte Penale Internazionale (il cui statuto riporta addirittura un articolo espressamente definitorio del reato di tortura5); e il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia (investita del caso Kunarac e altri nel 1991, dove si riscontrano importanti esiti definitori in materia). Questa, a grandi linee, si configura la cornice internazionale in cui l’Italia si trova ad operare al momento in cui, il 15 Marzo 2013, è stato presentato il disegno di legge 2168 a firma dell’Onorevole Luigi Manconi. Tale disegno dopo essere stato emendato più volte è stato approvato nel 2017 e, pur molto atteso, è stato già oggetto di numerose critiche e censure che saranno in questa sede analizzate a fondo. Per il momento basti sapere che non è la prima volta che in Italia si perviene alla redazione di un disegno di legge per l’introduzione del delitto di tortura nel nostro codice penale, avendo preso forma dalla XIII legislatura in poi un considerevole numero di proposte la cui discussione non è mai stata portata a termine nelle camere parlamentari.

4 Carmelo Danisi, Divieto e Definizione della Normativa Internazionale dei Diritti, 29 Ottobre 2009, edito su Diritto.it

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2- Lo storico ritardo italiano nella criminalizzazione della tortura

Se non per le risalenti dichiarazioni delle Nazioni Unite, almeno per l’adesione alla CEDU o per il recepimento degli strumenti non obbligatori di cui sopra (ma non per questo meno significativi), di condanna internazionale del reato di tortura, sarebbe stato auspicabile, come minimo entro l’ultima decade del millennio passato, l’approvazione di una adeguata legge in Italia rispondente agli impegni internazionali assunti di criminalizzazione, e la conseguente riforma del codice penale. Purtroppo così non è stato, almeno fino al Luglio 2017. Non che prima di questo momento i segnali dell’urgenza di un’iniziativa in tal senso non si fossero palesati: Lo Stato italiano è infatti stato protagonista a più riprese di richiami da parte degli organismi internazionali e fatta eccezione per i mai approvati disegni di legge a cui si accennava nel paragrafo precedente, una vera volontà di conformarsi alle convenzioni ratificate non sembra esserci stata. Lo dimostrano i fatti, come hanno rilevato alcune visite dei comitati per la prevenzione della tortura o dei diritti umani cominciate già negli anni ’90 del secolo scorso; lo dimostrano le giustificazioni episodicamente adottate dai governi italiani sulla presunta non necessità di una legge ad hoc, facendo riferimento a una supposta copertura della fattispecie da parte di eterogenee disposizioni del codice penale, e un’ ulteriore e fornita serie di argomentazioni sulla non necessarietà di un nuovo atto legislativo.

Partendo dalle questioni di diritto interno, già prima della ratifica della convenzione Onu era configurabile un obbligo di criminalizzazione della tortura all’interno dell’ordinamento italiano sancito dalla nostra stessa carta Costituzionale. È all’art 13 comma 4, della stessa che infatti leggiamo: “E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà”. Immaginabile infatti che la compagine dei costituenti non fosse completamente estranea all’argomento, come altresì è immaginabile che il significato del disposto costituzionale non fosse diretto a sancire solo un obbligo legislativo in materia, ma che anche la stessa ratifica dei trattati e le convenzioni sulla tortura fosse dovuta in obbedienza a un dovere di “coerenza costituzionale” (è inoltre importante rilevare la localizzazione dell’articolo stesso all’interno della struttura stessa della nostra stessa Carta, vale a dire subito dopo i primi 12 principi fondamentali e primo articolo tra quelli dedicati ai diritti dei cittadini). Già tale copertura costituzionale avrebbe dovuto essere sufficiente a sancire la necessità di un’iniziativa parlamentare in tal senso, ma sembra che di questa mancanza le

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maggioranze politiche più varie “di qualunque segno o colore, della “prima” e della “seconda” Repubblica, ne portino la responsabilità in parti eguali, avendo obbedito e ripetuto uno stesso copione fatto di inerzie, rinvii, navette, bocciature, mozioni e ordini del giorno inevasi ed emendamenti incredibili”6. Si aggiunge solamente, l’importanza che riveste l’art. 117 Cost. il quale, come è noto, impone l’obbligo di rispettare “i vincoli derivanti (…) dagli obblighi internazionali”, e, come se non bastasse, si ricorda il particolare ruolo rivestito inoltre dell’art 10, par. 1 Cost. considerato infatti un “trasformatore permanente” di obblighi di criminalizzazione internazionali (che non confliggano con le garanzie degli art. 25 e 27 della Costituzione), in altrettanti obblighi costituzionali di penalizzazione7.

L’inadempimento costituzionale ha sicuramente destato l’indignazione generale della comunità giuridica italiana, ma è sul piano internazionale che i rilievi si fanno decisamente più interessanti e le dichiarazioni italiane si tingono di un colore provocatorio. Importanti, giusto per fare qualche cenno e senza presunzione di completezza, sono stati infatti gli scambi verificatisi in occasione del quarto rapporto del Comitato dei diritti umani8 rubricato “principals subjects of concern”, dove si segnala la mancata introduzione di un reato di tortura “as defined in international law”9, facendo oltretutto riferimento anche alle inadeguatezze delle misure repressive, soprattutto nei confronti degli agenti di polizia e delle autorità carcerarie responsabili di atti se non apertamente in violazione dei divieti internazionali, per lo meno affetti da dubbie e critiche ambiguità.

Le osservazioni non finiscono qui, e già in un’occasione precedente ritroviamo un richiamo dallo stesso comitato nel terzo rapporto10, e come in quella occasione la risposta

6 Andrea Pugiotto, “Repressione penale della tortura e costituzione: anatomia di un reato che non c’è”, in

Diritto penale contemporaneo, Febbraio 2014 disponibile sul sito https://www.penalecontemporaneo.it/ 7 Angela Colella, “La repressione penale della tortura: riflessione de iure condendo”, in Diritto penale

contemporaneo, 22 Luglio 2014 disponibile sul sito https://www.penalecontemporaneo.it/

8 Non si deve confondere questo comitato con quello chiamato invece “Comitato contro la tortura” in quanto si tratta di due organi istituiti da due diversi strumenti. Il primo è un comitato la cui istituzione è prevista all’interno dell’art. 28 del Patto sui diritti civili e politici e può rendere “osservazioni generali” riguardo a questo o quell’articolo del medesimo; il secondo è un organo istituito dalla CAT a cui ogni quattro anni gli Stati contraenti hanno l’obbligo di rendere conto delle misure da loro adottate per adempiere agli obblighi imposti dalla Convenzione.

9 Human rights commitee, "Consideration of report submitted by state parties under art 40 of covenant,

considerating observations of the human rights commitee italy CCPR/C/79/Add.94".

10 Anche in questa occasione il comitato ha espresso numerose riserve riguardo il trattamento carcerario ed ha, con sconcerto, notato la mancanza di interesse nell’indagine e nelle repressione penale di eclatanti casi, come anche l’inadeguatezza delle sanzioni in materia. Per approfondimenti: Human rights commitee, «Consideration of report submitted by state parties under art 40 of covenant, considerating observations of the human rights commitee italy CCPR/C/79/Add.37».

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italiana alle considerazioni è stata, per quanto tempestiva, reputata decisamente insoddisfacente.

Da simili apprezzamenti non si risparmia nemmeno il Comitato contro la tortura, a cui in risposta al primo rapporto il governo, come abbiamo accennato precedentemente, risponde sostenendo che i comportamenti costituenti le fattispecie di tortura come previsto dalle Convenzione delle Nazioni Unite del 1984, erano già previsti come reati da alcune disposizioni penale in vigore11. Non solo, ma viene anche avanzata l’opinione per cui non ci sarebbe stato reale bisogno della formulazione di una legge ad hoc in quanto il carattere “self executing” delle norme proibitive della tortura contenuta nei trattati ratificati dall’Italia, avrebbe reso addirittura superflua una nuova previsione legislativa per riformulare il divieto12.

Analizzando tali rilievi, che sono i più significativi di questa stagione giustificazionista che perdura almeno fino alla seconda metà degli anni ’90, e partendo dal primo dei due punti di cui tale risposta si compone, vediamo che le disposizioni penali a cui si fa riferimento sono soprattutto in: percosse (art. 581 c.p.), lesioni personali (art. 582 c.p.), ingiurie (art. 594 c.p.), sequestro di persona (art. 605 c.p.), arresto illegale (art. 606 c.p.), indebita limitazione di libertà personale (art. 607 c.p.), abuso di autorità contro arrestati o detenuti (art. 608 c.p.), perquisizioni e ispezioni personali arbitrarie (art. 609 c.p.), violenza privata (art. 610 c.p.), minacce (art. 612 c.p.), e stato di incapacità procurato mediante violenza (art. 613 c.p.). Nel corso del tempo tale opinione è stata soggetta alle più varie critiche, dovendo tale elenco di reati fare i conti con gli elementi previsti dalle convenzioni internazionali13. I profili di incompatibilità individuati sono molteplici: la qualificazione di tali reati come comuni, la completa esclusione dell’elemento materiale della violenza psicologica, l’intenzionalità dell’inflizione del dolore e sofferenze, una dosimetria elevata in astratto ma abbattibile in concreto con l’applicazione delle

11 Commitee Against Torture, "consideration of report submitted by states parties under art 19 of the

convention, initial report of states parties due 1990 , italy, CAT/C/9/ Add. 9, n. 36".

12 Ibidem

13 Art. 1 CAT: “Ai fini della presente Convenzione, il termine “tortura” indica qualsiasi atto mediante il quale

sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o sospettata di aver commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse inerenti o da esse provocate”.

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attenuanti del caso, la procedibilità a querela di parte, brevi termini di prescrizione14. Ma se tutte queste osservazioni sono state quindi certamente importanti per creare nel corso degli anni la consapevolezza dell’inadeguatezza dell’ordinamento italiano sulla questione, ancora più importanti sono le constatazioni sul secondo punto della risposta italiana al Comitato contro la tortura basate sul carattere “self executing” delle norme contenute nelle convenzioni internazionali, e sulla non indispensabilità di una normativa “ad hoc”, della previsione di una fattispecie autonoma di reato, ritenendo sufficiente una copertura generale all’interno del codice penale. Tali dubbi vengono però presto delucidati, da un lato già lo stesso relatore per l’Italia del Comitato contro la tortura secondo il quale la norma in questione non sarebbe stata “directement applicable”; dall’altro la raccomandazione del Comitato contro la tortura di introdurre un reato di tortura specifico, porta a pensare, come espresse il relatore Gil Lavedra, che un obbligo in tal senso fosse contenuto nel combinato disposto dell’art 1 e 4, primo comma della CAT, lo stesso che non avrebbe dovuto essere interpretato alla lettera, come peraltro goffamente hanno asserito i rappresentanti del governo italiano a sostegno della opinione contraria15. Per nostra fortuna sarà questa l’interpretazione che riuscirà a radicarsi nella coscienza giuridica italiana, essendo riusciti infine ad approvare una legge di criminalizzazione della tortura completamente autonoma nel 2017, facendo propri i rilievi fatti al tempo dal Comitato.

3- I disegni di legge susseguitesi a partire dalla X legislatura

Nonostante numerosi riferimenti bibliografici collochino i primi tentativi di inserimento di un reato di tortura nel nostro ordinamento al tempo della XIII legislatura (1996-2001)16, vediamo che già da prima, nel corso della X, nell’anno 1989, pallidi tentativi sono comunque posti in essere. Si fa riferimento infatti al disegno di legge n. 1677, redatto dai senatori Battello, Tedesco, Tatò, Salvato, Imposimato, Correnti, Onorato, Macis e Greco, comunicato alla presidenza per l’appunto il 4 Aprile 1989. Gli intenti sono lodevoli, e come si legge dal testo del disegno di legge, si concepisce la bozza proposta come

14 Per approfondimenti: Andrea Pugiotto, Repressione penale della tortura e costituzione: anatomia di un

reato che non c'è, in Diritto Penale Contemporaneo, 17 Febbrario 2014.

15 Per approfondimenti: Antonio Marchesi, L’attuazione in Italia degli obblighi internazionali di repressione

della tortura, in Rivista di diritto internazionale, 1999 p 463 e sgg.

16 In primis: Giulia Lanza, Obblighi Internazionali d’incriminazione penale della tortura ed ordinamento

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“previsione, in adempimento degli obblighi internazionali, del reato di tortura nel codice

penale”17. La coscienza dei relatori in questa occasione ha del meritevole, dimostrando

una certa consapevolezza dell’urgenza dell’elaborazione di un testo per il reato in questione18, e sempre tendendo presente le fonti internazionali ratificate dallo stato italiano fino a quel momento, introduce al capo 0I intitolato “Del delitto di tortura”, l’art 574-bis recitando: Il pubblico ufficiale che infligge ad una persona dolore o sofferenze fisiche o mentali al fine di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, ovvero di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, ovvero di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, ovvero infine per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, è punito con la pena della reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale che istiga altri a commettere il fatto previsto dal primo comma del presente articolo ovvero autorizza espressamente o tacitamente altri a commetterlo. Ci troviamo dunque di fronte a un testo rispondente agli obblighi assunti dall’Italia configurando un reato proprio, e la sua repressione anche nella sua forma istigata.

Ad ogni modo, come dicevamo, i tentativi si fanno più numerosi dalla XIII legislatura in poi, non riuscendo però sempre a raggiungere i vertici di conformità propri del disegno del 1989. Vediamo dunque tra il 1997 ed il 2000 la presentazione di ben cinque diversi progetti, tra cui la proposta n. 4087 (Cicu), e quattro diversi disegni di legge: il n. 2701 (Semenzano), il n. 3691 (Salvato), il n. 3705 (Lo Curzio), e il 7283 (Fassino e Dini), tuttavia mai discussi. I primi quattro progetti prevedono la possibilità dell’introduzione di un reato autonomo e specifico sotto il titolo “Tortura”; l’ultimo invece stabilisce solo un’aggravante che avrebbe operato con il disposto dell’articolo 61 del codice penale. L’idea di introdurre solo un’aggravante speciale per quest’ultimo caso, viene giustificata con l’argomento che se si fosse introdotto un reato autonomo si sarebbe andato a ledere il principio di legalità sul quale si fonda il nostro diritto penale, causa una presunta

17 Senato della Repubblica X legislatura, "Disegno di legge n. 1677", 1989.

18 Leggiamo nella prefazione del disegno di legge n. 1677: …come dimostrò un notissimo caso giudiziario

conclusosi con sentenza definitiva nella primavera del 1987 (un tipico ed inequivoco caso di tortura era stato qualificato tentata violenza privata e, prima ancora, non erano state rinvenute nell'ordinamento ragioni sufficienti a fondare il disvalore correlato alla non concessione delle attenuanti generiche), non è stato peraltro ritenuto: donde l'importanza della Convenzione dell'ONU che, specificatamente imponendo agli Stati contraenti di innovare il proprio ordinamento penale, fonda la necessità del presente disegno di legge, il cui scopo è in particolare di introdurre nel nostro ordinamento penale una nuova figura di reato, rubricato come «tortura»

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indeterminatezza della definizione di “Tortura” nelle fonti internazionali. Si aggiunge inoltre a tale argomento che la previsione di un’aggravante di questo tipo avrebbe comunque permesso di sanzionare le condotte violative la dignità della persona senza la creazione di una fattispecie autonoma.

Qualche anno dopo, durante la XIV legislatura (2001-2006), vengono invece proposti ben 7 diversi progetti di legge che hanno il pregio di prevedere tutti un’autonoma e specifica fattispecie sul reato di tortura. Si tratta delle proposte n. 1483 (Ruzzante), n.1518 (Piscitello), n. 1948 (Biondi), e i disegni n. 582 (De Zulueta), n. 1282 (Pianetta), n. 1317 (Pianetta), n. 1608 (Salvi). Questa volta la Camera dei deputati riesce a pervenire alla calendarizzazione in aula di un testo di legge unificato, purtroppo vanificato a causa dell’introduzione di un emendamento a proposito della definizione dell’elemento di reiterazione, cui segue la necessità di ulteriore discussione, che congela l’iter parlamentare. Tale emendamento sarebbe andato a richiedere una reiterazione delle condotte e la gravità delle stesse, andando così a creare quindi una zona di “tolleranza” della tortura nei casi in cui si fosse manifestata attraverso un unico episodio. Vista l’inderogabilità del divieto del reato di tortura prevista all’interno di tutti gli strumenti internazionali, il testo come emendato attira le critiche della stampa, tra cui anche quelle delle organizzazioni Antigone e Amnesty International, le cui voci non mancheranno di farsi sentire in più occasioni sull’argomento.

È nella XV legislatura invece che vediamo il numero dei progetti di legge salire a otto, cioè quattro proposte di legge, ossia la 915 (Pecorella), la n. 1206 (Forgione), la n. 1272 (De Zulueta), la n. 1279 (Suppa), e i disegni di legge n. 324 (Biondi), n. 789 (Bulgarelli), n. 895 (Pianetta), e n. 954 (Iovene). È il 13 Dicembre quando la Camera dei deputati finalmente giunge alla redazione di un testo unificato delle proposte di legge, prevedendo l’introduzione di un reato di tortura con la redazione degli articoli 613-bis e 613-ter c.p.. Con questo il reato torna a configurarsi come comune e la qualifica di pubblico ufficiale, nel testo, è da considerare mera circostanza aggravante, con aggravanti ulteriori nel caso di lesioni gravi o gravissime, o la morte. Si prevede inoltre una fattispecie di reato a condotta vincolata dove le sofferenze devono essere inflitte con violenza o minacce gravi. Unico profilo di conformità con la convenzione del 1984 sembra configurarsi con il profilo soggettivo del dolo specifico, sorreggendosi quest’ultimo con il doversi svolgere l’evento con il fine di ottenere informazioni, ovvero con finalità intimidatorie, repressive o discriminatorie. La seguente crisi di governo vanifica anche questo ennesimo tentativo

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e si dovrà attendere fino al 2008, durante la XVI legislatura, perché si giunga alla discussione di un serio progetto di legge. In questa occasione la senatrice Poretti e il senatore Perduca, durante la discussione di un pacchetto sicurezza, propongono l’emendamento diretto a criminalizzare la tortura con disposizioni rispondenti alla Convenzione del 1984, tornando così sugli orientamenti che avevano mosso i primi tentativi del 1989. Tuttavia l’opposizione del sottosegretario Mantovano, fondata sulla volontà di conservare la credibilità delle forze dell’ordine che a suo parere si sarebbero sentite sotto indirette accuse, semina indecisione nell’aula parlamentare e, chiesto il voto segreto, la proposta viene bocciata per 6 voti. Sempre il senatore Perduca cerca poi nel 2010 di ravvivare il dibattito sulle leggi di tortura ma anche questa seconda volta con risultati piuttosto scarsi.

Questa è la qualità della dibattito sulla tortura avvenuto in Italia fino al 2013, quando per iniziativa del senatore Manconi, in commissione si perviene all’esame del testo che diventerà la legge n. 110 nel Luglio 2017; un testo che nel suo iter parlamentare calcherà le orme dapprima delle proposte maggiormente risalenti, per poi passare a quelle più recenti che di pochi anni l’hanno preceduta, creando spinose questioni di opportunità.

4- La proposta Manconi

4.1- Dalla proposta all’approvazione

Il 5 Marzo 2014 termina quindi la prima discussione in Senato della proposta di legge presentata dal senatore Luigi Manconi (Proposta di legge n. 216819). Senza poter ripercorrere nel dettaglio i suoi numerosi passaggi e le lunghe attese subite dall’iter parlamentare, che si sarebbe concluso solo tre anni più tardi con la discussione alla Camera della proposta di legge 2168-B terminata il 5 Luglio 2017, preme adesso individuare le differenze più significative che esistono tra l’iniziale testo proposto, e la formulazione sancita nella legge approvata20, con qualche cenno alle modifiche più importanti e gli emendamenti più significativi subiti nel percorso parlamentare.

19http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0018050.pdf

20 I passaggi dell’iter parlamentare seguito dalla proposta di legge fino alla sua approvazione si possono consultare su: http://www.camera.it/leg17/126?tab=1&leg=17&idDocumento=2168-B&sede=&tipo=, oppure http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/39308.htm

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Prendiamo dunque le mosse dalla stessa proposta di legge n. 2168 come presentata. Il testo unificato redatto dal Senato e passato alla camera si compone di 6 articoli di cui il primo volto a introdurre gli articoli 613-bis e il 613-ter nel codice penale recita: ART. 613-bis. – (Tortura). – Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero mediante trattamenti inumani o degradanti la dignità umana, cagiona acute sofferenze fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia o autorità o potestà o cura o assistenza ovvero che si trovi in una condizione di minorata difesa, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni ovvero da un incaricato di un pubblico servizio nell’esercizio del servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni. Se dal fatto deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate. Se dal fatto deriva una lesione personale grave le pene sono aumentate di un terzo e della metà in caso di lesione personale gravissima. Se dal fatto deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo. Successivamente leggiamo: ART. 613-ter. – (Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura). – Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Il testo intende inoltre, negli articoli successivi, riformare il codice di procedura penale introducendo il comma 2-bis nell’articolo 191 sancendo la inutilizzabilità delle prove ottenute mediante il delitto di tortura; una modifica all’articolo 19 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, vietando il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora vi fossero fondati motivi di ritenere che, una volta rimpatriato, il soggetto in questione possa essere sottoposto a tortura o trattamenti disumani e degradanti; e infine si sancisce l’esclusione dell’immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altri paesi, e l’estradizione per lo straniero, causa condanna in un altro paese, sempre per il medesimo reato21.

21 Per consultare il testo unificato

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Non sono in pochi gli autori che al tempo dell’inizio dei lavori hanno espresso notevoli apprezzamenti riguardo al testo della proposta di legge. In effetti, nonostante alcuni allontanamenti dalle letterali prescrizioni internazionali, e qualche appunto di carattere programmatico, si vede come la nuova discussione in Parlamento abbia portato una ventata d’aria fresca nel dibattito sul reato di tortura, ravvivando una fiamma la cui scintilla oramai non poteva permettersi di spengersi del tutto22. Cercando adesso di presentare una cronaca il più possibile oggettiva dell’iter parlamentare e riservando un commento più critico in altra sede della presente tesi, cogliamo l’occasione di ricordare le disposizioni della CAT (convenzione, ricordiamo, da cui vengono prese le mosse al fine di una criminalizzazione della tortura nel nostro paese); riassumere i punti più importanti della struttura definitoria data nella convenzione al reato di tortura; operare infine un confronto con il testo del 2014 cercando di cogliere quali siano state le scelte

del legislatore italiano.

Ai sensi dell’art. 1 CAT costituisce tortura: qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o sospettata di aver commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse inerenti o da esse provocate”. Si presenta quindi un reato che raccoglie in sé i seguenti punti: - Il soggetto attivo, secondo tale convenzionale condizione minima, si individua nella qualifica di pubblico ufficiale o qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, riuscendo però anche a intravedere la possibilità di un obbligo incriminatorio di un soggetto privato che agisca su istigazione, consenso o acquiescenza degli agenti pubblici.

22 Importanti: Silvia Buzzelli, Tortura: una quaestio irrisolta di indecente attualità, in Diritto Penale

Contemporaneo, 6 Giugno 2013; Andrea Pugiotto, Repressione penale della tortura e Costituzione: anatomia di un reato che non c’è, in Diritto penale contemporaneo, in Diritto penale contemporaneo, 17

Febbraio 2014; Ilaria Marchi, Luci e ombre del nuovo disegno di legge per l’introduzione del delitto di

tortura nell’ordinamento italiano, un’altra occasione persa?, in Diritto Penale Contemporaneo, 26 Maggio

2014; Angela Colella, La repressione penale della tortura, riflessioni de iure condendo, in Diritto penale

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- L’elemento oggettivo gira attorno all’ inflizione del dolore e della sofferenza, fisica o mentale.

- All’intenzionalità dell’inflizione del dolore e sofferenza, per quanto concerne l’elemento soggettivo, si allega inoltre la necessaria presenza di una finalità in particolare quale ottenere o estorcere una confessione o comunque informazioni della vittima o da un terzo, punire la vittima per un atto che abbia commesso o si sospetti abbia commesso, intimidire, coartare la volontà della vittima, o semplicemente agire con fini discriminatori. Si aggiungono i requisiti di effettività della legge interna e di appropiatezza come stabilito dall’art. 4 della medesima Convenzione23.

È opportuno innanzitutto soffermarci sulla formulazione della norma e sulle aggravanti che risultano ovviamente pregiudiziali rispetto agli altri profili toccati (estensione immunità in relazione alla tortura, divieto di espulsione o estradizione in presenza di rischi di tortura nel paese di destinazione, divieto di utilizzazione probatorio, etc.)24. Limitandoci dunque alla descrizione del testo del disegno di legge n. 2168 e facendo una veloce comparazione con la definizione dataci dalle Nazioni Unite, attira l’attenzione la scelta del legislatore di aver voluto costruire una fattispecie di reato comune, e invece di seguire le orme convenzionali; vediamo altresì come la qualifica di pubblico ufficiale venga invece ascritta solo come ipotesi aggravante (assieme a quella dell’agire anche come incaricato di pubblico servizio).

L’elemento oggettivo viene indicato invece con la locuzione “cagionare acute sofferenze fisiche o psichiche”, che vanno a costituire l’evento stesso del reato. Qui vediamo una certa rispondenza al disposto della CAT che, nella versione tradotta recita “sofferenze

acute, fisiche o psichiche25”; mentre invece, per quanto riguarda la sfera della condotta,

viene indicata nella norma attraverso il sintagma “con violenze o minacce gravi, ovvero mediante trattamenti disumani e degradanti la dignità umana”, dove invece la dizione ONU lasciava liberi gli stati di legiferare26. Proseguendo l’analisi vediamo inoltre che

23 Art. 4 comma 2, CAT: In ogni Stato Parte tali reati vanno resi passibili di pene adeguate che ne prendano

in considerazione la gravità.

24 Francesco Viganò, "Sui progetti di introduzione del delitto di tortura in discussione presso la camera dei

deputati" in Diritto Penale Contemporaneo, 25 Settembre 2014, edito su

https://www.penalecontemporaneo.it/

25 Art 1 CAT: “…inflict severe pain or suffering, wether physical or mental”

26 Anche se al tempo la descrizione della condotta è stata argomento di discussione: Francesco Viganò,

sui progetti di introduzione del delitto di tortura in discussione presso la camera dei deputati, in Diritto penale contemporaneo, 25 Settembre 2014 edito su https://www.penalecontemporaneo.it/; Ilaria Marchi, Luci e ombre del nuovo disegno di legge per l’introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento

italiano, in Diritto penale contemporaneo, 26 Maggio 2014, edito sun

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vengono configurate ben tre diverse (e tassative), tipologie di soggetti passivi disponendo la possibile manifestazione dell’evento a carico di “persona privata della libertà personale”, “affidata alla sua custodia o autorità o potestà o cura o assistenza”, o ancora “che si trovi in una condizione di minorata difesa”. Infine non essendo specificato nulla riguardo l’elemento soggettivo, concludiamo che la proposta 2168 configuri l’imputazione a titolo di dolo.

La proposta non dimentica tuttavia di richiamare le fattispecie che, soprattutto nel nostro paese, hanno destato storicamente i maggiori clamori, vale a dire la tortura perpetrata per mano della pubblica autorità27. Leggiamo infatti al secondo comma dell’art. 613-bis come inteso dal testo, la circostanza aggravante qualora il soggetto attivo sia qualificato come pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, con ulteriori aggravanti elencate nel terzo comma, previste in caso di lesioni personali comuni, lesioni personali gravi o lesioni personali gravissime.

Il quarto comma chiude con la previsione di sanzioni molto più severe in caso in cui derivi la morte della persona offesa quando non voluta (trent’anni di reclusione), e ancor più gravi quando voluta (ergastolo).

L’ipotesi in cui invece vi sia istigazione a commettere il delitto di tortura da parte della pubblica autorità, è prevista dall’art. 613-ter, come contemplato nel testo della proposta28.

Così come strutturata, la proposta 2168 costituisce un importante “passo avanti” come affermato dallo stesso senatore Manconi in commissione proprio il 24 Settembre 201429. Ciò nonostante varie sono le critiche che fin dall’inizio hanno portato ad auspicare un miglioramento del testo sotto vari punti di vista. In primis il rischio di alcuni conflitti

27 Si avrà modo di parlare, nei successivi capitoli, del fenomeno italiano da vari punti di vista. Vale la pena tuttavia riportare alla memoria le tristi vicende che hanno visto protagoniste le autorità pubbliche nel 2001 a Genova durante lo svolgimento del G8; Le problematiche carcerarie che hanno attirato spesso le attenzioni degli organi internazionali istituiti in virtù della conclusione di vari trattati internazionali; i casi Aldovrandi e Cucchi (tra i più famosi ma certamente non gli unici meritevoli di menzione); i vari respingimenti ed espulsioni in violazione del principio di non-refoulement. Per ulteriori esempi: Colella, la

repressione penale della tortura, riflessione de iure condendo, pag. 2-5, edito su n

https://www.penalecontemporaneo.it/

28 Interessanti opinioni vengono espresse da Viganò nel parere reso a seguito dell’audizione presso la camera di giustizia della camera dei deputati del 24 Settembre 2014, in cui si ipotizza la possibile applicazione della norma solo in caso di non accolta istigazione, ovvero accolta ma a delitto non commesso, altrimenti configurandosi il reato di tortura stesso in concorso tra istigatore e istigato. 29 Ilaria Marchi, "Luci e ombre del nuovo disegno di legge per l’introduzione del delitto di tortura

nell’ordinamento italiano: un’altra occasione persa?”, in Diritto Penale Contemporaneo, 26 Maggio 2014,

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normativi con altri articoli del codice penale (soprattutto con l’art. 572 c.p.)30; ma soprattutto sono stati auspicati miglioramenti rispetto alla punibilità dell’autorità pubblica creando fattispecie più decise in merito31, ed in generale una riproposizione più fedele, se non del tutto identica alle disposizioni della CAT.

La proposta di legge in effetti subisce, nel corso degli anni, rimaneggiamenti, purtroppo non sempre con i risultati sperati dai commentatori, passando attraverso altre tre successive discussioni (una alla camera, una al senato e una seconda volta alla camera), dove per l’appunto si giunge alla votazione e approvazione di quella che oggi è la legge n. 110. Proprio nelle fasi centrali dell’iter si rilevano importanti cambiamenti adottati dalla camera sul testo, che tuttavia risultano inutili proprio al momento del ritorno al Senato dove la Commissione Giustizia vanifica gli sforzi dei deputati32. Nel frattempo infatti l’Italia viene condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Cestaro

c. Italia33, sentenza che riesce a scuotere la situazione di stasi parlamentare costringendo

la Camera a emendare il testo della proposta 2168 come redatta inizialmente in Senato due giorni dopo la sentenza suddetta34. Cercando di riassumere brevemente la sostanza dei più importanti emendamenti ai fini di effettività repressiva, vediamo l’aggiunta di un articolo (portando il testo stesso al complessivo numero di sette articoli), ove si aggiunge la tortura al novero dei reati che si caratterizzano per il raddoppio dei termini

30 Ricordiamo che l’art. 572 c.p. dispone a proposito di maltrattamenti contro familiari e conviventi, e secondo la maggior parte dei critici del testo, sarebbe stato oscurato dalla formulazione del 613-bis come redatto nella proposta.

31 Sicuramente lascia perplessi la possibilità che la punibilità del pubblico ufficiale sia affidata unicamente a una circostanza aggravante suscettibile di essere contemperata a opera dell’art. 69 c.p. In questo senso già all’epoca ci sono stati interessanti, ma forzati, spunti teorici sulla considerazione del secondo comma dell’art 613-bis come una fattispecie autonoma di reato se interpretata in combinazione con il comma immediatamente successivo, riuscendo a scongiurare i rischi di ineffettività o di pratica inutilità della previsione non potendo applicarsi i contemperamenti in questione se non sulle circostanze e non su fattispecie indipendenti. Per altri rilievi e critiche dell’epoca: Ilaria Marchi, Luci e ombre del nuovo disegno

di legge per l'introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano: un'altra occasione persa?, in Diritto penale contemporaneo 26 Maggio 2014, edito su n https://www.penalecontemporaneo.it/; Angela Colella, La repressione penale della tortura: riflessioni de iure condendo, in Diritto penale contemporaneo, 22 Luglio 2014 edito su https://www.penalecontemporaneo.it/; Francesco Viganò, sui progetti di

introduzione del delitto di tortura in discussione presso la camera dei deputati, in Diritto penale contemporaneo, 25 Settembre 2014, edito su https://www.penalecontemporaneo.it/.

32 Per consultare l’iter e i dossier nella loro interezza come redatti dalle aule parlamentari:

http://www.camera.it/leg17/1

33CEDH, Affaire Cestaro c. Italie, 7 Aprile 2015. In proposito v. Francesco Viganò, Sui progetti di

introduzione del delitto di tortura in discussione presso la camera dei deputati, in Diritto Penale Contemporaeo, 25 Settembre 2014, pag. 25-27, edito su https://www.penalecontemporaneo.it/ 34 È possibile fare un confronto dei testi sul sito del senato:

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prescrizionali (art. 157, sesto comma c.p.)35; viene modificata la tipizzazione dell’elemento oggettivo ove viene specificato quale tipo di evento potesse causare “acute sofferenze fisiche o psichiche”, pervenendo alla precisa elencazione nella proposizione “con violenza, minaccia e violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza, intenzionalmente cagiona ad una persona a lui affidata, o comunque

sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche”36;

si mette mano alla struttura dell’elemento soggettivo che rende possibile la repressione del reato quando l’autore cagioni “intenzionalmente” le sofferenze con il “fine di ottenere, da essa o da un terzo, informazioni o dichiarazioni o di infliggere una punizione o di vincere una resistenza, ovvero in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento

sessuale o delle opinioni politiche o religiose37”; si emenda inoltre il comma dedicato

alle aggravanti ove non si registrano particolari modifiche se non alcune puntuali precisazioni di condotta e un profilo sanzionatorio più severo38.

Come abbiamo accennato precedentemente, il successivo passaggio del testo al Senato, e nello specifico alla Commissione giustizia, cancella quasi del tutto tale impronta riportando praticamente il testo alla sua quasi completa forma originaria, pur con qualche variazione. La Commissione giustizia quindi redige una nuova proposta (2168B) che passa poi alla Camera e viene sorprendentemente approvata dalla stessa compagine politica che aveva voluto i precedenti emendamenti.

Si giunge così all’approvazione di un testo sul reato di tortura, poi promulgato come legge n. 110 del 14 Luglio 2017. Avremo modo nel corso del lavoro di esaminare le diverse critiche che sono state rivolte alla legge in questione. Fin d’ora è comunque possibile osservare che la trasposizione di un concetto di tortura in un qualsiasi ordinamento, date

35Un’integrazione probabilmente necessaria dal momento che una caratteristica importante dei crimini che assurgono a livello di Jus cogens (rango normativo di cui la Tortura fa parte), consiste proprio nella loro imprescrittibilità e soggezione a giurisdizione universale. (Angela Colella, «La repressione penale della tortura: riflessioni de iure condendo»).

36 La forma singolare degli eventi avrebbe favorito, secondo i deputati, la repressione del reato nella sua forma non reiterata; viene eliminata la cellula “gravità” che connotava le violenze e le minacce; la modalità di attuazione vengono specificate, invece di mantenere la generica locuzione “trattamenti inumani e

degradanti la dignità umana”, attraverso l’introduzione di una qualifica del rapporto parlando di

protezione, assistenza e cura.

37 La formulazione appare così molto più rispondente alla lettera della CAT (art 1 comma 1) e dello statuto di Roma (all’art 7, comma 2).

38 La versione dei deputati fa riferimento ad “abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla

funzione o al servizio”; una pena che sale nel suo massimo a 15 anni invece di 12; e una clausola di chiusura

dove si richiede per l’applicazione del primo e secondo comma una sofferenza ulteriore rispetto a quella

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anche le complesse indicazioni dall’ambito internazionale e i vari aspetti che riguardano possibili ripercussioni con l’inserimento della fattispecie in una legislazione, è tutt’altro che semplice. Certamente, si può dire che complici delle difficoltà naturali di adeguamento alle convenzioni internazionali, sono stati i ritardi, le presunzioni, e gli stalli del legislatore inadempiente che ben avrebbe potuto tempestivamente attivarsi, senza dover aspettare l’impulso di pesanti condanne dirette nei confronti dello Stato italiano che sicuramente hanno inciso sulla qualità delle discussioni. Riportiamo finalmente a seguito il testo degli arti 613-bis e 613-ter del codice penale, così come introdotti dalla legge n 110 del 2017:

Art. 613-bis (Tortura). - Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni. Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti. Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà'. Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell'ergastolo.

Art. 613-ter (Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l'istigazione non è accolta ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni

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4.2- Il soggetto attivo

Non ci sono dubbi nel qualificare il reato come “comune”, potendosi nel primo comma dell’art. 613-bis c.p. leggere che la tortura può essere perpetrata da “chiunque”. La scelta era già stata operata al momento della prima proposta in Senato39, ma a differenza di quanto hanno cercato di fare alla Camera dei deputati al momento della prima votazione (che comunque non aveva palesato la volontà di configurare un “reato proprio”), impegnandosi al fine di pervenire ad un rapporto in qualche modo qualificato con il soggetto passivo40, adesso tale specificazione è parzialmente abbandonata. Alcuni commentatori non hanno trovato la disposizione molto chiara, probabilmente aspettandosi a inizio lavori che il Parlamento pervenisse poi alla formulazione di un “reato proprio”, e hanno prontamente evidenziato la disomogeneità tra la dicitura dell’incipit con gli elementi descrittivi successivi che, identificando il soggetto passivo, effettivamente suggerisce diversamente41. Possiamo ipotizzare un elemento implicito che possa far pensare a obblighi di tutela dell’uno verso l’altro? Ci sarebbero tutti gli indizi che potrebbero confermare questa tesi e in effetti si parla per esempio di “affidamento”, “privazione della libertà personale”, e di “minorata difesa”, locuzioni che suggeriscono una figura criminosa più qualificata di quanto l’incipit voglia lasciar intendere. Tali rilievi sono sicuramente interessanti, ma l’espressa qualificazione del reato come “comune” era già stata confermata nel 201542 nella redazione dei documenti concernenti i lavori parlamentari. Per proprietà transitiva, dal momento che la Commissione giustizia del senato si è prodigata a ricreare un testo molto simile a quello dei primi lavori, riteniamo che le definizioni espresse all’epoca possano valere anche adesso.

Al comma secondo dell’art 613-bis c.p. invece, come sempre, leggiamo che la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, continuano a valere quali forme aggravanti della fattispecie, andando a colmare, nell’intenzione del legislatore, la vera grande lacuna individuata a livello internazionale nel nostro ordinamento. La descrizione

39 Si ricorda l’elenco a inizio paragrafo sui punti caratterizzanti la definizione di tortura nella CAT e la proposta 2168 che già all’epoca differivano.

40 Nel testo redatto dalla Camera dei deputati e spedito al Senato si leggeva: (…) violazione dei propri

obblighi di protezione, di cura o di assistenza, intenzionalmente cagiona ad una persona a lui affidata, o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia (…).

41 Ilaria Marchi, "Il delitto di tortura: prime riflessioni a margine del nuovo art. 613-bis", in Diritto Penale

Contemporaneo, 31 Luglio 2017, edito su https://www.penalecontemporaneo.it/

42 Servizio studi del Senato, nota breve n 66, Disegni di legge AA.SS. nn. 10-362-388-395-849874-B

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è particolarmente incisiva nell’elencazione dei requisiti di cui tenere di conto parlando di abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti alla funzione. Anche in questo caso non si possono apprezzare appieno le scelte operate, pur considerando certo il merito appena menzionato, si pensa al testo come una sorta di compromesso con gli obblighi sovranazionali della CAT; si accusa inoltre la compagine politica di aver dato eccessivo adito alle richieste dei sindacati di polizia di evitare stigmatizzazioni delle forze dell’ordine, rimproverando di non aver avuto maggior coraggio nel creare una fattispecie autonoma che avrebbe evitato scomodi (e inopportuni, visto la inderogabilità del reato sancita nelle fonti internazionali), contemperamenti con l’art. 69 c.p.

4.3- La condotta

La scelta della Commissione giustizia del Senato, che aveva optato per l’eliminazione dell’utilizzo dei termini singolari “violenza e minaccia” per quella invece plurale43, anche con l’eliminazione della particella “reiterate” presente nella versione del testo subito precedente all’approvazione, sembra stare a significare la non punibilità del singolo atto. Si rischia così che il reato assuma una conformazione diversa rispetto alle interpretazioni tradizionali44, andando a colorarsi di profili di abitualità, e rischiando un certo anacronismo rispetto a moderne forme di tortura che possono anche commettersi in un unico contesto spazio-temporale.

Sono inoltre in corso sforzi interpretativi per riuscire a estrapolare dal testo una forma unisussistente del reato attraverso l’elemento testuale “ovvero agendo con crudeltà”45. Si potrebbe affermare infatti che l’agire con crudeltà, leggendo il testo della legge, ammetterebbe ai fini della rilevanza penale, la qualificazione come tortura e non come trattamento inumano e degradante, creando così una coppia concettuale piuttosto confusa (I due elementi di tortura e trattamenti inumani e degradanti non sono infatti alternativi, bensì cumulativi secondo le tradizionali interpretazioni dell’art 3 CEDU46,

43 Art 613-bis c.p.: (…) con violenze o minacce gravi (…)

44 Angela Colella in, la repressione penale della tortura: riflessioni de iure condendo, in Diritto penale

contemporaneo, 22 Luglio 2014 edito su https://www.penalecontemporaneo.it/, rileva la tortura quale

reato istantaneo, al più ad effetti permanenti.

45 Ilaria Marchi in, il delitto di tortura: prime riflessioni a margine del nuovo art 613-bis c.p., in Diritto

Penale Contemporaneo, 31 Luglio 2017 p 8, edito su https://www.penalecontemporaneo.it/

46 Per approfondimenti sul punto si rimanda a altra sede di questa tesi, ad ogni modo è importante accennare al fatto che in più occasioni la corte europea si è pronunciata a favore della cumulatività degli elementi individuando tre diversi comportamenti: La tortura, il trattamento disumano e il trattamento degradante, non riuscendo sempre a essere coerente con sé stessa ove si sia trattato di fissare delle soglie

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contrariamente a quello che possiamo leggere a prima facie). Tralasciando in questa sede le riflessioni sul valore attribuito al concetto di crudeltà nel sistema penale, si può però ben dire come in questo caso, invece di incidere sul quantum di pena da applicare, il criterio medesimo incida proprio sulla tipicità del fatto in relazione a un disvalore qualificato. Quindi, consentire al trattamento inumano e degradante di essere elemento alternativo della condotta, come detto sopra, imporrebbe all’interprete di identificare dei limiti di tipicità che doveva essere compito del legislatore. Ragion onde per cui lo sforzo interpretativo, per quanto ammirevole, sembra molto problematico.

4.4- L’evento

Riguardo a questo elemento della fattispecie la votazione camerale ha seguito anche qui la strada dell’alternatività prevedendo che vengano inflitte “acute sofferenze fisiche”, o un “verificabile trauma psichico”. Vediamo degli elementi di indeterminatezza, non solo sul profilo del contenuto a volte marcatamente emotivo della sofferenza, ma anche su quello della verificabilità del trauma psichico, soprattutto dal punto di vista probatorio. Questi sono aspetti che sono stati molto criticati dai commentatori47, di cui riserviamo in altro paragrafo48 di questo capitolo le dovute osservazioni. Basti per il momento sottolineare come gli obblighi di incriminazione internazionali, e le pressanti osservazioni degli organi che hanno il dovere di vigilare sull’attuazione degli obblighi di criminalizzazione della tortura, facciano continuo riferimento alla necessaria effettività della disposizione da formulare, requisito che ogni qual volta una norma risulti viziata da eccessiva indeterminatezza non può certamente dirsi soddisfatto.

4.5- L’elemento soggettivo

In relazione a questo elemento della fattispecie facciamo riferimento ancora una volta alla particolare dizione dell’art. 1 CAT connotata dalla presenza dell’avverbio “intenzionalmente”, sommato con la necessaria presenza di particolari requisiti finalistici della condotta stessa del soggetto attivo nei confronti di qualsiasi persona consistenti nell’

minime tra le condotte. Si segnalano interessanti analisi della questione su Angela Colella, c’è un giudice

a Strasburgo, rivista di diritto e procedura penale, Novembre 2009; Sergio Bartole, Commentario alla convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, 2001 Cedam, Padova

47 Vedi nota (22) 48 Vedi paragrafo 5.

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